Probabilmente Adam Hansen avrà capito (ormai a sue spese) quanto sia ingrato il compito di presidente del CPA su temi come la sicurezza in corsa e le avverse condizioni meteo. Quello che è successo alla Vuelta e in parte anche in Belgio al Renewi Tour (dove i corridori hanno messo piede a terra a 100 chilometri dall’arrivo, in protesta per il finale tortuoso) è la perfetta dimostrazione di come non sia possibile pretendere comportamenti coerenti senza la base di regole condivise e definitive.
La cronosquadre di apertura della Vuelta a Barcellona, che sarebbe dovuta essere una colossale festa di sport, si è trasformata in un bel disastro a causa della pioggia, delle curve e dell’oscurità della partenza serale (foto di apertura).
Laurens De Plus è finito in ospedale con una frattura dell’anca. «Due minuti di spettacolo – ha dichiarato – dopo mesi di duro lavoro in montagna. Non vedevo l’ora di iniziare queste tre settimane di battaglia con tutte quelle superstar. Ma la vita non è sempre giusta e la corsa va sempre avanti».
Evenepoel e Vingegaard
Quando si è accorto che anche la seconda tappa sarebbe stata bagnata e nel finale avrebbe avuto curve in abbondanza, anche Evenepoel ha detto la sua.
«Dopo ieri – così ha parlato il belga dopo che una consultazione con la direzione di gara non aveva tolto tutti i dubbi – penso che meritiamo un po’ più di rispetto da parte dell’organizzazione».
Lo stesso vincitore del Tour, Jonas Vingegaard, è stato ripreso mentre entrava sul pullman della Movistar per concordare una linea comune, dopodiché i corridori hanno trovato un accordo con la direzione.
Il diritto all’opinione
L’iniziativa è stata efficace. L’organizzazione ha spostato la registrazione del tempo ufficiale a 9 chilometri dall’arrivo e a quel punto la maggior parte dei corridori si è rialzata in modo plateale, con Evenepoel di nuovo in testa. Sono passati sul traguardo più di 6 minuti dopo il vincitore della tappa, con un chiaro messaggio agli organizzatori.
«Le gare sono diventate molto più difficili – ha commentato Marc Sergeant su Het Nieuwsblad – oppure i corridori si fanno sentire di più. I social media hanno anche reso più semplice esprimere la propria opinione, senza rivolgersi direttamente all’organizzatore. Penso che la voglia di dare la propria opinione sia una buona cosa. Ho rispetto per i corridori che fanno così, perché senza protagonisti non c’è gara».
Lezione per il futuro
Contro il meteo si può poco, ma contro i percorsi si può studiare e agire d’anticipo. Ci si è tanto lamentati per il tracciato della cronosquadre ai mondiali di Glasgow, ma ci sono stati sei mesi senza che nessuno abbia provato a metterci mano. Quali sono, tuttavia, i criteri e le regole per cui un percorso è non sicuro, in assenza di un disciplinare cui tutti siano costretti ad attenersi?
«Siamo arrivati ai giorni più difficili – ha detto a Het Nieuwsblad Il direttore del Renewi Tour, Christophe Impens di Golazo – dopo una catena di eventi, in cui i corridori potrebbero non essersi sentiti ascoltati. C’è stato il caos per le moto al Tour, la morte di De Decker e poi quello che è successo sabato alla Vuelta. Non sono arrabbiato, penso solo sia un peccato che questo sia successo durante la gara. I corridori e i team manager possono studiare il percorso con settimane di anticipo tramite un software speciale. Ne possiamo parlare quando vogliono, se necessario, ma non durante la corsa. E’ una lezione per il futuro».
Siamo sul filo
A volte bisognerebbe ascoltare i corridori, più che chi li guida e che è spinto da interessi che magari con lo sport non c’entrano molto. Lo ha detto chiaramente l’altro giorno Salvatore Puccio: servono regole chiare da applicare senza doverne parlare. In modo che sia chiaro per tutti che certi percorsi non possono essere disegnati. Che serve un percorso alternativo per i tapponi, evitando le scene ridicole dell’ultimo Giro d’Italia. Ma i corridori devono sapere che questo potere non è illimitato. Il ciclismo non è la Formula Uno e non lo sarà mai. Per questo serve un tavolo condiviso per stabilire regole certe: affinché nessuna componente prevalga sull’altra. Siamo sul filo: è un attimo cadere da una parte o l’altra.