Avondetto lancia la sfida azzurra a Pidcock

05.07.2024
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PINEROLO – Pensi a Pinerolo e ti vengono alla mente tappe epiche del Giro d’Italia e, vista la recente zampata di Tadej Pogacar di martedì, anche del Tour de France. Ci troviamo in una terra magica per il ciclismo, quella in cui nel 1949 trionfò Fausto Coppi dopo la mitica fuga in solitaria con indosso l’indelebile maglia biancoceleste. Poco sopra San Secondo di Pinerolo, ad aspettarci troviamo, in sella alla sua inseparabile Wilier, Simone Avondetto.

La sua maglia stellata di campione europeo assoluto, casacca che mai nessun azzurro aveva indossato nella storia della mountain bike, ci rapisce lo sguardo. Un breve saluto e poi il ventiquattrenne che già tra gli under 23 aveva centrato l’accoppiata titolo continentale e iridato, ci comincia a raccontare come tutto è nato, grazie anche allo stimolo del fratello maggiore Gabriele, che ha continuato a macinare chilometri in ice trike (bici a tre ruote) anche dopo un brutto male.

Un sogno che assume contorni ancora più nitidi ora che il ventiquattrenne della Wilier Triestina–Pirelli Factory Team vestirà la casacca azzurra della nazionale all’Olimpiade di Parigi 2024. La conferma è arrivata giusto oggi nella conferenza stampa organizzata da Coni e Federciclismo alla Sala Giunta del Coni.

Simone Avondetto, 24 anni, con la maglia di campione europeo (foto UEC)
Simone Avondetto, 24 anni, con la maglia di campione europeo (foto UEC)
Simone, che effetto fa vedere il tuo nome nella lista dei convocati per i Giochi?

Le Olimpiadi sono l’evento sportivo più grande al mondo: è un onore per me poterci andare. Quando sei piccolo sogni di arrivare lì, ai Giochi, è un sogno che si avvera e sono molto emozionato di averlo tramutato in realtà. 

Quando hai iniziato a fare mountain bike?

Sin da piccolino, ho fatto tutte le categorie giovanili. Le prime gare ho cominciato a farle quando avevo 6 anni.

Perché questo sport?

I miei genitori andavano in bici e ho iniziato così. Mio papà ancora adesso ogni tanto si cimenta in qualche gara amatoriale, ma mai di alto livello. Poi mio fratello maggiore Gabriele, che ha fatto gare sino a qualche anno fa. Ci siamo sempre allenati insieme e andavamo alle gare insieme, per cui è stato bello crescere insieme in quest’ambiente. La bici non è soltanto a due ruote, ma anche a tre e sono contento di allenarmi spesso qui attorno a casa con lui, tra strada e sentieri che si possono percorrere anche col trike o con l’handbike.

Con suo fratello Gabriele, passato alla ice trike (bici a tre ruote) dopo un brutto male
Con suo fratello Gabriele, passato alla ice trike (bici a tre ruote) dopo un brutto male
La maglia di campione europeo pesa o è una spinta in più?

Per me non cambia nulla. L’europeo era un obiettivo, quello l’ho centrato, ma la stagione non è finita lì e ce ne sono altri da raggiungere. Indossare o non indossare questa maglia però non mi fa differenza, nel senso che è tutto uguale a prima e non mi ha condizionato nell’avvicinamento olimpico a Parigi.

Ci pensi però a quando sembrava soltanto un sogno lontano?

Sì, devo ammetterlo. All’europeo stavo bene, quindi puntavo a fare una bella gara, anche se non mi aspettavo di vincere. Invece, ci sono riuscito e ne sono fiero.

Che ne pensi del percorso di Parigi?

E’ un po’ diverso da quelli che siamo abituati ad affrontare in Coppa del mondo perché è tutto artificiale, con un terreno molto compatto e veloce. Anche se non è uno dei miei preferiti, so che si sono impegnati tantissimo per renderlo il più bello possibile, quindi, sono sicuro che ci divertiremo.

Il percorso di crescita Simone Avondetto prosegue: l’europeo ha seguito il mondiale U23
Il percorso di crescita Simone Avondetto prosegue: l’europeo ha seguito il mondiale U23
Hai già parlato di tattiche col ct Mirko Celestino?

Vedremo come gestire la gara. Con Mirko c’è un gran rapporto ci troviamo bene, oramai è un veterano visto che dovrebbe essere all’ottavo anno da ct. Per quanto riguarda, invece, il movimento italiano, c’è ancora tanto da fare affinché cresca e si allarghi sin dalla base. Gli altri Paesi come Francia, Danimarca e Svizzera hanno dei vivai sconfinati e te ne accorgi quando vai alle gare. Alla fine, dalla massa qualcuno forte esce sempre. 

Hai stravinto col freddo, col caldo come te la cavi?

Vedremo, non so (sorride, ndr). A Parigi per fortuna siamo abbastanza a nord, per cui speriamo che le temperature non siano troppo alte e che questo fattore non incida. 

Tante stelle della strada sono dei funamboli anche nel cross country. Dall’olimpionico Tom Pidcock al fuoriclasse Mathieu Van der Poel: che ne pensi di questa tendenza?

Fa bene al nostro mondo e loro sicuramente portano un po’ di pubblico e appassionano le folle. In più, alzano l’asticella sotto il punto di vista tecnico delle gare, per cui vedo soltanto punti favorevoli da questo. Sono tutti degli esempi, esprimono talento puro e sono convinto che ci sia sempre qualcosa da imparare da loro. Van der Poel ha detto che abbandonerà la mountain bike, dunque, penso che non lo vedremo più alle gare per un po’ dopo Parigi. Pidcock invece continua a dividersi tra strada e mountain bike

Pidcock resta un riferimento anche nel mondo della mountain bike, forse il suo preferito
Pidcock resta un riferimento anche nel mondo della mountain bike, forse il suo preferito
Che cosa ruberesti all’asso britannico?

A Pidcock probabilmente tutto, perché se è sempre lì davanti vuol dire che va molto di più di tutti gli altri. Potessi avere le sue gambe, sarebbe fantastico

Hai mai pensato di fare il percorso opposto e provare la strada?

Sinceramente no. Mi piace quello che faccio e non penso che cambierei. Mi alleno circa 20 ore a settimana e ho la fortuna che la mia passione è diventata il mio lavoro. E’ vero, ogni tanto bisogna stare tanto via da casa, ma lo faccio sempre super volentieri.

Hai qualche idolo a cui ti sei ispirato?

Su tutti Nino Schurter. Poi ancora Absalon e Kulhavy, sono cresciuto un po’ in quell’epoca. Nino non smette di correre, per cui me lo trovo sempre lì anche in Coppa del mondo. Ricordo l’emozione di vedermi al suo fianco le prime volte e fa effetto il fatto che sia ancora competitivo ad altissimo livello a 38 anni suonati e lotti sempre per la vittoria, sbagliando raramente.

Avondetto corre con la maglia del Wilier Triestina–Pirelli Factory Team
Avondetto corre con la maglia del Wilier Triestina–Pirelli Factory Team
Se non avessi fatto mountain bike, ti saresti cimentato in qualche altro sport?

Non saprei, perché a livello agonistico ho sempre fatto questo sin da ragazzino. Mi piacciono molto lo sci di fondo o il biathlon, quindi chissà. Quest’anno la neve è un po’ scarseggiata, ma quando potevo andavo a sciare anche lo scorso inverno, di solito a Pragelato.

E al mondiale di fine agosto in Andorra ci pensi?

E’ un bellissimo tracciato, su cui facevano anche Coppa del mondo per cui anche quello è sicuramente nella lista degli obiettivi stagionali

Bravissimo Leo, ma il capolavoro è anche di Axel Merckx

19.06.2022
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Leo Hayter  ha vinto il Giro d’Italia U23. Lo ha fatto con un’azione importante verso Santa Caterina Valfurva, ma lo ha fatto soprattutto con un grande controllo della corsa e dell’intera situazione nei giorni successivi.

Bravissimo l’inglese, ma una grossa fetta del merito è anche del suo direttore sportivo, Axel Merckx. Il belga ha saputo cogliere l’occasione con un ottimo lavoro della sua Hagen Bermans Axeon.

Axel Merckx (classe 1972) è il diesse della Hagens Berman Axeon
Axel Merckx (classe 1972) è il diesse della Hagens Berman Axeon

Antenne dritte

Anche ieri a Pinerolo la scelta di staccarsi nel chilometro finale è stata il simbolo di un Giro corso con intelligenza.

E’ vero, lo abbiamo scritto, Leo si è voluto godere il momento, ma è altrettanto vero che 150 ragazzi che affrontano a tutta una rampa strettissima, pronti a fare spallate e per di più sul terreno acciottolato è potenzialmente un rischio. E così ha unito l’utile a dilettevole. Si è defilato e ha preso zero rischi.

«Forse alla fine ero più teso io che Leo – racconta Merckx – Lui l’ho sempre visto tranquillo. Si è sempre gestito in autonomia, mi ha ascoltato. La sera prima dell’ultima tappa ho detto ai ragazzi che bisognava comunque mantenere alta la concentrazione, perché c’erano da fare ancora 120 chilometri e nulla era deciso».

Il podio finale: Leo Hayter (primo); Lennert Van Eetvelt (secondo) e Lenny Martinez (terzo)
Il podio finale: Leo Hayter (primo); Lennert Van Eetvelt (secondo) e Lenny Martinez (terzo)

Tutti per uno

Come detto, dopo Santa Caterina Valfurva la Hagens Berman Axeon ha cambiato totalmente volto. 

«Una volta che abbiamo capito che davvero potevamo fare il colpaccio abbiamo corso in altro modo. Tutti più compatti», ha detto Axel.

«Guardate che Axel sa il fatto suo – ci ha detto Orlando Maini, che di esperienza ne ha da vendere – avete visto come ha fatto correre i suoi ragazzi verso il Fauniera? Tutti davanti e come è uscita la fuga ce ne ha messi due pronti ad aiutare Hayter in caso di necessità. Poi il ragazzo, Leo, è stato bravissimo e non ce n’è stato bisogno».

E anche ieri nel circuito finale, tra i vicoli di Pinerolo, la maglia rosa era in prima o seconda posizione, con un paio di compagni vicino. Poi si lasciava “sfilare” nelle prime 10-15 posizioni nel resto del circuito. Un’attenzione massima.

Sul Fauniera un controllo magistrale per il londinese (foto Isola Press)
Sul Fauniera un controllo magistrale per il londinese (foto Isola Press)

Capolavoro Fauniera

«E’ stato anche più “facile” per noi gestire il Fauniera con un vantaggio di quasi sei minuti – riprende Merckx – un vantaggio importante. Leo mi ha ascoltato. Non è mai andato oltre il limite. Gli ho detto di stare tranquillo, di non esagerare. Di concentrarsi sul suo passo. Se poi ai 5 chilometri ne avesse avuta, doveva spingere al massimo fino alla fine».

Ma Axel sembra sin troppo umile quando continua la sua analisi.

«Non mi aspettavo di vincere il Giro – riprende Merckx – e mi rendo conto che siamo stati anche fortunati. Alcune circostanze ci sono state favorevoli. Come il giorno di Peveragno. Se in quella fuga della Equipe Continental Groupama-FDJ  ci fosse stato dentro Van Eetvelt avremmo perso il Giro. La corsa per noi sarebbe finita lì. Invece proprio la Lotto-Soudal ha tirato molto per chiudere sui francesi.

«Ma le gare sono anche queste».

Leo Hayter festeggia sull’arrivo di Pinerolo, il Giro d’Italia U23 2022 è suo (foto Isola Press)
Leo Hayter festeggia sull’arrivo di Pinerolo, il Giro d’Italia U23 2022 è suo (foto Isola Press)

Abbraccio e pizza

Axel arriva in zona premiazione un bel po’ di tempo dopo il termine della tappa. Tra la deviazione delle ammiraglie, il parcheggio nella parte bassa di Pinerolo e il ritorno in cima allo strappo dell’arrivo c’era da fare una bella scarpinata. 

Quando giunge dietro al palco va a complimentarsi con i suoi ragazzi uno ad uno. Leo Hayter sta firmando delle maglie rosa. Lui arriva da dietro. I due si guardano e Axel lo abbraccia.

«Cosa ho detto ai ragazzi in questi giorni? Nulla, cosa potevo dirgli? Siamo venuti qui per vincere una tappa, invece ne abbiamo vinte due e portato a casa il Giro».

Intanto Hayter si gode il successo e finalmente non è costretto a mangiare la solita pasta dopo l’arrivo. Sul Fauniera, scherzando, ci faceva delle smorfie davvero poco invitanti e ci diceva: «Tomorrow pizza… of course (domani una pizza, sicuro, ndr)».

«Voglio ringraziare la squadra – ha detto Hayter – i ragazzi hanno fatto un grande lavoro (cosa ribadita a caratteri cubitali anche sulle sue pagine social, ndr). Non credo che cambi molto per me, però dopo questa vittoria sono più convinto dei miei mezzi.

«Questa vittoria è stata una sorpresa. Adesso spero di fare bene al Tour d’Alsace e al Tour de l’Avenir».

All’ultimo minuto arriva lo squillo “dei francesi”. Vince Gregoire

18.06.2022
5 min
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Un urlo di rabbia, di liberazione. Un urlo di vittoria. Alla fine la Groupama-Fdj ce l’ha fatta. Ha vinto una tappa al Giro d’Italia U23. A riuscirci è stato Romain Gregoire. Il francese fa un forcing micidiale sullo strappo, in ciottoli, che porta all’arrivo e può gioire.

Questo strappo è un must per le corse ciclistiche a Pinerolo. Ce ne passano diverse, ma in poche ci arrivano. La cornice di pubblico completa lo spettacolo.

Hayter se la gode

Ma mentre Gregoire sale famelico, c’è chi se la prende comoda, molto più comoda. Tutti cercano con gli occhi la maglia rosa… che però non spunta.

«Ai 500 metri – dice Leo Hayter – mi sono spostato. Mi sono defilato e sono venuto su piano, piano. Mi sono portato in coda al gruppo. Sapevo che non avrei mai perso 2’55” in 500 metri e così mi sono goduto il finale».

Quando Leo arriva esulta. Si sbraccia e abbraccia uno dei compagni che gli è vicino. Ride. E solo quando arrivano la mamma e il papà scoppia in lacrime. Realizza l’impresa che ha fatto.

Il 45° Giro d’Italia U23 è suo. I genitori sono arrivati due giorni fa: sono increduli e commossi. Squilla il telefono: è il fratello Ethan. La festa può iniziare.

Media folle

Ma riavvolgiamo il nastro. A Cuneo il sole picchia forte sulla testa e a Pinerolo martella proprio. I ragazzi che non hanno raccolto nulla sin qui cercano di guadagnarsi una fetta di spazio in questo Giro. E per questo la fuga non riesce a partire. Tutti cercano di scappare e quando è così non scappa nessuno. Risultato: media della prima ora 49,9 chilometri.

E già qui c’è la prima notizia: i ragazzi di Jerome Gannat non tirano. Se ne stanno buoni, buoni in gruppo. 

Al primo passaggio sull’arrivo, Gregorie è nascosto. Al secondo Giro è davanti.

«Avevo visto il passaggio ai 20 chilometri dall’arrivo – racconta Gregoire – L’ho studiato. Erano 500 metri molto tecnici. Mi sono detto: al prossimo giro devo stare davanti, girare in testa all’ultima curva e appena inizia la salita devo andare “a blocco”. Era questo il piano e ha funzionato. Ho usato il 40, credo per 25, per venire su».

La Groupama-Fdj tutta insieme. hanno vinto anche la classifica a squadre
La Groupama-Fdj tutta insieme. hanno vinto anche la classifica a squadre

Vittoria di testa

E dire che ieri Gregoire aveva sofferto l’ira di Dio sul Fauniera. Aveva perso molto terreno. Non aveva recuperato bene dal giorno ormai famoso della “tattica suicida” di Peveragno.

Ma l’ultima notte ha portato consiglio.

«Ho pensato a riposare bene – dice il ragazzo di Besançon – E’ stata una vittoria di testa e non solo di gambe. Ho proprio cambiato mentalità. Un’altra testa. Sapevo che c’era un’opportunità grandissima. Volevo questa vittoria più di ogni altra cosa». Ai suoi compagni avrebbe detto: «Demain on va gagner». Domani vinciamo.

«Ieri – riprende Gregoire – ho sofferto, davvero. Sapevo che il Fauniera sarebbe stato troppo duro per me e così oggi mi sono preso la responsabilità della corsa. Con Sam Watson, l’altro leader di giornata, abbiamo parlato molto, anche ieri sera e abbiamo voluto imporre la nostra strategia. Stavolta non avremmo preso in mano la corsa. 

«Oggi la squadra era tutta unita, tutta compatta su questa linea e quando è così le cose funzionano».

Ancora una volta la “trenata” decisiva l’ha data Lorenzo Germani che, nonostante una foratura e un cambio di bici, nel finale ha chiuso sulla fuga e ha guidato Watson e Gregorie in testa all’imbocco dello strappo.

Tutti compatti dunque. Tutti per Gregoire, ma anche per Sam Watson. L’inglese è molto veloce, ma tiene benissimo su percorsi del genere.

«Abbiamo corso e sprecato tanto per tutta la settimana – conclude Gregoire – e finalmente abbiamo raccolto una vittoria di tappa. Abbiamo cercato le energie per trovarla. E adesso possiamo rientrare felici a casa».

«E comunque è stato un buon Giro per noi. Abbiamo tre maglie (quella blu, rossa e quella bianca, ndr), siamo sul podio della generale e abbiamo vinto una tappa. Non abbiamo vinto la generale perché Leo Hayter è stato più forte, gli va riconosciuto. Ma questa vittoria rende più belle tutte queste altre cose».