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All’Arkea sognando il Tour. Albanese ha svoltato

21.08.2023
5 min
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La notizia del passaggio di Vincenzo Albanese all’Arkea Samsic (dal prossimo anno Arkea-B&B Hotels) arriva mentre è a casa dei suoceri, nella sua Campania. In questo momento il corridore della Eolo-Kometa sta riprendendo la preparazione in maniera blanda, sapendo che i primi impegni saranno a metà settembre per problemi fisici, gli ennesimi di una stagione complicata.

«Dopo i campionati italiani mi sono dovuto operare a un testicolo – racconta Albanese – è una conseguenza dell’incidente d’inizio stagione. Sapevo da tempo di doverlo fare, ma ho aspettato proprio di chiudere la prima parte di annata con la prova tricolore. Qui non faccio allenamenti specifici, ma appena torno a casa, si ricomincia…».

Per Albanese una stagione finora a mezzo servizio, ma sempre con molti piazzamenti
Per Albanese una stagione finora a mezzo servizio, ma sempre con molti piazzamenti
Quando sono nati i contatti con la squadra francese?

Già da inizio stagione se ne parlava, erano rimasti piacevolmente colpiti da quel che avevo fatto lo scorso anno. Per fortuna l’interesse non è scemato, anche se ho ripreso molto tardi a gareggiare e la stagione è andata avanti con qualche buon risultato come in Sicilia, ma molti impedimenti.

Che cosa ti hanno proposto?

Mi hanno presentato il progetto che hanno fatto su di me prima del Giro e mi ha dato una grande carica. Non potevo certo dire di no a una squadra WordTour…

Per Albanese, l’ingaggio alla Arkea sarà l’occasione per testarsi nelle corse del Nord
Per Albanese, l’ingaggio alla Arkea sarà l’occasione per testarsi nelle corse del Nord
Qual è il progetto?

Vogliono puntare su di me per le classiche d’un giorno, sanno che sono un corridore che tende sempre a piazzarsi. Quest’anno pur in soli 35 giorni di gara sono finito nella top 10 per 13 volte, lo scorso anno per ben 32. Significa portare tanti punti alla causa del team e per questo intendono investire su di me. Oltretutto c’è la possibilità di gareggiare in Francia e Belgio, mi piace l’idea di testarmi su quei percorsi con continuità.

Ok le corse d’un giorno, ma l’Arkea è squadra WorldTour, con ingresso nelle principali corse del calendario e nei grandi Giri, quindi il Tour…

E infatti l’idea di essere selezionato per il prossimo Tour, con partenza dalla “mia” Firenze mi solletica alquanto. Correre in casa per la gara più importante del mondo è un’occasione da non perdere. Poi starà a me convincere i capi a mettermi in squadra per essere a disposizione degli altri, ma farò di tutto perché avvenga.

All’Arkea i dirigenti credono in Albanese, come uomo in grado di portare molti punti al ranking
All’Arkea i dirigenti credono in Albanese, come uomo in grado di portare molti punti al ranking
Con la Eolo-Kometa i rapporti come sono?

C’è grande rispetto reciproco, non potrò mai dimenticare che cosa sono stati questi tre anni, la pazienza che hanno dimostrato nei miei confronti, la serietà del loro progetto. Ci tengo a loro, mi sono stati sempre vicini anche nei momenti più duri.

Tu venivi da 4 anni alla Bardiani non sempre semplici…

Anzi, possiamo dire che sono stati anni difficili, nei quali ho anche commesso errori, ma con il tempo ho imparato, ho preso atto di quel che sbagliavo e mi sono messo sulla linea dritta. Anche quelle sono state esperienze utili, se sono arrivato ora all’ingaggio in una squadra WorldTour è frutto di tutto il cammino svolto, nel bene e nel male.

Quattro anni alla Bardiani con 17 top 10 ma nessuna vittoria e un talento inespresso
Quattro anni alla Bardiani con 17 top 10 ma nessuna vittoria e un talento inespresso
In questi rientrano anche i tuoi problemi con il peso?

Sì, non ho paura di ammetterlo. Ho impiegato anni a trovare il mio peso forma, la giusta alimentazione e in questo la Eolo è stata fondamentale, attraverso preparatori e nutrizionisti per capire come fare, per trovare il miglior Vincenzo. Ora sono a un peso ideale di 69-70 chili, nel quale riesco a rendere di più e devo fare attenzione a mantenere questo standard. Sono esperienze che mi porto dietro. So che vado in una squadra con uno staff d’eccezione che mi aiuterà anche in questo.

Ora che cosa ti attende?

Si riparte dal Giro di Toscana e poi affronterò tutta la stagione italiana fino alle prove venete di fine stagione, cercando d’incidere come ho fatto finora.

In Sicilia esordio stagionale con 3° posto finale e vittoria nella classifica a punti
In Sicilia esordio stagionale con 3° posto finale e vittoria nella classifica a punti
Come giudichi questa strana annata?

Per come era nata e per quel che sono riuscito a far,e non posso lamentarmi. Sono comunque riuscito ad essere protagonista e questo mi fa ben sperare. Avendo un inverno tranquillo penso di poter essere subito incisivo nella prossima stagione.

Intanto però c’è da chiudere in bellezza con la tua maglia attuale…

Infatti non nascondo che vorrei ottenere almeno una vittoria nelle classiche italiane che restano. Sarebbe la maniera migliore di salutare un periodo importante della mia vita di ciclista.

Giro Donne, a tavola con Erica Lombardi (prima parte)

19.07.2023
6 min
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Una chiamata per sapere in che modo abbia gestito la nutrizione del UAE Team Adq durante il Giro d’Italia Donne e la conversazione con Erica Lombardi si trasforma in un approfondimento pazzesco. Il tutto con una premessa importante: contrariamente rispetto alle squadre che dividono lo staff fra uomini e donne, in casa UAE la dietista è a servizio esclusivo del team femminile. Questo consente di dedicarsi alle singole atlete e alla loro salute con tutto il tempo necessario.

«Sono stata per anni all’Astana – inizia Erica – una famiglia che ho nel cuore. Ho avuto direttori di grande esperienza come Martinelli e preparatori come Mazzoleni. Ho appreso tantissimo, ma nel lavoro bisogna anche evolvere. Il ciclismo femminile è un mondo che sta crescendo. C’è una letteratura scientifica minore e soprattutto è tutto più complesso. Ci sono altre componenti, metaboliche e ormonali, che cambiano le dinamiche di approccio alla nutrizione e all’allenamento. In questo senso, essere qui è un progetto che mi ha incuriosito, per questo ho accettato».

Erica Lombardi, toscana, è da quest’anno la dietista del UAE Team ADQ. Qui con la chef Alessandra Rubini
Erica Lombardi, toscana, è da quest’anno la dietista del UAE Team ADQ. Qui con la chef Alessandra Rubini
L’approccio con l’atleta è sempre lo stesso?

Io parto sempre da un coaching nutrizionale, che consiste nel seguire l’atleta e fare un lavoro di educazione. Si può anche mandare un piano di nutrizione periodico, però è un metodo diverso. Io credo che l’atleta, uomo o donna senza differenze, debba essere educato e reso più autonomo possibile. Il ciclismo è uno sport di situazione, se al corridore non abbiamo dato tutti gli strumenti per gestirsi in maniera autonoma, quando non ha il cuoco o quando non ha vicino l’ammiraglia, la nostra strategia nutrizionale non sarà davvero funzionale. Detto questo, le ragazze con cui lavoro sono tutte informate a vari livelli.

Domanda successiva, appunto: che livello di conoscenza hai trovato?

Le sento esprimersi come farei io. Parlano di protocollo, in base al percorso. Una volta, neanche tanti anni fa, l’atleta non aveva tutta questa proprietà. Ma paradossalmente, devono affinare queste conoscenze. Sono molto informate, anche perché le informazioni sono molto più fruibili rispetto a un tempo e questo potrebbe creare confusione. E’ bene che abbiano le informazioni che servono, non quelle in eccesso che si trovano sul web. Il ciclismo femminile è esploso negli ultimi due anni ed è arrivato tutto in fretta. In squadra abbiamo una chef bravissima, Alessandra Rubini, che viene dalla Scuola Alma e ha lavorato in ristoranti stellati. Fa dei piatti che, oltre a essere strutturati a livello di macronutrienti per percorso, sono buonissimi. Ogni menù viene strutturato per tipologia di tappa, viene proporzionato sulle esigenze personali, i gusti e i vari ruoli

Per tipologia di tappa e in base ai ruoli?    

Se un corridore deve andare in fuga, avrà un tipo di alimentazione. Se deve fare il finale, ne avrà un’altra (questo soprattutto per la colazione e la strategia in gara). Gradualmente la situazione si sta uniformando al mondo maschile. Diamo più scelte a livello nutrizionale, dei piatti personalizzati. Io faccio un menu funzionale per la data tappa, la chef permette loro di mangiare nel modo giusto con più scelte. Quindi la sera si siedono a tavola con il sorriso. Il nostro motto è «Eat healthy and with a smile». E questo forse è più rispetto a quello che si aspettavano le ragazze stesse.

Le ragazze hanno capito che curando a dovere l’alimentazione, le prestazioni in salita crescono a vista d’occhio
Le ragazze hanno capito che curando a dovere l’alimentazione, le prestazioni in salita crescono a vista d’occhio
Fra le novità c’è anche la presenza fissa della dietista?

Si devono abituare alla mia presenza, ma in questa squadra c’è un un’organizzazione molto strutturata. Per ogni corsa ho tantissime informazioni da parte proprio dei direttori sportivi e dei preparatori atletici. Addirittura, si possono avere delle previsioni abbastanza affidabili delle chilocalorie e dei watt che saranno necessari. Avendo tutte queste informazioni, si può fare una strategia nutrizionale veramente ad hoc

Che rapporto c’è fra l’atleta donna e il peso?

Fra gli uomini, il fatto di pesarsi è più sistematico. La donna tende ad essere più attenta al proprio corpo e alle sue variazioni, influenzate anche dai cambiamenti ormonali. Anche gli uomini ci tengono sempre di più, però ci sono sicuramente delle differenze. Innanzitutto per la quantità di cibo, perché le corse delle donne sono più brevi. La logistica stessa è diversa: anche noi abbiamo i rifornimenti, però nel ciclismo maschile all’interno del sacchetto ci sono anche alimenti solidi, da noi si mettono borracce. La ragazza parte con panini, rice cakes, barrette e gel già nella tasca.

Altre differenze?

I grammi di carboidrati per ora sono inferiori, perché è tutto proporzionato al peso corporeo e ai watt che si sviluppano. I ragazzi adesso sono arrivati a fare anche più di 120 grammi, di recente ho sentito parlare anche di 140. Nel ciclismo femminile siamo intorno a 90, c’è qualche eccezione che arriva a 100, ma la il range di fabbisogno è sempre 60-90 grammi per ora. Anche il “recovery”, il pasto dopo la tappa è diverso, ma della sfera degli integratori si occupa esclusivamente la dottoressa. Nella donna dobbiamo stare più attenti ad alcune carenze, come ad esempio il ferro durante il ciclo.

Erica racconta che in Sardegna al Giro era così caldo che è stata aumentata la quota d’acqua e di ghiaccio
In Sardegna era così caldo che è stata aumentata la quota d’acqua e di ghiaccio
Come avete preparato il Giro? Ci sono stati dei meeting in ritiro?

In questo team, la comunicazione è veramente costante, ci si confronta tutti i giorni. Sono stata in ritiro con il gruppo delle ragazze che avrebbe fatto il Giro. Sappiamo benissimo che i grandi Giri non si costruiscono durante la corsa, cioè quando i giochi sono fatti. Quindi l’alimentazione è una delle basi che abbiamo posto in ritiro. Quando simuliamo una distanza o lavoriamo su alcuni meccanismi, anche l’alimentazione deve essere collaudata. Non si può provare niente durante il Giro che non si sia provato in ritiro. Il vantaggio di essere presente sul campo è che certi giorni ti basta guardarle in faccia per capire come stanno e adattare la loro alimentazione.

Dal punto di vista del consumo, le 9 tappe del Giro donne sono paragonabili alle 21 del Giro uomini?

Il dispendio calorico medio è inferiore rispetto a quello cui vanno incontro i ragazzi, perché per esempio loro arrivano anche sopra a 5.000 calorie, mentre qui più di 2.500 non le ho mai viste. I chilometraggi stanno aumentando, come pure la presenza delle crono, per le quali si struttura un protocollo nutrizionale ad hoc.

Una crono, Laura Tomasi in azione. Secondo Erica, la colazione prima di certe tappe si avvicina a quella degli uomini
Una crono, Laura Tomasi in azione. La colazione prima di certe tappe si avvicina a quella degli uomini

Nel prossimo articolo, che pubblicheremo domani, entreremo più nello specifico della gestione alimentare delle ragazze in base alle loro esigenze. Il dato del minore consumo energetico in relazione alle minori distanze di gara ci riallaccia alle parole dette pochi giorni fa da Paolo Slongo. Le ragazze avrebbero i mezzi per correre su distanze superiori, ma la confusione che regna fra le categorie, lo rende ancora impossibile.

Quanto incidono due chili? Ne parliamo con Pino Toni

23.06.2022
5 min
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Due chili. Sono tanti? Sono pochi? E nel ciclismo dei marginal gains sono da considerarsi ancora margini appunto, o sono qualcosa di fondamentale? Tutto nasce da un’intervista fatta con Paolo Slongo, preparatore della Trek-Segafredo e di Elisa Longo Borghini, il quale ci aveva detto tra le altre cose che la sua atleta aveva vinto perché era scesa di due chili. 

E allora con un altro preparatore molto attento agli aspetti tecnici, Pino Toni, andiamo a vedere quanto incidono davvero due chili. Un discorso che con il toscano si fa subito interessante.

Dopo l’ottimo lavoro in altura, Elisa Longo Borghini ha limato il suo peso e ha vinto in salita (per di più allo sprint)
Dopo l’ottimo lavoro in altura, Elisa Longo Borghini ha limato il suo peso e ha vinto in salita (per di più allo sprint)

La testa conta

«I chili in più e in meno – spiega Toni – vanno sempre valutati per ogni ragazzo e ogni ragazza. Per qualcuno possono incidere più di altri. Chiaro, il rapporto potenza/peso resta centrale per tutti, ma su alcuni soggetti non puoi “limare” troppo».

«Per un atleta forte come la Longo, ma più in generale per le donne direi, da una parte me ne frego del peso. Lo dico sempre anche a Marta Bastianelli (che il coach segue da anni, ndr): se tu sei forte, stai bene e hai lavorato correttamente sei vincente lo stesso. Chiaramente in relazione ad un peso non ottimale ma pur sempre nei limiti.

«Il problema semmai è che quei due chili in più possono incidere sulla determinazione, sulla testa dell’atleta».

«Faccio un esempio pratico e molto semplice. Tante volte, e per le donne vale ancora di più, il corridore vede la sua gamba meno definita ed è meno convinto. Poi basta che un uomo si veda una vena nell’interno coscia o una donna veda più definita la zona della rotula, che all’improvviso entrambi si sentono bene con il loro corpo. E capita spesso».

«Nel caso specifico, non conosco Elisa Longo Borghini, ma vedo che è potente e che non ha paura di correre, di attaccare. Magari quei due chili la limitavano un po’ nelle salite lunghe e, ripeto, anche nella testa. Ma direi che nel complesso è andata forte perché stava bene. E quando si sta bene il peso va via da solo».

Aspetto, quest’ultimo, che lo stesso Slongo ha confermato in quell’articolo. «Elisa ha perso due chili senza fare chissà cosa», aveva confidato il tecnico veneto.

Quando un’atleta sta bene, è cosciente del suo senso di autoefficacia, come direbbe la psicologa Elisabetta Borgia, anche il peso scende “da solo” o più facilmente. In pratica s’innesca un circolo virtuoso.

Kittel, mostro di potenza, per lui due chili incidevano meno rispetto ad uno scalatore
Kittel, mostro di potenza, per lui due chili incidevano meno rispetto ad uno scalatore

Quei 7 watt 

Ma staccandoci dall’esempio relativo alla Longo, quanto incidono due chili? Roglic sarebbe Roglic con due chili in più? Probabilmente no.

«Dipende che chili sono – dice Toni – e di quale soggetto parliamo. Sono chili sugli arti superiori? Quanto è grande l’atleta? Che tipo di corridore è? In un uomo variano molto per il tipo di corsa che deve fare. Un Kristoff o un Kittel, che superano i 1.600 watt contano meno, tanto al primo “cavalcavia” si staccano. Per un Roglic non è così».

In uno scalatore, che in partenza pesa meno di uno sprinter, due chili si sentono sicuramente di più. E poi non è facile dimagrire e non perdere neanche un briciolo di massa magra, cioè di muscoli. Non a caso tante volte lo sprinter rinuncia ad essere super tirato. Lo stesso Petacchi ci disse che volutamente non scendeva al di sotto di un certo peso per essere efficiente in volata.

«Sulla classica salita ipotetica di 10 chilometri al 10% ogni chilo in più influisce il 6% in termini di  tempo di scalata – riprende Toni – Un chilo in più sul corpo corrisponde a circa 7 watt in meno (due chili, 14 watt, ndr). Ho specificato sul corpo perché se si parla di masse rotanti il tutto va moltiplicato per quattro.

«Se, infatti, il telaio di una bici pesa un chilo di più, è più o meno come avere un chilo in più addosso. Mentre per perdere la stessa energia basta che una ruota pesi 250 grammi in più».

Gli africani sono più leggeri degli europei (Kipchoge, maglia bianca, nel test Ineos per la maratona sotto le 2 ore)
Gli africani sono più leggeri degli europei (Kipchoge, maglia bianca, nel test Ineos per la maratona sotto le 2 ore)

Saper limare

«La reazione alla perdita di peso, varia da atleta ad atleta. Sostanzialmente c’è un bilancio tra forza motrice e zavorra.

«In fisiologia si fanno dei test di biompedenziometria. Ci sono bilance che specificano ogni aspetto del peso: quantità di acqua, muscoli, ossa… Pensate che oggi si analizza la densità ossea. E valutando questa densità puoi capire con più precisione quanto puoi “limare” sul quel soggetto, perché già una piccola differenza nell’insieme dello scheletro incide».

«Lo scheletro è quasi il 20% del peso del corpo umano. Una percentuale importante. Conoscendone l’esatto peso si sa quanto si può far dimagrire quell’atleta. Per esempio, se si prendono un uomo caucasico e un uomo kenyano con le stesse misure antropometriche quello kenyano pesa circa 3 chili in meno. Non è poco a certi livelli».

«Il corpo umano è una macchina perfetta e nella sua formazione incide ogni aspetto, ogni fattore. E uno di questi fattori è l’altura. Chi vive in quota ha una densità ossea leggermente inferiore, perché deve sopportare una colonna d’aria minore. Pertanto il suo scheletro ha una rigidità ottimale per quel peso dell’aria. 

«Ma se si si porta un corridore colombiano, che di solito vive in quota, al livello del mare, alla lunga la sua densità ossea diventerà come quella di un caucasico che già ci vive».

Due chili quindi contano, ma conta di più sapere che chili sono: soggetto, struttura ossea, tipologia del corridore, bilancio muscolare fra arti superiori e inferiori, velocità con cui si è perso peso…

Petacchi aveva un chilo in più? Il velocista moderno no

29.03.2022
6 min
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«Per la Sanremo ero più magro, per il resto della stagione invece avevo un chilo e mezzo, due in più. Alla fine io non avevo questa esigenza di essere super tirato. E se scollinavo con un minuto di ritardo in più non mi cambiava molto. La volata della Sanremo è di gambe, non è una di quelle esplosive a 70 all’ora». Abbiamo “girato” questa frase di Alessandro Petacchi, ad un velocista attuale, e che velocista, Simone Consonni.

Consonni (Cofidis) fu terzo a Clermont Ferrand, nel Tour 2020, tappa di 194 chilometri e 2.646 metri di dislivello
Consonni (Cofidis) fu terzo a Clermont Ferrand, nel Tour 2020, tappa di 194 chilometri e 2.646 metri di dislivello

Velocisti più magri

E’ bastato ripetergli questa frase dello spezzino che il campione della Cofidis ha capito al volo l’argomento: oggi è ancora possibile per un velocista potarsi dietro una “zavorra”, benché minima come quella di AleJet?

«Credo – dice Consonni – che negli ultimi anni siano cambiate un bel po’ di cose. Io non ho mai corso con Petacchi e i velocisti della sua generazione e faccio fatica a fare un confronto. Negli ultimi anni non esistono i velocisti super puri di una volta. Oggi per vincere in volata devi andare forte in salita e l’ultima Sanremo ne è stata la dimostrazione. Ha certificato quanto sia importante andare forte in salita.

«I velocisti che sono arrivati davanti sono andati fortissimo sulla Cipressa e sul Poggio».

In effetti sono arrivati all’attacco del Poggio in 24-25 e, tolti due o tre gregari, erano tutti leader. Dentro c’era gente veloce come Demare, Nizzolo, Pedersen, Girmay, Matthews

«In più le corse sono sempre più dure per i velocisti perché gli organizzatori inseriscono sempre più salite. Ormai di veri piattoni ce ne sono uno o due nei grandi Giri. Senza contare che in corsa ci sono corridori fortissimi che fanno “casino” anche quando non te lo aspetti o da lontano. Quindi più che curare lo sprint puro, cerchi di stare attento al rapporto peso/potenza per scollinare nel miglior modo possibile, per risparmiare energie per la volata».

Lo scorso anno a Tignes Demare finì fuori tempo massimo. Essere magri è fondamentale anche per il velocista
Lo scorso anno a Tignes Demare finì fuori tempo massimo. Essere magri è fondamentale anche per il velocista

Coperta corta

«Ed è molto difficile trovare questo compromesso. Tu, velocista, puoi anche essere più magro ma non devi perdere potenza. E’ il “vaso di pandora” del ciclismo moderno… se trovi la soluzione! E non è facile. La coperta è corta: se migliori nel breve, perdi in salita.

«Io per esempio quest’anno ho lavorato di più sulla palestra per migliorare lo sprint. E alla fine nel breve, nella volata, i watt sono gli stessi, ma mi sento meglio in salita. E peso due chili in più!».

Questo a dire il vero, nel caso di Consonni un po’ ci stupisce. Una metamorfosi del genere ce la saremmo aspettata di più lo scorso anno in vista delle Olimpiadi su pista (ricordiamo che Simone fa parte del quartetto d’oro), dove serve più potenza.

«Chiaramente sono due chili di forza e in effetti questo cambiamento è iniziato dallo scorso anno proprio per la pista e poiché ho visto che pagava ho continuato. Come detto i valori sul corto sono più o meno gli stessi, ma mi esprimo meglio sui 10’».

Simone Consonni nelle ultime stagioni ha lavorato molto in palestra per cercare di rialzare lo spunto veloce
Simone Consonni nelle ultime stagioni ha lavorato molto in palestra per cercare di rialzare lo spunto veloce

Questioni tattiche 

Tornando a Petacchi e in parte anche al discorso di Consonni, quel chiletto o due in più portavano ad avere il “vecchio” velocista ad avere un certo spunto. Ma a quanto pare oggi non è possibile. La volata te la devi guadagnare.

«Esatto, te la devi guadagnare – riprende Simone mentre sta facendo i massaggi durante la campagna del Nord – oggi quasi sempre le tappe sono uguali o superiori ai 2.000 metri di dislivello. Lo scorso anno al Giro l’unico piattone fu la frazione di Verona. E questo, insieme alla mania di attaccare di questi fortissimi corridori, cambia le cose per noi. Sarà bello per lo spettacolo, ma meno per noi sprinter!

«Faccio un esempio. Alla Tirreno in una tappa per velocisti Alaphilippe e Pogacar hanno attaccato a 40 chilometri all’arrivo e per noi è stata una sofferenza. Da uno strappo insignificante ne è nata un’azione che è stata quasi da tappa di salita».

Il treno della Saeco, emblema delle volate e dei velocisti degli anni ’90-2000
Il treno della Saeco, emblema delle volate e dei velocisti degli anni ’90-2000

I chilometri finali

E poi – rilancia appassionato Consonni – c’è anche un’altro aspetto che secondo me conta: l’approccio alle volate. Si dice che oggi c’è anarchia nel preparare una volata. Non è più come una volta che i migliori 4-5 velocisti avevano il loro treno e ai meno dieci dall’arrivo tutti si mettevano in fila. Si andava forte, ma regolari (e coperti, ndr). 

«Adesso gli ultimi dieci chilometri sono molto più intensi. Passi da una ruota all’altra. Risali, prendi vento… sono dei salti, degli sprint che richiedono potenza. Sono 10′ molto dispendiosi e se spendi quei watt lì, non ne hai dopo per la volata».

Jakobsen o Cipollini?

Al netto dei percorsi più duri, della mancanza dei treni e di velocisti più magri ci si chiede se gli sprinter di un tempo fossero più forti. O meglio se avessero un picco più alto.

«Rispetto ad altri bambini – conclude Consonni – io seguivo poco il ciclismo, quindi faccio un po’ più di fatica a dare un giudizio, tuttavia da quello che mi dicono gli esperti la nostra spinta media nel corso delle ore di gara è più alta rispetto al passato. E questo toglie lucidità e potenza. Da quello che ho sentito dire una volta le corse erano più controllate e alla fine i velocisti di un tempo credo avessero più potenza nel corto».

Non è mai facile e forse neanche giusto mettere a confronto corridori di epoche diverse. Tuttavia poiché non parliamo di secoli ma di due o tre lustri azzardiamo un “paragone”. Se si mettesse su un rettilineo un Fabio Jakobsen e un Mario Cipollini di allora, quasi certamente Re Leone lo batterebbe allo sprint, ma bisogna vedere se lo stesso Cipollini di un tempo oggi sarebbe in grado di restare in gruppo. Probabilmente i Petacchi e i Cipollini di allora, oggi sarebbero più magri. E quindi con un po’ meno spunto.