Simone Masciarelli: il ritorno a Pescara, il cross e la famiglia

08.12.2024
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BREMBATE – Dall’Italia al Belgio e viceversa. La vita della famiglia Masciarelli l’abbiamo ascoltata tante volte. All’inizio per la novità che rappresentava il trasferimento di Lorenzo Masciarelli alla Pauwels Sauzen-Bingoal, nel 2021. Poi il ritorno in Italia, alla Colpack-Ballan nel 2023 con l’obiettivo di diventare sempre più un corridore su strada. In tutto questo Lorenzo Masciarelli e la sua famiglia hanno vissuto due anni a Oudenaarde. Cittadina fiamminga nella quale si erano costruiti una vita e un insieme di ricordi che si sono portati dietro una volta tornati a vivere a Pescara. 

Simone Masciarelli parla con Luca Bramati prima della ricognizione del percorso al Trofeo Guerciotti
Simone Masciarelli parla con Luca Bramati prima della ricognizione del percorso al Trofeo Guerciotti

Ricollegare il filo

Come sta ora la famiglia Masciarelli? Lo chiediamo ancora una volta a papà Simone, con il quale abbiamo parlato nella mattinata del Trofeo Guerciotti. 

«Diciamo che siamo stati fortunati perché con il gruppo Focus ho ritrovato un’amicizia profonda e consolidata. Adesso lavoro per loro da casa e nel mio negozio, riesco a stare comunque nell’ambiente e a fare ciò che mi piace. Anche mia moglie lavora nel negozio di famiglia e ci dà una mano. Tornare in Italia è stato bello, abbiamo trovato le porte aperte, come se non ce ne fossimo mai andati. E’ stato anche abbastanza facile, più del previsto, e siamo contenti perché i ragazzi stanno bene, l’importante è questo».

Lorenzo Masciarelli è alla sua terza gara di ciclocross quest’anno
Lorenzo Masciarelli è alla sua terza gara di ciclocross quest’anno
I rapporti con le persone in Belgio come sono rimasti?

Ottimi, perché con Mario De Clercq, il team manager della Pauwels Sauzen-Bingoal, si è creato un legame forte. E’ più di un amico per me. Sia io che Lorenzo lo sentiamo spesso.

Quanto sei felice del ritorno al cross di Lorenzo?

Tanto. Ora ci godiamo questa bella esperienza: una decina di gare come quando eravamo in Belgio. Io e lui. A Lorenzo è sempre piaciuta come disciplina e anche io mi sento felice nel ritornare a seguirlo. Certo l’ultimo periodo ero più libero nei weekend, ma rivedere il sorriso che ha quando corre è impagabile. E’ come un bimbo quando torna in un parco giochi, quindi sicuramente fa tanto piacere.

Il Trofeo Mamma e Papà Guerciotti è stata la sua prima prova internazionale, chiusa con un buon decimo posto
Il Trofeo Mamma e Papà Guerciotti è stata la sua prima prova internazionale, chiusa con un buon decimo posto
Il ritorno in Italia però è stato complicato…

C’è stato qualche problemino fisico di troppo (il riferimento è alla pericardite che ha fermato Lorenzo Masciarelli lo scorso anno, ndr). Adesso speriamo che si metta tutto alle spalle e che vada avanti sul suo percorso. Riprendere con il ciclocross penso sia stata una bella scelta. In squadra erano un po’ sorpresi, però credo anche loro siano contenti. 

Quanto è stato difficile, da padre, vedere proprio Lorenzo fermo senza possibilità di correre?

L’annata della pericardite un po’ l’aveva smontato, stare fermo quattro mesi durante l’estate senza poter pedalare è stato difficile. Aveva perso tanto e rientrare dopo un periodo del genere non è mai semplice. E’ sempre difficile rimettersi in gioco, ma alla fine con pazienza ci si riesce. Poi il ciclismo di oggi non aiuta, con questa fretta nel far passare i giovani ti trovi al quarto anno da under 23 con la pressione di cercare i risultati

Lorenzo Masciarelli con alla sua destra il fratello Stefano alla gara di ciclocross di Barletta, una delle poche corse insieme
Lorenzo Masciarelli con alla sua destra il fratello Stefano alla gara di ciclocross di Barletta, una delle poche corse insieme
Dopo due anni come hai ritrovato Pescara?

Per me Pescara è l’America, perché come si sta da noi… C’è tutto! Abbiamo la montagna, il mare, per allenarsi in bici è fantastica. Infatti i ragazzi per quanto riguarda gli allenamenti sono super contenti. Qualche giorno fa Stefano, il più piccolo dei due, è salito ai 1.500 metri di Passo Lanciano. 

Uno dei più contenti di tornare in Italia era proprio Stefano.

Era il più felice perché non si era mai abituato a vivere in Belgio. Però diciamo che è stata una bella esperienza anche per lui a livello umano, perché alla fine è tornato dalle Fiandre che parla due o tre lingue. Quindi quell’esperienza è servita a qualcosa.

Stefano Masciarelli è il fratello minore, classe 2006 passerà under 23 nel 2025 su strada (photors.it)
Stefano Masciarelli è il fratello minore, classe 2006 passerà under 23 nel 2025 su strada (photors.it)
Lorenzo ci diceva che a suo fratello il ciclocross non piace proprio. Sono davvero diversi…

Abbiamo provato a portarlo al Trofeo Guerciotti, ma non c’è stato modo, peccato perché sono entrambi under 23. Qualche settimana fa l’avevamo convinto a correre nella prova di Barletta, l’abbiamo fatto con l’inganno: gli abbiamo detto che avremmo fatto una bella cena. Ci è cascato, ma ha detto che non lo farà più (ride, ndr).

Stefano passa under 23 quest’anno, ha già trovato squadra?

Aveva abbastanza richieste, soprattutto perché ha fatto un bel mese di settembre. È stato visto e chiamato da parecchie squadre, anche dei devo team. Ma per noi la scelta migliore è farlo restare vicino a casa per fargli finire la scuola. E’ un ragazzo molto timido e andare via potrebbe essere un passo troppo grande. Fossimo rimasti in Belgio il discorso sarebbe stato diverso. Ora si è alla costante ricerca degli juniores, alla fine sono ragazzi che possono avere delle fragilità e vanno tutelati. Andare in bici deve rimanere sempre un divertimento.

Stefano Giuliani, il trofeo Matteotti e una certa idea di ciclismo

23.09.2024
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Il 15 settembre scorso si è corsa la 76ª edizione del Trofeo Matteotti, con la vittoria del venezuelano Orluis Aular davanti ad Alessandro Covi e Aleksej Lutsenko.

Il Matteotti è un trofeo dalla storia gloriosa, con un albo d’oro che annovera nomi come Ercole Baldini, Felice Gimondi, Roger De Vlaeminck e Francesco Moser, solo per citarne alcuni. Da sette anni l’organizzazione è nelle mani di Stefano Giuliani, abruzzese doc, con un notevole passato da corridore prima e dirigente poi. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui per farci raccontare qualcosa di cosa voglia dire, al giorno d’oggi, organizzare un evento di questo calibro (e non solo).

Ecco Stefano Giuliani, qui in compagnia di Nibali e Vegni
Ecco Stefano Giuliani, qui in compagnia di Nibali e Vegni
Stefano, com’è nata la tua avventura al Trofeo Matteotti?

Premetto che non nasco come un organizzatore di gare. Cerco di esserlo, di farlo al mio meglio, con la passione che ho sempre messo nel ciclismo. Prima da corridore e poi da direttore sportivo. Tutt’oggi ho anche una squadra da seguire, il Team Vini Monzon-Savini Due-OMZ, e non è sempre facile tenere tutto assieme. Però ecco, sicuramente il “mio” Matteotti è nato da questa grande passione.

Nello specifico in che modo?

Io sono sempre stato uno che ama le sfide e dopo aver concluso l’avventura alla Vini Fantini nel 2017 ho vissuto qualche mese un po’ difficile. Poi ho sentito che Renato Ricci, l’allora presidente del Trofeo Matteotti, voleva lasciare, e allora ho colto l’occasione. Nel frattempo, pochi giorni dopo, ho saputo anche che diversi corridori della Vini Fantini erano rimasti a piedi, e allora ho deciso di fondare anche un’altra squadra.

E comunque finora sei riuscito a tenere assieme tutto.

Se io resisto ancora è perché ho idee diverse, un po’ come Silvio Baldini, l’allenatore di calcio mio conterraneo. Mi metto in gioco, con impegno e professionalità. Diciamo che in quanto ex corridore ti rimane sempre quella tigna, quella voglia di competere e dimostrare qualcosa. Io faccio tanto, anche troppo forse. Mi dicono che sono un artista, ma la mia disorganizzazione è comunque organizzata, come credo si sia visto durante gli anni alla Vini Fantini. Quando i ragazzi vincevano li portavo in discoteca, perché questa era la mia idea di ciclismo e di vita, in barba al pensiero degli altri. Però negli ultimi sei anni non ho avuto il budget per prendere in squadra corridori di qualità, perché è sempre più difficile  per le continental come la nostra.

Al via del Matteotti 2024, la mamma di Simone Roganti, pescarese scomparso il 30 agosto
Al via del Matteotti 2024, la mamma di Simone Roganti, pescarese scomparso il 30 agosto
Ora la tendenza è di passare direttamente da juniores a elite.

Esatto, infatti una realtà storica come la Zalf chiude. E’ molto difficile. Dopo il Covid le aziende fanno più fatica ad investire a livello più basso, eppure è da quello che poi nascono i campioni. Ora come ora a dir la verità sto pensando di chiudere la squadra, se i regolamenti non cambiano non so se continuerò un altro anno. In pochi anni in Italia siamo passati da avere 16 professional a 3. E poi anche noi del settore dovremmo metterci più in gioco, secondo me.

In che senso?

Nel senso che io sono fatto alla mia maniera e non è che tutti debbano fare come me. Ma se ognuno o anche solo qualcuno dei ds o degli ex atleti organizzasse un evento come il Matteotti nella sua terra, o creasse un bike park come ho fatto io, credo che il ciclismo italiano sarebbe meno in crisi. Il ciclismo ci ha dato tanto, e secondo me è giusto ricambiare. Almeno, questo è quello che sembra a me e che cerco di fare.

Torniamo un attimo al Trofeo Matteotti. Quali sono i suoi punti di forza secondo te?

Intanto il Matteotti ha un budget molto piccolo rispetto ad altre gare simili. Eppure siamo comunque riusciti a portare negli ultimi anni 6 squadre WorldTour e 7 professional. Ovviamente ne vorrei di più, ma trovare l’incastro perfetto nel calendario non è facile. Poi, una cosa a cui tengo molto, è che puntiamo molto sulla sicurezza, e abbiamo deciso di correre in un circuito, che credo sia il futuro. Serve al pubblico, per godersi al meglio lo spettacolo, e serve agli organizzatori, per garantire appunto il massimo livello di sicurezza.

Siamo quasi alla fine. Qual è il tuo più bel ricordo del Trofeo Matteotti?

Ti racconto una cosa. Da piccolo io al Matteotti raccoglievo le borracce perché passava sotto casa mia. Rincorrevo Gimondi con la graziella e sono ricordi che ancora mi fanno emozionare. Ecco perché questo Trofeo l’ho sempre sentito molto. Da corridore ho fatto due podi e diversi piazzamenti, poi l’ho vinto due volte da DS con la Farnese. Per dire che da bambino non avrei mai pensato che da grande avrei fatto questa carriera, che mi ha portato a vincere tappe al Giro e poi, ora, ad organizzare io stesso il Matteotti. Un po’ credo al destino che mi ha fatto trovare al posto giusto nel momento giusto.

Ricordavi appunto che tu sei abruzzese, quindi questa gara per te ha un’importanza particolare.

Esatto. L’Abruzzo è la mia terra e voglio convincere tutti ad investire qui, perché ha moltissime possibilità. Il mio sogno è che il Matteotti diventi un evento di punta in cui magari poter vedere all’opera corridori come Pogacar o Evenepoel. Come un altro grande, grandissimo sogno sarebbe quello di portare qui il mondiale.

Lo immagini già?

Il nostro percorso sarebbe perfetto, con un circuito di 13 chilometri senza neanche un’auto parcheggiata e molto protetto, perché ripeto la sicurezza è fondamentale. Abbiamo 200 volontari della Protezione Civile, le doppie transenne, la grande collaborazione della Polizia e delle amministrazioni. Insomma, tutto quello che serve per fare diventare il Matteotti un grande appuntamento internazionale.

Questa la vittoria di Arta Terme del Giro 1988 di cui parla Giuliani, nata dopo il gelo del Gavia
Questa la vittoria di Arta Terme del Giro 1988 di cui parla Giuliani, nata dopo il gelo del Gavia
Un sogno che, con la tua grinta e la tua passione, potrebbe davvero realizzarsi.

Vedete, io ho vinto tappe con fughe da 150 chilometri, so che quello che ci vuole sono passione e audacia. Di nuovo, noi del settore dobbiamo ridare qualcosa al ciclismo, perché il ciclismo ci ha insegnato molto. Mi ricordo che al Giro dell’88 durante la famosa tappa del Gavia ho sofferto tantissimo, ma ho tenuto duro perché avevo responsabilità verso la mia famiglia, avevo già due figli. Due giorni dopo ho vinto la tappa più bella di quel Giro, ad Arta Terme. Quello mi ha insegnato a non mollare durante le difficoltà. Da allora non mi faccio scoraggiare da niente, il ciclismo insegna a cadere e a rialzarsi e questo mi rende molto orgoglioso.

VF Group-Bardiani: le tante strade che portano al Giro

10.04.2024
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PESCARA – Il colpo di reni con cui Zanoncello ha infilato Malucelli sul traguardo è stato a dir poco chirurgico. Fino a un metro dalla riga, il romagnolo era davanti e poi di colpo si è ritrovato incredulo a chiedersi se fosse tutto vero. Il Giro d’Abruzzo si è aperto nel segno della VF Group-Bardiani e del velocista veneto, che ha così consacrato la sua presenza al prossimo Giro d’Italia. Anche se lì ci saranno altri clienti con cui fare i conti, la condizione è quella giusta. Anche per questo il veronese di 26 anni ieri sorrideva soddisfatto. Quella di Pescara è stata anche la prima vittoria in Italia da quando è professionista: l’ultima risaliva all’agosto del 2020 quando vestiva ancora la maglia della Zalf. Accanto a lui, dopo l’arrivo, anche Domenico Pozzovivo tirava il fiato e anche lui ormai ha gli occhi e i denti sulla corsa rosa.

Il Giro d’Abruzzo si era corso l’ultima volta nel 2007: torna quest’anno su iniziativa di RCS Sport
Il Giro d’Abruzzo si era corso l’ultima volta nel 2007: torna quest’anno su iniziativa di RCS Sport

Percorsi diversi

L’avvicinamento dei ragazzi di Reverberi al Giro prosegue seguendo binari diversi. E se ad esempio l’esperto lucano ha chiesto di non correre il Tour of the Alps, preferendo spostarsi sull’Etna subito dopo l’Abruzzo, c’è chi come Giulio Pellizzari non corre fra i professionisti dalla Coppi e Bartali e nel frattempo si è visto soltanto al Giro del Belvedere e al Palio del Recioto. Per fare il punto della situazione, abbiamo intercettato Roberto Reverberi, che dopo la tappa è partito alla volta dell’hotel con Pozzovivo accanto.

«Al momento – ha detto – ci sono cinque-sei corridori in procinto di andare in altura perché sono pressoché sicuri del Giro. Dobbiamo ancora trovarne altri due o tre per completare la rosa. Ne abbiamo diversi fra cui scegliere, osservando le varie corse che faremo: qui al Giro d’Abruzzo, come pure al Tour of the Alps che inizia la prossima settimana. Faremo anche tre corse impegnative in Francia nello Jura, mentre sarà difficile vedere al Giro i ragazzi che correranno al Turchia, perché tornerebbero a casa solo otto giorni prima. Zanoncello però era già in predicato di venire come velocista, perché dall’inizio dell’anno è sempre stato fra i primi. Chiaramente al Giro dovrà vedersela con altri avversari, però è comunque uno che l’anno scorso ha vinto le sue quattro corse. E’ un ragazzo serio e ha delle doti, non va piano neanche in salita: su quelle medie tiene bene. Non è il classico velocista che si stacca: alla Guardini, per capirci».

La tappa di ieri da Vasto a Pescara è stata il 13° giorno di gara di Pozzovivo nel 2024
La tappa di ieri da Vasto a Pescara è stata il 13° giorno di gara di Pozzovivo nel 2024
Per la volata di Pescara ha ringraziato Fiorelli: potrebbe essere il suo ultimo uomo al Giro?

Potrebbe, anche perché Fiorelli al Giro ha ottenuto qualche piazzamento, ma le volate di gruppo non le vince. Potrebbe dargli una mano a patto che anche lui trovi la condizione, perché ha avuto un po’ di problemi in avvicinamento a queste corse e non è proprio al 100 per cento. Speriamo che migliori, anche perché abbiamo bisogno di qualcun altro, magari uno Zoccarato o anche Tarozzi, che entrino in fuga nei giorni in cui gli attaccanti possono arrivare.

Quali sono i corridori sicuri del Giro che andranno sull’Etna?

Non sono sicuri al 100 per cento, tranne un paio. Però parliamo di Martinelli, Pozzovivo, Pellizzari, Covili e Marcellusi.

E qui veniamo ai vari avvicinamenti: in che modo avete differenziato l’attività dei singoli? Perché Pozzovivo è qui in Abruzzo, mentre ad esempio Pellizzari farà il Tour of the Alps?

Abbiamo concordato questo percorso con il dottor Giorgi e il suo staff. Come squadra, abbiamo dato indicazioni sugli appuntamenti in cui vorremmo avere i corridori pronti. Pozzovivo ha scelto da solo: ci ha chiesto di non fare il Tour of the Alps, ma di venire in Abruzzo e poi andare direttamente in altura. Pellizzari invece sarà in Trentino in funzione del Giro, poi andrà anche lui sull’Etna. In base a queste nostre esigenze, i preparatori hanno disegnato il calendario.

Dopo l’arrivo, scortato da Gianluca Mirenda, Zanoncello (26 anni, 1,70 per 64 chili) va verso il podio
Dopo l’arrivo, scortato da Gianluca Mirenda, Zanoncello (26 anni, 1,70 per 64 chili) va verso il podio
Uno come Pellizzari non avrebbe avuto più bisogno di correre fra i professionisti anziché andare alle corse under 23?

Abbiamo pensato che gli basti fare il Tour of the Alps. Al Giro tutti si aspettano chissà cosa, ma bisognerà partire senza stress. Nei primi giorni magari si vedrà dove può arrivare e se non dovesse essere impegnato nella classifica, potrà provare a far bene una tappa. Quando abbiamo avuto dei giovani che andavano in salita, abbiamo sempre fatto così. Ma non è detto che abbia le gambe per tenere duro, per cui vediamo…

Immagini di metterlo in camera assieme a Pozzovivo?

Potrebbe essere proprio così, in effetti. Non so ancora chi ci sarà al Giro, ma di solito mettiamo in stanza il più giovane con il più vecchio e probabilmente Giulio e “Pozzo” finiranno insieme. Sarà un bell’esempio cui guardare.

In effetti sul più anziano non dovrebbero esserci dubbi…

Aspettate che glielo dico, è qui accanto. Anche “Pozzo” dice di non avere dubbi, a meno che al Giro non venga Sevilla (ride, ndr). Ma non credo che verrà e poi comunque non nella nostra squadra…

La risata sommessa di Pozzovivo e poi i saluti. Mancano tre settimane e mezzo all’inizio del Giro. Zanoncello ha fatto la sua parte, oggi a Luco dei Marsi e più ancora domani a Prati di Tivo potrebbe esserci spazio per Domenico. Il mosaico si va componendo, a metà fra la voglia di conferme immediate e quel sogno rosa che si sveglia con i primi raggi della primavera.

Masciarelli e la pericardite scoperta grazie all’incidente

16.05.2023
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«Sono uscito a fare allenamento – racconta Masciarelli, in apertura col padre Andrea – con Giulio (Ciccone, ndr) e con un gruppo di ragazzi. Quando siamo arrivati vicino alla Tiburtina, ci siamo immessi in una rotonda. C’era una macchina ferma e appena siamo passati è ripartita e noi l’abbiamo presa. Sono caduto e ho battuto il braccio. Ho chiamato l’ambulanza perché mi faceva male. E alla fine mi tocca dire: per fortuna che ho avuto l’incidente, altrimenti mi sarei fatto male in modo diverso e più grave…».

Il cuore dei corridori veri non fa lo stesso lavoro del nostro. Il Covid ma anche una semplice influenza sono una minaccia concreta. Ci sono atleti che hanno smesso di correre dopo una febbre non curata, Ulissi probabilmente per motivi analoghi ha dovuto subire un intervento. In questi giorni, i social e i bar traboccano di facili commenti spesso superficiali sul ritiro di Evenepoel dal Giro, sbagliato probabilmente nei modi ma non nella sostanza. Questa allora è la storia, a suo modo emblematica, di quello che è successo ieri a Lorenzo Masciarelli, abruzzese del Team Colpack, rientrato quest’anno in Italia dopo l’esperienza di ciclismo e vita in Belgio.

L’incidente che ha coinvolto Masciarelli e Ciccone si è verificato in questa rotonda fra Chieti e Pescara
L’incidente che ha coinvolto Masciarelli e Ciccone si è verificato in questa rotonda fra Chieti e Pescara
Che cosa è successo dopo l’incidente?

Abbiamo chiamato l’ambulanza e sono andato in ospedale per farmi controllare il braccio, perché mi faceva male. Appena arrivato, dato che c’era stato un trauma da impatto, mi hanno fatto un elettrocardiogramma e hanno visto che qualcosa non tornava. Poi sono andato a fare la TAC e francamente al cuore non ho più pensato. Venivo da due ore e mezza di allenamento spinto, ho pensato che fosse un po’ affaticato. Le solite cose che succedono anche quando fai la prova da sforzo e ti dicono che sei un po’ stanco.

Per il resto, a parte la botta, stavi bene?

Ero stato male nei giorni precedenti. Avevo un po’ di tosse e di catarro, facevo fatica a respirare. La settimana prima avevo fatto un tampone ed era negativo. Un altro me l’hanno fatto in ospedale ed era negativo, perciò pensavo a un’influenza, tanto che stavo facendo anche l’aerosol. L’unica cosa era la tosse e il fatto che all’inizio mi bruciasse un po’ il petto, infatti in bici non andavo benissimo. Comunque hanno fatto altri esami e hanno visto c’era una leggera bronchite, quasi polmonite, però proprio una macchia piccola. Si vedeva che stava svanendo, però ugualmente hanno voluto ripetere l’elettrocardiogramma.

Lorenzo Masciarelli è stato trasportato in ambulanza all’ospedale di Chieti
Lorenzo Masciarelli è stato trasportato in ambulanza all’ospedale di Chieti
E cosa è venuto fuori?

Mi hanno mandato dal cardiologo per una visita più approfondita, perché hanno riscontrato che il battito non era regolare, c’era qualcosa che non andava. Dalle analisi del sangue avevano visto che avevo la troponina leggermente più alta del normale (è una delle spie di possibili problemi al carico del miocardio o del pericardio, ndr) e quando il cardiologo mi ha visitato, ha visto che c’è un’infiammazione del pericardio. Mi ha detto che è leggera, ma devo rimanere in ospedale per accertamenti. Nel frattempo ho finito di fare altri accertamenti e nel frattempo mi hanno di fatto tre analisi del sangue.

Cosa cercavano?

Hanno controllato la variazione dei parametri e visto che la troponina non si era ancora abbassata, nonostante avessero iniziato a darmi un antinfiammatorio. Mi hanno fatto la coronarografia, cioè hanno inserito un catetere nell’arteria del braccio per vedere se ci fossero lesioni sulle arterie che portano sangue al cuore, per capire se il problema fosse dovuto all’impatto o piuttosto al fatto che stavo male e allenandomi ugualmente era arrivata l’infiammazione.

La pericardite è un’infiammazione del pericardio, la sottile membrana che fascia il cuore (foto La Nurse)
La pericardite è un’infiammazione del pericardio, la sottile membrana che fascia il cuore (foto La Nurse)
Come è andata?

Per fortuna dalla coronarografia non è risultato niente, poi ho rifatto l’ECG da cui si è visto che il cuore sta bene. Rimangono alti i valori della troponina che indicano la leggera infiammazione del pericardio. Per cui adesso dovrò fare un po’ di riposo, perché l’infiammazione è dovuta al fatto che ho continuato ad allenarmi forte nonostante avessi questa influenza addosso. Non si è capito se ci sia di mezzo il Covid, i tamponi sono stati negativi, ma non so se per esempio l’ho avuto nelle settimane precedenti.

Non avevi avuto segni che lo facessero pensare?

Ero stato fermo 2-3 giorni per una caduta nella corsa di Roccastrada, con un piccolo strappo dietro la spalla. Quando poi ho ricominciato mi sembrava strano che avessi perso così tanto in bici, perché mi sentivo un po’ affannato. La tosse persisteva e globalmente non mi sentivo granché. Quando poi è venuto fuori che c’è questa infiammazione, ho collegato anche il fatto che dopo le salite avevo sempre l’affanno e forse dipendeva dall’infiammazione al cuore e da un principio di sinusite.

Se non avessi avuto l’incidente e avessi continuato per altre tre ore e poi anche nei giorni successivi, ti hanno detto cosa avresti rischiato?

Mi hanno detto che rischiavo forte, che se non me ne fossi accorto e magari avessi continuato ad allenarmi e correre, non sarebbe stato piacevole. Il cuore sarebbe peggiorato, l’infiammazione che ora è leggera sarebbe peggiorata e avrei rischiato anche di dover smettere di correre. Così invece con due settimane di recupero, dovrei tornare a posto. C’è gente come Garofoli che è stata ferma per mesi e altri che hanno dovuto smettere di correre per problemi cardiaci (corridori che hanno smesso di correre per miocarditi ci sono sempre stati, anche prima del Covid, ndr).

In azione al Palio del Recioto, Masciarelli corre con la Colpack da quest’anno (photors.it)
In azione al Palio del Recioto, Masciarelli corre con la Colpack da quest’anno (photors.it)
Alla fine bisognerà ringraziare la sorte per l’incidente in quella rotatoria?

Probabilmente sì. E poi bisogna ringraziare i medici dell’ospedale di Chieti, che sono stati bravissimi a farmi tutti quegli esami.

Per quanto tempo ancora dovrai restare in ospedale?

Fino a venerdì, per fare la risonanza magnetica al cuore. Adesso sono collegato a un holter per registrare i battiti e in base a quello vedranno se posso tornare a casa o converrà aspettare qui fino a venerdì.

Ancora Covid alla Jumbo. Roglic tradisce la pressione

05.05.2023
4 min
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PESCARA – Roglic non trema, ma probabilmente sente la corsa. Lo capisci dalle rispostine sfuggenti durante l’intervista della vigilia, di ben altro tono rispetto alla giovialità della Tirreno-Adriatico: niente di strano, probabilmente lo sarebbe il contrario. Se Evenepoel giusto ieri ha detto di essere tanto cresciuto rispetto al Catalunya, dove fu al suo livello in salita, e di essergli superiore nella crono, lo sloveno fa pretattica e svia ogni frase degna di un titolo. Proprio ieri, fra l’altro, sulla squadra si è abbattuta la tegola di un’altra positività al Covid. Persi in un primo momento Gesink e Foss, sostituiti da Dennis e Van Emden, anche quest’ultimo è incappato in un tampone positivo. Ovvio dire che nel team olandese nessuno abbia fatto salti di gioia.

«Possiamo essere felici per i corridori che abbiamo – spiega Roglic – ma non partiamo con il team perfetto che avevamo progettato. Dovremo farci i conti, ma penso che alla fine abbiamo trovato la soluzione migliore».

Tutta la squadra in altura, anche se alla fine Foss e Gesink sono stati fermati dal Covid. E con loro anche Van Emden (foto Instagram)
Tutta la squadra in altura, anche se Foss e Gesink sono stati fermati dal Covid. Con loro anche Van Emden (foto Instagram)

Il Covid, ancora…

Il Covid che pensavamo di esserci lasciati alle spalle ha gestioni differenti, demandate alla sensibilità e la responsabilità del medico di squadra. Sta di fatto che la Jumbo-Visma ha rispolverato i protocolli anti-Covid degli scorsi anni, per cui vedremo in che modo sarà possibile lavorare con loro.

«Cerchiamo di stare attenti – spiega Roglic – quello che possiamo fare è questo, oltre a dare il massimo sulla strada. Non si possono comparare Gesink e Foss con i ragazzi che li hanno sostituiti, ma ugualmente abbiamo fiducia in loro. Il percorso resta lo stesso, ripristiniamo il protocollo Covid e guardiamo avanti».

Dopo il Catalunya, Roglic è salito sul Teide per recuperare (foto Instagram)
Dopo il Catalunya, Roglic è salito sul Teide per recuperare (foto Instagram)

Sempre al massimo

A Evenepoel non risponde direttamente, così come a chi gli chiede se si senta più forte rispetto al Giro del 2019 e se avrà problemi a gestire la crono finale di Monte Lussari, che tanto ricorda la Planche des Belles Filles: teatro della debacle al Tour 2020.

«Rispetto a quattro anni fa – dice – sono certamente più forte. Di sicuro si cresce, diventi più vecchio e più esperto. Vedremo se basterà. Abbiamo fatto tutto quel che serviva. Remco è in super forma, ma non credo che il Giro d’Italia sarà solo una lotta fra noi due. C’è un gruppo di campioni e corridori forti che diranno la loro. Il punto sarà essere il migliore sabato nella prima crono, poi sulle salite. Non c’è da sbagliare nulla. Il Giro si vince avendo il massimo livello più a lungo degli altri. E io di sicuro posso competere su tutti i terreni. L’obiettivo sarà stare bene, con la squadra attorno».

Sul Teide si è lavorato anche per la crono. Il Giro ne propone tre che potrebbero essere decisive (foto Instagram)
Sul Teide si è lavorato anche per la crono. Il Giro ne propone tre che potrebbero essere decisive (foto Instagram)

Il Friuli e i tifosi

Quanto all’avvicinamento, la differenza fra i due contendenti non è poi così netta. Entrambi hanno corso il Catalunya e poi si sono trasferiti sul Teide, da cui il belga è sceso per correre (e vincere) la Liegi.

«Andare sul Teide – sorride Roglic – era necessario per recuperare dopo il Catalunya, che è stato duro, e per creare il giusto clima in squadra. Anche se due di quei ragazzi alla fine li abbiamo persi. Ci siamo concentrati sul fare una bella preparazione, curando certamente la parte in bicicletta, ma anche le ore fuori dalla bici. Avere una bella complicità è importante almeno quanto arrivare con energie ancora fresche alla settimana finale, che è per tradizione la più dura e lo sarà anche quest’anno. Quella cronometro alla fine richiederà ottime gambe. Per evitare che accada lo stesso del Tour 2020 basterà andare più forte. Ma soprattutto sono molto curioso ed eccitato al pensiero che, essendo molto vicini al confine sloveno, potrei trovare tanti dei miei tifosi e quella potrebbe trasformarsi in una spinta notevole».

Roglic ha conosciuto la maglia rosa. Al Giro del 2019 la indossò per le prima 5 tappe
Roglic ha conosciuto la maglia rosa. Al Giro del 2019 la indossò per le prima 5 tappe

Maglia rosa a Roma

Il saluto Roglic lo dà con una di quelle battutine fatte solo per sviare il discorso. Così quando un collega gli chiede se per lui, avendo dovuto riassortire la squadra, sarebbe un problema prendere presto la maglia rosa, Roglic risponde con una risatina nervosa e irriverente.

«La maglia rosa – dice – non so quando sia meglio prenderla, se presto o tardi. La cosa migliore è averla dopo la tappa di Roma».

Il giornalista lo guarda perplesso. Sullo stesso argomento, Evenepoel gli ha dato una risposta molto più approfondita. Il duello fra i due si consumerà anche nelle interviste.

A Pescara arriva Remco… leader vero

04.05.2023
5 min
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PESCARA – «Non voglio che il mio eventuale stress si ripercuota sui compagni», parole da vero leader. Parole di Remco Evenepoel. Il campionissimo della Soudal-Quick Step alla vigilia del Giro d’Italia, ha parlato con una maturità nuova. Almeno così ci è parso.

Sorridente, solare, sicuro ad ogni domanda della sua conferenza stampa, Remco ha sempre risposto a testa alta, dando la sensazione di avere già tutto sotto controllo. E’ così che il campione del mondo si appresta ad affrontare il suo terzo grande Giro.

Remco Evenepoel (classe 2000) nella conferenza stampa all’antivigilia del Giro d’Italia
Remco Evenepoel (classe 2000) nella conferenza stampa all’antivigilia del Giro d’Italia

Dal Giro 2021

Evenepoel si appresta ad affrontare il suo secondo Giro, ma stavolta tutto è diverso. E’ diverso perché sono passati due anni e due anni sono un’eternità quando ne hai appena 23 e sei alle prime stagioni di professionismo. E’ diverso perché nel frattempo hai vinto tanto.

In bacheca ha messo una Vuelta e un campionato del mondo. Senza toccare le Liegi e tutto il resto. E’ diverso perché in quel 2021 Remco era ancora nella fase post incidente del Lombardia quando per un soffio non finì la carriera… se non di più.

«Per il precedente Giro d’Italia – ha detto Evenepoel – avevo fatto una preparazione di sei settimane, stavolta sono mesi che ci lavoro. Sono mesi che mi alleno, mangio e dormo… Il che è stato anche noioso, ma è stato utile. Anche con il peso sono okay. E poi vengo da corse come il UAE Tour, il Catalunya e ho vinto la Liegi, cosa che mi dà molta fiducia. Mentre la volta scorsa non avevo mai gareggiato».

Evenepoel
Giro 2021: il belga era al suo primo grande Giro. Ottenne due quarti posti: San Giacomo e Campo Felice (in foto). Si ritirò dopo 17 tappe
Evenepoel
Giro 2021: il belga era al suo primo grande Giro. Ottenne due quarti posti: San Giacomo e Campo Felice (in foto). Si ritirò dopo 17 tappe

Leader vero

E la fiducia Evenepoel la ripone anche nella squadra. Il belga dopo la Vuelta dello scorso anno ha capito quanto questa sia fondamentale. E non è una frase fatta per un campione come lui, così giovane e così “tutto istinto”.

«Sono due mesi che sto con questi ragazzi e sono orgoglioso di essere il leader del nostro gruppo. Darò il massimo, ma al tempo stesso sono super rilassato. Stiamo vivendo il tutto senza stress e dobbiamo vivere positivamente ogni tappa. Per questa sfida serviranno tante energie positive. E poi non voglio mettergli pressione per il mio eventuale nervosismo».

Remco riserva poi un pensiero ai compagni che all’ultimo sono stati sostituiti, vedi Masnada: «Mi spiace che Fausto non ci sia. Quando sta bene è uno dei gregari più forti in assoluto per la salita. Senza contare che è anche italiano e gli italiani al Giro hanno una super motivazione. Ma Hirt lo sostituirà bene.

«C’è Ballerini che è un corridore fortissimo su tutti i terreni. Rispetto alla Vuelta abbiamo cambiato qualcuno, ma era normale, anche perché è diverso il percorso».

Il ceco Jan Hirt (a destra) dovrà sostituire in salita Fausto Masnada (a sinistra)
Il ceco Jan Hirt (a destra) dovrà sostituire in salita Fausto Masnada (a sinistra)

Team e rivali

«Credo che abbiamo una squadra equilibrata e tra le più forti. Noi e la Jumbo-Visma siamo costruite per stare attorno ad un uomo. Altre squadre come Bahrain-Victorious, UAE Emirates, Ineos-Grenadiers… hanno più pedine e possono inventarsi qualcosa. Anche se secondo me, la Ineos ha un progetto preciso intorno a Thomas». 

Evenepoel sa bene che la grande sfida è quella con Primoz Roglic. I due si sono sfidati senza esclusione di colpi già al Catalunya e in quell’occasione ad avere la meglio è stato lo sloveno.

«Non potremmo combattere come al Catalunya – spiega Evenepoel –  qui siamo in una corsa di tre settimane, lì di una sola. Qui ci sono tre crono, lì nessuna. E’ chiaro che è tutto diverso. Primoz è un corridore molto forte. Credo di essere alla sua altezza, ma io sono cresciuto molto dal Catalunya».

Al Catalunya grandi duelli tra Evenepoel e Roglic. Alla fine l’ha spuntata lo sloveno… Sarà così anche in questo Giro?
Al Catalunya grandi duelli tra Evenepoel e Roglic. Alla fine l’ha spuntata lo sloveno… Sarà così anche in questo Giro?

Primoz e non solo

Il guanto di sfida dunque è lanciato. Non che cambi molto per Remco e forse neanche per Primoz, ma tutti aspettano al varco questi due assi. E li aspettano già da dopo domani. Ma quella rosa è una sfida che si vincerà non solo a colpi di pedale, ma anche di attenzione ai particolari: da quelli in corsa a quelli fuori corsa.

«Prendere la maglia sarebbe bello, ma “anche no”», questo è stato il concetto espresso da Remco, consapevole che poi va difesa e che si spenderebbero troppe energie per difenderla.

«Io credo che sabato i favoriti siano Ganna e Kung. Il mio obiettivo è quello di arrivare in rosa a Roma e per questo nella crono voglio guadagnare più tempo possibile sugli avversari per la classifica generale.

«Anche stamattina ho fatto 4 ore con parecchio dietro motore alternando la bici da strada con quella da crono. Devo dire che è un percorso impegnativo, soprattutto nel finale, e che ho trovato parecchio vento contro».

Remco si è allenato meticolosamente per questo appuntamento. E’ davvero magro (foto Instagram)
Remco si è allenato meticolosamente per questo appuntamento. E’ davvero magro (foto Instagram)

Attenzione a 360°

«E’ un Giro d’Italia molto impegnativo, specie nella terza settimana. Quali saranno le tappe chiave oltre alle crono? Dico che le tappe quattro, sette ed otto non vanno sottovalutate e lo stesso quelle di Crans Montana e di Bergamo».

Oltre allo stress, un’altra insidia “da fuori” è il Covid. Dalle positività della Liegi se ne è tornato a parlare parecchio. Roglic ha perso due pedine di peso come Foss e Gesink. Mader è andato a casa. E la stesa sorte, seppur non si trattasse di Covid ma di un altro virus, è toccata giusto al compagno Masnada. Ma per non rischiare nulla la Soudal-Quick Step lo ha lasciato a casa. 

«Staremo attenti anche al Covid – ha concluso Remco – ci laveremo le mani, useremo la mascherina… Ma la vivremo serenamente».

Lo zio Francesco, maestro di ciclismo

07.02.2021
8 min
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Il terzo fratello Masciarelli, il più giovane: Francesco, classe 1986. Serviva un nipote forte nel cross come Lorenzo per riallacciare i rapporti con la famiglia abruzzese e scoprire che suo padre Simone, il primo della dinastia, ha trasferito la famiglia in Belgio per stare accanto al figlio. Che Andrea, quello di mezzo, lavora nel negozio di bici. Mentre Francesco, lo scalatore di talento che vinse il Giro del Lazio e domò il Mont Faron, è tornato dall’America e fa il preparatore. Il suo ruolo, appunto, è venuto fuori parlando con il fratello Simone e con Fidanza a proposito di Gaia Realini.

Fuga negli Usa

Insomma, la curiosità di farci raccontare quanto valgano i due giovani azzurri è forte, ma prima c’è la sua storia. Perché Francesco era forte davvero, ma smise di correre nel 2012, a causa di un piccolo tumore benigno che causava problemi sotto sforzo. Così, deluso e furibondo, appese la bici e sparì.

«Presi le mie cose e i soldi che avevo messo da parte correndo – racconta – e partii per la California. Mi piaceva andarci d’inverno in vacanza, ma quella volta fu per non tornare. Stavo lasciando il ciclismo con il rammarico per quello che sarebbe potuta essere la mia carriera. Fu una fuga dalla delusione».

Cosa sei andato a fare?

Ho investito in uno sport bar a Encinitas, località di mare a nord di San Diego. Venticinque gradi tutto l’anno, un paradiso. Ho fatto un’esperienza di quattro anni e ne è valsa la pena, anche se mi è costato tanto personalmente e sul piano economico. Non parlavo inglese. Ci sono stati giorni in cui temevo che non ci sarei mai riuscito, poi di colpo la ruota ha girato.

Che cosa significava sport bar e come si chiamava?

Si chiamava QBR, Quei Bravi Ragazzi. C’era la televisione sempre accesa con immagini di sport. Bici alle pareti. Cibo italiano, pizza e tanto ciclismo. All’inizio nessuno sapeva che fossi un ex atleta, anche perché io non l’avevo detto a nessuno. Poi si sparse la voce che avessi corso all’Astana e divenni un’attrazione. Finché un giorno arrivò uno svizzero, amico di Cancellara. Forse non credeva che avessi corso, perché cominciò a fare domande, ma alla fine diventammo amici. Fu lui a farmi tornare la passione per l’allenamento. Seguii dei corsi all’Università di San Diego, dove insegnano la multidisciplina a partire dal surf. E così cominciai ad allenare un gruppetto di atleti.

Francesco è il preparatore di suo nipote Lorenzo, figlio di Simone
Francesco è il preparatore di suo nipote Lorenzo, figlio di Simone
Perché sei tornato?

Perché il business era legato al visto. Dovetti vendere l’attività. Mi trovai a passare da imprenditore a manager, da pizzaiolo a cameriere e capii che le cose non potevano andare. In più c’erano stati dei problemi di salute nella famiglia di mia moglie e alla fine tornammo. Era il 2016.

Iniziasti subito a fare il preparatore?

Un po’ con quello che avevo studiato là, un po’ facendo Scienze Motorie che dovrei finire per marzo e partecipando al corso dell’Uci a Aigle. Prima mi appoggiavo al negozio di famiglia, ora ho uno studio mio. Viene qualche pro’ della zona e continuo a fare coaching a distanza con alcuni americani. In più ci sono Lorenzo, Gaia Realini e per un po’ c’è stato anche Ciccone.

Quanto vale tuo nipote Lorenzo?

Sta crescendo con i freni tirati. E’ come se stesse ancora giocando. Si fa qualità senza troppa quantità, che dovrà iniziare a breve. Il mondo è cambiato. Quando ero junior, nel 2004, facevo 12 ore di allenamento a settimana, ora ne fanno anche 20 e distanze di 130-140 chilometri. Ne abbiamo parlato a Aigle.

Di cosa avete parlato?

E’ come se stessero schiacciando gli U23 verso gli juniores e alla fine la categoria sparirà. Si tratterà di capire quanto durano i fenomeni che vanno ora per la maggiore. Si diventerà professionisti dagli juniores. Poi ci sarà sempre qualcuno che farà eccezione come Valverde. Avevo il suo stesso preparatore. Faceva 7,3 watt/kg da febbraio a ottobre, un campione.

Nel 2010 con Gaia Realini, allora 8 anni: la avevate riconosciuta?
Nel 2010 con Gaia Realini, 8 anni: l’avevate riconosciuta?
Lorenzo correrà su strada con la stessa squadra?

Sì, col rischio di un calendario povero. Dovevano fare Gand e Fiandre juniores, ma a quanto pare non le organizzeranno. Sarebbe stato bello anche che avessero fatto il mondiale. La fortuna di essere in Belgio è che lassù le continental non sono come le nostre, le poche che sono rimaste, ma sono quasi tutte satelliti di grandi squadre. Per cui se da junior ti metti in luce, trovi quasi certamente un posto al sole. Qua invece se fai due anni da U23, poi fai fatica a uscirne.

Si è parlato della Deceuninck-Quick Step.

Ormai è uno della famiglia De Clercq, che ha agganci con tutti. Se dimostra quel che vale, non avrà problemi. Alla Deceuninck del cross non importa, ma è anche vero che i soldi veri ci sono su strada. Ed è anche vero che il cross grazie a VdP E Van Aert ora lo seguono tanti di più. Una volta il mondiale quasi non lo davano in diretta…

Che doti ha tuo nipote?

Non ha preso da nessuno dei tre fratelli, piuttosto dal nonno. Ciclista vecchio stampo, che ancora adesso a 68 anni esce in bici anche se fa freddo, coperto il giusto, con due dita di whisky nella borraccia. Lorenzo è un bello scattista, ha tanto da dire a crono e in salita va bene.

Andrea, Palmiro, Simone, Francesco Masciarelli, 2010
Simone, Palmiro, Andrea e Francesco Masciarelli in una foto del 2010
Andrea, Palmiro, Simone, Francesco Masciarelli, 2010
Simone, Palmiro, Andrea e Francesco Masciarelli: è il 2010
Quanto bene?

Quando c’è Ciccone in Abruzzo, facciamo sempre il test di massa. Andiamo a Passo Lanciano con un gruppetto di 20 atleti, facciamo qualche lavoro e poi si prende il tempo, perché in Abruzzo quella è la salita in cui ci si tira il collo. Stare sotto i 30′ è già un bel tempo. Giulio ha fatto 26′, Lorenzo è sotto i 30′. Gaia Realini e i suoi 48 chili hanno 33′. Io da junior non ho mai fatto Passo Lanciano, per dire quanto è cambiato il mondo.

Gaia è così forte?

Gaia è l’atleta più cattiva e determinata che io conosca. Dice che sta sempre bene, qualsiasi lavoro le proponi, tanto che devi stare attento che non vada in overtraining. Non si fermerebbe mai. A lei la strada non piace tanto, ma sono convinto che in salita ci dimostrerà la sua forza.

Il cross le darà vantaggi?

La multidisciplina funziona, stando attenti alla periodizzazione. Si fanno più break durante la stagione perché possano recuperare. Con le donne, devi tirare il freno in allenamento perché sono particolari a livello ormonale. Invece con gli uomini devi dare qualità e quantità nella giusta misura, a costo di invertire le fasi di lavoro. La qualità prima della quantità, in stile Sky.

Francesco Masciarelli, padre Simone, campionati italiani juniores Lecce 2020
Lorenzo Masciarelli con suo padre Simone ai campionati italiani juniores di Lecce 2021
Francesco Masciarelli, padre Simone, campionati italiani juniores Lecce 2020
Lorenzo Masciarelli con il padre Simone ai tricolori di Lecce
Spiega…

Con Lorenzo iniziamo a fare la base del cross con allenamenti medio/lunghi a luglio e agosto. A settembre-ottobre si fa la parte qualitativa e quando si deve passare su strada dopo il cross, si cala la qualità e si cresce la quantità. Quindi il contrario rispetto agli stradisti che fanno la base fino a dicembre e poi cominciano a fare i lavori specifici. Il rischio di overtraining è dietro l’angolo, per cui vanno seguiti bene.

Fidanza ha spiegato che Gaia cercherà di sfruttare su strada la condizione del cross…

Corretto, poi avrà bisogno di una fase di scarico per preparare il Giro d’Italia. Lavorare con lei e con Giulio, fa capire che non tutti hanno lo stesso motore.

Giro d'Italia Ciclocross, Gallipoli 2020, donne elite, Gaia Realini
Gallipoli 2020, Gaia Realini all’attacco. L’abruzzese è fortissima in salita
Giro d'Italia Ciclocross, Gallipoli 2020, donne elite, Gaia Realini
Gaia Realini all’attacco. L’abruzzese è fortissima in salita
A proposito di Giulio…

Avevo iniziato a seguirlo nel 2017, ma quando è passato alla Trek ho dovuto interrompere e mi sono rimesso a studiare. L’idea potrebbe essere quella di entrare in una squadra, cercando di capire quali vincoli ci siano. Ci penserò dopo la laurea.

E tu puoi fare ancora sport? Quel problema è superato?

No, è sempre lì. Ma nel frattempo ho partecipato a tre Ironman, in uno sono arrivato secondo assoluto, in Inghilterra. A Cervia ho vinto la mia categoria, con un paio di mesi di allenamento, perché di più non posso. Per il resto, sto dietro ai miei ragazzi e non vado mai alle gare. Non mi piace stare troppo in mezzo.