GLASGOW – Sugli sterrati di Glentress Forest, delle polemiche e dei regolamenti su misura, la maglia iridata va a Tom Pidcock, che passa sul mondiale di cross country da specialista e non certo da stradista in gita premio, come purtroppo sono parsi Van der Poel e Sagan.
C’era così tanta attesa per la prova dell’olandese iridato su strada, da aver dimenticato che in questo ciclismo così specializzato, la mountain bike non fa certo eccezione. E se Ganna potrebbe aver avuto problemi nel passare dall’inseguimento alla crono, figurarsi se in sei giorni e senza una preparazione specifica, Van der Poel avrebbe potuto lottare ai massimi livelli nel fuoristrada.
Al via non hanno guardato in faccia più nessuno: la partenza è stata data ieri alle 15,30Al via non hanno guardato in faccia più nessuno: la partenza è stata data ieri alle 15,30
Dalla quinta fila
La norma “salva star” che ha consentito a Pidcock, Van der Poel e Sagan di partire dalla quinta fila, ben più avanti di quanto il loro ranking avrebbe consentito, è servita quindi soltanto al britannico, che comunque ha dovuto inseguire per un bel po’ prima di arrivare in testa alla gara. Pensando ai tentativi della Ineos Grenadiers di farne un uomo da Tour e a quanto questo gli pesi, si capisce che il luogo della spensieratezza per Pidcock sia questo e nessun altro.
«I primi 4-5 giri sono stati velocissimi – ha commentato il fresco vincitore – è stato difficile tornare davanti dalla posizione mi trovavo. Un percorso super duro. Ma lo sapevo dall’anno scorso: il mondiale ha un livello diverso rispetto alle gare di Coppa del Mondo».
Sagan non ha fatto mancare le sue acrobazie, ma alla resa dei fatti ha pagato il conto in salitaSagan non ha fatto mancare le sue acrobazie, ma alla resa dei fatti ha pagato il conto in salita
La regola riscritta
Il fatto, in breve. Per agevolare la partecipazione delle tre star della strada, l’UCI ha modificato il regolamento, consentendo loro di partire a ridosso delle prime file. Un bel vantaggio, se ricordiamo ad esempio la rimonta cui fu costretto Sagan alle Olimpiadi di Rio, quando partì dall’ultima fila. Uno strappo alla regola piuttosto evidente: basti pensare che nei giorni scorsi Viviani non ha potuto partecipare all’individuale a punti al posto dell’infortunato Consonni, perché non aveva i punti per farlo. Nella mountain bike hanno fatto finta di niente.
E così in un giorno luminoso e polveroso a due ore e mezza da Glasgow (dove non ha fatto che piovere), i nostri eroi sono partiti con grande enfasi. E mentre Sagan si è prudentemente defilato (chiuderà al 63° posto, a 7’14” da Pidcock), Tom ha dimostrato di sapere il fatto suo, mentre Van der Poel è caduto a una delle prime curve.
Vam der Poel è partito come Sagan e Pidcock dalla quinta fila, ma ha sbagliato per la foga di rimontareVam der Poel è partito come Sagan e Pidcock dalla quinta fila, ma ha sbagliato per la foga di rimontare
Imbarazzo Van der Poel
Seduto davanti al camper della squadra olandese, l’iridato della strada è parso piuttosto scocciato e anche in imbarazzo. Dopo aver dichiarato per giorni di non avere un reale interesse per la mountain bike, la sua reazione e le sue parole hanno fatto pensare all’esatto opposto.
«La vittoria di domenica scorsa – ha detto, con una ferita sul viso e una sul ginocchio – è una bella consolazione, ma questa caduta toglie l’euforia e penso che sia la vergogna più grande. Ho battuto sulla stessa parte della gara su strada, quindi la ferita si è riaperta. Tuttavia questo è secondario: penso che la delusione superi il danno fisico. Mi è scivolata la ruota anteriore e ho fatto tutto da me. Sono piuttosto incavolato con me stesso, è stato uno stupido errore in una delle parti più facili del percorso. Continuare non era un’opzione, la botta è stata troppo forte. Parigi 2024? Sicuramente non smetterò di andare in mountain bike, ho notato in questa settimana quanto mi piaccia. E se andrò alle Olimpiadi, devo ringraziare Tom Schellekens, che sabato ha conquistato un posto per l’Olanda. Quindi sono stato fortunato».
La sicurezza di Van der Poel non trova grande corrispondenza nelle parole del tecnico olandese Gerben de Knegt: «Abbiamo visto che se Mathieu vuole trovare il tempo – ha detto a Het Nieuwsblad – può farcela. Ma deve essere in grado di dedicare del tempo al suo programma e questo è il più grande punto interrogativo. Non andremo a Parigi per finire decimi, sia chiaro. E un risultato migliore qui avrebbe comunque aiutato».
Pidcock ha dovuto fare una bella rimonta per almeno 5 giri, prima di arrivare sui primiSul podio con Pidcock il neozelandese Gaze e il roccioso Nino SchurterPiccoli tifosi crescono: Pidcock è un eroe dello sport e della MTB britannici e si percepivaPidcock ha dovuto fare una bella rimonta per almeno 5 giri, prima di arrivare sui primiSul podio con Pidcock il neozelandese Gaze e il roccioso Nino Schurtericcoli tifosi crescono: Pidcock è un eroe dello sport e della MTB britannici e si percepiva
Guai per Pidcock
Intanto Pidcock, che alla fine di tutto ha dato un abbraccio di grande complicità alla compagna di club Ferrand-Prevot che si è ripetuta fra le donne, tira un sospiro di sollievo e sta alla larga da polemiche e rimostranze. Anche perché lui è il meno alieno fra gli ammessi in extremis, avendo già vinto due mondiali, gli ultimi campionati europei a Monaco ed essedo campione olimpico in gara.
«Alla fine della gara – ha detto visibilmente sollevato – si deve essere allentato qualcosa nel cambio, tanto che se forzavo, avevo continui salti di rapporto. Non sapevo se fermarmi e stringerlo di nuovo, perché temevo che la mia gara potesse finire da un momento all’altro. Non potevo andare a tutto gas per non sollecitare troppo la trasmissione, devo dire che gli ultimi giri sono stati parecchio stressanti».
Braidot si è piazzato settimo all’arrivo: lui è poco soddisfatto, ma alla base ci sono stati problemi tecniciBraidot si è piazzato settimo all’arrivo: lui è poco soddisfatto, ma alla base ci sono stati problemi tecnici
L’onestà di Braidot
Migliore degli italiani è stato Luca Braidot, settimo all’arrivo, con un distacco di 1’41” che fa pensare comunque a una condizione molto buona.
«Sono un po’ deluso – ha detto – ma la gara è andata così, molto veloce. Ho avuto un piccolo problema tecnico al secondo giro e ho dovuto gestirla sino alla fine. Sono rimasto nel secondo gruppetto e nell’ultimo giro sono riuscito a staccare i 3-4 che erano con me e a guadagnarmi la 7° posizione.
«Riguardo la polemica sull’ordine di partenza dei tre stradisti, non trovo corretto che l’UCI abbia cambiato le regole all’ultimo giorno, però è un onore correre con questi atleti. E’ importante che vengano a correre da noi e sono felice della loro presenza. Pidcock è rientrato su di me veramente forte, aveva la gamba per vincere e l’ha dimostrato».
Kristian Sbaragli confermato nel ruolo di braccio destro di Van der Poel nelle classiche. Ecco come si allena per essere all'altezza del delicato ruolo
In questo Tour de France, al di là di chi lotta per la maglia gialla o compete comunque da protagonista, ci sono due figure già storiche per il ciclismo, che hanno vestito a ripetizione la maglia iridata, ma che hanno perso parte dello smalto che avevano. Ci sono molti punti in comune fra Peter Sagane Julian Alaphilippe, dato da un passato fatto di grandi vittorie nelle classiche e nelle edizioni iridate. Il presente li vede un po’ ai margini, anche se lo stanno vivendo in maniera diversa perché anche il futuro si prospetta differente.
Due corridori posti su binari diversi, che Gianni Bugno, altro corridore capace di conquistare due titoli mondiali a distanza di un anno (Sagan a dir la verità ne ha vinti addirittura tre) guarda con la sua lente d’ingrandimento.
Peter Sagan chiuderà a fine stagione, per dedicarsi alla mountain bike, con il sogno delle OlimpiadiPeter Sagan chiuderà a fine stagione, per dedicarsi alla mountain bike, con il sogno delle Olimpiadi
«E’ chiaro che non sono più i campioni di qualche anno fa – inizia Bugno – anche se la gente vedo che li guarda sempre con grande affetto, quando arrivano alla partenza. Questo Tour però lo stanno vivendo in maniera diversa, mi colpisce soprattutto Sagan, che vedo molto al di sotto dei suoi standard. Credo che il fatto di aver già annunciato l’intenzione di smettere a fine anno gli precluda molte possibilità».
Pensi che influisca mentalmente?
Sì, ho come l’impressione che abbia mollato, che non ci creda più. E quando sei tu il primo a non crederci, è difficile che i risultati arrivino. Non so neanche quale sia la sua reale condizione, mi pare sia un po’ a terra moralmente e non abbia la spinta giusta per provarci. Si accorge che in volata non può tenere testa a Philipsen, anche sui percorsi misti che una volta erano il suo forte non emerge, è un po’ alla deriva.
Nonostante gli scarsi risultati, la passione per Sagan non accenna a diminuireNonostante gli scarsi risultati, la passione per Sagan non accenna a diminuire
E’ uno stato che emerge in questo Tour o lo avevi notato già prima?
No, è un po’ tutta la stagione che va così. L’ultima vittoria è stata il titolo nazionale dello scorso anno, sono 12 mesi che non vince. Ogni tanto riesce a cogliere qualche piazzamento e nulla più. Per questo dico che è una questione soprattutto di testa. Ha bisogno di nuovi stimoli.
Poteva averli dal team, in quanto a supporto diverso?
E’ un discorso più personale. Io credo che ormai sia proiettato verso nuove dimensioni, non è un caso se ha detto che vorrebbe riprovare la mountain bike per tentare di andare alle Olimpiadi oppure se sia sempre molto interessato al gravel. Ha bisogno di una nuova dimensione, che in questo ciclismo su strada non trova più.
Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?Alaphilippe è spesso in fuga e vuole centrare una tappa. La Soudal lo sta supportando?
Veniamo ad Alaphilippe: stesso discorso?
Il francese non è sicuramente quello dello scorso anno, si vede anche quando prova a entrare nelle fughe, ma nel suo caso ci sono ragionamenti diversi da fare. Non ha dalla sua un team che lo supporta e questo mi dispiace, perché si ci è dimenticati un po’ troppo in fretta di come con i suoi titoli mondiali abbia tenuto su la squadra, di quanto sia stato importante anche come immagine. Il fatto di essere visto dai vertici del team con un po’ di sufficienza lo condiziona. Però…
Continua…
Io guardandolo bene noto che in questo Tour, pur non ottenendo risultati, sta impegnandosi e la sua condizione è in crescendo. Secondo me uscirà dal Tour con una gamba notevole e non dimentichiamo che subito dopo ci sono i mondiali…
Il francese inseguito da Van Aert, una sfida che potrebbe ripetersi al mondiale in agostoIl francese inseguito da Van Aert, una sfida che potrebbe ripetersi al mondiale in agosto
Secondo te il francese può essere un fattore a Glasgow?
Io penso di sì, perché il percorso è abbastanza adatto al suo modo di correre. Io non lo sottovaluterei, potrebbe anche dire la sua in quel contesto, considerando che altri, quelli che stanno lottando nei quartieri alti della classifica, saranno comunque un po’ stanchi, anche mentalmente.
Il suo futuro come lo vedi?
Sarà importante per lui scegliere una giusta squadra per il 2024. Può fare ancora molto, ha solo 31 anni e tutte le qualità per emergere nelle corse a lui più adatte. Anche nel suo caso servono nuovi stimoli, ma può trovarli tranquillamente nel “suo” mondo.
Bugno nel 1998, l’ultimo suo anno chiuso con un’importante vittoria alla VueltaBugno nel 1998, l’ultimo suo anno chiuso con un’importante vittoria alla Vuelta
Le loro storie hanno qualcosa che ti riporta al tuo passato?
Io ho chiuso a 34 anni, ma anche nella mia ultima stagione vinsi, il mio ultimo successo è stato una tappa alla Vuelta. So però che alla fine comincia a mancarti il morale e quando non c’è quello, tutto diventa più difficile. E’ successo anche a me. Molto però dipenderà da quel che vorranno fare, credo che le loro strade andranno diversificandosi sempre più.
Samuel Novak si trova a casa sua, in Slovacchia, dove si allena in vista dei campionati nazionali di settimana prossima. In questi giorni sta uscendo con la bici da cronometro e un problema meccanico fa slittare la nostra telefonata di un quarto d’ora. Parla inglese fluentemente, ha una voce simpatica, ed è sempre pronto alla battuta. Uno spirito che rispecchia perfettamente la sua giovane età.
La particolarità di Novak è che corre in Italia, nella Borgo Molino Vigna Fiorita, sta andando molto bene nell’ultimo periodo. Arriva dalla vittoria della Coppa Montes (photors.it in apertura), il giorno della Liberazione, alla quale ha aggiunto il quarto posto al GP dell’Arno.
Novak ha indossato la maglia dei GPM al Giro delle Lunigiana alla fine della prime due tappe (foto Instagram)Novak ha indossato la maglia dei GPM al Giro delle Lunigiana alla fine della prime due tappe (foto Instagram)
La prima vittoria del 2023
«Quella della Coppa Montes – racconta Novak – è stata la prima vittoria della stagione. Non me l’aspettavo, anche perché arrivavo da un periodo un po’ complicato. Tre giorni prima avevo corso l’Eroica Juniores e non era andata bene, sono stato malato per gran parte della settimana. L’obiettivo alla Coppa Montes era quello di sopravvivere, fare del mio meglio ed invece è arrivata la vittoria».
Ve la siete giocata bene, davanti c’eravate tu e Cettolin.
Sì, abbiamo giocato la classica situazione di superiorità numerica e siamo riusciti a vincere. Per primo ha attaccato Cettolin, poi una volta ripreso sono partito io, ero un po’ lungo ma sono riuscito a resistere al rientro degli altri corridori.
Un bel modo per riprendersi da un periodo così così, no?
Assolutamente, da quel momento in poi mi sono sentito sempre meglio. Anche al GP dell’Arno sono andato molto bene, direi che ho iniziato a credere sempre più in me stesso.
Nel 2022 ha vinto il titolo nazionale a cronometro, riuscirà a fare la doppietta quest’anno?Nel 2022 ha vinto il titolo nazionale a cronometro, riuscirà a fare la doppietta quest’anno?
La Coppa Montes era una gara internazionale, con tanti ragazzi forti al via…
Vero, c’era un livello davvero alto, ma avendo corso anche tante gare con la nazionale sono abituato. Nel 2022 ho disputato cinque tappe di Nations Cup e due gare internazionali con la maglia del mio Paese: Giro della Lunigiana e una corsa in Austria.
Ora prepari i campionati nazionali, cercherai la doppietta per il titolo a cronometro?
Ci proverò – dice con una grande risata – non sarà semplice, non sono riuscito a curare al meglio la mia preparazione in questa disciplina. Vedremo cosa riuscirò a fare in questi giorni che mi separano dalla prova.
Che tipo di corridore pensi di essere?
Difficile dirlo, posso diventare un buon scalatore, ma vado bene a cronometro e vinco anche delle volate ristrette. E’ presto per dirlo, non saprei bene dove specializzarmi, per esempio, le prove contro il tempo le corro da poco.
Vai forte anche lì, che tipo di percorsi ti piacciono?
Duri – dice con una risatina – mi piacciono i percorsi dove bisogna produrre il massimo sforzo in periodi abbastanza lunghi.
La cronometro è una disciplina scoperta da poco da Novak, ma molto apprezzataLa cronometro è una disciplina scoperta da poco da Novak, ma molto apprezzata
Dopo i campionati nazionali che obiettivi hai?
Farò qualche gara con la squadra in Italia e poi ci sono un paio di tappe di Coppa delle Nazioni che mi piacerebbe vincere. Una in particolare nel mese di luglio.
Questo è il tuo secondo anno con la Borgo Molino, come ti trovi?
Bene, i ragazzi sono molto gentili e simpatici. E’ una squadra davvero forte, a volte anche troppo – dice con una battuta – mi aiutano tanto e ci mettiamo a disposizione l’uno dell’altro.
Hai già fatto molte esperienze internazionali, tra cui il mondiale in Australia, che esperienza è stata?
Correre dall’altra parte del mondo è stato pazzesco. L’ho amato molto, prima della gara non stavo benissimo ma sono comunque riuscito ad arrivare nel secondo gruppo. Un 40° posto che non mi ha fatto sfigurare, ma quest’anno punto a migliorarmi.
Come ogni slovacco Novak riserva un posto nel suo cuore per Sagan, ma i suoi idoli sono i corridori moderniCome ogni slovacco Novak riserva un posto nel suo cuore per Sagan, ma i suoi idoli sono i corridori moderni
L’anno prossimo passerai under 23, hai già dei contatti?
Sì, ho un manager che si sta occupando di trovare la migliore opzione. L’unica cosa che posso dire è che probabilmente si tratterà di un team development di una WorldTour.
Ultima domanda: sei slovacco, come Sagan, è lui il tuo corridore preferito?
Come ogni slovacco che si rispetti posso dire che Peter occupa un posto nel mio cuore. Però se devo essere sincero il mio prototipo di corridore è Ethan Hayter: moderno, completo, è un corridore a tutto tondo. Mi rivedo in lui in un certo senso.
Che nesso c'è fra il Covid e i problemi al cuore? Perché a Sagan è stato imposto riposo assoluto? Ne abbiamo parlato con Roberto Corsetti. Venite a leggere
Park City, Utah. Peter Sagan e Daniel Oss sono arrivati dopo Quattro Giorni di Dunkerque, gara di rientro post Fiandre e Roubaix. In certi giorni ci sono i cicloturisti che si accodano, altre volte escono da soli. Oltre duemila metri di quota, strade spesso deserte e salite in mountain bike fin sulla porta dei tremila, lo Utah è da anni il buen retiro di Peter. Daniel si fermerà per otto giorni, poi tornerà in Europa per correre, lasciando l’amico negli USA in attesa dello Svizzera e poi il Tour.
Alla fine dell’anno Sagan smetterà di correre (su strada), che cosa farà il suo amico? E’ vero che per stare con lo slovacco ha rinunciato a due anni di ottimo contratto in un’altra squadra? Intanto in Italia il Giro d’Italia ha scritto le sue pagine più belle e grazie al fuso orario indietro di 8 ore rispetto all’Italia, Daniel è riuscito a seguire le tappe più belle.
«Tanto mi sveglio presto la mattina – dice Oss in una chiamata Whatsapp – e lo vedo quasi tutto. L’altro giorno ho seguito la tappa che partiva dalla mia Pergine e quelle che passavano dal Lago di Garda».
Dopo la Roubaix, per Oss periodo di stacco, poi Dunkerque, infine il viaggio nello Utah, prima di Svizzera e TourDopo la Roubaix, per Oss periodo di stacco, poi Dunkerque, infine il viaggio nello Utah, prima di Svizzera e Tour
Siete partiti subito dopo Dunkerque?
Il giorno dopo. Correre Dunkerque è stato utile, dopo la Roubaix c’è stato un bello stacco. Ho riposato un po’, ho recuperato. Abbiamo corso per tirare su un po’ di gamba e un po’ di ritmo e poi sono venuto qui, anche per fare un po di compagnia a Peter, che starà qualche giorno in più di me. Io torno prima perché correrò anche prima dello Svizzera, poi farò il campionato italiano e il Tour.
Come si sta a Park City?
Il posto è indubbiamente meraviglioso. Stiamo in una casetta, con Peter, un suo amico che vive in America e fa da meccanico, infine Gabriele Uboldi. Si sta molto molto bene, perché a parte l’altura, il clima è ottimo. Sia sul piano meteorologico, sia come gente, come spirito. Ricorda molto un ambiente di montagna. Sono circa 7-8 anni che con Peter si sceglie di venire negli USA, perché è il suo pallino, ma qui veniamo da 4-5, dagli ultimi anni alla Bora-Hansgrohe. E’ capitato anche di venire per due volte all’anno. L’anno scorso, a maggio e poi dopo il Tour.
Park City ha meno di 9.000 abitanti, sorge a 2.143 metri di quota, è una patria dello sci americano (foto Amy Sparwasser)Park City ha meno di 9.000 abitanti, sorge a 2.143 metri di quota, è una patria dello sci americano (foto Amy Sparwasser)
Come è andata finora la tua stagione?
Diciamo normale, non brillante come ai tempi in cui si vincevano i mondiali. Le classiche sono state parecchio impegnative, anche per il maltempo. Non è andata come al solito, perciò adesso pensiamo al Tour. Sanno tutti che Peter è all’ultimo anno, quindi non vuole buttare tutto al vento. L’investimento di tempo fa capire che vuol fare le cose per bene. Sa che non può più andare alle corse senza preparazione o senza il pensiero di lottare.
Nel periodo BMC hai già corso senza Peter, come pensi che sarà la carriera di Daniel Oss dal prossimo anno?
A me piacerebbe fare ancora un anno o due, perché ho ancora voglia, perché sento che posso ancora dare qualcosina e mi piacerebbe continuare per soddisfazione personale. Probabilmente cercherò qualcuno che si possa fidare di me o comunque voglia affidarsi alla mia esperienza o al mio passato. Sono molto mentalizzato per appoggiare al 100 per cento qualcuno che abbia bisogno di un gregario con le mie caratteristiche.
Sagan ha annunciato che il 2023 sarà il suo ultimo anno su strada: ora punta a un grande Tour. Oss è con luiIl 2023 sarà l’ultimo anno di Sagan su strada: ora punta a un grande Tour. Oss è con lui
E’ vero che per rimanere con Peter l’ultima volta hai rinunciato a un’offertona?
Vabbè (ride, ndr), le offerte le ho sempre avute, non l’ho mai negato. Però mi sono sempre sentito molto legato a Peter, nel senso che ho bisogno anche di un certo stimolo mentale e motivazionale che con Peter continuo ad avere. Per questo ho preferito restare legato al suo progetto, quindi è successo che qualcuno mi chiedesse, che anche i corridori in gruppo mi abbiamo chiesto che cosa voglia fare, ma iomi sono sempre sentito molto leale a questo progetto.
Quindi di base, bene il progetto ma comanda l’amicizia?
E’ una combinazione di cose, non è molto schematica, si potrebbe scriverci un libro. Sono più di 13, 14 anni che corriamo insieme, per cui quando ci sediamo a un tavolo e raccontiamo le nostre storie, possiamo tirarne fuori di molto simpatiche legate al mondo del ciclismo, perché alla fine ci lega molto. Ci siamo trovati in bicicletta, ma come uomini abbiamo trovato un legame che va oltre i progetti. Sono molto più legato a questi aspetti, che al solo sport.
Che cosa vi lega?
Siamo simili. Sicuramente per alcune caratteristiche ciclistiche, ma anche per l’approccio alla vita. Siamo cresciuti insieme e ora siamo diversi: lui ad esempio si è sposato, ha un figlio, io ancora no. Anche questo è un dettaglio che comunque ti fa crescere diversamente. Forse a lui serviva un tipo di ciclista che avesse questa capacità di adattamento. Peter è molto dinamico nel proporre cambiamenti e io sono uno che sa adattarsi.
Il periodo di allenamento nello Utah da circa 5 anni: gli USA sono un pallino di Sagan e OssIl periodo di allenamento nello Utah da circa 5 anni: gli USA sono un pallino di Sagan e Oss
L’anno scorso hai fatto il mondiale gravel, c’è ancora spazio per il Daniel protagonista?
Una cosa per volta. Adesso mi piacerebbe affrontare il Tour, pensando solo ad arrivarci con sensazioni ottime, che comunque negli ultimi anni non sono state facili da trovare. Però essere protagonista in alcune situazioni, mi gratificherebbe tantissimo.
Hai già firmato il contratto per il 2024?
Non ho ancora parlato con Jean Renée Bernaudeau (manager della Total Energies in cui corre, ndr), devo dire la verità, perché in questa squadra sto molto bene. Ma penso che valuterò alcune offerte, perché cerco situazioni che devono motivarmi mentalmente, oltre che fisicamente. Questo è qualcosa cui tengo molto.
Prosegue a fatica il recupero di Froome. Con il Tour al centro dei pensieri, le corse sono solo momenti di un piano più vasto: Ma come sta davvero Chris?
Tiene banco il tema della sicurezza e delle comunicazioni tra diesse e corridori una volta in corsa. Abbiamo sentito il parere di Sagan, e quello di Gasparotto riguardo i nuovi strumenti ed i metodi con i quali vengono utilizzati. Ma per quanto riguarda le radio, i corridori che cosa ne pensano?
Il tre volte campione del mondo aveva sottolineato come troppe comunicazioni distraggano il corridore ed allo stesso tempo creino un enorme stress in gruppo. Soprattutto tra i giovani che si ritrovano bombardati di informazioni e vengono così sopraffatti dal momento.
Pellizzari ha ricevuto tante indicazioni via radio nella tappa del Tour of the Alps con arrivo a PredazzoPellizzari ha ricevuto tante indicazioni via radio nella tappa del Tour of the Alps con arrivo a Predazzo
L’esempio Pellizzari
Al Tour of the Alps Giulio Pellizzari, sulle rampe di Passo Pramadiccio, mentre si lanciava alla ricerca della vittoria, continuava a ricevere incitamenti via radio. Ci siamo chiesti allora in che modo venga inserito questo strumento nella vita di un giovane corridore. Ne parliamo con Alessandro Iacchi, classe 1999 in forza al Team Corratec.
«Ho fatto in tempo ad utilizzare la radio sia con i professionisti che con gli under 23 – ci dice – la differenza si nota. Rispetto a quando non c’era, si è molto più sicuri in gruppo. Se viene unita alle nuove tecnologie (VeloViewer e ciclocomputer) facilita le comunicazioni. Il diesse ha modo di segnalare i pericoli nei punti cruciali e viceversa».
Gli strumenti sono super accurati, sul ciclocomputer si può caricare il percorso e leggere l’altimetriaGli strumenti sono super accurati, sul ciclocomputer si può caricare il percorso e leggere l’altimetria
In che modo si insegna ad un corridore giovane come utilizzare questo strumento?
Ti spiegano il funzionamento e come utilizzarlo per parlare. Dal punto di vista tecnico è estremamente facile, schiacci un bottone e sei in contatto con tutti: dai diesse ai tuoi compagni di squadra.
Come ti spiegano il funzionamento una volta che sei in corsa?
Logicamente mi viene da dire che ti insegnano ad utilizzarla nei momenti importanti della gara. Per quanto riguarda noi corridori, la si usa quando fori, devi andare a prendere l’acqua o devi metterti in comunicazione con un compagno o un diesse. Mi è successo qualche volta di bucare, l’ammiraglia non ti vede a bordo strada e tira dritto.
Tu hai corso anche senza radio, il modo di interpretare la gara cambia…
Assolutamente. La radio riduce i tempi di comunicazione, e di conseguenza aumenta la sicurezza. Non serve andare ogni volta alla macchina per avere un’informazione e in questo modo si riduce il via vai nel gruppo.
Alessandro Iacchi compirà 24 anni il 26 maggio. E’ alto 1,70, pesa 59 chili ed è pro’ dal 2020Alessandro Iacchi compirà 24 anni il 26 maggio. E’ alto 1,70, pesa 59 chili ed è pro’ dal 2020
Però aumenta il nervosismo.
Questo succede perché alcuni diesse la utilizzano in modo sbagliato a mio modo di vedere. Con gli strumenti che abbiamo possiamo vedere tutto in tempo reale, i ciclomputer ci dicono quanto è lunga una salita e quale sia la pendenza media. Ci avvertono anche quando ci sono delle curve pericolose.
I ciclocomputer di ora ti segnalano ogni minimo dettaglio del percorso…
Vero. Non servono comunicazioni tecniche, diciamo che è sufficiente ricordare che sta per iniziare una salita. Poi il resto lo vediamo da noi.
Qual è il modo sbagliato di utilizzare la radio?
Quando la corsa diventa una radiocronaca, ogni minuto hai una voce in testa che ti dice qualcosa. Alla fine diventa fastidioso, soprattutto quando cerchi di concentrarti, che sia in volata o nel leggere il momento giusto della gara. Se il diesse mi parla tutto il tempo, si rischia che la sua voce diventi un brusio di sottofondo e, che tu voglia o meno, non lo ascolti più.
Fanno eccezione gli eccessi di comunicazione quando si sta raggiungendo un’impresa. Qui Baldato e Marcato dietro Pogacar al Fiandre (immagine Velon)Fanno eccezione gli eccessi quando si sta raggiungendo un’impresa. Qui Baldato e Marcato dietro Pogacar al Fiandre (immagine Velon)
Qual è secondo te il modo corretto?
Nei momenti concitati della corsa, come quando si forma la fuga, dall’ammiraglia ci dicono subito chi è nel gruppo davanti. In questo modo si possono aggiustare le tattiche in corsa, lì la comunicazione è fondamentale. Un altro esempio è quando il massaggiatore si trova al rifornimento ed inizia a piovere. Lui può avvisare che è cambiato il meteo e noi corridori ci regoliamo di conseguenza.
Per i giovani allora la radio diventa quasi stressante?
Come detto, dipende da come la si usa dalla macchina. A me troppe comunicazioni non piacciono, altri invece le preferiscono. Però mi sento di dire che a volte è importante ascoltare il gruppo e i suoi rumori.
Non vogliamo tirare in ballo l’opera di Orwell e nemmeno i reality show. Dalla recente intervista che abbiamo fatto con Peter Sagan, alla vigilia del Fiandre, ammettiamo che il pensiero è subito piombato in questo contesto di controllo. «Fino a poco tempo fa – ha detto lo slovacco – facevamo le riunioni prima della gara con una mappa e con un pennarello si segnavano i 4-5 punti da ricordare. La grande differenza l’ha fatta VeloViewer. Adesso ogni direttore sportivo può usare lo zoom e vedere dove sono i corridori, capire il vento e i punti pericolosi o stretti».
Ed ecco il nostro approfondimento di oggi, tirato in causa proprio da Peter. Che cos’è VeloViewer e come funziona? Per farlo siamo saliti virtualmente sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe assieme ad Enrico Gasparotto.
Enrico Gasparotto diesse della Bora-Hansgrohe, utilizza VeloViews in corsa e prima della garaEnrico Gasparotto diesse della Bora-Hansgrohe, utilizza VeloViews in corsa e prima della gara
Un software
VeloViewer è un software, che lavora con il supporto e la sinergia di Strava per l’elaborazione dei dati relativi al percorso di una gara o allenamento che sia. Basta avere un profilo appunto del social arancione per scaricare un’ampia serie di dati che vanno a snocciolare ogni singolo dettaglio. Nelle mani di un corridore o amatore curioso, è una piattaforma che aiuta ad approfondire ogni sforzo metro per metro. Nella mani di un diesse diventa la trasformazione virtuale del famoso “Garibaldi”. Con la differenza che l’interazione diventa sempre più immediata con i corridori e con la corsa.
In quanti utilizzano VeloViewer?
Noi come squadra lo abbiamo, ma credo che l’80 per cento delle squadre del gruppo lo utilizzino. C’è qualche squadra che usa altri software, ma che dà le stesse informazioni. Diciamo che è un metodo utilizzato dal 100 per cento delle squadre e delle auto della carovana.
Spiegaci in due parole che cos’è VeloViewer…
E’ un software che, grazie al Gpx che gli organizzatori delle corse condividono con le squadre, fa vedere il percorso e tutte le altimetrie metro per metro. Una funzione che è già presente sui dispositivi che noi tutti abbiamo come Garmin Connect. Su VeloViewer c’è una funzione live che noi in macchina utilizziamo per monitorare dove passiamo. Il percorso già fatto si colora di nero mentre quello da fare viene colorato con tutte le gradazioni che simboleggiano le varie intensità di ascesa e discesa.
I percorsi caricati in Gpx vengono elaborati e analizzati in ogni dettaglioI percorsi caricati in Gpx vengono elaborati e analizzati in ogni dettaglio
Sagan ha detto che ogni direttore può vedere dove sono i corridori e segnalare ogni cosa…
Capisco Peter. Anche io ho corso in un periodo dove non c’erano tutti questi software e c’erano sicuramente meno informazioni via radio. Questo è un dato oggettivo, valido. Sul fatto che noi vediamo loro dove siano, non è del tutto reale. Noi non abbiamo su VeloViewer l’esatta posizione dei ragazzi, però ti da un’infinità di informazioni sul percorso.
E’ un mezzo che aiuta più voi che i corridori…
Sì assolutamente. Io credo in realtà che il lavoro di preparazione del direttore sportivo della corsa che si va ad affrontare sia molto più facile. Una volta si usavano i roadbook e i “Garibaldi” delle varie corse. Oggi abbiamo un software che ci da molte più informazioni e più precise, che coprono ogni metro della corsa.
Quanto aiuta il gruppo invece?
Quando sei in corsa, non vedi quanto è stretta la strada. Non si vede se una curva è pericolosa oppure no. Lì sta al diesse in fase di preparazione saper utilizzare al meglio questo software per capire che strade sono. Nella fase di preparazione c’è una funzione che utilizza streetview e ti dice quindi se una curva è pericolosa oppure no. Ma non nella modalità live dove si vedono solo colori e distanze.
Qui due pagine di esempio di funzioni attive sulla piattaformaQui due pagine di esempio di funzioni attive sulla piattaforma
Riguardo alla posizione in corsa, questo softaware può generare più stress?
Ripeto, capisco Peter. Se utilizzi bene questo software si hanno veramente un sacco di informazioni in più. Poi è chiaro, un direttore che fa il Fiandre da dieci anni e si prepara facendo ricognizioni, con un approccio diciamo old-school, sa esattamente quando è pericoloso e quando no. Credo che lo stress in corsa sia dovuto al ciclismo che stiamo vivendo e non a VeloViewer. Di sicuro non aiuta a ridurlo, su questo posso dare ragione a Peter. Però non lo amplifica.
Questa piattaforma può aiutare in ottica sicurezza?
Da un certo punto di vista sì. Così come le radio. Ho letto molto bene l’intervista che avete fatto a Peter. Anche io mi sono preso a cuore la situazione che è successa al Fiandre. Se tu fai un utilizzo sbagliato, le radioline diventano causa. Ma sta nel buon senso di tutti il saper utilizzare questi mezzi. E’ chiaro che io posso avvisare i corridori per dirgli tutte le rotonde che vedo, per esempio in VeloViewer nella funzione live si vedono questo tipo di particolari. Ha senso però avvisare i corridori che ci sono 10 rotonde? No, perché non so dove sono e magari l’hanno già fatta. Se io ho l’auto numero 20, il gruppo è un chilometro avanti a me. Il live prende la tua posizione non la loro. Sta quindi al direttore dire ai corridori i punti dove è necessario veramente intervenire.
Filip Maciejuk al Fiandre nel tentativo di superare il gruppo per stare davanti causa la caduta del gruppoFilip Maciejuk al Fiandre nel tentativo di superare il gruppo per stare davanti causa la caduta del gruppo
Errare è umano…
E devo dire che l’ho provato io in prima persona, che nonostante stimi la distanza e provi a prevedere, capiti di segnalare ostacoli o pericoli già passati. Tante volte è meglio avvisare con molto anticipo, che al tale chilometro ci sarà un punto in cui aumentare l’attenzione e sei sicuro che capiscano il messaggio e non si confondano.
Un utilizzo a cascata nel ciclismo giovanile come lo vedi?
Se chiedete a me, a livello giovanile stiamo vivendo una separazione troppo grande. Io sono un po’ troppo di parte. Non sarei nemmeno favorevole al passaggio da juniores al professionismo WorldTour. Ha funzionato in alcuni casi con Pozzato o Remco oggi, però non è per tutti. Ci sono giovani che hanno bisogno di tempo. Quindi tornando alla domanda, un software del genere è eccessivo. A dirla tutta per me lo è già anche nel mondo U23.
Come per ogni cosa è il come viene utilizzato il mezzo che genera caos non viceversa…
Io credo che l’esagerazione faccia sempre male. Il giusto equilibrio e il buon senso sono la chiave di tutto e anche di questi mezzi.
Che nesso c'è fra il Covid e i problemi al cuore? Perché a Sagan è stato imposto riposo assoluto? Ne abbiamo parlato con Roberto Corsetti. Venite a leggere
Alla vigilia della Sanremo, Adam Hansen è diventato il nuovo presidente del CPA, raccogliendo il testimone da Gianni Bugno. Australiano di Cairns, 41 anni, Adam vive in Repubbica Ceca ed è stato pro’ dal 2003 al 2020. Suo il record di partecipazione ininterrotta ai grandi Giri: 20 partecipazioni dalla Vuelta 2011 al Giro 2018. Gli abbiamo dato qualche settimana per ambientarsi, poi ci siamo presentati con le nostre domande. Che cosa fa il neo-eletto presidente mondiale dei corridori?
«Ci sono tanti argomenti – sorride Hansen – e soprattutto diversi. Non voglio chiamarli problemi, ma istanze che hanno tutti i corridori e che dobbiamo esaminare nei vari settori. Per cui ad esempio ci sarà un incontro con le donne per capire quali esigenze abbiano e le condizioni in cui lavorano. Si tratterà di discutere con gli organizzatori sulle transenne, la sicurezza e su ciò che gli piacerebbe fare…».
Audrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaioAudrey Cordon Ragot ha rotto il contratto con la Zaaf denunciando di non aver preso stipendi da gennaio
Tante materie diverse…
Abbiamo avuto un incontro sui dati sensibili dei corridori e chi li controlla, dato che le leggi dell’Unione Europea sono molto diverse dal resto del mondo. Questo aspetto deve essere implementato. E poi dobbiamo fare anche l’Accordo Congiunto, cioè il contratto collettivo tra i corridori e le squadre, che deve essere approvato dall’UCI. Ogni team WorldTour e anche professional deve aderirvi, ma dobbiamo assicurarci che sia scritto molto bene, affinché protegga i corridori ad esempio sul fronte assicurativo. Dobbiamo assicurarci che le condizioni siano tutte in regola per lo svolgimento della professione. Sono davvero argomenti diversi.
Hai parlato di sicurezza: cosa pensi della maxi caduta del Fiandre?
In uno degli ultimi incontri, ironia della sorte, abbiamo parlato di qualcosa del genere prima che la caduta accadesse. Abbiamo detto che vorremmo un sistema di cartellini rossi e gialli, proprio come nel calcio. Se un corridore si comporta in modo inappropriato, riceve un cartellino giallo o rosso a seconda di ciò che ha fatto. Ne abbiamo bisogno per alcuni motivi. E’ normale che i corridori passino sempre sul lato della strada e cerchino di guadagnare terreno. Lungo quella strada c’erano un’area di parcheggio e un sentiero pedonale. Maciejuk ha avuto la sfortuna si trovare erba e acqua e ha perso il controllo della bici. Non era sua intenzione fare questo. Ho potuto vedere la situazione. Non è stato l’unico che lo abbia fatto, ma l’unico che ha pagato per le condizioni di quel tratto di strada.
Ecco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain VictoriousEcco la caduta del Fiandre, provocata dalla manovra incauta del corridore della Bahrain Victorious
Come lo gestiresti?
Dovrebbe ricevere uno di questi cartellini, giallo o rosso. Il sistema non deve servire solo a punirlo per le sue azioni. Abbiamo bisogno di qualcosa per cui i corridori siano consapevoli che se fanno qualcosa, verranno puniti, perché attualmente un sistema non c’è. Il senso non è punire lui per proteggere gli altri ciclisti. Però si potrebbe pensare di squalificare il corridore per la successiva gara WorldTour. Se qualcosa del genere fosse messo in atto, allora si penserebbe due volte prima di fare certe azioni.
E’ stato sfortunato o ha esagerato?
Il ciclismo non è come la Formula Uno, in cui il mondo sta fuori dalla pista e i piloti possono fare quello che vogliono. Il ciclismo si corre sulle strade, puoi trovarti un tifoso sulla strada. Il settore di percorso su cui sono passati non era proprio un tratto pulito, era una corsia per il parcheggio. Normalmente sulle strade ci sono due corsie e delle corsie pedonali, ma quel tratto aveva un fondo differente.
In che modo i cartellini eviterebbero una caduta così?
Porterebbero regole più chiare. Si può arrivare a stabilire che si può correre solosulla strada e basta. E se vai fuori strada riceverai un cartellino. Per un incidente come quello del Fiandre, potrebbe essere un rosso. Puoi finire nella corsia del parcheggio perché un’oscillazione del gruppo ti spinge da quella parte: in questo caso non devi essere penalizzato. Se invece lo spostamento è fatto di proposito per trarne vantaggio, allora potrebbe esserci una penalizzazione. Ma prima di ogni cosa, mi piacerebbe chiedere ai corridori cosa ne pensano.
Al Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggiaAl Giro del 2020, Adam Hansen è con Mauro Vegni, cercando di chiarire lo sciopero di Morbegno dovuto alla pioggia
In che modo parli con loro?
Questo fine settimana sono stato a tre corse e ho iniziato a distribuire un piccolo sondaggio ai corridori, chiedendo loro di rispondere a una serie di domande. Questa è una di quelle. Inoltre vorrei avere il loro punto di vista, perché sono cose che fanno tutti: lo aveva fatto anche Tim Wellens prima della caduta. Bene, in alcune situazioni non è un problema. Spero però che tutti i ciclisti capiscano che dobbiamo avere un qualche tipo di regola, in modo che non aumentino i comportamenti stupidi. Al momento invece la situazione è che chiunque può fare quello che vuole e nessuno ha paura. Questa volta lo hanno visto tutti in televisione, altre volte nessuno ha visto niente e il responsabile è passato inosservato.
Sapere che ci sono sanzioni a cosa serve?
Se i ciclisti sono consapevoli della possibilità di essere presi, forse le cose cambiano. Oggi non c’è assolutamente alcuna regola, quindi non ci pensano due volte. Lo fanno e basta, vanno davanti a tutti i costi. Però forse se c’è qualche tipo di penalizzazione e ci tengono a correre la prossima gara, forse prima di muoversi aspettano fino a quando la strada diventa più ampia e non corrono il rischio.
Sagan ha detto che lo stress in corsa è aumentato a causa di Velo Viewer e delle tante comunicazioni radio: cosa ne pensi?
E’ davvero una domanda difficile. L’uso delle radio è importante soprattutto per un fatto di sicurezza, per segnalare ad esempio che sta sopraggiungendo un’ambulanza nel senso opposto. Si chiama direttamente radiocorsa e i corridori possono spostarsi. E’ vero però che i direttori sportivi conoscono tutte le situazioni pericolose e ugualmente spingono i corridori a essere nella parte anteriore e questo provoca più stress. Ma succedeva anche quando correvo io, prima di VeloViewer. Le squadre migliori mandavano un’ammiraglia davanti perché avvisasse i corridori dei vari pericoli. Quindi non incolperei VeloViewer per questo, perché il fenomeno è parte di questo sport.
Il tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiroIl tempo di denunciare lo stress e l’eccesso di cadute e Sagan ha chiuso il suo ultimo Fiandre con un ritiro
Lo chiederai al gruppo?
Mi piacerebbe parlarne con loro e vedere cosa ne pensano. Se la maggior parte di loro è davvero contro questo o contro le radio, affrontiamo il problema, perché alla fine io faccio quello che dicono loro. Molto dipende anche dall’uso che si fa di certi dispositivi. Quando ancora correvo, c’erano alcuni corridori che si toglievano la radio, perché volevano solo correre in pace. Invece ce ne sono altri che la portano sempre. Il fatto è che non potrai mai controllare che i team non abusino della radio.
L’aumento della pressione dipende dall’uso sbagliato delle radio o dall’agonismo?
E’ una buona domanda che potrei aggiungere al questionario. Non chiederò più se gli piace avere le radio o non averle, ma vorrei capire se dal loro uso derivi troppa pressione o cosa succede se non ascoltano tutte le chiamate.
Per il tuo nuovo ruolo, farai nella maggior parte delle gare che puoi o come lavorerai?
Così venerdì sono stato ai Paesi Baschi e ho parlato con un po’ di corridori. Alla Milano-Sanremo, sono salito su sei pullman. Purtroppo siamo arrivati un po’ tardi per un problema con gli accrediti, ma sono stato in grado di parlare con tutti i ciclisti delle sei squadre. I corridori si stavano preparando, qualcuno prendeva il caffè, qualcuno metteva in tasca i rifornimenti, altri si vestivano. Non dovevano andare da nessuna parte, così hanno potuto ascoltarmi e io mi sono messo a disposizione. Vuoi parlare? Parliamo.
Al Giro del 2013, Hansen vince la tappa di Pescara: quella in cui Nibali si avvantaggia su WigginsNel 2014, Hansen vince alla Vuelta la tappa di Cangas do MorrazoAl Giro del 2013, Hansen vince la tappa di Pescara: quella in cui Nibali si avvantaggia su WigginsNel 2014, Hansen vince alla Vuelta la tappa di Cangas do Morrazo
Un modo molto pratico di gestire i rapporti.
Voglio essere molto più efficiente nella mia comunicazione quando sono alle gare. Dopo i Baschi sono venuto alla Parigi-Roubaix e ieri ho visto anche la gara delle donne. Vorrei vedere più corridori possibili e per questo girerò. Non serve stare due settimane, perché vedrei sempre gli stessi corridori. Voglio vederne tanti, ma tutti diversi fra loro.
Auricolari, moto, elicotteri, tifosi: quanti fattori distraggono i corridori? Riescono a essere lucidi? Nel giorno della Alpecin, un tema da affrontare
«Adesso nelle radio – ha detto Sagan alla vigilia del Fiandre, a proposito di sicurezza e cadute – parlano ogni 100 metri. Parlano tanto, ma dicono cose che a volte non servono e fanno solo casino. Puoi anche non dargli peso, ma ci sono i più giovani che non capiscono niente, non conoscono le strade e sono alle prime gare in Belgio, ma hanno grinta e lottano tutto il giorno per la posizione. A volte sto prendendo la posizione e mi sto concentrando, quando cominciano a parlarti in radio e la concentrazione si interrompe. Prima non c’era tutto questo stress».
«Andiamo sempre più veloci – ha detto Trentin dopo la corsa – ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante, ma a volte ti dimentichi che a volte è necessario frenare. Siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che ammazzare 25 corridori».
Due cadute per Ballerini: prima con Mohoric e l’ultima nel finale con TeunsDue cadute per Ballerini: prima con Mohoric e l’ultima nel finale con Teuns
La mossa di Maciejuk
Chissà se Filip Maciejuk aveva nelle orecchie la raccomandazione a stare davanti quando ha deciso di superare il gruppo sulla sinistra passando nella banchina (immagine televisiva in apertura). Oppure se ha deciso di farlo per un suo impeto sconsiderato. Di sicuro è giovane: 23 anni. Di sicuro, come diceva Sagan non conosce le strade e ha tanta grinta. E di sicuro ha capito di aver fatto una cavolata quando per uscire dal fango si è catapultato nel gruppo, abbattendo Wellens e altri 30 corridori. E’ stato squalificato, ma pare che l’UCI stia valutando una sanzione disciplinare.
«Mi sento davvero una merda – ha detto il giovane polacco dopo la corsa parlando con i giornalisti anche contro il parere della squadra (fonte Het Nieuwsblad) – volevo spostarmi a sinistra per arrivare ai miei compagni. E improvvisamente ho visto l’erba. Non riuscivo a fermarmi, sono rimasto bloccato nel fango e ho perso il controllo del manubrio. Devo davvero scusarmi. Spero solo che stiano tutti bene. Sono triste, ci penserò molto nei prossimi giorni. Ma cosa posso fare ora? Niente».
Nella caduta Wellens si è rotto la clavicola, Sagan si è ritirato, Alaphilippe ha compromesso la sua corsa: il tutto per una mossa stupida, di quelle indicate da Trentin. Se non c’è spazio, si frena.
Filip Maciejuk, in maglia rossa, rientra dalla banchina e travolge Wellens, che era accanto a lui sul ciglio (immagini TV)Il polacco si è appoggiato agli altri corridori che cadono alle sue spalle. A breve verrà squalificato (immagini TV)Filip Maciejuk, in maglia rossa, rientra dalla banchina e travolge Wellens, che era accanto a lui sul ciglio (immagini TV)Il polacco si è appoggiato agli altri corridori che cadono alle sue spalle. A breve verrà squalificato (immagini TV)
A chi giova la radio?
La posta in gioco è sempre più alta. I corridori vanno più forte e sulle ammiraglie c’è parecchia tecnologia più di prima: come per ogni strumento, dipende dall’uso che se ne fa.
Racconta Roberto Damiani, che da domani sarà in corsa al Circuit de La Sarthe, che alla Strade Bianche si era riproposto di dare ai corridori della Cofidis la distanza fra un settore di sterrato e il successivo. Solo che dopo la corsa, uno dei suoi è andato a dirgli che non gli bastava sapere che mancassero 5 chilometri, voleva il conto alla rovescia. E il direttore sportivo lombardo ha obiettato che nel computerino hanno l’indicazione delle curve, della pendenza e delle distanze: per fare il professionista serve essere autonomi, non aspettarsi sempre le indicazioni dalla macchina. Lo stesso Damiani racconta che per non turbare la concentrazione degli atleti, non parla lungo le discese. Insomma, i corridori lamentano l’eccesso di informazioni, i direttori sportivi dicono di esaudire le loro richieste. Chi ha ragione?
«E’ anche possibile – prosegue Damiani – che qualcuno in radio continui a dire allo sfinimento di stare davanti, stare davanti e stare davanti. Ma da una parte non credo che ieri al ragazzo polacco qualcuno abbia detto di superare il gruppo nell’erba a quel modo. Dall’altra, se ti dicono di andare davanti, servono anche le gambe per farlo. Perché se alla Sanremo dopo i Capi, quindi dopo 250 chilometri, ti dico di stare davanti, devi avere la forza e la lucidità per farlo. Altrimenti sembra davvero di giocare con il joystick».
Le strade sono strette e sono le stesse da anni: la frenesia dello stare davanti crea frequenti caduteLe strade sono strette e sono le stesse da anni: la frenesia dello stare davanti crea frequenti cadute
La giusta misura
Questo editoriale non vuole puntare il dito nei confronti di nessuno, eppure lo punta su tutti. E’ fisiologico che a denunciare l’eccesso di stress siano stati due corridori maturi, che hanno conosciuto un ciclismo meno asfissiante e non per questo meno duro. I ragazzini cresciuti con auricolare e VeloViewer ne sono tuttavia dipendenti e, se nessuno si propone di educarli dando una misura, finisce come nella vita di tutti i giorni, in cui non si leggono più libri e si vive con lo smartphone impiantato nel cervello.
Le cadute ci sono sempre state, anche quando non c’era la diretta integrale e non c’erano i social a ingigantire ogni cosa. Ma questa non può essere una scusante per continuare a spingere sul gas senza insegnare che ci si può far male e non è mezza posizione guadagnata a 120 chilometri dall’arrivo a cambiare il corso della storia.
Nella diretta di ieri di procyclingstats.com la parola crash ricorre per 14 volte: forse un po’ troppe. Prima di arrivare a invocare nuovamente divieti anacronistici e miopi, sarebbe utile che ciascuno in casa propria trovasse il modo più redditizio e sicuro per andare avanti.
«A volte – chiudiamo con un’altra frase di Trentin – tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te».
Andiamo a vedere meglio cosa c'è nell'accordo annunciato ieri tra Sportful e Sagan. Perché 10 anni? Prima per la grande amicizia, poi anche per gli affari
Presentata nei giorni scorsi, ecco i ragionamenti dietro alla nazionale di Bennati per gli europei di Monaco. Non tireremo un metro. Si corre per vincere
Peter è sereno, si potrebbe dire che sia felice. Di lui abbiamo parlato con Elisabetta Borgia per capire cosa possa animare un atleta che ha già deciso di smettere. Lo incontriamo a Kortrijk nel pomeriggio di vigilia del Fiandre (ieri) per capire che cosa nel ciclismo gli faccia ancora battere il cuore. Lo slovacco è uno di quelli condannati a vincere, ma è pur vero che da un paio di stagioni si è allontanato dalle posizioni che contano. Le ragioni sono da capire. Si parla degli effetti deleteri del Covid, come pure del volo di 8 metri al Tour del 2018, dell’eccessiva disponibilità con gli sponsor fino ai rilevanti cambiamenti nella vita privata.
Resta il fatto che se ti chiami Peter Sagan e hai vinto tre mondiali, il Fiandre, la Roubaix, tre Gand, 12 tappe al Tour e sette maglie verdi, piazzandoti per 500 volte nei primi 10, hai diritto di esistere solo se continui a vincere. Altrimenti ti dicono che fai meglio a smettere e lo dicono con sprezzo.
Abbiamo incontrato Peter nel pomeriggio di ieri, alla vigilia del suo ultimo FiandreAbbiamo incontrato Peter nel pomeriggio di ieri, alla vigilia del suo ultimo Fiandre
Tredici anni di carriera
Fuori piove, per la corsa dicono che ci sarà il sole. Lo abbiamo visto crescere e quando gli mostriamo la prima foto del 2010, anche lui è costretto ad ammettere che questi 13 anni hanno scavato sul volto e nell’anima. Poi iniziamo a parlare.
«La prima volta che ho fatto il Fiandre – ricorda – mi sono ritirato, la seconda si è rotto il telaio. Volevo fare bene, ma ho dovuto aspettare tanto per la macchina. Nel 2016 l’ho vinto e secondo me facevo bene anche l’anno dopo, ma mi hanno fatto cadere sul Qwaremont. Il Fiandre è Monumento, come Sanremo e Roubaix. Sono le corse più grandi, con più storia, quelli dove tutti vogliono fare bene».
E’ il 2010, un giovanissimo Sagan sbarca al Tour Down Under: debutta così tra i pro’E’ il 2010, un giovanissimo Sagan sbarca al Tour Down Under: debutta così tra i pro’
Sono anche le corse che preferisci?
No, le corse che piacciono a me sono più piccole. San Juan. Tour Down Under. Tour of California. Belle gare, divertenti, con buon tempo. Nei monumenti non c’è tanto da divertirsi. Va bene, anche il Tour de France è una grande gara, però con una pressione enorme. C’è grande aspettativa da parte di tutte le squadre e alla fine per il corridore diventa una gara brutta, perché dominata dallo stress.
Quindi il percorso e la storia c’entrano poco?
Non sono questi fattori a farti dire se una gara è bella o brutta, ma lo stress. Tutte le gare importanti hanno smesso di essere belle per i corridori proprio per questo. E’ chiaro che tutti si impegnano e uno alla fine vince, ma non è facile convivere con certe tensioni. Per me con gli anni è diventato più facile.
Dopo il ritiro del 2011, Sagan torna al Fiandre nel 2012 e arriva quintoDopo il ritiro del 2011, Sagan torna al Fiandre nel 2012 e arriva quinto
In che senso?
Ormai ho l’esperienza per dire che il fatto di stressarsi più o meno non cambia il risultato. Il Fiandre di domani (oggi, ndr) sarà una gara come tutte le altre. E’ importante e l’ho già fatto tante volte, spero davvero che non piova.
Come ci sei arrivato?
Con la tosse (ride e poi tossisce, ndr). Voglio fare bene, ma non voglio stressarmi per qualcosa che non posso cambiare. E’ il mio ultimo anno e voglio godermelo piuttosto che viverlo male. Vediamo cosa sarò in grado di fare. Tutti sappiamo che è difficile limare e gestire i problemi che ci saranno, perché in una corsa di 260 chilometri può succedere di tutto e ci sarà da lottare. Mi aspetto una guerra, come la Roubaix.
Il rapporto con Cancellara inizialmente è teso e di sfida: lo svizzero nel 2013 ribadisce chi comandaIl rapporto con Cancellara inizialmente è teso e di sfida: lo svizzero nel 2013 ribadisce chi comanda
Parlano tutti di Van der Poel, Van Aert e Pogacar, ti dispiace che non si faccia più il tuo nome?
No, vabbè… Adesso è il loro momento, si godano pure la pressione. Io l’ho già gestita abbastanza.
Si parla dei disagi creati dal lockdown nei corridori di trent’anni: pensi di averlo pagato anche tu?
Di sicuro non è stato piacevole, ma non lo è stato per nessuno. E’ stato un momento difficile, nel quale è avvenuto un passaggio nel ciclismo che a me non è piaciuto. Non voglio mettermi a fare paragoni adesso che ho 33 anni, perché quando sono arrivato io, altri avranno pensato le stesse cose. Io non sentivo un cambiamento, mentre loro magari lo hanno sofferto. Però è sicuro, dopo 13 anni da professionista, vedo delle differenze.
Il 2014 è per sua ammissione un anno problematico: arriva 16° e vince “solo” 7 corse, fra cui il Gp E3 di HarelbekeDopo il passaggio a vuoto nel 2014, per Peter arriva il 4° posto del 2015: vince KristoffIl 2014 è per sua ammissione un anno problematico: arriva 16° e vince “solo” 7 corse, fra cui il Gp E3 di HarelbekeDopo il passaggio a vuoto nel 2014, per Peter arriva il 4° posto del 2015: vince Kristoff
Qual è la differenza più grande che vedi?
Non voglio fare il professore, però di sicuro la tecnologia nelle corse ha cambiato tanto. Fino a poco tempo fa, facevamo le riunioni prima della gara con una mappa e con un pennarello si segnavano i 4-5 punti da ricordare. La grande differenza l’ha fatta VeloViewer. Adesso ogni direttore sportivo può usare lo zoom e vedere dove sono i corridori, capire il vento e i punti pericolosi o stretti.
Quindi?
Quindi se fino a 8-9 anni fa ci dicevano che stava per iniziare la salita oppure che dopo 5 chilometri avremmo trovato una curva pericolosa in cui stare davanti, adesso parlano ogni 100 metri. Puoi anche non dargli peso, ma ci sono i più giovani che non capiscono niente, non conoscono le strade e sono alle prime gare in Belgio, che hanno grinta e lottano tutto il giorno per la posizione. Anche se poi restano senza gambe. Prima non c’era questo stress.
Il 2016 è l’anno giusto: vittoria in solitaria a OudenaardeSe ne va sul Paterberg, resistendo alla grande al rientro di CancellaraAnche Cancellara con il sorriso bonario riconosce che il ragazzino è cresciutoIl 2016 è l’anno giusto: vittoria in solitaria a OudenaardeSe ne va sul Paterberg, resistendo alla grande al rientro di CancellaraAnche Cancellara con il sorriso bonario riconosce che il ragazzino è cresciuto
Una volta si ragionava sul togliere le radio…
Oggi la radio è solo lo strumento per utilizzare tutta la tecnologia che hanno in macchina e fare pressione sui corridori. Parlano tanto, ma dicono cose che a volte non servono e fanno solo casino. La strada resta sempre larga tre metri e non c’è posto per 200 corridori tutti davanti. Prima tirava una squadra, due al massimo e gli altri avevano rispetto e si mettevano dietro. Adesso vedi 8-9 squadre in testa e stare in gruppo diventa uno stress. Sarebbe bello che ogni corridore studiasse il percorso senza affidarsi solo alle radioline.
Ti condiziona in corsa?
Se qualcuno ti dice sempre che devi stare avanti, come fai a stare concentrato? A volte sto prendendo la posizione e mi sto concentrando, quando cominciano a parlarti in radio. Alla fine non ascolto neanche, ma intanto la concentrazione è stata interrotta. Non voglio venire qua a giudicare, voglio godermi l’ultimo anno e amen. Tocca ai giovani semmai lamentarsi.
Nel 2017 Sagan al Fiandre con il numero uno di vincitore uscente. Anversa ai suoi piediUna banale caduta sul Qwaremont e chiude 27°: per Peter il peggior risultato di sempreNel 2017 Sagan al Fiandre con il numero uno di vincitore uscente. Anversa ai suoi piediUna banale caduta sul Qwaremont e chiude 27°: il peggior risultato di sempre
Il fatto di non volerti stressare non ti limita?
Prima non ero così tranquillo. Ho raccontato a un fisioterapista che ogni tanto faccio yoga. Lui mi ha chiesto che cosa significhi e io gli ho spiegato che lo yoga serve per trovare la pace dentro di sé. E lui mi ha detto che per un atleta non va bene, perché l’atleta deve combattere e, se non trova la rabbia, non riesce a farlo. Adesso non sto facendo yoga (ride, ndr), però guardo la situazione da un angolo diverso. Perché devo rischiare di morire? Alla fine correre in bici è pericoloso, ma io ho anche altri obiettivi nella vita.
Avresti voluto chiudere anche prima?
Ho avuto il pensiero. La mia carriera non è stata sempre ogni anno rose e fiori, sono passato anche per momenti difficili, infortuni o momenti che non andavo più. Cercavo di capire dove sbagliassi, ma nel 2014 volevo già ritirarmi. Dopo ho risolto un po’ di problemi e da quel momento c’è stato il cambio della mia carriera. I miei migliori anni ancora sono arrivati allora. Ma non credo che possano arrivarne altri se continuo fino a 36-37 anni.
Perché?
E’ molto difficile stare in questo mondo, perché più sei vecchio e più cose devi fare. Trovare la condizione è sempre più difficile. E se arriva un giovanotto che segue il suo allenatore alla lettera, cui non pesa fare la dieta e andare in palestra di mattina e in bici pomeriggio, avrà un vantaggio. Non voglio dire che a me pesa, perché è il mio lavoro, ma io ho un figlio e preferisco passare del tempo con lui che essere tutto il giorno a tutta.
Nel 2019, primo anno dal 2016, Peter corre senza iride e chiude 11°. Il Covid è alle porteNel 2019, primo anno dal 2016, Peter corre senza iride e chiude 11°. Il Covid è alle porte
Alla fine si sta semplicemente chiudendo la parentesi di Sagan corridore…
Vero, ma solo perché voglio che si chiuda. E’ difficile restare in gruppo senza un motivo. Potrei andare ad aiutare un giovane con la mia esperienza, rimanere nel ciclismo solo per stare in gruppo, ma non è nel mio carattere. Ho sempre voluto essere leader e vincere le gare, non rimango in bici solo per stare in gruppo e finire le gare. E’ meglio continuare con un’altra strada e che ti dà la motivazione, no?
Elisabetta Borgia dice che senza un obiettivo non si riesce a tirar fuori molto.
Il mio obiettivo è fare bene e poi qualcosa arriva. Non verrei alle classiche se non avessi fatto allenamenti e sacrifici. Poi c’è il Tour e lì devi arrivare preparato. Subito dopo ci sono i mondiali, che possono essere la mia ultima occasione. E subito dopo ci sono i mondiali di mountain bike, che diventano la mia priorità per qualificarmi per le Olimpiadi.
L’addetto stampa Gabriele Uboldi è parte fissa del Team Peter, come il massaggiatore Marosz, il diesse Valach e il procuratore LombardiL’addetto stampa Gabriele Uboldi è parte fissa del Team Peter, come il massaggiatore Marosz, il diesse Valach e il procuratore Lombardi
Poi sarà tempo di vacanze?
Vediamo. Sono via da casa dall’inizio dell’anno. Abbiamo fatto l’Argentina, ma sono tornato dopo un mese e mezzo perché sono andato in ritiro con la squadra in Colombia. Al rientro subito Het Nieuwsblad e poi Strade Bianche, Tirreno e Sanremo. Poi di nuovo in Belgio, tornando a casa per un paio di giorni. Sacrifici se ne fanno ancora e io sto vivendo così da 14 anni. Non ho una mia vita privata, così per continuare mi serve un obiettivo che è la qualificazione olimpica.
Si dice che da grandi conviene correre di più, piuttosto che fare tanti ritiri…
Dieci anni fa dicevano che quando sei più vecchio, è meglio allenarsi di più e correre di meno, quindi chi ha ragione? Prima si diceva che l’età migliore arrivava fra 27 e 32 anni, poi arrivano Pogacar e Bernal e vincono la corsa più importante del mondo a 21 anni. Nel nuoto hanno vietato i costumi che galleggiano e scivolano meglio, ma continuano a battere tutti i record. Presto o tardi arriverà chi batterà i tempi di Usain Bolt. Nel ciclismo lo stesso. E’ cambiata la generazione. Prima vincevano il Tour de France a 29-30 anni, adesso a 30 sei vecchio. Da dove nasce questa differenza? Io non lo so.
Sfida a distanza e vittoria nello stesso giorno per Van der Poel in Italia e Van Aert in Belgio. Due strade diverse per arrivare alla sfida del Fiandre
Dopo il Tour ha puntato sulla mtb, così Tom Pidcock è diventato iridato a Glentress Forest. Cinque giri a inseguire, poi il forcing. Caduto Van der Poel
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