Reverberi, il passo indietro e l’arrivo di “Pozzo”

27.02.2024
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«Immaginavo l’argomento – ride Roberto Reverberi – non ci voleva molto, no? Come è andata per Pozzovivo… Scimone, il suo procuratore ha voluto combinare un incontro fra lui e noi, almeno per parlare. Io di Domenico ho sempre detto bene. Il discorso era solo che un corridore di 40 anni non ci stava dentro a un gruppo di ragazzi così giovani. Però l’incontro lo abbiamo fatto volentieri, una decina di giorni fa. Poteva essere il modo di finire da dove aveva cominciato, potrebbe essere una bella storia. E poi lui non è mica finito, va più forte di tanti altri. Abbiamo guardato dei test, ha ancora 7 watt per chilo…».

Un mese dopo l’annuncio delle wild card del Giro e aver escluso la possibilità di ingaggiare lo scalatore lucano nella loro squadra, i Reverberi sono tornati sui loro passi. Niente di scandaloso, ci mancherebbe: Pozzovivo ha scritto alcune delle pagine più belle della loro squadra (in apertura la fuga vincente di Lago Laceno al Giro 2012). Tuttavia siamo da Roberto per sostenere quello che è stato scritto nell’Editoriale di ieri: un atleta con la storia di Pozzovivo avrebbe meritato più rispetto, senza aspettare i saldi di inizio stagione. Tanto più che l’UCI sta facendo storie perché non capisce, con la tipica rigidità svizzera, come mai si sia arrivati a un contratto a questo punto della stagione.

Domenico Pozzovivo è sul Teide: con questa foto ha annunciato la nuova squadra (foto VF Group-Bardiani)
Domenico Pozzovivo è sul Teide: con questa foto ha annunciato la nuova squadra (foto VF Group-Bardiani)
Da quello che si è capito, avete raggiunto un accordo che potrebbe andare oltre la stagione 2024.

Oltre l’aspetto sportivo, esattamente. Conosciamo l’uomo e il professionista e Domenico ha giurato che questo sarà comunque l’ultimo anno. E allora si è parlato anche di un eventuale progetto futuro, per quando avrà smesso. Uno così esperto potrebbe andar bene anche come collaboratore della squadra, come preparatore. Ha studiato, è preparato su moltissimi aspetti, è scrupoloso. Così abbiamo concordato di fare quest’anno insieme e alla fine non c’è stato nemmeno bisogno di convincerci troppo. Abbiamo aggiunto anche il fatto che potrebbe insegnare qualcosa ai giovani e abbiamo preso la decisione. Dopo tutto, si può anche cambiare idea, no?

La foto sul Teide con la maglia e la bici fa pensare che l’accordo sia stato raggiunto prima dell’annuncio…

E’ stata una cosa abbastanza rapida. Si sentivano voci che fosse nell’orbita di una squadra italiana, penso la Corratec che però non è stata invitata al Giro (la trattativa è stata fatta anche con il Team Polti, ndr). Gli abbiamo consegnato la bici il giorno prima che partisse per andare sul Teide. Non si era ancora definito proprio tutto, però avevamo qui la bici di scorta di un corridore con le sue stesse misure e gliel’abbiamo data. Così, casomai si fosse finalizzato, avrebbe potuto fare la foto che avete visto. E adesso stiamo lavorando dall’ufficio per vedere se si riesce a farlo correre dalla Tirreno.

La VF Group-Bardiani-Faizané ha aperto la stagione a Mallorca: qui Reverberi
La VF Group-Bardiani-Faizané ha aperto la stagione a Mallorca: qui Reverberi
Stesso problema che Pozzovivo ebbe lo scorso anno con la Israel…

E finì che saltò la Tirreno per le lungaggini. I trasferimenti si aprono il primo agosto e sono chiusi da un pezzo, ma il suo non è un trasferimento bensì un nuovo contratto. E loro non capiscono, per cui siamo qui in ufficio a premere perché chiudano la pratica entro fine settimana.

Ai corridori lo avete detto prima del suo arrivo?

No, niente. Forse avevano capito qualcosa, perché qualcuno mi ha sentito parlare al telefono: era lì vicino e io non me ne sono accorto. La squadra l’ha saputo dai giornali come tutti gli altri, anche se la mattina stessa l’ho fatto inserire nel gruppo Whatsapp, perciò lo hanno saputo così.

Hai parlato di insegnare ai giovani, forse per questo sarebbe stato meglio prenderlo prima, no?

Sì, ormai si corre e per certe cose è tardi. Però qualcosa può insegnare, magari non a stare in gruppo, perché su quello ha sempre tribolato un po’, in discesa, nelle fasi concitate. Era spesso in terra. Insomma, se lo assiste la fortuna, secondo me ha i mezzi per arrivare nei primi 10 in classifica, ma senza stress. Vediamo come viene, non gli metto tutti i giovani a disposizione. Magari uno o due compagni più maturi, Tonelli ad esempio, per cercare di fargli prendere le salite davanti. Ma i giovani abbiamo intenzione di lasciarli liberi e anzi lui potrebbe essere loro di supporto. Potremmo metterlo in camera con Pellizzari perché è uno che ha tanto da insegnare. Come si mangia, come si ci si allena, tutte le cose che lui sa bene e loro devono ancora imparare.

Reverberi racconta che nel ritiro alla Tenuta Il Cicalino, la squadra ha fatto delle simulazioni di gara (foto VF Group-Bardiani)
Nel ritiro alla Tenuta Il Cicalino, la squadra ha fatto delle simulazioni di gara (foto VF Group-Bardiani)
Sperando che accettino i consigli.

Altro aspetto delicato. Tendenzialmente adesso i giovani faticano a fare domande, nel senso che sanno tutto. Si appoggiano ai loro preparatori e in ritiro certi giorni era da mal di testa, con le cose che devono fare giorno dopo giorno. Anche quando abbiamo simulato una gara, erano tutti lì a dire cose. Ma quando si corre, cosa fate? Correte, basta parlare…. Avendo fatto poche gare, in ritiro abbiamo fatto dei lavori di intensità per arrivare bene a Laigueglia. Anche sull’Etna hanno lavorato tantissimo, ma se non fai così, se non arrivi già pronto, non è che puoi aspettare che la condizione arrivi. Bisogna ragionare come fanno i campioni, sia pure con le dovute proporzioni, che si allenano e sono già pronti per vincere. Oggi se non arrivi già pronto, non stai nemmeno a ruota.

Domenico, che i ritiri se li è sempre fatti da solo, ad aprile sarà inserito nel gruppo dell’Etna o farà vita a sé?

Anche lui prima del Giro è sempre andato sull’Etna e non sapeva che l’avessimo prenotato anche noi. Ci sono due gruppi da cinque. Uno corre in Turchia e uno al Tour of the Alps. E ciascun blocco, prima uno e poi l’altro, andrà in altura. Immagino che Pozzo sarà aggregato a uno dei due gruppi. Penso a quello che fa il Tour of the Alps e poi va sull’Etna.

Passo Maniva al Brixia Tour 2011: dopo il Giro Pozzovivo si è allenato da solo ed è rientrato già vincente
Passo Maniva al Brixia Tour 2011: dopo il Giro Pozzovivo si è allenato da solo ed è rientrato già vincente
Che cosa effettivamente ha convinto la famiglia Reverberi?

La serietà e la professionalità. Sappiamo che non è il vecchio corridore che guarda all’ultimo stipendio. I nostri preparatori mi hanno chiesto se devono guardare i suoi allenamenti su Training Peaks, gli ho risposto di sì. Non perché tema che non lavori, ma perché così impariamo qualcosa da lui. Mi ricordo quando correva con noi, anche l’ultimo anno, dopo il Giro stava a casa un mese e mezzo, veniva a correre e vinceva il Brixia Tour, nonostante si allenasse sempre da solo.

La sensazione è che non sia venuto per i soldi.

Come potete immaginare, non si parla di grosse cifre, ma quasi non ha fatto richieste. Vuole terminare bene e penso comunque che nella sua carriera abbia guadagnato bene. Speriamo solo che lo assista la fortuna e poi credo che una bella storia da raccontare la tiriamo fuori davvero.

De Cassan l’esordio all’Emilia, la Eolo e il grazie al CTF

11.10.2023
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La Eolo-Kometa ha ufficializzato l’arrivo di Davide De Cassan nella prossima stagione. Il corridore classe 2002 ha già esordito con la squadra di Ivan Basso e Alberto Contador al Giro dell’Emilia. La sua prima gara da professionista è stata una festa, con tanta gente che è venuta a vederlo, tra cui la sua famiglia. Momenti che De Cassan non dimenticherà mai, soprattutto perché ha corso accanto ai campioni di oggi e domani. Sulle rampe di San Luca ha lottato gomito a gomito con Pogacar, Roglic, Mas e Simon Yates

«E’ stata una giornata pazzesca – dice ancora emozionato De Cassan – il livello della corsa era altissimo. Quando ho letto la startlist e ho realizzato con chi avrei corso non ci credevo, un conto è vederli in tv o leggerli su un foglio, un altro è correrci accanto. Nei momenti in cui ero lucido al di fuori della corsa pensavo “Wow!” Ma la gara è gara e quando è stato il momento di prendere la posizione non ci ho pensato».

La Eolo-Kometa con De Cassan al Giro dell’Emilia
La Eolo-Kometa con De Cassan al Giro dell’Emilia

La prima tra i pro’

Un esordio del genere, tra i professionisti e in una corsa di alto livello fa piacere, e lascia intendere l’idea che la Eolo si è fatta di De Cassan. Ma cosa hanno chiesto al giovane di Riva del Garda una volta in gara?

«Avevo il compito di portare Fortunato nelle prime posizioni una volta entrati nel circuito del San Luca – ci spiega – fin lì sono andato bene. Poi le gambe erano quello che erano, il Giro dell’Emilia è davvero duro: 204 chilometri e tanta salita, tra cui 5 volte la scalata del Santuario.

«Dopo essermi sfilato ho comunque voluto finire la gara. Lo volevo fare per me ed è stata una cosa pazzesca. Il pubblico a bordo strada era tantissimo e caldissimo, se ci penso ho ancora la pelle d’oca. La sera stessa ero provato, anche se l’adrenalina mi ha aiutato a smaltire la fatica». 

Per Davide De Cassan un esordio tosto all’Emilia
Per Davide De Cassan un esordio tosto all’Emilia
La tua famiglia era lì a bordo strada, com’è stato?

Bellissimo anche questo, la sera tornando a casa abbiamo realizzato insieme cosa era successo. Le altre volte parlavamo di dinamiche di corsa di gare under 23, mentre sabato scorso parlavamo di Pogacar, Roglic e Yates. Per loro forse è stato ancora più assurdo, perché lo hanno visto da fuori. 

Il prossimo inverno sarà con la maglia Eolo, dopo tre anni di CTF Friuli, che sensazioni hai?

Eh… Sarà strano. Da un lato mi dispiace ma è anche giusto così, devo metabolizzare. Sono contentissimo di passare pro’ e un po’ mi mancheranno. Al CTF devo tantissimo e li ringrazierò per sempre, perché sono stati una parte importante della mia vita. Tre anni non si dimenticano facilmente. Per me si è rivelato l’ambiente giusto per crescere e maturare. Infine devo tanto anche al mio manager Raimondo Scimone, senza di lui tutto questo sarebbe sicuramente più difficile.

Davide De Cassan lascia il CTF Friuli dopo tre anni d’intense emozioni (foto Instagram)
Davide De Cassan lascia il CTF Friuli dopo tre anni d’intense emozioni (foto Instagram)
Che regalo farai al CTF per salutarli?

Non so, forse una maglia della Eolo, mi sarebbe piaciuto regalargli una vittoria a San Daniele, ma ho perso il momento giusto. Quindi penserò bene a cosa regalare a Renzo (Boscolo, diesse della squadra, ndr) e al team. 

Il passaggio a metà anno alla Eolo com’è stato?

E’ stato graduale, con un approccio tranquillo e sereno così come il mio esordio in gara. Le Eolo e il CTF avevano deciso il calendario insieme fin dall’estate, per arrivare al meglio nel 2024. In questo modo il prossimo anno non sarà tutto nuovo. 

Gli allenamenti?

Non ci sono state grandi differenze, ma è giusto così. Non dovevo soffrire troppo il cambio, ci sarà tutto l’inverno prossimo per capire e adattarsi alla nuova categoria. 

L’ultima gara disputata in maglia CTF Friuli è stata la Coppa Città di San Daniele, chiusa in quinta posizione (photors.it)
L’ultima gara disputata in maglia CTF Friuli è stata la Coppa Città di San Daniele, chiusa in 5ª posizione (photors.it)
Più di 200 chilometri in corsa non li avevi mai fatti, com’è stato aggiungere quei 20-30 chilometri?

Pesano tanto, soprattutto quando non devi farli in altre gare. Alla Coppa San Daniele, corsa con il CTF che era di 160 chilometri, mi sentivo bene. Dopo 3 ore e 30 di gara le gambe rispondevano ed ero lucido. Aggiungere un’ora di sforzo a quei ritmi è difficile e il prossimo inverno sarà importante in vista del 2024. 

Ora che corse farai?

Ho fatto il Gran Piemonte giovedì scorso, ora le gare in Veneto: Giro del Veneto e Veneto Classic.  

Bagatin, passista veloce con voglia di attaccare

03.06.2023
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Nel vasto panorama degli under 23 italiani si sta mettendo sempre più in luce Christian Bagatin, ventenne varesino della Sias Rime Drali. Molti si sono accorti di lui per un magico weekend a maggio, quando ha messo insieme la seconda piazza a La Medicea e il giorno dopo la vittoria in una classica come il GP Industrie del Marmo. Ma guardando bene le classifiche ci si accorge che c’è di più e che quest’accoppiata non è stata per nulla casuale.

Bagatin è un altro di quei ragazzi praticamente nati in sella a una bici e il perché è presto detto: «Mio padre era segretario del team giovanile del mio paese, Orino. Sono salito su una bici quasi subito, già da G0 ho iniziato a gareggiare, sono rimasto per 10 anni nello stesso team, l’SC Orinese, imparando tutto quello che potevo e la voglia di pedalare, di divertirmi sulle due ruote è andata sempre aumentando».

Carrara, la volata vincente sull’austriaco Schrettl e Griggion (foto Scanferla)
Carrara, la volata vincente sull’austriaco Schrettl e Griggion (foto Scanferla)
Quand’è che l’aspetto ludico ha lasciato il posto a quello rivolto al sogno di una carriera ciclistica?

Bella domanda, non saprei dire quando e neanche se ci sia mai stato davvero questo cambio. Sicuramente quando sono diventato junior ho iniziato a vedere quest’attività in maniera diversa, a pensare che poteva essere un futuro possibile. Ma l’aspetto del divertimento non è venuto mai meno. Io poi non ero uno che vinceva spesso, anche se a fine stagione un paio di centri li ho sempre raccolti.

Come sei arrivato alla vittoria al GP Industrie del Marmo?

Diciamo che ho avuto un buon inizio di stagione. Sono anche andato in ritiro in Spagna a mie spese, proprio perché volevo fare bene sin dalle prime gare e tutto stava funzionando fino alla San Geo, quando mi sono sentito male. Gli esami hanno scoperto un citomegalovirus, che mi ha costretto a 10 giorni di sosta assoluta. Ho ripreso l’attività a inizio maggio e forse quel riposo mi ha fatto bene, mi ha dato qualcosa in più.

Il varesino sul podio di Carrara. Bagatin era già stato secondo il giorno prima a Cerreto Guidi
Il varesino sul podio di Carrara. Bagatin era già stato secondo il giorno prima a Cerreto Guidi
Come sono state le due gare?

Abbastanza simili, erano caratterizzate dal cattivo tempo che ha un po’ scremato il gruppo, su due percorsi già di per sé selettivi. Io puntavo più su quella della domenica e la prestazione del giorno prima mi ha dato la convinzione di essere nella forma giusta. Avevo provato anche ad attaccare, ma poi ho perso per un nonnulla e mi è venuta ancora più rabbia agonistica.

Su percorsi vallonati ti trovi bene?

Direi di sì, anche se sono il classico passista che si difende quando la strada si rizza sotto le ruote e che in volata ha buone carte da giocare. Mi piace però che ci sia selezione nel gruppo, diciamo che se il gruppo si riduce è sempre un vantaggio per me come anche mi piacciono le gare lunghe perché ho buona resistenza e non perdo molto in velocità. Se gli altri sono stanchi ci sono più possibilità per me…

Sei un attendista, nel senso che aspetti lo sprint?

Al contrario. Preferisco prendere l’iniziativa, mi piace attaccare e cambiare un po’ la situazione. Io dico sempre che la volata è qualcosa a cui pensare all’ultimo, bisogna vedere come e con chi ci si arriva. Nessuna corsa è scontata.

Anche a cronometro il varesino dice la sua. Ora aspetta una chiamata da un team professionistico
Anche a cronometro il varesino dice la sua. Ora aspetta una chiamata da un team professionistico
Parli molto di resistenza, una dote che sembra ideale per le corse a tappe…

In verità ne ho fatte troppo poche per sapere come me la cavo, so però che ho un buon recupero. Quando capitano weekend con due gare di seguito, vado sempre meglio nella seconda. Non ho certo le caratteristiche del corridore da classifica, ma penso che mi adatterei bene e potrei essere un cacciatore di tappe, questo sì.

Hai mai corso all’estero?

Questo è un tasto dolente… Nel 2019 era tutto pronto perché partecipassi al Giro delle Fiandre di categoria, ma poco prima mi sono rotto il bacino e l’occasione è sfumata e mi è dispiaciuto tantissimo perché mi piacciono molto quelle gare, ma posso dirlo solo per averle viste in tv. Mi piacerebbe molto avere l’opportunità di gareggiare all’estero e mettermi alla prova.

Nel team ti trovi bene?

Decisamente, è un gruppo affiatato e la società dà il massimo per noi. Ad esempio ci hanno permesso, appena uscito il programma del Giro d’Italia, di andare a provare qualche tappa, quelle di Cuneo e Brescia in particolare, è stata un’esperienza molto utile, perché sappiamo che cosa affronteremo e possiamo far bene.

Bagatin con i compagni della Sias Rime Drali, con cui milita dallo scorso anno
Bagatin con i compagni della Sias Rime Drali, con cui milita dallo scorso anno
Che cosa ti aspetti dalla corsa rosa?

Non ho particolari aspettative, so che sarà una corsa dura ma molto dipenderà da come verrà affrontata, se sarà battaglia tutti i giorni o chi punta alla classifica lascerà anche spazio. Noi comunque vogliamo lasciare il segno.

Hai già qualche contatto per trovare spazio in un team professional o meglio ancora?

Qualcosa c’è, ma siamo ancora al livello di pour parler, l’interesse c’è se i risultati arrivano, diciamo che quello è stato un punto di partenza sul quale costruire il futuro. E’ chiaro che per me, come per tutti, il sogno è trovare un contratto da professionista, questi sono anni cruciali e il mio procuratore Raimondo Scimone me lo dice sempre, ma servono i risultati e non le parole…

Riprende dalla Spagna il viaggio di Pozzovivo. Ma che fatica…

15.02.2022
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Formalmente da ieri, giorno di San Valentino in cui festeggiava anche l’onomastico di sua moglie, Domenico Pozzovivo è diventato un corridore della Intermarché-Wanty-Gobert. Dieci giorni fa era andato da sé a prendersi la bici a Charleroi e da domani sarà in corsa alla Vuelta Andalucia-Ruta del Sol. Ma riavvolgendo il nastro, voi avete idea di cosa sia successo dal 29 novembre, quando Ryder Douglas lasciò liberi i corridori della Qhubeka-Nexthash? Ce lo siamo fatto raccontare da Raimondo Scimone, il suo agente, che al pari del piccolo lucano, non ha mai smesso di crederci.

«Per me oggi è il 2 gennaio – sorride l’emiliano – il 2021 è finito adesso, con l’ultimo obiettivo possibile finalmente raggiunto».

La collaborazione fra Pozzovivo e Scimone è iniziata nel 2005. A destra Valentina, moglie del lucano (foto Facebook)
La collaborazione fra Pozzovivo e Scimone è iniziata nel 2005, propiziata da Luca Mazzanti

La lunga attesa

La storia è complessa. Mentre tutti i corridori lasciati liberi dal team sudafricano si sono affrettati a trovare una nuova sistemazione, Pozzovivo ha scelto di dare fiducia al team e ha continuato ad allenarsi come se tutto fosse normale.

«Le ragioni per cui ha aspettato tanto – spiega Scimone – sono state fondamentalmente due. La prima è che in quella squadra si trovava bene. Domenico nota le cose che non vanno, non le manda a dire, ma lì disponeva di ottimo materiale e di un bel gruppo di lavoro. E poi c’era un contratto economicamente vantaggioso che si sarebbe rinnovato se la squadra avesse proseguito l’attività. Solo che il tempo passava. Dovete sapere che “Pozzo” è rispettato da tutti, ma poi quando si scendeva nel pratico, qualcuno discuteva per il fatto dell’età, qualcun altro per la posizione in bici dovuta all’incidente. Uno mi ha anche suggerito di farlo smettere. Ma siccome fino a metà novembre c’era la possibilità che Qhubeka facesse una professional, abbiamo aspettato. In realtà ci guardavamo già intorno, bisogna sempre farlo, ma la ricerca vera è iniziata quando Ryder Douglas ha mollato la presa».

Il confronto del Lombardia gli ha fatto capire di avere ancora qualcosa da dare
Il confronto del Lombardia gli ha fatto capire di avere ancora qualcosa da dare
In che direzione vi siete mossi?

Inizialmente verso squadre con organico non completo. Poi quelle cui mancasse un uomo per il Giro d’Italia, che per Domenico è sempre stato la corsa più importante. L’idea di essersi dovuto ritirare e lasciarlo dopo una settimana come nel 2021 non gli andava giù. E trovo che tornarci sia un’ambizione più che lecita, visto che delle sette top 10, solo una l’ha fatta alla Vuelta e le altre sono del Giro.

E quel suggerimento di farlo smettere?

Non abbiamo avuto bisogno di chiarirci, perché lo avevamo già fatto. Gli avevo detto di decidere liberamente e di sentirsi libero da ogni condizionamento nei miei confronti. Può smettere quando vuole e lo sa da tempo. Invece alla fine del Lombardia disse la frase che faceva capire che non ci pensasse minimamente.

Che frase?

«Questi giovani vanno come moto – mi disse – però oggi sulla salita su cui di solito faccio i test, pur andando in scioltezza ho fatto i wattaggi migliori di sempre, anche di quando la faccio a tutta». E il senso era che i vari Pogacar e gli altri lo stanno costringendo a migliorare e gli stanno allungando la carriera. Quindi siamo andati avanti. Il fatto di firmare tardi era qualcosa che avevamo già sperimentato.

Pozzovivo debutta al UAE Tour 2020 con la maglia NTT, alla ripresa dall’incidente di agosto
Debutta al UAE Tour 2020 con la maglia NTT, alla ripresa dall’incidente di agosto
Già nel 2020, alla ripresa dall’incidente, era successo qualcosa del genere, vero?

Quando venne fuori il progetto NTT, con Riis all’interno in un ruolo importante, ci arrivò l’okay verbale il giorno di Natale del 2019 e la firma il 27 dicembre, per non incappare nella regola dell’Uci per cui non si potrebbe firmare un contratto dopo il primo gennaio. Se non avessimo firmato quel contratto, probabilmente Domenico avrebbe smesso lì.

Quindi di base anche lui era tranquillo?

A novembre mi disse: «Raimondo, mi hai venduto quando ero zoppo. Perciò, ora sto bene, che problemi dovresti avere?». Non è facile avere la voglia di spingere ancora, evidentemente ce la siamo trasmessa a vicenda. Perché lui nel frattempo lavorava come se fosse tutto normale, ma con un mese di anticipo. Ha a febbraio i watt che di solito raggiunge a marzo. L’unica differenza è stata che, anziché andare sul Teide a Natale con Valentina, c’è andato da solo la settimana dopo per 12 giorni, passando un Natale normale in famiglia.

Finché l’occasione è arrivata…

A un certo punto si è capito che si andava materializzando qualcosa. C’era l’inghippo della regola UCI, bisognava aspettare che si riunissero per deliberare. Da un lato ero confidente che si superasse, ma insieme mettevo il pepe al manager della squadra perché facesse pressione. In fondo rischiavano di pagarlo senza farlo correre. E alla fine il contratto è stato firmato venerdì 11 febbraio e registrato il 14.

In attesa delle foto ufficiali, sul suo account Instagram c’è già da due giorni il logo del team
In attesa delle foto ufficiali, sul suo account Instagram c’è già da due giorni il logo del team
Ci hai sempre creduto?

Al 100 per cento, perché la logica dice che Pozzo dove lo metti sta. Trovato l’accordo, problemi non ce ne sono. Ci potevano essere altre squadre, comprese due professional, ma la WorldTour offre un calendario di livello che mette al riparo da ogni imprevisto. Scordiamoci il discorso economico, che comunque è dignitoso. Ci sono il calendario e lo spazio per correre bene. Però ci sarebbe, se posso, una persona da ringraziare…

Di chi si tratta?

Ero a telefono con Valentino Sciotti. Si parlava fra appassionati di vini e quando mi ha chiesto come stessi, gli risposi che avevo il cruccio di Pozzo ancora per aria. Disse che non era possibile e grazie a lui si è aperto il discorso con Israel-Premier Tech e Intermarche-Wanty (la Vini Fantini compare fra gli sponsor 2022 di entrambi i team, ndr). Quando è andato alla presentazione della squadra belga, mi ha chiesto se lo autorizzavo a spendere una parola per Domenico e di fatto è nata questa trattativa. Cercavano un corridore capace di fare bene al Giro e alla fine abbiamo chiuso anche in fretta.

Hai gestito tu oppure c’è sempre stato il contatto con Domenico?

Ad ogni passo, devo informare il mio cliente. Deve esserci un dialogo continuo, anche se dopo tanti anni (Scimone e Pozzovivo collaborano dal 2005, ndr) bastano uno sguardo o un whatsapp.

Il primo obiettivo del nuovo team con Pozzovivo sarà il Giro d’Italia
Il primo obiettivo del nuovo team con Pozzovivo sarà il Giro d’Italia
Quale reazione ha avuto quando gli hai comunicato che era fatta?

E’ stato un momento importante emotivamente. Ha cambiato tono di voce, ma si sentiva che era contento. Poi è iniziata la fase dell’attesa. Si è spazientito per le lungaggini dell’Uci, perché lui era pronto per correre. Da lì la corsa a Charleroi per prendersi la bici. Per uno che ha avuto il suo incidente, abituarsi alla posizione da strada e da crono è decisivo. Soprattutto per la crono è un gran meticoloso.

Domani si comincia?

Ieri alle 22 era a Malaga e ha annunciato che avrebbe iniziato a correre. Si è fatto scattare la foto da un meccanico (immagine di apertura, ndr). Se mi sentite dalla voce, sono contento anche io. Dopo tanti anni di collaborazione, si diventa anche amici. Può essere limitante, ma preferisco considerarlo un privilegio di questo tipo di attività. Oggi per me è il 2 gennaio. Adesso posso iniziare a programmarmi i viaggi per le prossime corse.

Procuratori, sul valore dei corridori sentiamo anche Scimone

07.01.2022
6 min
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Continua il nostro viaggio nel mondo dei procuratori. Dopo aver ascoltato il parere di Alex Carera, ci siamo rivolti ad un altro procuratore di lungo corso, Raimondo Scimone. A lui abbiamo rivolto sostanzialmente le stesse domande del suo collega. Abbiamo gettato sul piatto della discussione lo stesso argomento, vale a dire come viene stabilito il valore di un corridore.

(Da sinistra) Conca, Aleotti e Colleoni ad Extragiro 2020: oggi il giovane deve essere “già esperto” e forte
Da sinistra: Aleotti e Colleoni ad Extragiro 2020. Oggi il giovane deve essere “già esperto” e forte

Età fondamentale

Scimone ha iniziato questo mestiere all’inizio degli anni 2000, i primi contatti con il ciclismo sono del 1999 ma effettivamente opera da vent’anni.

«Come si stabilisce il valore di un corridore? Ah, che domandona! Non è un argomento da poco – scherza Scimone – Il valore di un corridore è chiaramente soggettivo e varia da atleta ad atleta. Il primo parametro che mi viene in mente è l’età, soprattutto in questo periodo in cui le squadre vanno alla ricerca dei giovani.

«È tutto più esasperato. Mi verrebbe quasi da dire che i giovani non hanno più diritto alla gioventù visto che vengono richiesti appunto giovani, esperti, già formati e forti».

«Con la ricerca di giovani questi assumono più valore. E’ anche più facile che un ragazzo di buone prospettive guadagni di più rispetto ad un corridore che già è professionista da 10 anni. Penso ad un atleta di sostanza, che magari non vince moltissimo ma che è sempre presente e ad un neopro’ che ha fatto intravedere qualche risultato. Oggi si ragiona moltissimo in prospettiva».

Scalatori purissimi sempre più rari, qui Sosa
Scalatori purissimi sempre più rari, qui Sosa

Velocista, passista o scalatore?

Anche per par condicio con Scimone abbiamo, come detto, impostato l’intervista sullo stesso binario di Carera, qualche differenza però c’è. E con Raimondo infatti il discorso del valore dell’atleta passa anche dalla tipologia del corridore stesso.

«Oggi il mondo dei professionisti è pieno di passisti veloci. Si sentono moltissimi corridori dire: “Tengo bene, sono veloce, la volata di gruppo non la vinco, ma posso regolare un gruppetto di 20-25 atleti”. E questa tipologia è ancora più frequente nel ciclismo “anglosassone” e per anglosassone intendo un po’ tutto il resto d’Europa tolta la Movistar. Questo per dire che uno scalatore lo “vendo” meglio di un passista, per il semplice fatto che sul mercato ce ne sono di meno».

«Almeno personalmente, ho meno difficoltà nel piazzare lo scalatore piuttosto che il passista veloce. Poi è chiaro che se lo scalatore ha zero vittorie e solo un paio di piazzamenti e il passista veloce ha 12 vittorie, forse riesco a venderlo bene ugualmente. In più bisogna considerare che oggi una figura come lo scalatore puro emerge del tutto solo su salite estreme come il Mortirolo o lo Zoncolan».

«Penso per esempio a Matteo Fabbro, guardando ai corridori di “casa mia”. Dopo un periodo di apprendistato, è venuto fuori lo scalatore che c’è in lui, soprattutto dopo gli ultimi due Giri d’Italia. Matteo però prima ha dovuto guadagnare qualcosa sul passo e in consistenza in generale, e solo successivamente è potuto tornare a valorizzare la sua caratteristica di scalatore. Nella valutazione quindi bisogna considerare anche situazioni simili».

Se fosse interessata ai grandi Giri, sarebbe “facile” piazzare un uomo di classifica alla Alpecin visto che non ne ha in rosa
Se fosse interessata ai grandi Giri, sarebbe “facile” piazzare un uomo di classifica alla Alpecin visto che non ne ha in rosa

I “microparametri”

Lo scalatore si piazza meglio dunque. Il che non fa una piega, è il classico discorso della domanda e dell’offerta.

Scimone poi chiarisce anche che parliamo di corridori bravi. Ci si riferisce quindi ad uno standard medio-alto. Il corridore scarso generalmente dopo il primo contratto non trova più una collocazione, mentre il fenomeno la squadra la trova “da solo”.

«Lo scalatore vale più del passista veloce – riprende il procuratore – Poi dipende anche da dove va e qui entrano in gioco quelli che io chiamo i “micro sottoparametri”, vale a dire quelle caselle che quel team deve riempire. Se per esempio ad una squadra manca il passista veloce magari te lo paga un po’ di più».

«Un altro di questi parametri è la mentalità del risparmio. C’è quel team che è più esposto a questa dinamica e chi invece bada più al sodo e colma quel gap (lo stipendio del corridore, ndr) un po’ più facilmente.

«Faccio un esempio: un cronoman è conteso fra due team, ma per questa serie di “piccoli motivi” o semplicemente perché necessita di un cronoman appunto, da una parte questo corridore prende 100.000 euro di più che dall’altra. Quindi a volte sono anche le esigenze di spogliatoio a determinare la valutazione di un atleta».

Scimone tra due dei suoi assistiti più esperti: Domenico Pozzovivo (a sinistra) e Alessandro De Marchi (a destra)
Scimone tra due dei suoi assistiti più esperti: Domenico Pozzovivo (a sinistra) e Alessandro De Marchi (a destra)

Scouting in prima persona 

È curioso poi anche capire come avviene l’approccio fra procuratore e corridore. Chiaramente ognuno ha i suoi metodi. Noi ci immaginiamo il procuratore che va alle corse e si avvicina al ragazzo che lo ha colpito con la sua azione sul campo.

Per esempio, avevamo visto che Alex Carera aveva una sua rete di talent scout e lui stesso poi osservava i files di ordini d’arrivo e palmares.

«Io – riprende Scimone – non ho questa rete definita di talent scout. L’approccio lo faccio da me, anche per questo motivo ho meno atleti rispetto ai Carera. Ascolto il passaparola soprattutto dei corridori che già seguo. Ho dei rapporti con dei direttori sportivi, con questo o con quel team… Parlo con loro chiaramente e poi sgomitiamo con gli altri procuratori!».

«La categoria che inizio ad osservare è quella degli juniores, gli allievi assolutamente no – ribatte secco Simone – è anche vero però che anni fa dicevo tutto ciò degli juniores e adesso invece si va a pescare proprio lì».

«In questa categoria (juniores, ndr) i ragazzi non hanno una maturità fisica e neanche psichica. Tutto può cambiare in breve tempo. E anche in corsa spesso si vedono strategie scriteriate. Quindi ancora di più non mi sento di approcciare gli allievi. Poi è anche vero che se il De Marchi della situazione (suo assistito, ndr) ha un fratello che corre negli allievi e mi dice: “Raimondo, voglio che lo segui te”, un occhio glielo dò. Ma è tutt’altra tipologia di approccio».

Sia Scimone che Carera ci hanno detto che non si tratta con gli allievi, ma sarà sempre così?
Sia Scimone che Carera ci hanno detto che non si tratta con gli allievi, ma sarà sempre così?

I primi stipendi

Il procuratore è una figura molto importante per il corridore, cura i suoi interessi e il più importante è chiaramente quello dello stipendio. Ma quando si inizia lavorare con corridori così giovani, come gli juniores, quando percepisce la sua percentuale il procuratore? Prende qualcosa già da quando gli trova squadra fra gli U23?

«Prima di tutto – conclude Scimone – io vorrei che il corridore non vedesse il procuratore come una figura che incide nel suo bilancio e basta. Io dedico del tempo e del denaro per portarlo al professionismo. Poi da lì chiaramente anche io inizierò a guadagnare.

«Prima di arrivare ai professionisti non percepisco nulla dal mio assistito. Chiedo, parlo, e mi muovo presso i team con cui ho più confidenza, ma nella trattativa non metto bocca. E addirittura anche dopo essere arrivato al professionismo, se quell’atleta non raggiunge un livello economico soddisfacente io non prendo nulla. Ognuno ha il suo metodo».

La risposta di Reverberi: in due anni si vede tutto

20.01.2021
5 min
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La pubblicazione del pezzo su Umberto Orsini non è passata inosservata. Quando un corridore di belle speranze smette di correre a 26 anni, si tende tutti a simpatizzare per lui e sui social i commenti si sono moltiplicati. C’è chi ha sostenuto che il ragazzo non fosse pronto per passare e chi invece ha puntato il dito verso il team. Chiamato direttamente in causa, Roberto Reverberi ha cercato di spiegare le sue ragioni, ma come spesso accade in determinate piazze, il dibattito si è fermato ai prevedibili commenti non sempre concilianti. Ma visto che il caso di Orsini non è isolato, questa volta abbiamo pensato di partire proprio da lui.

Nel 2017 da U23, Pessot vince la Carpatian Couriers Race, Pogacar miglior giovane
Nel 2017 Pessot vince la Carpatian Couriers Race, Pogacar miglior giovane

«Non è detto – spiega il figlio di Bruno Reverberi – che il contratto sia sempre biennale. Un corridore come Battaglin, che avevamo visto andare molto forte già da stagista, ha avuto subito un triennale. In assoluto però, quelli buoni li vedi già al primo impatto, perché lanciano segnali interessanti. Penso a Modolo, che al primo anno arrivò 3° nella volata di San Benedetto alla Tirreno e 4° alla Sanremo. Penso a Colbrelli, 2° alla Bernocchi al primo anno e vincitore in una tappa del Giro di Padania. Il problema di Orsini è che non era molto concentrato e probabilmente non faceva la vita da atleta come avrebbe dovuto».

Altri 2 nomi

Rispetto al 2020 però, all’appello in casa Reverberi mancano però anche Francesco Romano, Alessandro Pessot e Marco Benfatto. Se l’ultimo ha comunque 33 anni e nelle gambe 6 stagioni nel professionismo, i primi due sono stati lasciati liberi alla conclusione della seconda, ricordando che il 2020 è stato condizionato pesantemente dal Covid.

«Per come la vedo io – dice Reverberi – erano corridori in forse anche dalla stagione precedente, però avevano un contratto biennale ed era giusto dargli una possibilità. Nel fare certe valutazioni, ci basiamo anche su quello che dicono i compagni, per cui un corridore come Savini è rimasto, per quello che di buono ha lasciato intravedere. Il problema con Romano è che non si è mai inserito nel nostro modo di correre, faceva un po’ il furbino. Al Giro d’Italia non è neanche andato male, ma ricordo il giorno in Romagna in cui ha dato tutto per fare un traguardo volante e poi si è staccato dalla fuga, facendoci fare davvero una bella figura…

«I corridori devono anche integrarsi nella squadra – prosegue Reverberi – ad esempio abbiamo lasciato andare Canola e Pasqualon perché correvano per i fatti loro. Pessot aveva problemi anche ad andare in discesa e poi parlava poco. Se fossero così forti, perché non li avremmo tenuti? Quando fai passare quelli di seconda fascia, si deve mettere in conto la possibilità che smettano. D’altra parte, dove sono quelli che noi abbiamo lasciato liberi e che poi hanno sfondato?».

Tour de Langkawi 2019, Pessot a disposizione della squadra nel primo anno da pro’
Langkawi 2019, Pessot a disposizione della squadra

Quali fasce?

Qui il discorso tuttavia rischia di diventare scivoloso. Un po’ perché Pasqualon ha fatto e sta facendo un’ottima carriera e poi perché, giusto ieri, Raimondo Scimone ci ha spiegato le difficoltà di ricollocare un corridore lasciato a piedi dalla squadra precedente.

Quando Alessandro Pessot passò professionista, di lui si diceva che sarebbe diventato un novello De Marchi. Potente, forte a crono, coraggioso, amante delle fughe. Nel 2017, aveva vinto il Carpathia Couriers Race da U23, battendo un giovanissimo Pogacar. Non era un corridore di prima fascia, come ha detto Reverberi, ma potrebbe ancora diventare un eccellente uomo squadra.

Una raccomandata

«A settembre – dice il friulano – ho ricevuto una raccomandata con cui mi comunicavano che non sarei stato confermato. Senza altre spiegazioni. Capisco che la squadra abbia bisogno di visibilità e questa viene dalle fughe. Capisco anche che il 2020 non sia stato il mio anno migliore, come non lo è stato per molti altri. Ma posso dire di aver sempre dato il massimo, in allenamento e in corsa, senza essere seguito come al CTF Lab con cui continuo a prepararmi. In questi due anni ho anche avuto dei problemi e ho colto l’occasione sapendo che il tempo era poco. De Marchi e Fabbro mi avevano avvertito che non si può stare ad aspettare perché è facile perdere il treno. Posso aver commesso qualche errore, credo sia normale quando cerchi di imparare un mestiere, ma non ho rimpianti con me stesso, a parte quello di aver corso soltanto 25 giorni nel 2020. Qualche giorno in più mi avrebbe aiutato a trovare la condizione e a migliorare l’esperienza. Quanto ai problemi in discesa, confermo che sul bagnato non sono mai stato un drago, ma anche che ho avuto problemi a trovare il giusto feeling con i materiali. Non solo io, anche altri compagni. Tanto che quest’anno oltre alle biciclette sono state cambiate anche le gomme».

Francesco Romano ha corso il Giro d’Italia 2020: è nato nel 1997
Francesco Romano ha corso il Giro d’Italia 2020: è nato nel 1997

Romano, 23 anni

Francesco Romano, dal canto suo, si ritrova di nuovo nella Palazzago in cui corse fino ai 21 anni, avendone ora 23. Passato dopo il secondo anno da U23, il siciliano ha raccontato di essere diventato professionista troppo presto e che un ragazzino come lui non aveva ancora le armi per difendersi.

Due anni e via

Ma il punto è proprio questo. Che cosa si chiede ad un neoprofessionista oltre all’impegno e al garantire una buona immagine alla squadra? Che sia già in grado di vincere? Oppure che si faccia vedere? E se si prende un corridore così giovane, non avrebbe più senso proseguire nell’investimento e costruirlo nella sua professionalità? I corridori che non fanno la vita potrebbero semplicemente essere demotivati? E se così fosse, non sarebbe utile mettergli accanto qualcuno che non vanifichi gli stipendi mese dopo mese?

A ben guardare anche De Marchi era una seconda fascia e come lui Ballan. Per loro fortuna tuttavia, quando passarono professionisti, il tempo non era scandito a ritmo di social.

Neopro’ precoci e giovani a piedi: Scimone perché?

19.01.2021
4 min
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Raimondo Scimone era il procuratore (e ottimo amico) di Michele Scarponi e lo è oggi, fra gli altri, per De Marchi, Fabbro, Pozzovivo e Aleotti. Nelle squadre, degli U23 come dei professionisti, quelli che fanno il suo lavoro godono di reputazioni piuttosto diverse. C’è chi li vede come dei commercianti di uomini e ne sta alla larga e chi invece se li tiene stretti, per averne il favore e i corridori migliori. Scimone non è di quelli super invadenti e forse proprio la sua discrezione ne ha fatto il riferimento per il Cycling Team Friuli.

«E questo – dice – è una grande soddisfazione. Serve rispetto per gente che guida corridori da trent’anni, come può essere Bressan, che ne sa sicuramente più di me. Non avrebbe senso che entrassi in ambiti che non sono miei e forse questo ha costruito la fiducia. Al punto che a volte sono loro a chiedere la mia presenza nelle riunioni tecniche, per permettermi di conoscere meglio i corridori».

Ci siamo rivolti a Scimone per avere un’altra opinione sulla tendenza di far passare corridori giovanissimi, col rischio di vederli sparire altrettanto precocemente.

Matteo Fabbro
Matteo Fabbro e Giovanni Aleotti, entrambi corridori di Scimone, entrambi alla Bora-Hansgrohe
Matteo Fabbro
Fabbro e Aleotti, entrambi atleti di Scimone
Come funziona il passaggio di un corridore poco noto o molto giovane?

Ci sono due dinamiche basate sulla reciproca conoscenza. La prima: il team manager conosce il corridore e lo prende. La seconda: il team manager non lo conosce e si fida del suo agente. In entrambi i casi parleranno i risultati di quei primi due anni.

Se invece il corridore è più conosciuto?

Si cerca di scegliere fra le squadre WorldTour che fanno le loro proposte. Per quelli buoni spesso ci sono più due anni per far vedere qualcosa e c’è anche maggiore indulgenza da parte dei team

Che cosa succede nelle professional alla fine dei due anni?

Tirano una riga e decidono, dato che ognuno è padrone in casa sua. Due anni sembrano tanto, ma possono essere anche poco se ad esempio uno dei due è stato falsato dal Covid. In certi casi, fra prendere un neopro’ tutto da costruire e tenersi un corridore che ha già fatto esperienza, io sceglierei il secondo. Anche perché la differenza di costi non è enorme.

Di quanti soldi parliamo?

In una professional, da lavoratore dipendente, si passa da 26.849 euro lordi a 32.102. Questo per il 2020, per come indicato nell’accordo paritario.

Come ti regoli davanti al corridore molto giovane che riceve un’offerta: batti il ferro finché è caldo o suggerisci di aspettare?

La seconda. Se si guarda alla mia storia, uno dei corridori più precoci è stato proprio Aleotti, che ha comunque fatto 3 anni da U23. In giro si vedono forzature, che a mio parere servono per tenere il passo delle WorldTour, che hanno battezzato la tendenza di far passare il fenomeno molto giovane. La differenza è che certe squadre hanno gli osservatori, il vivaio e gli allenatori che li fanno passare quando li reputano pronti. Anche su Evenepoel si è fatta una valutazione. Non dobbiamo confondere i veri fenomeni con la tendenza di accaparrarsi dei possibili talenti prima degli altri.

Cosa succede al ragazzo lasciato libero dopo i primi due anni?

E’ difficile da ricollocare. Oggi c’è l’estrema difficoltà della pandemia che ha ridotto gli organici e poi c’è il discorso tecnico: se è stato lasciato a piedi dalla tale squadra, perché dovremmo prenderlo noi? Per cui, dopo aver provato con tutte le professional, gli interlocutori diventano le continental, che vedono in questi ragazzi degli elementi di esperienza subito pronti per correre tra i professionisti. Spendendo una cifra inferiore al minimo della squadra professional. Il guaio è che c’è sovraffollamento e non tutte le continental fanno attività tra i professionisti.

Davide Bais, Mattia Bais, Rovereto 2020
I fratelli Bais sono entrambi pro’: Mattia alla Androni, Davide alla Eolo
Davide Bais, Mattia Bais, Rovereto 2020
I fratelli Bais, Mattia alla Androni, Davide alla Eolo
Pensi che quelli… buoni siano ancora in gruppo o qualcuno abbia smesso prima?

Sicuramente qualche stortura si è verificata, ma secondo me nessun buon talento è andato perso. Non sempre i ragazzi hanno la capacità di tenere la concentrazione e magari i due anni non bastano. Possiamo aver perso qualche buon corridore, ma del resto i team manager possono fare quel che ritengono più giusto.

Due anni sono pochi?

No, credo che siano abbastanza giusti. Se un corridore esplode deve avere la possibilità di essere valorizzato. Anche noi passiamo da una prima fase da amici, a quella in cui, essendo riconosciuto il loro valore, abbiamo un ritorno anche noi.

E’ possibile che tanti corridori vengano fatti passare per accrescere le vostre percentuali?

Nel mio contratto c’è un allegato in cui si scrive che al di sotto di certe cifre, non ci sono compensi da versare. Così nella prima fase posso fare da talent scout e creare il legame con l’atleta. Non so se alcuni colleghi si muovano diversamente.

Quanto corridori hai?

Una ventina, compresi quelli che l’anno scorso erano juniores e ora sono U23. Avrei preferito non rivolgermi a ragazzi così giovani, ma visto che lo fanno tutti e che qualcuno si spinge fino agli allievi, ho dovuto adeguarmi. Però se mantieni un’etica, è anche divertente. Sei una sorta di fratello maggiore che lavora per immaginare il ragazzo, anni dopo, nel gruppo che conta. Devi avere un buon rapporto con le famiglie, dato che per un po’ hai a che fare con un minorenne. Non devi sembrare uno che punta ai soldi ed è meglio stare alla larga dalle famiglie che puntano soltanto a quelli.