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Cinque Monumenti: Gilbert, Pogacar e una Roubaix di troppo

12.03.2023
4 min
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Sanremo, Fiandre, Roubaix, Liegi e Lombardia: è quasi una filastrocca. Sono le cinque classiche Monumento, perle indelebili nella carriera di chi ne vince anche “solo” una. Ma nella storia del ciclismo c’è chi le ha vinte tutte e cinque. Ci sono riusciti solo tre atleti e sono tutti belgi: Rik Van Looy, Eddy Merckx e Roger De Vlaeminck, messi in ordine cronologico nella realizzazione dell’impresa.

Ora che la Sanremo si avvicina, in mezzo ai tanti fenomeni di questo ciclismo, è lecito pensare a chi davvero possa riuscirci: Evenepoel, Pogacar, Van der Poel, Van Aert? Per Philippe Gilbert, che ci è andato vicinissimo (si è fermato al poker, gli è mancata la Sanremo) il più accreditato è Tadej Pogacar.

Gilbert (classe 1982) ha chiuso la carriera la scorso anno. La Roubaix (2019) è stata la sua quarta ed ultima classica Monumento
Gilbert (classe 1982) ha chiuso la carriera la scorso anno. La Roubaix (2019) è stata la sua quarta ed ultima classica Monumento

Gilbert punta su Pogacar 

«Per me – ha detto Gilbert ad Eurosport – Pogacar può riuscire nell’impresa di vincerle tutte e cinque. Ma per lui l’incognita più grande è la Parigi-Roubaix».

Lo sloveno della UAE Emirates non parte da zero. In bacheca vanta già una Liegi e due Lombardia, le classiche più “facili” per lui da conquistare in quanto le più dure. Però ha dimostrato di poter vincere il Fiandre e di far bene alla Sanremo. 

Al Fiandre , lo scorso anno, si giocò la volata con Van der Poel, salvo poi subire quella rimonta da dietro e finire quinto. E alla Sanremo, sempre lo scorso anno, si mosse un po’ troppo presto sul Poggio. Fece più scatti e di fatto si bruciò da solo. Tadej ammise l’errore.

Ma lo stesso Pogacar ha anche ammesso che vuol vincere tutto. Che vuol provare a cambiare i calendari per mettere nel sacco più corse possibili. La scelta di andare alla Parigi-Nizza ne è l’esempio perfetto. Lui stesso ha detto: «Dopo due Tirreno volevo provare a conquistare un’altra corsa».

Gilbert ha disputato 18 Sanremo senza mai vincerne una. Pogacar finora ne ha corse due. Qui l’attacco prematuro sul Poggio nel 2022
Gilbert ha disputato 18 Sanremo senza mai vincerne una. Pogacar finora ne ha corse due. Qui l’attacco prematuro sul Poggio nel 2022

Sogno e realtà

«Non è facile vincere i cinque Monumenti del ciclismo – va avanti Gilbert – E’ un’impresa che richiede molta energia e forza, perché sono gare molto diverse, fatte per profili di corridori differenti.

«La Milano-Sanremo è per i velocisti e gente che sa fare “a pugni”. Il Fiandre e la Roubaix per corridori potenti e pesanti. E poi ci sono Liegi e Lombardia, che sono competizioni per corridori più leggeri, più scalatori. Quindi riuscire a vincerle tutte e cinque è estremamente complicato». 

Però Tadej ha un vantaggio: l’entusiasmo, la fame agonistica. Ha dalla sua la predisposizione mentale verso questa impresa. Non si tratta solo di esserci portati tecnicamente e fisicamente. Si tratta che per fare bene in queste gare bisogna essere disposti a sacrificare altri obiettivi, magari a metterne “a rischio” altri, rivedere le preparazioni. E Pogacar, a dispetto dei cacciatori di classiche, ha gli obiettivi maggiori nei grandi Giri. Non è facile conciliare tutto. Però, ripetiamo, ci sono la voglia e l’ambizione della grandezza.

E infatti aggiunge Gilbert: «Non è un caso se solo tre corridori nella storia ci sono riusciti. Però Pogacar è sicuramente quello più accreditato a poterle vincere tutte e cinque. Ho i miei dubbi solo su una gara: la Parigi-Roubaix».

Pogacar insegue Stuyven nella tappe del pavè lo scorso anno al Tour. Tra gli uomini di classifica Tadej fu quello che se la cavò meglio
Pogacar insegue Stuyven nella tappe del pavè lo scorso anno al Tour. Tra gli uomini di classifica Tadej fu quello che se la cavò meglio

Dubbio Roubaix

E vincere una Roubaix non è facile neanche se ti chiami Pogacar. Ponendo che Pogacar riesca a conciliare tutto nei prossimi anni, per Gilbert quello della Roubaix resta appunto l’ostacolo maggiore. Lì, sulle pietre, non si tratta solo di forza. Anche perché giusto durante lo scorso Tour de France Tadej ha mostrato di sapersi muovere bene anche sul pavé. C’è dell’altro.

Tra la gloria dei cinque Monumenti e Tadej potrebbero esserci dei chili… in meno, nel senso che lo sloveno è un po’ troppo leggerino.

«Non parlo solo della sua capacità di vincere la Classica delle Pietre – spiega Gilbert – ma ancor più dei rischi che dovrà correre per lottare per la vittoria. E certi rischi per un corridore che vuole vincere i grandi Giri forse incidono. Sarà pronto a correrli?

«E poi un conto è andare bene sul pavé al Tour dove ci sono altri corridori, più scalatori, e un conto è farlo alla Roubaix, dove ci sono tutti specialisti».

Beking, nella festa di Monaco, l’ultima vittoria di Gilbert

27.11.2022
8 min
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Philippe Gilbert che si allontana con i figli accanto – uno che porta il trofeo e l’altro con i fiori – è la sintesi perfetta della giornata e di una carriera eccezionale. Monaco, le quattro del pomeriggio lungo il Boulevard Albert 1er, davanti a yacht immensi e sguardi incuriositi, dove si è appena conclusa la gara dei professionisti a margine di un evento che, come nelle domeniche di paese, ha proposto chiacchiere e incontri. Ha vinto il belga della Lotto Soudal, all’ultima corsa. Mentre la carovana di Beking 2022 si disperde alla spicciolata, il belga firma autografi e concede gli ultimi sorrisi.

«Adesso finalmente – dice – mi rendo conto che è finita. Vivo a Monaco da 13 anni e chiudere qui resterà un bel souvenir. Avevo vinto già la prova cronometrata del mattino, ma vincere la kermesse con tutti i corridori che c’erano e il loro livello ha un sapore diverso. Ma al di là di questo, credo che Beking sia un bel progetto, per quello che vuole portare nella società. Il ciclismo professionistico qui non è famoso come in Belgio, dobbiamo fare in modo che lo diventi, affinché i bambini di oggi fra 15 anni possano essere i nuovi professionisti».

Alla partenza, immancabile, con Gilbert c’è il Principe Alberto di Monaco
Alla partenza, immancabile, con Gilbert c’è il Principe Alberto di Monaco

Il grande show

Se uno show come questo lo avessero organizzato in Italia, ci sarebbe stato il mondo. Ci sono quasi tutti i professionisti che qui risiedono e altri come Covi e Troia che sono venuti per partecipare. Poi ci sono tutti i team manager delle squadre WorldTour, perché l’UCI ha spostato qui il suo meeting annuale.

«E’ quella bella riunione che si fa sempre a novembre – scherza Brent Copeland della Bike Exchange-Jayco – quando hai chiuso il budget e loro fanno le sorprese di regolamenti cambiati e cose del genere».

Il manager sudafricano sorride rassegnato, ma è un fatto che a certe sorprese non corrispondano mai prese di posizioni di segno opposto da parte delle squadre. Sono arrivate così promozioni e retrocessioni e tutti quei cambiamenti di cui i corridori pagano il prezzo.

Szmyd per caso

A camminare sulla banchina c’è anche Sylwester Szmyd, preparatore della Bora-Hansgrohe, ma lui non è qui per la gara né per il meeting dell’UCI. 

«Abito là dietro – dice – vivevo qui da corridore e poi anche quando ho smesso. Guardate quanti campioni, davvero se lo avessero fatto in Toscana non ci sarebbe stato abbastanza spazio per il pubblico».

Ne approfittiamo per chiedergli di Giovanni Aleotti, sapendo che lo allena lui.

«Intanto prepariamo il debutto in Australia – dice – e poi speriamo di vederlo bene anche nelle classiche. Quest’anno è migliorato tanto, nonostante abbia avuto tanti stop. Al Sibiu Tour andava davvero fortissimo. Anche a Quebec. Gli ho detto di aspettare, perché quella è una corsa da un solo colpo. Invece si è messo a scattare e alla fine si è spento…».

Firma della maglia gialla per Pogacar, parso estremamente rilassato
Firma della maglia gialla per Pogacar, parso estremamente rilassato

Formolo e il trasloco

Pogacar è saltato fuori dal nulla assieme alla compagna. E’ tipo di poche parole. Sfila sorridendo con i bambini. Firma e posa, ma di base preferisce starsene per i fatti suoi.

«Stamattina è andato in bici – dice Formolo, raggiunto a Monaco dai suoceri – tanti si sono allenati e sono venuti fuori per il criterium».

Il veronese dice di aver firmato il contratto per il nuovo anno, anche se l’annuncio non è stato ancora fatto. Poi racconta di essere in pieno trasloco, perché l’appartamento in cui vivrà fino al 30 novembre è stato venduto.

Sagan con Ermanno Leonardi, Managing Director di Specialized Italia, sponsor dell’evento
Sagan con Ermanno Leonardi, Managing Director di Specialized Italia, sponsor dell’evento

I corridori sono mediamente tutti in affitto, solo pochi – Sagan fra loro – hanno scelto di comprare la casa in cui abitano. Peter è seduto su un cassone a parlare con Ermanno Leonardi di Specialized Italia e intanto con lo sguardo segue suo figlio Marlon che cammina accanto alla mamma. Nel corso della mattinata, Peter girava sul percorso portandolo sul tubo orizzontale.

Il ciclismo italiano

Pozzato ha corso al mattino nella prova a squadre fra corridori e amatori. Con lui dopo un po’ che si parla, il discorso finisce sul ciclismo italiano. Si ragiona di Giro U23 e Giro Donne, di Giro d’Italia e di Argentin e la sua posizione è la più interessante fra quelle sentite finora.

«Bisogna ripartire dai bambini – dice – copiare quello che hanno fatto nel tennis o in Francia col ciclismo. Il professionismo basta a se stesso, ma se vedo che a Vicenza gli juniores si sono dimezzati e al Sud non c’è più niente, comincio a preoccuparmi. Invece qui, al posto di fare sistema e unirsi, ognuno difende il proprio orto e pensa solo a fare la sua fortuna».

Alessandra Cappellotto, qui con Trentin, è a Monaco per il meeting Uci che si terrà lunedì e martedì
Alessandra Cappellotto, qui con Trentin, è a Monaco per il meeting Uci che si terrà lunedì e martedì

Uomini, non solo atleti

Accanto c’è Roman Kreuziger che riporta la sua esperienza in Repubblica Ceca, dove il numero di allievi e juniores nella sua Academy è in calo.

«Il bello – dice – è che bisogna discutere con i genitori per imporre che i ragazzi prima devono finire la scuola. Noi diamo bici, maglie, caschi… Diamo tutto, ma non vogliamo produrre solo degli atleti, vogliamo far crescere i ragazzi. Non voglio che fra cinque anni quegli stessi genitori vengano a dirmi che per colpa della bici i figli hanno smesso di studiare e adesso non sanno cosa fare».

Roglic e i bimbi

«Adesso smetteranno di chiederci quando ci sposiamo», sorride Elena Cecchini accanto a Elia Viviani. Accanto c’è Lizzie Deignan, con la figlia Orla attaccata alla gamba e l’ultimo arrivato Shea in braccio. Lei indossa già la tenuta della Trek-Segafredo, pronta a rientrare in gruppo.

E’ il giorno dei bambini. Un gruppo è arrivato da Forano, in provincia di Rieti. Altri sono figli di corridori e vivono qui. Scriccioli guerrieri, vestiti con le maglie dei corridori a frullare sui pedali su andature per loro forsennate.

«La prima cosa che bisogna insegnare ai bambini – dice Roglic – è il rispetto reciproco, poi c’è l’osservanza delle regole. Una giusta educazione è il solo modo perché diventino adulti consapevoli. Mi dispiace non correre, Beking è il modo migliore per unire la passione per la bici e l’impegno per gli altri».

Fra il pubblico, spinto sulla sedia da Manuel Quinziato, si riconosce anche Samuele Manfredi, che i suoi sogni di bambino ha dovuto rivederli e adesso ha scelto di dedicarsi alla hand bike, per dare sfogo a quella voglia di agonismo che l’incidente del 2018 gli ha portato via.

I due Principi

Il via alla gara dei pro’ ha voluto darlo ancora una volta il Principe Alberto, mentre in mattinata al villaggio di partenza si è fatta vedere sua sorella Stephanie, in jeans e un cappottino grigio. La sensazione è che Monaco apprezzi, ma non ami essere disturbata troppo.

La gente si è affacciata dalle balaustre, ha guardato e poi ha proseguito nella sua domenica calda in riva al mare che annuncia il Natale negli stand del villaggio in costruzione davanti al porto. Matteo Trentin saluta, a capo di un periodo che lo ha visto organizzatore al pari di sua moglie Claudia che ora dal palco ringrazia in francese e poi inglese.

A Beking, l’ultima gara da pro’ e ultima vittoria per Philippe Gilbert: una carriera straordinaria
A Beking, l’ultima gara da pro’ e ultima vittoria per Philippe Gilbert: una carriera straordinaria

Solidarietà e accorgimenti

Le iscrizioni degli amatori che al mattino hanno corso la prova a crono con i campioni saranno devolute per le due associazioni dichiarate alla partenza, per il resto si spera che gli sponsor coprano tutte le spese di un evento che ha ampi margini, ma forse potrebbe cercare una formula più incisiva. Splendido lo sforzo degli organizzatori, ma si può lavorare ancora (ad esempio) per coinvolgere il pubblico e portarlo tra gli stand della piccola fiera. I campioni non mancano: quelli a Monaco sono una garanzia.

«La mattina quando devo allenarmi – dice Battistella – basta mettersi sotto casa e aspettare il primo gruppetto che passa. Le strade sono spettacolari, la compagnia anche…».

Museo del Ghisallo: una pagina di storia del ciclismo

07.10.2022
6 min
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Se il Giro di Lombardia fosse un suono sarebbe lo scampanio della chiesa della Madonna del Ghisallo. Passaggio iconico della Classica delle Foglie Morte che dà il via alla parte finale della corsa. Accanto alla chiesa, c’è il Museo del Ghisallo (foto apertura archivio digitale Museo del Ghisallo), un posto magico per il ciclismo e per i suoi appassionati, potremmo definirlo un luogo di culto, al pari della chiesa che lo affianca.

L’interno del museo posto accanto alla chiesa della Madonna del Ghisallo (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)
L’interno del museo posto accanto alla chiesa della Madonna del Ghisallo (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)

16 anni di storie e leggende

«Nei primi anni ‘90 – ci racconta Antonio Molteni, presidente del museo del Ghisallo – un gruppo di persone appassionate di ciclismo, visto che nel santuario i lasciti non ci stavano più, ha deciso di costruire il museo. Grazie ai finanziamenti della Regione Lombardia siamo riusciti a costruire la struttura verso la fine degli anni ‘90. La nostra è stata una costruzione che è andata per passaggi, dopo la struttura siamo passati all’arredamento con le vetrine ed i vari cimeli».

«Il museo del Ghisallo – riprende a raccontare Molteni – è stato ufficialmente inaugurato il 14 ottobre del 2006. Pochi mesi prima, durante l’ultima tappa del Giro d’Italia di quell’anno, da Magreglio a Milano, ci fu il primo passaggio di una corsa. Anche se il museo non era ancora del tutto ultimato. La scelta di inaugurare la struttura il 14 ottobre non è casuale. Infatti, in quello stesso giorno del 1949, Papa Pio XII dichiarò la Madonna del Ghisallo la Santa protettrice dei ciclisti.

Continue donazioni

Il museo del Ghisallo è diventato, nel corso degli anni, un punto di riferimento di tutti i campioni che hanno corso e vinto per le strade di tutto il mondo.

«Negli anni il nostro museo – racconta dalla cima della salita che lo accoglie il presidente Molteni – si è ingrandito sempre più. Nonostante i due anni di Covid è rimasto vivo e vegeto e continua ad essere fonte di pellegrinaggio e donazioni. Oggi, Jan Ullrich, ha donato alla nostra collezione la bici con cui vinse il Tour de France 1997. In questi giorni, infatti, sulle strade del Giro di Lombardia, stanno girando le riprese di un film ispirato alla storia del campione tedesco».

«Abbiamo molti cimeli importantissimi, il nostro orgoglio sono le bici dei campioni: abbiamo quella con cui Coppi fece il record dell’Ora ed anche quella del mondiale di Baldini nel 1956. Uno dei pezzi più pregiati del nostro museo sono: la bici con cui Magni vinse il Tour de France nel 1949 e quella con cui vinse il Fiandre. Magni rimane l’unico corridore ad aver vinto per tre volte di fila il Giro delle Fiandre, conservare un cimelio del genere per noi è motivo di grande onore. Abbiamo anche tre bici appartenute ad Eddy Merckx, con una di queste vinse il Giro di Lombardia nel 1973».

Il Museo del Ghisallo contiene la più grande collezione di maglie rosa, l’ultima arrivata, quella di Hindley (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)
Il Museo del Ghisallo contiene la più grande collezione di maglie rosa (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)

Anche tante maglie

Dentro al museo del Ghisallo non ci sono solo bici, fedeli cavalli di ferro con i quali i campioni del passato hanno vinto gare eroiche ed emozionanti, ma anche tante magliette.

«Nelle nostre teche abbiamo anche tanti altri ricordi del mondo del ciclismo (riprende Molteni, ndr). Ben due magliette di campione del mondo di Coppi. Una ottenuta su pista nella disciplina dell’inseguimento individuale, l’altra conquistata su strada, ai mondiali di Lugano del 1953. La maglia di campione del mondo su pista la donò lo stesso Fausto ad un albergatore, suo grande tifoso, che lo ospitava quando si allenava al Velodromo Vigorelli. Successivamente fu poi donata al nostro museo. Disponiamo della più grossa collezione di maglie Rosa, l’ultima ci è stata portata proprio dallo stesso Hindley, il mercoledì dopo la vittoria del Giro a Verona».

Campioni recenti e tifosi

Jan Ullrich non è l’unico campione dei nostri giorni ad aver donato qualcosa al museo del Ghisallo. Tornando alla realtà, sulle strade del Lombardia, darà l’addio al ciclismo un grande campione dei nostri giorni: Nibali.

«Tornando a tempi più moderni – riprende il presidente del museo – abbiamo ricevuto in donazione anche la divisa con la quale Vincenzo Nibali vinse il Lombardia nel 2017. Gilbert (che saluterà anche lui il ciclismo domenica, ndr) ci ha regalato la divisa di campione del mondo conquistata nel 2012 sulle strade olandesi».

«Il nostro museo accoglie appassionati da tutto il mondo – precisa Molteni – nel 2019, ultimi dati utili pre-pandemia, abbiamo avuto ben 14.400 ingressi. Di cui la metà, 7.700, stranieri da ben 70 Paesi del mondo, pensate anche due ragazzi coreani. In questi giorni che precedono la Classica delle Foglie Morte, ospitiamo nel nostro parcheggio 4 camper di tifosi: due dal Belgio e due dalla Francia. Qui le camere sono piene da mesi! Speriamo di assistere ad una bella corsa, e di allargare ancora di più la nostra collezione».

Nella mattinata che anticipa il Giro di Lombardia Jan Ullrich ha donato al museo la bici con cui ha vinto il Tour nel 1997 (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)
Il venerdì che anticipa Il Lombardia Ullrich ha donato la bici con cui ha vinto il Tour nel 1997 (foto archivio digitale Museo del Ghisallo)

Eventi

Il museo del Ghisallo sostiene tanti eventi legati al mondo del ciclismo:

Il 16 ottobre a Gravedona, presso il Palazzo Gallio verranno portate delle bici in mostra.

Il 22-23 si disputerà sulle nostre strade “La Ghisallo” una ciclo-storica dedicata alle biciclette d’epoca. Sabato pomeriggio si svolgerà una cronoscalata a squadre al santuario. Domenica, invece, si terrà una pedalata di 50 chilometri.

Infine, il 29 verrà consegnato il Premio Torriani, un riconoscimento che viene dato a persone significative del mondo del ciclismo.

Lavori in corso per l’addio di Gilbert. E Quinziato ricorda

01.10.2022
5 min
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Si dice che Gilbert avrà giusto il tempo di appendere la bici al chiodo e poi diventerà presidente del CPA, il sindacato mondiale dei corridori. Di sicuro assieme a Trentin è uno di quelli che ci ha messo più spesso la faccia. Prima però ci sarà da festeggiare sul Cauberg con la Phil’s Last Ride. Il bilancio della carriera parla di 80 vittorie in 20 anni, con la sola Sanremo che manca alla collezione di Monumenti. Su quel muro olandese invece ha vinto quattro Amstel e il mondiale del 2012 e lassù ha invitato i suoi amici corridori il 15 ottobre. Fra loro, ci sarà Manuel Quinziato. I due hanno corso insieme per tutta la permanenza di Gilbert alla BMC. Per questo gli abbiamo chiesto un ritratto del grande belga che, al pari di Valverde e Nibali, ha scelto il 2022 come ultima stagione.

Gilbert sta annunciando sulla sua pagina Facebook i nomi degli amici per il suo addio. Qui Quinziato
Gilbert sta annunciando sulla sua pagina Facebook i nomi degli amici per il suo addio. Qui Quinziato
Fine 2011, arriva Gilbert. Chi era?

Usciva dall’anno delle 18 vittorie, con Amstel, Freccia, Liegi e San Sebastian, per cui scrisse il libro My Year in Top Gear. Arrivò che era già il corridore più forte al mondo, anche se il primo anno fece un po’ fatica all’inizio. Poi si riprese, vinse due tappe alla Vuelta e alla fine il mondiale.

Che impressione ti diede?

Un bravissimo ragazzo. Sveglio, molto intelligente, uno che aveva visione di corsa. Quando sta bene, non sbaglia niente. Quello che mi ha impressionato, avendo vinto tutte quelle corse, fu che al primo ritiro, se ho capito bene, era la prima volta che usava l’SRM. Praticamente non usava nemmeno il cardio. Faceva tutto a sensazione. E anche quando faceva le SFR, si metteva a ruota di uno, poi scattava dietro a un altro. Una salita la faceva piano, quella dopo la faceva a tutta. Era genio e fantasia.

Il Cauberg è il muro di Gilbert: nel 2012 partì qui per vincere il mondiale, ma ha vinto anche 4 Amstel
Il Cauberg è il muro di Gilbert: nel 2012 partì qui per vincere il mondiale, ma ha vinto anche 4 Amstel
Un tipo sveglio?

Una persona estremamente intelligente. Non ha mai corso in Italia, ad esempio, ma parla perfettamente l’italiano. Perché a Liegi comunque c’è un quartiere di italiani e poi ha corso in squadre belghe dove c’erano altri italiani. E alla fine lo ha imparato. 

Siete amici?

Sicuramente c’è un rapporto d’amicizia. Un anno, il 2013, è venuto a Bologna per vedere un concerto dei Placebo con mio cugino e degli amici. Io conoscevo uno dei membri della band e siccome aveva origini belghe, a lui era venuta voglia di vedere un concerto. Anche quando poi ha cambiato squadra, era uno dei corridori con cui mi fermavo sempre a parlare. Quindi mi ha fatto molto piacere che mi abbia chiamato, anche se abbasserò il livello (ride, ndr), visti quelli che ci saranno.

Lombardia 2012, Gilbert fresco iridato: al via da Bergamo non sfugge al bagno di folla
Lombardia 2012, Gilbert fresco iridato: al via da Bergamo non sfugge al bagno di folla
Un vero leader?

Mi ricordo un Giro del Belgio in cui mi impressionò la sua mentalità vincente. Perché lui, che stesse bene o meno, faceva sempre la corsa. Ci sono corridori che sono più timidi o hanno meno personalità e anche se stanno bene e non si prendono responsabilità. Lui faceva sempre la corsa, non importava come stesse. Quella è una cosa che mi aveva colpito. A volte andava male, però quando stava bene e la squadra lavorava per lui, quello era sicuramente un giorno positivo. Ha carattere vincente, una mentalità che non tanti hanno così forte.

Quanto era pesante essere campione del mondo in Belgio?

Gli sono stato vicino quell’anno. Mi ricordo che quell’inverno facemmo un ritiro a ottobre: a Gand, senza biciclette. Era come girare con Cristiano Ronaldo, negli anni belli del Real Madrid. Una cosa impressionante.

Ti è mai parso infastidito?

Ecco, questa è un’altra cosa positiva di Philippe. Si ferma con tutti i tifosi, sta con le persone. Questa è una cosa che mi piace molto, più diventi famoso e importante, più devi fare attenzione a questi aspetti. E lui si fa le foto con i fan che vogliono un autografo, si ferma con i bambini, è veramente disponibile con tutti.

Credi abbia sempre la stessa motivazione?

Quest’anno a 40 anni ha vinto una tappa e la classifica finale a Dunkerque. Se non sei estremamente motivato, è difficile vincere nell’ultimo anno. E anche se vince meno, comunque è un corridore che aiuta a vincere. Quindi in una squadra giovane come la Lotto Soudal in cui era quest’anno, sicuramente è stato utile per l’esperienza. E’ uno sport dove comunque avere accanto un corridore con la sua esperienza è importante.

Anche Quinziato è volato in Australia. Qui assieme a Ganna il giorno dopo la crono
Anche Quinziato è volato in Australia. Qui assieme a Ganna il giorno dopo la crono
Cosa ti aspetti dalla festa del Cauberg?

Non sarà il fine carriera di Federer, oppure magari sarà quello e sarà anche emozionante. Non so, non penso. Quando ha cambiato squadra, l’amicizia è rimasta uguale. Andremo per fare festa. I belgi su quello sono imbattibili.

Gilbert: tappe e frasi di una carriera da immortale

28.09.2022
5 min
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Tra pochi giorni la sua carriera arriverà al traguardo. L’ennesimo. L’ultimo. Philippe Gilbert è pronto all’ultima recita e la farà a Valkenburg, davanti ai rivali di una carriera lunghissima, durata un ventennio e contraddistinta da tantissime vittorie. Non tutte quelle che avrebbe voluto: quel traguardo che tanto agognava resterà proibito, la conquista di tutte le Classiche Monumento, ma quando porti a casa 81 successi lo puoi anche accettare e il vallone lo ha fatto. Chiude in pace con se stesso.

Tra questi 81 successi c’è di tutto. Ha vinto tappe in tutti e tre i grandi giri, ha conquistato classiche a iosa, ha anche vestito la maglia iridata ma soprattutto è stato un esempio. E allora riviviamo la sua carriera attraverso alcune magie, quelle per le quali ha reso unica la sua carriera.

Il primo Lombardia di Gilbert. Ne vincerà un altro, l’anno dopo con 12″ su Scarponi
Il primo Lombardia di Gilbert. Ne vincerà un altro, l’anno dopo con 12″ su Scarponi

Lombardia 2009, logica conseguenza

Il corridore della Silence Lotto viene da un periodo folgorante: nelle ultime tre corse ha vinto sempre lui, Coppa Sabatini, Paris-Tours, Gran Piemonte e sono tutte gare una diversa dall’altra. Quando mai uno che vince la classica francese dei velocisti poi va al Lombardia e vince? Invece il belga fa proprio così, nel finale evade con l’olimpionico di Pechino 2008 Samuel Sanchez e lo batte allo sprint con gli altri ad appena 4”. «Con questa condizione posso vincere dappertutto – risponde a chi sottolinea l’anomalia di cui sopra – in salita, in volata, dove volete…».

Alla Doyenne solo i fratelli Schleck reggono i suoi attacchi, ma cedono in volata
Alla Doyenne solo i fratelli Schleck reggono i suoi attacchi, ma cedono in volata

Liegi 2011, più forte degli Schleck

A un certo punto qualche dubbio gli è passato nella testa. In fuga non solo con due che sono compagni di squadra, ma che sono anche fratelli… Gli Schleck non hanno bisogno di parlarsi, basta uno sguardo, un cenno. Gilbert si sente schiacciato, ma com’era successo due anni prima ha una gamba folgorante. In settimana si è portato a casa Amstel Gold Race e Freccia Vallone, ha la possibilità di imitare il magico trittico di Rebellin e non se la fa sfuggire.

Parte ai 250 metri, volata lunga alla quale né Andy né Frank riescono a rispondere. «Ero solo contro due, che dovevo fare? Ho capito che potevo vincere quando mi sono accorto che Andy si stava sacrificando per il fratello, mi ha reso la cosa più facile». I giornalisti gli chiedono della Roubaix, che ha solo “assaggiato” nel 2007: «E’ pericolosa, c’è una lunga lista di corridori che sono caduti con conseguenze molto pesanti. Io non ho voluto rischiare il resto della mia stagione, vedremo col tempo».

In Olanda il belga anticipa tutti. Boasson Hagen batte Valverde nella volata del gruppo
In Olanda il belga anticipa tutti. Boasson Hagen batte Valverde nella volata del gruppo

Mondiali 2012, la stoccata del Cauberg

Si corre in casa dei rivali olandesi e questo dà sempre ai belgi quel qualcosa in più. Oltretutto si gareggia a Valkenburg, sulle strade dell’Amstel Gold Race che Gilbert gradisce molto avendola vinta già due volte. Alla Vuelta ha affinato la condizione con due successi di tappa, in Olanda aspetta finché Nibali non accende la miccia sul Cauberg e parte. A molti il suo scatto ricorda la “fucilata di Goodwood” di Saronni di trent’anni prima.

In sala stampa gli chiedono incessantemente della sua collezione di classiche d’un giorno, della ricerca del completamento di quel Grande Slam centrato solo da Van Looy, Merckx e De Vlaeminck, guarda caso tutti e tre belgi ma fiamminghi. Quell’ossessione sembra quasi più degli altri che sua…

Un Fiandre vinto alla sua maniera, di forza. Van Avermaet finisce a 29″
Un Fiandre vinto alla sua maniera, di forza. Van Avermaet finisce a 29″

Fiandre 2017: non ci si nasconde più…

Dopo aver conquistato tutte le classiche delle Ardenne, il pensiero di diventare re anche nel Nord inizia a solleticare la fantasia di Gilbert. Ma sono gare diverse e lo sa bene. Nel 2017 prova il tutto per tutto, ma cambia completamente il suo modo di correre: sul Kwaremont, a 55 chilometri dalla conclusione, si mette in testa al gruppo e lo disintegra, uscendone con 25” di vantaggio. Dietro ci sono due gruppi, quello di coloro che hanno provato a seguirlo e quello dei big. Si ricompongono, senza però mettersi d’accordo nell’inseguimento e Gilbert se ne va, arrivando a un minuto e mezzo. Ci prova Sagan, la sua maglia iridata attira Van Avermaet, Terpstra e Van Baarle ma ripassando sul Kwaremont va troppo vicino al pubblico, il suo manubrio s’incastra sul giaccone di uno spettatore e finisce a terra. L’ammiraglia è lontana, la gara è andata. Gilbert ringrazia e approfitta, vincendo con 29” su Van Avermaet.

A quel punto la Roubaix lo aspetta e Gilbert accetta la sfida: «La Roubaix è come la Liegi, se le gambe sono buone sai di poter vincere. Il problema vero è la Milano-Sanremo, guardate Sagan, si presenta ogni volta da grande favorito e non la centra mai…».

Sprint a due con Politt, anche la Roubaix è sua. Manca solo la Sanremo, dove è 3° per due volte
Sprint a due con Politt, anche la Roubaix è sua. Manca solo la Sanremo, dove è 3° per due volte

Roubaix 2019: il ciclismo non è matematica…

Dopo l’apprendistato dell’anno prima, Gilbert a 37 anni centra il successo più inatteso della sua carriera. E lo fa alla sua maniera, con tre attacchi che sbriciolano il gruppo con il solo tedesco Politt che regge la sua scia ma che in volata al velodromo non è un ostacolo, quasi intimidito al cospetto di un tale campione. «Tutti mi dicevano che il pavé non fa per me – sentenzia davanti ai giornalisti – ma sapevo come trasferire le mie qualità di scattista. Nella vita, c’è sempre bisogno di sfide entusiasmanti per contrastare il trascorrere del tempo».

Resta solo la Sanremo, dov’era stato 3° nel 2008 e 2011. Ci prova, nel 2020 è nono, ma la Classicissima è corsa che sfugge a tutti i dettami pur avendo un percorso che è quasi un rituale. Con quell’unico buco nella sua carriera Gilbert inizia a fare pace. Ora cala il sipario, ma prima c’è ancora una frase regalata ai taccuini da ripetere perché racchiude in sé tutta la carriera del corridore di Verviers: «Io sono un “puncheur”, un attaccante. Se non rischi mettendo i tuoi avversari alle corde non vinci». Guardate coloro che vincono e entusiasmano ora, da Van Aert a Evenepoel, da Van Der Poel a Pogacar: quell’assioma lo hanno imparato a memoria…

Pasqualon 2022

Dalla Vallonia, Pasqualon rivede il Giro e si lancia sul Tour

01.06.2022
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E’ un Andrea Pasqualon estremamente su di giri quello che risponde da Andorra, dove sta preparando i suoi prossimi impegni, ossia Giro di Svizzera dal 12 giugno e soprattutto il ritorno al Tour de France a luglio. La vittoria di domenica al Circuito di Vallonia, una delle prove del calendario belga “extraclassiche”, con al via molti corridori di primo livello gli ha dato quello spirito in più per lavorare in altura e preparare la campagna di Francia. Il veneto, come i suoi compagni, sarà chiamato a dare seguito allo splendido Giro d’Italia dell’Intermarché Wanty Gobert.

Rimpianto Giro

Pasqualon questo Giro lo ha vissuto prima con un po’ di rimpianto, perché avrebbe tanto voluto essere al via. La sua esperienza sui tracciati del Centro e Nord Europa (la partenza del Tour sarà dalla Danimarca) lo ha però dirottato sulla Grande Boucle.

«A conti fatti – dice – è stata anche una decisione giusta e che ho condiviso. Ero arrivato alla Roubaix con già 29 giorni di corsa nelle gambe ed ero sinceramente stanco. Avevo bisogno di ricaricare le batterie e soprattutto poter lavorare con calma, infatti mi sono fermato una settimana e poi ho ripreso con un primo periodo di allenamento intenso. I benefici si sono visti».

Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon al Circuito di Vallonia. Dietro si vede Zingle, terzo è Gilbert
Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon al Circuito di Vallonia. Dietro si vede Zingle, terzo è Gilbert
Com’è venuta la tua vittoria di Charleroi?

Era una gara ideale per le mie caratteristiche, con le tipiche strade del Belgio, tanto vento laterale, passaggi anche stretti, insomma dove c’era tanto da lavorare. Alla fine avevamo un circuito di 13 chilometri da affrontare tre volte, noi puntavamo a fare gara dura per ridurre al massimo la gente della volata finale. Io sapevo che il più pericoloso era Philippe Gilbert, ma all’improvviso è partito Zingle, il giovane della Cofidis. Gilbert non aveva gambe per chiudere, allora ai 300 metri sono scattato e ho superato il transalpino a 20 metri dal traguardo.

Questa è la tua prima vittoria in maglia Intermarché…

Sì e per me ha un valore altissimo. Finalmente dopo tanto lavoro al servizio degli altri ho avuto la mia giornata di gloria. Oltretutto ho ripagato la fiducia del team che in quest’occasione, proprio considerando le caratteristiche del percorso, mi aveva eletto capitano. Era la maniera migliore per proiettarsi verso l’estate.

Pasqualon Roubaix 2022
Il 34enne di Bassano del Grappa ha corso la sua prima Roubaix chiudendo 19°, miglior italiano
Pasqualon Roubaix 2022
Il 34enne di Bassano del Grappa ha corso la sua prima Roubaix chiudendo 19°, miglior italiano
Hai visto il Giro?

Certamente, con i ragazzi ci siamo sentiti quasi ogni giorno dopo la tappa. Io credo che il segreto del bei risultati della squadra sia proprio l’atmosfera che c’è fra noi. Siamo una famiglia unita, un vero gruppo di amici prima ancora che compagni di squadra. C’è lo spirito giusto e soprattutto affrontiamo ogni gara con l’obiettivo non del piazzamento, ma della vittoria. Quest’anno siamo già arrivati a 11, è un’annata magica che sarà difficilmente ripetibile e se continuiamo così io dico che possiamo anche entrare fra le prime 5 squadre del WorldTour.

I risultati dei tuoi compagni ti hanno sorpreso? Due uomini in top 10, le vittorie parziali di Girmay e Hirt…

Se devo essere sincero no. Biniam partiva con l’obiettivo di prendere la maglia il primo giorno e infatti è stato quello che l’ha contesa a Van Der Poel. Sono stato poi felicissimo per la sua vittoria a Jesi su un arrivo ideale per lui. “Bini” è esplosivo ma leggero, su un arrivo in leggera salita sapevo che poteva stroncare VDP che è più pesante e così è stato. Hirt dal canto suo sapevo che se superava indenne la prima settimana andava in crescendo e poteva anche entrare fra i primi 5.

Pasqualon Girmay 2022
Andrea insieme a Girmay: per l’eritreo il veneto è un amico e una guida esperta nel gruppo
Pasqualon Girmay 2022
Andrea insieme a Girmay: per l’eritreo il veneto è un amico e una guida esperta nel gruppo
E Pozzovivo?

E’ stato fenomenale, forse lui è stato la vera sorpresa, con quel che ha passato, arrivando in squadra quasi fuori tempo massimo. Non credevo potesse fare quello che ha fatto, se lo merita tutto. Ha dimostrato una tenacia che dovrebbe essere d’insegnamento a tanti ragazzi che mollano alle prime difficoltà. Questo è professionismo puro.

Ora c’è il Tour che ti chiama in causa. Con che obiettivi partite?

Avremo una squadra completa, con un treno per le volate di Kristoff e un uomo per la classifica come Meintjes. Anche lui è un diesel, se riesce a passare la prima metà Tour poi andrà a caccia della top 10 che ha già raggiunto due volte. Noi dovremo dargli una mano e tenerlo coperto in un Tour che si preannuncia molto duro sin dall’inizio, con la parte danese e l’incognita della quinta tappa sul pavé. Noi comunque possiamo emergere in ogni tappa, vogliamo assolutamente mettere la nostra firma con almeno un successo.

Pasqualon Meintjes 2022
Il sudafricano Meintjes sarà il capitano dell’Intermarché al Tour, puntando alla top 10
Pasqualon Meintjes 2022
Il sudafricano Meintjes sarà il capitano dell’Intermarché al Tour, puntando alla top 10
E Pasqualon che compiti avrà?

Io lavorerò per gli altri, ma avrò anche spazio, soprattutto in quelle tappe con arrivo in leggera salita dove ci invertiremo i compiti con Kristoff, che sarà lo sprinter per gli arrivi in pianura. Su quelle tappe più mosse, anche in caso di arrivo allo sprint posso dire la mia. Mi sto preparando per quello.

Lelangue: «Gilbert diesse in corsa, non ancora in pensione»

14.05.2022
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Philippe Gilbert, asso, campione, vecchio, forte… Il corridore della Lotto Soudal la scorsa settimana è tornato ad alzare le braccia (in apertura, foto Belga Image). Una volta il vallone dava del “tu” alla vittoria. Poi all’improvviso, per una lunga serie di imprevisti, questa sembrava diventata un miraggio. Ma John Lelangue, suo general manager e direttore sportivo, non ha mai dubitato che il sole potesse tornare a splendere.

La vittoria l’ha ottenuta in una tappa della Quattro giorni di Dunkerque, la corsa che ricorda la terribile battaglia del 1940 nella seconda Guerra mondiale. Una battaglia che durò otto giorni e che siglò l’avanzata di Hitler, ma che al tempo stesso fu il primo germe della resistenza degli alleati.

E la resistenza è quella che ha mostrato anche Philippe Gilbert in questi anni post Covid. Il passaggio alla squadra di Lelangue era stato costellato solo da debacle.

Nel 2012, Philippe passa dalla Omega alla Bmc di Lelangue. Al termine di quella stagione Gilbert vincerà il mondiale
Nel 2012, Philippe passa dalla Omega alla Bmc di Lelangue. Al termine di quella stagione Gilbert vincerà il mondiale
John, raccontaci un po’ della vittoria di Gilbert a Dunkerque: ve l’aspettavate?

E’ stata una grande soddisfazione rivederlo vincere. Conosco Philippe da molto tempo, da quando era alla Bmc e quando nel 2020 è arrivato in questa squadra, la Lotto Soudal, ne è subito stato parte integrante. Qui ha iniziato il finale della sua carriera.

Un arrivo complicato però…

Molto. E’ arrivato e le cose andavano bene. Veniva dalla vittoria alla Roubaix, aveva fatto una bella Vuelta. Nell’inverno 2019 aveva iniziato con una buona Het Nieuwsblad e un’ottima Parigi-Nizza. Poi è arrivato il Covid. In questo periodo si è allenato molto bene. Il primo agosto fece una top ten alla Sanremo e andammo al Tour con l’idea di vincere una tappa. Ma cadde subito e colpì il ginocchio che si era infortunato già in passato sul Portet d’Aspet. Ha fatto una lunghissima riabilitazione. E’ stato due stagioni a recuperare fin quando all’ultima Liegi qualcosa è cambiato. Non ha ottenuto risultati, ma per la prima volta dopo due anni, non ha avvertito problemi fisici, neanche di respirazione (post Covid, ndr). Insomma aveva ritrovato il piacere di correre.

E questo ha cambiato tutto…

Ha contato molto. A Dunkerque nei giorni successivi eravamo andati con Arnaud De Lie capitano. Ma lo abbiamo perso alla prima tappa e Gilbert si è ritrovato ad essere leader. Ha tirato fuori una grinta pazzesca e ha voluto dimostrare che gli ultimi due anni non era stato lui, che ce la può ancora fare. Certo, ci rendiamo conto che oggi è molto difficile con i Pogacar e la nuova generazione… ma è stata una liberazione. Ma attenzione, da adesso in poi per lui non sarà una passerella di fine carriera, non sarà una lunga cerimonia. Lui vuol correre per vincere e per aiutare. E questo è molto importante anche per me.

Per Lelangue, avere un campione come Gilbert in squadra è ottimo anche per i giovani
Per Lelangue, avere un campione come Gilbert in squadra è ottimo anche per i giovani
Per te è importante: un corridore così che fa il road capitan sa il fatto suo…

Importantissimo. Philippe è un Hincapie della Bmc, con la differenza che lui è un monumento vivente. Posso dirvi che nelle riunioni prima e dopo la gara o persino durante la corsa quando parla lui c’è il silenzio. Tutti lo stanno a sentire. E’ legittimato dai suoi tanti successi. E poi ha una visione totale della corsa.

Visione totale?

Sì, vede la gara come pochi altri. Nell’ultima Roubaix, per esempio, aveva visto nelle fasi iniziali della corsa, che la Ineos-Grenadiers si stava preparando a qualche movimento, deve aver colto qualche frase e così per radio ha richiamato due corridori che gli erano vicini e anche se hanno faticato sono riusciti a muoversi e infatti nel momento clou erano davanti. E poi un Gilbert così è un aiuto e uno stimolo per i miei giovani come Vervloesem, Vermeersch, De Lie.

Un diesse in corsa, insomma?

Eh sì. E poi con lui è un piacere. E’ perfetto. In gruppo parla moltissimo e vede tutto. Andiamo a destra, risaliamo a sinistra. E’ l’occhio del diesse in gruppo.

L’ultima Roubaix. Gilbert nelle mitiche docce del velodromo. Ha vinto questa classica nel 2019 (foto Instagram)
L’ultima Roubaix. Gilbert nelle mitiche docce del velodromo. Ha vinto questa classica nel 2019 (foto Instagram)
Prima hai detto che non sarà una passerella per Gilbert: qual è allora il suo calendario?

“Step by step”, vediamo passo dopo passo. Intanto adesso ci sono alcune corse che vuol vincere a giugno. Poi vedremo se fare il Delfinato o il Giro di Svizzera. Così come vedremo se farà il Tour. Philippe, come tutti i suoi compagni, sa che porterò gli uomini più forti alla Grande Boucle. E poi da qui a ottobre dobbiamo fare in modo che possa vincere ancora.

Beh, potrebbe finire con un grande Giro di Lombardia!

Vedremo – ride Lelangue – ma bisogna essere realisti. Con questa nuova generazione tanti equilibri in certe corse sono cambiati. Pogacar, Pidcock… e tanti scalatori. E’ difficile ormai primeggiare in una corsa del genere, meglio gare più abbordabili.

E per il 2023, per il futuro cosa prevedete per Gilbert? Visto che è così bravo lo vorresti come diesse?

A me piacerebbe! Ma penso che nella sua carriera abbia corso tanto e fatto enormi sacrifici e quelli di un diesse per certi aspetti sono ancora più grandi. Un tecnico manca da casa 200 giorni l’anno. Penso che Philippe abbia anche voglia di godersi la sua famiglia, i suoi bambini… che tra l’altro vanno in bici. Per ora non ci sono programmi futuri. Io intanto me lo prendo come corridore fino alla sua ultima gara. Poi ogni decisione spetta a lui ed è libero di fare ciò che crede.

Due fratture al ginocchio per Gilbert entrambe al Tour. La prima nel 2018 (in foto), la seconda nel 2020 con la maglia della Lotto
Due fratture al ginocchio per Gilbert entrambe al Tour. La prima nel 2018 (in foto), la seconda nel 2020 con la maglia della Lotto
Ma in Lotto Soudal le porte sarebbero aperte?

Totalmente aperte e in ogni momento.

John, conosci Gilbert da molti anni, cosa ti ha colpito di questo atleta?

Ho avuto per la prima volta Gilbert nell’inverno del 2011 ed ebbe subito un anno difficile. Una brutta caduta ad inizio stagione che gli compromise molti risultati. Fu orribile. Allora iniziammo a pensare alla Vuelta. “Andiamo alla Vuelta per fare bene il mondiale”, era questo il nostro unico scopo. Vinse due tappe in Spagna. Si presentò a Valkenburg non al massimo, ma in buona condizione con la fiducia. 

E Gilbert vinse quel mondiale…

E lo stesso nel 2018. Era alla Quick-Step, finì la tappa del Tour con un ginocchio rotto. Viene da noi e gli succede di nuovo la stessa cosa. A quel punto un corridore della sua età e con tutto quello che ha vinto poteva finirla lì. Invece si è messo sotto a lavorare, si è preso tantissime critiche da parte dei media, dei fans… perché sembrava che non lavorasse e perché non andava. Lui invece voleva vincere con la maglia della Lotto-Soudal. E alla fine ha avuto il suo riscatto. Pensate che a Dunkerque era anche arrabbiato perché per colpa di un abbuono per poco perdeva la classifica generale. Philippe non si arrende mai: ecco cosa mi colpisce di lui.

EDITORIALE / Il ritorno di Gilbert e il mantello del santo

09.05.2022
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Philippe Gilbert compirà 40 anni il 5 luglio e ieri, dopo due anni e mezzo senza risultati (l’ultima volta risaliva alla Vuelta del 2019), è tornato alla vittoria. Occasione è stata la Quattro Giorni di Dunkerque, in cui il vallone della Lotto Soudal ha conquistato giovedì la tappa di Mont Saint Eloi, una sorta di piccola Liegi, e ieri la classifica finale.

«Mi rende davvero felice – ha detto Gilbert, in apertura nell’immagine Photo News – ho passato due anni difficili con molti problemi e tempi duri (la doppia frattura del ginocchio non è stata facile da recuperare, ndr). Ma voglio chiudere la mia carriera ai massimi livelli.  Non ho mai dimenticato cosa si deve fare per essere al top. Le Classiche sono state difficili per me, perché per motivi di salute non ho mai potuto allenarmi come previsto. Questa volta, con il tempo migliore e in una gara più breve, sono riuscito ad ottenere la vittoria. Grazie anche alla squadra, che è stata grande. Perciò, prima mi sposo, a fine mese. Poi per le gare successive sono molto ambizioso. Voglio vincere ancora un po’».

Due fratture al ginocchio per Gilbert. La prima nel 2018 al Tour (qui sopra), la seconda nel 2020 e sempre al Tour
Due fratture al ginocchio per Gilbert. La prima nel 2018 al Tour (qui sopra), la seconda nel 2020 e sempre al Tour

Abbondanza belga

Sarà che in Belgio hanno Van Aert ed Evenepoel (oltre a un’altra manciata di ottimi corridori), quando alla vigilia della Liegi ci trovammo con Gilbert a parlare della sua ultima Doyenne, la sensazione fu di trovarsi davanti a un grande campione cui nessuno si sarebbe sognato di chiedere più di quel che poteva dare. Una leggenda. Uno da ringraziare. Uno davanti al quale, al pari di Valverde, al via della Liegi i giovani corridori facevano quasi l’inchino. E nei commenti dei tifosi sui social, la gratitudine per le grandi emozioni prevaleva palesemente sull’invidia. Segno di equilibrio e rispetto.

Come in Spagna, dove pur dovendo attendere perché sboccino Ayuso e Rodriguez, nessuno si sogna di mandare a processo Valverde perché non ha vinto la Liegi. E intanto Alejandro va avanti leggero a correre con l’animo libero, nel segno del suo consiglio preferito: disfrutar bicicleta, goditi la bicicletta.

Valverde secondo alla Freccia Vallone: al via era calmo, come chi non ha niente da perdere
Valverde secondo alla Freccia Vallone: al via era calmo, come chi non ha niente da perdere

La scelta di Nibali

Al via di una tappa della Settimana Coppi e Bartali, in un mattino un po’ pigro e finalmente tiepido a Riccione, ci siamo ritrovati a parlare con Vincenzo Nibali.

Simone Carpanini gli aveva appena fatto una breve intervista (trovate ancora il video sulla nostra pagina Facebook) e così parlando con lui del più e del meno, c’è scappata la tipica frase di quando non ci si vuole svegliare da un bel sogno.

«Non so se sia davvero il tuo ultimo anno, ma per come stai e la sensazione che ancora in bici ti diverta, potresti anche valutare di non appenderla al chiodo».

Nibali è stato zitto. Si è fatto serio. E poi ha risposto.

«Hai ragione – ha detto – a volte ci penso anche io e forse lo valuterei. Il guaio è che non posso viverla come vorrei, perché ogni volta viene fuori che devo vincere il Giro e ogni volta mi mettete addosso delle pressioni che di anno in anno sono più difficili da sopportare».

Al via da Budapest, abbiamo visto un Nibali super rilassato, che nella crono però ha lasciato il segno
Al via da Budapest, abbiamo visto un Nibali super rilassato, che nella crono però ha lasciato il segno

Il vuoto alle spalle

Ha ragione. Magari qualche pressione il campione se la mette anche da sé, ma nell’Italia che non ha Van Aert ed Evenepoel, che ha una manciata di ottimi corridori disseminati in squadre straniere e non ha una grande squadra un cui farli crescere, attaccarsi al mantello del santo è la cosa che sappiamo fare meglio. Con grandi attese, grandi titoli, poco equilibrio e a tratti anche poco rispetto. Lasciamo stare poi la gratitudine

Eppure, quando lo speaker della Liegi s’è messo ad annunciarlo in francese, non sono bastate le dita di due mani per tenere il conto del palmares. Nel suo francese plateale, lo speaker è partito dai due Giri d’Italia. Poi ci ha messo il Tour de France. Ha aggiunto la Vuelta. E poi ha calato in un ritmare da deejay consumato i due Lombardia, i due campionati italiani. E alla fine, da attore consumato, ha piazzato sul tavolo anche la Sanremo. Con quale coraggio si punta il dito?

Cassani annuncerà la nascita di una squadra WorldTour? Tanti la attendono con grande speranza
Cassani annuncerà la nascita di una squadra WorldTour? Tanti la attendono con grande speranza

La formula sbagliata

Come già scritto in più occasioni, è la formula italiana che non funziona. I talenti nascono e, al pari dei cervelli, sono costretti ad andarsene. Non ci sono alternative. E chi potrebbe effettivamente offrirne soffre della già citata bulimia. Mangiano e buttano via.

Perciò, dopo aver visto vincere Gilbert e in attesa che Nibali trovi il modo di fare brillare la sua classe, ci chiediamo se la Federazione abbia effettivamente le capacità per bloccare la deriva e se davvero Cassani sia sul punto di annunciare la sua squadra. Mentre la Eolo-Kometa cresce in modo convincente, la Drone Hopper-Androni recita il solito copione affidabile e la Bardiani-Csf macina da qualche anno corridori come noccioline, non avendo altro ci aggrappiamo anche noi al mantello del santo. Quello dello Squalo. E quello di San Davide da Solarolo, messo via con troppa fretta, nonostante il buono che ha realizzato e che avrebbe ancora potuto realizzare.

L’ultima Liegi di Gilbert, parole e immagini sulla Redoute

22.04.2022
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«E’ la mia ultima Liegi – dice Gilbert che si è commosso mentre sullo schermo scorreva il video – è particolare essere qui ai piedi della Redoute. Stamattina sono passato in bici e ho visto il mio nome scritto per terra. Non c’è stato un grande effetto sorpresa, perché ci stavano lavorando da tre giorni, ma mi ha emozionato».

Venerdì, prova percorso

Le quattro del venerdì pomeriggio, giorno dedicato alle prove sul percorso. Gilbert è passato sulla Redoute salutando amici e parenti. E ora ci accoglie per una conferenza stampa nella piazza di Aywaille che porta il suo nome. Il belga della Lotto Soudal ha visto scorrere il video in cui la sua voce narra il rapporto con la Doyenne e a un tratto ha tradito gli occhi lucidi. E’ nato e cresciuto proprio qui. E anche se la vita l’ha portato a Monaco e su strade lontane, resta il ragazzino che da piccolo si cimentava sulla Redoute e l’ultimo belga ad aver vinto la Liegi. Domande e risposte, pochi giornalisti.

«E’ la prima conferenza stampa da tanto tempo – ironizza – vorrà dire che ci sono cose importanti da dire. Cominciamo pure…».

Come arrivi all’ultima Liegi?

Il calendario è cambiato, la Roubaix a inizio settimana non ha aiutato. Sono stato male nei giorni scorsi, non sono stato capace di fare gli specifici necessari. La forma è buona, ma non sufficiente per garantire un risultato. Non è la condizione ideale, ma l’esperienza è lì e potrà compensare in parte. Ma alla Liegi non si fanno miracoli.

La carriera non finisce domani…

Ci terrei a sottolinearlo. Ci sono ancora tante corse in calendario e per ora mi concentro al 100 per cento sul mio mestiere. Poi sarà difficile abbandonarlo, ho dei contatti e vedremo se a fine anno si concretizzeranno. Avrò più tempo per la famiglia, quello è un aspetto sempre prezioso.

Ultima Liegi per Gilbert, che è nato ad Aywaille, ai piedi della Redoute: la salita ha il suo nome a ogni metro
Ultima Liegi per Gilbert, che è nato ad Aywaille, ai piedi della Redoute: la salita ha il suo nome a ogni metro
Che Liegi ti aspetti?

Una corsa più aperta. Valverde secondo a Huy ha mostrato di essere in buona condizione e dovrà prendersi il suo ruolo, nel senso che sarà la sua squadra a dover tirare se nel finale ci sarà una fuga. Ma di questi tempi è difficile fare previsioni, lo ha dimostrato l’Amstel. Di sicuro il nuovo finale senza la Cote de Forges si presta per attacchi. Con il vento che cambia direzione ogni tre ore e la renderà ancora più illeggibile.

Qualcuno dubita che per Valverde sarà l’ultima Liegi…

Per me lo sarà di certo, l’ho deciso tre anni fa quando ho firmato questo contratto. Non credo che tornerò indietro, davvero no.

Pensi che Van Aert possa fare la sua corsa?

Perché no? Ha saltato il Fiandre per il Covid, ma per lui l’arrivo a Liegi è una cosa buona. Sarebbe stato più difficile gestirlo ad Ans, ma se anche lo staccassero alla Roche aux Faucouns e lui riuscisse a salire con il suo passo, credo che avrebbe tutto il tempo per rientrare.

Nella conferenza stampa, Gilbert ha tenuto a sottolineare che la sua carriera non finisce domenica
Nella conferenza stampa, Gilbert ha tenuto a sottolineare che la sua carriera non finisce domenica
Sulla Redoute penserai al pubblico o alla corsa?

Se sarò davanti, il pubblico mi darà forza, ma penserò al risultato. La Redoute secondo me ha ripreso importanza senza la Cote de Forges. Comunque avere il pubblico sarà bello, dopo i due anni brutti della pandemia. Lo sport è soprattutto trasmettere le emozioni ai più giovani sulla strada. E’ importante far vivere loro delle esperienze forti.

Ti sei commosso a leggere le parole di quel video?

Non troppo. L’ho letto ad alta voce per quattro volte e poi l’ho registrato al primo tentativo. Ma devo dire che vederlo adesso con le immagini… non mi ha lasciato indifferente!