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I tre anelli di Pesaro Rebirth? Ve li spieghiamo noi

14.07.2022
5 min
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Il Carpegna che abbiamo affrontato nel nostro tour si trova nella provincia di Pesaro-Urbino e si affianca ai tre anelli proposti da Marche Outdoor per quest’area. La traccia dell’ascesa e i suoi dati tecnici sono comunque riportati nel medesimo portale web come meta imprescindibile per ogni appassionato di ciclismo. Tuttavia, come detto, i tre anelli di Pesaro-Urbino Rebirth si trovano leggermente più a sud. Vediamoli da vicino.

Colline a perdita d’occhio, le Marche hanno poco da invidiare ad altre regioni
Colline a perdita d’occhio, le Marche hanno poco da invidiare ad altre regioni

Pesaro Rebirth, il primo

Il primo parte proprio da Pesaro e si snoda per 131 chilometri in parte lungo la costa, in parte nell’entroterra. Si lascia il capoluogo verso Nord e subito si sale sul promontorio di Gabicce con uno strappo di 2 chilometri e mezzo, ma prima di entrare in Romagna si svolta per scendere nell’entroterra verso Gradara, dominata dal famoso castello in cui, secondo la leggenda, si è consumata la tragica vicenda di Paolo e Francesca raccontata da Dante nella Divina Commedia.

Di qui una salita di 5 chilometri al 5 per cento porta fino a Monteluro, e la successiva discesa fino alla valle del Foglia. Al chilometro 40, nei pressi di Gallo, si deve affrontare uno severo strappo di 2,5 chilometri con pendenza media dell’8 per cento per arrivare a Petriano, piccolo borgo con annesso castello medievale. Si rimane a quote collinari per circa 5 chilometri e poi si scende verso la valle del Metauro, il maggiore fiume delle Marche, fino a Fossombrone.

Fossombrone è il punto di partenza e di arrivo del secondo anello
Fossombrone è il punto di partenza e di arrivo del secondo anello

Sull’altra sponda si sale per 2 chilometri al 6 per cento fino al paese di Sant’Ippolito, caratterizzato da una notevole torre dell’orologio in ferro, e poi ancora per un falsopiano per altri 4 chilometri. Il ritorno verso il mare è costellato da saliscendi, fino a Marotta, sul litorale. Gli ultimi 25 chilometri per il rientro a Pesaro sono lungo la Statale Adriatica, con transito nella città di Fano. Dislivello totale: 1.412 metri.

Pesaro Rebirth, il secondo

Il secondo anello di Pesaro-Urbino Rebirth proposto da Marche Outdoor è lungo 138 chilometri, con un dislivello di 1.768 metri. Si parte da Fossombrone e si gira in senso antiorario. La perla di questo tracciato è senz’altro Urbino, con il suo Palazzo Ducale ed i capolavori di Raffaello che qui vi nacque nel 1483. Tuttavia la città simbolo del Rinascimento va prima conquistata superando una salita di 7 chilometri al 5,7 per cento di pendenza media che parte a Isola del Piano.

Urbino fa parte del secondo anello Di Pesaro Rebirth
Urbino fa parte del secondo anello Di Pesaro Rebirth

Da Urbino si rimane in zona collinare con vari saliscendi fino a scendere ad Urbania, posta nella valle del Metauro. Quindi ecco un’altra salita di 7 chilometri, un po’ più facile della precedente, per passare alla vallata sottostante, quella solcata dal Fiume Candigliano, dominata dai 1.525 metri del Monte Nerone. Da Piobbico a Cagli si succedono una trentina di chilometri di sostanziale pianura, prima di ritrovare ascese di rilievo in località Biscina

Di nuovo leggerissima pianura a scendere per circa 25 chilometri, transitando per Pergola, ed in località Passo Castelleone si svolta a sinistra per prendere l’ultima asperità di giornata: 5 chilometri al 5 per cento per salire a Frate Rosa, prima degli ultimi 14 chilometri per il facile rientro a Fossombrone.

Il Monte Catria è una presenza costante di tutti i giri nel territorio pesarese
Il Monte Catria è una presenza costante di tutti i giri nel territorio pesarese

Pesaro Rebirth, il terzo

Il terzo anello è invece un richiamo per gli scalatori, con i suoi 2.562 metri di dislivello collezionati in 136 chilometri. Partenza e arrivo a Pergola: i primi 40 chilometri ripercorrono a ritroso il facile tratto dell’itinerario precedente, quello che passa per Cagli e Piobbico. Qui però la pianura finisce e, dapprima un falsopiano sale verso Pian di Molino, quindi iniziano i 7 chilometri che portano ai 760 metri di Pian di Trebbio.

Sul Monte Catria il Giro è passato nel 2009, con arrivo sul Petrano, con vittoria di Sastre
Sul Monte Catria il Giro è passato nel 2009, con arrivo sul Petrano, con vittoria di Sastre

Si scende proseguendo verso sud-est per altri 25 chilometri, prima di arrivare alla frazione di Chiaserna, poco prima del confine con l’Umbria.

Ora inizia la massima difficoltà di giornata, ovvero la salita al Monte Catria, ovviamente quella del versante marchigiano. Si tratta di una salita vera, 14 chilometri al 6,4 per cento (dislivello di 900 metri) per arrivare a quota 1.400 metri. Segue un’altrettanto lunga discesa verso Frontone, poi l’itinerario ritorna verso l’Appennino per andare a pescare la salita che precede il Monastero di Fonte Avellana (4,6 chilometri al 6,3 per cento), anteriore all’anno Mille e nel cui eremo, secondo la tradizione, vissero 76 tra santi e beati. Discesa e rientro senza particolari difficoltà a Pergola.

Nel silenzio del Carpegna, sotto il cielo del Pirata

14.07.2022
7 min
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Marche Outdoor propone varie soluzioni per gli amanti della bici da strada. Nella provincia di Pesaro Urbino ci sono tre anelli contigui per sbizzarrirsi a piacimento ma, oltre ad essi, nel portale web trova spazio anche la traccia della salita del Monte Carpegna. E noi abbiamo messo nel mirino proprio quella.

Carpegna vuol dire Pantani, non perché il Pirata vi abbia infiammato le folle, ma perché qui costruiva le sue imprese, scendendo da Cesenatico nei suoi allenamenti. Sentiamo che sarà una giornata particolare e che qualcosa succederà..

Via da Ca’ Virginia

Partiamo dal Ca’ Virginia, una country house nell’entroterra tra Pesaro e Urbino. Anticamente era un rustico padronale dei primi del ‘400, mentre ora è una pregiata sistemazione “amica” dei ciclisti. Giacomo Rossi, il titolare, è infatti un cicloamatore reduce dall’ultima Nove Colli e sarà lui a condurci in questo itinerario che lambisce il confine romagnolo.

Inforchiamo le bici sotto un cielo velato, a tratti plumbeo e la prima difficoltà che incontriamo è quella che porta a Sassocorvaro. Si costeggiano le paratie della diga che forma il Lago di Mercatale, si supera il livello dell’invaso e in pochi ma severi tornanti si arriva al paese che domina lo specchio d’acqua dall’alto. Alle nostre spalle si impone la Rocca Ubaldinesca, rinascimentale, soprannominata “Arca dell’Arte” perché durante la Seconda Guerra Mondiale custodì migliaia di capolavori di artisti del calibro di Raffaello, Tiziano, Piero della Francesca, Mantegna… per evitare che fossero trafugati dai nazisti in ritirata o distrutte dai bombardamenti alleati.

Il museo degli spaventapasseri

Riagganciamo i pedali, diamo una tirata di freni per controllare che sia tutto in ordine e ci ributtiamo in discesa per poi puntare al secondo borgo, stavolta arroccato in cima ad uno sperone roccioso. Il suo nome è Frontino, non è molto noto come meriterebbe, ma si fregia di essere nel circuito dei Borghi più belli d’Italia. E in effetti è un piccolo scrigno, dato che in un paio di vie ciottolate lunghe due centinaia di metri racchiude una torre dell’orologio completamente coperta da verdissima edera che lascia libero solo il quadrante con le lancette. C’è poi il museo degli spaventapasseri con i buffi manichini che sbucano da un porticato. Infine ospita il giardino intitolato a Giacomo Leopardi con tanto di busto del poeta portato in dono dalla cittadinanza di Recanati.

La salita è evidentemente dedicata a Pantani e al suo cielo
La salita è evidentemente dedicata a Pantani e al suo cielo

Destinazione Carpegna

Ma è tempo di riprendere il cammino. Ci avviciniamo di buon passo verso gli 800 metri del paese di Carpegna.

«Andrea vuoi due ciliegie?», chiede Giacomo che già si è fermato a bordo strada a saccheggiare l’albero. «Eccolo lì il Carpegna – dice – saliremo al Cippo dal versante est, quello classico».

Aggirato il seicentesco Palazzo dei Principi, iniziano ben presto i 6 chilometri al 10 per cento, tra faggi, querce e cerri. I primi due chilometri ce li prendiamo per studiare la salita, ma arrivati al tornante che mostra “il cielo del Pirata”, come indica la scritta sul muretto, ci rendiamo conto di dove siamo».

Andrea, vuoi un po’ di ciliegie? La stagione è quella giusta…
Andrea, vuoi un po’ di ciliegie? La stagione è quella giusta…

«E’ dura, d’accordo – prosegue – e ci affidiamo all’ultimo pignone. Ma nonostante ciò (o forse proprio per questo) nulla impedisce alla mente di vagare con l’immaginazione e vedertelo lì davanti a te. Pantani che si allena, sfuggire via sui pedali dietro uno dei ventidue tornanti, magari con la divisa rosa del Tour del 2000, oppure con quella classica gialla della Mercatone Uno, con la bandana o forse senza.

Una strada per pensare

«Questa è una salita da meditazione – dice Giacomo tra un respiro e l’altro – fra un po’ supereremo la sbarra che chiude il transito alle auto, la strada si restringerà ulteriormente e io spesso ci vengo apposta anche da solo. In autunno, poi, diventa un tappeto rosso».

Il Pirata romagnolo era solito allenarsi fin quassù
Il Pirata romagnolo era solito allenarsi fin quassù

Ha ragione, è una salita intima: per il suo fascino, per essere immersa nel bosco e dunque sempre all’ombra, per i suoi tornanti che si contorcono su di essa.

Nel silenzio più totale, alla nostra sinistra un piccolo ramo nel bosco si spezza e cade sull’erba. Poi una vocina sbuca dai faggi, taglia le fronde e arriva a noi.

«E’ sul Carpegna che ho preparato tante mie vittorie. Non ho bisogno, prima di un Giro o un Tour, di provare una ad una tutte le grandi salite. Una volta sola, se ricordo bene, sono andato a dare un’occhiata in anticipo al Mortirolo e al Montecampione. Ma in macchina. E non mi è servito neanche molto. Il Carpegna mi basta».

Anche Merckx brillò su questa salita nel 1973: un cartello lo ricorda
Anche Merckx brillò su questa salita nel 1973: un cartello lo ricorda

Una voce nel bosco

Giacomo, ma tu lo hai mai visto Pantani quassù? «Capitava a volte di vederlo sfrecciare in discesa davanti al bar di Carpegna. Oppure sai che faceva? Arrivava qui sopra al Passo Cantoniera, dal versante romagnolo. Li c’è la locanda “Il Mandriano” (dopo ti ci porto). D’inverno Marco… costringeva Roberto, il gestore di allora, a seguirlo con lo scooter per la discesa verso Carpegna che faremo anche noi. E poi di nuovo su per questa salita, in modo da essere più sicuro, in compagnia, soprattutto in questo tratto dove le macchine non passano. Ogni volta che Roberto lo racconta gli si inumidiscono gli occhi…».

L’acqua non manca. Qui ci si rinfresca prima della salita finale
L’acqua non manca. Qui ci si rinfresca prima della salita finale

Una pigna rotola giù lungo il ciglio della strada, la schiviamo con un supplemento di fatica e la voce del bosco si rifà viva: «Da Coppi in poi è una salita che ha fatto la storia del ciclismo e ogni tanto anche il Giro c’è passato. Io non le conto più le volte che l’ho fatta, allenandomi. Direte che sono un tradizionalista…».

Anche Pogacar

Ci ritroviamo d’istinto a forzare la mano, scattando in presa bassa sul manubrio, anche se per pochi metri. Ci sono cartelli che suddividono l’ascesa in tratti dai nomi evocativi. Ad esempio il settore “Fuga Merckx” misura 2 chilometri, ha una pendenza media del 12 per cento e massima del 18…

Al Cippo sembra quasi di sentir parlare Pantani: la sua storia è qui
Al Cippo sembra quasi di sentir parlare Pantani: la sua storia è qui

E oltre alle ruote di Pantani, Coppi e Merckx, all’ultima Tirreno-Adriatico qui hanno “bruciato” l’asfalto anche quelle di Pogacar, con la doppia ascesa del Carpegna innevato, in una sorta di fil rouge che lega questi fuoriclasse e le loro epoche distanti decenni, ma non così lontane come sembra.

Finalmente in cima esce il sole, c’è anche una benedetta fontanella poco prima della divertente e panoramica discesa con vista sul Sasso Simone e Simoncello. Ottimo per asciugarsi il sudore prima di tornare in paese. E’ qui, sul valico posto a 1.415 metri di quota, al fianco della gigantografia di Pantani vittorioso a Courchevel nel suo ultimo Tour de France, che la voce degli alberi conclude il suo discorso.

«Direte che sono un tradizionalista. Forse sì. Sempre ad allenarmi sulle stesse strade di casa. Sempre a spingere gli stessi rapporti che uso in corsa. Sempre in giro senza borraccia, perché mi bastano quelle quattro fontane che so io dove sono. Una proprio a Carpegna».