BePink, da continental a professional si moltiplica tutto per tre

09.10.2024
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Walter Zini è un fiume in piena. La stagione si sta concludendo, ma intanto il tecnico della BePink si appunta sul petto l’invito alla presentazione del Tour de France e la partecipazione al Simac Ladies Tour iniziato ieri (foto di apertura). Per la sola squadra Italiana che in apparenza si sta prodigando per diventare professional si tratta di importanti riconoscimenti su cui appoggiare saldamente i piedi per il futuro. Infatti a Milano si sta lavorando sodo per la scadenza di novembre, entro la quale si saprà se il passaggio di categoria sarà stato riconosciuto dall’UCI.

Crescono i costi. Cambia lo status degli atleti. Occorre dotarsi di strutture e nuove figure professionali. La continental per cui bastava davvero poco deve diventare un’azienda. Ed è proprio questo il fronte più impegnativo. Walter risponde, noi facciamo domande. La sfida non è semplice, ma non fa paura.

Dal 2024 la BePink è passata su bici di Officine Mattio: a destra Zini con Giovanni Monge Roffarello
Dal 2024 la BePink è passata su bici di Officine Mattio: a destra Zini con Giovanni Monge Roffarello
Walter, prego, su cosa si sta lavorando?

Sto andando avanti a fare riunioni e incontri. Il gruppo di Officine Mattio tecnicamente è molto interessato alla cosa e sono sul pezzo. Anche loro stanno portando avanti dei contatti e alla fine tireremo una riga. Sono un po’ lunghino con i tempi, perché ci siamo presi un po’ di tempo per decidere. Però vediamo se riusciamo a chiudere tutti i discorsi per la prima settimana di novembre, quando verranno comunicate le squadre. Abbiamo fatto la registrazione, i versamenti e le prime cose richieste. Se arriveremo in tempo e avremo tutto a posto, faremo la professional. Altrimenti continueremo con la continental. C’è di buono che almeno in questo caso i versamenti fatti non saranno perduti, come sarebbe se invece volessimo provare a fare la WorldTour.

Immaginiamo sia un discorso economico, ma qual è la vera differenza?

Fondamentalmente è proprio l’aspetto economico. Nelle continental si è un po’ borderline, nel senso che a parte la fideiussione e alcune altre cose, non hai particolari obblighi, almeno in Italia. La maggior parte delle atlete sono a costo zero, nel senso che prendono il rimborso dell’autostrada. Nella professional si diventa professionista a tutti gli effetti, come negli uomini. Non c’è un numero vincolato di professional, basta che hai il budget e che segui l’iter previsto dall’UCI. Quindi soprattutto superare il controllo di PWC (il revisore esterno nominato dall’UCI per la registrazione delle squadre professionistiche, ndr) per tutto quello che è la documentazione e le garanzie bancarie. Una volta passato il loro controllo, puoi fare la professional.

Fra i nomi segnalati dal 2024, quello di Elisa Valtulini, 19 anni, quarta miglior giovane al Giro Women
Fra i nomi segnalati dal 2024, quello di Elisa Valtulini, 19 anni, quarta miglior giovane al Giro Women
Per avere un ordine di grandezza, di quanto crescono i costi rispetto alla squadra attuale?

Se vuoi fare una professional fatta bene, lo triplichi. Fate conto che le ragazze sarebbero tutte professioniste e parti da un minimo salariale di 27 mila euro per quelle del primo anno. Però ad esempio se ne prendi qualcuna che rientra dal WorldTour, il minimo è già 35 mila. Poi è logico che se ne vuoi qualcuna che un po’ pedali, devi darle in più. Devi avere i direttori sportivi registrati, devi avere chi si occupa dell’aspetto finanziario, quindi un po’ di persone a libro paga. Quindi solo come monte stipendi, abbiamo fatto un prospetto per cui siamo intorno ai 560 mila euro.

Una vera azienda, insomma…

Per farla bene, devi avere 1,2 milioni. Però è vero che se lo rapporti al discorso legato all’attività che facciamo e le ore di visibilità con Discovery e quello che ne consegue, non è poi tantissimo. E’ un costo coerente, ma è ovvio che devi trovare chi è anche un po’ appassionato, perché ormai ce ne sono tanti in giro che battono cassa. E ultimamente si sta alzando un po’ troppo l’asticella. Nel femminile siamo passati dal nulla al troppo. Corridori che vincono due corse e le squadre WorldTour se le contendono per 150-200 mila euro all’anno. Sono 15 mila euro al mese, ma le ragazze sono sempre le stesse.

Monica Trinca Colonel, qui a Stoccarda, era in parola per rimanere un anno in più, invece passa alla Jayco-AlUla
Monica Trinca Colonel, qui a Stoccarda, era in parola per rimanere un anno in più, invece passa alla Jayco-AlUla
Il problema è che intanto, come fra gli uomini, svuotano il serbatoio delle squadre più piccole.

Si gestiscono così, ma non costruiscono poi molto. Adesso c’è questa sorta di cordata di Movistar e FDJ, che sembrano voler smembrare la SD Worx. Una gli ha portato via la Reusser e l’altra si è presa Vollering. Però Vollering da sola non è così infallibile, come si è visto al Tour e poi al mondiale. Mentre Reusser è una che tira e basta. E intanto pensate che SD Worx non sia lo stesso la squadra più forte? Hanno la Bredewold che è cresciuta ed è diventata un corridore vero. Continuano a vincere con Kopecky e con Wiebes. Hanno due o tre giovani che sono cresciute, come la Vas che ormai è matura e inizia a fare risultati veri. Gli altri hanno i soldi e portano via il corridore già fatto. Ma per me quello della SD Worx è un lavorare per garantirsi il futuro, l’altro è zappettare a destra e a sinistra per cercare di portarsi a casa il grosso nome. Movistar aveva Van Vleuten e poi si sono ritrovati col vuoto. Alla fine almeno l’hanno capito e hanno preso la Ferguson.

Nell’ipotesi professional, dovrai intervenire sul mercato, visto che hai un gruppo di ragazze molto giovani?

Confermo una parte di quelle che ho e poi ci sono in giro un sacco di ragazze giovani, dai 20 ai 22 anni. Ad esempio le ragazze della Ag Insurance, che sono state lasciate libere e hanno anche dei punti. L’idea comunque è quella di continuare a investire sulle giovani, perché se partiamo il progetto è di tre anni più tre. Quindi la volontà di uno degli sponsor sarebbe, se ci sarà la possibilità economica e potenziale del team, nel 2027 o 2028 provare a diventare WorldTour. A quel punto avrei un gruppo di 8-10 ragazze che adesso hanno 20-21 anni, che ne avranno 24 e inizieranno a essere mature. Saranno affiatate e pronte per il salto di qualità. Questo è il sogno che vorremmo trasformare in progetto: vediamo dove riusciamo ad arrivare.

Andrea Casagranda, 20 anni, ha messo insieme circa 55 giorni di gara, lasciando intravedere ottimi sprazzi
Andrea Casagranda, 20 anni, ha messo insieme circa 55 giorni di gara, lasciando intravedere ottimi sprazzi

Un treno che parte

Il resto è un susseguirsi di incontri con sponsor che vogliono entrare, cercando di diventare appetibili per agganciare il nome giusto. Come quello di una grossa azienda straniera, che sarebbe in ballo fra il gruppo italiano e un altro tedesco. Il marchio Be Pink cederebbe il nome a un primo sponsor ben più solido, in una struttura che Zini ha chiara davanti agli occhi e verso la quale sta navigando cercando di tenere in mano tutti i fili del discorso. Da un incontro avuto tra la Federazione e le altre continental, la sensazione è che nessuna sia avviata su questa stessa strada. Di certo il gradino è molto alto e le dinamiche sono le stesse che hanno emarginato il ciclismo italiano maschile rispetto al resto del mondo.

«Se c’è un orientamento internazionale – chiude Zini – non dico che si debba essere i primi della classe, ma nemmeno che si possa fare finta di niente. Noi ci proviamo, questo è un treno che una volta che è partito, poi diventa difficile salirci sopra».

Crescioli: «Cara UCI, quanta confusione sui mondiali U23»

03.10.2024
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Durante i giorni di Zurigo, con i mondiali in corso e tutti gli occhi puntati sullo spettacolo offerto dai vari campioni e futuri campioni, si è aperto il tema degli under 23. Sia chiaro, è un problema tutto italiano sul quale bisogna riflettere internamente prima di cercare il colpevole all’esterno. In tanti si sono lamentati sul fatto che corridori professionisti abbiano preso parte alla prova riservata agli under 23. L’oggetto del dibattito è stato il fatto che la loro presenza abbia chiuso le porte ai ragazzi delle squadre continental e di club. L’UCI ha messo mano al regolamento e dal 2025 i mondiali U23 non vedranno i corridori di formazioni WorldTour e professional. Per essere chiari non vedremo Del Toro, ma nemmeno i nostri Busatto, De Pretto e Pellizzari. L’eccezione viene fatta verso i corridori dei devo team in quanto non professionisti ma appartenenti ad una formazione continental. 

Uno dei ragazzi esclusi da Marino Amadori per il mondiale di Zurigo è Ludovico Crescioli, il quale quest’anno ha corso per la Technipes #InEmiliaRomagna. Formazione continental che gli ha permesso di correre 20 dei 58 giorni di gara con i professionisti. 

«E ci correrò ancora – racconta Crescioli – visto che sabato sarò al Lombardia U23 e la domenica alla Coppa Agostoni. Dopo la caduta all’Avenir, nel quale ho vinto la seconda tappa, mi sono rimesso in sesto e ho corso il calendario professionistico tra Toscana, Emilia Romagna e Abruzzo».

Crescioli alla Coppi e Bartali, la prima delle sue tante gare con i pro’ nel 2024
Crescioli alla Coppi e Bartali, la prima delle sue tante gare con i pro’ nel 2024

Idee poco chiare

Insieme a lui commentiamo questo cambio di regolamento. Crescioli è uno di quei ragazzi che, se dovesse passare professionista nel 2025, non potrà correre il mondiale nonostante sia ancora a tutti gli effetti U23. 

«Non fare il mondiale mi è dispiaciuto – commenta – ma mi sono trovato completamente d’accordo con Amadori. Le regole erano chiare e l’Italia si è attrezzata per competere contro corridori di prima fascia, di cui la maggior parte provenienti dal WorldTour. La decisione presa dall’UCI mi sembra strana, perché se pensiamo all’Italia ci sono ragazzi che non potranno mai fare un mondiale under 23. I corridori della Bardiani, che da juniores passano professionisti, possono correre le gare internazionali under 23 ma non il mondiale. Mi sembra un controsenso. Il mondiale under 23 deve essere fatto per accogliere i migliori ragazzi della categoria. Tanto che a Zurigo ha vinto Behrens che arriva da una formazione development». 

I mondiali U23 sono stati vinti dal tedesco Behrens, che corre in un devo team, ovvero una continental
I mondiali U23 sono stati vinti dal tedesco Behrens, che corre in un devo team, ovvero una continental

Problema di calendario

Il punto centrale del discorso non è capire se la regola imposta dall’UCI sia giusta o meno. La domanda che sorge parlando con Crescioli è: i ragazzi under 23 che militano in una continental italiana fanno un calendario adeguato al titolo della loro squadra? In Technipes il toscano ha corso in egual modo tra professionisti e under 23, facendo un calendario completo.

«Alla fine i ragazzi dei devo team – continua – fanno diverse corse con i professionisti, quindi di esperienza ne accumulano. Chi milita in una formazione di sviluppo o una continental dovrebbe avere un calendario proporzionato al titolo della squadra. Io sarei rimasto per un’inclusione totale di tutti i ragazzi under 23. Anche perché, ripeto: un corridore juniores che passa alla Bardiani non può correre il mondiale fino ai 23 anni, in teoria. Però viene a fare il Giro Next Gen. Mi sembra solo un modo per creare ancora più confusione».

Ludovico Crescioli quest’anno ha vinto una tappa all’Avenir contro corridori WT
Ludovico Crescioli quest’anno ha vinto una tappa all’Avenir contro corridori WT

Esperienza

Le voci vedono Crescioli prossimo ad un passaggio tra i professionisti nel 2025, anche se lui svia e non vuole dire ancora nulla a riguardo. Il tema però rimane. 

«Se ciò dovesse accadere – conclude – mi troverei fregato due volte. Quest’anno sono stato escluso perché c’era la possibilità di portare i professionisti, mentre l’anno prossimo potrei non partecipare in quanto uno di loro. Alla fine credo che il mondiale sia un’esperienza e che debba essere alla portata di tutti. Poi consideriamo che all’Avenir, ad esempio, possono partecipare i corridori provenienti dal WorldTour. Mi sembra tutto un modo per creare confusione. Sarebbe stato meglio che i mondiali rimanessero una competizione aperta a tutti».

Simoni e Zoltan: punti d’unione tra Italia e Ungheria

04.03.2024
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BERGAMO – L’avventura della MBH Bank-Colpack-Ballan è iniziata con le prime gare della stagione. I ragazzi di Bevilacqua si sono fatti vedere e messi in mostra, il progetto che lancerà la professional dal 2025 è appena avviato. Tra le figure entrate in squadra ci saranno anche quelle di Gilberto Simoni e Bebtó Zoltan, i due sono stati il ponte che ha unito il nuovo sponsor ungherese con la continental bergamasca.

Simoni e Zoltan al centro della foto insieme ai ragazzi della MBH Bank-Colpack-Ballan
Simoni e Zoltan al centro della foto insieme ai ragazzi della MBH Bank-Colpack-Ballan

Unione di intenti

Tra Italia e Ungheria si è così creata quella che si può definire un’unione di intenti. La voglia di MBH Bank di sponsorizzare e far crescere il ciclismo era molta, ma serviva uscire dall’Ungheria e appoggiarsi ad una struttura solida e organizzata. La scelta è ricaduta, quasi automaticamente sulla Colpack Ballan.

«Io e Simoni – dice Zoltan – siamo amici da molto tempo. Ho questo rapporto molto stretto anche con i membri della MBH Bank. Loro già sponsorizzano un team di ciclismo in Ungheria, solo che lì non ci sono staff come quelli italiani e squadre con questa organizzazione. Parlavamo di come migliorare il ciclismo nel nostro Paese, ma è difficile, mancano tante cose. Non ci sono squadre, staff, corse, corridori… Ci è venuto in mente di uscire dal Paese, così abbiamo guardato alla Colpack. Ho parlato con Antonio (Bevilacqua, ndr) e ci siamo trovati fin da subito. Il modo di programmare, la decisione che hanno, la struttura. A quel punto serviva solo il tempo per decidere le cose e farle bene. Abbiamo cinque anni per fare un grande processo di crescita».

Simoni alla partenza della Coppa San Geo 2024, la prima gara alla guida della formazione ungherese
Simoni alla Coppa San Geo 2024, la prima gara alla guida della formazione ungherese

La passione comune

La parola che più si è sentita, nelle volte in cui abbiamo avuto modo di parlare con i diretti interessati al progetto, è stata “passione”. Questo è il sentimento che deve guidare la nuova partnership, perché serve avere il coraggio di investire, ma prima di tutto lo sport è davvero tanta passione

«Sono rimasto coinvolto – dice Simoni – perché lo sponsor ungherese (MBH Bank, ndr) cercava un team italiano. L’amicizia che mi unisce con “Zoli” (Zoltan, ndr) già legata al ciclismo e alla passione a 360 gradi per la bici è stata il canale di comunicazione migliore. Mi hanno incanalato in questa unione tra Ungheria e Italia, perché la MBH Bank viene nel nostro Paese per esportare la nostra tradizione. Il ciclismo in Ungheria è piccolo ma bello, appassionato, puro e ora vuole crescere.

«Il motivo per cui si è coinvolta la Colpack – continua – è la storia, perché 30 anni di sponsorizzazione insieme a Colleoni vogliono dire passione. Credo che l’unico modo per continuare ad avere sponsor solidi è riuscire a trasmettere il bello di questo sport. I risultati non devono arrivare solamente dai ragazzi, ma passano anche dal vedere le proprie aziende avere dei risultati economici e di immagine. E’ sempre passione, ma con interesse, che è quello che muove il professionismo e il mondo dell’economia».

La MBH Bank diventerà un team professional dal 2025 (foto NB Srl)
La MBH Bank diventerà un team professional dal 2025 (foto NB Srl)

I giovani

La voglia di crescere si è vista fin da subito, i ragazzi sono stati coinvolti e resi partecipi. Non sono mancati già i primi innesti dall’Ungheria, come il campione nazionale under 23 in carica. Ma, il progetto parte anche da più lontano, la durata di cinque anni impone una profondità di pensiero maggiore. 

«Io voglio occuparmi dei giovani – spiega Simoni – in Italia li abbiamo, mentre in Ungheria sono da scoprire. Loro vogliono far crescere il ciclismo giovanile e sarebbe bello trovare qualche ragazzo valido. L’Ungheria vuole imparare il modello italiano e perché no, anche migliorarlo. Cosa che fa bene anche a noi, di riflesso

«Ci saranno dei ragazzi ungheresi – conclude il discorso – juniores e allievi, che verranno a fare delle corse in Italia. Già si sta allargando il progetto, la voglia è quella di fare un salto in su, tra le professional, senza abbandonare i ragazzi. Farli crescere in casa, sì, ma penso che ci sia bisogno della competizione, quindi cercheremo anche dei ragazzi da fuori. La spinta per migliorare deve riguardare tutti quanti».

Nasce la MBH Bank-Colpack-Ballan, professional dal 2025

14.02.2024
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BERGAMO – La struttura del Life Source e i suoi salotti interni accolgono la nuova MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb. La novità del 2024 è l’ingresso nel team continental bergamasco, come sponsor principale, dell’istituto bancario ungherese. Le voci riguardo questa novità circolavano da mesi, ma sono diventate ufficiali solamente qualche settimana fa. Ora che tutto è stato portato a buon termine, gli animi sono sereni, distesi. Non solo quelli dei dirigenti del team, ma anche di chi ci lavora: «Tutto era previsto e programmato – ci ha detto prima della presentazione uno dei meccanici – il progetto c’era, ma tutto diventa concreto al primo bonifico».

In un mondo, quello dello sport, dove i soldi e gli sponsor sono sempre più importanti, questo scetticismo era quasi obbligatorio. Poi tutto è andato per il verso giusto e oggi, poco fuori Bergamo, è andata in scena quella che si potrebbe definire una festa. Tanti volti, tutti coinvolti e sorridenti, il caldo fa pensare alla primavera, ma alle prime gare manca ancora più di una settimana. 

Al centro Gabor Deak, presidente di MBH Bank, alla destra Gilberto Simoni, uno dei fautori del progetto
Al centro Gabor Deak, presidente di MBH Bank, alla destra Gilberto Simoni, uno dei fautori del progetto

Il vecchio e il nuovo

In quella che è stata, fino al 31 dicembre 2023, la Colpack-Ballan-Csb, si è sempre distinta una forte impronta bergamasca. Lo storico team continental ha fatto da tramite tra il territorio e lo sport. Ma il mondo del ciclismo cresce, si evolve, ed ora è diventato un fenomeno mondiale. I pedali raccolgono interessi e consensi, anche in Paesi con una tradizione meno forte: come l’Ungheria.

La presentazione del nuovo progetto passa dalle parole e dalle emozioni di chi ha vissuto e fatto diventare grande questa squadra. Il primo a parlare è stato Beppe Colleoni, compagno di Antonio Bevilacqua in ammiraglia per 25 anni. E’ proprio l’azienda di Colleoni, la Colpack, che è stata il principale sponsor del team per anni. Ora questo ruolo viene meno, ma toccherà a loro far innamorare del ciclismo i nuovi arrivati. Trasmettendo passione e tradizione, senza aver paura di aprirsi alle novità.

I ragazzi del team MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb sono appena stati in ritiro a Calpe (foto NB Srl)
I ragazzi del team MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb sono appena stati in ritiro a Calpe (foto NB Srl)

La visione di Bevilacqua

Il ruolo di team manager spetterà, come successo fino ad adesso, ad Antonio Bevilacqua. Con lui presentiamo l’idea e lo spunto che ha fatto nascere la nuova MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb.

«E’ una strada lanciata – spiega – con un progetto di cinque anni. Il passo più importante sarà la creazione del team professional a partire dal 2025. Il mondo del ciclismo è cambiato, le squadre WorldTour con i loro devo team fanno sempre più gola ai ragazzi. Era diventato difficile per noi risultare appetibili e competitivi. Vogliamo tenere il focus sempre sui giovani, perché è l’impronta del team e lo è sempre stata, ma serve un cambio di marcia. Lavoreremo in sinergia con l’Ungheria, tramite il nostro staff seguiremo dei team di ragazzi allievi e juniores. Proprio con quest’ultimi abbiamo già pianificato delle trasferte in Italia: saremo al Giro del Veneto, Giro del Friuli e Giro della Lunigiana».

La voce degli sponsor

Colleoni e Bevilacqua scherzano su questi 25 anni di matrimonio, festeggiati, caso vuole, proprio il giorno di San Valentino. La Colpack ha dato tanto al ciclismo e per continuare a farlo ha avuto bisogno di allargare i propri confini. All’interno della sala, circondata da vetrate lucide, hanno preso parola tutti gli sponsor. Ha iniziato Beppe Colleoni con la sua Colpack, tra lacrime e un video che ha fatto commuovere tutti i presenti. Forse, in quei quattro minuti, sono raccolte tutte le motivazioni che spingono un’azienda ad entrare nel ciclismo. Sarebbe bello fosse a disposizione di tutti. 

Si sono poi aggiunte le voci di Alessandro Ballan, CEO dell’omonima azienda, e di Renato D’Aprile, direttore commerciale di Csb. Dalle loro parole si è capito come il ciclismo possa essere un veicolo di emozioni e di economia. Un modo per far conoscere la propria azienda. «L’obiettivo – ha dichiarato Alessandro Ballan, imprenditore padovano – è sempre stato quello di fare il salto nel professionismo. Siamo contenti di far parte di questa nuova avventura e speriamo che la nuova partnership ci possa aiutare a far circolare ancor di più il nostro nome nel mondo del ciclismo».

Matteo Bianchi, fresco campione europeo del chilometro da fermo ha donato la maglia a Beppe Colleoni
Matteo Bianchi, fresco campione europeo del chilometro da fermo ha donato la maglia a Beppe Colleoni

I progetti di MBH Bank

E’ poi è toccato ai nuovi arrivati presentarsi, e lo hanno fatto attraverso le parole di Gabor Deak presidente di MBH Bank.

«Siamo orgogliosi e onorati di essere qui – ha detto – MBH Bank è una realtà nata da poco, dalla fusione di tre istituti bancari ungheresi. Siamo la seconda banca del nostro Paese e ci consideriamo giovani, dinamici e ambiziosi. Tutti valori che fanno parte del mondo dello sport, con il quale già collaboriamo. Abbiamo una partnership con la squadra olimpica e con diverse realtà del mondo del calcio. Ora alla nostra avventura aggiungiamo anche il ciclismo, con la speranza di far crescere il nostro movimento e di portarlo ad un livello superiore. La Colpack-Ballan-Csb ci è sembrata la realtà giusta sulla quale investire. Il progetto è a lungo termine e prevede tanti passi, oggi è stato fatto il primo».

Basso a ruota libera: i giovani, la Eolo, il ciclismo italiano

21.07.2023
5 min
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BORMIO – A due passi dal centro storico, in piazza Kuerc, appena finita la presentazione della sua Eolo-Kometa, Ivan Basso è stato preso d’assalto dai tifosi. Un amore che non è mai terminato nei confronti di chi il ciclismo lo ha onorato fino in fondo, sia quando era sui pedali, sia ora alla guida di una squadra. Nel ritiro di due settimane a Bormio, la Eolo-Kometa si è presentata con una ventina di corridori. Il Tour de France tiene banco e per la professional di Basso e Contador non è facile gestire questo periodo, inghiottito dalla Grande Boucle. 

Abbiamo incontrato Basso a Bormio, dopo la presentazione della Eolo-Kometa
Abbiamo incontrato Basso a Bormio, dopo la presentazione della Eolo-Kometa

Il tema dei giovani

Da una recente intervista a Giuseppe Martinelli siamo tornati a parlare dei giovani con la valigia in mano. Ivan Basso ha una squadra giovanile, legata alla professional, la quale ogni anno deve combattere con l’attrazione e le opportunità concesse dai devo team delle squadre WorldTour. I giovani migliori se ne vanno all’estero in cerca di occasioni più appetitose, ma qualcuno qua rimane. 

«Non ho dubbi nel pensarla allo stesso modo di “Martino” – attacca Basso – lui è un profondo conoscitore del ciclismo. Ha visto generazioni su generazioni di corridori. Partiamo da un esempio: il campione juniores Gualdi l’anno prossimo sarà alla Circus-ReUz, devo team della Intermarché. Bellissima squadra, ma è chiaro che dall’altro punto di vista, ovvero il nostro, ho notato una mancanza di presa di considerazione.

«I ragazzi non pensano nemmeno che ci sia questa opportunità, l’atleta ci pensa solamente se ha un’influenza esterna, come può essere quella del diesse di riferimento da junior o il procuratore, i quali credono più negli uomini che nei progetti. Il fatto che gli juniores italiani più forti non abbiano nemmeno preso in considerazione di venire a correre da noi è un dato di fatto. Del quale è opportuno tenere conto».

Qualcuno c’è

Il materiale umano sul quale lavorare c’è, anche nelle squadre professional italiane. Per la Eolo-Kometa basta pensare a Piganzoli e Tercero, due corridori cresciuti nel team under 23 e poi passati alla professional.

«Tercero e Piganzoli – continua Basso – sono due esempi di corridori che hanno intrapreso un cammino di crescita con noi e lo stanno continuando. Lo fanno attraverso degli step ed è giusto, a mio modo di vedere, aspettare che il loro talento fiorisca del tutto. Nel team under 23 (la Fundacion Alberto Contador, ndr) abbiamo altri ragazzi che crescono. Tommaso Bessega ha vinto l’ultima tappa della Vuelta Ciclista a Zamora. Alleva e Bagnara stanno crescendo e vanno sempre più forte. Quella dei Bessega (classe 2004, ndr) è stata l’ultima a credere nel nostro progetto.

«Allora mi viene da fare un esame di coscienza e mi chiedo: “Siamo capaci o no di fare il nostro lavoro?”. Io credo di sì. Per noi la categoria under 23 è funzionale a portarli in prima squadra a tempo debito. Se avete letto il mio allarme degli ultimi mesi – riprende – dobbiamo essere noi a convincere i ragazzi della bontà del nostro progetto. Sto lavorando affinché questo trend cambi».

Basta aspettare

Ivan Basso parla ed attira la nostra attenzione, la sua bravura è farti immaginare quello che ha in mente. La Eolo-Kometa esiste da pochi anni e solamente da tre fa parte del circuito professional. Manca nei ragazzi, o chi per loro, la consapevolezza che questo progetto esiste e funziona. Più esperienza sarà messa alle spalle maggiore sarà la solidità mostrata all’esterno.

«Non posso criticare – dice Basso – chi va in altre realtà, devo preoccuparmi di portare la mia il più in alto possibile. Bisogna fare autocritica, ovvero cercare di capire dove si sbaglia, o cosa può essere fatto meglio».

Il tema dell’assenza di una squadra WorldTour italiana è al centro di tante interviste e di critiche rivolte al nostro movimento. A questa domanda Basso parte diretto, senza pensarci due volte, con la stessa determinazione di quando scattava in salita.

«Sono in completo disaccordo – afferma – in Italia ci dobbiamo preoccupare che stanno sparendo anche le squadre professional, non che manchi la WorldTour. Le squadre come la nostra devono lottare per sopravvivere. A budget siamo a livello più basso in Europa, iniziamo a pensare di fare un team professional che si piazzi tra le prime tre d’Europa per investimenti. Per passare da una professional come la nostra ad una delle migliori al mondo devo raddoppiare il budget».

Ivan Basso già durante il Giro d’Italia aveva sollevato il problema degli investimenti nel ciclismo
Ivan Basso già durante il Giro d’Italia aveva sollevato il problema degli investimenti nel ciclismo

Investimento

La parola chiave del discorso di Basso è proprio questa: investimento. Bisogna crescere un passo alla volta e il varesino ritiene che la Eolo abbia dimostrato di avere un’identità importante e continuerà a crescere.

«Se mi si chiede in quanto tempo – dice – non lo posso sapere. In Italia manca il supporto alle squadre professional esistenti, che possano andare nella parte alta della classifica. Con supporto intendo che dobbiamo essere più bravi a convincere gli sponsor ad investire (è di ieri la notizia che accanto al suo team è approdato un nome importante come Polti, ndr). Se ho più soldi prendo corridori migliori, ottengo più risultati, e il ritorno d’immagine aumenta. Non vinco una tappa al Giro ogni due anni, magari ne vinco due all’anno. Ma soprattutto, al posto di tenere i corridori fermi, a luglio, li portiamo a correre. Oppure al posto che fare due ritiri al Teide ne fai quattro o cinque. Qui a Bormio vieni tre o quattro volte all’anno. I margini per crescere ci sono, bisogna avere anche il coraggio di investire».

Professional e WT divario enorme. Riflessioni con Frassi

18.03.2023
4 min
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La Tirreno-Adriatico ha sottolineato ancora una volta la distanza siderale fra le squadre WorldTour e le professional. Non solo le classifiche parlano chiaro, ma anche l’andamento delle corse. Quando si entra nel vivo della gara e squadroni come la Jumbo-Visma o la Soudal-Quick Step aprono il gas è davvero raro vedere un corridore di una professional nel drappello di testa.

Sia chiaro, non stiamo muovendo critiche a nessuno, anzi… Da italiani ci dispiace che le “nostre” squadre (che non sono WT) facciano fatica. Semmai vogliamo fare un’analisi in prospettiva.

Come si farà quando arriveranno le tappe più dure del Giro d’Italia? Cosa potrebbe accadere se in una tappa appenninica la corsa si accendesse sin dalle prime battute? Il rischio del tempo massimo sarebbe concreto?

Francesco Frassi è il direttore sportivo del Team Corratec
Francesco Frassi è il direttore sportivo del Team Corratec

Una foto che parla

Ne abbiamo parlato con Francesco Frassi, direttore sportivo del Team Corratec. E ne abbiamo parlato con lui prendendo spunto da una situazione che si è verificata nella frazione di Osimo, la tappa dei muri. Una situazione che riguardava giusto il suo team.

A un paio di tornate dalla fine c’erano quattro corridori della Corratec tutti insieme, da soli (in apertura foto Instagram) e dietro altri quattro Corratec in un gruppetto più folto. Questa situazione ci ha fatto riflettere. E ci ha portato da Frassi.

«Quella foto – spiega il diesse toscano – ritrae un momento particolare. Si è verificata una situazione in cui qualcuno dei nostri era più avanti, qualcuno era più indietro e si sono trovati raggruppati insieme. E’ vero, il divario è ampio, ma noi siamo tranquilli per il Giro. 

«Si sa che con la qualità che c’era alla Tirreno ottenere un risultato era difficile. Noi quel giorno volevamo prendere la fuga e ci siamo anche riusciti con Valerio Conti e Alex Konychev, poi lui si è staccato sotto le “trenate” di Van der Poel. Da parte mia posso dire, per esempio, che Conti inizia a stare bene. Si è mosso un paio di volte. Ad Osimo una volta ripresa la fuga, ha preferito aspettare il gruppetto dietro».

Segnali positivi: Gandin ha indossato la maglia verde. La Green Project, invece, tutto sommato si è difesa bene nella classifica a squadre
Gandin ha indossato la maglia verde. La Green Project, invece, si è difesa bene nella classifica a squadre

Un super allenamento

In ogni caso da una situazione così, le professional possono trarre dei dati preziosi per capire quanto e dove andare a lavorare. In cosa possono migliorare. Il bicchiere va guardato assolutamente mezzo pieno.

«Come detto – prosegue Frassi – c’è un divario grandissimo, ma ho visto anche tante squadre WorldTour soffrire. Noi abbiamo fatto un programma per cui i ragazzi non erano al 100% per questa gara. Sono tutti in crescendo di condizione. Sono convinto che arriveremo al Giro al meglio e ognuno potrà fare la sua figura.

«Abbiamo avuto momenti di difficoltà, ma non siamo stati i soli. Ho visto anche corridori di squadre più grandi o di una professional come la TotalEnergies con delle crisi importanti. Corridori che si sono ritrovati da soli col fine gara dietro.

«Noi almeno nelle fughe abbiamo provato ad entrarci. E quando poi la fuga non andava, abbiamo preferito fare il gruppetto per arrivare alla fine della settimana con l’obiettivo di portare a casa un lavoro che ci permette di crescere e di trovare la condizione ottimale per le prossime gare. Penso alla Per Sempre Alfredo, alla Coppi e Bartali, al Giro di Sicilia».

Steff Cras ad Osimo è arrivato ultimo ad oltre 5′ dal penultimo. In coda molti atleti anche di Jayco e Astana (foto @Agencezoom)
Steff Cras ad Osimo è arrivato ultimo ad oltre 5′ dal penultimo. In coda molti atleti anche di Jayco e Astana (foto @Agencezoom)

Non solo professional

Frassi dice che anche altre squadre più blasonate hanno faticato ed è vero. TotalEnergies, ma anche Astana Qazaqstan e Jayco-Alula (terzultima e penultima nella classifica a squadre) non se la sono vista bene, a fronte di budget ben maggiori. Anche Roberto Reverberi ci aveva fatto notare questa cosa in una battuta al via di San Benedetto. Ma quattro corridori tutti assieme e da soli fanno pensare che il livello atletico sia quello. C’è da rifletterci.

«Noi – dice Frassi – interpretiamo la gara secondo una nostra ottica. In questo caso cercando la fuga e vedendo la corsa nel suo insieme come un super allenamento di sette giorni.

«Una partenza come quella di Osimo ti trasforma la gamba e per noi è buono essere stati davanti in quel momento. Entrare in quella fuga non era facile e questo conta molto per noi. Alla Coppi e Bartali non ci saranno 18 WorldTour, ma nove e magari qualcosa potrà cambiare».

«E poi c’è un altro aspetto che mi piace sottolineare. E’ in queste situazioni che si conoscono davvero gli atleti, che si fa gruppo. In ritiro, il corridore ha un determinato carattere perché c’è più tranquillità, ma è con le difficoltà e lo stress della corsa che lo conosci davvero. E dal mio gruppo ho avuto dei buoni feedback.

«Tutto ciò ci serve per capire dove migliorare, su chi si può fare leva per ottenere di più e ottenere indicazioni sul piano atletico».

Carboni “inviato speciale” tra le fila della Kern Pharma

07.03.2023
6 min
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Giovanni Carboni è ripartito, già da settembre della scorsa stagione, dalla Kern Pharma, team professional spagnolo. Il corridore di Fano aveva trovato continuità in vista del 2023, pronto a ripartire. Non tutto però è andato nel verso giusto, Carboni dopo le prime gare tra Spagna e Oman, si trova in questi giorni sul Teide

Il calendario di Carboni è iniziato con la Valenciana, poi Tour of Oman e Gran Camino, tanti chilometri per crescere di condizione
Carboni ha iniziato con la Valenciana, poi Tour of Oman e Gran Camino, tanti chilometri per crescere di condizione

L’incidente

L’obiettivo era lavorare con la squadra in vista dei prossimi impegni, gli allenamenti però sono stati interrotti da un macchina, che nel parcheggio dell’hotel in cima al vulcano ha deciso di mandare a terra il povero Carboni.

«Per entrare nell’hotel c’è una strada secondaria – racconta – con dei parcheggi a sinistra. La vettura in questione si è fermata ed io ho pensato che stesse per svoltare a sinistra ed entrare nei parcheggi, così sono passato a destra. Il passeggero ha aperto inavvertitamente la portiera e io nell’evitarla sono finito a terra. Mi sono fatto una “bella” notte in ospedale venerdì, i medici pensavano mi fossi rotto la rotula, per fortuna si tratta solamente di un ematoma. In compenso mi sono ritrovato con sette punti in volto, non ho capito bene in che modo me li sono procurati.

«Il ginocchio sta meglio – prosegue – oggi (lunedì, ndr) il fisioterapista mi ha detto che possiamo iniziare con un po’ di riabilitazione. Meglio perché non mi sono rotto nulla, ma sicuramente una settimana di allenamento la perderò. Non il modo migliore per iniziare, anzi proseguire la stagione. Anche perché nel frattempo, in ospedale, mi sono preso un virus gastrointestinale. Dovevo rimanere in ritiro con la squadra fino al 17 marzo e dal 19 avrei ripreso a correre con focus sui Paesi Baschi e sul Tour of the Alps».

Arrivato sul Teide venerdì per allenarsi in vista dei prossimi impegni, il giorno stesso l’incidente che lo ha rallentato (foto Instagram)
Arrivato sul Teide venerdì per allenarsi in vista dei prossimi impegni, il giorno stesso l’incidente che lo ha rallentato (foto Instagram)

La nuova squadra

Nonostante questo non sia un momento propriamente roseo, parliamo volentieri con Carboni. L’intento è quello di sbirciare all’interno della professional spagnola. Un mondo che abbiamo avuto poche opportunità di vedere da dentro, il marchigiano sarà il nostro “infiltrato”. 

«Mi sono buttato in questa avventura – dice Carboniho trovato un ambiente piccolo, ma di grande umanità. E’ un team con una mentalità buona e con tanta professionalità. Mi trovo bene qui soprattutto per questo, capiscono il corridore e si lavora su tutti gli aspetti: dalla preparazione ai materiali. Le bici Giant sono le stesse usate dalla Jayco-AlUla, chiaramente il team WorldTour ha la priorità nella fornitura dei materiali ,ma a noi non manca nulla».

Il marchigiano è approdato alla Kern Pharma nel settembre del 2022
Il marchigiano è approdato alla Kern Pharma nel settembre del 2022

Culture simili

Spagna e Italia sono caratterizzate da culture e tratti sociali, simili. Le differenze, come logico che sia, ci sono e con Carboni proviamo ad addentrarci in queste.

«Come ambiente mi sembra davvero similare all’Italia su molti aspetti – parla Carboni – ci sono ovviamente delle differenze. Devi essere, in primo luogo, pronto ad imparare la lingua. Io ho iniziato a studiare spagnolo per capire meglio i compagni e tutto lo staff. Serve per entrare meglio nei meccanismi perché a volte rischi di rimanere fuori dai legami. Anche se gli spagnoli, per indole, sono molto inclusivi. All’interno dell’ambiente squadra non c’è stress, si guarda più alla prestazione che al risultato. In gara, non si corre con l’eccessiva foga che a volte ho trovato in Italia, si ha più testa.

«Sono stato molto in Spagna in questi primi mesi, più per esigenza del team, visto il calendario. Dopo il debutto alla Valenciana avevamo solo pochi giorni prima di partire per l’Oman, così sono rimasto lì. Allo stesso modo, prima di iniziare il Gran Camino ho alloggiato a Pamplona, dove c’è la sede del team. In Spagna ho notato una grande cultura della bici e più rispetto per il ciclista rispetto all’Italia. Il clima è simile a quello di casa, forse leggermente più caldo».

Calendario

Carboni, nonostante il momentaneo stop, ha corso molto in questo inizio di stagione. La Kern Pharma ha preso parte a molte corse, sia di prima che di seconda fascia. Un calendario pieno nonostante sia una professional.

«Personalmente – riprende – ho svolto solo gare a tappe, mi servivano per alzare i giri del motore in vista delle prossime. Anche se questo stop un po’ rimescolerà le carte in tavola, spero di riuscire a partecipare comunque a Paesi Baschi e Tour of the Alps. Nonostante la Kern Pharma sia una professional, ha comunque una buona programmazione, poi chiaramente ci sono delle corse alle quali dovremo attendere l’ufficialità dell’invito.

«La squadra però ha una grande considerazione, non solo in Spagna. ASO la vede di buon occhio ed è spesso invitata alle corse francesi, grazie a questo nella prima parte di stagione abbiamo fatto costantemente doppia attività. In più, come detto prima questo bel rapporto con ASO ci permette di prendere parte anche a gare importanti nelle Ardenne. Siccome la Kern Pharma è uno dei migliori team spagnoli, siamo sempre in lizza per partecipare alla Vuelta».

Carboni (secondo da sinistra) è l’unico italiano del team, si è messo a studiare lo spagnolo per entrare meglio nei meccanismi
Carboni (secondo da sinistra) è l’unico italiano del team, sta studiando lo spagnolo per interagire meglio con compagni e staff

Sponsor e team

I dettagli differiscono non poco da quello che siamo abituati a vedere, le parole di Carboni ce lo confermano. Tutto ciò passa anche dall’atteggiamento dei manager e dello sponsor stesso. 

«L’organizzazione è elevata – replica Carboni – ma non si guarda solo allo sport, ma anche alla persona. L’opinione del corridore viene presa in considerazione ed ha un peso. Ogni decisione è condivisa, un dettaglio fondamentale nel ciclismo, ma anche nello sport in generale. Negli ultimi anni lo stress è aumentato tanto, bisogna avere il piacere di fare determinate cose. Altrimenti, come si è visto, si fa sempre più fatica a fare il corridore.

Un esempio, da questo punto di vista, arriva dallo sponsor stesso: Kern Pharma. La prima volta che ho conosciuto l’amministratore delegato dell’azienda, nel presentare il nuovo anno ha voluto specificare che la prestazione conta, ma fino ad un certo punto. La sua vittoria sarebbe quella di vederci di nuovo tutti a gennaio 2024, questo vorrebbe dire che tutti si è stati validi, seri e si è fatto un anno all’altezza. Uno sponsor che parla in questi termini e non esclusivamente di vittoria mi ha sorpreso, in Italia non ero abituato di certo in questo modo. Da noi si parla solo di vincere, qui no e anche per questo sono contento della mia scelta».

Per il Team Corratec c’è il design di Veloplus

19.01.2023
4 min
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Per il secondo anno consecutivo sarà Veloplus a realizzare la divisa del Team Corratec. Ricordiamo che la formazione di matrice toscana al termine della sua prima stagione nella categoria continental ha fatto un ulteriore passo in avanti nel suo processo di crescita ottenendo per il 2023 la licenza professional.

Quella con il Team Corratec rappresenta per Veloplus una partnership di assoluto prestigio. Per farci raccontare qualcosa sulla nuova divisa abbiamo deciso di incontrare Matteo Spreafico, punto di riferimento nell’azienda di famiglia. Matteo ha curato personalmente il design della nuova divisa ed è quindi la “guida” perfetta per farci scoprire le novità per la stagione 2023.

Tutti i capi del Team Corratec saranno firmati da Veloplus
Tutti i capi del Team Corratec saranno firmati da Veloplus
Quest’anno che obiettivi vi siete dati nel creare la nuova divisa?

Per prima cosa volevamo creare una divisa che creasse tendenza, ma soprattutto che riassumesse al meglio la “filosofia” Veloplus: materiali innovativi per garantire il massimo della performance e un design estremamente pulito. Come azienda facciamo sempre molta ricerca, cercando di anticipare quelle che saranno le tendenze future in termini di colori e materiali. Nel fare tutto ciò seguiamo un percorso stilistico ben preciso. Quando abbiamo iniziato a ideare la maglia del Team Corratec, ci siamo chiesti per quale motivo l’abbigliamento da ciclismo non potesse essere anche elegante, come lo è in altri sport. Siamo partiti da questa domanda. Il nostro obiettivo era quello di portare un po’ di moda nel mondo del ciclismo e credo ci siamo riusciti.

Partiamo dalla maglia. Lo scorso anno ha colpito subito per il suo colore davvero singolare. Che cosa possiamo dire al riguardo?

Per il 2023 il colore rimane invariato. Anche quest’anno la maglia sarà infatti di color vinaccia, spesso chiamato anche color Borgogna. Come il nome stesso fa intuire, si ispira al rosso intenso tipico del vino. E’ un colore che ci piace, che si fa notare in gruppo e siamo sicuri che sarà a breve un colore di tendenza…anzi, lo è già.

Dal punto di vista tecnico, che novità ci sono?

Siamo di fronte ad un capo estremamente performante e dalla vestibilità ultra-fit. La maglia è leggerissima, con un peso finale di 110 grammi. La parte anteriore è composta da un tessuto dalla mano morbida e piacevole sulla pelle. La chiusura è garantita da una zip nascosta da soffietto che assicura continuità grafica. La parte posteriore invece si caratterizza per un tessuto microforato capace di consentire il ricircolo dell’aria e una conseguente miglior traspirazione. La manica a giro è realizzata in tessuto a taglio vivo rigato per essere più areodinamica, aderente e naturalmente confortevole. Il collo basso è perfettamente anatomico e segue la posizione ergonomica dell’atleta in bici evitando che si possano creare fastidiose pieghe.

A livello di grafica le maggiori novità sembrano riguardare il pantaloncino.

Esatto. La scorsa stagione era di colore nero. Da quest’anno è di colore verde acqua, ed è molto simile al color Tiffany. Si tratta di un colore che ha trovato la sua massima popolarità negli anni Cinquanta, specialmente nel settore della moda. E’ un colore fresco che richiama la natura con le sue particolari sfumature raffinate. Nella parte finale del pantaloncino è inoltre prevista una fascia composta da più colori sfumati che richiamano la stessa fascia presente sulla maglia. Il risultato finale del kit completo è decisamente armonioso.

Passando al rapporto con il team, come vi siete mossi a livello di definizione delle taglie?

Abbiamo avuto un primo incontro conoscitivo con la squadra che è servito per prendere le misure, soprattutto per quel che riguarda i nuovi arrivati. Al momento della consegna del primo lotto di materiale ne abbiamo approfittato per fare quei piccoli aggiustamenti, ove necessari, affinché ogni atleta del team possa avere la sua divisa su misura. Questo incontro ci è anche servito per parametrarci sul numero di kit da realizzare per ogni singola taglia. Al momento ci stiamo già concentrando su una nuova divisa estremamente leggera e traspirante che sarà presentata prima dell’estate e di cui avremo sicuramente occasione per parlarne.

Veloplus

Gandin e la promozione (meritata) tra i pro’

25.11.2022
4 min
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Stefano Gandin ha già iniziato a preparare la seconda stagione in maglia Corratec. La differenza rispetto allo scorso anno è che dal 2023 la sua squadra sarà professional e il prolungamento di contratto per il ragazzo veneto significa professionismo. Un traguardo raggiunto dall’interno, ma non per questo meno prestigioso e sudato. La stagione scorsa non è finita nel migliore dei modi, ma ora è tempo di guardare avanti.

«Sono caduto ad agosto – esordisce Gandin al telefono – e mi sono fermato per qualche mese. Ho iniziato un po’ prima per lavorare qualche settimana in più e recuperare il tempo perduto. Ma tra lo stop di due mesi, la palestra e il riprendere la bici, mi si è leggermente infiammato il ginocchio. Ho deciso di fermarmi e non rischiare nulla».

Gandin si è messo in luce al Giro di Sicilia conquistando la maglia dei gpm
Gandin si è messo in luce al Giro di Sicilia conquistando la maglia dei gpm
Anche perché questa stagione sarà un po’ più importante…

Sì, già a gennaio ero partito con l’obiettivo di ottenere risultati e la Corratec mi ha dato questa occasione. Ripartirò dalla stessa squadra, ma da un altro mondo e un’altra qualità di corse. 

Quando hai capito che saresti rimasto?

Si sapeva fin dall’inizio che la Corratec aveva l’ambizione di fare la professional, questo mi ha dato tanta motivazione per impegnarmi al massimo. Durante l’anno ho tenuto spesso dei colloqui, sia con Frassi che con Parsani e mi hanno sempre tranquillizzato sulla mia permanenza nel team. 

Avevi già in mente di passare con la Corratec?

Un po’ sì, ma nel mondo del ciclismo fino a quando non firmi non puoi essere sicuro. Ho firmato a inizio ottobre, sono stato tra i  primi dieci contratti presentati non appena la squadra ha ottenuto la licenza come professional.

Al Sibiu Tour 2022, Gandin conquista così l’ultima tappa (foto Focus Photo Agency)
Al Sibiu Tour 2022, Gandin conquista così l’ultima tappa (foto Focus Photo Agency)
Diventi pro’ a 26 anni, che effetto fa?

Passo a questa età e una cosa vuol dire: non ho mai mollato, conservando sempre la speranza di diventare professionista. Rispetto al mondo di ora, dove anche gli junior passano subito, è strano ma non è detto che non possa andare bene. Quando ero dilettante c’era Fiorelli che è passato tardi, ma ora va forte ed ha appena fatto una bella stagione. Anche Lucca è passato professionista quest’anno, ce lo meritiamo. Se uno merita, è giusto che gli sia concessa l’occasione. 

Diventare professionista con la stessa squadra che ti ha accompagnato per un anno è un vantaggio?

Sicuramente conosco parte dello staff e dei direttori sportivi. I corridori un po’ cambieranno, rispetto al 2022 siamo rimasti in 5, questo vuol dire avere 15-16 compagni nuovi. Punteremo molto sui velocisti. D’altronde in una squadra che mira ai piazzamenti e alle fughe o comunque a cogliere sempre l’occasione, servono corridori così, non da classifica. 

Nel 2022 hai corso molto all’estero e fatto tante corse a tappe…

Era il primo anno che facevo corse a tappe con continuità, già da inizio stagione mi sentivo bene e sicuramente più passano i giorni più sto meglio. Mi piacciono molto come tipologia di gare, non da fare classifica, ma per cercare qualche vittoria di tappa.

Le corse a tappa sono il palcoscenico perfetto per Gandin e la sua indole da cacciatore di tappe (foto Anderson Bonilla)
Le corse a tappa sono il palcoscenico perfetto per Gandin (foto Anderson Bonilla)
Anche perché da elite non ce ne sono molte in Italia…

No, quando sei under 23 nei hai solo 3-4 durante l’anno, e una volta che sei elite scarseggiano. E poi per migliorare serve continuità, da gennaio ad ora ho imparato molto mettendomi alla prova in queste corse. Capisci cosa vuol dire lavorare per obiettivi o risparmiare energie, salvare la gamba, gestirti… Nella mia carriera sono sempre stato molto costante tutto l’anno, ma senza mai trovare il picco di forma. Nel 2022, invece, ne ho trovati 2 o 3 e infatti ho ottenuto qualche vittoria (oltre alla vittoria al Sibiu Tour, sono venute due tappe alla Vuelta a Venezuela, ndr) e dei bei risultati.

La prima cosa che hai pensato firmando il contratto?

Le persone che mi sono state vicine. All’impegno loro e mio, il supporto di chi mi vuole bene è stato fondamentale. Non è facile a 25 anni non avere un’indipendenza economica o non avere certezze nel futuro. Avere delle persone accanto che ti tranquillizzano è importante. Una volta ringraziati, però, l’attenzione va al futuro, perché nei professionisti bisogna restarci