Dainese: prime volate con la Tudor e un’iniezione di fiducia

02.02.2024
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Le parole di Raphael Meyer, CEO della Tudor Pro Cycling, ci hanno aperto gli occhi su un modo diverso di intendere il ciclismo. L’impostazione della squadra, l’approccio alle corse, la mentalità di crescere. Tutto questo fa parte di un processo di sviluppo chiaro e prestabilito. Ma che impatto ha il mondo Tudor sui corridori? Lo abbiamo voluto chiedere a Alberto Dainese, appena arrivato e già lanciato in quest’avventura. 

Il velocista veneto ha messo alle spalle le prime corse, così è venuto facile farci raccontare da dentro la squadra e le sue dinamiche. Forti anche della partecipazione alla prima grande corsa a tappe della Tudor: il prossimo Giro d’Italia.

La stagione di Dainese è iniziata con un secondo posto al Trofeo Ses Salines
La stagione di Dainese è iniziata con un secondo posto al Trofeo Ses Salines

Calendario serrato

«Oggi (giovedì, ndr) è il mio giorno di riposo – spiega Dainese – ho iniziato a correre a Mallorca. Poi sarò ad Almeria, Volta Algarve, Kuurne e Tirreno. Da lì farò uno stacco per arrivare pronto al Giro. Il programma era già questo nelle nostre idee, la voce che avremmo partecipato al Giro già c’era, mancava solo la cosa più importante: l’ufficialità.

«Ho messo insieme le prime gare – continua – mi sono misurato nelle volate e abbiamo preso le misure con il treno. Domenica, a Palma, abbiamo sbagliato negli ultimi 100 metri, dove ci siamo fatti chiudere alle transenne. Lì c’è stato del rammarico perché non sono riuscito a sprintare al massimo del mio potenziale. E’ arrivato un sesto posto, che non è da buttare, ma la cosa più importante era prendere le misure con i compagni».

Qualche giorno dopo è arrivato il sesto posto al Trofeo Palma
Qualche giorno dopo è arrivato il sesto posto al Trofeo Palma
Alla prima gara era arrivata una seconda posizione, non male come inizio.

Sì, alla prima corsa mi è mancata un po’ di cattiveria. Mi sono fatto superare da due corridori della Soudal e sono partito dietro. Tutto sommato è stata una buona volata, poteva andare peggio. 

Come sta andando il treno?

E’ da rodare, posso dire che stiamo costruendo le basi. Avere un treno a disposizione fa molto, le volate sono andate bene, abbiamo sbagliato gli ultimi metri. E’ un segnale positivo. 

In che senso?

Arrivare all’ultimo chilometro coperti e pronti per lanciarsi vuol dire avere un buon feeling e una buona tecnica. Ci manca il dettaglio, ma arriverà con le gare e con l’inserimento di tutti i “vagoni”. In Spagna mancavano Trentin e Krieger che saranno presenti in Algarve. Krieger è una pedina davvero importante, è stato nel treno di Philipsen alla Alpecin. Ha tanta esperienza, così come Trentin. 

Il confronto con gli uomini del treno, le prime gare servono per prendere le misure
Il confronto con gli uomini del treno, le prime gare servono per prendere le misure
E a livello di squadra che cosa hai visto nella Tudor che ti è piaciuto, al di fuori dell’aspetto tecnico.

C’è stato un salto di qualità nell’aspetto umano, sto molto bene e questa cosa è importante perché aiuta a vincere. Ci sono tante figure con la mentalità giusta, l’ambiente è sereno. Mi sono reso conto, fin dalle prime gare, che le cose vengono prese di petto: si tira, ci si mette in mostra e si prova a vincere. L’ho visto anche al Saudi, seguendo i miei compagni in televisione. Magari non arriva il risultato pieno, ma questo atteggiamento ti sprona a provarci. 

Cosa trovi di diverso rispetto a prima?

A livello tecnico nulla, tutte le squadre lavorano più o meno allo stesso modo: meeting, riunioni sul bus, cose così… Quello che mi piace è il rapporto all’interno della squadra. Posso dire la mia, anzi devo dire che sapere di essere considerato è stimolante. E’ la mentalità giusta.

Un inizio di stagione intenso per Dainese che tirerà dritto fino alla Tirreno (foto mr.pinko)
Un inizio di stagione intenso per Dainese che tirerà dritto fino alla Tirreno (foto mr.pinko)
Hai notato altre differenze?

Affronterò il Giro con una diversa preparazione più dettagliata, dettata dal fatto che sono consapevole di essere nella rosa. In DSM sono stato convocato due volte al Giro ed entrambe all’ultimo. Sapere di andare al Giro fin da subito mi ha permesso di pensare bene alla preparazione, e cambiare anche qualcosa.

Cosa?

Andrò in altura, che è un po’ una novità. Gli anni scorsi non ero sicuro di essere convocato, quindi non potevo prepararmi al 100 per cento. Penso che arriveranno dei benefici da questa nuova preparazione, cose che mi porterò dietro anche in futuro. Sarà un Giro competitivo, molto più degli ultimi due che ho corso, ma allenarmi bene mi farà sentire pronto. 

La consapevolezza di essere nella squadra del Giro dà la giusta fiducia per lavorare con serenità
La consapevolezza di essere nella squadra del Giro dà la giusta fiducia per lavorare con serenità
Quindi c’è ambizione?

Sempre, la voglia di vincere non manca. Poi ci sono anche gli altri in corsa ma per il momento mi sento molto fiducioso

Allora in bocca al lupo…

Crepi! E ci vedremo alle corse.

Raphael Meyer, il motore invisibile del Tudor Pro Cycling

28.01.2024
7 min
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Raphael Meyer, classe 1986, è il motore invisibile e potente del Tudor Pro Cycling Team. Se Fabian Cancellara ne è il proprietario e Ricardo Scheidecker è il responsabile della gestione sportiva, tutto il resto passa attraverso lo svizzero di Lucerna. Nel giorno in cui la Tudor Pro Cycling ha ottenuto la wild card per il Giro d’Italia, le sue parole nel comunicato stampa ci hanno spinto ad approfondirne il senso.

«L’invito – si legge – è un grande riconoscimento del lavoro svolto dall’intero team da quando lo scorso anno siamo entrati nel professionismo. Può sembrare un grande passo avanti per la nostra giovane squadra, ma riteniamo che sia un’evoluzione logica. Abbiamo adottato misure tra cui l’ingaggio di corridori e personale esperti per essere pronti a esibirsi a questo livello. Correremo al Giro con lo stesso spirito audace che abbiamo dimostrato la scorsa stagione e puntiamo a portare a casa una vittoria di tappa».

Raphael Meyer comparve nel ciclismo nel 2018. Cancellara si era ritirato e aveva messo in piedi una serie di eventi. La prima volta che lo incontrammo fu alla tappa toscana di Chasing Cancellara, in cui gli amatori pedalavano con il campione. La collaborazione fra i due nel frattempo si è evoluta. E’ passato prima attraverso la Swiss Racing Academy ed è ora sfociato nel Tudor Pro Cycling Team, di cui Raphael è il CEO.

Raphael Meyer, classe 1986, è CEO della Tudor Pro Cycling (foto Luca David)
Raphael Meyer, classe 1986, è CEO della Tudor Pro Cycling (foto Luca David)
Puoi spiegarci quanto lavoro ci sia stato dietro la costruzione di questo team?

Abbiamo iniziato quasi da zero, partendo da un team continental e non sapendo se avessimo abbastanza materiale, se ci avrebbero consegnato i mezzi in tempo, se il nostro staff sarebbe stato affiatato al punto giusto. Avevamo tante incertezze, ma tutti hanno contribuito alla riuscita credendo nel progetto. Perciò ancora prima di debuttare a Marsiglia, giusto un anno fa, eravamo già in trattativa con i corridori che abbiamo preso quest’anno.

C’è stato un momento in cui i dubbi sono scomparsi?

Sì, il 15 marzo alla Milano-Torino molti punti interrogativi se ne sono andati. Non tutti, perché ne ho ancora oggi. Era il giorno della prima vittoria, era anche il compleanno di mia moglie e due ore prima della partenza, mia madre mi aveva chiamato dicendomi che mia nonna era appena morta. E per me è stato davvero emozionante essere in ammiraglia con Cozzi e sentire alla radio che aveva vinto il numero 161 della Tudor Pro Cycling. Ho pensato: «Ci siamo. Non importa chi ci sia alla partenza, non importa quanti anni abbia la gara, questo è il nostro posto».

Milano-Torino 2023, 15 marzo. Arvid De Kleijn regala la prima vittoria al Tudor Pro Cycling. Meyer era in ammiraglia
Milano-Torino 2023, 15 marzo. De Kleijn regala la prima vittoria alla Tudor. Meyer era in ammiraglia
Qual è il tuo ruolo nella squadra?

Ho iniziato a lavorare con Fabian nel 2018, quando abbiamo creato la società. Abbiamo provato a fare alcune cose, certe hanno funzionato, altre meno. A un certo punto abbiamo pensato di prendere in mano il Giro di Svizzera, ma abbiamo detto di no. Finché a un certo punto ci siamo trovati davanti alla Swiss Racing Academy che stava per chiudere. La gente diceva che avremmo dovuto aiutarli e anche io ho pensato la stessa cosa. Non sapevamo come gestire una squadra, ma Fabian ha detto che se non fossimo intervenuti, avremmo distrutto il sogno di diventare professionisti di quei 14-16 atleti.

E cosa avete fatto?

Abbiamo cominciato a lavorare. E quando poi è stato chiaro che avremmo potuto fare un altro passo, abbiamo richiesto la registrazione come proteam. A quel punto abbiamo discusso su come dividerci i compiti e io sono diventato il CEO, perché conoscevo bene il progetto e avevo tenuto tutti i collegamenti. Non sono troppo legato a questo titolo, che in inglese significa Chief Executive Officer. A me piace intenderlo in un altro modo. Dico sempre che sono il Chief Enablement Officer, cioè quello che consente alle persone di svolgere il proprio lavoro. Mi assicuro che Cozzi abbia un’ammiraglia. Che ci siano abbastanza biciclette. Faccio in modo che abbiamo abbastanza soldi per pagare i conti. Nella nostra squadra ognuno ha il suo incarico, perché ciascuno è bravo nel fare qualcosa. Io verifico che ognuno possa fare al meglio la propria parte. E’ così che vedo il mio ruolo.

La squadra svizzera corre su bici BMC: una sorta di bandiera elvetica
La squadra svizzera corre su bici BMC: una sorta di bandiera elvetica
Quando hai iniziato a sperare nel Giro?

Sin dall’inizio sapevamo che al primo anno non avremmo fatto domanda per un grande Giro, perché non eravamo pronti. Probabilmente avremmo potuto chiedere un invito o fare domanda per il Fiandre del 2023 e per la Parigi-Roubaix, ma non l’abbiamo fatto perché non eravamo pronti. Ora, un anno dopo, sappiamo di essere abbastanza forti e quindi abbiamo chiesto di partecipare a un grande Giro.

Neppure quest’anno sarete alla Roubaix.

Perché non lo abbiamo chiesto. Sui media ho letto di Tudor esclusa dalla Roubaix e dal Tour. Ma non ci hanno escluso, semplicemente non abbiamo chiesto di partecipare. Abbiamo fatto richiesta per il Fiandre, per la Gand-Wevelgem e tutte le classiche fiamminghe. Ma ad esempio ci siamo detti che non avremmo potuto fare il Fiandre, la Schelderpijs, la Roubaix e dopo cinque giorni andare al Tour de Romandie, dove vogliamo fare bene. Siamo esseri umani. Abbiamo dei corridori che hanno bisogno di riposo. Il nostro staff ha famiglia e hanno piacere di tornare a casa, quindi dobbiamo dare loro il tempo di respirare. In compenso stiamo già pensando a cosa fare nel 2025, quali richieste mandare. Non vogliamo partire solo per partecipare o mandare un corridore in fuga. Siamo la Tudor. Ad ogni gara andiamo con un piano e con la possibilità realistica di vincere. Così sarà al Giro, non andremo solo per compiacere i nostri sponsor.

Tudor subito in evidenza, qui Dainese secondo al Trofeo Calvi di Mallorca
Tudor subito in evidenza, qui Dainese secondo al Trofeo Calvi di Mallorca
Cosa ha visto Tudor nel ciclismo?

L’opportunità di creare un progetto molto vicino al marchio. In tutto il mondo la squadra è conosciuta con il nome Tudor, in quale sport succederebbe? A meno che tu non sia Red Bull e compri una squadra di calcio e le dai il tuo nome. Questa potrebbe essere la ragione più ovvia, ma bisogna anche valutare Tudor come brand e come azienda. Non è un marchio effimero che entra in uno sport e scompare dopo tre anni. Tudor è di proprietà di una fondazione che ha determinati principi. Si prendono cura della società e delle prossime generazioni. In qualche misura è quello che facciamo anche noi, ma siamo svizzeri e non ne parliamo perché non abbiamo bisogno di vantarci. Cerchiamo di creare un luogo dove i giovani possano crescere come esseri umani e come ciclisti. Il Devo Team per ora ha 7 svizzeri e 6 atleti internazionali. Sono persone che si trovano in un momento decisivo della loro vita, non solo della loro carriera e lo trascorreranno insieme a noi. E anche questo è uno dei motivi per cui Tudor è nel ciclismo. E poi ci sono i bambini…

Cosa c’entrano i bambini?

In Svizzera abbiamo un programma chiamato Kids on Wheels, in cui promuoviamo il ciclismo anche nelle regioni meno ricche. Andiamo nelle pump track, portiamo le biciclette, cerchiamo di ispirare i bambini. Prima del Giro di Svizzera, andremo nelle scuole per distribuire informazioni, materiale, bandiere, cappellini. Vogliamo che i ragazzi ci vedano e sognino di diventare ciclisti. O almeno sappiano che il ciclismo è uno sport bellissimo e muoversi in bicicletta è super salutare. E’ un cambiamento che stiamo portando in Svizzera, ma presto ci piacerebbe estenderlo all’Europa e al mondo intero. Con un marchio come Tudor puoi farlo.

Raphael Meyer collabora con Cancellara dal 2018. Qui al campionato svizzero 2023 (foto Tyler Haab)
Raphael Meyer collabora con Cancellara dal 2018. Qui al campionato svizzero 2023 (foto Tyler Haab)
Quindi c’è dietro anche un grande lavoro di comunicazione?

La squadra è il faro del progetto. Ora la televisione di Stato dice che il prossimo passo per Cancellara è portare Tudor al Giro. Grazie a questo, le persone al supermercato sanno che esiste una squadra ciclistica in Svizzera. E’ ciò che vogliamo. Ovviamente Tudor vuole vendere più orologi e quindi ho le mie riunioni con il loro responsabile marketing, ma il più delle volte parliamo di questo tipo di visioni.

Tornando a te, seguirai qualche gara durante la stagione o rimarrai in ufficio?

L’altro giorno ho avuto una discussione con mia moglie, mentre guardavamo il calendario. Quando ha visto i giorni delle mie trasferte, mi ha chiesto se sia davvero necessario che vada a tante gare. Le ho risposto di no, ma che voglio andarci. Dedichiamo gran parte della nostra vita al ciclismo e andare alle corse ripaga con emozioni positive. Al Giro rimarrò per almeno due settimane, perché voglio imparare. Probabilmente alla fine sarò distrutto, ma voglio sapere cosa si prova. Ai tempi della continental, andai a una gara con i meccanici. Volevo capire cosa significasse essere un meccanico nel team ciclistico. Onestamente? Fare il meccanico non è un bel lavoro e penso che saperlo mi renda un capo migliore. Forse mi sbaglio, ma questo è quel che provo.