Il Sibiu Cycling Tour riporta un po’ di luce su Aru

14.07.2021
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In quei 19 secondi alla fine del Sibiu Cycling Tour c’è la differenza fra un atleta che non riusciva a ritrovarsi e uno che ha provato a vincere. E d’accordo che la corsa rumena non fosse il Tour de France e alla partenza non ci fossero i più grandi fenomeni del ciclismo mondiale, ma a volte i risultati vanno contestualizzati. E per Fabio Aru essere lì a lottare contro Giovanni Aleotti è stato un momento importante. Se vi interessa capire il perché continuate a leggere.

Secondo sul podio del Sibiu Tour dietro Aleotti e prima di Schlegel
Secondo sul podio del Sibiu Tour dietro Aleotti e prima di Schlegel

Il ruolo del giornalista

A Fabio si vuol bene, come quando conosci qualcuno da ragazzino, ne condividi i sogni, lo vedi realizzarli, poi lentamente scivolare verso chine inaspettate. Ti fai mille domande, le fai a lui. Qualcosa puoi scrivere, qualcosa no. Ma inizialmente non conta ciò che scriverai, conta ciò che puoi dirgli cercando di dare una mano. Però alla fine il giornalista ha l’obbligo di raccontare, così questa volta la chiamata è per scrivere, con il gusto reciproco di spiegare e capire. Nei giorni scorsi, parlando con altri corridori, il punto di domanda non era tanto sulla sua capacità di allenarsi, quanto piuttosto sulle grandi attese non sempre facili da fronteggiare.

Fabio è di ritorno a Lugano dopo un paio di giorni a Torino. Il tempo mette a brutto e anche se da quelle parti non fa mai particolarmente caldo, una rinfrescata ci sta bene. Gli sarebbe piaciuto correre in Sardegna alla Settimana Italiana appena partita, ma la sua squadra non partecipa e in nazionale ci sono i corridori per Tokyo. Parlare di programmi sarà un cammino a margine.

A Lugano ha tentato l’attacco solitario a 100 chilometri dall’arrivo, restando solo per circa 40
A Lugano ha tentato l’attacco solitario a 100 chilometri dall’arrivo, restando solo per circa 40
Come è andata a Sibiu?

Chapeau ad Aleotti per come è andato. Potevo giocarmi meglio la tappa in cui ho fatto secondo, ma il giorno dopo l’ho attaccato forte e non l’ho staccato. Poco da dire. E’ andato forte e io ho fatto buoni valori. Sono tornato a casa con belle sensazioni, come non succedeva da un pezzo, dopo una corsa ben organizzata e con un bel livello. In realtà ero andato abbastanza bene anche a Lugano. Sono arrivato 14° ma prima ho attaccato. Oddio, forse da troppo lontano, visto che mancavano 100 chilometri…

Stai bene?

Nelle ultime due settimane, anche in allenamento ho notato un bel cambiamento nelle sensazioni e nei valori. Ho finalmente buoni riscontri in salita. Ho pagato a caro prezzo la discontinuità degli anni passati. Non era normale finire tutte le corse con i crampi. E non crampi da disidratazione, ma da disabitudine alla fatica. La testa mi avrebbe spinto ad andare oltre, ma le gambe non ce la facevano. In più finora avevo fatto un calendario di primo piano e ho dovuto accettare il fatto di non avere ancora il livello per fare bene. Invece arrivare davanti in una corsa pur minore mi ha dato morale e mi ha permesso di correre diversamente, di non subire il ritmo degli altri.

Un bel cambiamento nelle sensazioni e nei valori?

Nelle ultime due settimane ho fatto dei record in salita. Non sono uno che pubblica su Strava, ma forse a volte a qualche tifoso farebbe piacere leggerlo. Solo che ora mi serve dare continuità. Con i miei allenatori abbiamo contato che da settembre 2019 all’inizio di quest’anno, quindi in circa 18 mesi, ho fatto solo 26 giorni di gara. Sia a livello fisico che di fiducia sono arrivato alla ripartenza con qualche lacuna.

A Sibiu ha ritrovato la possibilità di correre senza subire la gara
A Sibiu ha ritrovato la possibilità di correre senza subire la gara
Come mai il campionato italiano è finito con un ritiro?

Non era quello il mio livello, sono rimasto male anch’io. Ho avuto sensazioni negative inattese, ma proprio in seguito a quel giorno ho scelto di non andare al Tour. Non so come sarebbe stato in Francia. Ora invece il trend è positivo ed ho un morale diverso rispetto a quando dovevo sempre inseguire.

Credi che questa nuova assuefazione alla fatica sia completa adesso?

Avrei avuto bisogno di trovarla qualche mese fa, ma non è arrivata. Però di ritorno da Sibiu, mi sono voluto testare su salite che conosco e sono rimasto colpito da me stesso. Parliamo di Marzio, che però è in Italia, oppure di Carona.

Bernal ha vinto il Giro dicendo che finalmente è tornato a divertirsi. Tu ti diverti ancora?

Ce ne sarebbe bisogno. Questo sport è diventato tanto più professionale, raramente ti senti dire di fare una salita a sensazione per capire come stai. Certe volte disporre di così tanti dati è deleterio. Un conto è prendere il tempo sulla salita, altra cosa dover inseguire sempre i numeri… Che tanto poi alla fine conta sempre chi scollina per primo.

La condizione di partenza non era all’altezza delle gare WorldTour: qui alla Parigi-Nizza
La condizione di partenza non era all’altezza delle gare WorldTour: qui alla Parigi-Nizza

Divertirsi in bici

L’esempio di Bernal è calzante. La schiavitù dei programmi e dei numeri non viene accettata da tutti i corridori in egual misura. Ci sono quelli che in essa trovano un riparo e una disciplina e altri che non vi trovano l’orizzonte per il quale hanno scelto di fare questo mestiere. Il fatto che sia stato David Brailsford a… staccare tutti i cavi da Bernal, consentendogli di approcciarsi al Giro con il divertimento come linea guida, certifica che il discorso sta effettivamente in piedi. L’ambiente certo non aiuta. Fra le pieghe del discorso, che è andato avanti a lungo, una parentesi si è dedicata al rapporto con i giornalisti. Non è facile essere corridori di vertice, perché si hanno sempre microfoni e obiettivi puntati e a volte può capitare di non avere cose da dire o di essere stanchi di ripetere sempre le stesse (chiedere a Caruso come sia cambiata la sua vita dopo il secondo posto del Giro). Se anche ciò genera pressioni, diventa difficile riuscire a concentrarsi sulle sensazioni e l’allenamento. Dopo un po’ tutto questo schiaccia e isolarsi rischia di sembrare il solo rimedio, purtroppo non sempre azzeccato.

Basta errori

In quei 19 secondi alla fine del Sibiu Cycling Tour c’è la differenza fra un atleta che non riusciva a ritrovarsi e uno che ha provato a vincere. Il prossimo passo, dopo qualche giorno in montagna con la famiglia, sarà stabilire un calendario da cui ripartire. Ci sarà forse la Vuelta? Fabio allontana le attese, il concetto è assai semplice.

«Memore di alcuni errori fatti in passato – dice e saluta – ho deciso che in certe corse si parte soltanto se stai bene a livello fisico e mentale. Essere meno che al meglio, non sarebbe salutare e una mazzata morale sarebbe l’ultima cosa di cui ora ho bisogno. Faremo i programmi, voglio correre. Ma al momento non so ancora dove. Tutto qua…».

Strada-pista: la Valcar si conta e si prepara a qualche addio

17.06.2021
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Il Capo Arzeni l’altro giorno era in pista a osservare il gran lavoro delle sue ragazze in maglia azzurra. La sua Valcar & Travel Service (in apertura il podio dopo la vittoria di Chiara Consonni alla Valenciana) è una delle principali fornitrici di atlete alla nazionale e questo da un lato è un onore, dall’altro significa perdere il loro apporto in una bella fetta di corse. Elisa Balsamo un paio di giorni fa raccontava di quanto sia stato importante per lei correre tanto su strada a primavera, vista la cancellazione delle prove in pista, ma adesso anche lei è presa nella a rincorsa alla convocazione olimpica. Anche se i suoi dubbi sono probabilmente più di maniera che di sostanza. Cosa fai, lasci a casa la Balsamo?

Guazzini e Alzini, due ragazze chiave nel team Valcar, con grandi margini
Guazzini e Alzini, due ragazze chiave nel team Valcar, con grandi margini

«So che tutto il mondo ha già dato i nomi – dice Arzeni – ma anche io penso sia un discorso che non tocca Elisa. Però è un fatto che il gruppo sia composto da 9 ragazze e probabilmente il commissario tecnico avrà ancora dei dubbi. Per quello che vedo io, però, Elisa lavora per l’obiettivo olimpico. La sua partecipazione la darei per scontata».

Proprio Elisa si è detta fortunata ad aver corso tanto su strada.

Quello che sta facendo l’Uci di spostare gli eventi pista nel periodo della strada non mi piace molto. L’avrei lasciata in autunno/inverno come è sempre stata. In modo che se ci sono stradiste che vogliono fare pista, possono farlo d’inverno, come per il cross. Mia opinione, ovviamente, perché comunque salti da un albero all’altro… La pista fa bene, ma messa nel periodo giusto.

Le azzurre non corrono una madison dagli ultimi europei: per questo a luglio saranno a Fiorenzuola. Qui Balsamo-Guazzini
balsamo-Guazzini non corrono una madison dagli europei: per questo a luglio saranno a Fiorenzuola
A primavera non va bene?

Nel periodo della campagna delle Fiandre non la vedo bene. Ci sono atlete polivalenti che possono fare bene da una parte e dall’altra. Come accade tra gli uomini, a Consonni, Ganna… Come può permettersi Viviani di saltare la Campagna del Nord? Se la pista si facesse d’inverno, anche uno stradista di nome, lo stesso Ganna, potrebbe partecipare alle Coppe delle Nazioni e prove che danno più valore alle stesse gare su pista.

Quest’anno la Coppa delle Nazioni è saltata…

Però con Elisa ci siamo lasciati dopo la Freccia del Brabante e l’Amstel e siamo tornati a gareggiare su strada 15 giorni fa, correndo comunque in funzione della pista. Quest’anno è un anno particolare, le Olimpiadi si fanno per forza d’estate, però entriamo anche nell’ottica che dal 2023 si ricomincerà a lavorare per Parigi. Una ragazza come Vittoria Guazzini di fatto non ha mai potuto lavorare bene su strada e lei ha dei margini clamorosi. Si aspetta il 2022 per cominciare e francamente è una bella sfida, seguendo un cammino che, assieme agli spazi che probabilmente si apriranno, le permetterà di sbocciare alla grande. Ma di fatto collaborare così tanto con la nazionale fa sì che non riesci mai a lavorare in modo compiuto con le tue atlete.

Lorena Wiebes batte Consonni in Olanda, ma Chiara sta molto bene
Lorena Wiebes batte Consonni in Olanda, ma Chiara sta molto bene
Balsamo non farà il Giro: poteva essere un’idea?

Lo abbiamo valutato. C’era quest’idea, però in calendario nello stesso periodo c’è la Sei Giorni di Fiorenzuola su pista. Visto che sono saltate tutte le gare, Fiorenzuola sarà la prima occasione di provare la madison in gara. Cosa fai? L’obiettivo principale quest’anno sono le Olimpiadi e io non posso andare da Dino Salvoldi e dalla stessa Elisa a dire che quest’anno vogliamo portarla al Giro. Non hanno più fatto una madison, è dagli europei dell’anno scorso che non gareggiano. A Montichiari le provano bene, ma una specialità come quella è importante provarla in gara. Anche se si correrà su una pista di cemento, più lunga di quella olimpica in legno di 250 metri, però sicuramente aiuta. Quindi purtroppo anche per quest’anno Elisa non farà il Giro.

E con chi ci vai?

Sto aspettando anche io le scelte di Salvoldi per capire chi posso portare, perché comunque una velocista voglio portarla. Auguro a tutte di andare a Tokyo, altrimenti una verrà al Giro. E poi ci sarà Arzuffi, che i primi anni era adatta per fare classifica. Poi aumentando il cross, ha dovuto un po’ mollare. Ma è meglio uscire di classifica e puntare a vincere qualche tappa, anche perché se punti a entrare nei venti, così ci arrivi lo stesso.

Arzeni e patron Valentino Villa sono la spina dorsale della Valcar
Arzeni e patron Valentino Villa sono la spina dorsale della Valcar
Programma nell’immediato?

Adesso si va agli italiani, poi andiamo a fare La Course, dove mi sarebbe piaciuto andare con Elisa Balsamo, però quest’anno va così.

Prima hai parlato di spazi che si apriranno. Il gruppo resterà compatto o qualcuna andrà via?

Sta succedendo quello che è successo con gli uomini. Col WorldTour ci sono budget superiori, sarà difficile tenerle tutte insieme, ma ci saremo lo stesso a combattere. Si parla di cifre troppo alte e loro sono andate forte, se ne sono accorti un po’ tutti. E’ giusto a un certo punto che le migliori vadano, non ho rimpianti. Dobbiamo ragionare per quello che siamo adesso, senza pensare alle trattative che ci sono in corso. Già a inizio stagione, dopo cinque o sei anni che siamo insieme, ci dicemmo che potrebbe chiudersi un ciclo e aprirsene un altro.

Con quali obiettivi?

Saremo competitivi, questo posso dirlo. Abbiamo delle giovani che stanno crescendo. La Gasparrini è un’altra che farà parlare tanto di sé. E poi non è che andranno via tutte. Sono girate offerte importanti e come succede, si sono create delle aste. E’ la regola della domanda e dell’offerta.

Balsamo lascerà la Valcar? Le offerte (anche importanti) non le mancano
Balsamo lascerà la Valcar? Le offerte (anche importanti) non le mancano
Le tue ragazze hanno il procuratore?

Qualcuna sì, altre no. Per esempio Elisa non ce l’ha e neppure Chiara (Consonni, ndr). Alcuni procuratori si sono affacciati, altri sono entrati senza troppe conoscenze e rispetto per le ragazze e hanno combinato dei pasticci. Alcune hanno firmato contratti di più anni a meno del minino e adesso si mangiano le mani. Ma perché farle firmare così, se non per prendere subito i soldi? Ad altre hanno proposti gli stessi soldi che daremmo noi, probabilmente anche meno, mettendogli in testa chissà quali prospettive. Tante volte il rapporto con le ragazze si costruisce negli anni e portarle via senza considerarne i margini di crescita, significa ancora una volta non fare il loro interesse.

Nizzolo, quel tricolore coperto così difficile da lasciare

17.06.2021
4 min
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Nizzolo a Imola ci sarà per onore di firma, poi andrà in altura e di lì metterà nel mirino il mondiale. Il suo anno in maglia tricolore è durato per nove mesi, a causa del Covid che lo scorso anno fece slittare a fine agosto il campionato italiano di Cittadella. Ha vinto due corse, la Clasica de Almeria e la tappa di Verona al Giro d’Italia. ma l’aspetto ancora più singolare è che, essendo partito quella sera stessa con Cassani alla volta di Plouay e dei campionati europei, vinti in volata su Demare, Giacomo non ha mai indossato in gara la maglia tricolore.

Giro d’Italia, Verona: ecco finalmente la prima vittoria di tappa per il velocista della Qhubeka-Assos
Giro d’Italia, Verona: ecco finalmente la prima vittoria di tappa per il velocista della Qhubeka-Assos

«Eppure ci tengo tanto al fatto di averla avuta sotto quella di campione europeo – dice – e mi dispiace sapere di non averla più. Quella vittoria ha significato il ritorno a livelli importanti, dopo anni storti. Quando la vinsi per la prima volta nel 2016, mi sentivo pronto per il salto di qualità. Ero nell’età giusta, ma si misero in fila tutti quegli intoppi…».

Il riferimento è ai guai del ginocchio? 

Sembravano ogni volta risolti e invece, alla prova dei fatti, sono sempre saltati fuori a fermarmi.

A voler dare una lettura ottimistica, sono stati proprio quei problemi a farti arrivare a 32 anni con margini ancora da esplorare.

Avrei voluto essere spremuto – sorride – perché avrebbe significato aver corso, ma in effetti non sono un atleta sfruttato e questo fa sì che da un certo punto di vista io sia più giovane della mia età.

Mondiali di Doha 2016, a ruota di Guarnieri verso la volata. Vincerà Sagan, Giacomo 5°
Mondiali di Doha 2016, a ruota di Guarnieri verso la volata. Vincerà Sagan, Giacomo 5°
E così domenica passerai la tua maglia a un altro campione italiano.

Il percorso di Imola sarebbe proibitivo per il miglior Nizzolo, figurarsi ora che la condizione proprio è lontana. Però devo esserci per tutto quello che la maglia tricolore rappresenta. La maglia è un simbolo e deve esserlo sempre di più. Non mi piace vederla disegnata come se fosse un fastidio, con grafiche sacrificate. Non può essere mortificata e la regola dovrebbe valere per tutte le nazioni. Spero passi fra le mani di un corridore che riesca a farla ben figurare.

Hai parlato di mondiale, prima però ci sono gli europei di cui sei anche testimonial.

Ho sondato il terreno, possono essere fra gli obiettivi, ma sono impegnativi. Non credo siano alla mia portata, però lo vedremo dopo che avrò ripreso al meglio la preparazione.

Ha iniziato il 2021 con la maglia di campione europeo a coprire la tricolore
Ha iniziato il 2021 con la maglia di campione europeo a coprire la tricolore
Invece i mondiali…

Sono un obiettivo importante e per questo saranno il focus centrale della seconda parte di stagione.

Anche a Doha nel 2016 partisti come leader della nazionale: credi di essere un corridore diverso?

Sono sicuramente un Nizzolo più consapevole. A Doha ero spavaldo, zero timore reverenziale. Sentivo di avere poco da perdere e alla fine venne fuori il quinto posto. Spero di riuscire a vivere il prossimo mondiale con leggerezza, anche se avrò più occhi addosso. Credo di poterlo gestire con la giusta tensione.

Leggerezza in questo contesto è una bella parola.

La mia forza è sempre stata quella di affrontare i grandi appuntamenti senza farmi schiacciare dalla tensione e questo è un vantaggio.

L’ultima corsa dopo il ritiro dal Giro è stato il Giro del Belgio
L’ultima corsa dopo il ritiro dal Giro è stato il Giro del Belgio
E forse oggi, dopo l’europeo vinto l’anno scorso e le vittorie successive, potrebbe renderti più leader anche agli occhi degli altri azzurri, no?

In realtà sentivo il supporto della squadra anche a Doha, però certo all’europeo lo scorso anno la percezione di fiducia è stata più netta e mi ha aiutato molto. Al mondiale potrebbe essere la stessa cosa, anche se potrebbero esserci alternative a Nizzolo. Il percorso si presta anche per altri azzurri e starà a Cassani in quel caso creare la giusta amalgama.

Perciò adesso il programma prevede?

Tricolore e poi subito a Livigno. Abbiamo ancora un sacco di cose da fare.

Domenico l’invincibile, ripartito ancora una volta…

13.06.2021
6 min
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Chiamatelo Highlander, ma Domenico Pozzovivo è davvero un invincibile. Ancora una volta il lucano ha vinto l’ennesima sfida con se stesso e con la sorte. Si è rialzato. Lo avevamo lasciato alla sesta tappa del Giro d’Italia. Se ne tornò a casa per una caduta rovinosa.

Il corridore della Qhubeka-Assos al Giro di Svizzera è stato il primo italiano, sesto, e ieri è stato autore di una cronometro stratosferica. E, come vedremo, poteva essere in lotta per il podio.

In salita, allo Svizzera, il lucano è sempre rimasto con i migliori
In salita, allo Svizzera, il lucano è sempre rimasto con i migliori
Domenico come è andata da quelle parti?

Bene dai. Certo, è stata una settimana di passione. Avevo un male terribile alle costole. Ma ci tenevo molto a venire qui. Anche se il gomito ancora non era a posto.

Al netto della caduta nella corsa rosa, il Giro di Svizzera era in programma?

Se proprio non era in programma era comunque un’ipotesi.

E quando hai deciso di esserci?

Eh è una storia lunga – e qui davvero ci sarebbe da mettersi a sedere con le mani sotto al mento ad ascoltare – Dopo la caduta del Giro avevo una prognosi di un mese. Impossibile poterci solo pensare. Avevo una sublussazione al muscolo della spalla. Qualche giorno dopo ho fatto un allenamento su strada con un braccio a mezzo servizio ed è stato anche un allenamento impegnativo, con dei lavori in salita. Ho sentito subito che la gamba era buona. Molto buona. La condizione del Giro non era sparita. La speranza era che potesse migliorare la condizione del gomito, come di fatto è andata. Quello che invece era anomalo era il dolore alle costole. 

Come mai?

Perché risentivano del grande incidente di quasi due anni fa: sono andato a toccare i punti dove c’era la frattura, avevo subito un trauma pneumotoracico e per questo il recupero era, anzi è, più lungo.

Come hai superato di fatto quella prognosi?

Dovevo stare a riposo totale, ma dopo due giorni ero già sui rulli. Tanto ormai ero esperto a pedalare sui rulli in quelle condizioni! – ci scherza persino su Pozzovivo – Dopo la prima visita, il medico mi disse che mi avrebbe rivisto dopo nove giorni. Era talmente gonfia, piena di acqua, che non ha potuto visitarmi. Nel week-end successivo, come detto, ho provato ad uscire su strada e mi sono accorto che la gamba era buona così ha iniziato a balenare in me l’idea di partire davvero per il Giro di Svizzera. Ne ho parlato con il diesse, ma senza dire nulla in giro. Il martedì successivo a quell’uscita il medico ha notato il miglioramento. Io nel frattempo avevo fatto del linfodrenaggio, in pratica vivevo in costante fisioterapia. E lui mi ha detto: allenati e vedrai che fra due settimane avrai meno dolore.

Complice la pioggia, nella frazione di Lachen il gruppo si è poi spezzato e Pozzovivo ha perso 2’15”
Complice la pioggia, nella frazione di Lachen il gruppo si è poi spezzato e Pozzovivo ha perso 2’15”
Mamma mia Pozzo, che dire: chapeau…

A quel punto ho deciso di andare sull’Etna, perché in Svizzera il tempo era brutto e soffrivo anche di più nelle mie condizioni, mentre laggiù era ottimo per allenarsi in vista dello Svizzera. Che poi anche in questo caso tutto è stato molto rocambolesco: sarei voluto andare sullo Stelvio, ma ancora era chiuso, in più avevo anche la prima dose del vaccino del Covid da fare. Lo avevo prenotato dopo il Giro convinto che tanto sarei stato libero. Quindi l’ho fatto al volo prima di andare sull’Etna.

Senti, ma tua moglie, la tua famiglia cosa ti dicono quando vedono che fai queste imprese al limite fra tenacia e “pazzia”?

Eh, sono talmente abituati che non mi dicono nulla. Sono contenti. Sanno quello che c’è dietro. Mia moglie con quel braccio inutilizzabile mi aiutava a fare tutto. Lei era sicura che avrei fatto lo Svizzera.

E sei anche andato forte…

A crono ero sicuro che non avrei avuto problemi: ero da solo. Semmai i problemi li ho avuti di più nella prima di cronometro. Quel giorno era bagnato e per non rischiare nulla nelle curve ho perso molto, mentre il resto dei numeri erano buoni. Peccato che nella seconda tappa in discesa c’è stata una frattura del gruppo e abbia perso 2’15”, ma anche in quel caso non ho voluto rischiare. Quello è il distacco che mi ha precluso il podio.

E ieri a crono, tra l’altro molto particolare con un passo da scalare e da riscendere, hai chiuso settimo…

Mah, un po’ me lo aspettavo di passare in cima coi primissimi e di perdere qualcosa discesa. Sì, sono andato bene. Immaginavo che andasse molto forte Uran: era tutta in quota e lui, colombiano, a quelle altezze va bene.

Che bici hai usato?

Quella da crono. Il 95% ha usato questa bici. Qualcuno ha fatto altre scelte. E’ stata particolare quella di Rui Costa: in salita ha usato quella da strada e in discesa quella da crono. Evidentemente si sentiva sicuro così.

E adesso che programmi hai?

Dopo lo Svizzera correrò al campionato italiano. Poi farò una pausa e proseguirò con il programma iniziale che non è cambiato e che prevedeva la Vuelta. A luglio andrò in altura. Lo Stelvio sarà la mia seconda casa e sono già pronti ad accogliermi! Poi cercherò di sistemare questi dolori e di ripristinare al meglio la mobilità del gomito. Prima dell’incidente al Giro andava abbastanza bene. Adesso in effetti sono un po’ troppo storto e mi fa male vedermi così.

Come è stato vedere il Giro dalla Tv?

Eh – sospira Pozzovivo – Stavolta è stata dura. Sapevo cosa valevo e il fatto di avere una buona forma ancora significa che avrei fatto bene. Le tappe del Giro le ho guardate tutte. Per fortuna che gli ultimi giorni del Giro sono coincisi con il ritiro sull’Etna e già avevo l’obiettivo dello Svizzera che è stato un buon diversivo. Mi è già successo altre volte di vivere una situazione così, ma questa volta ho un rimpianto in più. Ho subito altri due interventi durante l’inverno e dopo la Tirreno non mi ero mai espresso su livelli decenti, mentre al Giro stavo bene. Avevo lavorato tanto.

Nella crono di Andermatt Domenico ha chiuso al settimo posto a 1′ netto da Uran
Nella crono di Andermatt Domenico ha chiuso al settimo posto a 1′ netto da Uran
Cosa è successo di preciso al Giro?

Guarda è questo il rimpianto. Tutto è avvenuto in un momento di tranquillità. Sai, c’è una caduta perché c’è nervosismo in gruppo, okay… ma finire a terra per i fatti tuoi mentre risali il gruppo nei primi due chilometri di gara è difficile da accettare. Ero sulla destra, Caicedo si è toccato con un altro corridore e la sua bici mi è volata addosso. Una fatalità in una situazione di zero rischi.

Potevi salite sul podio?

Nei primi cinque sì, sul podio non penso. Anche se non mi piace fare calcoli a posteriori. Okay Bernal ha vinto, ma Damiano (Caruso, ndr) ha fatto una corsa incredibile e anche Yates. No, stare nella “top five” non era follia

Cosa salvi sin qui?

Che con la schiena va bene. Anche sotto sforzo quasi non ho avuto problemi, come invece mi era successo a marzo. Ho sempre fatto molti esercizi di postura. E poi salvo il feeling con le crono. Incrociamo le dita per la Vuelta!

Campenaerts, l’ardore di chi ha rischiato di smettere

23.05.2021
4 min
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Ripartiamo da Verona, ti va? Victor Campenaerts si gira e fissa perplesso. Ha appena vinto la tappa di Gorizia, cosa c’entra Verona? Gli spieghiamo il punto di vista. Dicesti di essere super felice per la vittoria di Nizzolo, quale felicità provi in questo momento? Sorride e capisce. Si mette comodo e comincia a parlare.

Un paio di chilometri dopo il via, una maxi caduta ferma la corsa e costringe al ritiro 4 corridori fra cui Buchmann
Un paio di chilometri dopo il via, una maxi caduta ferma la corsa e costringe al ritiro 4 corridori fra cui Buchmann

«Con Nizzolo volevamo vincere a tutti i costi – dice – per i tanti secondi posti e perché non aveva mai vinto una tappa al Giro. A Verona è stato un vero lavoro di squadra. Non solo l’esplosione di gioia per Giacomo, ma la soddisfazione di tutto il team. Come questa vittoria. Che resterà assegnata a me, ma ha sopra anche i nomi di Wisniowski e Max Walsheid».

Paura di smettere

Victor è un torello, alto 1,73 per 68 chili. A volte è simpatico, a volte si mette di traverso. Quando è entrato nella stanza, aveva in mano la magnum di Astoria e ci si è attaccato come stesse sorseggiando acqua fresca. La Qhubeka-Assos ha vinto tre tappe in questo Giro d’Italia, uno score impressionante, per una squadra che a un certo punto sembrava dovesse sparire. E a ben guardare è questo il motivo di tanto ardore.

Al passaggio in Slovenia, un tripudio di pubblico: viva il Giro d’Italia
Al passaggio in Slovenia, un tripudio di pubblico: viva il Giro d’Italia

«E’ stato difficile per questa squadra restare in vita – dice – tutti noi che ne facciamo parte a un certo punto abbiamo dubitato che saremmo stati ancora dei corridori professionisti. Siamo felici di aver avuto la chance di vestire ancora questa maglia, perché corriamo anche con un grande obiettivo. Vogliamo cambiare il mondo con le biciclette, perché le biciclette possono cambiare le vite. E’ la ragion d’essere del nostro sponsor Qhubeka, ma non abbiamo ancora nulla in mano per il prossimo anno, spero che con queste tre vittorie siamo riusciti a fare una valida promozione».

Cambio di pelle

Come è stato che il Campenaerts del record dell’Ora si sia trasformato quasi in un uomo da classiche, capace di vincere una tappa come questa, attaccando sugli strappi e vincendo la volata, lo spiega lui con chiarezza.

Riesbeeks prova a staccare Campenaerts sull’ultimo strappo, ma il belga resiste
Riesbeeks prova a staccare Campenaerts sull’ultimo strappo, ma il belga resiste

«Quest’inverno – dice – mi sono guardato intorno e ho capito che con le prestazioni eccezionali di Ganna nelle crono e anche di Remco e Van Aert, le mie occasioni di avere dei buoni risultati nelle crono sono scese drasticamente. Non avrei potuto rappresentare il mio Paese nelle fantastiche Olimpiadi e così ho cercato di reinventarmi. Probabilmente nella crono di Milano non riuscirò a vincere, anche se ci proverò in tutti i modi. Sarà difficile, perché negli ultimi mesi non mi sono focalizzato su quel tipo di allenamento come avevo fatto l’anno scorso. Si ottengono i risultati che si meritano e forse io non merito di fare risultati a crono, mentre sono felice di essermi guadagnato questa tappa».

Motivati e cattivi

L’ultimo pensiero è per il festeggiamento di questa sera in albergo, senza pensare minimamente alla neve del Giau e della tappa di domani.

Sul traguardo di Gorizia, Campenaerts precede Riesbeeks
Sul traguardo di Gorizia, Campenaerts precede Riesbeeks

«In squadra si è creata una grande atmosfera – dice – avevamo già vinto due tappe e questa si potrebbe considerare un surplus. Però bastava guardare quanto fossimo motivati e cattivi alla partenza, per capire che non fossimo soddisfatti. Abbiamo messo tre corridori nella fuga e abbiamo mostrato una grande intesa. I miei due compagni mi hanno protetto e hanno creduto in me. Sono super contento. Terrò da parte questa bottiglia per loro, stasera voglio festeggiare con i miei amici».

Foglio firma chiuso. Ma Pozzovivo non c’è

14.05.2021
4 min
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Alle 12:45 di stamattina quando si è chiuso il foglio firma mancava solo il nome di Domenico Pozzovivo, unico non partente dei 178 corridori rimasti in corsa sino a quel momento. Un’altra tegola per il lucano.

Non ce ne voglia Caleb Ewan, ma la news di oggi non è tanto la sua seconda vittoria quanto il ritiro dal Giro d’Italia dello scalatore della Qhubeka-Assos.  Questa mattina mestamente, ma con la dignità che lo contraddistingue, il “Pozzo” ha lasciato la carovana. Prima di congedarsi però ha spiegato il suo abbandono.

Domenico Pozzovivo, stamattina in hotel prima di lasciare il Giro
Domenico Pozzovivo, stamattina in hotel prima di lasciare il Giro

Avvicinamento difficile

Domenico ha raccolto le sue cose dal bus, ha salutato i compagni e prima del via della tappa sono venuti a prenderlo per riportarlo a casa. E dire che anche quest’anno aveva fatto di tutto e di più per esserci. Al termine della passata stagione si era nuovamente operato al gomito e un altro intervento lo aveva fatto dopo la Tirreno

«Sono triste. Mi dispiace dover lasciare il Giro. La mia forma era molto buona, la squadra stava facendo una bella corsa. È difficile arrendersi ma il mio gomito sinistro è davvero in cattive condizioni. Servono degli accertamenti per capire l’origine del dolore. Così è impossibile pedalare, non posso stare in bici».

Sesta tappa del Giro 2021: il gruppo sale verso Forca di Gualdo, “Pozzo” era già caduto
Sesta tappa del Giro 2021: il gruppo sale verso Forca di Gualdo, “Pozzo” era già caduto

Il calvario dei Sibillini

La fasciatura bianca domina la scena, se non fosse che i suoi occhi parlano altrettanto. Forse era la sua ultima occasione e finirla così, con la corsa più amata, dispiace. Ma certo non è a Pozzovivo che si può imputare un “ritiro facile”. Anche ieri ha lottato come un leone. 

Domenico era caduto nelle fasi iniziali della tappa (intorno al chilometro 10), quando c’era nervosismo in gruppo. La corsa poi, oltre ad essere dura di suo con tutta quella salita, è stata anche flagellata dal maltempo.

I Sibillini non gli sono stati amici. Vento, freddo e lui dietro al gruppo a lottare. Nella Piana di Castelluccio, sotto il forcing della Ineos-Grenadiers è iniziato il suo vero calvario, è rimasto nel gruppo con De Marchi e alla fine ha perso oltre 20′.

«Ieri penso di essere andato oltre i limiti per finire la tappa. Come ripeto ero in grande difficoltà a restare in bici. Speravo in un miracolo nella notte, ma non è accaduto. Sarà molto difficile nei prossimi giorni guardare gli altri corridori impegnati nelle tappe di montagna».

Pozzovivo (38 anni) era 15° Giro. E’ stato l’unico a non presentarsi al foglio firma di Notaresco
Pozzovivo (38 anni) era 15° Giro. E’ stato l’unico a non presentarsi al foglio firma di Notaresco

Non si molla

Ma Pozzo non molla. Magari già pensa al Tour de France, se la sua squadra deciderà di portarlo.

«Sarò comunque impegnato a recuperare molto velocemente – ha detto Domenico – voglio tornare con maggiori motivazioni di prima».

«Il nostro team medico – ha aggiunto il diesse Missaglia – ha lavorato tutta la notte per dargli la possibilità di ripartire questa mattina, ma alla fine è stato impossibile. Auguriamo a Domenico una pronta guarigione. Sappiamo tutti che è un combattente e incarna lo spirito di questa squadra. Noi non possiamo che augurarglielo con tutto il cuore».

E noi invece non ci stupiremmo se dovessimo vederlo in sella già al Giro di Svizzera e chiudere in qualche modo la sua prima parte di stagione rispettando così, più o meno, gli impegni che presumibilmente lo avrebbero visto prendere il via al Giro, appunto, e alla Vuelta. Ma queste sono solo congetture. Per ora… forza Pozzo.

Nizzolo Dorelan

Nizzolo: «Lo sprint comincia 30 chilometri prima»

09.05.2021
2 min
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Prima tappa in linea del Giro, nei pronostici la prima volata che metterà a confronto le frecce della corsa rosa. Quando inizia quel che Bruno Raschi chiamava “il lungo prologo di una coltellata”? Il lavoro delle squadre è lungo e intenso, come spiega uno che gli sprint li conosce da vicino, il campione europeo Giacomo Nizzolo: «Se hai ambizioni non puoi aspettare, già a 30 chilometri dalla conclusione devi essere ben attento e posizionarti nelle parti avanzate del gruppo».

La preparazione della volata è già iniziata?

Diciamo che sono le fasi preliminari, nelle quali devi evitare problemi e soprattutto devi essere vigile nel controllo della corsa senza spendere troppo e prendere vento, quindi bisogna rimanere coperti, mai in prima fila. Sfruttando magari anche il lavoro delle squadre avversarie.

La volata vera e propria quando inizia?

Normalmente il treno va a formarsi intorno ai 3 chilometri dal traguardo, ma molto dipende dalla conformazione stradale della fase conclusiva della tappa. Si segue un piano ideale stabilito in precedenza, ma bisogna essere attenti anche a quel che succede intorno e pronti a cambiare strategia, è fondamentale comunicare tanto.

Nizzolo 2021
Giacomo Nizzolo cerca al Giro la sua prima vittoria, dopo una primavera positiva
Nizzolo 2021
Giacomo Nizzolo cerca al Giro la sua prima vittoria, dopo una primavera positiva
Le strade vengono studiate prima, su carta?

Una volta si faceva così, adesso ne parliamo in squadra prima della partenza sfruttando le App che ci sono a disposizione e che ti permettono di visualizzare direttamente la sede stradale. A quel punto ognuno ha ben chiaro quel che deve fare, quando deve intervenire e quando potrà concludere il proprio lavoro fino al momento finale.

Per te questo è l’ottavo Giro d’Italia: come ci arrivi?

Con una condizione quantomeno discreta, mi sento libero da pressioni, ho fatto una buona primavera e una Campagna del Nord che mi ha dato riscontri positivi, non solo per la piazza d’onore alla Gand-Wevelgem. Mentalmente sono carico e questo è importante.

Qual è l’edizione che ricordi con più piacere?

Sicuramente la prima, perché era tutto nuovo per me, era il 2012 e portarlo a termine fu una soddisfazione enorme. Sono arrivato al traguardo finale 5 volte, ma voglio cancellare i due ultimi ritiri, nel 2017 e 2019. Inoltre non ho ancora potuto gustare la soddisfazione di vincere una tappa, farlo con la maglia di Campione d’Europa sarebbe bellissimo e tapperebbe questo piccolo buco…

Aru: «Ma quale Giro, dopo la Liegi riposo e guardo avanti»

22.04.2021
4 min
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«Sono gare che vanno fatte. Serve esperienza, devi conoscerle per affrontarle al meglio». Tra i debuttanti di lusso di ieri non c’era solo Primoz Roglic, ma anche il nostro Fabio Aru.

In effetti, per un motivo o per l’altro, il corridore della Qhubeka-Assos non aveva mai corso nelle Ardenne, aveva solo preso il via, senza finirla, all’Amstel Gold Race del 2016. Ma, come si dice, non è mai troppo tardi.

Aru appena dopo l’arrivo della Freccia Vallone
Aru appena dopo l’arrivo della Freccia Vallone

Vecchie care sensazioni

Non è mai troppo tardi, soprattutto se a fine gara hai un sorriso grosso così. Ti sei divertito, ti sei misurato e senti che finalmente sei sulla strada giusta. Quei fenomeni che sgomitano davanti, e di cui facevi parte, piano piano tornano a farsi più vicini.

Alla fine Aru ha tagliato il traguardo di Huy in 41ª posizione, ma quel che conta è che sia arrivato ai piedi del muro con il gruppo dei migliori.

E’ chiaro, non ha ancora la gamba per tenere testa a gente che in questi mesi viaggia su altri mondi e probabilmente questa non sarebbe stata la sua corsa, neanche se fosse stato il Fabio dei tempi migliori. Ma è meglio prendere quello che di buono c’è e guardare avanti, piuttosto che rimuginare sul quel che non ha funzionato o che poteva essere.

Il sardo nella pancia del gruppo. «E’ importante conoscere certi percorsi», ha detto Aru
Il sardo nella pancia del gruppo. «E’ importante conoscere certi percorsi», ha detto Aru

Come un neopro’

Al mattino, scambiando qualche parola, Fabio era entrato subito nel merito di una sua presunta partecipazione al Giro.

«Sinceramente – spiega Aru – rimango basito certe volte da quello che esce, da come vengono fuori le notizie, ma ormai ci sono un po’ abituato. Ho visto anche io che su alcuni siti davano la mia partecipazione al Tour of the Alps, che non era in programma, e poi anche al Giro. 

«La nostra squadra ha questo nuovo metodo di comunicare la convocazione degli atleti sui social, tramite annunci fatti da alcuni fans un paio di giorni prima dell’evento e nessuno aveva parlato di queste corse. Per quello i nostri programmi non escono mai troppo in anticipo. Insomma era completamente errata questa news della mia partecipazione sia al Tour of the Alps sia al Giro d’Italia. Mentre avevo in programma queste classiche, Freccia e Liegi, che tra l’altro corro per la prima volta. E quindi debutto come un neopro’!».

Aru (31 anni a luglio) è alla Qhubeka-Assos da questa stagione
Aru (31 anni a luglio) è alla Qhubeka-Assos da questa stagione

Condizione in crescita

Nella stagione della ricerca degli stimoli, ci sta bene cambiare radicalmente le cose. Mettersi in gioco su terreni sconosciuti non solo è propositivo, ma evita anche eventuali paragoni, ricordi. E’ tutto nuovo.

«Sì, sì ci voleva questo! Non pensavo di essere così indietro. Ho perso veramente tanta continuità in questi anni e quindi c’è da lavorare, c’è da fare, c’è da correre, da far fatica sulla bici ed è quello che sto facendo».

A questo punto ci chiediamo se, vista la sua attuale condizione, fare gare di un giorno sia meglio da un punto di vista della fatica, per ritrovare il giusto colpo di pedale gradualmente. Magari le gare a tappe se non si è al top rischiano di affossarti. Ma con Michelusi, il suo preparatore, il piano è stato ben ponderato.

«In realtà stiamo facendo tutte e due, nel senso che ho fatto delle corse di un giorno in Francia a febbraio e altre a tappe successivamente. Finirò alla Liegi con 25 gare da inizio stagione più qualcuna di ciclocross. E’ un bel un bel blocco di lavoro, però era quello  di cui avevo bisogno. Ho ancora tanti atleti davanti, ma non sono neanche lontanissimo dai primi. Ai Paesi Baschi, ad esempio, avevo 20 corridori davanti a me, tutti top rider, ma so che sto progredendo, il corpo sta migliorando gara dopo gara».

Fabio Aru, Montodino 2020
Tra dicembre e gennaio Aru ha preso parte anche a diverse gare di cross
Fabio Aru, Montodino 2020
Tra dicembre e gennaio Aru ha preso parte anche a diverse gare di cross

Verso l’estate

Con la Liegi-Bastogne-Liegi, si chiude quindi la prima parte del 2021 di Aru. In pratica ha già uguagliato quanto fatto lo scorso 2020, quando mise nel sacco appena 26 giorni col numero sulla schiena. Solo che stavolta la storia non finisce qui.  

«Dopo domenica – dice Aru – farò un piccolo periodo di riposo per poi preparare appunto la seconda parte, l’estate. Mentalmente sono sereno e molto contento. Mi sto divertendo e questa è una cosa importante».

Non sappiamo se rivedremo il campione di San Gavino Monreale al Tour, ma se questa è la strada per ritrovare il suo talento ben venga. Il Tour o il Giro ci saranno anche l’anno prossimo. E comunque lui ha parlato di estate e ad agosto c’è la Vuelta.

Ma prima di andare ai bus: «A proposito, chi ha vinto?», ci chiede. «Alaphilippe – rispondiamo noi – e Roglic secondo». Lui fa un gesto col capo e scappa via. 

La rincorsa di Domenico passa anche sull’Etna

22.04.2021
4 min
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Ogni giorno per Domenico è una scalata. Lo è sempre stato, sin da quando era piccolino, ma a partire dall’ultimo incidente non c’è un solo gesto nella sua quotidianità che non gli ricordi la sfortuna e la necessità di stringere i denti, per il dolore e per non perdere terreno. Al Tour of the Alps, la rincorsa di Pozzovivo è un quotidiano fare i conti con i postumi dell’intervento di marzo e la necessità di recuperare terreno sui rivali, dopo che la squadra lo ha confermato leader per il Giro d’Italia, convogliando Fabio Aru sul Tour de France. Per cui nella sua testa razionale (sino al rischio di farsi del male), l’occasione e il momento difficile in cui arriva sono un altro tormento con cui convivere. Ma Domenico è sempre stato uno tosto e preferisce guardare al bicchiere mezzo pieno senza lasciarsi frenare dal rimpianto.

«Per me è abbastanza dura – conferma – perché un mese fa ho subito un altro intervento al gomito. Sapevo di non essere al meglio, però sono abbastanza fiducioso. Nelle ultime settimane ho visto le mie condizioni migliorare, per cui da qui al Giro spero di fare ancora qualche step».

A quattro anni dalla scomparsa di Michele Scarponi, un ricordo della Tirreno 2016
A quattro anni dalla scomparsa di Michele Scarponi, un ricordo della Tirreno 2016
A cosa serviva quest’ultimo intervento?

Il problema che abbiamo cercato di risolvere è la mancanza di sensibilità all’esterno della mano, al quarto e quinto dito. Non è una cosa che si risolve appena dopo l’intervento, sicuramente ci vorranno dei mesi, però a livello di dolore non ho qualcosa di peggio di quello che avevo prima. Per cui ci arrangiamo. Il guaio è che se non sono al 100 per cento e devo spingere in modo più forzato, ho problemi alla schiena. Per stare bene e non avere troppi dolori, devo essere al top e non è sempre facile arrivarci e restarci.

Avevi fatto un avvicinamento perfetto…

Se non fosse stato per l’intervento in anestesia generale il 18 di marzo, sarebbe stato un avvicinamento ideale al Giro. Sicuramente era un intervento che doveva essere un po’ più leggero, ma alla fine si è rivelato abbastanza pesante. Cercare di aspettare e farlo dopo il Giro sarebbe stato rischioso, perché si poteva perdere completamente il nervo. Era molto danneggiato e già in sofferenza.

L’intervento al gomito ha rallentato la sua primavera, ma era necessario per il resto della vita
L’intervento al gomito ha rallentato la sua primavera
Che cosa ti manca ancora?

Mi manca ancora qualcosa da limare a livello del peso, perché io comunque le anestesie le sento tanto e dopo l’intervento ho il metabolismo molto rallentato. E ho bisogno anche di lavorare su ritmi altissimi. Prima di venire al Tour of the Alps, proprio nell’ultima settimana, avevamo inserito dei lavori di intensità che paradossalmente potrebbero essere stati anche controproducenti per questa gara. Di sicuro ci sono arrivato anche più stanco del solito.

In che modo si colma il gap?

Farò un altro ritiro un po’ più breve in altura sull’Etna e poi il Giro, ma prima farò la Liegi. Ho ragionato su altre opzioni, ma tendo a fidarmi delle soluzioni che ho già adottato. Fare il Romandia sarebbe stato troppo, ho preferito optare per il blocco di lavoro che ho sempre fatto prima del Giro. Tour of the Alps, Liegi e altura. Starò otto giorni sull’Etna, da lunedì al martedì.

Per Domenico Pozzovivo, interviste a distanza al Tour of the Alps
Interviste a distanza al Tour of the Alps
Cosa pensi, Domenico, vedendo Froome spesso sofferente nelle retrovie?

Lo capisco, posso immaginare ancora di più la fatica che faccia a non essere in testa a dare il ritmo. Già io ad averne una ventina lì davanti, ho le mie belle difficoltà a tenere duro, immagino lui. Quando sei davanti a lottare, riesci a dare il 110 per cento. Quando sei indietro, sicuramente la testa non aiuta al massimo le gambe.