Tiene banco il tema della sicurezza e delle comunicazioni tra diesse e corridori una volta in corsa. Abbiamo sentito il parere di Sagan, e quello di Gasparotto riguardo i nuovi strumenti ed i metodi con i quali vengono utilizzati. Ma per quanto riguarda le radio, i corridori che cosa ne pensano?
Il tre volte campione del mondo aveva sottolineato come troppe comunicazioni distraggano il corridore ed allo stesso tempo creino un enorme stress in gruppo. Soprattutto tra i giovani che si ritrovano bombardati di informazioni e vengono così sopraffatti dal momento.
L’esempio Pellizzari
Al Tour of the Alps Giulio Pellizzari, sulle rampe di Passo Pramadiccio, mentre si lanciava alla ricerca della vittoria, continuava a ricevere incitamenti via radio. Ci siamo chiesti allora in che modo venga inserito questo strumento nella vita di un giovane corridore. Ne parliamo con Alessandro Iacchi, classe 1999 in forza al Team Corratec.
«Ho fatto in tempo ad utilizzare la radio sia con i professionisti che con gli under 23 – ci dice – la differenza si nota. Rispetto a quando non c’era, si è molto più sicuri in gruppo. Se viene unita alle nuove tecnologie (VeloViewer e ciclocomputer) facilita le comunicazioni. Il diesse ha modo di segnalare i pericoli nei punti cruciali e viceversa».
In che modo si insegna ad un corridore giovane come utilizzare questo strumento?
Ti spiegano il funzionamento e come utilizzarlo per parlare. Dal punto di vista tecnico è estremamente facile, schiacci un bottone e sei in contatto con tutti: dai diesse ai tuoi compagni di squadra.
Come ti spiegano il funzionamento una volta che sei in corsa?
Logicamente mi viene da dire che ti insegnano ad utilizzarla nei momenti importanti della gara. Per quanto riguarda noi corridori, la si usa quando fori, devi andare a prendere l’acqua o devi metterti in comunicazione con un compagno o un diesse. Mi è successo qualche volta di bucare, l’ammiraglia non ti vede a bordo strada e tira dritto.
Tu hai corso anche senza radio, il modo di interpretare la gara cambia…
Assolutamente. La radio riduce i tempi di comunicazione, e di conseguenza aumenta la sicurezza. Non serve andare ogni volta alla macchina per avere un’informazione e in questo modo si riduce il via vai nel gruppo.
Però aumenta il nervosismo.
Questo succede perché alcuni diesse la utilizzano in modo sbagliato a mio modo di vedere. Con gli strumenti che abbiamo possiamo vedere tutto in tempo reale, i ciclomputer ci dicono quanto è lunga una salita e quale sia la pendenza media. Ci avvertono anche quando ci sono delle curve pericolose.
I ciclocomputer di ora ti segnalano ogni minimo dettaglio del percorso…
Vero. Non servono comunicazioni tecniche, diciamo che è sufficiente ricordare che sta per iniziare una salita. Poi il resto lo vediamo da noi.
Qual è il modo sbagliato di utilizzare la radio?
Quando la corsa diventa una radiocronaca, ogni minuto hai una voce in testa che ti dice qualcosa. Alla fine diventa fastidioso, soprattutto quando cerchi di concentrarti, che sia in volata o nel leggere il momento giusto della gara. Se il diesse mi parla tutto il tempo, si rischia che la sua voce diventi un brusio di sottofondo e, che tu voglia o meno, non lo ascolti più.
Qual è secondo te il modo corretto?
Nei momenti concitati della corsa, come quando si forma la fuga, dall’ammiraglia ci dicono subito chi è nel gruppo davanti. In questo modo si possono aggiustare le tattiche in corsa, lì la comunicazione è fondamentale. Un altro esempio è quando il massaggiatore si trova al rifornimento ed inizia a piovere. Lui può avvisare che è cambiato il meteo e noi corridori ci regoliamo di conseguenza.
Per i giovani allora la radio diventa quasi stressante?
Come detto, dipende da come la si usa dalla macchina. A me troppe comunicazioni non piacciono, altri invece le preferiscono. Però mi sento di dire che a volte è importante ascoltare il gruppo e i suoi rumori.