EDITORIALE / Caro Fabretti, riduciamo le dirette?

08.05.2023
6 min
Salva

Raccogliamo la palla lanciata ieri da Cristiano Gatti su Tuttobiciweb a proposito delle parole pronunciate da Alessandro Fabretti al Processo alla Tappa, sulla noia delle prime cinque ore della tappa di San Salvo, e la rilanciamo con altri argomenti.

Il Processo alla Tappa

Che cosa ha detto Fabretti, responsabile in Rai per il ciclismo, della cui bravura siamo certi e che ha giustamente lanciato il sasso nello stagno? Ieri durante il Processo eravamo assieme a Jonathan Milan, per cui non siamo riusciti a seguirlo. Ci siamo però messi in pari stamattina, dopo aver letto l’articolo di Gatti.

«Una tappa che ci ha ripagato della noia – ha detto Fabretti commentando la giornata – io la definisco così, delle prime cinque ore. Praticamente fino a quattro chilometri dalla conclusione, è successo poco o niente (…), fino a quella caduta che ha acceso la miccia. Insomma, una tappa veramente noiosa, classico cliché degli ultimi anni».

La seconda tappa del Giro è partita da Teramo in un giorno tiepido e in un clima di grande calma
La seconda tappa del Giro è partita da Teramo in un giorno tiepido e in un clima di grande calma

«Una corsa – ha continuato – una tappa vista mille volte (…), ma noi dobbiamo avere rispetto anche degli spettatori. Caro Stefano Garzelli, mi dispiace ma lo spettatore per cinque ore ha guardato esattamente la stessa situazione. Certo, ci sono le meraviglie dell’Italia, ma per esempio (si potrebbero) limitare le tappe a un chilometraggio. Voglio dire, la prima tappa del Giro d’Italia era di 397 chilometri. I tempi sono cambiati. Il volley ha immaginato tempi televisivi e ha previsto il tie break all’ultimo set arrivando a 15. Il tennis ha messo il super tie break addirittura. Insomma, qui secondo me bisogna ridurre il chilometraggio, perché sennò veramente cacciamo i telespettatori dal ciclismo».

La nota stonata

Lo scambio di battute è andato avanti, coinvolgendo la postazione da cui Francesco Pancani ha stigmatizzato le fughe lasciate andare dal gruppo perché fanno comodo a tutti, senza un minimo di bagarre. E mentre il dibattito andava avanti e venivano alla mente le dichiarazioni del Giro 2022 in cui si spiegava l’incredibile difficoltà del prendere la fuga (fenomeno che si riproporrà certamente a breve), abbiamo avuto la sensazione di una nota stonata nelle parole di Fabretti.

Il Processo alla Tappa entra nel vivo con la provocazione di Fabretti sul ridurre le tappe (immagini Rai)
Il Processo alla Tappa entra nel vivo con la provocazione di Fabretti sul ridurre le tappe (immagini Rai)

Il bello di RaiPlay è che puoi mandare indietro e riascoltare, finché alla fine siamo arrivati al dunque: «Il volley ha immaginato tempi televisivi e ha previsto il tiebreak all’ultimo set arrivando a 15. Insomma, qui secondo me bisogna ridurre il chilometraggio, perché sennò veramente cacciamo i telespettatori dal ciclismo».

I tempi televisivi. Lo sport in mano al marketing. Il rispetto del telespettatore e sempre meno per l’atleta, che dovendo stare ai tempi televisivi e alle esigenze di spettacolo, viene additato se non fa ogni giorno fuoco e fiamme.

La diretta integrale

E’ giusto che il ciclismo cambi pelle per assecondare le esigenze televisive, nel cui nome ad esempio ha già spostato gli arrivi all’ora di cena, impedendo il miglior recupero degli atleti? E così, mentre eravamo qui a ragionare sul tema, col pensiero siamo finiti proprio sul tennis.

Quando iniziano i tornei più importanti, ad esempio quelli del Grande Slam, c’è tutta una prima fase che in televisione non viene mostrata: quella delle qualificazioni, in cui atleti in cerca di luce (come quelli andati in fuga ieri, in apertura tirati da Mattia Bais) lottano fra loro per approdare alle fasi finali e scontrarsi con i big. Durante quella fase, i campioni palleggiano, si allenano, passano il tempo. Nessuna diretta sui piccoli, semmai i risultati a fine giornata e i due scambi più belli in differita. Il vero torneo inizia dopo.

Torniamo al ciclismo. La diretta integrale di tappe del Giro, bellissima introduzione all’inizio degli anni 90, riguardava le frazioni più importanti (quelle con tante salite, spesso decisive per la classifica), anche per costi di produzione ben superiori rispetto a quelli attuali. Qual è invece il senso di proporre la diretta integrale di una tappa di 220 chilometri, piatta come il mare che costeggia?

Serve per contenere il maggior numero di spot pubblicitari? Serve per occupare la rete per tutto il pomeriggio e non dover ricorrere ad altri contenuti? Oppure serve per il pubblico del ciclismo?

Se è per loro, i veri tifosi sono perfettamente consapevoli del fatto che una tappa piatta di 220 chilometri potrebbe essere noiosa, per cui si organizzano e fanno altro in attesa della volata: difficilmente il vero tifoso parlerà di tappa noiosa. D’altra parte vogliamo supporre che in Italia esistano milioni di persone che passano ogni santo pomeriggio di maggio sul divano a guardare il Giro, senza null’altro da fare?

Se la tappa va per le lunghe, gli studenti studieranno togliendo il volume. Chi deve lavorare proseguirà nel lavoro, sapendo che certe corse si accendono solo alla fine. In ogni caso, Milan ha tagliato il traguardo alle 17,28, in linea con la tabella di marcia più lenta, quindi nei limiti previsti.

Un altro sport

Che cosa accade invece se la tappa di 220 chilometri viene ridotta a 120? Succede che nelle gambe degli atleti va meno fatica. Che la volata di ieri magari non la vince Milan. E che alla lunga il recupero smette di essere la vera discriminante di un grande Giro. Si cambia pelle al ciclismo, finendo nello stesso binario di chi vorrebbe un Tour di tre settimane, Giro e Vuelta di due.

La maglia ciclamino è un altro premio per la prima vittoria di Milan al Giro
La maglia ciclamino è un altro premio per la prima vittoria di Milan al Giro

Noi non siamo d’accordo. Se invece la pretesa è che i corridori vadano sempre a tutta, allora il paradosso successivo è spingere ancora di più sul gas, con conseguenze che non vogliamo neppure immaginare. Il ciclismo non è la pallavolo, non è il tennis e soprattutto non è il wrestling.

Ecco la palla che rilanciamo a Gatti e a Fabretti: facciamo la diretta in base alle stelle di difficoltà che caratterizzano le singole tappe. Si tenga la rete pronta a intervenire in caso di attacco imprevisto e fuori dall’ordinario. E magari si dia spazio ad altre discipline che nel periodo del Giro subiscono il ciclismo, come il ciclismo per tutto l’anno subisce il calcio.

I valori tecnici dello sport ne risulterebbero rispettati e tutelati. Gli atleti sarebbero con mezzo piede fuori dal tritacarne. E le minori ore di diretta sarebbero più intense e piene di contenuti. Facciamo che a cambiare sia il palinsesto, insomma, non lo sport.

Perché non tutte le corse hanno la diretta? Scopriamolo…

05.06.2022
5 min
Salva

Qualcuno si sarà chiesto come mai la vittoria di Scaroni ieri a Monfalcone non si sia vista in diretta RAI o su PMG, nonostante alla Adriatica Ionica Race ci sia Andrea De Luca per commentarla. 

«La corsa – spiega Andrea Fin, responsabile dell’ufficio stampa – viene trasmessa da PMG circa 70 minuti dopo l’arrivo, con il commento mio e di Massimo Ghirotto. La Rai manda in onda dei servizi intorno alle 20. La produzione delle immagini è a carico di PMG, il service incaricato è Rodella».

La gestione delle dirette è piuttosto illeggibile all’occhio esterno. Si sa che c’è di mezzo la Lega Ciclismo e poco altro. Così, per capire qualcosa di più, ci siamo rivolti a Stefano Piccolo, che dell’organo presieduto da Enzo Ghigo è il segretario generale.

Stefano Piccolo è segretario generale della Lega, qui con Bettini della commissione tecnica
Stefano Piccolo è segretario generale della Lega, qui con Bettini della commissione tecnica
Stefano, come funziona il rapporto tra televisione e ciclismo?

Fino al 2015 c’è stato un contratto esclusivo tra RAI, Lega e FCI, anche se negli ultimi tempi ci eravamo accorti che la TV di Stato non trattava più troppo bene il ciclismo. Così nel 2016 abbiamo provato a trattare separatamente lo streaming e i diritti per l’estero. La Ciclismo Cup prevedeva la necessità di coprire più gare rispetto a prima e la copertura della RAI prevedeva delle differite a orari a volte improbabili, mentre la diretta ha orari certi, perché prenoti il satellite e tutto si deve svolgere in quell’intervallo di tempo. E’ il motivo per cui alcune gare come il Tour of the Alps e la Tre Valli Varesine si sono organizzati per produrre da sé le immagini, vendendole poi all’estero. So però che la RAI ha contestato il loro lavoro per delle problematiche tecniche.

Come siamo arrivati a PMG, che al momento gestisce le gare non RCS?

L’anno dopo trattammo e concludemmo con loro. Permisero e permettono di aumentare gli spazi in diretta. Hanno investito molto contenendo i costi di produzione e diffondendo le immagini all’estero e in streaming.

Durata del contratto?

Cinque anni, quindi scade quest’anno. Non tutte le gare sono state trasmesse in diretta per una questione di costi. La Adriatica Ionica Race in questo senso ha pagato il fatto di essere nuova e di essere nata quando il contratto era stato già firmato. Per motivi simili, dopo due anni c’è stato chi ha valutato di rifare il contratto direttamente con la RAI senza la mediazione della Lega (si tratta della Tre Valli Varesine e delle corse del GS Emilia di Adriano Amici, ndr).

La produzione televisiva nelle gare minori è spesso affidata a service pagati da PMG
La produzione televisiva nelle gare minori è spesso affidata a service pagati da PMG
E alla fine torniamo a parlare della RAI…

E’ una realtà molto complessa e ha molte anime. C’è chi deve provvedere a trattare e acquistare i diritti sportivi. Ci sono quelli che chiudono i contratti. E poi c’è Rai Sport che con i vari direttori che si sono succeduti ha mostrato interesse e ha sempre cercato di aumentare lo spazio per il ciclismo. Poi c’è la produzione, che si fa carico dei costi e stanzia un budget. Quindi ci sono quelli che si occupano del palinsesto, per cui se ci sono eventi di altri sport, devono fare la programmazione, in modo che ci stia tutto.

Un bel labirinto…

Soprattutto perché all’interno della RAI non c’è una persona o un ufficio che faccia la sintesi. Uno che ci ha provato è stato Alessandro Fabretti, in qualità di responsabile del ciclismo. Lo scoglio più grande sono i diritti, perché ultimamente si è deciso di limitare gli acquisti e i costi di produzione.

Quest’anno infatti il Giro non l’hanno prodotto loro…

E questo ci ha fatto pensare che potrebbe esserci la disponibilità da parte di RAI di produrre altri eventi. Del resto la squadra che produceva il Giro era stata già allestita e ora di fatto è ferma. Il prodotto ciclismo funziona e le dirette streaming verso l’estero sono una grande apertura.

Si è aperta la trattativa per il rinnovo del contratto?

Siamo a scadenza e si sta cercando di capire come trattare, anche perché la RAI non ha più tanti sport in esclusiva. Finora la soluzione è stata di chiedere a PMG di trattare direttamente con la RAI. Noi davamo le nostre condizioni e capitava anche che si arrivasse a una conclusione migliorativa, ma in ogni caso il contratto lo firmava PMG. Per il 2023 non è stato ancora firmato nulla.

Alessandro Fabretti lo avete visto in diretta quest’anno al Processo alla Tappa, ma lavora spesso (e bene) dietro le quinte
Alessandro Fabretti lo avete visto quest’anno al Processo alla Tappa, ma lavora spesso (e bene) dietro le quinte
Cosa si aspetta?

Si sta cercando di individuare un interlocutore unico che possa portare e rappresentare il peso di tutto il ciclismo, che è notevole. Avendo per questo una migliore capacità di contrattazione.

Si potrebbe pensare che essendoci nel direttivo anche Mauro Vegni, la Lega potrebbe dedicare un occhio in più alle corse RCS.

E’ l’esatto contrario. La Lega non si è mai occupata di questioni legate a RCS, perché loro gestiscono da soli i propri spazi. Solo una volta, 25 anni fa, si fece una trattativa unica. Quando Vincenzo Scotti, allora presidente della Lega, fece sedere allo stesso tavolo tutti gli organizzatori. Oggi come oggi, la Lega si occupa di trovare la quadra per i meno forti. E Vegni occupa la sua posizione perché è stato eletto dagli altri organizzatori. E’ legittimato dalla sua storia e dalla sua esperienza, non dal suo ruolo in RCS.

Qual è il presupposto per firmare un buon contratto?

Creare un pacchetto unico con tutte le gare, ne sarebbe contenta anche la RAI. Cercheremo di vigilare, non credo che i tempi saranno brevi. Potremmo cominciare la prossima stagione con il contratto ancora aperto. Chiaro che se c’è volontà, si può provare a stringere i tempi, ma ci sono anche verifiche tecniche da fare. Proprio perché il ciclismo è un grande pacchetto e la RAI un’azienda non certo da meno.

VIDEO/Bennati, che strano il Giro in maglia Rai…

10.12.2020
3 min
Salva
Il Giro è finito da un pezzo, ma siamo tornati con Daniele Bennati su come sia stato commentarlo ai microfoni del Processo alla Tappa, con Alessandra De Stefano e Stefano Garzelli. Momenti divertenti. La fatica di guidare ogni giorno. Lo sciopero di Morbegno. Nibali che si rifarà. E l'assalto dei giovani...

L’inverno desta la voglia di raccontare e così Daniele Bennati ci porta nella sua prima esperienza al Giro d’Italia con la squadra Rai.

«Non è facile scendere dalla bicicletta per un infortunio di cui avresti fatto a meno – dice – e mettersi a raccontare quello che vedi. Ammetto che quando ci si avvia alla volata, sento la mancanza di quelle scariche di adrenalina. Avrei voluto chiudere diversamente. Probabilmente non avrei fatto come Valverde, cui dovranno… sparare per farlo smettere! Avrei fatto un ultimo Giro d’Italia e poi avrei salutato i miei tifosi. A mio modo e con le giuste proporzioni, come Cancellara che dichiarò di voler vincere le Olimpiadi e poi si sarebbe fermato».

Tutto con la testa

Il racconto va avanti e si sposta su un argomento che con l’incremento delle prestazioni e la standardizzazione delle preparazioni sta diventando di importanza cruciale: le motivazioni.
«La testa ha sempre recitato un ruolo fondamentale – dice Bennati – è sempre stato uno degli argomenti di conversazione con i miei compagni. Prendiamo ad esempio un campione come Sagan. Peter non è vecchio, ma in questi anni ha speso e dato tantissimo. Un anno storto può sempre capitare, speriamo sia coinciso con questo del Covid. In ogni caso la scelta di venire al Giro d’Italia lo ha premiato, perché gli ha regalato una vittoria molto importante».

Jai Hindley, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Hindley sale in ammiraglia il giorno dello sciopero di di Morbegno
Jai Hindley, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Jai Hindley a Morbegno, nel giorno delo sciopero

Al Processo

L’ex velocista toscano, sceso dalla bicicletta appena un anno fa, è stato dirottato sulla corsa rosa per precisa indicazione di Alessandra De Stefano, mentre il programma originale infatti prevedeva che andasse al Nord con Francesco Pancani per raccontarci le Classiche.
Non è stato facile per lui trovarsi nel pieno dello sciopero di Morbegno. Tuttavia, pur avendo espresso la sua solidarietà nei confronti dei corridori e avendo detto che al posto loro avrebbe fatto la stessa scelta, ha lentamente capito quale sia la percezione che della corsa ha il pubblico a bordo strada.

«I corridori – dice Bennati – avrebbero bisogno di persone qualificate che li guidino. Penso alle loro associazioni e a tutti quelli che sono al loro fianco nelle squadre. Che la tappa di Asti fosse troppo lunga e venisse in mezzo a giornate durissime lo sapevano da quando il Giro è stato presentato. Avrebbero potuto parlarne nel primo giorno di riposo oppure anche nel secondo e sono certo che Mauro Vegni avrebbe trovato il modo di mediare. Visto il delicato momento che sta passando il nostro Paese, sarebbe stato il modo di far capire alla gente che i ciclisti non si fermano per qualche ora di pioggia. E poi diciamoci la verità, non era così freddo. A me è capitato di correre in situazioni ben peggiori».

Con lo Squalo

L’ultima annotazione riguarda Vincenzo Nibali. Nonostante il siciliano si sentisse bene nella prima parte del Giro, Bennati dice di non averlo mai visto a suo agio sulla bicicletta.
«Ma Vincenzo è un uomo estremamente onesto – spiega Bennati – ed ha subito ammesso di non essere al meglio. Sono convinto che abbia pagato la stagione balorda. E sono anche convinto, a proposito di motivazioni, che le esperienze vissute gli daranno la carica giusta per tornare grande nel 2021. Il ricambio generazionale ci sarà sicuramente, c’è sempre stato. Siamo di fronte a un gruppo molto interessante di corridori. Pogacar. Evenepoel. Almeida. Geoghegan Hart che non è giovanissimo ma si è fatto le ossa insieme a Froome e Thomas. Van Aert e Van der Poel. Ma credo anche che la vecchia guardia saprà farsi valere. Fino allo scorso anno eravamo tutti lì a coccolarci Viviani, non credo che sia scomparso. Sono abbastanza certo che anche Elia tornerà presto ad alzare le braccia al cielo».

Wilco Kelderman, Stelvio, Giro d'Italia 2020

Kelderman si stacca, Rizzato racconta…

23.10.2020
5 min
Salva

Stefano Rizzato è quello che il Giro ce lo racconta dalla moto. Come lui c’è Marco Saligari, l’occhio del corridore. Ma Stefano è giornalista e forse se qualche anno fa, prima che vincesse il concorso Rai, gli avessero detto che avrebbe raccontato il Giro d’Italia dalla sella di una motocicletta, si sarebbe fatto una risata. Perché Stefano è appassionato di ciclismo, ma non va sulla bici da corsa. Non va in moto. E tantomeno ama la velocità. Eppure sulla moto che ha accompagnato i corridori lungo i tornanti dello Stelvio c’era lui. E da casa il racconto del Giro nel giorno dello Stelvio l’hanno ascoltato (anche) da lui.

Per chi crede che i giornalisti non si emozionino o non vivano le corse come i corridori, la conversazione che sta per cominciare sarà illuminante.

Vincenzo Nibali, Stelvio. GIro d'Italia 2020
Nibali staccato: il ritmo di Sunweb e Ineos si è rivelato troppo alto
Vincenzo Nibali, Stelvio. GIro d'Italia 2020
Nibali, Stelvio indigesto. La gamba non c’è
Che giornata è stata quella dei laghi di Cancano?

Tosta. In realtà, al di là dell’organizzazione del lavoro, sai che vai incontro a una tappa che dovrebbe dire molto. Stai per raccontare qualcosa che sarà all’altezza della storia del Giro. A questo vanno unite le cose spicciole. Ad esempio, lo Stelvio è stato il primo giorno in cui ho messo la calzamaglia e il doppio calzino.

Era nei programmi che facessi il Giro in moto?

Ho cominciato a Castrovillari, ma devo dire che il giorno di Ganna a Camigliatello è stato molto bello.

Come funziona il vostro lavoro?

Li prendiamo alle 13,30, quindi di solito copriamo le ultime tre ore. Raccontiamo tutto. Quello che non viene detto è inerente alle sensazioni, alle percezioni…

Ad esempio?

Ad esempio a un certo punto ho detto che Hindley poteva attaccare, ma sono cose che in teoria potresti dire solo se ne hai la certezza.

Che cosa non viene raccontato?

Il traffico. Il dialogo con i regolatori. Tutto quello che noi vediamo, ma non è funzionale al racconto. 

Ci si affeziona a corridori?

Non ho grosse spinte nazionalistiche. Non sono tifoso. Però sono legato ad alcune persone per quello che colgo della loro personalità. Alcuni mi colpiscono, come Tao Geoghegan Hart. E’ determinato senza essere feroce. Ciclista senza essere un asceta. L’anno scorso disse di voler assaggiare 21 tipi di crostate, una per ogni tappa del Giro. Non tifo, ma resto colpito. Come Ganna, sono stato a casa sua, conosco i suoi valori. Mi piace perché è un ciclista non convenzionale.

Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Dennis, Geoghegan Hart e Hindley: lo Stelvio ha già scavato il solco
Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Dennis, Geoghegan Hart e Hindley, Stelvio crudele
Quanto c’è di retorico nel racconto dalla moto?

Devi enfatizzare, ma c’è un limite. Se si stacca Nibali o vince Ganna, è chiaro che devi metterci qualcosa di più.

Non sei come Giampiero Galeazzi con gli Abbagnale, quindi…

Il Giro è una corsa diversa dal contesto olimpico. Ma certo più stai dentro e più empatizzi con tutti. Anche con quello che cerca la borraccia in ogni macchina e non la trova. Il ciclismo è uno sport feroce, non puoi aver figli e figliastri.

In che modo vi dividete corsa e gruppi con Saligari?

Decidiamo all’ultimo, cercando di bilanciare i nostri stimoli. Si fanno scelte equilibrate. Nessuno deve tornare a casa con la sensazione di aver fatto meno degli altri. Io poi ho le interviste flash, quindi devo sfilarmi prima.

Che cosa ti è rimasto in mente della tappa di ieri?

Il momento in cui si stacca Kelderman sullo Stelvio. Mi sono reso conto che era un momento che sarebbe restato anche a fine Giro. Da quel momento ho osservato la sua determinazione, la tensione dei muscoli sullo Stelvio. Parlava della sua determinazione e di una carriera tutta protesa verso quel momento.

E poi?

Il momento in cui siamo passati sullo Stelvio. Il panorama che si è aperto davanti a noi in quel momento – con Tao Geoghegan Hart, Dennis e Hindley già piccoli in basso – mi ha fatto rendere conto del privilegio di essere lì in quel momento. Ne ho parlato anche con il motociclista, Giuseppe Marino, un personaggio fondamentale della storia. Gli ho detto che una volta avrei pagato per essere lì, in quel momento.

Ci sono dei rischi nel vostro racconto?

Quello di andare oltre le righe e di personalizzare tutto perché ti senti testimone della storia. Quello di interpretare cose che non hanno riscontro. La cosa fondamentale per questo è essere onesti.

Un esempio del secondo caso?

Non sapevo perché mai a un certo punto Kelderman avesse rallentato, per mangiare e bere. Un momento teso in squadra? L’interpretazione fa parte del momento. Si può anche essere smentiti, ma questo non mi spaventa. La fallibilità è apprezzata.

Stefano Rizzato e il motociclista Giuseppe Marino
Rizzato e il motociclista Marino
Ci si documenta prima di andare al via, dato che il Covid riduce la possibilità si incontro?

Quest’anno mi poggio molto sul lavoro degli anni passati. Non mi documento sui risultati dei corridori, perché snocciolarli non è il mio lavoro. Essendo specializzato nel ciclismo, tante cose le conosco già. Per cui studio il percorso, ma non vado in cronaca con un foglio di appunti. Se so qualcosa in più, questa arricchisce il racconto.

Chiedi la linea oppure te la danno dalla postazione?

Metà e metà. Io do sempre i miei aggiornamenti al coordinatore e poi in base a quello che dico e quello che succede, ricevo la linea.

C’è più adrenalina in una tappa come quella dello Stelvio?

Di sicuro. A volte penso a me come ad un atleta, che la mattina si sveglia con motivazioni particolari. Pensi che sarà un giorno importante e dovrai trovare le parole giuste. Retorico senza cadere nella retorica. Trovando lo spartito giusto per una giornata che promette di essere un concerto…

Ghirotto, dieci Giri in moto Rai

07.10.2020
6 min
Salva

Nella carovana del Giro d’Italia, Massimo Ghirotto rappresenta ormai una colonna portante. Vive ogni tappa da dieci anni, in sella alla moto di Radio Rai. Ex corridore, dopo diverse esperienze come commentatore radio a cavallo del 2000, un giorno Antonello Orlando, Giovanni Scaramuzzino e il caporedattore Riccardo Cucchi gli fanno la proposta: «Massimo te la senti di salire in moto?». «Perché no, risposi io», racconta il padovano. «Il ciclismo lo conosco e qualche esperienza col microfono l’ho fatta. Mi butto».

Ghirotto arriva da noi con l’attrezzatura da moto ancora in mano. Ci sediamo su un muretto a bordo strada ad Agrigento. Alle nostre spalle gli operatori della logistica smontano le transenne e di fronte invece il sole tramonta sul Mediterraneo. Questo non è un luogo casuale. Qui, nel 1994 Massimo rischiò di diventare campione del mondo, dopo una lunga fuga.

Giro d’Italia 2020, Massimo Ghirotto dopo la tappa arrivata ad Agrigento
Massimo Ghirotto dopo la tappa di Agrigento
Massimo, salire in moto significa tornare ogni giorno in gruppo?

Eh sì, vivi delle immagini e delle situazioni da così pochi metri che mi rivedo corridore. Anch’io vedevo queste moto che ci giravano intorno.

Cosa ricordi delle prime volte?

L’inizio non fu facile. La radio è bella, ma micidiale perché ha i tempi. E se non riesci a rispettarli e a fare tutto bene in quello spazio è un problema. Ho trovato giornalisti come Emanuele Dotto che mi hanno aiutato, che sono stati maestri. Professionisti gentili e molto aperti. Perché, credetemi, ci vuole molto poco ad andare in difficoltà

Spiegaci meglio…

Solitamente hai tra i 30 e i 50 secondi per il tuo intervento. E in quel lasso di tempo devi sviluppare il tuo concetto in modo chiaro e corretto. A volte appena chiudi il microfono ti rendi conto di qualche errore: un nome sbagliato, una frase che non scorreva bene. Inoltre se c’è un tema tecnico devi essere bravo a spiegarlo in poco tempo.

Ricordi un momento particolarmente difficile?

Ah sì! Fu proprio al primo Giro. Eravamo in Romagna, nella tappa che arrivava a Cesenatico e che vinse Manuel Belletti. All’epoca ero sulla moto 2, quindi dietro al gruppo. Mi chiama la regia e mi dice: Massimo vai avanti che la moto di Scaramuzzino si è rotta. Così piombammo sulla fuga, ma andai nel panico perché non avevo le informazioni dei fuggitivi. Cercai di arrangiarmi come potevo. Ad un certo punto nel fuorionda chiamai la regia e dissi loro di coinvolgermi il meno possibile. Capirono la situazione e mi diedero sostegno. Da lì però ho capito tante cose e mi sono organizzato meglio.

Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto dietro ai comunicati stampa che emette la macchina d’informazione
Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto
E adesso come gestisci il tuo lavoro?

Con questi (ed indica lo smartphone ciondolandolo tra pollice ed indice, ndr) tutto è più facile. A metà tappa vado nella macchina di radio informazioni e prendo i fogli dei comunicati. Inizio a leggerli e poi nel retro scrivo i miei appunti. Con lo smartphone ricostruisco la corsa e studio i corridori. Sapete, mi sono preparato un foglio Excell con tutti i partecipanti del Giro. Su ognuno posso cliccare e finisco sulla loro pagina di Wikipedia.

Quindi non segui tutta la corsa?

No. Noi entriamo in diretta solitamente alle 15, magari in altre tappe possono cambiare gli orari. Ma in base all’inizio della diretta prendo la tabella oraria del Garibaldi (il librone del Giro su cui c’è TUTTO, ndr) e con il motociclista arriviamo un po’ prima nel punto dove passerà la corsa e nell’orario stabilito. Mi cambio ed entro in gara.

Rispetto ai tuoi tempi cosa è cambiato nel gruppo?

Poco. Una strada, una bici e un corridore: l’essenza del ciclismo è ancora questa. Sono cambiati i materiali, ci sono le radioline, nuove tecnologie… ma alla fine resta l’atleta che fatica. Forse i corridori si conoscono un po’ meno rispetto a noi. Il ciclismo era meno globalizzato e noi eravamo sempre gli stessi. Quindi sapevamo quello che sarebbe caduto in quel tratto di strada, quello che sarebbe andato in fuga, quello che avrebbe fatto lo sprint.

Giro 2016, Guillestre – Sant’Anna di Vinadio. Nibali completa la rimonta su Kruijswijk e va in rosa
Giro 2016, Nibali verso la rimonta su Kruijswijk
Da quando sei sulla moto Rai chi è il corridore che più ti ha colpito?

Facile, Nibali. Vincere il secondo Giro come ha fatto lui non è stata cosa da poco. Anche noi tecnici lo davamo per spacciato. Vincenzo invece in due tappe ha ribaltato la situazione. E mi piace questa sua capacità di non sottovalutarsi mai. Evidentemente si conosce così bene che sa quando non deve mollare. In quel Giro fu l’unico a restare lì con le gambe e con la testa. E alla fine ci è riuscì. Anche come ha vinto la Sanremo senza essere al top. Stiamo parlando di un ragazzo che ha vinto i tre grandi Giri e questo dovrebbe bastare. Andiamo a vedere i nomi di chi ci è riuscito. Devi tirare giù Merckx, Anquetil, Gimondi, Hinault, Contador… E poi è sempre coi piedi per terra, modesto. Dà una bella immagine di sé

Ci sono dei momenti intensi coi corridori, in cui li inciti, vi guardate?

Cerco di farli stare tranquilli e concentrati. Anche perché non posso avvicinarli troppo per regolamento. Semmai li affianco per studiare il volto e capire come stanno. Piuttosto mi muovo tra le ammiraglie, con i direttori sportivi, molti dei quali sono stati corridori con me e sento il loro pensiero.

Giro d’Italia 2014, da Ponte di Legno a Val Martello. Nairo Quintana prenderà la maglia rosa accumulando vantaggio nella discesa dallo Stelvio.
Giro 2014, Quintana prenderà la rosa in fondo allo Stelvio.
In dieci Giri ne hai viste di situazioni e di corridori. Ci racconti come andò il “caos” della discesa dello Stelvio nel Giro 2014, quello di Quintana?

Quel giorno ci fu un errore della giuria e dell’organizzazione. Nessuno capì davvero se il tempo era stato neutralizzato o no. Il regolatore delle moto (era Marco Velo, ndr) iniziò a fare cenno di andare piano con le braccia, ma non ci furono comunicazioni ufficiali. Nairo Quintana non fece un attacco vero,  andò giù regolare per i fatti suoi, mentre dietro c’era chi si fermava, chi si cambiava perché nevicava. Una volta a valle ci si rese conto della frittata.

Alberto Contador con la sua andatura ciondolante sulle strade del Giro 2015
Contador e la sua andatura ciondolante
Diamo un po’ di giudizi tecnici: chi ti è piaciuto di più?

Tra gli scalatori Alberto Contador. Il suo stile era unico. Era un ondeggiare sui pedali molto elegante. Quel modo di mulinare i pedali. In generale mi piace molto Elia Viviani: un ragazzo che si muove bene, si prende le sue responsabilità e ammette quando sbaglia. Mentre il vero funambolo era Robbie McEwen, un bel limatore. E Caleb Ewan è sulla sua strada.

Filippo Ganna nella cronometro di Monreale. Il piemontese ha stregato il “Ghiro”
Nella crono di Monreale Ganna ha stregato il “Ghiro”
E a cronometro?

Fino a questo Giro avrei detto Tom Dumoulin. Quando vedo un ragazzo che fa velocità, che è composto, mi esalto. Inoltre Tom aveva la maglia di campione del mondo. Ma poi è arrivato Filippo Ganna! Pippo mi ha davvero stregato. Bello, potente, composto, mulinava il 60×11. L’ho seguito e sono rimasto affascinato dalla sua posizione. Questo busto perfettamente allineato con l’asfalto. Io metto il computerino che uso in bici sulla moto così ho dei dati a me più familiari. E vedere che per più volte ha superato i 100 all’ora e lui è rimasto fermo sulla bici è stato unico. Non a caso nelle mie pagelle alla radio, la sera gli ho dato 10 e oro!