Ciclomercato, chi sale e chi scende: il borsino dei team

03.02.2024
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Se ci dovessimo attenere solo ai punti UCI, al termine del ciclomercato invernale ci sarebbero due verdetti piuttosto chiari. Uno: la Ineos Grenadiers è il team che si è più indebolito. Due, la Bora-Hansgrohe, è quello che si è più rafforzato. In questo secondo caso incide chiaramente Primoz Roglic. Lo sloveno ha spostato moltissimo l’ago della bilancia.

Ma al netto di Roglic, delle partenze di corridori come Geoghegan Hart o Pavel Sivakov, e gli acquisti di questi atleti nelle rispettive squadre di destinazione, davvero questa graduatoria corrisponde alla realtà? Davvero la Ineos è così meno forte e la Bora è cresciuta in proporzione?

Stando a questa classifica, anche l’Astana-Qazaqstan si è rinforzata molto, ma è innegabile che il divario dalla UAE Emirates, per esempio, resti altissimo.

Geoghegan Hart e Roglic (soprattutto) sono stati coloro che più hanno spostato l’ago della bilancia del borsino
Geoghegan Hart e Roglic (soprattutto) sono stati coloro che più hanno spostato l’ago della bilancia del borsino

I rendimenti contano

Questi dubbi li abbiamo posti all’attenzione di Roberto Amadio, team manager dell’ultima grande squadra italiana, la Liquigas poi divenuta Cannondale. Certi equilibri pertanto il manager delle squadre Nazionali della FCI li conosce bene. Lui si ritrovò a gestire Nibali e Basso. Sagan e Viviani. E tanti, tanti altri corridori di ottima caratura.

«Il discorso – spiega Amadio – è sempre quello. I campioni, quelli proprio grandi, fanno la differenza. La Ineos avrà anche perso più di altre squadre in termini di valore di corridori, ma resta sempre una squadra solida. Al tempo stesso la Bora si è rinforzata molto, ma già aveva un’ottima rosa. Però non bisogna dimenticare che ogni stagione è una cosa a parte e non è detto che certi equilibri vengano rispettati».

Per Amadio i campioni, possono fare la differenza ancora di più nelle classiche, al netto della squadra che hanno attorno. La squadra resta importante chiaramente, ma un filo meno rispetto ai grandi Giri.

«In queste grandi corse c’è tutt’altra strategia e quei tre, Vingegaard, Pogacar e Roglic hanno più bisogno della squadra.

«Per le classiche la squadra leader era la Soudal-Quick Step di Lefevere e forse ha perso qualcosa, specie per le prove delle pietre. Ma molto dipenderà dal recupero di un atleta che già avevano in casa, Alaphilippe. Poi immagino che Evenepoel farà la Liegi, ma mi sembra che con lui si siano spostati parecchio anche sui grandi Giri».

Un giovane Sagan con Roberto Amadio. Al suo arrivo nessuno immaginava che Peter avrebbe inciso tanto sul valore del team stesso
Un giovane Sagan con Roberto Amadio. Al suo arrivo nessuno immaginava che Peter avrebbe inciso tanto sul valore del team stesso

L’esempio di Sagan

Il borsino dei valori numeri alla mano, non per forza corrispondono ai valori reali. E l’esempio perfetto fu proprio un certo Peter Sagan alla corte di Amadio. Quando approdò alla Liquigas non aveva chissà quanti punti venendo dalle categorie giovanili. Né poteva dare certezze.

«Quando lo ingaggiammo – racconta Amadio – era impossibile immaginare ciò che avrebbe fatto. Sapevamo che era un talento, ma non così. Ma capimmo presto, già dalle prime corse in Australia, che era un fenomeno. Ebbi la conferma alla Parigi-Nizza perché lì il parterre è importante, i corridori cominciano a mettere gli obiettivi nel mirino e il livello si alza. Lui vinse subito e si rivelò protagonista».

Quindi Sagan, su carta era un ragazzino, nella realtà un conquistatore seriale di punti UCI. E sempre come ha detto Amadio ogni stagione ha la sua storia. 

«Non c’è un corridore che mi abbia colpito negativamente – prosegue Amadio – quando li ho presi tutti hanno dato il loro massimo. Se proprio dovessi dirne uno, direi Pippo Pozzato. Ma attenzione, non perché abbia fatto male, anzi con noi ha ottenuto il suo record di vittorie in una stagione, ma perché ci si aspettava che potesse conquistare un Fiandre, una Roubaix».

Tra le sorprese, invece l’ex manager ricorda Moreno Moser. Un vero talento secondo lui. Preso per farlo crescere fece subito bene.

«Noi lo avevamo preso per lavorarci su, lui invece è esploso subito: “pam , pam” e fece sue Laigueglia e Strade Bianche».

Nei passaggi da devo team a prima squadra, la Alpecin-Deceuninck ha avuto il “pesce più prezioso” con Timo Kielich: un valore creato in casa
Nei passaggi da devo team a prima squadra, la Alpecin-Deceuninck ha avuto il “pesce più prezioso” con Timo Kielich: un valore creato in casa

Il bacino delle development

«L’avevamo preso per lavorarci su, lui invece è esploso subito», questa frase di Amadio ci riporta al  discorso che il valore di un team possa essere legato anche alla sua development. Ci si costruiscono i campioni in casa. E proprio la Ineos Grenadiers è tra le squadre che negli ultimi anni si sono più attivate in tal senso.

«I progetti dei devo team – dice Amadio – c’erano già ai tempi in cui io ero un manager, ma ora c’è uno sviluppo enorme. E c’è perché si va alla ricerca dei giovanissimi a tutti i costi. Fu Lefevere con Matxin a segnare la svolta con il loro scouting approfondito. Cercavano i corridori in tutto il mondo e questo vale anche per i nostri che finiscono in quelle squadre straniere.

«Trovo logico e giusto che il regolamento consenta di portare dei giovani in prima squadra e anche viceversa. Magari un ragazzo si può portare alla Valenciana o un corridore esperto che magari non è pronto, perché deve rientrare da un infortunio, può andare alla corsa più piccola per fare la gamba. Questo è il vero cambiamento».

Dunque il valore di un team passa anche dalla sua devo e dallo scambio che può esserci fra le due squadre. Bisogna intenderla nel suo insieme. Esempi positivi ci sono, pensiamo alla Groupama-Fdj che su carta è la seconda più indebolita dell’anno, ma ha una super devo. 

Punti, gare e modo di correre che cambia. Parola a Copeland

11.06.2022
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Della classifica a squadre, della questione dei punti e delle retrocessioni avevamo parlato questo d’inverno. Adesso che ci si avvia alla fine del triennio, la questione si fa più ingarbugliata e della riforma entrata in vigore nel 2019 emergono tutti i limiti. Il discorso è complesso e lo affrontiamo con Brent Copeland (nella foto di apertura con Groenewegen, ndr), team manager della BikeExchange-Jayco, e tra i più esperti.

Prima però, ricordiamo brevemente cosa prevede questa riforma.

Nel 2019 l’UCI introduce il ranking per i team. I primi 18 della classifica restano nel WorldTour, gli altri retrocedono a professional. La classifica è stilata in base alla somma dei punteggi dei migliori dieci atleti per team, per ogni singola stagione (1 gennaio – 31 dicembre).

La classifica a fine maggio. L’ultima ad assicurarsi una licenza WT per il 2023 sarebbe l’Education First-Easy Post
La classifica a fine maggio. L’ultima ad assicurarsi una licenza WT per il 2023 sarebbe l’Education First-Easy Post
Brent, ora che il tempo stringe ci si è resi conto che chi ha preso parte al Giro d’Italia (corsa WT) e ha persino vinto tappe, come il vostro Simon Yates per esempio, ha ottenuto meno punti di chi ha vinto corse di un giorno di categoria “.pro” o addirittura 1.1. C’è qualcosa che non va?

Queste sono le regole che l’UCI ha applicato nel 2019 e se non andavano bene dovevamo dirlo prima. Ora c’è un leggero panico perché qualcuno potrebbe retrocedere e questo sta portando ad un nuovo modo di correre per andare a caccia dei punti. Quello che per me è sbagliato è stato mantenere il ranking durante la pandemia.

Cosa intendi?

Dei punti possiamo parlarne fino a domattina. C’è chi sostiene che una corsa di un giorno, benché piccola, valga più di una tappa in un grande Giro e chi invece dice di no: ognuno ha la sua opinione. Ma attuare questo sistema durante la pandemia è stato scorretto. Molte corse sono saltate, molti corridori sono stati male. Prendiamo il nostro caso: siamo un team australiano, abbiamo sponsor australiani e interessi a correre laggiù. Con l’annullamento del Tour Down Under e delle altre corse, abbiamo perso una grossa fetta di punti. E la stessa cosa al Giro d’Italia del 2020. Avevamo un super Simon Yates, ma poi tre, quattro persone dello staff hanno preso il Covid e abbiamo dovuto fermare la squadra, perdendo tanti altri punti. Va da sé che in una situazione così non puoi tenere fede ad un ranking.

E anche la questione dei punti è da rivedere: 100 per una tappa del Giro, 150 per una corsa singola “.pro”…

Yates che vince la tappa più spettacolare e dura del Giro, quella di Torino, porta a casa 100 punti UCI. Nello stesso giorno il nostro Groenewegen vince una corsa 1.1 in Olanda, tutta piatta, e ne porta a casa 125: per me non ha senso. Ma questo è un altro discorso. Ripeto, potevamo pensarci prima.

“Potevamo pensarci prima”, ma qualcuno ci ha anche detto che il regolamento non era chiarissimo. E che si pensava che la classifica fosse rivolta alle sole WorldTour e non che ci fosse una graduatoria comune con le professional…

No, questo è stato chiaro subito. Semmai c’è stata un po’ di confusione su come venissero assegnati i punteggi. La regola poteva essere interpretata in più modi. Noi, come molti altri, credevamo inizialmente che tutti i corridori portassero punti. E non solo i primi dieci. Questo cambia tutto, cambia anche il modo di correre.

Con l’annullamento del Tour Down Under, la squadra di Copeland ha perso (potenzialmente) molti punti
Con l’annullamento del Tour Down Under, la squadra di Copeland ha perso (potenzialmente) molti punti
Cioè?

Faccio un esempio. La settimana scorsa eravamo a fare una corsa in Belgio. Davanti c’era una fuga di una decina di corridori. Avevano un minuto e si poteva chiudere. Noi dietro ne avevamo quattro, due dei quali potevano vincere. Ma visto chi c’era davanti, ci siamo fatti i conti e abbiamo preferito lasciare andare la fuga piuttosto che rischiare, favorendo altri più pericolosi in gruppo. Quelli che erano davanti non erano dei rivali diretti per la nostra classifica. E questo modo di correre chiaramente è negativo.

Decisamente…

E non va bene neanche per i giovani. Loro, che rischiano di non essere nei primi dieci del proprio team, è meglio che restino in gruppo a non fare niente o a tirare in caso di necessità. Chi ha ideato questa riforma non ha pensato a queste conseguenze.

Sull’arrivo della Marmolada si vociferava che la corsa fosse così addormentata anche perché i team cercavano di correre non tanto per la vittoria, ma per i punteggi…

Può essere così, certo. L’importante però è che il pubblico conosca certe dinamiche. Altrimenti, giustamente, critica l’assenza di spettacolo. Come tranquillamente potevano criticare noi quel giorno, dato che avevamo quattro corridori pronti a vincere e non lo abbiamo fatto. Nel calcio è più semplice far capire il concetto di retrocessione. Si gioca: si vince, si perde o si pareggia e in base a questo si fanno dei punti.

Yates vince la spettacolare (e dura) tappa di Torino: che porta al team “solo” 100 punti UCI
Yates vince la spettacolare (e dura) tappa di Torino: che porta al team “solo” 100 punti UCI
Non è così nel nostro mondo…

Nel ciclismo ci sono molte più variabili. Il pubblico è il nostro asset maggiore, noi corriamo per fare spettacolo, ma se certe cose non le capiamo noi stessi, come possiamo pretendere che le capiscano i tifosi? A mio avviso questa riforma ha portato più negatività che positività. E questo vale non solo per noi della BikeExchange, che tra l’altro siamo a rischio moderato, ma al ciclismo intero.

E così facendo, il Giro d’Italia, durante il quale ci sono state molte gare, è a rischio. Sempre più corridori importanti non verranno, perché dirottati su corse che danno più punti Uci?

Ma non solo il Giro, tutte le corse a tappe. Non faccio nomi per rispetto degli organizzatori, ma noi abbiamo appena rinunciato a due (buone) corse a tappe, per andare a fare gare di un giorno. C’è un corridore di un altro team che non era al Giro, il quale a maggio ha raccolto più punti di chi è salito sul podio finale della corsa rosa. Il Giro, il Tour, la Vuelta, il Giro di Svizzerasono le gare che hanno fatto la storia del ciclismo. E noi magari ci ritroviamo a disputare corse dove non c’è neanche la diretta tv perché assegnano più punti. Vaglielo a spiegare agli sponsor…

Brent, voi team state lavorando ad un tavolo di discussione con l’UCI?

Certo, ma per il futuro. Questo triennio ormai è andato. Da una parte capisco anche l’UCI, che ha ideato la riforma tre anni fa e fino ad ora nessuno aveva parlato. Non so quando, ma ci riuniremo. Stiamo parlando per rendere il tutto più semplice e chiaro: i grandi corridori e le squadre non possono rinunciare alle corse che hanno fatto la storia del ciclismo.