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Lotto-Dstny, ritorno a Roubaix: le Ridley per il pavé

11.04.2023
6 min
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Nella settimana santa del ciclismo e della campagna del pavé, abbiamo incontrato Noel Vermeersh, uno dei responsabili dello staff dei meccanici del Team Lotto-DSTNY. Noel è il padre del giovane Florian (non esiste nessun grado di parentela con Gianni Vermeersh, che corre invece alla Alpecin), atleta nel roster della squadra belga, che a Roubaix è stato il primo della sua squadra: 12° a 4’11”.

Gli abbiamo chiesto quali sono le scelte fatte dai corridori per il pavé e alcune curiosità sulle bici Ridley in dotazione alla squadra.

Noel Vermeersh, meccanico della Lotto-Dstny
Noel Vermeersh, meccanico della Lotto-Dstny

Noah Fast anche sul pavé

«La tendenze – ha spiegato Vermeersch – è quella di avere una bici per fare tutto. Sembra passato il periodo dove si cambiavano i mezzi e si usavano le biciclette specifiche per il pavé. Al di là delle forniture dei materiali, i corridori di oggi preferiscono avere lo stesso modello di bicicletta e farlo settare in base alla gara».

Con queste parole Florian Vermeersh ci ha aperto le porte del camion officina del Team Lotto-DSTNY. La bici che usa “sempre” il team belga è una Ridley Noah Fast, montata con ruote DT Swiss ACR1100 Dicut e tubeless Vittoria Corsa Graphene con la sezione differenziata tra anteriore e posteriore (28/30 millimetri). Il manubrio è quello integrato e full carbon Ridley, ma è marchiato Deda per una sponsorizzazione e collaborazione tecnica che è sempre molto attiva. Le selle sono Selle Italia e Florian Vermeersh, ad oggi, è l’unico atleta ad usare la nuova SLR 3D.

La nuova SLR 3D di Selle Italia
La nuova SLR 3D di Selle Italia

La trasmissione è Shimano Dura Ace 12s, ma con la catena Gold di KMC. Ma a Vermeersh senior abbiamo chiesto delle curiosità anche in ottica Paris-Roubaix.

Solo Ridley Noah Fast, oppure ci sono delle bici diverse?

Tutti i corridori hanno in dotazione la Noah Fast. Abbiamo solo un corridore che è orientato sulla Helium, per le competizioni con molto dislivello e per i grandi Giri.

Per la Roubaix avevate previsto di usare dei tubeless diversi?

No, per noi il riferimento rimane il Vittoria Corsa TLR Graphene, sono cambiate le sezioni. Di norma con le ruote DT Swiss usiamo 28 per l’anteriore e 30 per il posteriore, alla Roubaix abbiamo usato larghezza da 32, davanti e dietro.

Rispetto all’anno passato le sezioni dei tubeless sono diverse?

Si, lo scorso anno la combinazione più usata era 25 davanti e 28 dietro. I test condotti anche in galleria del vento hanno dimostrato che gli pneumatici più grandi sono migliori e la bicicletta è più veloce.

I corridori cosa scelgono?

Oltre alle scelte soggettive, se un corridore vede che è più performante, è lui il primo a chiedere quella soluzione.

Per quanto riguarda le pressioni?

Con la configurazione dei tubeless differenziati siamo tra le 4,4 e 4,6 atmosfere, ma dipende molto dal peso dal corridore e dalle condizioni meteo. Se piove abbassiamo di qualche punto, non molto per la verità. Sul pavé della Roubaix con le 32, ci siamo orientati intorno alle 4 atmosfere o poco al di sotto. Nel nostro caso è fondamentale considerare l’elevata elasticità di questo tubeless, per noi un grande vantaggio.

Per il pavé avete aumentato la quantità di liquido all’interno dei tubeless?

No, usiamo sempre la stessa quantità: 70 millilitri di liquido anti-foratura.

Cosa comporta una gara bagnata sul pavé per voi meccanici?

Se la giornata prevede pioggia, che sia il Giro delle Fiandre oppure la Roubaix, dopo la corsa c’è una giornata intera e molto intensa di smontaggio totale delle biciclette. I movimenti centrali vengono completamente sostituiti e ogni parte rotante viene smontata. La catena viene cambiata.

Quanti chilometri di vita ha una catena?

Le nostre KMC che sono molto leggere, vengono sostituite dopo 3.000-3.500 chilometri, oppure dopo 5 giorni consecutivi di gara. Questo nella norma, poi ci sono le condizioni oltre il limite, come ad esempio il pavé ed il brutto tempo.

Per le gare delle pietre avete usato un guida catena?

Qualche corridore lo chiede, ma sempre meno. Con le trasmissioni a 12 rapporti di ultima generazione, che hanno il deragliatore diverso e l’aumento del diametro delle corone, il pericolo che la catena cada all’interno si è ridotto molto. Inoltre, se dovesse capitare, il corridore sarebbe costretto a fermarsi per tirare su la catena. Talvolta è sufficiente portare il deragliatore verso la corona grande e la catena risale facilmente.

E invece per quanto concerne la scelta dei rapporti?

Tutti i corridori usano la combinazione 54-40, mentre i pignoni posteriori con la scala 11-30 sono quelli più utilizzati. Possiamo considerarlo un setting standard, anche per il pavé. Montiamo dei pignoni 11-34 quasi esclusivamente per i grandi Giri.

Tutti i pedali sono al massimo della tensione. E’ sempre così, oppure in occasione del pavè sono stati allentati?

Sono sempre al massimo della tensione e tutti i corridori ormai chiedono il pedale più rigido possibile nella fase di tenuta. Non solo, sempre meno atleti usano le tacchette gialle. Noi abbiamo i pedali Shimano e le gialle offrono una maggiore libertà laterale del piede. Ormai tutti vogliono le rosse, completamente fisse, oppure le blu, con un gioco laterale molto contenuto.

Il diametro dei dischi dei freni?

Preferiamo rimanere sui 160 anteriori e 140 posteriori. E’ una soluzione ottimale anche nell’ottica di un intervento dell’assistenza tecnica neutrale. Diciamo pure che le forature sono sempre meno, rispetto ad un passato con i tubolari e a chi preferisce usare le camere d’aria.

Quanto pesa la Ridley Noah Fast che usano i vostri atleti?

E’ una bicicletta che è di poco superiore ai 7 chilogrammi, poi ovviamente dipende dalla taglia.

Le Samyn, la firma di Marta: bentornata Bastianelli

28.02.2023
5 min
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«Ieri sera con Marcello Albasini, che è l’altro direttore sportivo che è qua con me in Belgio – racconta Davide Arzeni – abbiamo fatto due chiacchiere sulla corsa e ne abbiamo parlato con Marta. Avevamo questa idea, visto che uno dei suoi obiettivi è la Parigi-Roubaix. Le abbiamo detto: “Proviamo un attacco sul settore di pavé”. Dietro avevamo Chiara Consonni che poteva coprirci per la volata. Insomma dai, è andata. E’ andata bene così.

«Non sono assolutamente sorpreso che Marta abbia vinto, però veramente mi sono trovato di fronte a una vera professionista. Una ragazza che ha vinto tanto nella sua carriera e che probabilmente la finira dopo il Giro, eppure è ancora qua a fare la vita. I suoi risultati sono frutto della sua testa di corridore».

La UAE Adq Team vuole gara dura e vigila in testa al gruppo. Bastianelli è pronta per attaccare
La UAE Adq Team vuole gara dura e vigila in testa al gruppo. Bastianelli è pronta per attaccare

Tre volte sul podio

Le cinque di un pomeriggio freddo sulle strade del Belgio intorno a Dour nel cuore della Vallonia. Marta Bastianelli ha da poco vinto Le Samyn, corsa classica con settori di pavé che di lì a poco sarebbe stata conquistata fra gli uomini da Milan Menten. Lo ha fatto con lo stesso piglio con cui nel 2019 vinse il Fiandre. Attacco e volata. E sebbene sia agli ultimi mesi della carriera, ha ruggito come ha sempre saputo fare.

«E’ bello smettere da vincenti, no?». Il tono di voce è allegro, l’ammiraglia sta facendo ritorno verso l’hotel sull’autostrada. Arzeni dice scherzando che il loro unico contatto col mondo è il benzinaio della vicina stazione di servizio.

«In tre corse – racconta l’azzurra – ho fatto terza, seconda e prima, altro che deconcentrata perché sono a fine carriera. Ho fatto tutto quello che dovevo fare, tranne un piccolo problema di salute a gennaio per il quale mi sono dovuta fermare per una settimana e mezza. Non ho partecipato al raduno con la squadra, però adesso va tutto bene».

Tomasi, accoglie una costernata Chiara Consonni che ha bucato al momento del forcing di Bastianelli
Tomasi, accoglie una costernata Chiara Consonni che ha bucato al momento del forcing di Bastianelli

Forcing sul pavé

E’ passata nel giro di due anni dal rifiuto del pavé all’aver messo la Roubaix al centro del mirino. Ha avuto bisogno di masticarla bene e quando domani la squadra degi Emirati andrà sul percorso a provare i tratti di pavé, Marta avrà la conferma di essere sulla strada giusta. L’attacco è venuto sul pavé e ha fatto male.

«Oggi era una gara abbastanza veloce – dice – ci siamo mosse abbastanza bene. Io ho seguito i piani della squadra, che erano di attaccare nell’ultimo tratto di pavé avendo Chiara alle spalle. Così mi sono trovata davanti, ho fatto la mia azione. Mary mi ha seguito (Maria Giulia Confalonieri, ndr), poi sinceramente nel finale non ho potuto proprio aiutarla tantissimo. Non riuscivo a capire dalla macchina come fosse la situazione. Perché comunque dietro Chiara aveva bucato e la Gasparrini era caduta. Un po’ di situazioni particolari, si rischiava di buttare tutto».

Confalonieri ha creduto nell’azione con Bastianelli, pur sapendo che in volata sarebbe stata dura
Confalonieri ha creduto nell’azione con Bastianelli, pur sapendo che in volata sarebbe stata dura

“Capo” e Albasini

E così, dopo aver parlato di sé a inizio stagione come di una guida per le più giovani, la cara Marta Bastianelli – terza all’Omloop Het Nieuwsblad e seconda alla Omlop Het Van Hageland – ha alzato le braccia a Le Samyn des Dames.

«Le ragazze sono quasi tutte nuove – racconta – è tutto nuovo, quindi abbiamo avuto bisogno di tempo per affiatarci, sin dal UAE Tour. Credo che sia una buona squadra in fase di crescita. Qui in Belgio, credo che siamo veramente un bel gruppo guidato bene anche dall’ammiraglia. Da Arzeni e Marcello Albasini. Credo che avere persone con esperienza di queste gare sia molto importante. Non sono gare semplici, tutt’altro. E quindi sono molto orgogliosa».

Podio tutto italiano a Le Samyn, con Bastianelli e accanto Confalonieri e Vittoria Guazzini
Podio tutto italiano a Le Samyn, con Bastianelli e accanto Confalonieri e Vittoria Guazzini

L’esempio di Marta

Arzeni guida e gongola, anche per lui l’esperienza nella UAE Adq è una sfida. Non è stato semplice lasciare la Valcar e sposare il nuovo progetto, ma la squadra che sta nascendo somiglia tanto alla sua vecchia casa.

«Una ragazza come Marta – dice – è importante per le atlete, ma anche per noi direttori sportivi. Da un’atleta come lei, che ha tutta questa esperienza, non si smette mai di imparare. Quindi anche io come direttore sportivo le devo qualcosa. Siamo qua in Belgio già da una settimana, non è mai facile. C’è vento e c’è freddo e c’era qualche ragazza probabilmente un po’ stanca. E nella sfortuna c’è andata bene, perché proprio nel momento in cui lei attaccava, ha bucato la Consonni. Quindi delle due frecce che avevamo ne è rimasta una. Domani facciamo la recon della Roubaix, il Belgio è appena cominciato e a me piace stare quassù».

Marta Bastianelli con Davide Arzeni: si è capito sin da subito che la collaborazione sarebbe stata proficua
Marta con Arzeni: si è capito sin da subito che la collaborazione sarebbe stata proficua

Lo sguardo tignoso

E’ così anche per Marta Bastianelli, 35 anni, campionessa del mondo quando ne aveva 22 e ancora sulla cresta con lo sguardo tignoso di ogni anno.

«Farò tutte le altre classiche – dice – a partire da De Panne fino alla Roubaix. Noi corriamo sempre per vincere con le migliori carte che abbiamo, quindi ci giochiamo sempre diverse possibilità. Quando corro con Chiara, sono contenta di poterla aiutare perché comunque è il futuro, e lei è contenta di aiutare me. Quindi, insomma, ci diamo abbastanza forza e coraggio. Ma abbiamo anche altre atlete forti, come Silvia Persico e Gasparrini. Io ci sono, mi sono allenata bene e confermo che dopo il Giro smetterò di correre. Sono felice di finire al Giro d’Italia. Ci sono tante giovani in Italia, oggi abbiamo visto il podio tutto italiano. Ma questo non significa che non sarò lì davanti anche nelle prossime corse a giocarmi qualche vittoria. Io so ancora vincere, forse qualcuno lo aveva dimenticato».

Il morso di Pogacar prima delle salite. Processo alla Jumbo

06.07.2022
7 min
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In qualche modo un botta e risposta. Dal trionfo di Van Aert, ai dubbi sulla corsa dello squadrone olandese. Nel giorno in cui la Jumbo Visma ha lasciato affondare Roglic, Pogacar ha dato il primo morso a questa enorme mela che è il Tour. A 20,2 chilometri dall’arrivo, sul settore di pavé numero 3 da Tilloy les Marchiennes a Sars et Rosiers, lo sloveno ha rotto gli indugi seguendo Stuyven, allo stesso modo in cui ieri Van Aert ha dato fondo alle sue energie. E anche se non ha vinto la tappa, ha fatto in modo che tutti gli avversari vedessero le sue spalle allontanarsi e sparire in una nuvola di polvere.

«Il primo obiettivo oggi – dice il diesse UAE, Andrej Hauptman – era correre davanti per difendersi. Però con Tadej è così: quando trova l’occasione, lui parte. Oggi per noi è una buona giornata e andiamo avanti, perché il Tour è ancora lungo. Sapevamo che fosse bravo sul pavé. Ha fatto le sue ricognizioni, però in tappe come questa, devi avere anche fortuna. Oppure non devi avere sfortuna. Roglic ad esempio ha perso tanto, però questo è il ciclismo. E in una giornata come questa, ci poteva anche stare».

A 20,2 chilometri dall’arrivo, l’attacco di Stuyven e Pogacar: il gruppo esita
A 20,2 chilometri dall’arrivo, l’attacco di Stuyven e Pogacar: il gruppo esita

Lo stile di Tadej

Vederlo andare sul pavé non ha la poesia dei grandi della Roubaix. Di Cancellara, Ballerini oppure Boonen. Non ha l’armonia di una struttura disegnata per galleggiare sulle pietre, neanche tiene sempre le mani in basso o al centro del manubrio, il più delle volte le mette sulle leve dei freni. Però va dannatamente forte e dannatamente facile.

«Avevo paura che mi succedesse qualcosa – dice lui al termine delle formalità da sbrigare – ma ho scoperto di avere grandi sensazioni. Quando Stuyven ha attaccato, ho cercato di seguirlo. Andava davvero forte e sono contento di essere arrivato con lui al traguardo. Oggi doveva essere sopravvivere e non perdere terreno, invece alla fine ho guadagnato. Non troppo, ma posso essere soddisfatto. Ho sentito delle varie cadute, non sapevo di Primoz. Dopo due settori, c’era un gruppo davvero piccolo. Andavamo davvero forte sulle pietre. Stavano cominciando gli attacchi e io ho fatto la mia corsa cercando di non cadere».

Pogacar contento di aver guadagnato qualcosa, ma sfinito per seguire Stuyven
Pogacar contento di aver guadagnato qualcosa, ma sfinito per seguire Stuyven

Pasticcio Jumbo

Sono caduti invece quelli della Jumbo Visma, entrata in gara per schiacciare tutti e uscita dalla giornata con l’amaro in bocca. Van Aert caduto e ancora in maglia gialla. Vingegaard caduto e attaccato alla sua scia. Roglic caduto e sprofondato nell’ennesimo episodio sfortunato. Se il compito di Van Aert era quello di tenerli entrambi fuori dai guai, la squadra evidentemente ha fatto la sua scelta. E aveva ragione Garzelli: se hai due leader e uno ha problemi, dividi la squadra a metà perdendo efficacia? Oggi è andata così.

«E’ stato proprio diverso dalle classiche – ammette Van Aert dopo esserci tolto la polvere dalla faccia – io sto bene fisicamente, ma gestire il rientro dalla caduta non è stato facile. Abbiamo inseguito duramente, ma quando ho capito che non avremmo potuto fare quello per cui eravamo venuti, ho smesso di pensare alla maglia gialla. Ho dato per scontato che l’avrei persa. E quando Jonas (Vingegaard, ndr) ha avuto il guasto e ci sono stati problemi di comunicazione per darlgi la bici, mi sono messo al suo servizio. Roglic è lontano, non ci voleva. Ma il Tour è appena cominciato e sulle montagne tutto può ancora succedere».

Roglic è arrivato a 2’59”. Se le sue condizioni sono buone, magari potrebbe tentare di riaprire il discorso, ma sul coriaceo sloveno sembra abbattersi ogni volta una maledizione. Quasi che il Tour non gli abbia perdonato quel crollo nell’ultima crono del 2020. Chissà se tornare fra due giorni sulla salita dove tutto ebbe inizio (o dove cominciò la fine) lo aiuterà a scacciare i demoni di quel 19 settembre di due anni fa.

Caruso, storia già vista

Ancora una volta i migliori italiani sono stati Mozzato e Dainese, arrivati come Cattaneo, Pasqualon e Caruso nel gruppo di Van Aert. Per il siciliano, in particolare, la giornata segna l’inizio di un nuovo Tour, secondo lo stesso copione che lo scorso anno lo portò sul podio del Giro. La caduta e il ritiro di Jack Haig, al pari di quella di Landa di allora, privano la Bahrain Victorious del suo leader per la generale.

«Cadute e forature – dice Caruso – l’hanno fatta da padrone. Siamo stati sfortunati perché abbiamo perso Jack, io invece sono stato fortunato e bravo perché sono rimasto fuori dai problemi. Ho avuto anche buone sensazioni. Un ostacolo importante che abbiamo superato. Continuiamo giorno per giorno, siamo solo all’inizio

«Questa tappa ero venuto a provarla due volte soprattutto per i materiali. Però paradossalmente ho avuto sensazioni migliori in gara che durante la ricognizione. E’ stato difficile all’inizio quando il gruppo era numeroso, poi si è andato assottigliando ed è diventato meno stressante. Ma alcuni tratti erano veramente sconnessi».

Il miracolo di Clarke

Piuttosto, la tappa da Lille alla miniera di Arenberg l’ha vinta Simon Clarke, australiano classe 1986, sopravvissuto con il gruppetto in fuga ai vari inseguimenti di giornata. Anche a quello più inquietante da parte di Pogacar.

«Sapevamo del distacco – racconta al settimo cielo – e sapevamo anche che in un finale come questo è difficilissimo recuperare un simile vantaggio. Per prenderci, sarebbero dovuti andare super veloci. Ero sicuro che saremmo arrivati, mentre non ero sicuro che avrei vinto la tappa. La volata è stata lunghissima, è cominciata all’ultimo chilometro. Powless ha fatto un allungo pazzesco e ha preso margine. Per me aveva vinto lui. Poi Boasson Hagen si è messo a chiudere con un rapportone, mentre io continuavo a ripetermi di non andare in panico e stare calmo. E quando ha lanciato la volata e Taco Van der Hoorn gli si è messo dietro, io ho preso la sua scia. Non so come ho fatto, ma sono uscito e l’ho saltato. Non è stato niente di scontato».

«Che stagione – conclude – l’anno scorso ero senza squadra. Ho continuato ad allenarmi come se ci fosse. Quando stamattina mi hanno detto che toccava a me andare in fuga, ho pensato che le due tappe vinte alla Vuelta e la maglia rosa al Giro del 2015 erano tutte nella prima settimana. Per questo ci ho creduto. Ma quando ho dato il colpo di reni, ve lo giuro, ho solo pregato che fosse abbastanza».

Gianetti, un giorno pericoloso e il naso rotto 35 anni fa

06.07.2022
5 min
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Non dovrebbe piovere, pensa Gianetti guardando il cielo. Ugualmente la tappa che prenderà il via da Lille all’ora di pranzo si annuncia piena di insidie. Tra polvere, buche e pietre sconnesse, anche una foratura potrebbe rivelarsi fatale. Ieri Van Aert ha colto tutti in castagna, sorprendendo anche Pogacar (che in apertura taglia il traguardo di Calais). Oggi nella tappa che si conclude vicino alle vecchie miniere di Arenberg potrebbe succedere la stessa cosa?

«Le tappe del Tour rendono nervosi – dice Gianetti – ogni giorno c’è vento, pavé, poi altri tranelli. Il Tour de France è questo e bisogna essere concentrati e pronti in ogni momento. E’ chiaro che se dovesse anche piovere, sarebbe un altro problema. Vorremmo tutti che il Tour si giocasse per le forze in campo e non tanto per le sfortune e le disavventure che possono arrivare. Sarebbe bello che tutti i migliori si potessero confrontare sul pavé e nelle tappe di montagna e che nessuno avesse sfortune…».

Vigilia della tappa sul pavè, ieri dopo l’arrivo a Calais. Gianetti non sta mai fermo
Vigilia della tappa sul pavè, ieri dopo l’arrivo a Calais. Gianetti non sta mai fermo

In casa UAE Emirates è giorno di esami. Ed è soprattutto l’imponderabile a destare qualche apprensione in più. Finché si tratta solo di pedalare, Pogacar non ha problemi: prendete la crono di Copenhagen, stava per vincerla. Ma per la legge dei grandi numeri e il fatto che finora la sfortuna si sia abbattuta soltanto sui suoi avversari, l’ansia viene da sé.

Mauro, in questi giorni Tadej ha fatto da sé, ma sul pavé la squadra potrebbe essere decisiva?

La squadra serve tantissimo e serve sempre. Oggi, come poi nelle tappe di salita, oppure quelle col vento. Ci sono squadre più attrezzate per le tappe mosse e quelle più attrezzate per le montagne. La squadra è fondamentale qui al Tour.

Nella scorsa primavera, Pogacar e Trentin in ricognizione sul pavé, pensando a Fiandre e Tour: per Gianetti una fase cruciale
Nella scorsa primavera, Pogacar e Trentin in ricognizione sul pavé, pensando a Fiandre e Tour
Però intanto aver corso sul pavé ad aprile ha dato a Tadej ancora un po’ di fiducia?

E’ stato un passaggio fondamentale. Prima, perché potesse capire le sue capacità. E poi perché verificasse le sue capacità di fronte agli altri. E’ arrivato quarto al Fiandre, adesso sa che pedala bene sul pavé e questo è importante.

Si farà sentire l’assenza di Trentin?

Tantissimo (lo dice senza lasciarci finire la domanda, ndr)! Soprattutto pensando a queste tappe. La scelta era di avere Matteo Trentin con un’idea ben chiara e ben precisa. Ora abbiamo Marc Hirschi che potrà essere più utile di quanto sarebbe stato Matteo sulle montagne, ma qui il disagio per l’assenza di Matteo sarà evidente.

Il maxi schermo sul pullman del UAE Team Emirates è ogni giorno il ritrovo dei giornalisti
Il maxi schermo sul pullman del UAE Team Emirates è ogni giorno il ritrovo dei giornalisti
Come hai reagito quando ti hanno detto che non ci sarebbe stato?

Incavolarsi serve a poco. Dispiace per la squadra. Dispiace per Matteo, perché anche lui ci credeva. Ho allargato le braccia, c’era poco da fare. La cosa peggiore è che Matteo sta benissimo. E’ semplicemente positivo, senza nessun sintomo. Neanche mal di gola e mal di testa. E’ disarmante pensare che un ragazzo che ha investito dei mesi di lavoro, le emozioni, la famiglia… Per andare al Tour, c’è da fare un investimento personale. Fai dell’altura da solo, stai tanto lontano da casa. E il giorno prima ti dicono che non puoi partire… Non è facile.

Come ti sentiresti, corridore da 62 chili, dovendo fare una tappa come questa?

Direi parole irripetibili. Mi è già capitato una volta, mi pare fosse il 1989. Il giorno prima addirittura caddi e mi ruppi il naso. Ricordo che affrontai il pavé con il naso rotto e gli ultimi due settori, visto che ormai ero ultimo e staccato, li feci a piedi per quanto mi faceva male il naso. Pensavo di ritirarmi e intanto il direttore sportivo mi ripeteva che ormai potevo arrivare a Parigi. Eravamo alla seconda tappa, ma ebbe ragione lui. Fatta Roubaix, arrivai a Parigi.

La stessa bici

Intanto dal camion dei meccanici, Alessandro Mazzi fa sapere che per la tappa di stamattina, Pogacar utilizzerà la stessa Colnago dei giorni scorsi, con l’unica variazione del reggisella, che sarà quello di serie. Per le altre tappe, la squadra sta utilizzando invece una versione Darimo alleggerita per Colnago.

«Avrà poi ruote tubeless Bora WTO da 45 millimetri con pneumatici da 30 millimetri – dice – con un inserto all’interno, mentre ad aprile per il Fiandre ha usato le 28. Davanti terrà il 39-54 e dietro un 11-29. La stessa sella e anche il nastro manubrio sarà il solito. Ha fatto delle ricognizioni con la bici settata a questo modo e si è trovato a suo agio».

Quel giorno sul pavé che cambiò la storia del Tour

27.06.2022
8 min
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Oggi come ieri, in un rincorrersi di storie uniche e imprese di campioni. Il Tour ritroverà il pavé mercoledì prossimo, 6 luglio, come quel giorno al Tour de France del 2014. Ben strana invenzione che minò alle fondamenta il pragmatismo scientifico e inattaccabile del Team Sky. Soprattutto perché si mise a piovere. La pioggia fece e farebbe ancora la differenza. Quando l’anno successivo si arriverà a Cambrai, sul pavé asciutto il britannico Froome sarà inattaccabile.

Ma il 9 luglio del 2014 piove, ha piovuto per tutta la notte. E’ la quinta tappa, 160 chilometri scarsi, ma i tratti di pavé fanno paura. Nelle squadre, gli unici a sembrare tranquilli sono gli uomini del Nord. Tutti gli altri, scalatori leggeri e fragili, hanno i nervi a fior di pelle. Froome in particolare ostenta una finta sicurezza.

Nibali ha conquistato la maglia gialla vincendo la seconda tappa a Sheffield
Nibali ha conquistato la maglia gialla vincendo la seconda tappa a Sheffield

Nibali, prove generali

Nibali ha coperto la maglia tricolore con la gialla sin dal secondo giorno. Lo Squalo conosce i segreti del fuoristrada. Sa come si muove la bici quando un sasso fa scappare la ruota, ma non ha mai corso sul pavé. Per questo in primavera ha anticipato la partenza per il Nord. E il giovedì prima dell’Amstel, si è fermato a provare materiali e traiettorie assieme a Peter Van Petegem, che la Roubaix l’ha conquistata nel 2003.

«A guidare la bici me la cavo – ha detto Vincenzo subito dopo – e avrò una squadra molto forte. Fuglsang ha un passato importante nella mountain bike, guida molto bene e ha un’azione fluida. Poi ci sono Grivko e Westra. Sono convinto che anche Contador andrà bene, forse chi potrebbe soffrire di più è Froome, anche se Wiggins ha dimostrato alla Roubaix di essere abbastanza capace su questo tipo di percorsi. La scelta di Sky e di Bradley di fare la Roubaix ha un senso, soprattutto se Wiggins farà il Tour. I tratti di pavé per me non sono una novità assoluta, li conoscevo già, anche se non li ho mai affrontati in corsa. Ero venuto nel 2010 in perlustrazione con la Liquigas e ora quell’esperienza mi tornerà utile. Insomma un’idea ce l’ho già, ma se malauguratamente dovesse piovere, servirà un cingolato…».

Quarta tappa a Lille, Froome è caduto e ha un polso dolorante. L’indomani si andrà sul pavé
Quarta tappa a Lille, Froome è caduto e ha un polso dolorante. L’indomani si andrà sul pavé

Froome è già caduto

Wiggins non farà il Tour, quello vinto nel 2012 resterà la sua ultima apparizione. Ma nella Roubaix si è piazzato al 9° posto, a 20 secondi da Terpstra che l’ha vinta. Froome non l’avrà accanto e viste le frizioni fra i due, non c’era da aspettarsi cose troppo diverse. In più, il vincitore uscente ha il polso dolente a causa della caduta del giorno prima nella tappa di Lille. Ma Chris accetta la sfida e 10 minuti prima della chiusura del foglio firma, lascia il suo nome in mezzo agli altri.

«Le sue condizioni – ha detto il medico di gara – sono buone, ma ha dolore. Impossibile dire ora se e come ne sarà influenzato nei prossimi giorni. Non ci sono fratture, ma abrasioni al ginocchio sinistro e all’anca sinistra e una contusione al polso sinistro. Alla mano destra, una piccola piaga».

Su Nibali vigila ogni giorno un grande Scarponi, ma nella tappa del pavé l’uomo è Fuglsang
Su Nibali vigila ogni giorno un grande Scarponi, ma nella tappa del pavé l’uomo è Fuglsang

Percorso modificato

Piove anche al raduno di partenza e gli organizzatori si rendono conto che sono più i rischi dei vantaggi. Anche Cancellara è perplesso, figurarsi gli uomini di classifica e i loro manager. Perciò venti minuti prima del via, viene comunicata l’esclusione dalla corsa dei due tratti più pericolosi. Il comunicato ufficiale cancella il settore numero 7 di Mons en Pevele (1.000 metri) e il numero 5 di Orchies (1.400 metri). I chilometri sul pavé scendono a 13.

Il tempo di dichiarare che stringerà i denti e da Radio Tour arriva la notizia della caduta di Froome in un tratto di asfalto. Un passaggio accanto all’auto del medico e poi Chris riparte scortato da Eisel. 

Astana e Tinkoff guidano il gruppo. Nibali mostra sicurezza. Con Westra nella fuga, il siciliano non ha particolari incombenze se non quella di restare al sicuro nella maglia gialla che fende l’acqua. Il primo tratto di pavé è ormai in vista.

Contador aveva svolto il sopralluogo sul pavé nei giorni della Roubaix, scortato dal diesse De Jongh
Contador aveva svolto il sopralluogo sul pavé nei giorni della Roubaix, scortato dal diesse De Jongh

Contador ha paura

Sono passate due ore e Froome cade ancora. Le strade bagnate non sono mai state terreno di caccia per gli uomini di Sky. Anche Wiggins l’anno prima ha buttato a mare il Giro nella tappa di Pescara, a vantaggio di Nibali che nel bagnato invece è maestro.

Questa volta a Froome è fatale una curva a destra. Le inquadrature lo mostrano mentre stringe il polso con due dita della mano sinistra. Prova a impugnare il manubrio, ma non ce la fa. Gli passano la bici, neanche la guarda. Mentre il gruppo di testa inizia a sporcarsi nel primo tratto di pavé, Chris Froome alza bandiera bianca.

Adesso anche Contador ha paura. Bennati l’ha preso per mano dal primo settore, ma senza che davanti l’Astana abbia fatto chissà cosa, il suo ritardo è di 9 secondi. Nibali intuisce l’occasione e si mette a parlare con il fango e con le pietre, mentre dietro lo spagnolo annaspa e lentamente affonda.

Durante tutta la tappa, Nibali riesce a schivare pericoli e cadute
Durante tutta la tappa, Nibali riesce a schivare pericoli e cadute

Si decide il Tour

Mancano 45 chilometri al traguardo e attorno alla maglia gialla si è formato un gruppetto di corridori decisi a giocarsi la tappa. Contador ha 45 secondi di ritardo, Bennati al suo fianco ha capito invece che sarà dura, ma continua ad animarlo e a tirare.

Con Nibali ci sono Sagan, Cancellara e Mollema, dei fuggitivi ancora in testa non parla nessuno. E’ chiaro che dietro si stia facendo la storia. Le scivolate e le cadute si succedono, ma Vincenzo le schiva. Arriva anche a fermarsi per non finirci dentro, ma riparte subito di slancio. Al suo fianco c’è Fuglsang, Westra lo aspetta, mentre Contador è scivolato a un minuto di ritardo.

Le parole di Ballerini

Lo spagnolo ha compagni in gamba, ma il freddo e la paura lo stanno bloccando. Anni prima, Franco Ballerini disse che il pavé è come una salita: se vai in crisi, sprofondi. Contador non è mai sprofondato in salita, ma su questo terreno che non è il suo, assaggia la disfatta. Franco è scomparso da quattro anni, i suoi consigli per Nibali sarebbero stati tanti e preziosi. La sera prima però l’ha chiamato Pozzato, degno erede del Ballero, e le sue parole su come impugnare il manubrio e la posizione sul pavé si riveleranno decisive.

Le banchine sono allagate, le buche piene d’acqua. Nibali infatti affronta il quarto settore muovendosi come un cacciatore di Roubaix, scortato da Westra e Fuglsang. Quando mancano 15 chilometri al traguardo, Boom sferra l’attacco. L’olandese viene dal ciclocross e corre con la Belkin. Chissà se è già stabilito dal prossimo anno correrà anche lui in maglia Astana.

Nonostante l’aiuto di Bennati, Contador arriva al traguardo a 2’54” da Boom
Nonostante l’aiuto di Bennati, Contador arriva al traguardo a 2’54” da Boom

Magnifico Fuglsang

A sei chilometri all’arrivo, la storia è scritta. Froome è lontano, Contador è sempre più in difficoltà. Alle spalle di Boom, Nibali e Fuglsang scavano il solco cercando di essere prudenti. Sul traguardo, il danese è secondo, Nibali terzo, quarto arriva Sagan, quinto Cancellara. Contador viene applaudito e incoraggiato dopo 2’54”. Si parlerà molto del suo ritiro nel giorno della Planche des Belles Filles (10ª tappa), ma lo spagnolo è sceso dal treno del Tour nel giorno del pavé.

«Oggi è stata una giornata tremenda – dice Nibali nella conferenza stampa – almeno tre volte ho rischiato di andare per terra, ma con un po’ di abilità e di fortuna sono rimasto in piedi. Aver corso in mountain bike da ragazzo ha fatto la differenza. Certi automatismi non si perdono. Fuglsang è stato stupendo. Mi dispiace per Froome, purtroppo però il Tour e il ciclismo sono fatti anche delle cadute e io per una caduta l’anno scorso ho gettato via il mondiale di Firenze. Adesso ho un buon vantaggio in classifica generale, ma la strada è ancora lunga e difficile. I chilometri per Parigi sono tanti e ora il primo avversario da controllare è sicuramente Alberto Contador».

Sul podio di Parigi, il 27 luglio del 2014, Nibali festeggia il suo Tour de France
Sul podio di Parigi, il 27 luglio del 2014, Nibali festeggia il suo Tour de France

Nuovamente il 6 luglio

Sarà il quinto giorno di gara anche il prossimo 6 luglio, quando la Grande Boucle proporrà al gruppo la tappa da Lille ad Arenberg. Frazione di 157 chilometri con 11 settori di pavé. Froome ci sarà ancora e questa volta Fuglsang correrà al suo fianco. Nibali forse la seguirà in televisione, Contador probabilmente sarà sul posto con Eurosport. Sarà un giorno da seguire e raccontare. La grande avventura del Tour sta per cominciare.

Sul pavé con 54 chili, Cavalli dice la sua

18.04.2022
3 min
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Quinta all’arrivo, nel gruppetto a 23 secondi da Elisa Longo Borghini, Marta Cavalli tira le somme sulla sua partecipazione alla Roubaix, una settimana dopo la vittoria dell’Amstel e tre giorni prima della Freccia Vallone. Lo spunto già approfondito ieri con Paolo Sangalli trova un’altra voce: quella della diretta interessata, che con i suoi 54 chili si è ritrovata a danzare sui sassi e l’ha fatto molto bene. Aveva ragione il tecnico azzurro sulle sue abilità di passista, ma il tema merita altro spazio.

«Noi ragazze – dice – facciamo tutto, ne parlavamo a cena giusto la sera prima della Roubaix. Nel ciclismo femminile basta essere forti per riuscire a mettersi in mostra più o meno su tutti i terreni. Okay, il mio peso non sarà proprio adatto a una Roubaix, però abbiamo visto che non mi esclude dai giochi. Bisogna essere fortunati, fare i conti con tanti imprevisti. Alla fine ci arriva chi riesce a scamparne il più possibile. Se non ti arrendi mai, hai sempre la possibilità di rientrare. Ho sofferto tanto, ho fatto veramente tanta fatica, però entrare in quel velodromo è qualcosa di speciale. L’anno scorso ho messo piede a terra sei volte prima di arrivare a Roubaix, col bagnato. Con asciutto il pavé ha tenuto di più, però c’erano tanta sabbia e tanta sporcizia soprattutto in curva».

I settori di pavé sull’attacco manubrio: la Roubaix può iniziare…
I settori di pavé sull’attacco manubrio: la Roubaix può iniziare…

Caduta e imprevisto

Gli imprevisti non sono mancati neppure quest’anno, con il miracolo compiuto da un meccanico capace di prendere la bici danneggiata da una caduta, sostituire la leva del cambio e poi ridargliela.

«Sono caduta nel tratto in asfalto – ammette – e ho battuto le costole. Ho avuto un po’ male tutta la corsa. Devo ringraziare il mio meccanico che durante la corsa, non una corsa qualsiasi ma la Roubaix, ha cambiato la leva destra che avevo praticamente falciato. Veramente un grande grazie a tutto lo staff della squadra perché ci mettono in bici e ci danno dei materiali che ci permettono di esprimerci al meglio. Quindi credo che la performance non dipenda solo dalla mia condizione che è buona, ma da un’attenta scelta dei materiali».

Prima del via della Roubaix, un saluto a “Capo” Arzeni. Anche Marta Cavalli è una figlia della Valcar
Prima del via della Roubaix, un saluto a “Capo” Arzeni. Anche Marta Cavalli è una figlia della Valcar

Ardenne in extremis

E qui scatta la perplessità, perché con una condizione così buona, già palesata con la vittoria dell’Amstel, rischiare sul pavé avrebbe potuto compromettere la sua rincorsa alle classiche delle Ardenne. Ma qui arriva l’imprevisto.

«L’anno scorso – racconta – ci eravamo preparati per la Roubaix e non ci ho messo tanto per recuperare. Il classico riposo l’indomani, una sgambata il secondo giorno e dopo ero quasi pronta per ricominciare. E quest’anno il terzo giorno ci sarà la Freccia Vallone, che all’inizio non era nei programmi, come pure la Liegi. Avevamo deciso di chiudere il primo blocco della stagione dopo la Roubaix, ma dopo l’infortunio in Spagna abbiamo perso un paio di settimane e così abbiamo deciso di inserire le prossime due corse. Se le avessimo incluse subito, non avrei fatto la Roubaix. Ma ci piace anche testare come reagisce il corpo (sorride, ndr) e fare le cose un po’ diverse dagli altri. L’Amstel e ora la Roubaix mi hanno dato tanta fiducia. Ne avevo bisogno dopo un po’ di sfortuna. I programmi fra Giro e Tour non cambiano. Arriverò al Giro per fare classifica e al Tour di supporto e per andare in caccia di tappe. Meglio arrivarci con questo morale».

All’Inferno con bici speciali: il nostro taccuino tecnico

18.04.2022
8 min
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Quest’anno, purtroppo non ci sono corridori italiani sul podio, ma la vittoria di Van Baarle porta una Pinarello sul gradino più alto, una bici diametralmente opposta a quella vittoriosa tra le donne. La Parigi-Roubaix, l’Inferno del Nord, è anche molta tecnica legata alle biciclette, ai componenti e alle scelte fatte dai team. Abbiamo fatto una selezione e ci sono anche delle curiosità molto interessanti.

La Roubaix di Pinarello

Una Dogma F per il vincitore, con pneumatici tubeless, manubrio full carbon integrato (il Most di Pinarello) e una sella Fizik che ad oggi non compare sul catalogo. Ha il design della Vento Argo (quella short nose) ed ha i rails in lega d’alluminio, ma non è una Vento Argo. Prima della partenza le biciclette esterne, erano di Rowe, Turner e proprio Van Baarle, quella di Ganna era al centro del tetto dell’ammiraglia. Un segno questo che va ad identificare il capitano/capitani designati dal team.

Tubolari e tubeless per la BikeExchange

Giant TCR Advanced SL per tutti i corridori del team australiano, con un paio di Propel (modello aero) sulle ammiraglie. Fin qui nulla di strano. Ma come ci aveva anticipato Fausto Oppici, meccanico del team, i corridori avevano libertà di scelta tra i tubeless e i tubolari. Le bici in effetti avevano tutte le medesime ruote Cadex con profilo da 42 millimetri, ma con predisposizione differente. Gli pneumatici erano palesemente Vittoria, ma con il logo ed il modello non visibili.

Sezioni differenziate Movistar

Solo Ivan Cortina ha utilizzato la CF SLX, mentre gli altri corridori hanno usato la Aeroad, diciamo lo stesso modello usato da MVDP (ma con allestimento differente). Curiosa la scelta riferita agli pneumatici, tutti tubeless Continental GP5000 S TR e montati sulle Zipp. I corridori del team iberico hanno usato un 28 anteriore, 30 oppure 32 per la ruota posteriore.

Le Cube di Kristoff e Pasqualon

La Cube Litening TE rimane davvero impattante in fatto estetico, aggressiva e muscolosa. Le immagini televisive spengono nettamente la livrea di frame e forcella, mentre “dal vivo” compare la trama del carbonio, sotto un trasparente blu lucido. Le scelte tecniche però, sono quelle che devono trovare menzione.

Andrea Pasqualon ha montato le ruote con profilo da 42 e tubeless da 32. Kristoff invece ha optato per due profili da 65, tubeless Continental da 25 con dicitura hookless. Il design è perfettamente identico a quelli standard TR. “Il range delle pressioni varia tra le 2,5 e 4,5 bar, in base alle preferenze del corridore e alla scelta tecnica della gomma”, queste le poche parole dello staff.

Due power meter sulle Cannondale EF

Una SuperSix Evo per tutti, con ruote Vision e doppio misuratore di potenza. Due power meter? Evidente il pedale SpeedPlay che integra il power meter sviluppato in collaborazione con Wahoo, ma le guarniture hanno lo spider P2M. I pedali potrebbero essere quelli dedicati al misuratore, ma senza il power meter al loro interno. Ottima la scelta, in termini di efficienza (oltre al colore anodizzato), quella di usare il braccetto del cambio posteriore con una sorta di aletta per evitare di far cadere la catena all’esterno del telaio.

Corima tubeless per le Wilier

Wilier Zero SLR per il Team Astana, con le ruote Corima e una scelta degli pneumatici tra tubolari e tubeless. I tubeless Vittoria Control da 30 millimetri di sezione, sulle ruote Corima non è una cosa scontata. Inoltre sulla bicicletta di Boaro compare una sella Prologo Proxim PAS, con rails TiRox, modello dedicato agli utilizzatori di e-bike. Il suo design è paragonabile a quello della Scratch M5, ma ha un’imbottitura maggiorata.

Cervélo con Vittoria Dugast

Van Aert e compagni erano equipaggiati, tutti, con i tubolari da 30 millimetri di sezione, montati sulle ruote Dura-Ace da 60 millimetri. La particolarità è negli pneumatici con il logo Dugast ben visibile. Se è vero che Dugast fa parte del gruppo Vittoria, è pur vero che la novità c’è, per un brand maggiormente conosciuto per le produzioni legate al ciclocross di altissima gamma. Tutti gli pneumatici Dugast sono fatti a mano.

Scott e Dare

Nessuno dei corridori del Team DSM, con bici Scott, ha utilizzato il mozzo Atmoz di Scoope Cycling, per quella che ci è parsa, prima di tutto, un’operazione di marketing. Lo strumento non è stato utilizzato neppure in ambito femminile. Gli atleti hanno utilizzato le ruote Shimano Dura Ace in versione tubolare. Dare è il marchio di biciclette del team norvegese UnoX, praticamente sconosciuto nell’Europa latina. Telai corti e molto compatti, muscolosi e voluminosi, considerando anche le taglie piuttosto grandi. Ruote DT Swiss ARC, quelle con mozzi 240 e tubeless Schwalbe Pro One.

Specialized

Gli atleti Bora-Hansgrohe e Total Energies hanno utilizzato le Specialized Roubaix S-Works, con ruote Roval e tubeless S-Works. Buona parte degli atleti aveva dei setting “comodi”, in particolare per l’avantreno (gli spessori sotto l’attacco manubrio sono l’elemento ammortizzante anteriore). Stem allungati e molti spessori tra attacco manubrio e cap del sistema ammortizzante in dotazione alla bicicletta. Jonas Koch (Bora) ha montato anche la GoPro.

Van der Poel: a Compiegne la sua Canyon per il pavé

17.04.2022
4 min
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«Comunque sia partirà bianca, ma non arriverà bianca e di sicuro sarà protagonista»: facciamo nostra la frase di un amico. Siamo alla partenza dell’edizione numero 119 della Parigi-Roubaix e il turbinio di emozioni è incredibile. Prima della presentazione ufficiale dei corridori abbiamo documentato qualche dettaglio della bicicletta di uno dei possibili protagonisti. Ecco la Canyon CFR Aeroad di Matthieu Van der Poel.

Roubaix 2022, la bici di MVDP
Roubaix 2022, la bici di MVDP

VdP e la sua Canyon CFR

Il telaio e la forcella corrispondono al modello normalmente utilizzato dal corridore olandese, nella versione CFR. E’ una Aeroad e Van der Poel utilizza il cockpit integrato full carbon. Il kit e il setting, nella loro completezza, sono gli stessi che MVDP utilizza per le gare “normali”.

Pacchetto Dura Ace

La trasmissione è Shimano Dura-Ace a 12 velocità (11/30), con doppio plateau anteriore (54/40). C’è l’ultima versione del power meter Shimano, le pedivelle da 172,5 e proprio l’intera guarnitura corrisponde al modello abbinato al sistema a 12 rapporti. Dietro il deragliatore non è previsto nessun chain catcher. Il reparto delle ruote è composto dal binomio C50 tubeless version e pneumatici Vittoria Corsa Control Graphene 2.0 con la sezione da 30 millimetri. Il diametro dei dischi è da 140 millimetri, per anteriore e posteriore.

Due curiosità

Per qualche minuto i tecnici/ingegneri di Shimano hanno affiancato lo staff del Team Alpecin-Fenix. Hanno misurato la distanza delle leve e dei pulsanti, rispetto al punto di appoggio (basso) delle mani.

«Cerchiamo di fare una media della distanza utilizzata dai corridori, tra leve e manubrio – le parole di un ingegnere Shimano – sono dati che vengono immagazzinati e sempre utili. Non è solo il cambio, qui c’è anche la parte idraulica dell’impianto frenante».

La seconda curiosità è la bomboletta CO2, con cap già inserito e pronto all’uso, posizionata a lato del portaborraccia (Elite in alluminio, non in carbonio) del tubo obliquo.

«Mathieu ha disponibile questa bomboletta nel caso voglia aggiustare direttamente la pressione delle gomme, magari dopo i primi tratti di pavé e dopo che ha preso il giusto feeling con i primi tratti di pietre. Il gonfiaggio iniziale è previsto al di sotto delle 4 bar”. Questa la battuta di un membro dello staff.

Nastro classico

Non ci sono doppie nastrature del manubrio, una scelta comune a tanti atleti del ciclismo attuale. Il nastro è Selle Italia, ruvido e morbido, ma standard. Selle Italia anche per la sella, modello Flite Boost Superflow con rail in carbonio e livrea personalizzata.