Pedivelle corte e scienza. Storia di un pro’ al Centro MapeiSport

02.04.2025
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Spesso gli atleti, anche se professionisti, cambiano abitudini e soluzioni tecniche per imitazione o per sentito dire. E spesso queste scelte pagano in virtù di un effetto placebo. Nello specifico, parliamo di pedivelle corte, che comunque dati alla mano hanno apportato benefici. Ma è davvero per tutti così? E quanto incide realmente?

Queste domande se le è poste un professionista di alto livello, rivolgendosi al Centro MapeiSport di Olgiate Olona per effettuare dei test approfonditi. Questo atleta ha voluto valutare scientificamente quanto cambiasse la sua resa variando la lunghezza della leva.

Pur rispettando la privacy del corridore e la sua scelta di rivolgersi a un service esterno alla squadra in cui corre, il tema resta valido e interessante. Un argomento che analizziamo con il dottor Andrea Morelli, figura di riferimento del Centro Mapei, per comprendere l’impatto reale delle pedivelle corte.

Andrea Morelli, del Centro Studi di Mapei Sport
Andrea Morelli, del Centro Studi di Mapei Sport

Pedivelle corte e scienza

Il tema delle pedivelle corte è di grande attualità, anche se controverso. Negli ultimi anni alcuni atleti di punta hanno dichiarato di utilizzarle più corte rispetto agli standard, trasformando questa scelta tecnica in una moda.

«Tuttavia – spiega Morelli – non è semplice generalizzare: ogni atleta ha caratteristiche diverse e andrebbero fatti studi ad hoc per identificare la soluzione ottimale. In passato, si utilizzavano quelle più lunghe per la bici da crono rispetto alla strada, puntando su un braccio di leva maggiore per ottenere più forza. Con quelle corte, invece, si privilegia l’agilità e una cadenza più alta, ma si riduce la velocità periferica.

«Gli studi sembrano dimostrare che le pedivelle standard, con un range di +/- 5 mm intorno ai 170 millimetri, siano efficaci per la maggior parte degli atleti. Tuttavia, la scelta definitiva dipende dalle necessità specifiche di ogni ciclista».

A dare un push alla diffusione delle leve più corte è stato Pogacar. Ma vanno davvero bene per tutti?
A dare un push alla diffusione delle leve più corte è stato Pogacar. Ma vanno davvero bene per tutti?

Un pro’ al Centro Mapei

Il professionista in questione si è presentato di sua spontanea volontà al Centro Mapei con un quesito chiaro: dimostrare scientificamente se le pedivelle corte siano davvero vantaggiose. Va detto che lui le aveva già usate ed era propenso per questa tesi.

Ancora Morelli: «Voleva sapere se le pedivelle corte, molto corte, da 155 millimetri, fossero migliori per lui. Questo atleta ha ottenuto risultati significativi in salita e su percorsi misti, nonostante non sia un puro scalatore o passista. Cambiando squadra, però, si è trovato a dover rinunciare a quelle pedivelle, non disponibili presso il nuovo sponsor tecnico».

Per rispondere al suo quesito, il Centro Mapei ha messo a punto un protocollo di studio personalizzato, con la simulazione di diversi scenari e pedivelle di lunghezza variabile, tenendo conto anche delle necessarie modifiche alla posizione in sella.

«Si è trattato di un vero e proprio single case study. Ad esempio – spiega Morelli – accorciare la pedivella richiede di alzare la sella per mantenere costanti gli angoli articolari, operazione che può avere effetti significativi sul comfort e sulla biomeccanica».

Durante il test è stata usata anche la mascherina per il consumo di ossigeno (immagine Mapei Sport)
Durante il test è stata usata anche la mascherina per il consumo di ossigeno (immagine Mapei Sport)

La metodologia del test

«Il protocollo – spiega Morelli – prevedeva test in doppio cieco, vale a dire che alternavano pedivelle lunghe e corte senza che l’atleta sapesse quale stesse utilizzando. In sostanza questo serviva per evitare un effetto “placebo”. Anche se certamente l’atleta salendo in bici poteva percepire in quale condizione fosse. Comunque, scendeva dal cicloergometro ogni volta di spalle.

«Ogni sessione includeva tratti da cinque minuti con misurazioni precise: consumo di ossigeno, lattato ematico, elettromiografia muscolare e percezione della fatica. Le prove sono state condotte a due livelli di carico: uno basso, simile alla zona aerobica, e uno alto, vicino alla soglia anaerobica».

Il fatto che non fosse un test massimale è molto importante, in quanto non era influenzato dalla volontà dell’atleta di spingersi “oltre”, di performare, come in un test “all out”. «E’ stato comunque un modo per cercare di mantenere oggettività.», ci ha tenuto a sottolineare Morelli.

Inoltre sono stati raccolti dati biomeccanici come gli angoli articolari di ginocchio, caviglia e anca, insieme ai parametri fisiologici. L’obiettivo era capire se e come la lunghezza delle pedivelle influenzasse il rendimento, soprattutto a carichi elevati.

Shimano propone pedivelle da 165 mm, Sram (in foto) è scesa fino a 160
Shimano propone pedivelle da 165 mm, Sram (in foto) è scesa fino a 160

Risultati e implicazioni

I test hanno mostrato che, al carico più alto, l’atleta produceva leggermente meno acido lattico – con una differenza statisticamente significativa – con le pedivelle corte. Anche la percezione della fatica era inferiore, seppur di poco. Tuttavia, al carico basso, le differenze erano trascurabili. Questi risultati suggeriscono che le pedivelle corte potrebbero offrire un vantaggio specifico in situazioni di alta intensità.

«Una possibile spiegazione – dice Morelli – risiede nella biomeccanica: le pedivelle corte riducono l’escursione articolare, migliorando l’efficienza energetica. Tuttavia, la letteratura scientifica sottolinea che variazioni di 5-10 mm nella lunghezza delle pedivelle hanno un impatto limitato sui parametri di performance. La scelta della pedivella ottimale resta quindi altamente individuale».

E’ corretto il percorso intrapreso da questo professionista: affidarsi alla scienza per ottimizzare la propria resa. Test più ampi, magari con l’uso di tre lunghezze di pedivelle, potrebbero fornire ulteriori dati utili per una comprensione ancora più approfondita.

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06.07.2024
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Nei giorni che hanno preceduto la partenza del Tour de France da Firenze, c’è stato un susseguirsi di conferenze e di incontri tra varie figure tecniche. Dei veri e propri confronti tra professionisti del settore a riguardo di diversi temi. Uno di quelli affrontati nel caldo di Firenze è stato sull’utilizzo delle pedivelle corte. Conferenza tenuta da Borut Fonda, consulente biomeccanico esterno di Tadej Pogacar (il UAE Team Emirates ha confermato). A questa lezione ha partecipato Alessandro Colò, biomeccanico e uno degli organizzatori del Giro della Lunigiana. 

«Si è tratta di una vera e propria masterclass – racconta – sulla biomeccanica, con docente Boret Fonda, uno dei grandi fautori delle pedivelle corte. La cosa bella dell’incontro era la possibilità di intervenire e di confrontarsi. Uno dei temi sui quali ci siamo dilungati maggiormente è stato proprio quello legato all’utilizzo delle pedivelle corte».

A sinistra Alessandro Colò. A destra Borut Fonda consulente biomeccanico di Pogacar esterno al team
A sinistra Alessandro Colò. A destra Borut Fonda consulente biomeccanico di Pogacar esterno al team

Qualche novità

Tadej Pogacar nel corso delle ultime tre stagioni ha deciso di accorciare la misura delle pedivelle utilizzate. E’ passato dalle 172,5 millimetri alle 170, fino ad arrivare ora alle 165 millimetri. L’accorciamento delle pedivelle rappresenta, nel mondo del professionismo, una novità. Un’altra soluzione che è arrivata da poco è quella dell’avanzamento della sella. 

«Chiaramente – replica Colò – dipende da atleta ad atleta, ma è vero. Queste sono le due novità tecniche di maggior spicco. Tra l’altro, proprio legato all’avanzamento della sella, c’è stato un bel dibattito. Negli anni passati si pensava che un avanzamento della sella potesse portare dolori e problemi alle ginocchia. E’ stato però testato che non è vero, lo stesso Fonda ci ha scherzato su dicendo che siamo stati noi italiani ad inculcare questa paura infondata. Prima di partire però vorrei fare una precisazione a proposito di Pogacar».

Questa la Colnago utilizzata da Pogacar al Tour de France, spiccano le pedivelle da 165 millimetri
Questa la Colnago utilizzata da Pogacar al Tour de France, spiccano le pedivelle da 165 millimetri
Prego, dicci pure.

Stiamo parlando di un campione e di un atleta di massimo livello. Prima di effettuare delle modifiche alla sua posizione in bici vanno fatti tanti ragionamenti. Lui, come tutti i professionisti, pedala per un totale di 35.000 chilometri all’anno. Anche la più piccola modifica può portare dei problemi o ad altri aggiustamenti. 

Quindi serve tempo?

Noi abbiamo scoperto che Pogacar stesse utilizzando delle pedivelle da 165 millimetri alla Strade Bianche, suo esordio stagionale. Ma lui ha pedalato con quella misura di pedivelle per tutta la preparazione e tutto l’inverno. Come detto anche da Borda nella masterclass a Firenze, Tadej ha fatto dei test e si è trovata la quadra a 165 millimetri, complici anche dei problemi fisici che non è dato però sapere. 

Questo è lo strumento che permette di misurare la potenza di coppia
Questo è lo strumento che permette di misurare la potenza di coppia
Scendiamo nel dettaglio, come cambia la pedalata con delle pedivelle più corte?

Il movimento migliora, diventa più rotondo e controllato. Ma non tutti possono adoperare questa scelta, per farlo ci sono dei parametri da rispettare: predisposizione ad andare agile e una volontà di migliorare la performance. Come detto cambiare posizione in bici ad un corridore professionista è delicato, per farlo devono esserci delle esigenze chiare. 

A livello di movimento cosa cambia?

Le pedivelle corte portano ad avere una minore escursione della gamba, quindi si apre meno l’anca. Di conseguenza si ha uno stess articolare inferiore. 

La lunghezza delle pedivelle è regolabile, così da poter fare diversi test
La lunghezza delle pedivelle è regolabile, così da poter fare diversi test
Come si capisce se si sono avuti dei miglioramenti?

La strumentazione c’è ed è estremamente precisa. Si utilizzano degli analizzatori di coppia che calcolano come il ciclista eroga la forza sui pedali. Ne esce un grafico che dimostra come una data misura risponde rispetto ad un’altra. 

Le pedivelle corte non sono quindi una soluzione adatta a tutti, e chi ne può giovare?

Sono ideali, o meglio possono portare vantaggi importanti, agli scalatori. Questi pedalano molto a lungo con potenze elevate. Pensate a Pogacar sul Galibier: 50 minuti di salita. Con le pedivelle corte puoi cercare di coordinare meglio la pedalata, garantendo uniformità e un perdita minore di potenza. 

Il tutto si traduce in un grafico che riporta la coppia e l’angolo della pedivella
Il tutto si traduce in un grafico che riporta la coppia e l’angolo della pedivella
I velocisti non ne traggono vantaggio.

No. Loro hanno picchi di potenza assurdi e per tempi brevi, una volata dura 15 secondi e la forza impressa sui pedali è troppa per essere controllata. La pedalata di un velocista lanciato nello sprint non può essere gestita, è forza pura. 

Anche la conformazione fisica gioca un ruolo importante?

Certo. Se un atleta ha delle gambe estremamente lunghe non potrà usare pedivelle da 165 millimetri. Immaginate Froome con delle pedivelle corte, farebbe una fatica immane. Alla base di tutto c’è una proporzione fisica. Pogacar è alto 176 centimetri, ed è passato da pedivelle lunghe 172,5 millimetri a quelle da 165 millimetri. Froome, per fare un esempio, è alto 186 centimetri, in proporzione per fare lo stesso salto dovrebbe passare da pedivelle da 175 millimetri a quelle da 170.

Il fisico gioca una parte importante, un corridore con leve lunghe non riesce a sfruttare al meglio le pedivelle troppo corte
Il fisico gioca una parte importante, un corridore con leve lunghe non riesce a sfruttare al meglio le pedivelle troppo corte
Cosa vuol dire controllare meglio la pedalata?

Avere una maggiore rotondità di pedalata, questo comporta meno punti morti e una miglior distribuzione della potenza. Nella fase di risalita la forza è sempre zero, ma riducendo questa parte si pedala attivamente per maggior tempo. Il beneficio finale è anche legato ad una maggior facilità di coordinazione dello sforzo

Malori: «Pedivelle corte ideali per brevilinei e per chi va agile»

27.01.2024
5 min
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La scelta di Remco Evenepoel di passare a pedivelle da 165 millimetri anche su strada e non solo nella crono ha catturato l’attenzione di esperti e appassionati della tecnica. Nella mtb già da un po’ le pedivelle si sono “accorciate”, anche a fronte di atleti piuttosto longilinei. L’ex tricolore marathon, Juri Ragnoli (tra l’altro ingegnere) fu tra i primi ad utilizzarle, nel ciclismo su strada è invece una nuova frontiera. Ma quando questa frontiera è esplorata da atleti del calibro di Evenepoel allora le cose cambiano e diventa tendenza.

Ne abbiamo parlato con Adriano Malori. Il grande ex cronoman, oggi dirige il suo centro di preparazione 58×11 a Parma. Quando si toccano determinati tasti è la persona giusta.

Adriano Malori (classe 1988), ex pro’, è oggi un apprezzato tecnico e coach
Adriano Malori (classe 1988), ex pro’, è oggi un apprezzato tecnico e coach
Remco utilizzava le pedivelle da 165 millimetri sulla bici da crono. Si è trovato bene e ha deciso di provarle anche su strada. Cosa ne pensi?

E’ principalmente una scelta legata alle sue caratteristiche fisionomiche. Mi spiego: lui è un brevilineo, ha gambe più corte rispetto al busto e quindi ci sta che si trovi bene con delle leve più corte. Un tempo si credeva che per girare i rapporti più lunghi, lo pensavo anch’io, servisse una leva più lunga. In realtà non è così, ma dipende dalle misure delle gambe.

E’ quindi questione di misure antropometriche…

Principalmente sì. Una gamba più lunga ha bisogno di più spazio per completare il giro di pedale. Quindi l’arto sale e scende di più, viceversa fa una gamba più corta. Se Remco avesse utilizzato pedivelle più lunghe avrebbe avuto una “dispersione” di tempo in questa rotazione. E’ un po’ come se avesse allungato il tempo morto della pedalata. E quindi avrebbe perso efficienza. Però ci sono anche altri fattori in ballo.

Tipo?

La posizione generale in bici e più in particolare quella della sella: se si è più alti o più bassi, più avanzati o più arretrati. Anche questo incide sulla dinamica della pedalata. Per fare un esempio, Vingegaard ha gambe lunghe e pedala piuttosto basso anche se è longilineo. Non distende molto la gamba e mantiene degli angoli piuttosto chiusi e per lui quasi avrebbe senso la pedivella corta. Ma con le sue caratteristiche fisiche non la sfrutterebbe bene. E lo stesso vale per Alaphilippe.

Remco ha optato per le pedivelle da 165 mm per aumentare l’agilità nei tratti più ripidi
Remco ha optato per le pedivelle da 165 mm per aumentare l’agilità nei tratti più ripidi
A proposito di angoli, di ginocchia che salgono… Remco contestualmente alle pedivelle più corte ha alzato la sella di 6 millimetri. Perché?

Primo, per mantenere proprio certi angoli della gamba. Secondo, perché vuol sfruttare appieno quel che gli possono dare le pedivelle corte. Vale a dire una migliore cadenza, un giro di pedale più rapido e una spinta con la quale si trova meglio. Perché poi, ricordo, questa scelta così come quella della posizione delle tacchette per esempio, è molto soggettiva. Io tanto per restare in tema, impazzivo se non avevo le tacchette in punta.

Chiaro, le sensazioni contano…

Oggi è dimostrato che non è così. Ma siamo nell’era dei marginal gains e per rosicchiare qualcosa si va per tentativi: vale per le tacchette, per le leve… ma non è detto che poi certe soluzioni vadano bene per tutti. Io, tornando alle tacchette, se non sentivo quel gioco di caviglia non mi sentivo bene. Oppure Pogacar al Lombardia. Quando è rimasto solo, se ricordate, cambiava in continuazione la posizione delle mani: ora su, ora giù… quello è un chiaro segno di scomodità. Ma pur di avere una posizione efficiente rinunciava ad un po’ di comfort. Per dire che la scienza va bene, ma poi conta il lato soggettivo. 

Ci sono relazioni tra i rapporti più lunghi come l’ormai collaudato 54-40 e la scelta delle pedivelle?

No, come ripeto dipende dalle misure degli arti. Semmai conta di più il tipo di cadenza che si ha. Per un Thomas, a prescindere dalla sua altezza, una pedivella corta avrebbe poco senso visto che va sempre duro. S’imballerebbe.

Secondo Malori, Roglic è il profilo ideale per le pedivelle corte: non è troppo alto, va agile e si alza poco sui pedali. Non andrebbero invece bene per Thomas
Secondo Malori, Roglic è il profilo ideale per le pedivelle corte: non è troppo alto, va agile e si alza poco sui pedali
Quindi le pedivelle da 165 millimetri a chi convengono?

Ai brevilinei e a chi va agile e non tanto a chi è più o meno potente. Per me il corridore ideale per le pedivelle corte è Roglic: anche se non è un brevilineo non è comunque troppo alto, va agile, non si alza spesso sui pedali… sembrano fatte a posta per lui. Senza contare che pedala basso e ha poca estensione della gamba e questo favorisce la rapidità del giro di pedale.

Remco ha scelto queste pedivelle anche per rendere meglio in salita. Si alzerà più spesso sui pedali?

In teoria non dovrebbe alzarsi proprio se vuole sfruttarle al massimo. O comunque dovrebbe farlo molto poco.

E per Nairo Quintana? Il colombiano, di cui sei stato compagno di squadra, è basso ma ha un femore molto lungo. Andrebbero bene per lui?

No, e infatti ricordo che a crono Nairo utilizzava pedivelle da 175 millimetri e la corona da 58. Il femore è la parte che più incide per me in questa scelta.