Search

Miche Attiva, il power meter preciso e affidabile

14.11.2022
4 min
Salva

Un power meter in grado di valorizzare ogni watt espresso. L’unione di intenti tra Miche e SRM e la condivisione delle rispettive competenze ha dato alla luce Attiva, un nuovo misuratore di potenza. Un prodotto che sfrutta le ultime tecnologie in campo meccanico ed elettronico per metterle al servizio dell’utente, dalla pista alla strada. Tra i suoi pregi c’è una tangibile precisione data dall’esperienza di SRM combinata all’affidabilità delle componenti offerta da Miche. 

Attiva è il misuratore di potenza scelto dai pro’ in pista e su strada
Attiva è il misuratore di potenza scelto dai pro’ in pista e su strada

Accurato e flessibile

Attiva è un prodotto ai vertici della categoria sia per l’accuratezza nel rilevamento dei dati, caratteristica che ne ha fatto da anni il power meter di riferimento utilizzato dagli atleti professionisti, sia per la flessibilità di configurazione che per la compatibilità con i vari modelli di telaio. La potenza espressa dall’atleta è rilevata con una precisone del +/-1 % di errore. I valori rilevati vengono trasmessi all’unita di controllo con il protocollo standard ANT +, il che rende il sistema compatibile con la maggior parte dei ciclo computer presenti sul mercato.

Questo power meter ha il perno in acciaio trattato ed è compatibile con qualsiasi movimento centrale da 24 mm di diametro. Utilizzando i movimenti con adattatore Miche serie BB 86 è possibile montarlo su telai con scatola movimento a standard BB 30.

Compatibilità esaustiva

Il power meter è proposto in varie combinazioni di ingranaggi: 34-50, 36-52, 39-53. In particolare, sono modelli Miche serie UTG 6800 costruiti in allumino 7075 e disponibili in un ampia serie di opzioni. Le corone possono essere facilmente sostituite in base alle scelte dell’utilizzatore offrendo un’ulteriore possibilità di personalizzazione selezionando dal catalogo Miche fra le varie misure di dentature disponibili. Qualora si decidesse di configurare il misuratore con altre misure disponibili sul catalogo non sarà necessario effettuare alcuna taratura correttiva del power meter, opzione che garantisce la massima flessibilità di utilizzo dello strumento garantendo al contempo sempre la massima accuratezza dei dati rilevati.

Per quanto riguarda la corona grande è disponibile nelle misure 42/44/46/48/50/52/53 mentre quella piccola è disponibile nelle misure 34/36/38/39/42. La compatibilità è con le trasmissioni a 10 e 11 velocità Shimano e Sram. Anche le pedivelle in alluminio forgiato vengono proposte in diverse lunghezze per la massima personalizzazione del prodotto, le opzioni disponibili sono: 160 mm, 165 mm, 170 mm , 172,5 mm e 175 mm.

Batteria e peso

La batteria dell’Attiva è un altro dei punti forti di questo dispositivo. In particolare è di tipo al litio, ricaricabile tramite il cavetto USB fornito in dotazione. La durata della singola ricarica è di circa 100 ore di utilizzo ed il livello di carica è possibile consultarlo sull’unita di controllo se la stessa ne prevede la funzione.

Il peso del power meter Attiva in configurazione 34-50 con pedivella da 170 mm è di 945 grammi. Il prodotto è coperto da una garanzia di 3 anni fornita direttamente dai centri assistenza SRM per la parte elettronica e da Miche per la parte meccanica.

Miche

Come funziona un power meter? Ci risponde Sram

20.10.2022
6 min
Salva

I power meter sono ormai una realtà consolidata e non più uno strumento per pochi. Non di rado fanno parte degli allestimenti delle biciclette che troviamo a listino, quelle di alta gamma, ma anche media e ora anche nella categoria che sfiora le entry level.

Siamo andati da Nate Keck, ingegnere di Quarq, che fa parte del gruppo Sram e gli abbiamo fatto alcune domande.

I misuratori stanno arrivando con prepotenza anche in ambito off-road
I misuratori stanno arrivando con prepotenza anche in ambito off-road

Cosa c’è dietro i numeri?

L’accessibilità (più o meno a tutti) dei misuratori di potenza ha aperto questa fascia di strumento ad un pubblico molto ampio di utilizzatori. Tra questi ci sono gli esperti del training e che masticano i numeri e anche chi si è trovato il misuratore sulla bicicletta, ma al tempo stesso non ha cognizione di causa e deve partire dalle basi per capire e sfruttare il power meter al massimo delle sue potenzialità. Una nota interessante: il primo power meter Quarq è stato prodotto nel 2006, sembra trascorso un secolo. Pensiamo a quanto sia cambiata la categoria da allora e che ruolo ricoprono oggi i power meter, le rilevazioni ed i numeri del training.

Anche lo Sram Rival, la trasmissione entry level, ha il suo power meter
Anche lo Sram Rival, la trasmissione entry level, ha il suo power meter
Come funziona un power meter?

Prima di tutto è necessario considerare che i watt rappresentano una unità di misura, utilizzata per praticità. Attraverso questa unità, i numeri che troviamo sul device diventano familiari e semplici da interpretare. A prescindere dal sistema, il power meter traduce e combina i tre fattori più importanti: forza, potenza e numero di rivoluzioni per minuto. Per forza si intende la pressione che i muscoli esercitano sul pedale. La potenza è il risultato che si genera da questa forza combinata con la velocità angolare di rotazione delle pedivelle. Tutto questo sono i watt e il power meter è lo strumento che ci permette di misurarli.

Fondamentale lo zero off-set per la qualità della rilevazione
Fondamentale lo zero off-set per la qualità della rilevazione
Quando si parla di “precisione delle rilevazione” quali sono i fattori da considerare?

Precisione, accuratezza e possibilità di minimizzare le interferenze, sicuramente sono dei punti chiave, ma quello che è veramente importante è la ripetibilità dei dati. Uno degli aspetti che influisce maggiormente è lo zero-off-set, perché cambia il punto in cui lo strumento effettua la rilevazione. E’ fondamentale fare la calibrazione zero sempre allo stesso punto e tutti i giorni, proprio per avere dei dati sovrapponibili e utilizzare il power meter per il training, per migliorare e per quantificare il miglioramento. Questi sono fattori che toccano tutte le categorie di misuratori di potenza, a prescindere da come sono fatti.

C’è altro?

Ci sono i fattori esterni legati al clima e alle condizioni meteo, che influiscono sulla qualità della trasmissione dei dati, tra rilevatore e device. Qui entra in gioco il compensatore automatico della temperatura e la qualità di questo strumento. Noi in Quarq lo chiamiamo magic-zero e ci permette di azzerare completamente eventuali errori dovuti agli agenti esterni.

Le guarniture Sram hanno le corone accoppiate, un altro motivo che aumenta la precisione della rilevazione
Le guarniture Sram hanno le corone accoppiate, un altro motivo che aumenta la precisione della rilevazione
Perché Quarq ha scelto di integrare il power meter nella guarnitura?

Tutto quello che esprimiamo sui pedali passa dalla guarnitura. Un power meter integrato nella guarnitura è maggiormente controllabile e offre una rilevazione accurata nel tempo, oltre ad essere una peculiarità di Quarq fin dalla primissima produzione.

Diverso dall’averlo ad esempio nei pedali?

Per quanto concerne la misurazione va tenuto in conto che a seconda del sistema utilizzato possiamo misurare la potenza effettivamente scaricata a terra o più direttamente quella da noi erogata sui pedali. Le due cose non sono equivalenti. Diciamo che integrare il power meter nella guarnitura permette di leggere i dati minimizzando le perdite meccaniche, quello che non avviene per esempio con i pedali. La misurazione tramite il pedale può essere corretta, ma purtroppo il sistema non tiene conto, ad esempio della torsione naturale della pedivella.

Perché la scelta di usare una batteria non ricaricabile integrata?

Usiamo le CR2032, perché sono batterie più facili da reperire in qualsiasi parte nel mondo e offrono una buona stabilità del prodotto. La scelta di non integrare una batteria ricaricabile è dovuta principalmente all’aggravio di peso e per una questione di costi, per noi come Sram e anche per l’utente finale. Ad oggi il nostro Quarq permette di usare una batteria 2032 per oltre 300 ore.

Ci sono dei componenti della trasmissione che possono influire sulla rilevazione dei watt?

Sì ci sono ed è un altro dei motivi che hanno contribuito ad integrare il power meter nella guarnitura. Ogni componente rappresenta una variabile e riprendo la considerazione fatta in precedenza, riferita ai power meter nei pedali. Ma ad esempio anche la catena è un veicolo che disperde energia. Quest’ultima influisce negativamente sulla rilevazione degli strumenti posizionati nei mozzi.

I pedali con il power meter, utilizzati in ambito pro’, non di rado solo come sistema di aggancio della scarpa
I pedali con il power meter, utilizzati in ambito pro’, non di rado solo come sistema di aggancio della scarpa
La corona che alloggia il power meter ha lavorazioni particolari?

Le corone e come sono costruite, ma anche come sono disegnate. Un esempio: le corone dei nuovi sistemi eTap tengono conto anche della misurazione attraverso il power meter, perché vogliamo avere il maggiore controllo possibile sulla precisione del sistema. Il design delle corone Sram tiene conto dell’integrazione con il power meter.

Con l’aumento dei dispositivi che utilizzano wi-fi, bluetooth e Ant+ si possono verificare delle interferenze?

Può capitare e il paradosso è che può succedere indoor, difficile e quasi improbabile che si verifichi un contrasto in ambito outdoor. In quest’ultimo caso, le eventuali interferenze sono di 2/3 secondi, irrilevanti nei termini di accuratezza della rilevazione del sistema.

Il power meter Assioma sulla bici d’oro di Anna Kiesenhofer

20.08.2022
4 min
Salva

Avete mai sentito parlare di Assioma? Noi sì, già da qualche anno e per i meriti ottenuti da questi specifici misuratori di potenza prodotti da Favero Electronics: tutti italiani e caratterizzati da più di un particolare estremamente innovativo

Qualche caratteristica? Intanto la rilevazione, che avviene direttamente dal pedale. La leggerezza (appena 150 grammi). Sono installabili in pochi secondi, sono compatibili sia Bluetooth che ANT+, ed hanno un sistema di calibrazione automatica. Sono impermeabili (per davvero!), essendo il corpo pedale completamente privo di elettronica in quanto racchiusa in un blocco di resina bicomponente. Sempre in tema di compatibilità, possono essere utilizzati sia con tacchette Shimano che Look Keo. E poi la specialità della casa… Molti power meter calcolano difatti la potenza usando la velocità angolare media per rotazione, invece della reale velocità angolare instantanea. Questo aspetto potrebbe introdurre un errore addizionale fino al 4.5% rispetto all’accuratezza dichiarata.
Assioma, invece, grazie al proprio ed esclusivo sistema IAV Power, ed al giroscopio integrato, è in grado di garantire la stessa accuratezza del ±1% con qualsiasi tipo di pedalata: anche con le corone ovali…

Sul podio olimpico di Tokyo, Anna Kiesenhofer davanti a Van Vleuten e Longo Borghini
Sul podio olimpico di Tokyo, Anna Kiesenhofer davanti a Van Vleuten e Longo Borghini

Una garanzia… olimpica

Un’importante testimonianza circa la qualità e l’affidabilità del “power meter” Assioma di Favero Electonics l’abbiamo letteralmente scovata nell’interessante blog – del quale riproponiamo qualche breve passaggio – che la stessa azienda trevigiana propone attraverso il proprio spazio ufficiale sul web. Ci ha difatti molto incuriosito una intervista che lo staff del marketing e della comunicazione di Favero ha realizzato assieme ad Anna Kiesenhofer, l’atleta austriaca che alle olimpiadi di Tokyo 2020 ha vinto inaspettatamente l’oro nella prova in linea. Anna come è ben noto è una matematica, oltre ad essere una utente Assioma di lunga data. E proprio l’approccio di una matematica, sia nella carriera lavorativa quanto in quella ciclistica/agonistica, rende la Kiesenhofer un riferimento importante per poter analizzare ciascun dato e ogni singola variabile, perfezionando i più piccoli dettagli utili al raggiungimento dei propri obiettivi.

«Premetto – ha subito puntualizzato la Kiesenhofer – che si, ho usato Assioma il giorno in cui ha vinto la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020… Quando ho iniziato ad allenarmi con la potenza? Era il 2014, ed ero solamente una ciclista amatoriale. Il motivo per cui ho iniziato è che come matematico volevo avere dati precisi per strutturare e analizzare la mia formazione e i miei progressi. Voglio dire, se non hai numeri, come fai a vedere se stai migliorando o no?».

Eccoli i power meter che la campionessa olimpica monterà sulla sua bicicletta dorata
Eccoli i power meter che la campionessa olimpica monterà sulla sua bicicletta dorata
Perché suggeriresti di allenarti con un misuratore di potenza?

In realtà esistono più ragioni. E’ un modo oggettivo per misurare l’intensità dell’allenamento, e penso che sia anche fondamentale quando si gareggia: si evita di partire troppo forte oppure troppo… facili. Inoltre, se stai seguendo uno specifico piano di allenamento, come fai a sapere se tutto sta funzionando? È fondamentale avere i numeri.

Ti sei allenata con Assioma prima di vincere la medaglia d’oro: perché hai scelto questo specifico brand?

Avevo bisogno di qualcosa di facile da usare. Facile da installare e facile da spostare su più biciclette. Considerazioni pratiche, è vero, ma cercavo anche e soprattutto un misuratore di potenza affidabile. Avevo degli amici che lo avevano già testato e me lo hanno caldamente consigliato.

In che modo Assioma ti aiuta nella tua attività ciclistica quotidiana?

Pianifico il mio allenamento in anticipo, con i numeri, e mi pongo degli obiettivi. Poi lo analizzo alla fine della sessione. Ho centrato il bersaglio? Come mi sono sentita? Sono migliorata? Anche i numeri sono motivanti. Se hai degli obiettivi specifici in termini di numeri senti di volerli raggiungere. Il tuo corpo non è una macchina, però, se non raggiungi i numeri… va bene lo stesso. Oggi non è il giorno, ma domani potrebbe esserlo.

Favero Electronics collabora con la squadra femminile UAE team ADQ
Favero Electronics collabora con la squadra femminile UAE team ADQ
Quali sono i dati più importanti per te?

Per l’allenamento sicuramente i numeri relativi alla potenza. Mi danno subito un feedback sulla mia performance. Quando faccio sforzi duri, l’equilibrio della pedalata gioca un ruolo particolarmente importante perché così so di avere una certa asimmetria nelle gambe e cerco di compensarla.

Cosa preferisci di Assioma?

Ci sono diverse caratteristiche che mi piacciono molto, è difficile scegliere. Come detto è facile da installare e scambiare tra le bici. Per l’analisi del bilanciamento della pedalata che rappresenta un vantaggio rispetto ai misuratori di potenza tradizionali. Infine, anche il prezzo è un punto di forza.

Favero

Garmin Rally, il power meter è parte di un ecosistema

30.04.2022
7 min
Salva

I pedali Garmin Rally integrano il misuratore di potenza, ma sono anche uno strumento che fa parte di un vasto ecosistema. I bike computer gps con tutte le loro funzioni, senza dimenticare gli smartwatch, sfruttabili anche in ambito bicicletta. La app di gestione Garmin e i radar della piattaforma Varia, ma anche gli smart trainer Tacx, fino ad arrivare al power meter Rally: tutti strumenti che fanno parte dell’ecosistema Garmin.

Ecosistema, una parola che sentiremo nominare sempre di più in futuro che bene identifica il percorso intrapreso dal mondo della bicicletta. Ora ci focalizziamo sul primo punto di rilevazione dei watt, ovvero i pedali Rally.

Garmin Rally power meter

Al di la della natura dello strumento, il pedale con il power meter integrato è da considerare una leva di primo livello, ovvero il primo punto dove noi scarichiamo la potenza durante il gesto atletico. Inoltre, grazie alla valutazione degli appoggi, si può determinare anche la qualità della potenza espressa.

Le leve di 2° e 3° livello (i power meter posizionati nelle pedivelle e negli spider) non riescono a quantificare i punti di appoggio sul pedale. Questo fattore gioca un ruolo fondamentale anche per una valutazione estremamente soggettiva del posizionamento delle tacchette. Un power meter che sconfina nella biomeccanica di precisione? Decisamente si, Garmin Rally è anche questo.

La versione Garmin Rally, con corpo Shimano
La versione Garmin Rally, con corpo Shimano

Di cosa parliamo

Garmin Rally è stato lanciato ufficialmente nel corso del 2021. In un certo senso è l’evoluzione dei pedali e power meter Vektor, in realtà si tratta di un prodotto completamente nuovo, soprattutto per quanto concerne il cuore del sistema.

Il corpo esterno, quello che consideriamo il pedale è come un involucro, disponibile nelle versioni per Look Keo e Shimano road, ma anche in quella dedicata all’off-road sulla base SPD. Il centro di tutto però è il mandrino (quello che comunemente chiamiamo il perno del pedale), comune alle tre versioni. E‘ possibile utilizzare un solo mandrino e spostarlo a piacere, in base alle necessità.

La tensione avviene grazie ad una chiave a brugola
La tensione avviene grazie ad una chiave a brugola

Il misuratore di potenza, con i sensori è perfettamente integrato e annegato nell’asse, tant’è vero che il power meter non necessita dello zero off-set, ma solo della calibrazione (consigliata come per tutti i dispositivi di questa categoria) precedente all’utilizzo. Il corridoio centrale del pedale, quello che ospita l’asse, è completamente incamiciato. Significa che le viti di chiusura non tirano su zone filettate in plastica, con il rischio di rovinare il pedale.

Un altro aspetto da non tralasciare è il fattore Q, che è di 53 millimetri, uguale ad un pedale standard come ad esempio Look Keo. Il valore è comunque modificabile grazie all’utilizzo delle rondelle da posizionare tra la battuta della pedivelle e il pedale.

La batteria è sostituibile

La batteria viene inserita nel vano laterale, una per parte della famiglia CR1, oppure due (LR44) per parte e sovrapposte. L’autonomia dichiarata è di 120 ore, variabile in base alle condizioni meteorologiche. Garmin Rally comunica con i devices tramite il protocollo Ant+ (quindi, non solo i dispositivi Edge) e con lo smartphone in modalità Bluetooth.

Vantaggi e svantaggi

I vantaggi (tanti) sono legati ad uno strumento di lavoro che è anche molto divertente da usare al pieno delle sue potenzialità. Queste ultime trovano la giusta e completa espressione grazie alle funzionalità di un dispositivo Edge, legate alla dinamica della pedalata (e anche dopo, con lo scarico dei dati e la lettura tramite app).

Il bilanciamento è solo l’ultima di questa, perché con il Garmin Rally è possibile valutare quanto tempo si passa in piedi sui pedali. Oppure si legge la power phase, ovvero in quale punto del pedale si applica una maggiore potenza, ma ancora aiuta a vedere il punto off-set ottimale tra tacchetta e pedale. Quest’ultima funzione aiuta a capire eventuali anomalie generate in fase di montaggio del cleat.

Un power meter di questo genere è semplice da montare e smontare, facile da portare da una bicicletta ad un’altra e non ha bisogno di attrezzature sofisticate per il montaggio. Uno svantaggio può essere l’esposizione verso l’esterno della bicicletta e l’essere soggetto a prendere colpi, oppure toccare l’asfalto. E’ pur vero che il prodotto è stato sviluppato per essere duraturo e poco soggetto a subire le incurie di un utilizzo intenso. Il pedale si dimostra robusto e sostanzioso in ogni parte, anche quella legata al punto di regolazione della molla di tensione.

A confronto col passato

Se dovessimo fare un confronto con il passato, con i misuratori di potenza al pedale, il Garmin Rally è tutta un’altra storia. E’ perfettamente accostabile e comparabile con i misuratori “tradizionali” non a pedale. A prescindere dal campo di rilevazione impostato sul computerino (intervallo temporale per la rilevazione), il Rally ha una rilevazione fluida ed equilibrata, molto ben filtrata anche nei momenti di rilancio e di estrema pressione sui pedali. Non va quasi mai a zero, perché anche quando non si fanno rivoluzioni, un minimo di pressione è naturale.

La valutazione istantanea ed in movimento dell’appoggio sul pedale
La valutazione istantanea ed in movimento dell’appoggio sul pedale

Look oppure Shimano

Il nostro percorso di conoscenza del Garmin Rally è composto da vari step, tra questi lo sviluppo del lavoro grazie all’utilizzo delle due piattaforme di aggancio. Fra Look Blade e Shimano, non ci sono differenze in fatto di rilevazione e di approccio. Le variabili principali sono legate alle tacchette e alle differenze in fase di posizionamento, a parità di gioco laterale (abbiamo usate quelle fisse per entrambi).

In conclusione

Il Garmin Rally non è un compromesso, né per quanto concerne il pedale, né per quello che riguarda il sistema power meter. E’ uno strumento tosto, robusto e ben strutturato, tutti fattori che nell’insieme emergono in un eventuale contatto con l’asfalto, come nel nostro caso. Una riga, una limata, con il misuratore che rimane perfettamente efficiente, come se nulla fosse successo.

E poi c’è tutta la parte legata all’elettronica del pedale, quella che forse più interessa l’utente che acquista questa tipologia di prodotto, combinata con la app Garmin. Ecco che in questo caso abbiamo a disposizione uno strumento di valutazione di alta qualità, facile da leggere e da interpretare. Insomma, è un valido aiuto per tante tipologie di utenti. Questo, per certi versi diventa la porta d’ingresso a quell’ecosistema che abbiamo tirato in ballo all’inizio. Il Garmin Rally è, tecnicamente parlando, un po’ per tutti, per tutte le discipline e pur essendo un power meter prima di ogni altra cosa, diventa anche uno strumento di valutazione per un setting corretto e ottimale (giusto per fare un esempio).

Garmin

La KTM Revelator Alto del Tirol KTM Cycling Team

20.04.2022
4 min
Salva

Al Tour of the Alps 2022 le curiosità tecniche non mancano. Abbiamo fotografato la bicicletta della squadra austriaca Team Tirol-KTM, che utilizza il frame KTM Revelator Alto, uguale al modello disponibile per il consumatore finale. Inoltre ci siamo fatti raccontare alcune scelte tecniche, direttamente dal meccanico del team Jaques Horn.

Jaques Horn, giovane meccanico del team
Jaques Horn, giovane meccanico del team
Quanto pesa la bici?

In questa configurazione si varia tra i 7,2 e 7,3 chilogrammi, un buon compromesso, ma possiamo alleggerire il mezzo. Le ruote sono ottime, ma non sono il top di gamma in fatto di peso ridotto e poi abbiamo il cockpit in alluminio.

Utilizzate sempre i tubeless?

Si, ormai solo tubeless e con la sezione da 28. Sembrano più piccoli perché il canale interno delle ruote è mediamente piccolo e quindi lo pneumatico non spancia troppo verso l’esterno del cerchio. Per questa tipologia di tubeless utilizziamo un range di pressioni compreso tra le 5 e 5,8 bar. Dipende ovviamente dalle indicazioni del corridore e anche dal meteo.

Il framekit “standard”

Come sottolineato durante il test della Revelator Alto, l’azienda austriaca fornisce il kit standard anche ai corridori pro. Cambiano gli allestimenti, ma si tratta del telaio e della forcella del catalogo. Tutti gli atleti presenti al ToTa hanno il modello Revelator Alto.

Sram Red e Force. Ma quei pedali?

La combinazione delle corone anteriori è 50/37, presente in commercio e buona parte dei corridori hanno la guarnitura con il power meter Quarq, per lo meno il sensore. La soggettività maggiore riguarda i pignoni posteriori, anche se molti corridori hanno optato per la scala 10/33.

Hanno attirato la nostra attenzione i pedali SpeedPlay/Wahoo, sponsor del team e già nella versione power meter. Eppure il Quarq è bene visibile nella guarnitura, scelta che abbiamo documentato anche in occasione della Roubaix, sulle Cannondale della EF.

Dai pedali a sgancio al reggisella di Mohoric, Fondriest racconta

27.03.2022
7 min
Salva

La bicicletta ha più di 200 anni. E’ cambiata, si è evoluta, modificata e non smette di cambiare. Eppure alcuni passaggi storici hanno segnato più di altri la sua crescita. I freni a disco è solo l’ultimo dei tanti sanpietrini che tassellano il sentiero che percorre la bicicletta. La posizione in sella, l’aerodinamica e tutti i componenti votati a massimizzare quei “marginal gains” (per usare un aggettivo tanto di moda) che messi insieme fanno la differenza. I pedali a sgancio rapido, il carbonio e le ruote ad alto profilo. Il cambio elettronico e l’abbigliamento, ma anche quel richiamo al comfort funzionale alla performance e non è solo il reggisella telescopico. Affrontiamo di petto l’argomento con un Campione del Mondo e appassionato della tecnica legata al mezzo meccanico, Maurizio Fondriest.

Nel 1988 Fondriest vince il mondiale di Renaix, dopo il pasticcio di Bauer e Criquelion
Nel 1988 Fondriest vince il mondiale di Renaix, dopo il pasticcio di Bauer e Criquelion
Se Fondriest dovesse dare un ordine alle cose, quali sono le innovazioni che hanno fatto la differenza nell’evoluzione della bicicletta?

Il percorso evolutivo della bici è composto da tantissimi tasselli, ognuno ha e ha avuto un ruolo importante, alcuni di questi molto più di altri. Facendo una scaletta il primo gradino è occupato dai pedali a sgancio rapido della Look, quelli usati da Hinault. Il secondo dalle leve STI Shimano, le prime ad integrare il cambio, utilizzate per la prima volta da Phil Anderson al Giro del Lazio nel 90. Poi c’è il manubrio da crono usato da Lemond, quando ha vinto il Tour e in parallelo il primo abbigliamento in Lycra usato dagli atleti DDR e dai russi, più o meno gli anni erano quelli, poco prima. In questa classifica è da inserire anche il primo cambio elettronico della Mavic, le ruote ad alto profilo ed il carbonio. E poi il casco, anche se potrebbe essere all’apice della classifica.

Hinault con i primi pedali a sgancio firmati Look, vinse il TDF
Hinault con i primi pedali a sgancio firmati Look, vinse il TDF
Cosa hanno permesso di migliorare i pedali a sgancio rapido?

Il primo vantaggio è stato il miglioramento della sicurezza, soprattutto se si pensa ai vecchi lacci che legavano il piede al pedale e che, in caso di caduta, erano davvero pericolosi. E poi il miglioramento dei componenti, calzature comprese, ha portato ad aumentare anche le prestazioni. Mi raccontò Hinault, che un amico appassionato di sci, aveva iniziato ad utilizzare questo sgancio automatico proprio sugli sci. Hinault ha chiesto se la soluzione era trasferibile alla bici e oggi è difficile immaginare una bici senza i pedali a sgancio.

Il primo pedale automatico Look (foto Look)
Il primo pedale automatico Look (foto Look)
Invece il cambio integrato nei manettini e sul manubrio?

E’ entrato ufficialmente in commercio nel 1991. Ho iniziato ad usarlo proprio in quell’anno alla Panasonic. Pesava quasi 500 grammi in più di quello tradizionale con le levette sulla tubazione obliqua, ma era efficiente e veloce. Ti permetteva di tenere le mani sempre ben salde sul manubrio e quindi si univa velocità della cambiata e sicurezza. Sono due argomenti molto dibattuti anche oggi e sono passati 30 anni.

Un grafico della trasmissione Shimano Di2 a 12 velocità
Un grafico della trasmissione Shimano Di2 a 12 velocità
Come ha influito invece il manubrio da crono di Lemond, sulle bici di oggi?

In realtà ci sono due episodi molto vicini tra loro, il Tour di Lemond e anche gli atleti della DDR che si presentavano alle crono con dei manubri che chiamavamo a corna di bue. Erano le prime appendici che vedevamo e loro avevano una posizione molto vantaggiosa. Tornando a Lemond e alla grande vetrina della Grand Boucle, la sua bici da crono con il manubrio specifico ha dato il via agli studi aerodinamici legati alla bicicletta. Inoltre lui utilizzò due manubri differenti tra il prologo e l’ultima tappa di Parigi. Alla tappa di apertura il manubrio era uno Scott da triathlon, riadattato, mentre a Parigi ha usato un prodotto differente, ma comunque specifico per la bici da crono. Oggi la ricerca dell’aerodinamica non è solo legata alle crono, ma a tutto il segmento bici.

E per quanto riguarda l’abbigliamento?

L’abbigliamento moderno e la sua estremizzazione dei tessuti, del fitting e dell’ergonomia, hanno stravolto il concetto di comfort, di aerodinamicità dell’atleta e hanno contribuito a far capire alcuni aspetti positivi dell’abbassamento di peso. Prima si correva con le maglie di lana, pesanti ed ingombranti. I primi ad usare dei prodotti aderenti, sembravano quasi dei body, sono stati i corridori DDR.

Anche l’industria tessile ha contribuito al processo di evoluzione del settore, Fondriest racconta…
Anche l’industria tessile ha contribuito al processo di evoluzione del settore
Il cambio elettronico, le ruote ad alto profilo ed il carbonio quali benefici hanno portato?

L’elettronica ha dato il via ufficiale all’integrazione e all’ingresso di nuove tecnologie in un settore che era un po’ statico da molti anni. All’epoca la trasmissione Mavic non funzionava in modo ottimale, ma la categoria è cresciuta e oggi i corridori pretendono il cambio elettronico. Si narra che Zulle perse il Tour perché si blocò il cambio durante la crono. Le ruote ad alto profilo hanno permesso di aumentare le velocità e di sfruttare le masse in movimento. Le prime sono state le Campagnolo Shamal. Il gruppo di bici e di corridori che si muove è una massa che si sposta. Il carbonio ha fatto abbassare i pesi, ma ci sono voluti alcuni anni prima di raggiungere un bilanciamento ottimale tra leggerezza e rigidità. Le materie composite hanno cambiato le forme di bici e tubazioni, ma in questo passaggio faccio rientrare anche l’alluminio. E poi ci sono anche i freni a disco, che hanno cambiato la bici da corsa dopo 200 anni.

Nelle tappe veloci e nelle crono, Pantani usava le Shamal
Nelle tappe veloci e nelle crono, Pantani usava le Shamal
La bicicletta moderna è il risultato di tante cose messe insieme?

Si, perché oltre a quelle citate ci sono una serie di innovazioni che hanno contribuito a far evolvere il settore. Ci sono i tubeless, ma li trovo una soluzione che non ha stravolto la categoria. C’è il power meter, ma più che lo strumento preferisco identificare la capacità di leggere i numeri, i dati e di come questi hanno cambiato il modo di allenarsi. Io ad esempio ho usato il primo misuratore nel 93, ma all’epoca non c’era la coscienza e la conoscenza per sfruttare le potenzialità del prodotto.

Computerini, dati e numeri, tanta elettronica nel ciclismo di oggi, potrebbero rientrare anche i canali social
Computerini, dati e numeri, tanta elettronica nel ciclismo di oggi, potrebbero rientrare anche i canali social
E poi ci hai nominato il casco integrale

Sono stato il primo ad usare il casco integrale e rigido, era il 1993. Da li non ho mai più tolto il casco ed in gruppo talvolta ero l’unico ad averlo indossato. Da li in poi la sicurezza è cambiata in maniera decisa, per fortuna.

Mohoric ha usato una scultura per poter montare il reggisella telescopico, secondo Fondriest un’ottima idea
Mohoric ha usato una scultura per poter montare il reggisella telescopico
Se ne parla ancora in questi giorni, cosa pensa Fondriest del telescopico usato da Mohoric?

Lo ha provato in precedenza e dobbiamo contestualizzarlo all’evento Sanremo che abbiamo vissuto lo scorso fine settimana. Non lo vedo come un’innovazione e non mi stupirei se fosse vietato dall’UCI.

Cosa possiamo aspettarci dal futuro della bici?

Credo che la ricerca punterà molto sulla riduzione degli attriti, sulla trasmissione in molti comparti della bicicletta. Anche in questo campo le tecnologie hanno fatto passi da gigante. E poi mi immagino la trasmissione senza catena, perché è stato cambiato tutto, ma parliamo ancora della bicicletta che si muove grazie ad un componente come la catena.

I numeri hanno cambiato il modo di andare in bicicletta

18.02.2022
5 min
Salva

I numeri hanno cambiato il modo di andare in bicicletta, di allenarsi e di interpretare la gara. Non è solo il power meter con i suoi dati a condizionare le tattiche di gara. Nei numeri della performance è incluso tutto: il recupero, il carico di lavoro nel breve, medio e lungo periodo, il miglioramento, ma anche la flessione prestazionale. Abbiamo interpellato Luca Bianchini, allenatore di fama internazionale che non opera solo nel campo del ciclismo. Bianchini è head coach di MagneticDays, formatore FITRI e professore dell’Università di Roma Scienze Motorie del Foro Italico che collabora direttamente con il CONI.

Il confronto dei test e la sovrapposizione dei numeri, alla base delle valutazioni (foto Mauro Nicita, MagneticDays)
Il confronto dei test e la sovrapposizione dei numeri, alla base delle valutazioni (foto Mauro Nicita, MagneticDays)
I numeri hanno cambiato il modo di allenarsi?

Sì, i numeri hanno cambiato lo sport in genere, ma è necessaria una premessa. La fase di cambiamento e di evoluzione risale a 30 anni fa, era il tempo del cardiofrequenzimetro. Poi è arrivato il power meter. C’è stato un periodo dove la tecnologia di lettura dei dati era limitata, non era ottimale e i numeri, talvolta, non trovavano dei riscontri attendibili. Molto è cambiato negli ultimi 7 anni, dove l’affidabilità della tecnologia ha contribuito alla svolta vera e propria. Il segreto sta nella giusta interpretazione dei numeri, perché loro sono apolitici e non hanno religione».

I grafici e le comparative dei numeri hanno permesso di far evolvere il sistema del training, indoor e outdoor
I grafici e le comparative dei numeri hanno permesso di far evolvere il training
In un certo senso i numeri sono una chiave di lettura?

I numeri non sono solo quelli del power meter, ma tanti valori messi insieme che arrivano da più parti. C’è la potenza che è uno strumento di valutazione del carico esterno e ci sono i bpm, che si riferiscono al carico interno. Li avevamo quasi dimenticati, ma poi sono stati ripresi, per fortuna e ci aiutano a controllare i carichi di lavoro dell’atleta. Le diverse situazioni devono collimare alla perfezione. Cercando di fare un breve esempio: 200 watt sono 200 watt, ma cambia il modo in cui si ottiene questo numero. E l’intreccio dei vari dati ci aiuta a quantificare nella giusta maniera.

Cosa significa e cosa comporta allenarsi tenendo fede ai numeri?

Quando ci alleniamo dobbiamo sempre considerare le variabili in gioco, che sono diverse e creano situazioni differenti. Paradossalmente la variabile più grande è l’allenatore, che eroga l’allenamento e legge i numeri del training. Il preparatore deve saper leggere anche attraverso i freddi numeri e spesso guardare in faccia l’atleta. Nei numeri è racchiusa anche un po’ di psicologia, ci sono le sensazioni e la capacità di fornire dei feedback. Il coach deve stimolare il corridore anche quando il miglioramento non c’è, dopo un periodo di preparazione mirata, situazione che si può verificare, per lo meno a livello numerico.

Luca Bianchini, durante un corso formativo in Sicilia (foto Mauro Nicita, MagneticDays)
Luca Bianchini, durante un corso formativo in Sicilia (foto Mauro Nicita, MagneticDays)
Quali sono le cause principali del non miglioramento?

La prima colpa è quella del preparatore che non ha saputo leggere nel modo corretto i dati, i numeri e feedback dell’atleta. Poi ci sono tutte le variabili proprio di chi si allena e la quotidianità è una di queste. E poi ci sono anche quelli che emulano senza avere dei riferimenti precisi e personalizzati. Quelli ad esempio che utilizzano le tabelle di altri atleti.

Come i numeri del training indoor hanno cambiato il modo di allenarsi sulla bicicletta in esterno?

I numeri hanno cambiato prima di tutto il modo di suddividere il training. Il paradosso è che i numeri ci permettono di concentrarci meglio sulle alte e sulle basse intensità. I numeri ci permettono di quantificare il riposo, per fare un esempio. Non esistono solo i watt, ma in questo senso anche il TSS (training stress score), l’IF (intensity factor) e altri campi che troviamo ormai su tutti i devices. Questi sono particolarmente utili per quantificare i carichi di lavoro, soprattutto nel medio e lungo termine. I numeri del training hanno permesso di far entrare l’allenamento specifico indoor nel mondo professionale, a prescindere dalla disciplina. Molte nozioni che vengono utilizzate outdoor, sono state sviluppate proprio grazie ai numeri rilevati indoor.

Alessandro Vanotti collabora con MagneticDays (foto MagneticDays)
Alessandro Vanotti collabora con MagneticDays (foto MagneticDays)
Indoor contro outdoor, quali sono le differenze da considerare?

La prima differenza sono i Newton (la torque), controllabile, più affidabile solo in un contesto indoor. Il secondo fattore, molto importante è quello ambientale. Questo non condiziona solo la mente, ma anche la biomeccanica e il modo di pedalare. Se è vero che la potenza espressa è sempre quella, il gesto cambia la sua dinamica. Indoor è come se pedalassimo quasi sempre in pianura. All’esterno le variabili sono infinite: il vento, il traffico e le distrazioni, le pendenze della strada che cambiano continuamente. Concettualmente: indoor stimoliamo il corpo ad erogare potenza, in outdoor sta all’abilità dell’atleta saper sfruttare quello che si è costruito al chiuso.

Il Team Beltrami TSA-Tre Colli utilizza il sistema MagneticDays in fase di riscaldamento e per il training indoor
Il Team Beltrami TSA-Tre Colli utilizza il sistema MagneticDays
Esiste il pericolo che i numeri condizionino in modo negativo la performance atletica quando siamo in gara?

Sì, il pericolo esiste. Qui entrano in gioco le categorie di atleti, quelli ligi ai numeri e quelli che invece pensano solo alla gara senza curarsi dei range prestativi ottimali. Quindi possiamo dire che il pericolo di finirsi in gara esiste, ma è relativo. Il pericolo più grande è quello di sovraccaricare, oppure lavorare al di sotto delle potenzialità in allenamento. In gara non ci si inventa nulla e si mette in pratica quello che il tuo fisico ha metabolizzato e prodotto durante il training.

Rotor INSpider e Aldhu Carbon, quelli dei pro’

27.01.2022
6 min
Salva

Il power meter Rotor INSpider è nuovo nella gamma, una sorta di evoluzione che nasce dalla piattaforma INPower. La pedivella in carbonio Aldhu Carbon è l’ultima creazione, già utilizzata nel corso della stagione 2021 dai corridori del Team Qhubeka e ora parte integrante della dotazione degli atleti Israel-Premier Tech. Abbiamo provato il binomio Rotor INPower Aldhu Carbon, che prende forma grazie ad un progetto modulabile di un perno passante in alluminio, misuratore di potenza, pedivelle e corone. L’evoluzione di Rotor include anche la app Rotor.

Il pacchetto completamente modulabile e componibile. Esiste anche la versione senza power meter, ancora più leggera
Il pacchetto completamente modulabile e componibile. Esiste anche la versione senza power meter

Rotor INSpider, un progetto modulabile

Sì è proprio così, perché parliamo di un pacchetto componibile nelle sue varie parti e non è un fattore trascurabile, oltre che essere unico nel suo genere. Il comparto prende forma grazie alla combinazione di più componenti che si uniscono tra loro meccanicamente.

C’è il perno passante in alluminio e ricavato dal pieno. E’ un blocco unico con il diametro da 30 millimetri, una sorta di standard per Rotor (ma c’èé anche la versione da 24). Il perno ha due lati ben distinti tra loro, quello non drive sagomato per l’innesto della pedivella, quello drive-side (il lato delle corone) con l’ingaggio micro-dentato studiato per fissare il power meter e/o lo spider delle corone. In questo caso ci sono le pedivelle Aldhu Carbon da 172,5 millimetri (compatibili solo con assi da 30), le ultime nate, leggere e direct mount, che si innestano direttamente sul perno grazie ad una vite. La bussola filettata per il pedale è in alluminio.

In ultimo ci sono le corone in alluminio, noi abbiamo scelto le NoQ 52/36 (ma la disponibilità è piena ed allargata anche alle Q-Rings), separate tra loro e naturalmente il misuratore INSpider.

INSpider, il power meter nello spider

Il progetto dei misuratori Rotor di ultima generazione si basa sul progetto IN. INSpider però è molto differente se paragonato agli INPower, perché l’elettronica e il sistema di rilevazione sono nello spider (mentre per 2INPower e INPower sono nell’asse passante). Il disco è in alluminio, lavorato al CNC e ricavato dal pieno; ha un valore alla bilancia inferiore ai 160 grammi.

Integra una batteria ricaricabile di lunga durata (vengono dichiarate oltre 200 ore di utilizzo con una sola ricarica, cifra variabile in base alle condizioni meteo), con una porta specifica che vuole uno spinotto dedicato. I protocolli di trasmissione dati sono Ant+ (in abbinamento al device) e Bluetooth Smart (per lo smartphone). La rilevazione avviene tramite 4 estensimetri annegati nel disco, sinonimo di precisione, ripetibilità dei numeri e longevità.

La sezione interna dello spider
La sezione interna dello spider

Facili da mettere insieme

Trovare tanti componenti da abbinare non è usuale! Eppure il sistema è facile ed intuitivo per chi ha delle basi di meccanica (non è necessario essere un ingegnere), anche nel caso di un montaggio con le corone ovali. E’ fondamentale rispettare le coppie di serraggio delle viti, per la sicurezza, ma anche per sfruttare l’efficienza del comparto, che una volta chiuso è davvero rigido. E poi c’è quella ghiera della pedivella senza corone, che aiuta ad aggiustare il gioco laterale, pur mantenendo un fattore Q da 147 millimetri delle pedivelle Carbon (cosa non di poco conto visto i diversi standard dei movimenti centrali che il mercato offre). Ma nei vari componenti è da inserire anche l’ultimo aggiornamento della app Rotor per smartphone, sfruttabile in diverse modalità.

Rotor App, oltre la gestione del misuratore

La prima funzione da considerare, quella principale si riferisce alla gestione e aggiornamento del power meter. Smartphone e Rotor INSpider, nessuna antenna e spinotto. La seconda è quella che permette di analizzare i dati della pedalata, anche nel corso del training.

INSpider ha la rilevazione sulle due gambe, con tutto quello che comporta in fatto di dati: bilanciamento e angolo ottimale di esercizio, espressione della forza etc. C’è la funzione Torque 360, dove la rivoluzione della pedalata è verificata ad ogni passaggio. Se interpretato nel modo corretto, questo grafico permette di capire come pedaliamo e dove (eventualmente) possiamo migliorare e/o ottimizzare il gesto.

I nostri feedback

Il test di un pacchetto che integra anche il power meter non è solo una questione di precisione, perché ogni misuratore ha delle caratteristiche ben precise e i confronti devono essere fatti con i prodotti di pari categoria. Tutti i power meter, a prescindere dal modello e dalla categoria “devono” essere aggiornati costantemente e utilizzati con le loro caratteristiche e potenzialità. Un power meter andrebbe calibrato ogni volta che lo si usa! Dal punto di vista meccanico, il fatto che Rotor INSpider adotta degli estensimetri di rame porta dei vantaggi in fatto di rilevazione, ripetibilità e sovrapposizione dei dati.

I quattro estensimetri immagazzinano di dati delle due gambe in diversi punti della pedalata. E’ maggiormente protetto rispetto ad un power meter che usa “solo” degli accelerometri esterni, più soggetti alle variabili delle condizioni ambientali e al numero di rpm. A questo si aggiunge anche la notevole stabilità della rilevazione, che non dimostra dei “buchi e spazi vuoti” in fase di lettura e acquisizione dei dati.

Anche con Shimano 12v

Come scritto in precedenza abbiamo utilizzato la combinazione anteriore 52/36, senza ovalizzazione, per questioni pratiche e per sfruttare diverse possibilità. Rotor INSpider ha quattro asole e quattro viti che fissano le corone e noi le abbiamo utilizzate con la trasmissione Shimano Ultegra a 12 velocità! Fluidità e precisione, perfette. Il prezzo dell’insieme è di circa 1400 euro, eccellente se consideriamo la qualità complessiva dello strumento e perché no, anche il peso. 679 grammi rilevati sono pochi e non è un fattore trascurabile.

La Cannondale SuperSix Evo di Hugh Carthy

27.04.0010
3 min
Salva

Un altro sguardo alla prossima edizione della corsa rosa, un altro corridore che potrebbe recitare un ruolo tra i protagonisti. Siamo andati a vedere la Cannondale SuperSix Evo di Hugh Carthy, atleta della EF-Easypost. C’è un dettaglio tecnico che ci ha colpito, ovvero l’utilizzo della piega manubrio in alluminio FSA Energy, in controtendenza rispetto alle scelte della maggior parte dei suoi colleghi. Ma entriamo nel dettaglio della bicicletta.

La Cannondale Super Six Evo di Hugh Carthy, con bandierina britannica
La Cannondale Super Six Evo di Hugh Carthy, con bandierina britannica

Una SuperSix Evo senza stravolgimenti

Quella utilizzata dal corridore britannico è la bicicletta nella versione “classica”, su cui non si notano grandi differenze rispetto alla bici presente nel mercato. E’ una taglia 58, in linea con le caratteristiche fisiche del corridore, alto 1,93 centimetri e filiforme. Notevole la differenza tra sella e manubrio. Anche quest’ultimo fattore è in controtendenza, rispetto alla media dei suoi colleghi scalatori e grimpeur, che adottano dei setting non eccessivamente sacrificati verso il basso, votati a non schiacciare eccessivamente il diaframma.

Componentistica tra FSA e Vision

Hugh Carthy, così come i suoi compagni di squadra, utilizza le ruote Vision Metron da 40 millimetri e con predisposizione tubolare: combinazione spesso usata anche nelle frazioni veloci. Le gomme sono le Vittoria Corsa da 26 millimetri.

Interessante la scelta del cockpit, dove troviamo lo stem FSA e una piega in alluminio Energy. Non c’è il manubrio integrato e full carbon. Anche in questo caso ci troviamo a documentare una scelta differente rispetto agli standard attuali. Oltre al materiale utilizzato per la costruzione, la piega FSA Energy è compact nel reach, nello stack e non è curvata verso l’anteriore della bicicletta, ma ha un design classico. Carthy Utilizza una sella Prologo Nago, senza CPC e senza il canale di scarico.

Power meter, pedali e guarnitura

Lo avevamo notato alla Parigi-Roubaix, ma anche sulle KTM del Team Tirol-KTM, ovvero la presenza dei pedali SpeedPlay-Wahoo, quelli che dovrebbero integrare il power meter, abbinati al P2max nella guarnitura.

Siamo portati a pensare che il power meter attivo sia quello della guarnitura. Le pedivelle sono FSA, con perno da 30 millimetri e gli adattatori necessari per la scatola del movimento centrale (73 millimetri di larghezza) della Cannondale, unica nel suo genere.