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I tre anelli di Pesaro Rebirth? Ve li spieghiamo noi

14.07.2022
5 min
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Il Carpegna che abbiamo affrontato nel nostro tour si trova nella provincia di Pesaro-Urbino e si affianca ai tre anelli proposti da Marche Outdoor per quest’area. La traccia dell’ascesa e i suoi dati tecnici sono comunque riportati nel medesimo portale web come meta imprescindibile per ogni appassionato di ciclismo. Tuttavia, come detto, i tre anelli di Pesaro-Urbino Rebirth si trovano leggermente più a sud. Vediamoli da vicino.

Colline a perdita d’occhio, le Marche hanno poco da invidiare ad altre regioni
Colline a perdita d’occhio, le Marche hanno poco da invidiare ad altre regioni

Pesaro Rebirth, il primo

Il primo parte proprio da Pesaro e si snoda per 131 chilometri in parte lungo la costa, in parte nell’entroterra. Si lascia il capoluogo verso Nord e subito si sale sul promontorio di Gabicce con uno strappo di 2 chilometri e mezzo, ma prima di entrare in Romagna si svolta per scendere nell’entroterra verso Gradara, dominata dal famoso castello in cui, secondo la leggenda, si è consumata la tragica vicenda di Paolo e Francesca raccontata da Dante nella Divina Commedia.

Di qui una salita di 5 chilometri al 5 per cento porta fino a Monteluro, e la successiva discesa fino alla valle del Foglia. Al chilometro 40, nei pressi di Gallo, si deve affrontare uno severo strappo di 2,5 chilometri con pendenza media dell’8 per cento per arrivare a Petriano, piccolo borgo con annesso castello medievale. Si rimane a quote collinari per circa 5 chilometri e poi si scende verso la valle del Metauro, il maggiore fiume delle Marche, fino a Fossombrone.

Fossombrone è il punto di partenza e di arrivo del secondo anello
Fossombrone è il punto di partenza e di arrivo del secondo anello

Sull’altra sponda si sale per 2 chilometri al 6 per cento fino al paese di Sant’Ippolito, caratterizzato da una notevole torre dell’orologio in ferro, e poi ancora per un falsopiano per altri 4 chilometri. Il ritorno verso il mare è costellato da saliscendi, fino a Marotta, sul litorale. Gli ultimi 25 chilometri per il rientro a Pesaro sono lungo la Statale Adriatica, con transito nella città di Fano. Dislivello totale: 1.412 metri.

Pesaro Rebirth, il secondo

Il secondo anello di Pesaro-Urbino Rebirth proposto da Marche Outdoor è lungo 138 chilometri, con un dislivello di 1.768 metri. Si parte da Fossombrone e si gira in senso antiorario. La perla di questo tracciato è senz’altro Urbino, con il suo Palazzo Ducale ed i capolavori di Raffaello che qui vi nacque nel 1483. Tuttavia la città simbolo del Rinascimento va prima conquistata superando una salita di 7 chilometri al 5,7 per cento di pendenza media che parte a Isola del Piano.

Urbino fa parte del secondo anello Di Pesaro Rebirth
Urbino fa parte del secondo anello Di Pesaro Rebirth

Da Urbino si rimane in zona collinare con vari saliscendi fino a scendere ad Urbania, posta nella valle del Metauro. Quindi ecco un’altra salita di 7 chilometri, un po’ più facile della precedente, per passare alla vallata sottostante, quella solcata dal Fiume Candigliano, dominata dai 1.525 metri del Monte Nerone. Da Piobbico a Cagli si succedono una trentina di chilometri di sostanziale pianura, prima di ritrovare ascese di rilievo in località Biscina

Di nuovo leggerissima pianura a scendere per circa 25 chilometri, transitando per Pergola, ed in località Passo Castelleone si svolta a sinistra per prendere l’ultima asperità di giornata: 5 chilometri al 5 per cento per salire a Frate Rosa, prima degli ultimi 14 chilometri per il facile rientro a Fossombrone.

Il Monte Catria è una presenza costante di tutti i giri nel territorio pesarese
Il Monte Catria è una presenza costante di tutti i giri nel territorio pesarese

Pesaro Rebirth, il terzo

Il terzo anello è invece un richiamo per gli scalatori, con i suoi 2.562 metri di dislivello collezionati in 136 chilometri. Partenza e arrivo a Pergola: i primi 40 chilometri ripercorrono a ritroso il facile tratto dell’itinerario precedente, quello che passa per Cagli e Piobbico. Qui però la pianura finisce e, dapprima un falsopiano sale verso Pian di Molino, quindi iniziano i 7 chilometri che portano ai 760 metri di Pian di Trebbio.

Sul Monte Catria il Giro è passato nel 2009, con arrivo sul Petrano, con vittoria di Sastre
Sul Monte Catria il Giro è passato nel 2009, con arrivo sul Petrano, con vittoria di Sastre

Si scende proseguendo verso sud-est per altri 25 chilometri, prima di arrivare alla frazione di Chiaserna, poco prima del confine con l’Umbria.

Ora inizia la massima difficoltà di giornata, ovvero la salita al Monte Catria, ovviamente quella del versante marchigiano. Si tratta di una salita vera, 14 chilometri al 6,4 per cento (dislivello di 900 metri) per arrivare a quota 1.400 metri. Segue un’altrettanto lunga discesa verso Frontone, poi l’itinerario ritorna verso l’Appennino per andare a pescare la salita che precede il Monastero di Fonte Avellana (4,6 chilometri al 6,3 per cento), anteriore all’anno Mille e nel cui eremo, secondo la tradizione, vissero 76 tra santi e beati. Discesa e rientro senza particolari difficoltà a Pergola.

Nel silenzio del Carpegna, sotto il cielo del Pirata

14.07.2022
7 min
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Marche Outdoor propone varie soluzioni per gli amanti della bici da strada. Nella provincia di Pesaro Urbino ci sono tre anelli contigui per sbizzarrirsi a piacimento ma, oltre ad essi, nel portale web trova spazio anche la traccia della salita del Monte Carpegna. E noi abbiamo messo nel mirino proprio quella.

Carpegna vuol dire Pantani, non perché il Pirata vi abbia infiammato le folle, ma perché qui costruiva le sue imprese, scendendo da Cesenatico nei suoi allenamenti. Sentiamo che sarà una giornata particolare e che qualcosa succederà..

Via da Ca’ Virginia

Partiamo dal Ca’ Virginia, una country house nell’entroterra tra Pesaro e Urbino. Anticamente era un rustico padronale dei primi del ‘400, mentre ora è una pregiata sistemazione “amica” dei ciclisti. Giacomo Rossi, il titolare, è infatti un cicloamatore reduce dall’ultima Nove Colli e sarà lui a condurci in questo itinerario che lambisce il confine romagnolo.

Inforchiamo le bici sotto un cielo velato, a tratti plumbeo e la prima difficoltà che incontriamo è quella che porta a Sassocorvaro. Si costeggiano le paratie della diga che forma il Lago di Mercatale, si supera il livello dell’invaso e in pochi ma severi tornanti si arriva al paese che domina lo specchio d’acqua dall’alto. Alle nostre spalle si impone la Rocca Ubaldinesca, rinascimentale, soprannominata “Arca dell’Arte” perché durante la Seconda Guerra Mondiale custodì migliaia di capolavori di artisti del calibro di Raffaello, Tiziano, Piero della Francesca, Mantegna… per evitare che fossero trafugati dai nazisti in ritirata o distrutte dai bombardamenti alleati.

Il museo degli spaventapasseri

Riagganciamo i pedali, diamo una tirata di freni per controllare che sia tutto in ordine e ci ributtiamo in discesa per poi puntare al secondo borgo, stavolta arroccato in cima ad uno sperone roccioso. Il suo nome è Frontino, non è molto noto come meriterebbe, ma si fregia di essere nel circuito dei Borghi più belli d’Italia. E in effetti è un piccolo scrigno, dato che in un paio di vie ciottolate lunghe due centinaia di metri racchiude una torre dell’orologio completamente coperta da verdissima edera che lascia libero solo il quadrante con le lancette. C’è poi il museo degli spaventapasseri con i buffi manichini che sbucano da un porticato. Infine ospita il giardino intitolato a Giacomo Leopardi con tanto di busto del poeta portato in dono dalla cittadinanza di Recanati.

La salita è evidentemente dedicata a Pantani e al suo cielo
La salita è evidentemente dedicata a Pantani e al suo cielo

Destinazione Carpegna

Ma è tempo di riprendere il cammino. Ci avviciniamo di buon passo verso gli 800 metri del paese di Carpegna.

«Andrea vuoi due ciliegie?», chiede Giacomo che già si è fermato a bordo strada a saccheggiare l’albero. «Eccolo lì il Carpegna – dice – saliremo al Cippo dal versante est, quello classico».

Aggirato il seicentesco Palazzo dei Principi, iniziano ben presto i 6 chilometri al 10 per cento, tra faggi, querce e cerri. I primi due chilometri ce li prendiamo per studiare la salita, ma arrivati al tornante che mostra “il cielo del Pirata”, come indica la scritta sul muretto, ci rendiamo conto di dove siamo».

Andrea, vuoi un po’ di ciliegie? La stagione è quella giusta…
Andrea, vuoi un po’ di ciliegie? La stagione è quella giusta…

«E’ dura, d’accordo – prosegue – e ci affidiamo all’ultimo pignone. Ma nonostante ciò (o forse proprio per questo) nulla impedisce alla mente di vagare con l’immaginazione e vedertelo lì davanti a te. Pantani che si allena, sfuggire via sui pedali dietro uno dei ventidue tornanti, magari con la divisa rosa del Tour del 2000, oppure con quella classica gialla della Mercatone Uno, con la bandana o forse senza.

Una strada per pensare

«Questa è una salita da meditazione – dice Giacomo tra un respiro e l’altro – fra un po’ supereremo la sbarra che chiude il transito alle auto, la strada si restringerà ulteriormente e io spesso ci vengo apposta anche da solo. In autunno, poi, diventa un tappeto rosso».

Il Pirata romagnolo era solito allenarsi fin quassù
Il Pirata romagnolo era solito allenarsi fin quassù

Ha ragione, è una salita intima: per il suo fascino, per essere immersa nel bosco e dunque sempre all’ombra, per i suoi tornanti che si contorcono su di essa.

Nel silenzio più totale, alla nostra sinistra un piccolo ramo nel bosco si spezza e cade sull’erba. Poi una vocina sbuca dai faggi, taglia le fronde e arriva a noi.

«E’ sul Carpegna che ho preparato tante mie vittorie. Non ho bisogno, prima di un Giro o un Tour, di provare una ad una tutte le grandi salite. Una volta sola, se ricordo bene, sono andato a dare un’occhiata in anticipo al Mortirolo e al Montecampione. Ma in macchina. E non mi è servito neanche molto. Il Carpegna mi basta».

Anche Merckx brillò su questa salita nel 1973: un cartello lo ricorda
Anche Merckx brillò su questa salita nel 1973: un cartello lo ricorda

Una voce nel bosco

Giacomo, ma tu lo hai mai visto Pantani quassù? «Capitava a volte di vederlo sfrecciare in discesa davanti al bar di Carpegna. Oppure sai che faceva? Arrivava qui sopra al Passo Cantoniera, dal versante romagnolo. Li c’è la locanda “Il Mandriano” (dopo ti ci porto). D’inverno Marco… costringeva Roberto, il gestore di allora, a seguirlo con lo scooter per la discesa verso Carpegna che faremo anche noi. E poi di nuovo su per questa salita, in modo da essere più sicuro, in compagnia, soprattutto in questo tratto dove le macchine non passano. Ogni volta che Roberto lo racconta gli si inumidiscono gli occhi…».

L’acqua non manca. Qui ci si rinfresca prima della salita finale
L’acqua non manca. Qui ci si rinfresca prima della salita finale

Una pigna rotola giù lungo il ciglio della strada, la schiviamo con un supplemento di fatica e la voce del bosco si rifà viva: «Da Coppi in poi è una salita che ha fatto la storia del ciclismo e ogni tanto anche il Giro c’è passato. Io non le conto più le volte che l’ho fatta, allenandomi. Direte che sono un tradizionalista…».

Anche Pogacar

Ci ritroviamo d’istinto a forzare la mano, scattando in presa bassa sul manubrio, anche se per pochi metri. Ci sono cartelli che suddividono l’ascesa in tratti dai nomi evocativi. Ad esempio il settore “Fuga Merckx” misura 2 chilometri, ha una pendenza media del 12 per cento e massima del 18…

Al Cippo sembra quasi di sentir parlare Pantani: la sua storia è qui
Al Cippo sembra quasi di sentir parlare Pantani: la sua storia è qui

E oltre alle ruote di Pantani, Coppi e Merckx, all’ultima Tirreno-Adriatico qui hanno “bruciato” l’asfalto anche quelle di Pogacar, con la doppia ascesa del Carpegna innevato, in una sorta di fil rouge che lega questi fuoriclasse e le loro epoche distanti decenni, ma non così lontane come sembra.

Finalmente in cima esce il sole, c’è anche una benedetta fontanella poco prima della divertente e panoramica discesa con vista sul Sasso Simone e Simoncello. Ottimo per asciugarsi il sudore prima di tornare in paese. E’ qui, sul valico posto a 1.415 metri di quota, al fianco della gigantografia di Pantani vittorioso a Courchevel nel suo ultimo Tour de France, che la voce degli alberi conclude il suo discorso.

«Direte che sono un tradizionalista. Forse sì. Sempre ad allenarmi sulle stesse strade di casa. Sempre a spingere gli stessi rapporti che uso in corsa. Sempre in giro senza borraccia, perché mi bastano quelle quattro fontane che so io dove sono. Una proprio a Carpegna».

Rossini Raffaello: passione e sinergia per un’attesissima “prima”

30.05.2022
3 min
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E’ stata ufficialmente presentata presso la Sala Rossa del Comune di Pesaro la prima edizione della Rossini Raffaello, la nuova gara nazionale riservata alla categoria allievi in programma domenica 3 luglio. La partenza è fissata a Pesaro presso la centralissima Piazza del Popolo, mentre l’arrivo – dopo aver percorso un tracciato di 80 chilometri e superato un dislivello complessivo di 1060 metri – sarà previsto nel cuore rinascimentale della bellissima Urbino… proprio all’ombra del Palazzo Ducale con i suoi iconici Torricini.

Questo nuovo evento ciclistico marchigiano nasce con grandi ambizioni, ovvero quelle di diventare una vera e propria classica per quanto riguarda questa specifica categoria giovanile. Ad organizzarla è un gruppo di amici letteralmente spinti da una passione enorme per il ciclismo: Filippo Beltrami, il ds degli allievi della Alma Juventus Fano, lo speaker Ivan Cecchini, Gian Franco Fedrigucci, il presidente della ASD Ciclo Ducale di Urbino, Alighiero Omiccioli, storico ed esperto organizzatore di eventi ciclistici, Maurizio Radi, il titolare del Fisioradi Medical Center, Giacomo Rossi, il fondatore del Ca’ Virginia Country House Bike Hotel & Wellness e Michele Sgherri, consigliere della Alma Juventus Fano.

La presentazione della gara è avvenuta all’interno della sala comunale di Pesaro
La presentazione della gara è avvenuta all’interno della sala comunale di Pesaro

Nel ricordo di Marco

E proprio con Maurizio Radi (Fisioradi Medical Center) abbiamo scambiato qualche battuta per comprendere meglio lo spunto e le motivazioni che hanno generato questa bella e riuscita unione organizzativa…

«L’idea è nata da sette amici appassionati di ciclismo – ci ha confessato Radi – con radicati valori per il proprio territorio di appartenenza ed una sconfinata passione per la bicicletta. Questa manifestazione ha l’ambizione di voler essere un riuscito progetto che lega due città molto belle e vivibili, Pesaro simboleggiata da Gioacchino Rossini e Urbino con Raffaello, assieme partner in una gara ciclistica che si annuncia altamente spettacolare e che coinvolgerà molti Comuni dell’entroterra della stessa Provincia».

Giacomo Sgherri della Alma Juventus Fano vince la Strade Bianche di Romagna Allievi 2022
Giacomo Sgherri della Alma Juventus Fano vince la Strade Bianche di Romagna Allievi 2022
Oltre all’aspetto prettamente agonistico c’è di più, giusto?

Esattamente. La gara sarà non solamente uno strumento di promozione per lo sport della bicicletta. Nelle nostre intenzioni, la Rossini Raffaello vuole mettere in evidenza anche l’aspetto culturale e dunque territoriale di questa bellissima area. Ma anche rappresentare un modello per questi ragazzi di età compresa tra i 15 ed i 16 anni per uno stile di vita estremamente sano.

Locandina di presentazione della gara Rossini Raffaello
Locandina di presentazione della gara Rossini Raffaello
E poi c’è il pensiero sempre rivolto a Marco Ragnetti…

Marco è sempre con noi, ne sono certo. Qualche giorno prima di quel tragico incidente, Marco era presente in Fisioradi. Come spesso accade, avevamo organizzato un seminario sulla nutrizione sportiva, e la Alma Juventus Fano, la sua società, era stata invitata. Avevamo incominciato a parlare anche con i ragazzi di questa corsa e Marco aveva espresso il desiderio di poterla vincere… Per questo la Rossini Raffaello è dedicata a Marco Ragnetti, e l’obiettivo di tutti noi è quello di portarla ai massimi vertici nazionali proprio nel ricordo di Marco.

Oltre al Fisioradi Medical Center, e alla Alma Juventus Fano, sostengono attivamente l’evento anche altri brand di settore come il Cà Virginia Country House Bike Hotel & Wellness, l’ASD Ciclo Ducale, il punto vendita NOB, la EME e Enervit.

Fisioradi

Fisioradi Medical Center: inaugurata la nuova (super) sede

22.09.2021
4 min
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Il gran giorno dell’inaugurazione ufficiale è arrivato. La nuova “casa” a Pesaro del poliambulatorio specialistico, centro di riabilitazione diagnostica Fisioradi Medical Center ha finalmente aperto le porte. Proprio così. Allo scoccare dei primi vent’anni dall’inaugurazione – correva difatti l’anno 2001 – la struttura fondata da Maurizio Radi si è trasferita, rimanendo sempre nel comune di Pesaro… ma adesso in Via Lambro 15. Nel quartiere Vismara.

Il momento ufficiale in cui è stato inaugurato il nuovo centro Fisioradi Medical Center, il nastro lo taglia il Sindaco di Pesaro Matteo Ricci
Il momento ufficiale in cui è stato inaugurato il nuovo centro Fisioradi Medical Center, il nastro lo taglia il Sindaco di Pesaro Matteo Ricci

L’importanza del lavoro di squadra

«Nasco fisioterapista – ci ha confidato Radi – e inizialmente ho svolto la mia attività in un piccolo studio. Ricordo quegli anni come stagioni importantissime, di grande scuola e durante le quali ho avuto l’opportunità di lavorare moltissimo con le società sportive. Un esempio? La Scavolini Pesaro, allora nella A1 di basket. Con questa esperienza ho capito da subito l’importanza di un lavoro ben organizzato in equipe. Alla Scavolini mi relazionavo con medico sportivo, preparatore atletico, ortopedico e allenatore, intuendo che il mondo andava in una direzione diversa rispetto a quella di un piccolo professionista che lavora in solitaria.

«Oggi, alla base di questo importante passo in avanti con la nuova sede, dopo una crescita costante durata vent’anni, c’è la convinzione che una persona bisognosa di cure mediche preferisca affidarsi ad un unico referente dal quale ottenere una garanzia in termini di professionalità e servizio. Ecco, questo è quello che sentiamo di promettere da oggi in avanti attraverso il nostro ampliato ecosistema di servizi sanitari».

L’importanza del lavoro di squadra, grazie al quale è stato possibile realizzare questo importante progetto
L’importanza del lavoro di squadra, grazie al quale è stato possibile realizzare questo importante progetto

Il programma Scienza e Salute del ciclista

E il ciclismo rimane e rimarrà un riferimento molto importante per il Fisioradi Medical Center. Non a caso, negli ultimi anni è stato appositamente sviluppato il programma “Scienza e Salute del ciclista”. Un protocollo molto puntuale e specifico per tutti gli appassionati praticanti in grado di offrire un metodo esclusivo di allenamento, di valutazione, di alimentazione, di trattamenti e di programmi realizzati “su misura” per ogni singolo ciclista. Si parte dalla visita di idoneità sportiva fino ad arrivare alla valutazione e alla preparazione atletica.

Attrezzature al top

La nuova sede del Fisioradi Medical Center “misura” adesso 1.200 mq. (!) nei quali sono organizzati reception, sala d’attesa, 6 ambulatori medici, 8 stanze per i fisioterapisti. E ancora, una palestra attrezzata con macchinari d’ogni genere e di ultimissima generazione. Una piscina riabilitativa con tutti i comfort e le attrezzature per seguire ogni tipo di paziente. Un percorso vascolare, 5 bagni, uno spogliatoio uomini/donne che possono ospitare anche 45 persone, un polo diagnostico con Risonanza ad alto campo 1,5 tesla, TAC, telecomandato (RX), MOC, Mammografia, ecografia, elettromiografia. Tutti macchinari di ultimissima generazione. E poi ancora, una sala chirurgica con sala di sterilizzazione idonea a poter svolgere interventi in “day surgery”… I medici di supporto sono circa 50 coprendo di fatto tutte le branche specialistiche. La struttura è dotata di un parcheggio privato con ben 25 posti auto. Oltre ad un parcheggio specifico per biciclette e motorini.

Ristrutturazione ecosostenibile

Durante i lavori di ristrutturazione – durati il tempo record di 5 mesi e coordinati dall’Architetto Leoni – una grande attenzione è stata rivolta al tema della sostenibilità ambientale. Di fatto, la nuova sede del Fisioradi Medical Center è il risultato della rigenerazione totale di un ex capannone artigianale in abbandono. Il recupero è stato particolarmente attento all’involucro dell’edificio mediante la creazione di un cappotto termico in grado di efficientare ed abbattere la trasmittanza termica, così come l’impiego di nuovi infissi in Pvc. Il centro inoltre è stato attrezzato per la produzione di energia elettrica grazie ad un impianto fotovoltaico pari a 30 kWh come media giornaliera rispetto alla produzione complessiva annua. Tutti i materiali derivanti dalla demolizione che potessero essere recuperati per riempimenti sono stati riutilizzati.

fisioradi.it

Scafoide rotto, meglio operarsi subito

02.03.2021
4 min
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Dato che la memoria non sempre assiste, per capire quanto sia frequente la frattura dello scafoide nel ciclismo, basta digitare le giuste parole chiave su Google e il gioco è fatto. Cataldo al Tour del 2017. Sean Bennett al Giro del 2020. Pozzato al Giro d’Italia del 2012. Caruso al Giro del 2014 (foto di apertura). Demare a casa sua, in mountain bike, a maggio 2020. Soler al Catalunya del 2019…

Come sempre la prima reazione del corridore è ripartire e di solito riesce a finire la corsa, con grande difficoltà (e dolore) nel poggiare la mano sul manubrio. Poi immancabilmente il passaggio al pronto soccorso e le radiografie. A quel punto ci si ferma, anche se non sono rari i casi di corridori più forti del dolore che provano a tener duro. Fra gli esempi di stoicismo, quello di Giampaolo Caruso al Giro del 2014. Cadde a Belfast, nella seconda tappa. Arrivò al traguardo. Ebbe la diagnosi e decise di continuare. Tenne duro fino alla 6ª tappa, quella della maxi caduta di Cassino, poi cadde ancora e a quel punto si fece operare.

Di fatto, quando un corridore cade e mette giù la mano per ripararsi, rischia la frattura della clavicola e quella dello scafoide.

Lo scafoide è una delle ossa che forma l’articolazione del polso
Lo scafoide è una delle ossa che forma l’articolazione del polso

Per saperne di più ci siamo rivolti al dottor Roberto Cozzolino, Ortopedico e specialista in Chirurgia della mano e del polso, consulente del Centro Fisioradi di Pesaro.

Dottore, che cos’è lo scafoide e in quanti modi si può rompere?

Lo scafoide è un piccolo osso del polso, con una forma estremamente complessa, che ricorda appunto la chiglia di una nave. Durante una caduta accidentale è l’osso che più frequentemente si può fratturare. In base alla localizzazione della frattura possiamo dividere le fratture dello scafoide, cercando di essere molto semplici, in fratture del polo prossimale, frattura del polo distale e fratture del corpo, cioè quelle centrali.

Si passa necessariamente attraverso l’intervento chirurgico?

Il trattamento può essere conservativo, cioè con gesso, oppure con intervento chirurgico. Dipende dal tipo di frattura e anche dalle richieste funzionali del paziente. Nel caso si decida per il gesso, dovrà essere alto fino al braccio, incluso il gomito per almeno 45 giorni. Poi sarà fatta la rimozione della componente del gomito e si andrà avanti per altri 45 giorni con il gesso solo al polso. Questo naturalmente comporterà una rigidità dell’articolazione che richiederà tempi più lunghi per la ripresa funzionale.

In caso di intervento, si applica un tutore che immobilizza il polso, ma lascia libere le dite
Dopo l’intervento, si applica un tutore che lascia libere le dite
Tempi lunghissimi. Invece con l’intervento?

Nel caso si decida per l’intervento chirurgico, nel post operatorio verrà applicato un semplice tutore sagomato sul polso, da portare per 20-30 giorni, con dita e gomito libere di muoversi.

In cosa consiste l’intervento?

L’intervento consiste in una piccola incisione, volare e dorsale (a secondo del tipo di frattura), attraverso cui si applicherà una mini vite per tenere fermi i monconi della frattura.

Quanto dura normalmente la convalescenza?

Dopo l’intervento verrà portato un tutore per circa 20 giorni, ma le dita saranno libere completamente di muoversi. Poi gradualmente si ritorna alle normali attività. Diciamo che in 30-40 giorni sarà tutto a posto.

Durante la convalescenza si porta sempre il tutore?

No. Se si sta in casa, tranquilli, può anche essere rimosso.

Dopo quanto tempo si può ricominciare a pedalare sui rulli, quindi senza colpi?

Con una adeguata protezione del polso, con tutore opportunamente sagomato, anche dopo 2-3 giorni dall’intervento.

Dopo quanto tempo si torna su strada?

Di solito, circa 45 giorni.

Al Giro 2014, Caruso corse per 6 tappe con lo scafoide rotto. Si ritirò per un’altra caduta e si operò
Al Giro 2014, Caruso corse per 6 tappe con lo scafoide rotto
Una ripresa prematura porta soltanto dolore oppure può “riaprire” la frattura?

Se la frattura non è guarita bene, cioè non si è formato il cosidetto callo osseo, i rischi sono molto alti, in quanto una mancata consolidazione dello scafoide porta ad un quadro clinico di pseuodoartrosi dello scafoide. Questo con il tempo comporta un quadro di artrosi diffusa del polso nota con l’acronimo di SNAC (Scapho Non-union Advanced Collapse). E’ un grave quadro di artrosi che blocca quasi completamente il polso e richiede interventi estremamente complessi e demolitivi del polso.

Dopo essere stato operato, Giampaolo Caruso dichiarò che sarebbe risalito in bicicletta nel giro di una settimana. Ciò effettivamente avvenne, ma sui rulli. Per rivederlo in corsa si dovette aspettare la fine di giugno, per i campionati italiani vinti a Fondo da Vincenzo Nibali lanciato verso la conquista del Tour. Caruso invece si ritirò, a conferma che i professionisti spesso bruciano i tempi di recupero, ma quando si tratta di fratture così particolari non sempre la fretta è buona consigliera.

La tendinite non è mai per caso: ecco perché

03.02.2021
3 min
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Sono lontani i tempi in cui ci si ritirava dalle corse per la tendinite: lontani ma non per questo scongiurati. Si è fermato ufficialmente per una tendinite Visconti all’ultimo Giro d’Italia (in apertura l’illustrazione dell’infiammazione al ginocchio by Project Invictus) e non è infrequente che soprattutto dopo tappe con la pioggia, qualcuno inizi a essere fasciato da bendaggi vari, che servono a tenere in asse le articolazioni sofferenti per scongiurare infiammazioni. Dell’argomento abbiamo parlato con Francesco Maria Guerrini, fisioterapista, laureato in Scienze Motorie, che opera presso il Centro Fisioradi di Pesaro.

«La tendinite – dice – è processo infiammatorio acuto a carico di un tendine causata da un sovraccarico funzionale dovuto a ripetute micro-sollecitazioni».

Visconti ha lasciato il Giro nel giorno dello Stelvio per il male al ginocchio
Visconti ha lasciato il Giro nel giorno dello Stelvio
Può esserci in qualche modo una predisposizione congenita?

Possono essere congenite le cause della tendinite, come un ginocchio valgo o un piede piatto e quindi una qualsiasi errata postura, che porti ad un sovraccarico tendineo.

Come si combatte contro la tendinite?

Innanzitutto con la prevenzione e una corretta valutazione dell’attrezzatura sportiva. In caso di diagnosi di tendinite, la cura prevede un trattamento antinfiammatorio, ghiaccio locale e trattamento fisioterapico con terapia fisica strumentale (Tecar, laser alta potenza, onde d’urto…), abbinata a terapia manuale ed esercizio terapeutico.

La miglior cura è la prevenzione, valutando la posizione in bici e quella delle tacchette sotto gli scarpini?

Sicuramente la posizione in bici va sempre controllata, non solo al momento della comparsa della tendinite, ma costantemente. Soprattutto quando si cambiano i materiali (telaio, sella, scarpini, tacchette…) per cercare di prevenire il problema. Le tacchette sono un cardine fondamentale che va sempre controllato, sia come posizionamento sia come usura.

La tendinite achillea può dipendere anche dalla minore irrorazione del tendine (foto Resegup)
Ecco un esempio di tendinite achillea (foto Resegup)
La ripresa dell’esercizio dopo la tendinite avviene soltanto a recupero completo? 

Assolutamente no, in quanto come già detto precedentemente, l’esercizio è parte integrante della terapia, come dimostrato da studi scientifici fatti da una nota Università Australiana. Tuttavia una ripresa prematura dell’attività potrebbe causare una ricomparsa dell’infiammazione con conseguenze ben più gravi per il tendine.

Un’altra tendinite classica del ciclista, sia pure spesso dovuta a errato posizionamento o sovraccarico, è quella del tendine d’Achille: la grandezza del tendine rende più difficile il recupero?

Dall’esperienza di tanti anni pensiamo che non sia la grandezza del tendine che incide sul recupero. Potrebbe incidere il fatto che sia un tendine meno vascolarizzato di altri e sottoposto ad un maggior stress meccanico.

Taping e rimedi esterni favoriscono il recupero oppure consentono di convivere con il problema?

Favoriscono molto il recupero poiché aiutano a ridurre il dolore e a far lavorare meglio l’articolazione diminuendo le sollecitazioni a carico del tendine infiammato.

Foto ginnastica propiocettiva (foto Fisioterapiaitalia)

Bacino rotto, da Remco alle persone… normali

17.12.2020
4 min
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La frattura del bacino è diventata attuale quando Remco Evenepoel è stato estratto ancora vivo dall’orrendo volo nella discesa dal Muro di Sormano. Era il 15 agosto. La diagnosi per il giovane belga fu proprio questa. Frattura del bacino e forte contusione del polmone destro. Considerato che aveva rischiato di morire, Remco tirò un sospiro di sollievo e tornò in Belgio ad aspettare, poi lavorare. Quando meno di un mese dopo, il 13 settembre, lo vedemmo di nuovo su una bicicletta, si capì che il ragazzo ha numeri da fuoriclasse e che quel tipo di frattura, se ben seguito, non è poi un monte insormontabile.

Per saperne di più, abbiamo tuttavia fatto qualche domanda a Marco Filippini, fisioterapista del Centro Fisioradi di Pesaro ed esperto di Rieducazione Posturale Globale.

Il tremendo volo del Lombardia ha provocato la frattura del bacino a Remco Evenepoel
Per Evenepoel al Lombardia, frattura del bacino
Dottor Filippini, di che guaio parliamo?

Le fratture del bacino sono il tipico infortunio da trauma. Sono caratterizzate dalla rottura di uno o più ossa (in apertura l’anatomia della zona nell’illustrazione FisioterapiaItalia, ndr). In base al numero dei punti di rottura vengono classificate in Fratture Stabili o Instabili. Tutte le fratture composte o minimamente scomposte, contraddistinte da un unico punto di rottura, sono stabili. Mentre se sono presenti più punti di frattura, scomposti, la frattura è instabile. Talvolta le fratture instabili possono essere di tipo aperto, ovvero quei casi dove un frammento dell’osso fratturato protrude la pelle.

Hanno sempre origine traumatica?

Negli sportivi o nei soggetti con osteoporosi, si può verificare anche una frattura da avulsione, cioè una lesione in prossimità dei tendini e dei legamenti dove questi si inseriscono. Queste non sono facili da diagnosticare perché avvengono senza trauma diretto nella zona.

Il solo rimedio è l’immobilità?

Nelle prime settimane dopo il trauma è consigliato rimanere sdraiati a letto, in quanto l’immobilità facilita la formazione del callo osseo. Ma dopo questo periodo è fondamentale intraprendere un percorso riabilitativo.

Ecco l’anatomia del bacino. La frattura si classifica in base al numero di ossa coinvolte
La frattura del bacino si classifica in base alle ossa rotte
E’ una frattura che può prevedere un intervento chirurgico?

Molto raramente e quando necessario serve per ridurre la frattura stessa.

La saldatura è sempre precisa?

Se la frattura è scomposta, ma non è necessario l’intervento chirurgico, può accadere che la saldatura della frattura non sia perfettamente precisa. Tuttavia questo non preclude la possibilità di tornare a svolgere le attività della propria quotidianità in modo normale. 

Quali sono i passaggi della guarigione?

I passaggi della guarigione partono, come già detto, da un periodo di immobilità. Segue un percorso che prevede all’inizio esercizi in scarico da svolgere sia letto che in una piscina riabilitativa, per poi proseguire in palestra. L’obiettivo è di recuperare le attività della vita quotidiana e il ripristino di un corretto schema motorio del passo. Se risulta necessario l’intervento chirurgico, il tutto sarà ovviamente anticipato dall’operazione che riallineerà i vari segmenti di frattura.

Durante la rieducazione si va incontro a rischi di compensazione che possono compromettere la simmetria fra gli arti inferiori?

Più è grave la frattura, più è probabile l’insorgenza di un’asimmetria degli arti inferiori. Se durante la rieducazione il paziente non viene stimolato nel modo corretto, il rischio che la simmetria degli arti inferiori venga compromessa è concreto.

Che tipo di riabilitazione si consiglia?

Nella fase di immobilità potrebbe essere molto utile un ciclo di magnetoterapia per velocizzare la calcificazione. Superato questo periodo, il paziente inizierà un percorso riabilitativo. Esso comprende l’utilizzo di tecniche di terapia manuale da parte del fisioterapista per migliorare le disfunzioni del movimento. Poi sedute di massoterapia per trattare tutta la parte muscolare che sarà sicuramente contratta. Spesso, in queste settimane, si effettuano anche trattamenti di Tecarterapia e laserterapia ad alta frequenza. Questi mirano alla biostimolazione e alla riduzione del dolore e dell’infiammazione dei tessuti molli colpiti dal trauma. 

Ginnastica in acqua, frattura del bacino (foto Poliambulatorio Fisio)
La rieducazione in acqua è un passaggio fondamentale (foto Poliambulatorio Fisio)
Ginnastica in acqua, frattura del bacino (foto Poliambulatorio Fisio)
La ginnastica in acqua riduce la gravità (foto Poliambulatorio Fisio)
Quale ginnastica si fa durante la riabilitazione?

In un primo momento l’idrokinesiterapia, in acqua, che permette di lavorare anche in assenza di carico per recuperare più velocemente lo schema motorio e il tono muscolare. Questo aspetto velocizza anche la successiva fase riabilitativa, da svolgere in palestra con il fisioterapista, per il completo recupero del tono muscolare dei muscoli del tronco, del bacino e degli arti inferiori. Sono molto importanti gli esercizi propriocettivi che stimolano il recupero della coordinazione e della capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio. Durante la fase in palestra, si consiglia anche un ciclo di rieducazione posturale per combattere tutti i compensi che l’infortunio e l’immobilità hanno creato.

Quali sono i passaggi prima di poter tornare in bicicletta?

Terminare il periodo di immobilità. Ottenere l’okay del medico per tornare a caricare dopo il consolidamento della frattura. Aver recuperato il ROM dell’articolazione dell’anca (Range of Motion, la flessibilità articolare, ndr). A quel punto si può ricominciare a pedalare. Nel caso in cui il paziente abbia timore di una nuova caduta si consiglia di riprendere con cyclette, spin bike o rulli. Per chi pratica ciclismo, sarà fondamentale un riposizionamento in sella da parte del biomeccanico. Il trauma infatti potrebbe aver variato alcuni parametri.

Si torna prima a pedalare o a camminare bene?

Sicuramente a pedalare, basti solo pensare che già in fase riabilitativa la cyclette è un “esercizio” per il paziente.