Simone è a Montichiari per allenarsi con la nazionale su pista. Mentre aspettiamo che partecipi alla videochiamata, Chiara, che invece si trova a casa con la madre, racconta quanta neve sia caduta a Ponte San Pietro; ha fatto anche qualche storia divertente sul suo profilo Instagram mentre ci gioca, mostrandosi «sempre senza filtri, io al 100%». Nel ciclismo che conta ci sono spesso fratelli e fratelli, raramente fratello e sorella. I due Consonni sono completamente diversi: uno è un po’ più saggio, l’altra è più “pazza”; entrambi, però, sono avvolti da tanta simpatia. Andiamo a conoscerli…
Cosa invidi dell’altro?
Chiara: «L’essere attento al minimo dettaglio per raggiungere i suoi obiettivi. In bici gli invidio tanto la costanza, una qualità che un po’ mi manca».
Simone: «La stessa caratteristica, sopra e giù dalla bici, è la sua spensieratezza nell’affrontare le cose. Prende tutto come viene, alla leggera, cosa che io non riesco mai a fare. Qualche volta bisognerebbe buttarsi come fa lei».
Cosa non sopporti?
Chiara: «Il fatto che sia un po’ troppo permaloso» (cerca lo sguardo del fratello poi scoppia a ridere).
Simone: «Beh…».
Chiara: «Prepariamoci alla lista!» (ride).
Simone: «Non ha regole. O meglio, se c’è una regola fa di tutto per infrangerla. E’ troppo ribelle!».
Chiara sorella di Simone o viceversa?
Chiara: «No… Io la sorella di Simone. Da lui ho imparato tanto, è il mio fratello maggiore ed è un punto di riferimento, la persona più importante della mia vita. Quindi sono io sua sorella: non per i risultati, però per tutto il resto sì».
Simone: «In tutti questi anni sia come persone che come atleti ci siamo ritagliati il nostro spazio, la nostra personalità. La figura di nessuno dei due è succube dell’altra: lei è Chiara e io sono Simone. Nessuno è il fratello dell’altro».
Se dovessi scegliere tra pista e strada?
Chiara: «Mamma mia…».
Simone: «Dai rispondo prima io. Pista, completamente pista. Sono innamorato di questa specialità. Ho iniziato da junior e la marcia in più è sicuramente il gruppo. Sembra una frase fatta, ma non lo è: siamo una famiglia! Andiamo in vacanza insieme, andiamo a far serata insieme. E quando si va a correre con ragazzi che sono veri amici, si nota la differenza. Io voglio davvero bene ai miei compagni di nazionale e questo è difficile da trasportare in strada. L’emozione, ad esempio, nel vedere Pippo vincere le medaglie in pista è unica, noi siamo sempre lì a tifare lui. Quando io faccio l’omnium sono tutti lì a fare il tifo per me, quando Liam Bertazzo fa la corsa a punti siamo tutti lì a tifare lui. L’affiatamento che c’è in pista è qualcosa di unico. E quindi, il cuore mi fa e mi farà sempre scegliere la pista».
Chiara: «Devo rispondere io? Non ci ho pensato ancora – ride – quello che dice Simo è vero, però anche con le mie compagne della Valcar sono molto legata. Siamo amiche, condividiamo tante cose, ci conosciamo fin da quando eravamo piccoline e questo è, senza dubbio, un punto a favore per rendere anche in gara. Scegliere è dura! Se scelgo la pista, ci sarà sempre qualcosa che la strada mi dà in più e viceversa».
Da piccoli litigavate spesso?
Simone: «Abbiamo sempre avuto alti e bassi, ci siamo scontrati più volte e ci scontriamo ancora parecchio. Probabilmente la colpa è della nostra personalità completamente opposta».
Chiara: «Sì, la penso come lui».
Simone: «Eh no! Avevamo detto che doveva rispondere prima lei, lo sapevo che andava a finire così: dice che ho ragione io e non parla…» ( un sorriso iniziale, si trasforma in una burrascosa risata generale).
Se l’altro non facesse il ciclista…
Simone: «Pam pam pam…» ( in sottofondo, cerca di creare suspense, ndr).
Chiara: «Il geometra! No, no! Non riesco ad immaginarlo come geometra. Sinceramente non ci avevo mai pensato, forse… il panettiere! (ride, ndr). Perché i genitori della sua ragazza hanno un panificio».
Simone: «Lei sicuramente farebbe un lavoro che si sta espandendo molto: la fashion blogger. Cosa che, in parte, fa già!» ( ride ).
Tokyo 2021 su pista…
Chiara: «Per me è un sogno. Prima era un’utopia, adesso pian piano sta diventando sempre più una realtà vicina a me».
Simone: «Tokyo 20-21 è una novità! Doveva essere Tokyo 20-20, quindi spero innanzitutto che si possa concretizzare. Detto ciò… sarebbe l’atto finale di un libro che abbiamo iniziato a scrivere tanti anni fa (la voce e gli occhi si colmano d’emozione, ndr). E’ da quando sono junior che faccio quartetti, che do l’anima per questo gruppo, per questa nazionale, per questa specialità e spero di poterlo far diventare la pagina più importante della mia vita e della mia carriera d’atleta».
In casa seguivano più Chiara o Simone?
Chiara: «Tutte le cose che io dovevo ancora fare, lui le aveva già fatte e le aveva fatte bene. E’ stato un punto di riferimento ma, a volte, non nascondo che ero un po’ gelosa. Se c’era da scegliere chi andare a vedere quando gareggiavamo lo stesso giorno in posti diversi… molto spesso sceglievano di andare da lui. Forse perché le sue gare erano sempre più vicine (ride, ndr). Però, naturalmente, mi hanno sempre aiutata a fare tutti i sacrifici e devo molto anche a loro».
Simone: «Ho sempre avuto chiaro il fatto che il ciclismo potesse essere il mio lavoro; quindi, anche grazie al mio carattere, sono sempre stato più concentrato sulla bici. I miei genitori mi hanno spronato di meno, perché ero già convinto di diventare un professionista. Mia sorella è sempre stata un po’ titubante. Se c’era da uscire una volta in più e allenarsi una volta in meno, andava bene. Cosa anche giusta, quando si è giovani è meglio dedicare una giornata in più agli amici piuttosto che all’allenamento. La mia famiglia, però, guardando questi atteggiamenti, si è preoccupata di più per lei. Perché, comunque sia, lo sport arricchisce sempre una ragazzina. La differenza sta anche nel fatto che fino a qualche anno fa erano davvero poche le ragazze che riuscivano a vivere di ciclismo. Ora fortunatamente, le cose stanno cambiando. Sicuramente siamo stati fortunati, dal momento che fin dalle categorie giovanili non ci hanno mai assillato con il ciclismo. Ci hanno lasciato i nostri spazi e questo ci ha fatto bene. Mentre adesso vedo padri che rovinano i propri figli».
Come vivono a casa il vostro successo?
Simone: «Rispondo prima io, questa è difficile – ride – e la metti in difficoltà. Nella nostra famiglia non c’è mai stato un ciclista, per tutti era il nostro hobby. Vedere che nel nostro piccolo siamo riusciti a crearci il nostro personaggio da atleta, ha fatto contenti anche loro. Li vedo sempre molto orgogliosi ed è bello sapere che apprezzino ciò che siamo riusciti a fare».
Chiara: «Entrare nel mondo del ciclismo e spiegarlo agli zii o alla nonna, che non avevano completamente idea, è stato bello. Vedere soprattutto che, poi, hanno iniziato ad interessarsi a ciò che facevamo è qualcosa di unico”.
Cosa vedi nel suo futuro?
Chiara: «Mio fratello può diventare davvero qualcuno e glielo auguro con tutto il cuore. Spero che un giorno diventi un grande campione perché ha la testa, le qualità e le caratteristiche per esserlo. E’ un punto di riferimento per me; si è fatto da solo ed è quello che sto cercando di fare anch’io. E’ importantissimo diventare qualcuno solo per merito delle proprie forze, senza essere ricordato come il “figlio di..”. Costruire da zero quello che si sta facendo è essenziale».
Simone: «Un bivio, che è semplicemente nelle sue mani. Come dicono a scuola “Suo figlio ha le capacità, ma non si applica” (ridiamo, ndr). Lei è padrona del suo futuro, se decide di fare una cosa e di impegnarsi… allora riesce. E’ tutto solo nelle sue mani».
Un momento divertente passato insieme?
Simone: «Visto che io sono il maggiore e che abbiamo un fratello più piccolo, quando eravamo ragazzini, mi piaceva farli, come dire… “Litigare” (suggerisce la madre, ndr). Mi divertiva. Io facevo l’arbitro e loro la lotta» (ridiamo).
Il suo risultato più bello?
Chiara: «Anche se so che mi ammazzerà perché non se lo vuole ricordare, il secondo posto al mondial U23 di Richmond. Mi ricordo ancora che io e mia madre eravamo incollate alla televisione, urlavamo come delle pazze e piangevamo. E’ stato un momento davvero emozionante. E’ un ricordo che ho sempre impresso nella mia mente».
Simone: «Le tante vittorie in pista, ma forse un po’ di più la quinta tappa della Boels Ladies Tour. Ha fatto più show rispondendo all’intervista in inglese, che in corsa stessa» (ride).
Chi è il tuo idolo?
Simone: «Non ne ho uno, da piccolo non sono mai stato appassionato di ciclismo. Però se penso ad un ciclista sensazionale, che spero un giorno di riuscire ad eguagliare… è un po’ imbarazzante (ride e il suo viso diventa leggermente rosso, ndr). E’ una persona che spesso nomino, ma adesso l’ho come compagno di squadra alla Cofidis e in questo momento è proprio accanto a me… Beh, se ti devo proprio dire il nome: Elia Viviani (si gira a guardarlo, ndr). L’ho sempre visto correre in pista, vincere tante medaglie; dopo la vittoria a Rio e i tanti altri successi, penso sia lui la persona a cui mi ispiro».
Chiara: «Anch’io non ho seguito il ciclismo da piccolina. Potrei dire quindi… mio fratello (ride, ndr). No dai… un’atleta che davvero ammiro è la Bastianelli. Negli ultimi anni è come se fosse stata un po’ una mamma; avendo una bambina è più sensibile per certe cose e cerca sempre di aiutarti. Vorrei diventare come lei, perché non è semplice riuscire ad avere una bella famiglia e continuare ad avere una carriera sportiva di un certo livello, senza trascurare né l’uno né l’altro».