«La maglia, con i suoi colori identificativi, è il simbolo di questa squadra – dice Francesca Polti, Presidente e Amministratrice Delegata di Polti – ciò che più la rappresenta ed insieme rappresenta gli sponsor e i valori condivisi. Inserire l’immagine della maglia sul bus e gli altri mezzi pesanti è stata, quindi, un’idea che ci ha convinti da subito. Sia per l’originalità e l’unicità nel mondo ciclistico, sia perché permette ai nostri tifosi di identificare immediatamente e in modo efficace il Team Polti-VisitMalta, per le strade di tutta Italia ed Europa».
Francesca Polti è una presenza assidua accanto alla squadra: qui alla Strade Bianche (foto Team Polti-VisitMalta)Francesca Polti è una presenza assidua accanto alla squadra: qui alla Strade Bianche (foto Team Polti-VisitMalta)
L’immagine della flotta
Questa è la storia di come sia nato e sia stato poi sviluppato e finalizzato il vestito 2025 del pullman della squadra di Basso e Contador. Un progetto che ha subito conquistato Basso e i suoi sponsor e che è stato concepito da Maurizio Borserini, creatore delle immagini per il team e per gli sponsor.
«L’idea – racconta Borserini – è nata semplicemente per dare un’immagine un po’ più importante e innovativa al mezzo che è sempre presente sia sulle strade sia nei parcheggi dei paddock. L’anno scorso abbiamo constatato che il pullman è sempre al centro delle riprese e delle foto. In più avevamo l’esigenza di raggruppare una flotta intera, dando un’immagine che andasse fuori da quello cui eravamo abituati nel ciclismo, per cui ci siamo messi a studiare…».
A VisitMalta è stato dedicato il maxi lunotto posteriore con il claim del turismo sull’isolaLa flotta del Team Polti-VisitMalta offre un’immagine di grande coerenzaLa maglia è stata riprodotta sui mezzi più grandi: il pullman, ma anche furgoni e il camion dei meccaniciAnche le Aurum, con colorazione Lechler, riprendono il pantone del pullmanA VisitMalta è stato dedicato il maxi lunotto posteriore con il claim del turismo sull’isolaLa flotta del Team Polti-VisitMalta offre un’immagine di grande coerenzaLa maglia è stata riprodotta sui mezzi più grandi: il pullman, ma anche furgoni e il camion dei meccaniciAnche le Aurum, con colorazione Lechler, riprendono il pantone del pullman
Studiare che cosa?
Sono andato a vedere i bus di altri sport, ad esempio del calcio. Mi ha affascinato il fatto che loro diano molto risalto all’elemento maglia della squadra o allo scudo che la rappresenta, come ha fatto la Lotto Dstny, una pratica che non è mai stata tanto diffusa nel ciclismo. Molto probabilmente c’è sempre stato il discorso del mostrare il nome dello sponsor, ma sempre in termini di grandi scritte. E così abbiamo lavorato sull’immagine, dato che il bus era lo stesso e non si poteva intervenire sui materiali.
In che modo siete andati avanti?
Una volta avuta l’idea e l’approvazione di essa da parte degli sponsor principali, c’è stato un bel lavoro di squadra che ha visto impegnati tutto il team comunicazione, i grafici italiani e spagnoli e in cui il supporto di professionalità presenti nelle aziende partner è stato determinante.
Il nuovo pullman ha debuttato nelle gare di Valencia di inizio febbraioIl nuovo pullman ha debuttato nelle gare di Valencia di inizio febbraio
Abbiamo letto il commento di Francesca Polti?
L’idea è nuova ed è piaciuta e hanno richiesto giustamente che ci fosse coerenza in tutta la flotta. Per cui, pur non avendo potuto riprodurre la stessa grafica sulle ammiraglie a causa di elementi di carrozzeria che avrebbero dato problemi con il disegno, i van e i camion hanno la stessa veste. Anzi il camion, col fatto che non ha sporgenze, è anche molto bello.
Qual è stato l’impatto del pullman alle prime corse?
Venivano a vederlo, come se ci fosse stato un passa parola. Non so se sia stato io a farci caso, però vedevo che la gente veniva, si fermava e guardava. Il discorso della maglia aiuta tanto a identificarci sia fuori corsa che in corsa, perché alla gente arriva un’immagine sola per la squadra. E alla fine è proprio quello che volevamo ottenere. Un’immagine originale ed efficace. Per cui, missione compiuta!
Leonilde Tresca è ricca di colori e sapori forti, come l’interno della trattoria di Bologna in cui ci incontriamo per pranzo. Il suo grande cuore ha progettato un altro mezzo da favola, che affiancherà i lussuosi bus delle squadre, ma sarà realizzato per atleti paralimpici e coloro che a causa di una disabilità non possono accedere allo spettacolo del ciclismo.
La svolta nella sua vita, da questo punto di vista, ci fu quando Luca Paolini si impuntò per farle conoscere Marina Romoli. Il Gerva la conosceva bene, Marina era la compagna di Matteo Pelucchi e quando era in Lombardia si allenavano spesso insieme. E proprio ad Airuno, in provincia di Lecco, avvenne l’incidente che costrinse l’atleta marchigiana sulla sedia a rotelle.
Dall’incontro con Marina, la vita di Leonilde è cambiata (le due sono insieme nella foto di apertura, il giorno della laurea di Marina in neuropsicologia). Il suo nome resta legato ai pullman che costruisce, custodisce e spesso affitta alle squadre che non vogliono o non possono comprarne uno (di recente la Cofidis), ma è sempre più associato a impegno civile e iniziative di solidarietà.
Leonilde Tresca è bolognese, ha gareggiato a livello internazionale come skater, dirige l’azienda da 20 anniIl pullman nero di Tresca è stato la casa di bici.PRO a IBF 2022 e lo sarà ancora quest’annoLeonilde Tresca è bolognese, ha gareggiato a livello internazionale come skater, dirige l’azienda da 20 anniIl grosso pullman nero di Tresca è stato la casa di bici.PRO a IBF 2022 e lo sarà ancora quest’anno
Nel nome del padre
La sede di Tresca Transformer si trova a Zola Predosa, alle porte di Bologna. La creò suo padre Tonino, una carriera da direttore sportivo di alto livello, più di vent’anni fa. La riconoscete facilmente dall’autostrada, viaggiando da Bologna verso Milano. Basta guardare sulla destra e individuare il grosso pullman nero con le scritte di bici.PRO: la nostra casa all’Italian Bike Festival.
«Qualche anno fa – racconta Leonilde – ho avuto l’onore, la gioia e la fortuna di conoscere Marina Romoli, in un evento benefico che organizzava con la sua Fondazione a Ottobiano per raccogliere i fondi per la ricerca e la cura della lesione spinale. Da lì inizia per me l’arricchimento del ciclismo. Ci siamo conosciute, ci siamo riconosciute e abbiamo iniziato a fare delle cose insieme per supportare la ricerca, che per fortuna sta andando molto bene».
Negli anni Settanta, Tonino Tresca è manager della Taccone-TrescaTonino Tresca è il secondo da destraSi fa festa a fine anno alla Polar SulmonaSi fa festa a fine anno alla Polar SulmonaTempo di premiazioni per Tonino Tresca, primo in basso da destraTonino Tresca è il secondo da destraNegli anni Settanta, Tonino Tresca è manager della Taccone-Tresca
Perché il ciclismo? Potresti rispondere che è lavoro, ma è impossibile non notare quanto ti appassioni anche stare nel mondo delle corse…
Del ciclismo mi piace innanzitutto il tifo, perché è bellissimo. Quasi nessuno sport può avere una platea a cielo aperto con migliaia di persone colorate che incitano dal primo all’ultimo corridore. Questa è una cosa bellissima di cui vado fiera. Vedo che da parte del pubblico c’è rispetto per l’atleta. Se una persona ha la fortuna di andare su una salita del Giro e del Tour, vede persone che stanno ad aspettare fino all’ultimo corridore e questa per me è una delle cose più belle.
I tifosi si lamentano spesso che i corridori sono sempre sul bus. Forse potresti farglieli meno lussuosi, così magari scenderebbero prima…
Se glieli facessi scomodi (ride, ndr), non mi pagherebbero. Il pullman è un riferimento molto importante per il tifoso e anche per i giornalisti, perché alla partenza è il luogo in cui puoi vedere il corridore da vicino e parlarci. Come avere un accesso continuo al backstage dello spettacolo. Purtroppo questi tre anni di Covid hanno creato un distacco troppo grande tra il pubblico e l’atleta, i bus sono stati relegati ad un’area non accessibile. Io spero vivamente che adesso, tornati a una discreta normalità, il bus torni l’anello di congiunzione tra il ciclista e il tifoso. Insomma, riavviciniamo la gente ai corridori.
Davanti a una clinica mobile, dotata anche di apparecchio per raggi X, per la medicina del lavoroQuesto è l’interno di un piccolo camper che l’Astana usa per gli arrivi più stretti e per le gare del Devo TeamDavanti a una clinica mobile, dotata anche di apparecchio per raggi X, per la medicina del lavoroQuesto è l’interno di un piccolo camper che l’Astana usa per gli arrivi più stretti e per le gare del Devo TeamCosì il nuovo pullman mezzo della Cofidis in configurazione da viaggio, ma i sedili possono ruotareI sedili dei pullman Tresca sono realizzati in vera pelle: qui siamo sul pullman nuovo della CofidisAncora casa Cofidis, il salottino di poppa. Il pullman è di proprietà di Tresca, che lo noleggia al teamAnche i camion dei meccanici fanno parte delle sue lavorazioniUn camion officina in lavorazione: nasce dalle esigenze dei team e dall’esperienza dell’azienda
Ti vediamo spesso alle corse, quanto tempo passi in azienda tutti i giorni?
Tanto! A volte, scherzando, i manager delle squadre dicono che sono sempre in vacanza, in realtà sono una che fa tante cose. In azienda ci passo quasi tutta la mia vita e anche quando sono fuori, sono in costante contatto con il mio lavoro. Il telefono è sempre acceso, devo essere sempre sintonizzata su quello che succede. Diciamo che il lavoro è quasi tutta la mia vita, ma cerco di infilarci le cose che mi piacciono.
Ricevi in continuazione messaggi da team manager, autisti, meccanici. Quanti amici hai nel ciclismo?
Tanti, ciascuno a modo suo. I messaggi di Vinokourov sono bellissimi, perché mischia il francese e l’italiano in modo pazzesco. Sono in ottimi rapporti con tutti, ma con l’Astana c’è sempre stato un rapporto speciale, anche se un certo periodo, il più romantico, se ne è andato. Prima con Scarponi, ora la morte di Inselvini si è portata via forse l’ultimo aggancio a quegli anni…
Con Scarponi e Nibali, in uno dei momenti di allegria alle corse al seguito dell’Astana (foto Instagram)Con Scarponi e Nibali, in uno dei momenti di allegria alle corse al seguito dell’Astana (foto Instagram)
In che modo aver conosciuto Marina Romoli ti ha fatto cambiare le priorità?
Gli atleti paralimpici sono un vanto per lo sport italiano, ma nei loro confronti non c’è tanta attenzione da parte dello sport professionistico. Com’era stato prima con il ciclismo femminile. A me piacerebbe spiegare che anche le persone comuni che abbiano una disabilità possono praticare uno sport. Le associazioni sportive si stanno attrezzando, stanno nascendo occasioni di turismo sportivo. Viaggiando con Marina, ho trovato spesso difficoltà nel fare delle attività. Sembra delle volte che una persona con disabilità possa avere accesso a un bagno piuttosto che a un locale e lì ci si ferma. Invece la persona con disabilità può fare sport, può gareggiare, può vincere e può divertirsi. Mi piacerebbe far passare il messaggio che lo sport e educativo anche per le persone diversamente abili.
E allora parliamo di questo nuovo progetto: il Motivan. Che cos’è?
Un mezzo che vada incontro a queste persone. Un veicolo, un’hospitality, che farà le veci del classico bus delle squadre di ciclismo. Ho sempre pensato in questi anni che effettivamente c’era bisogno di adattare un veicolo per le esigenze degli atleti diversamente abili, in cui abbiano lo spazio per cambiarsi e tutte le facilitazioni necessarie. Poi, girando con Marina, mi sono resa conto che alle gare professionistiche e nei vari eventi non è mai prevista un’area priva di barriere architettoniche, un luogo dove stare comodi e socializzare. Allora ho avuto l’idea di trasformare uno dei veicoli che ho già progettato per aziende anche importanti e di farne un punto di appoggio per persone disabili.
Ci sarà un orgoglio particolare nel mettere in strada il Motivan?
Sarà il succo del mio lavoro che in questi anni per fortuna mi ha portato abbastanza in alto. In vent’anni sono riuscita a consegnare veicoli a quasi tutti i top team del mondo e a lavorare con grosse aziende.
Perché Motivan?
Significa “Mobility Motivation Van”. E’ qualcosa che sento molto, la realizzazione di un percorso molto lungo. Sarà l’orgoglio della mia carriera, il culmine di un iter che ho compiuto a livello professionale e tecnico. La ciliegina sulla torta per chiudere questo mio percorso.
In gruppo non ci sarà più Francesco Villa, che iniziò nel 1992 da meccanico e ha finito da autista. Il suo viaggio fra i campioni, il nostro nei ricordi
Non solo i corridori si preparano per un grande Giro, ma anche i famigerati bus! In vista delle tre settimane di gara, questi “hotel” viaggianti devono essere pronti e ben forniti. La BikeExchange ci ha aperto le porte del suo pullman e… noi ci siamo entrati!
Da fuori sembra si tratti di un bus normalissimo, con tanti posti a sedere e disposti su due ali di file, non è affatto così. Si tratta di una seconda casa che è pronta a percorrere qualcosa come 3.000 chilometri (rientro da Budapest escluso). E che con i trasferimenti, non pochi neanche quest’anno, assume sempre più valore.
Le “stanze”
Partiamo dall’anteriore. I posti tradizionali si trovano nella parte anteriore. Otto posti per la precisione, quattro da un lato e quattro da un altro, disposti su due file.
Appena dietro iniziano le “panchine” laterali, lunghi divani dove ci si siede con le spalle rivolte al vetro. Tutti sono rivestiti in pelle. Uno dei brand specializzati per questi rivestimenti e per la “ristrutturazione” dei pullman è la ditta TrescaTransformer, di Bologna, Zola Predosa per la precisione.
Tom Davies, marketing Giant, spiega le dinamiche del bus
Solo all’anteriore ci sono i posti standard…
Tom Davies, marketing Giant, spiega le dinamiche del bus
Solo all’anteriore ci sono i posti standard…
Nel mezzo del bus, tra le due porte, quella anteriore e quella centrale, c’è in pratica la cucina-dispensa. Un lavandino, un forno a microonde, un frigo, la dispensa e l’immancabile macchina del caffè. Sotto queste panchine ci sono dei vani. Ogni spazio infatti è sfruttato al meglio.
Infine nella parte posteriore, i trova la zona “sanitaria”. Il corridoio si stringe e da un lato c’è il bagno vero e proprio: una struttura minimal con wc e lavabo.
Nel vano successivo, c’è una cabina con doppia doccia. E’ questo uno degli spazi più importanti e apprezzati dai corridori. Potersi lavare appena terminata la gara farebbe piacere a chiunque, nel caso dei professionisti agevola non poco il recupero.
Nella coda del pullman, infine, c’è una saletta vera e propria. Ancora vani in alto e in basso e una lunga seduta. Questo spazio è il regno degli atleti, ma anche dei massaggiatori.
Massaggi d’urgenza
L’atleta si può sdraiare infatti e il più delle volte c’è anche lo spazio per un lettino portatile. Va detto che quasi mai i massaggi vengono eseguiti in questo spazio. Per due motivi: primo perché si preferisce farli in un ambiente più tranquillo e ampio, e poi, motivo determinante, perché il muscolo troppo caldo non si può trattare. Meglio aspettare l’hotel.
La cabina con la doppia doccia. Spetta all’autista del bus rifornire gli erogatori
Il bagno vero e proprio…
La cabina con la doppia doccia. Spetta all’autista del bus rifornire gli erogatori
Il bagno vero e proprio…
Il massaggiatore vi opera in casi particolari: un infortunio, la medicazione per una caduta, prima di una crono, un trattamento extra perché magari l’atleta ha una contrattura o un dolore in una zona specifica. Sono giusto degli esempi.
E allora questo vano diventa uno “spogliatoio” pre e post gara.
Tre settimane
Ma se questa è l’architettura del pullman, cosa c’è di differente tra il bus preparato per una corsa di un giorno e per una a tappe? Sostanzialmente ciò che viene caricato.
Per esempio, in quello della BikeEchange nella stanzetta in fondo c’erano i caschi, che di solito viaggiano con gli atleti. Durante una corsa a tappe, restano sul bus. Non solo, i caschi sono due. C’è quello tradizionale e quello aero. Alcuni sono nuovi, perché non si sa mai. I caschi da crono stanno nelle scatole in stiva o nel motorhome dei meccanici: questo varia da squadra a squadra, anche in base alla tipologia dei mezzi. E lo stesso vale per i caschi in tinta con le maglie di leader delle varie classifiche.
Gli occhiali già con le montature in tinta con le maglie di leader
I caschi pronti, nel retro del pullman. Da notare il divano con i cuscini che se stesi consentono anche di sdraiarsi
Infine, uno spazio per le radio e il gel igienizzante
Gli occhiali già con le montature in tinta con le maglie di leader
I caschi pronti. Da notare il divano con i cuscini che consentono anche di sdraiarsi
Infine, uno spazio per le radio e il gel igienizzante
Dai caschi agli occhiali. Nel mondo del total look e dei social media, ogni dettaglio va curato e così ci sono pronti già gli occhiali con i colori delle quattro maglie: ciclamino, rossa, bianca e rosa nel caso del Giro d’Italia.
«Non solo – ci spiega Tom Davies, global sport marketing manager di Giant – ma per ogni modello ci sono diversi tipi di lente a disposizione: trasparente se piove, specchiata, fumè… Quindi per esigenze di meteo o per gusti personali. Abbiamo anche guantini e divise degli stessi colori. E sul bus dei meccanici ci sono i nastri manubrio in tinta».
Stoccaggio
I materiali tecnici vengono caricati sul motorhome dei meccanici, mentre sul bus ci sono i cavalletti per sostenere le bici in partenza, quando i pullman arrivano alla zona del foglio firma. Ci sono i supporti per le “fettucce” mobili, che distanziano il pubblico nel caso non ci siano le transenne dell’organizzazione. Non manca mai una cassetta degli attrezzi.
Ma soprattutto, almeno dal punto di vista degli atleti, è qui che viene riposta gran parte degli integratori(che comunque vengono riforniti dall’esterno nei giorni di riposo). Varie tipologie di barrette e gel “esplodono” da un apposito dispencer. Accanto, c’è anche un foglio illustrativo riassuntivo che ne indica le qualità e le caratteristiche, cosicché l’atleta ancora una volta sappia quando è meglio assumere questa barretta o quel gel.
Barrette, gel e frutta (comprata quasi quotidianamente): una parte è pronta all’uso, una parte negli scaffali e una parte nei vani bagagliBarrette, gel e frutta (comprata quasi quotidianamente): una parte è pronta all’uso, una parte negli scaffali e una parte nei vani bagagli
Anche gli autisti di altri team confermano che gli ordini vengono effettuati qualche settimana prima. In alcuni casi sono loro stessi che fanno la spesa. Obiettivo: riempire le scorte. Scorte che sono costituite principalmente da acqua e bevande, shampoo e caffè. «Ma anche borracce – dice Davies – Ne consumiamo circa 2.500 in un grande Giro».
Federico Borselli, in questo caso ci spostiamo in casa Astana Qazaqstan, spiega ad esempio di aver caricato qualcosa come 22 flaconi di shampoo da 400 millilitri, 2.000 cialde di caffè che poi verranno integrate nella seconda metà del Giro visto che se ne consumeranno ben oltre 3.000».
Ma le scorte primarie sono quelle relative all’acqua e alle bevande. Mediamente sul pullman si caricano 400 bottigliette (tra naturale, la maggior parte, e frizzante), ma nei giorni di riposo sono previsti dei rifornimenti ulteriori per tutti i team. E lo stesso discorso vale per le bibite. Ben 350 lattine di Coca Cola, 200 di aranciata e 150 di chinotto. Lattine nella versione più piccola da 25 millilitri. Il tutto senza contare le scorte che preparano i massaggiatori e che vengono stipate nella parte anteriore del camion dei meccanici, dove si trovano le lavatrici.
E a proposito di lavatrici. Una volta queste erano nel pullman, adesso sono nel camion dei meccanici che spesso è diviso appunto in due reparti. Un tempo esso ospitava anche una piccola area cucina per la preparazione dei rifornimenti, ora quasi tutti i grandi team hanno un furgone/camion cucina. Anche in questo caso dipende dai mezzi che si hanno a disposizione.
Laura Martinelli, nutrizionista della BikeExchange-Jayco, ci porta nel dettaglio dell'alimentazione di Sobrero per la crono di Verona. Roba da fantascienza
Fra una cosa e l’altra, con Francesco Villa abbiamo cominciato insieme: anno 1992. Chi vi scrive, col taccuino in mano. Lui, con le chiavi da meccanico alla Gatorade di Bugno. E adesso che l’inverno sta scendendo e che la sua avventura nel ciclismo delle squadre sta per concludersi, una chiacchierata fra… veterani è quello che ci vuole per passare quest’8 dicembre decisamente freddino.
Per chi non lo conoscesse, smessi i panni del meccanico a fine 2002, Francesco è stato autista dei pullman, dalTeam Bianchi con Ullrich, alla Quick Step con Bettini, al Team Cervelo di Sastre e Hushovd, alla BMC delle meraviglie, alla Tinkoff di Sagan e Contador e da ultimo alla Dimension Data, poi NTT e ora Qhubeka che, almeno in apparenza, sta lottando per non sparire. Dite che qualcosa da raccontare la troveremo?
Con Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccaniciCon Paolo Fornaciari nel fango della Roubaix, la corsa “università” per i meccanici
Prima squadra?
Gatorade-Chateau d’Ax nel 1992, con Bugno, Corti e Stanga. Carminati guidava il bus. Ci sono rimasto fino al 1994, poi seguii Gianni alla Mg-Technogym e di lì passai alla Mapei. Sempre come meccanico. Poi ho lavorato alla Quick Step e, a parte un anno con la Vittoria, sono stato sempre con le squadre…
Parlaci di Bugno.
Per noi era un riferimento. Nel 1992 avevo 22 anni, ero suo tifosissimo: lavorare per lui era un sogno. Il capo era Giovanni Tonoli, suo meccanico di fiducia. Fu lui a volermi accanto, perché la tradizione era che i vecchi insegnassero il mestiere ai “bocetti”, ai ragazzini. Non lavoravano bene con altri d’esperienza, perché non avevano tempo né voglia di discutere, ma Tonoli era bravissimo a insegnare. Purtropppo morì nel 1993 per un brutto male, a soli 46 anni, e a quel punto Gianni volle portarmi con sé. Un campione cui eravamo affezionati. C’ero nel 1992 quando fece terzo al Tour e anche quando nel 1994 vinse il Fiandre.
Nell’anno di passaggio fra Team Bmc e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale VittoriaNell’anno fra BMC e Tinkoff, Villa ha lavorato per l’assistenza ufficiale Vittoria
Meccanico e autista del pullman, quali differenze?
Da meccanico entri nel cuore della corsa, sei sull’ammiraglia. Il bus ti dà il contatto più frequente con il corridore. Ci sono momenti in cui stare zitti e quelli in cui dargli coraggio e qualche consiglio, soprattutto ai più giovani. Ma ad esempio le Liegi di Bettini dall’ammiraglia sono indimenticabili.
Storia parallela a quella di Carminati, che abbiamo già raccontato. Cosa ricordi della Mapei?
Era una famiglia. Il dottor Squinzi era presente con il suo appoggio morale, non dava soldi e basta. Quella squadra ha rivoluzionato il ciclismo, anche per l’investimento tecnologico che facemmo con Colnago.
Negli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi diventata Ntt e QhubekaNegli ultimi anni, Villa ha guidato il pullman della Dimension Data, poi Ntt e Qhubeka
Eri ancora meccanico, con chi legasti di più?
Molto con Bartoli, ero nell’ammiraglia dietro di lui quando vinse la Freccia Vallone del 1999 sotto la nevicata. Poi Bettini, si vide subito che aveva una gran classe. Paolo, come prima Gianni, devo ringraziarlo perché creò il suo gruppo e pensava prima a noi e poi a se stesso. Parlo di Bramati, Tonti, Zanini, i massaggiatori Cerea e Bignotti, Fausto Oppici come altro meccanico. Ci chiedeva se fossimo a posto e poi andava a firmare il suo contratto.
Iniziasti da autista alla Bianchi, chi ti aveva insegnato a guidare il pullman?
Giacomo Carminati. Mi ha insegnato a guidarlo e ad amarlo, prendermene cura. Mi ha insegnato un mestiere, per questo lo considero come un fratello maggiore.
Cosa ricordi di Ullrich?
Uno dei più grandi corridori che abbia mai incontrato, gradevole come persona. Anche lui, come Bugno, un po’ troppo sfruttato dall’entourage e purtroppo neanche lui aveva grande personalità, come purtroppo si è visto negli anni successivi. Nel 2003 andava fortissimo e gli fecero perdere il Tour dall’ammiraglia. Lui voleva attaccare, soprattutto essendosi accorto che Armstrong non era brillantissimo. Invece continuarono a dirgli di aspettare, così Armstrong tornò forte e vinse anche quella volta.
Alla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto ContadorAlla Tinkoff nel 2016 ha lavorato con Peter Sagan e Alberto Contador
La Tinkoff di Contador e Sagan?
Una squadra che senza Riis (il danese fu allontanato da Oleg Tinkoff a marzo del 2015, ndr) si capiva non sarebbe durata. C’era il gruppo di Contador, quello di Sagan, gli italiani… Con Alberto legai parecchio. Nel 2016 fu sfortunato, era già in fase discendente, ma sempre una grande persona. Non si fidava di lasciare le scarpe sul pullman, al massimo lo faceva se le chiudevo a chiave in un armadietto. Aveva paura del sabotaggio, molto diffidente. Lasciava avvicinare inizialmente solo il suo meccanico Faustino, io me ne stavo sulle mie. Non sono un adulatore, se hanno bisogno chiedono loro e alla fine diventammo amici.
Riis però l’hai trovato alla Ntt l’anno scorso…
Una persona molto preparata, che non è stata capita. Io ero abituato a Ferretti e Stanga, non mi faceva paura e lavoravo bene, gli altri hanno fatto fatica e infatti non è durata. Al Tour del 2020 venne al bus e mi disse che dal giorno dopo non avrebbe più voluto vedere lattine di Coca e Fanta, perché i corridori erano grassi. Per me era un’osservazione giusta, gli altri non lo capirono.
Che rapporto hai con il pullman?
E’ la mia casa. Devo pulirla, tenerla in ordine. Ne sono molto geloso, discuto con i corridori che non mostrano rispetto. Per fortuna i campioni aiutano, loro sono sempre i più educati. Sastre era un modello, Cavendish se vedeva disordine, sgridava i compagni: «Siamo in una stalla?». Il pullman per un autista è come il camion officina per il meccanico: serve passione per il lavoro, sennò lo trascuri.
Villa con Boasson Hagen ai mondiali 2017, con il pullman Dimension Data “prestato” alla Norvegia
Con Hushovd ha lavorato al Team Cervélo e poi alla BMC
Con Boasson Hagen ai mondiali 2017, con il team Norvegia
Ha lavorato con Hushovd al Team Cervélo e poi alla BMC
Che rapporto hai avuto con Cavendish?
Grandioso, come con Bettini. Alla Dimension Data si stava spegnendo, ha fatto bene ad andare via ed ero certo che sarebbe tornato. Con Lefevere e Bramati alla Deceuninck-Quick Step la sola ricetta è pedalare, conosco quell’ambiente. Sono contento che abbia firmato per un altro anno, anche con la clausola che non farà il Tour. E poi secondo me certe cose le dicono anche per dargli grinta…
Hai scelto di mollare, ti dispiace?
Sicuramente mi mancherà tantissimo. Ma abbiamo due bimbe di 11 e 7 anni e a un certo punto sei costretto a fare delle scelte. Non potevo più fare 180 giorni via, in casa c’è bisogno del papà. Mia moglie non mi ha mai ostacolato, ma vedevo che la fatica per gestirle aumentava. Ho fatto per 30 anni la vita che qualunque tifoso di ciclismo sognerebbe, è giusto che adesso lasci spazio ad altri.
Che cosa si carica sul pullman in partenza per il Giro? Lo chiediamo a Ezio Bozzolo, che dalla Tirreno è con la Eolo-Kometa. «Non serve caricarlo troppo»
Anno nuovo, pullman nuovo. Di Ezio Bozzolo e di quel volante del Uae Team Emirates lasciato andare alla fine del 2020 vi avevamo già raccontato, perciò immaginate la sorpresa quando al Tour of the Alps lo abbiamo incontrato su un pullman diverso: quello nuovo di zecca della Eolo-Kometa. Così, oltre ai saluti e allo scambio di pareri sulle corse con uno che ci sta in mezzo da una vita, la curiosità è venuta da sé. Dovuta un po’ al torpedone tutto nuovo e un po’ al fatto che sia nuova anche la squadra. Come si prepara un pullman che deve andare al Giro d’Italia?
L’officina basca
Ezio lo troviamo nei Paesi Baschi, nella cittadina di Ormaiztegi, presso la sede centrale Irizar nei Paesi Baschi. Il discorso l’avevamo iniziato in Alto Adige nei giorni della corsa e proprio allora ci aveva raccontato che sarebbe andato presto in Spagna per sistemare dei particolari.
«Il pullman sono venuti a prenderlo loro in Italia – racconta – e io sono andato su in aereo. Ma è tanto una perdita di tempo fra tamponi e il resto, che il viaggio di ritorno lo faccio guidando. Tanto ci sono abituato….».
Ezio Bozzolo, il padrone di casa a bordo del pullman Eolo-KometaEzio Bozzolo, il padrone di casa a bordo del pullman Eolo-Kometa
Ezio, che cosa significa allestire il pullman per la squadra?
E’ come quando metti su casa, la prima volta non ci capisci niente e ti sembra perfetta. Poi inizi a viverci e ti accorgi che ti manca un punto luce, che ci stava bene una porta in più. Per questo sono venuto in Spagna, per completare l’opera. Sono stato contattato subito dopo la Tirreno, quando ormai la costruzione era in dirittura di arrivo.
Immaginando la famiglia media che parte per una settimana di vacanze, che cosa si mette in un pullman che parte per il Giro d’Italia?
Tutti pensano che si carichi materiali di ogni genere per un mese, ma non è così. In realtà circa a metà Giro, un camioncino già predisposto dai massaggiatori prima del via ci raggiunge e viene a fare il rifornimento. Per cui il pullman si carica per arrivare a metà. Il discorso del camioncino viene bene in Italia, mentre è più difficile al Tour. Soprattutto se le tappe non sono vicine al confine italiano. In quel caso si va a lasciare in uno degli hotel in cui capiterai al momento del rifornimento, chiedendo il permesso di lasciarlo e pagando semmai qualcosa. Quindi si carica il giusto per arrivare al secondo giorno di riposo, ma senza esagerare, perché bisogna stare anche attenti ai pesi.
Postazione di lavoro per l’addetto stampa (Francesco Caielli): libro della corsa e computerPostazione per l’addetto stampa (Francesco Caielli): libro della corsa e computer
I corridori lasciano sopra qualcosa?
In questo caso, qualcuno che ha corso il Tour of the Alps e farà il Giro, può aver lasciato una borsa con il materiale di scorta. Mi viene in mente Ravasi. Per il resto, la valigia grande viaggia sempre nel camion, il trolley o lo zaino lo portano con sé, lasciando semmai sul pullman le scarpe di scorta oppure il necessario per la pressoterapia.
Addirittura?
Se ne servono dopo le tappe, per cui si fa prima a lasciarla su.
Cosa non deve mai mancare sul pullman?
Il caffè, che è fondamentale per tutti. I corridori. Il personale. Gli ospiti. I giornalisti (ci tocca annuire, soprattutto all’estero e prima del Covid, il momento del caffè era un rituale spiritualmente indispensabile, ndr). Poi bibite, acqua, gel e barrette. Le cose fondamentali che servono ai ragazzi. Ovviamente materiale fornito dai vari sponsor, come pure il caffè. Grazie a Ivan Basso abbiamo delle cialde speciali di Segafredo.
Voi autisti siete molto attaccati ai vostri pullman, capita mai di spiegare ai corridori il modo giusto di starci sopra?
Volete scherzare?! La prima riunione, ancor prima di quella con il direttore sportivo per la tattica, si fa con l’autista del bus. Poche regole ben chiare, dall’ordine alla pulizia. Devo dire che abbiamo degli atleti educati e comunque ai più giovani non è consentito di fare grosse stupidate, perché i più esperti li tengono in riga. Comunque siamo una squadra piccola, ci guardiamo in faccia. Diverso con gli squadroni con 30 corridori e c’è continuo ricambio, che alcuni quasi non li conosci.
La macchina del caffè e le bevande sono meta fissa per i corridoriLa macchina del caffè e le bevande sono meta fissa per i corridori
Cosa non andava nel vostro nuovo Irizar?
Dei dettagli. Il tavolino per il sedile. Dato che hanno tutti sedili singoli, quando dopo la tappa devono mangiare, almeno hanno un appoggio. Ma serve anche all’addetto stampa oppure ai manager se devono usare il computer.
I corridori fanno confronti fra il proprio e l’altrui pullman?
Adesso non credo più, una volta succedeva più spesso. I primi ad attrezzare un pullman a questo modo fu il Team Sky e da quel momento tutti si adeguarono. Ormai i pullman degli squadroni sono tutti belli, non ci sono più stupore o delusione nel cambiare squadra. Le cose dentro sono quelle. Può cambiare il colore dell’allestimento, ma poco altro.
Che cosa si carica sotto, nella stiva?
Una volta si mettevano le bici, in modo da non caricarle sul tetto delle ammiraglie, la mattina per la partenza e la sera dopo l’arrivo. Invece da quando si sono fatti largo i freni a disco, i meccanici preferiscono metterle intere sulle ammiraglie, piuttosto che smontare la ruota davanti. In più mettiamo i pali con il nastro avvolgibile per delimitare il nostro spazio, un altro frigo per le borracce da dare prima della corsa. I rulli per tutti, perché prima o dopo c’è da girare le gambe. Dell’altra acqua per il personale, per non stare sempre a salire e scendere dal pullman.
Sean Yates si occupa di programmi. Per il Giro ogni sedile avrà il suo tavolinoSean Yates si occupa di programmi. Per il Giro ogni sedile avrà il suo tavolino
Porti il necessario per piccole riparazioni?
No, non serve. Se si ferma, devi chiamare l’assistenza. Di fatto è come pilotare un’astronave, non saprei nemmeno dove mettere le mani.
Sono pullman che nascono per il ciclismo?
Il mercato più grande ce l’hanno con il gran turismo. Questi così allestiti li hanno anche nel calcio, anzi credo che Irizar sia fra gli sponsor del Real Madrid. Molto belli gli allestimenti per il trasporto di disabili, mentre esistono anche le cliniche mobili, con pullman che si aprono sui lati lunghi per favorire accesso e deflusso delle persone nei grani eventi. Una volta comprata la meccanica, per l’allestimento si può fare quel che si vuole. E sono molto disponibili.
Abbastanza scontato, in Spagna, se lavori nella squadra di Basso e Contador…
Non escludo che Alberto abbia parte nella storia, ma sono stati davvero in gamba. Hanno persino finito un giorno prima, per cui avrò un po’ di tempo per stare a casa, poi mercoledì partirò per Torino. Per fortuna abito a un chilometro da Casa Eolo a Besozzo. Quando non ho la valigia, in magazzino ci vado a piedi.