Zanini e lo spirito ritrovato tra le pietre del Nord

18.04.2025
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Un anno fa raccontavamo del Giro delle Fiandre concluso con il ritiro dell’ammiraglia da parte dell’Astana Qazaqstan. Qualcosa che rimane dentro e che ha ferito l’animo del team e del suo staff. 365 giorni dopo, più o meno, i ragazzi della XDS Astana Team sono tornati sulle pietre di Fiandre e Roubaix per prendersi la rivincita. Il risultato è stata una campagna del pavé vissuta in prima linea e con il coltello tra i denti, guidati in macchina da uno Stefano Zanini che da queste parti ha lasciato un pezzo di cuore e tante emozioni. Lo sentiamo mentre si trova in macchina e ha appena ritirato l’ammiraglia dal tagliando.

«Anche i veicoli – dice Zanini con un sorriso – devono fare un controllo dopo due settimane nelle Classiche del Nord. Per fortuna tutto a posto. Ora torno a casa e mi godo un periodo di riposo prima di ripartire con le gare nel mese di maggio».

La XDS Astana Team ha corso un Fiandre d’attacco anticipando i favoriti e cogliendo un decimo posto con Ballerini
La XDS Astana Team ha corso un Fiandre d’attacco anticipando i favoriti e cogliendo un decimo posto con Ballerini

L’altra faccia del pavé

Quest’anno la XDS Astana ha un altro spirito, lo si è capito fin dalle prime gare in Spagna e la campagna del Nord ne ha dato conferma. La rincorsa ai punti ha portato tutti a fare un salto a livello mentale e di approccio alle corse. La ciliegina sulla torta è arrivata al Fiandre e alla Roubaix, dove la squadra ha corso da protagonista. 

«Abbiamo avuto l’impressione di un cambio di mentalità fin da dicembre – racconta Zanini – l’ambiente dei corridori era diverso. L’arrivo di ragazzi nuovi ha portato qualcosa in più e lo si è visto. C’era tanta motivazione e il riscontro lo abbiamo avuto fin da subito. Nel 2024 le pietre ci erano rimaste indigeste, un anno dopo posso dire che è andata in maniera totalmente diversa e il grazie va a tutti. Anche ragazzi giovani come Romele e Toneatti si sono dimostrati all’altezza della situazione. Da questo punto di vista siamo contenti perché per loro si prospetta un bel futuro. Con il mix di corridori esperti e giovani sono convinto che in futuro potremo fare delle belle cose».

Dicevi della mentalità che è cambiata, ci spieghi meglio?

Mi riferisco all’approccio a questo tipo di gare. Tatticamente la strategia non cambia, negli anni ci troveremo sempre a competere contro i soliti Pogacar, Van der Poel, Pedersen e Van Aert. Però l’atteggiamento dei ragazzi deve essere quello di dire: «Non vedo l’ora che arrivino queste gare». Solo così ti viene la voglia di soffrire e di provarci fino in fondo. 

Hai rivisto la corsa?

Lunedì, una volta rientrato a casa. Abbiamo corso bene, fin dai primi tratti eravamo davanti. La Roubaix è una corsa nella quale serve fortuna ma anche tanta calma, tra cadute e forature il gruppo esplode ma poi si ricompatta sempre. Bisogna avere una gran dose di fortuna ma la si deve anche cercare. I momenti difficili vanno gestiti e interpretati. Non si può correre solamente quando tutto va bene. 

Mike Teunissen si è dimostrato solido e tenace, per lui un 12° posto al Fiandre e il 16° alla Roubaix
Mike Teunissen si è dimostrato solido e tenace, per lui un 12° posto al Fiandre e il 16° alla Roubaix
Chi è rimasto dall’anno scorso, a partire da voi dello staff, ha cercato di instillare questa voglia di rivincita anche nei nuovi arrivati?

Per quanto mi riguarda no. I corridori sanno che queste sono le mie corse preferite, chi viene qui capisce che è un altro modo di vivere il ciclismo. Forse inconsciamente riesco anche a trasmettere questa mia passione. Le Classiche del pavé le senti maggiormente rispetto alle altre, sarà per l’ambiente o altro, ma non c’è bisogno di tante parole. Chi viene a fare queste gare percepisce nell’aria il ciclismo.

I due punti di riferimento quest’anno per il Nord erano Ballerini e Bettiol…

Sì, poi purtroppo Bettiol ha avuto un’infiammazione ai polmoni e ha saltato tutta la campagna del pavé. Ballerini, invece, ha fatto una buona serie di gare con ottimi risultati: sesto alla Gand, decimo al Fiandre. Peccato per la Roubaix dove è stato messo fuorigioco dalla sfortuna e da un incidente con uno spettatore. 

La forza (ancora grezza) di Fedorov ha impressionato Zanini
La forza (ancora grezza) di Fedorov ha impressionato Zanini
La squadra, nonostante l’assenza di quello che poteva essere il leader, non si è disunita. A testimonianza di quanto dicevi sulla mentalità giusta.

E’ stato un modo per capire quanto valgono anche gli altri, da Ballerini a Bol e passando per Teunissen. Quest’ultimo mi ha sorpreso in positivo, ha dimostrato una grande professionalità ed è stato un perfetto capitano in corsa. Perché a volte c’è il capitano che trascina con la sua personalità, altre invece servono corridori come Teunissen. Dotati di carisma e di una grande gestione dei momenti di gara. 

Fedorov ha fatto degli ottimi passi in avanti rispetto allo scorso anno.

A mio avviso è fortissimo, ha una forza sovrumana. Deve imparare a correre meglio e leggere le fasi di gara. Alla Roubaix fino alla Foresta di Arenberg è rimasto tra i primi, poi ha speso troppo per rientrare su un gruppetto e da lì è mancato. Sono passi naturali da fare, ha comunque venticinque anni. Non voglio dimenticarmi nemmeno di Gazzoli, è stato una pedina importante e di supporto alla squadra.

La cosa più importante che portate a casa?

Che la stagione non finisce con le Classiche del Nord. Quello che abbiamo fatto fino ad ora è solamente l’inizio e dobbiamo proseguire su questa strada.

Stili di guida sul pavé: la differenza la fanno i campioni

17.04.2025
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La caduta di Pogacar ha messo fine al duello testa a testa tra il campione del mondo in carica e quello uscente, Mathieu Van der Poel. Ancor prima che la corsa potesse metterci davanti l’ennesimo duello tra due campioni una curva sbagliata ha messo fine allo spettacolo. L’errore dello sloveno ha aperto una curiosità e qualche dubbio sulla sua posizione in sella. Non che la sua pedalata manchi di efficacia, ma il pavé della Roubaix non sono le salite del Tour de France. 

Tadej Pogacar è stato messo in sella con tutte le accortezze del caso, ma la sua posizione estremamente avanzata lo porta ad usare spesso il manubrio in presa alta. Un fattore che si è notato in maniera particolare durante la Parigi-Roubaix. Nei vari settori di pavé il corridore del UAE Team Emirates-XRG era l’unico dei favoriti a non usare il manubrio in presa bassa. Al contrario Van der Poel con una posizione più compatta in sella ha avuto una guida più fluida

Van der Poel, alla terza Roubaix consecutiva in bacheca, sa sfruttare ogni spazio e questo è un vantaggio enorme
Van der Poel, alla terza Roubaix consecutiva in bacheca, sa sfruttare ogni spazio e questo è un vantaggio enorme

Funamboli

Ci siamo rivolti così a un ex-corridore che di pavé ne ha masticato parecchio: Filippo Pozzato

«Sono due stili di guida e di pedalata – spiega – che evidenziano la differenza di come i due sono stati messi in sella. Pogacar sa guidare molto bene la bicicletta e lo ha dimostrato, ma Van der Poel è di un’altra pasta. Penso che sia il migliore in gruppo. Sia l’anno scorso che quest’anno ha affrontato le curve del Carrefour de l’Arbre con un’agilità incredibile. Faceva il pelo agli spettatori, alle transenne e a tutto ciò che delimitava il percorso. Sicuramente il fatto che arrivi dal ciclocross gli dà quel qualcosa in più a livello di confidenza nell’usare tutta la strada a disposizione e anche qualcosa in più».

La differenza di fuori sella tra Pogacar e Van der Poel è evidente, così come i modi di stare in bici
La differenza di fuori sella tra Pogacar e Van der Poel è evidente, così come i modi di stare in bici
Pensi che la differenza tra gli stili di guida possa aver fatto la differenza sul pavé?

Ne parlavo con i ragazzi con cui ho visto la gara. Io ero uno che guidava allo stesso modo di Pogacar, con le mani alte. Tom Boonen, ad esempio, era molto vicino a Van der Poel, sempre in presa bassa. Fabian Cancellara aveva un altro stile ancora, con le mani appoggiate spesso sulla parte centrale del manubrio. 

Cosa hai notato ancora?

Che Van der Poel è molto basso e compatto sulla bicicletta, ha un’escursione di sella molto limitata e per questo è più facile per lui usare il manubrio in presa bassa. Pogacar invece è più alto e spostato in avanti. 

Un fattore che può aver influenzato la caduta?

Non direi. Può succedere di cadere alla Parigi-Roubaix. Poi in realtà Pogacar non è caduto, ha sbagliato una curva e poi è finito a terra. Quell’errore lo attribuisco più alla traiettoria sbagliata a causa della moto davanti.

L’olandese sul pavè utilizza spesso la presa bassa, al contrario lo sloveno usa le manopole dei freni
L’olandese sul pavè utilizza spesso la presa bassa, al contrario lo sloveno usa le manopole dei freni
Dici?

In quei momenti di gara sei a tutta, inoltre Pogacar stava spingendo per tentare un allungo. La bicicletta sbatte da tutte le parti, la gente ti urla nelle orecchie, hai l’adrenalina a mille, è facile sbagliare. Penso che lui stesse seguendo la moto, a un certo punto ha abbassato lo sguardo sulla strada e quando lo ha alzato ha visto l’altra moto del fotografo parcheggiata in quel punto strano. Non un disturbo concreto, però inganna la prospettiva della curva. 

Quindi la posizione in sella non ha influito?

No. Ogni corridore ha la sua e se pedala in quel modo è perché si trova bene. Io stesso avevo le mie misure e le mie geometrie. Van der Poel e Pogacar ci hanno mostrato due stili tanto diversi, ma l’efficacia della loro azione sul pavé è evidente. Erano comunque loro due davanti a tutti. 

Pogacar è l’unico tra i primi dieci della Roubaix a pesare meno di settanta chili
Pogacar è l’unico tra i primi dieci della Roubaix a pesare meno di settanta chili
Nell’intervista prima del Fiandre ci avevi detto che Pogacar non avrebbe fatto bene alla Roubaix, ora che lo hai visto in azione cosa pensi?

Era l’unico corridore che fisicamente non c’entrava nulla con quelli davanti, tra i primi dieci è l’unico che pesa meno di settanta chili. Mi chiedevo come potesse andare forte e lui ha risposto arrivando secondo. Al Fiandre te lo puoi aspettare, ci sono delle salite e lì può certamente fare la differenza. 

L’evoluzione tecnica dei mezzi può averlo avvantaggiato?

Sicuramente questa cosa di utilizzare copertoni sempre più larghi, si è arrivati a montare il 32 millimetri alla Roubaix, lo aiuta. Le pressioni si abbassano e la maggior larghezza del battistrada crea più comfort in sella. Però poi bisogna pedalare e Pogacar lo fa alla grande. Per il resto credo che l’evoluzione tecnica c’è ma anni fa era la bici ad adattarsi al corridore. Ora è il contrario, le aziende fanno dei telai standard gli atleti vengono messi su giocando con i vari componenti. Pogacar ha fatto vedere di cosa è capace, ed era solo alla sua prima partecipazione alla Roubaix. 

Mattio: pace fatta (a metà) con la Roubaix U23

16.04.2025
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Dopo la prima partecipazione, al suo secondo anno da under 23, Pietro Mattio si era dato appuntamento con la Parigi-Roubaix Espoirs. La corsa delle pietre dedicata alla categoria che fa da anticamera al ciclismo che conta. Nel 2024 le sfortune sono state tante e hanno messo fuori dai giochi il piemontese molto presto. Un anno dopo Mattio ha imparato a guardare negli occhi il pavé della Roubaix, nonostante la sfortuna lo abbia comunque colpito (in apertura foto Visma Lease a Bike). Anche se c’è da capire se sia corretto parlare di “fortuna” in una corsa dove gli imprevisti sono all’ordine del giorno. Sicuramente il corridore della Visma-Lease a Bike Development si è messo in mostra, giocandosi le sue carte e cogliendo un ottimo quinto posto nel velodromo più celebre del mondo. 

Per Pietro Mattio non è ancora tempo di tornare a casa però, c’è da correre ancora in Francia, questa volta più a sud. Infatti si è fermato nella casa del team olandese per qualche giorno prima di prendere parte alle prossime corse

«Passerò qui un paio di giorni – dice – perché questo fine settimana tocca mettere il numero sulla schiena di nuovo. Tornerò a casa, in Piemonte, domenica sera o lunedì. Correrò a Besancon e al Tour du Jura, con il team WorldTour».

Mattio nonostante la caduta finale è arrivato nel velodromo di Roubaix per giocarsi un piazzamento importante (foto Visma Lease a Bike)
Mattio nonostante la caduta finale è arrivato nel velodromo di Roubaix per giocarsi un piazzamento importante (foto Visma Lease a Bike)
Come sta andando questo inizio di stagione, considerando che la prima gara con il team U23 è stata proprio la Roubaix Espoirs?

Ho corso tanto con i professionisti, in gare dove il mio compito principale era quello di essere da supporto ai miei capitani. La Roubaix è stata la prima occasione per dimostrare che posso andare forte nella mia categoria, quella U23. Direi che è andata molto bene. 

E’ arrivato un quinto posto, forte anche dell’esperienza dello scorso anno…

Esatto, posso dire che è una gara in cui cadere è estremamente semplice. L’ho visto nel 2024 e questo dato è stato confermato anche domenica, bisogna metterlo in conto. Dopo quindici chilometri mi sono trovato a terra e mi sono detto: «Okay, la mia caduta l’ho fatta, ora dovrei essere tranquillo fino all’arrivo». Invece nel finale, quando ero nel gruppetto di testa e mi stavo giocando la vittoria, un corridore davanti a me è caduto e anche io mi sono cappottato. Non c’era molto altro da fare.

Le pietre della Roubaix sono state meno indigeste quest’anno, il piemontese sta imparando a conviverci (foto Visma Lease a Bike)
Le pietre della Roubaix sono state meno indigeste quest’anno, il piemontese sta imparando a conviverci (foto Visma Lease a Bike)
Eri lì per giocartela?

Si, siamo caduti sul Carrefour de l’Arbre. Il danno ormai era fatto, però sono riuscito a montare in bici subito e ripartire. Il treno giusto era andato, ma sono riuscito a restare con un altro gruppetto e giocarmi il piazzamento. 

Com’è stato vivere questa gara in testa?

Molto bello. In squadra partivo con i gradi di capitano, sapevo che i miei compagni avrebbero poi lavorato per me. Erano due settimane che studiavo la corsa e il percorso. Come detto era la prima gara tra gli under 23, quindi c’era un po’ di pressione nel dimostrare il mio valore. Negli ultimi cinquanta chilometri mi sono trovato davanti con i due della Lidl-Trek Future Racing (Albert White Philipsen e Soderqvist, ndr) e sentivo di pedalare bene. La condizione c’è, peccato per la caduta nel finale

Alle spalle di Whiten Philipsen e Soderqvist è arrivato Rejmin Senna, anche lui al primo anno da U23 (foto DirectVelo/Niclas Berriegts)
Terzo è arrivato Rejmin Senna, anche lui al primo anno da U23 (foto DirectVelo/Niclas Berriegts)
Che livello hai trovato tra i tuoi coetanei?

Ormai si va forte, anche quelli al primo anno da U23 fanno grandi cose. Basti vedere Albert Philipsen che ha vinto. Io al primo anno nella categoria non andavo così, ero molto più grezzo. Qui alla Visma mi hanno insegnato tanto e sento di essere migliorato piano piano. Invece ora arrivano ragazzi dalla categoria juniores che sono prontissimi. Bravi loro, perché imparare così presto è sicuramente una cosa che ti aiuta ad arrivare subito nel professionismo.

Qual è la cosa in cui senti di essere migliorato in questi anni?

Sia dal punto di vista dell’allenamento che tattico. Nel primo caso la cosa positiva di essere un devo team è la forza della struttura e degli studi che si possono fare in ambito di preparazione e sviluppo dei materiali. Tatticamente, invece, avere dei compagni di squadra forti permette di lavorare come un vero team e sapere cosa si può fare e cosa si può ricevere una volta in corsa. 

Il prossimo obiettivo per Mattio e i compagni del devo team della Visma è il Giro Next Gen a metà giugno (foto Visma Lease a Bike)
Il prossimo obiettivo per Mattio e i compagni del devo team della Visma è il Giro Next Gen a metà giugno (foto Visma Lease a Bike)
Correre tanto tra i professionisti e meno tra gli under ti crea qualche pressione a livello di risultati?

Più come una motivazione in realtà. Ho pochi obiettivi durante la stagione e quando ci arrivo voglio essere pronto. Prima della Roubaix Espoirs ho corso tanto con i professionisti, questo mi ha permesso di avere una condizione molto buona. 

Il prossimo obiettivo?

Correrò il Tour de Bretagne dove avrò più libertà d’azione ma è la prima gara a tappe lunga (sono sette tappe, ndr). Il vero obiettivo della prima parte di primavera era la Roubaix Espoirs, poi arriverà il Giro Next Gen

Il pavé tra ingegno e dita incrociate. Chicche dalla Roubaix

12.04.2025
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Stagione dopo stagione il pavé resta una fucina di soluzioni tecniche che prendono forma grazie all’esperienza ed all’ingegno dei meccanici, grazie ad un numero sempre maggiore di materiali a disposizione. Con il passare degli anni ne scompaiono alcune e compaiono altre, grazie anche a biciclette e componenti che hanno subito mutazioni importanti, vedi i tubeless, i freni a disco e la rigidità di mezzi che sono sempre più veloci.

Vediamo come si comportano i diversi player in questione, dai meccanici, fino ad arrivare ad alcune aziende coinvolte direttamente, o chiamate in causa per fornire supporto.

Il pavé è un banco di prova per atleti e mezzi
Il pavé è un banco di prova per atleti e mezzi

Expander maggiorati di Deda per le forcelle

«Diversi team, con bici differenti ci hanno chiesto i nostri expander lunghi 70 millimetri per le forcelle in carbonio – argomenta Davide Guntri di Deda – buona parte delle sollecitazioni, non solo sul pavé, passano dalla zona dello sterzo e dalla forcella, fattore che si è amplificato nella generazione delle bici disco.

«Avere un expander maggiorato, inserito nello stelo della forcella, offre garanzie maggiori nei termini di robustezza, tenuta del blocco dello sterzo e naturalmente in fatto di sicurezza. La lunghezza degli expander standard – conclude Guntri – varia in base alle scelte dei brand di bici, la media è 40 millimetri, alcuni li usano anche da 30».

Gomme larghe ed inserti sempre più diffusi

«Il denominatore comune è legato alle gomme larghe, principalmente la sezione da 32 – ci dice Tommaso Cappella, Project Manager e Team Liaison di Vittoria – e per ogni pneumatico ci sarà anche un inserto Air-Liner Road (gli Air-Liner sono utilizzati anche da altri team non supportati tecnicamente, ndr).

Come sempre – conclude Cappella – abbiamo messo a disposizione dei team le versioni tubeless Corsa Pro Control e Corsa Pro».

Ruote gravel e pressioni non troppo basse

«Le velocità sempre più elevate portano all’utilizzo di ruote con cerchio molto alto – racconta Stig Kristiansen, direttore sportivo del Team Uno-X Mobility – Il pavé della Roubaix è più impegnativo, rispetto a quello delle Fiandre, quindi alle ruote alte è obbligatorio associare pneumatici larghi. Alcuni corridori, in occasione della Roubaix, useranno le DT Swiss GRC, come ha fatto per esempio il Team Tudor alla Strade Bianche.

«Difficilmente – conclude Kristiansen – scenderemo sotto le 4,5 atmosfere di pressione, in modo da minimizzare il rischio di pizzicature. Nei mesi scorsi abbiamo inoltre testato l’utilizzo di un inserto sulla ruota anteriore, è efficace e sicuro, assorbe un solo watt, rispetto alla configurazione con il solo tubeless ed in caso di foratura permette al corridore di proseguire la marcia. Dare assistenza dall’ammiraglia nelle corse del pavé è sempre molto complicato».

Inserti Air-Liner Road, sempre più usati, anche da team non sponsorizzati
Inserti Air-Liner Road, sempre più usati, anche da team non sponsorizzati

Il nastro manubrio doppio è quasi scomparso

«Qualche soluzione molto gettonata in passato è scomparsa, o quasi, ad esempio il doppio nastro manubrio non lo chiede più nessuno – ci racconta Gabriele Tosello, responsabile dello staff dei meccanici del Team Astana – mentre si cercano di fissare le parti mobili della bici. Nello specifico applichiamo della tela vetrata sul reggisella, per evitare spostamenti ed abbassamenti indesiderati.

«E poi un rinforzo al nastro tubeless dei cerchi. Di norma sono due giri di nastro, per il pavé diventano tre. Si aumenta la quantità di liquido sigillante, fino a 50 cc – conclude Tosello – e si predilige una tipologia di liquido più denso, capace di chiudere eventuali forature in un lasso ridotto di tempo. Per quanto concerne gli pneumatici, tutti avranno i tubeless Continental con gli inserti Vittoria Air-Liner. Per il resto dita incrociate».

Alla Sanremo tutte le Trek sottoposte al controllo tecnologico UCI
Alla Sanremo tutte le Trek sottoposte al controllo tecnologico UCI

Ruote gravel, inserti e bici standard per Lidl-Trek

«Trek Madone per tutti i corridori che saranno al via della Roubaix – ci racconta Mauro Adobati, meccanico del Team Lidl-Trek – nessuno userà la Domane e tutti hanno scelto di montare le ruote gravel Bontrager 49V con il canale interno da 25 millimetri. Tubeless da 32 millimetri ed inserti tra cerchio e pneumatico. Aumenteremo la quantità di liquido sigillante a 60 cc per ogni tubeless – prosegue Adobati – rispetto ai 40 che sono previsti nella normalità. Molti dei nostri corridori useranno un nastro manubrio con spessore maggiorato, rispetto al modello da crono, sottilissimo, usato normalmente.

«Qualche particolarità è legata ai comandi satellitari Sram Blips – conclude Adobati – che monteremo sulla sezione orizzontale del manubrio in modo da poter cambiare marcia anche con presa alta. Rispetto al passato nessuno ha chiesto di fare delle variazioni al bikefitting e di alzare la battuta dell’attacco manubrio. A parte qualche variazione dell’ultimo istante, tutti dovrebbero correre con la trasmissione 1×13 XPLR».

Il mozzo con il compressore per le donne Visma

Marianne Vos e la Ferrand-Prévot, entrambe della Visma-Lease a Bike, al Fiandre hanno utilizzato il mozzo anteriore Gravaa, quello con il regolatore di pressione per il tubeless.

Gli uomini invece non hanno utilizzato questo dispositivo, come non hanno usato il monocorona. Vedremo cosa adotteranno gli olandesi in ottica Roubaix.

Cornacchione ha qualche idea non banale

«Anni addietro andare alla campagna del pavé era un impegno enorme, soprattutto per lo staff dei meccanici – racconta Matteo Cornacchione, meccanico del Team Ineos-Grenadiers – ora le bici sono uguali tutto l’anno. Qualche corridore cambierà semplicemente il nastro manubrio, optando per uno più spesso, ma nulla più.

«La grande differenza, come si usa dire, la guerra si farà con la gestione degli pneumatici e loro pressioni. A mio parere – prosegue Cornacchione – sarà interessante vedere le combinazioni delle trasmissioni. Non meravigliamoci se vedremo corone da 60 denti. Soprattutto chi ha ufficialmente disponibile il monocorona. Non escludo soluzioni mono anteriore anche per chi ha Shimano. Ormai tutto è possibile».

Quale setting utilizzerà Pogacar?

«Qualche piccola variazione sulla Colnago V4Rs, ma nulla di eclatante – ci dice Maurizio Da Rin, meccanico che gestirà la bici di Pogacar in vista della Roubaix – 55-40 le corone anteriori e 11-30 i pignoni posteriori, sempre pedivelle da 165 e setting biomeccanico senza cambiamenti. Pogacar ha chiesto di aumentare la superficie nastrata del manubrio – prosegue Da Rin – di solito lui utilizza pochissimo nastro, oltre ad una piccola aggiunta anche sotto le leve, per proteggere le dita.

«Sulla bici monteremo i tubeless da 32, davanti e dietro i Continental GP5000 TR in versione classica. la pressione di gonfiaggio verrà definita poco prima della partenza, anche in base al meteo».

Vigilia del Fiandre, in bici con Hushovd che sceglie Van der Poel

05.04.2025
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MAARKEDAL (Belgio) – Ti trovi a pedalare al fianco di Thor Hushovd, che tolti i panni del corridore ricopre un ruolo di grande responsabilità. Il norvegese è general manager di un team sulla cresta dell’onda, Uno-X Mobility.

Hushovd, come sempre disponibile al 101 per cento: lo era da corridore, lo è ora da dirigente. Resta un grande appassionato della bici e appena si libera dagli impegni manageriali non rinuncia a pedalare (e sul pavé ha ancora un gran passo). Con lui abbiamo fatto una sorta di botta e risposta. I suoi favoriti per la campagna del pavé e il punto di vista sul ciclismo moderno.

Hushovd ricopre un ruolo di peso, considerando l’importanza che ha il ciclismo nel Nord Europa
Hushovd ricopre un ruolo di peso, considerando l’importanza che ha il ciclismo nel Nord Europa
Il tuo favorito per il Fiandre?

Van der Poel è il mio favorito numero uno.

Il nome degli outsider?

Diversi corridori che stanno attraversando un periodo di grazia. Difficile rispondere, sono diversi. Pedersen, Pogacar, lo stesso Van Aert è d’obbligo inserirlo tra i favoriti. Serve anche un buon team a supporto. Nel lotto degli outsider inserisco anche il corridore Uno-X Rasmus Tiller. Vedrete che farà una top five.

Hai menzionato Van Aert, ti sei fatto un’idea della situazione?

Mi spiace molto per Van Aert. E’ stato molto sfortunato in alcune situazioni, eppure si è dimostrato un fuoriclasse, soprattutto per come ha gestito il suo ritorno dopo gli incidenti. Sono convinto che tornerà a vincere e come si dice nel ciclismo, si deve sbloccare, credo che sia una questione di testa. Comunque, lui c’è sempre, nonostante tutto.

Cosa conta di più nel ciclismo moderno, la testa o le gambe?

Bisogna combinare le due cose. Il ciclismo è da sempre uno sport da pazzi, oggi lo è ancora di più. Devi essere attento e concentrato per più ore consecutive. Il cervello deve essere costantemente al 100 per cento e quando mancano le gambe, la mentalità, la prontezza, la lucidità e capacità di prendere le decisioni all’ultimo istante possono venire in soccorso.

C’è molta differenza tra la tua generazione di campioni e quella attuale?

Un altro mondo. In generale ora non c’è più paura e rispetto, ma soprattutto manca la paura, i ragazzi di oggi si buttano senza timore. Inoltre hanno una cultura del tutto e subito, fattore che non faceva parte della nostra generazione. Ovvio che il tutto è frutto anche di pressioni/richieste esterne che sono cambiate. A mio parere l’esempio che calza a pennello è Evenepoel, il percorso della sua carriera, riportato a 10 anni addietro, impossibile immaginare una cosa del genere.

Hai provato ad immaginare un Thor Hushovd ciclista professionista oggi?

Qualche volta provo ad immaginare, faccio fatica. La cosa più complicata da metabolizzare, rispetto a come ero abituato a correre, è partire a tutta e arrivare a tutta. Personalmente mi godevo anche le partenze lente delle gare.

Le preferenze di Hushovd: pavé, salita o sprint al Tour de France?

Sprint al Tour.

Pogacar, Van der Poel, Van Aert o Evenepoel?

Pogacar.

Perché lui?

Pogacar è prima di tutto un amico, a Montecarlo dove abbiamo la residenza, ci troviamo spesso a pedalare. E’ una star in senso assoluto e un campione che ha cambiato le regole, ma è prima di tutto una persona estremamente rispettosa degli altri.

Personaggio carismatico e sempre disponibile, Hushovd è un vero appassionato della bici (foto Ridley)
Personaggio carismatico e sempre disponibile, Hushovd è un vero appassionato della bici (foto Ridley)
Rim brake o freni a disco?

Freni a disco, senza alcun dubbio, non solo per questo. Complessivamente, le bici sono migliori e più performanti.

Hushovd che si immagina con le dotazioni tecniche attuali?

Ci penso e dico che i corridori attuali sono fortunati ad avere tutto questo a disposizione. Dotazioni tecniche eccellenti e tante possibilità di scelta.

Tecnicamente, nel ciclismo attuale cosa può fare la differenza?

Nell’ordine: alimentazione, la capacità di allenarsi sfruttando le metodologie attuali e tutto quello che la tecnologia mette a disposizione. L’aerodinamica, il mezzo meccanico e l’equipaggiamento tecnico in genere.

Le bici per il pavé: l’evoluzione e il punto con Enrico Pengo

10.03.2025
6 min
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La stagione delle gare sul pavé è già cominciata con il weekend di apertura del Belgio, manca poco alla primavere delle grandi classiche che anno dopo anno non smettono mai di regalare emozioni.

Non è più nel circus delle squadre dei professionisti (anche se qualche presenza in nazionale non è mancata), ma Enrico Pengo resta un riferimento quando si vuole raccontare l’enorme cambio tecnico che ha coinvolto il mondo della bici e la tecnica dei componenti. Pengo è il Wikipedia della bici in carne ed ossa. Con lui facciamo il punto sul comfort (o presunto tale) funzionale delle bici con i freni a disco e tutte le soluzioni più moderne, rispetto alle bici di non molto tempo fa.

Contano le gambe, ma anche il mezzo fa una grande differenza

«Le scelte tecniche fanno la differenza da sempre – racconta Pengo – era così in passato e lo sarà anche in futuro. Certo che contano le gambe, le abilità del corridore e la capacità di leggere la corsa, ma se la bicicletta, oppure un componente non funzionano in modo adeguato, si può compromettere la performance e la gara. Talvolta – prosegue Pengo – le scelte sono dettate da alcune convinzioni e abitudini, ma anche questi fattori sono parte integrante della ricerca del massimo risultato possibile.

«Qualche anno fa c’era sempre molto dialogo tra i meccanici, i direttori sportivi ed i corridori – prosegue – ancor di più quando si affrontava la campagna del pavé. Oggi questo scambio continuo di opinioni tecniche e feedback resta più celato perché la valutazione numerica ha un peso maggiore. E’ vero che c’era un grado di personalizzazione maggiore ed era fondamentale confrontarsi costantemente. Ora è tutto standardizzato e c’è una disponibilità di materiali/scelte enorme a disposizione di tutti».

Il pavé? Quello del Nord è molto diverso da quello che vediamo nel centro storico delle nostre città
Il pavé? Quello del Nord è molto diverso da quello che vediamo nel centro storico delle nostre città
In tema di pavé e preparazione alle corse del nord, cosa è cambiato?

La campagna del pavé si preparava da una stagione con l’altra, era quasi un rito. Da un anno a quello successivo noi meccanici, i direttori sportivi ed anche alcuni corridori, annotavamo tutto, per creare una sorta di memoria e cercare di migliorare in vista del futuro. A partire dalla stagionatura dei tubolari con il talco, perché andare sul pavé con le gomme fresche significava forare al 100% al primo tratto di pietre, fino ad arrivare alla preparazione di ruote e bici speciali. I tubolari ormai sono scomparsi a favore dei tubeless.

Cancellara sul pavé ha contribuito allo sviluppo di bici specifiche e molto comode
Cancellara sul pavé ha contribuito allo sviluppo di bici specifiche e molto comode
L’epoca delle bici e delle ruote specifiche sembra terminata

Effettivamente è così. In occasione del pavé c’era la rincorsa anche da parte delle aziende che adottavano soluzioni appositamente dedicate. Anche lo staff dei meccanici forniva delle indicazioni a tal proposito. Carri posteriori allungati, oppure forcelle con un rake maggiorato, in genere biciclette più lunghe in modo da essere più stabili e confortevoli. Ruote a 32 raggi con cerchi bassi in alluminio, fino a quando non sono arrivate le ruote in carbonio. Il paradosso è che le ruote con cerchio in carbonio hanno aperto una nuova era. Ora il pavé si affronta con le bici aero.

Cosa vuoi dire?

Ogni volta che si andava in ricognizione sul pavé, avevo l’abitudine di annotarmi quanta pressione perdeva un tubolare all’uscita di ogni settore. Memorizzavo umidità, condizioni meteo ed eventuali problematiche. Quando abbiamo iniziato ad usare le ruote in carbonio, sempre con i tubolari, la prima cosa che è balzata all’attenzione è che il medesimo tubolare perdeva meno aria con il carbonio, rispetto all’alluminio. Non un dettaglio, considerando che la pressione delle gomme ha da sempre influenzato gli esiti delle corse sul pavé.

La vittoria di Van Der Poel alla Roubaix più veloce di sempre
La vittoria di Van Der Poel alla Roubaix più veloce di sempre
Quindi il comfort funzionale del mezzo meccanico esiste da tempo

Direi che è così, lo era all’epoca dei tubolari, lo è adesso che siamo nell’era delle bici in carbonio con i freni a disco e dei tubeless. Anzi, la comodità è stata uno dei segreti dei successi di diversi corridori che hanno vinto sul pavé negli ultimi chilometri di queste corse durissime, sfruttando il risparmio di energie e quella comodità derivante dal mezzo meccanico. Quando affronto questo argomento mi piace ricordare la vittoria di Sonny Colbrelli, uno dei primissimi a correre e vincere con tubeless dalle pressioni molto basse e gomme larghissime.

I tubolari sono praticamente spariti, così come le sezioni “piccole” da 25
I tubolari sono praticamente spariti, così come le sezioni “piccole” da 25
Dati a parte, le bici di oggi sono più veloci?

Non c’è paragone con le bici rim del passato, soprattutto quando si tratta di fare dei confronti su tratti pianeggianti, pavé. In salita le differenze diminuiscono un po’, ma ci sono ed è innegabile che quelle con i freni a disco siano più performanti. Mi piace dire che con le bici disco di ultima generazione si va a 30 all’ora anche in ciabatte, una bici rim per essere lanciata e mantenuta a certe andature aveva bisogno di un grande dispendio di energie.

C’è un componente che fa la differenza, oppure è il sistema bici nella sua totalità?

Non è solo un componente, è l’insieme delle cose che ha portato al raggiungimento di certe prestazioni. C’è anche il risvolto della medaglia, perché le biciclette di oggi sono anche molto esigenti, sono impegnative, sono rigide e devono essere guidate con attenzione.

Cosa, secondo te, ha fatto realmente la differenza in questa crescita tecnica?

Questa ricerca estremizzata dell’aerodinamica e l’applicazione di essa, non solo sulle bici da crono, ma su tutto. L’aerodinamica è nelle bici, nell’abbigliamento, nei caschi e nelle posizioni in sella, nelle scarpe, nei guantini. Ormai non si tratta solo di un tubo schiacciato/affusolato o di una ruota con il cerchio alto, l’aerodinamica non è solo una questione di sponsorizzazione.

Ti piace ancora mettere le mani sulle bici?

E’ la mia passione, non è solo un lavoro. Chi lavora nel mondo del ciclismo deve avere tanta passione, prima di tutto il resto. Mi rendo conto che essere alle corse adesso è come andare all’Università. Stare a contatto con i giovani corridori è stimolante, molti di loro sono preparatissimi sulla tecnica del mezzo meccanico. Sanno di cosa si parla, sanno cosa vogliono e cosa può rendere migliore la gara. Al loro fianco hanno dei performance staff con delle figure competenti che una volta non esistevano, specializzate nelle valutazioni ed analisi.

Pogacar, sul pavé i watt/kg contano meno dei watt assoluti

06.03.2025
7 min
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«Diciamo che se la Roubaix fosse su Zwift – sorride Angelo Furlan – la vincerebbe Pogacar. Per fortuna il ciclismo reale è fatto del fascino del mestiere, della tecnica, della conoscenza, delle cose non dette all’interno del gruppo. Ci sono eventi fulminei, nei tratti di pavé e anche sull’asfalto, le incognite sono tante. Per cui lui si può svegliare la mattina e decidere che correrà all’attacco, ma gli servirà essere concentrato dal chilometro zero e per i 259 successivi. Forse proprio il suo impeto potrebbe essere un problema, in una corsa dove bisogna ragionare molto più di quello che si pensa. Pogacar fa sognare le folle perché tante volte non fa calcoli, così come Van Der Poel. Però l’irruenza, data da una forza incredibile, potrebbe essere un problema soprattutto nella prima parte della corsa».

Furlan ha 47 anni e si porta dentro un’esperienza antica, ascoltata dai vecchi direttori quando era un ragazzino, maturata durante la carriera da professionista e poi elaborata e rimasticata in questi anni da preparatore, biomeccanico, teorico e filosofo del ciclismo. Su Pogacar alla Roubaix ha fatto un video social chiedendo il parere dei suoi follower, ma il tema a nostro avviso meritava un approfondimento fatto di dieci domande. Cominciamo, dunque.

Pogacar ha un gran motore, non pesa 50 chili come Piepoli, per cui sul pavé non dovrebbe rimbalzare. Però qualche insidia c’è…

Qualche insidia c’è sicuramente. Ragionavo tra me e me in questi giorni. Fino a 2-3 anni fa sarebbe stato azzardato pensare che un corridore così, da corse a tappe, andasse alla Roubaix per vincerla, soprattutto alla prima esperienza. Nel ciclismo prima di Van der Poel, prima di lui e di tutti i talenti che ci sono in giro, questa sarebbe stata una cosa fuori da qualsiasi schema. Ma non è forse vero che tutto il ciclismo degli ultimi 3-4 anni è fuori da qualsiasi schema?

Perché?

Certi attacchi, la maniera in cui corrono… Fanno il contrario di quello che i direttori sportivi consigliavano fino a 5-6 anni fa, ovvero stare coperti, aspettare, non sprecare energie. Questi sono talmente forti, che fanno il contrario. Per cui se uno ragiona un attimo, non sarebbe così fuori luogo che Tadej fosse uno dei favoriti alla Roubaix. Poi se ragioniamo in termini tecnici, c’è anche un’altra cosa da dire, una riflessione da fare.

Quale?

Si è sempre pensato che per vincere la Roubaix devi avere una sorta di destrezza nel guidare la bici, cosa che a lui non manca. Eppure negli ultimi vent’anni, ci sono stati corridori con una condizione stratosferica che sono arrivati davanti alla Roubaix, anche sul podio, pur non essendo dei draghi nel guidare la bici. Non faccio nomi perché sono amici miei e poi si arrabbiano. Se metti sul piatto della bilancia un corridore con condizione stratosferica e gamba e sull’altro uno con la tecnica, vince quello con condizione e gamba. Tadej ha condizione e gamba, in più è anche bravo a guidare

E’ anche vero che il pavé con le bici di una volta era più scomodo di adesso.

Questo è verissimo. Noi avevamo il telaio in alluminio dedicato alla Roubaix e guai farla col carbonio perché ti distruggevi. Adesso il carbonio è rigido dove serve e assorbe le sconnessioni in maniera longitudinale, per cui scatta quando ti alzi sui pedali e assorbe gli urti sul pavé. Corrono senza guanti, con le ruote ad alto profilo, le leve girate in dentro, la sella tutta avanti, un assetto da gare su pista, i tubeless giganti. Usano quasi delle gravel veloci, le bici di adesso sono una cosa pazzesca. L’evoluzione degli ultimi 3-4 anni è paragonabile a quella dell’ultimo ventennio.

E questo fa così tanta differenza?

Il materiale ha fatto dei passi da gigante, ma i wattaggi alla soglia non sono così diversi. Togli un Van Aert che ha 460 di FTP, almeno per quello che ti fanno sapere, Pogacar con la zona 2 che ha dichiarato (5 watt/kg, ndr) è capace di andare avanti a botte a 450 watt, per esempio nell’Arenberg o anche nel Carrefour dell’Arbre, dopo aver fatto la prima ora 300 watt di media. L’incognita per lui, a mio avviso, non è tanto dal punto di vista prestazionale, ma nella prima parte di gara.

Quella prima del pavé?

Avrà accanto dei corridori di esperienza che probabilmente dovranno aiutarlo, però il primo settore di pavé a Troisvilles arriva dopo una novantina di chilometri. E’ nel tratto non inquadrato, che solitamente vengono fuori dei casini. Tante volte si comincia a guardare la Roubaix che la gara è già quasi decisa. Non è raro che nella prima parte ci siano cadute stupide, perché chi è alle prime armi un po’ dorme e paga l’andare piano e subito dopo molto forte.

Pogacar sfinito dopo il pavé del Tour 2022, alle spalle di Stuyven. Alla Roubaix ci saranno molti più specialisti
Pogacar sfinito dopo il pavé del Tour 2022, alle spalle di Stuyven. Alla Roubaix ci saranno molti più specialisti
Questo per Pogacar è un problema?

Il suo modo di correre, con la spregiudicatezza dovuta al fatto che per lui le leggi della gravità non esistono e forse neanche il CX vista la tanta aria che prende, potrebbe essere una spada di Damocle. L’anno scorso, complice il vento a favore, la Alpecin distrusse la corsa molto prima dell’Arenberg. E se qualcuno la imposta di nuovo così, visto il tanto vento che prenderebbe, Tadej potrebbe avere qualche problema.

Lo vedi come il solito Pogacar all’attacco?

Proprio così, anche se a Roubaix non sempre funziona. Nel senso che non lo puoi fare con quei manzi da Belgio, anche se si corre in Francia, che ci sono lì. Mentre nei Grandi Giri ha affrontato il pavé correndo con i suoi simili a livello di watt per chilo, alla Roubaix conta di più il watt assoluto.

Vent’anni fa nessuno si sarebbe immaginato che un corridore di questa taglia andasse alla Roubaix, pensiamo a Nibali e prima a Bartoli. Perché?

Il ciclismo era più a compartimenti stagni, c’era un atteggiamento conservativo perché la paura di farsi male era tanta. Alla mia prima Roubaix, mi dissero di stare attento perché se mi fossi fatto male, avrei saltato il Giro. Per tanti quelle corse erano il focus della stagione. Iniziavano un mese prima e dopo la Roubaix tiravano una linea. Quel tipo di corridore non c’è più, ma prima era condizionante, nel senso che quelli più leggeri avevano paura di mischiarsi con questi bestioni che si giocavano il tutto per tutto. Correre contro di loro era come vivere in trincea e non avrebbero avuto problemi a piantarti una leva del freno nel costato.

Lo scorso anno la Alpecin sfaldò il gruppo ben prima della Foresta di Arenberg
Lo scorso anno la Alpecin sfaldò il gruppo ben prima della Foresta di Arenberg
E se invece piove?

Se piove, cancelliamo tutte queste riflessioni. Uno a uno, palla al centro. Se piove e viene fuori una Roubaix come quella di Colbrelli, allora forse si livella tutto. Quello che potrebbe fregare Tadej è non conoscere bene il pavé, l’arte di stare in cima alla schiena d’asino. Tante volte chi affronta la Roubaix per la prima volta va a cercare il lato della strada, che quando piove nasconde più insidie. Se piove basta che uno starnutisca e sei già per terra e in più devi spostarti velocemente, sennò gli altri ti salgono sopra. E se per caso inizi ad aver paura di farti male, ti irrigidisci ed è la volta che cadi davvero. Tadej non farà il Giro d’Italia, ma chiaramente non vuole farsi male e la squadra vorrà preservarlo. Secondo me deciderà lui: se si sveglia che vuole fare la Roubaix, non lo tengono certo fermo.

Lui lo ha già fatto capire…

E chissà che ora non stiano cercando di dissuaderlo. Secondo me ha voglia di farla solo perché vuole divertirsi. E il dibattito mediatico che si è creato intorno fa solo bene al nostro sport.

Lelangue ci guida nell’atmosfera dell’Opening Weekend

16.02.2025
5 min
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Mancano poco meno di due settimane all’inizio della stagione delle Classiche, la gara che darà il via a tutto sarà la Omloop Het Nieuwsblad che porterà il gruppo da Gent a Ninove. Un assaggio di pietre, il primo della stagione, al quale seguirà il giorno dopo la Kuurne-Brussel-Kuurne. Da quelle parti, dove il ciclismo è poco meno o poco più di una religione, il fine settimana dell’1 e 2 marzo prende il nome di opening weekend. John Lelangue, ora impegnato con il Tour de Pologne, ci racconta cosa vuol dire per i belgi vivere quel fine settimana all’insegna e del ciclismo e che aria si respira. 

«Per tutti gli appassionati di ciclismo belgi – racconta Lelangue – il fine settimana della Omloop Het Nieuwsblad e della Kuurne-Brussel-Kuurne apre la stagione. E’ vero che si è corso in Australia, in Spagna e negli Emirati Arabi, ma per un belga la stagione inizia sulle pietre delle Fiandre. L’attesa cresce e prende sempre più forma, man mano che passano i giorni. Sui quotidiani il ciclismo prende sempre più spazio, se ne parla in ogni posto e in tutte le trasmissioni radiofoniche e televisive». 

Sui giornali si parla già delle corse e dei protagonisti del Nord, qui Het Nieuwsblad il quotidiano belga
Sui giornali si parla già delle corse e dei protagonisti del Nord, qui Het Nieuwsblad il quotidiano belga

Arrivano i campioni

Nell’epoca moderna il ciclismo inizia a metà gennaio, dall’altra parte del mondo, con il Santos Tour Down Under. Ma per chi vive di questo sport contano i fatti e le tradizioni. Una vittoria nel deserto non vale quanto il primo confronto sul pavé. 

«Per i tifosi – continua Lelangue – è la prima volta che si possono vedere dal vivo i corridori e i protagonisti della stagione delle Classiche. E’ un momento speciale che vive di emozioni e di attesa. Per le squadre belga, come la Lotto DSTNY, la Soudal Quick-Step, la Alpecin-Deceuninck e l’Intermarché-Wanty queste due gare hanno un valore speciale. Sono fondamentali per vedere e testare il peso della rosa. Uscire dall’opening weekend senza un buon risultato equivale a una sconfitta».

La Omloop Het Nieuwsblad è il primo contatto del pubblico belga con i corridori
La Omloop Het Nieuwsblad è il primo contatto del pubblico belga con i corridori
Si inizia con la Omloop Het Nieuwsblad. 

Da anni questa gara apre il calendario belga, lo faceva trent’anni fa quando si chiamava Het Volk e non è cambiato nulla. Si tratta dell’esordio per i protagonisti del pavé. Il clima è subito agguerrito, e per fortuna che il giorno dopo si corre la Kuurne-Brussel-Kuurne perché l’atmosfera è infuocata. 

Per i tifosi quanto è importante?

Prima tantissimo. Ora con la televisione e le notizie si resta aggiornati anche delle gare di gennaio e febbraio. Però un vero appassionato belga non dà tanto peso a quei successi, per loro contano i risultati sul pavè. Se quella che dal Giro delle Fiandre alla Parigi-Roubaix è la settimana santa allora l’opening weekend è il Natale. Tutti i giorni si parla di ciclismo.

La presentazione delle squadre avviene nel velodromo Kuipke di Gand, una festa continua con palco, deejay e presentatore
La presentazione delle squadre avviene nel velodromo Kuipke di Gand, una festa continua con palco, deejay e presentatore
Da quanti giorni prima si entra nel clima giusto?

Dalla domenica prima della corsa. I siti e i giornali iniziano con approfondimenti e pagine dedicate con interviste a corridori e team manager. Non un articolo, ma tre, quattro o cinque pagine. 

E finalmente si corre…

La presentazione delle squadre per la Omloop Het Nieuwsblad è nel velodromo Kuipke di Gand ed è una festa immensa. Ci sono un deejay, il presentatore e tantissimo intrattenimento. I corridori entrano, fanno un giro, salgono sul palco e firmano. Da quel momento inizia la stagione delle Classiche. E’ la prima volta che il pubblico è a contatto con i corridori. 

Poi si passa all’azione. 

Intanto le strade si riempiono di gente, che sarà sempre sui percorsi da lì fino alla Roubaix. Anche nelle gare in settimana il pubblico non manca mai. In Belgio l’appassionato di ciclismo preferisce stare in strada, ma non tutti possono, così le gare si guardano anche in TV. Non potete immaginare l’audience che raggiungono le corse durante l’opening weekend

Il pubblico accorre numeroso alla prima gara sulle pietre e sarà presente fino al Giro delle Fiandre
Il pubblico accorre numeroso alla prima gara sulle pietre e sarà presente fino al Giro delle Fiandre
Quanto è importante per un corridore esserci?

Molti atleti spingono per essere al via delle gare (uno di questi è Wout Van Aert che negli ultimi anni ha sempre corso alla Omloop Nieuwsblad, ndr). Non sempre i programmi coincidono, ma è fondamentale per i leader vedere e capire come si muove la squadra

Cosa vuol dire avere tutta quell’attenzione addosso?

Che se non arriva un buon piazzamento tra Omloop Het Nieuwsblad e Kuurne-Brussel-Kuurne i giornali e i tifosi ne parleranno nei giorni successivi. E se va bene la pressione sale ancora, così come le aspettative. Pensate che se in una delle due gare va via una fuga numerosa senza che ci siano corridori dei top team belga per i tifosi è una cosa negativa. Infondo sono corse paragonabili alle prime gare a tappe di rilievo per gli scalatori. Se uno di loro va alla Parigi-Nizza o alla Tirreno-Adriatico e fa male tutti lo notano. 

La curiosità maggiore è intorno ai tratti in pavé, come ci arriveranno gli atleti?
La curiosità maggiore è intorno ai tratti in pavé, come ci arriveranno gli atleti?
Per i belgi la curiosità aumenta perché poi si corre sempre su quelle strade, fino al Fiandre. 

La vera attenzione è posta su come un corridore affronta il pavé. Magari perde in volata ma se sui tratti con le pietre si mette in mostra, attacca e va forte allora i tifosi e gli addetti ai lavori lo notano. Sui quei settori si passa dieci o dodici volte nell’arco di due mesi, capire come vengono affrontati è un primo riscontro. 

L’altro grande appuntamento qual è?

Pochi giorni dopo c’è Le Samyn, ma non ha una grande rilevanza. Si passa direttamente alla Milano-Sanremo e alle Classiche.

Lotto-Dstny, ritorno a Roubaix: le Ridley per il pavé

11.04.2023
6 min
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Nella settimana santa del ciclismo e della campagna del pavé, abbiamo incontrato Noel Vermeersh, uno dei responsabili dello staff dei meccanici del Team Lotto-DSTNY. Noel è il padre del giovane Florian (non esiste nessun grado di parentela con Gianni Vermeersh, che corre invece alla Alpecin), atleta nel roster della squadra belga, che a Roubaix è stato il primo della sua squadra: 12° a 4’11”.

Gli abbiamo chiesto quali sono le scelte fatte dai corridori per il pavé e alcune curiosità sulle bici Ridley in dotazione alla squadra.

Noel Vermeersh, meccanico della Lotto-Dstny
Noel Vermeersh, meccanico della Lotto-Dstny

Noah Fast anche sul pavé

«La tendenze – ha spiegato Vermeersch – è quella di avere una bici per fare tutto. Sembra passato il periodo dove si cambiavano i mezzi e si usavano le biciclette specifiche per il pavé. Al di là delle forniture dei materiali, i corridori di oggi preferiscono avere lo stesso modello di bicicletta e farlo settare in base alla gara».

Con queste parole Florian Vermeersh ci ha aperto le porte del camion officina del Team Lotto-DSTNY. La bici che usa “sempre” il team belga è una Ridley Noah Fast, montata con ruote DT Swiss ACR1100 Dicut e tubeless Vittoria Corsa Graphene con la sezione differenziata tra anteriore e posteriore (28/30 millimetri). Il manubrio è quello integrato e full carbon Ridley, ma è marchiato Deda per una sponsorizzazione e collaborazione tecnica che è sempre molto attiva. Le selle sono Selle Italia e Florian Vermeersh, ad oggi, è l’unico atleta ad usare la nuova SLR 3D.

La nuova SLR 3D di Selle Italia
La nuova SLR 3D di Selle Italia

La trasmissione è Shimano Dura Ace 12s, ma con la catena Gold di KMC. Ma a Vermeersh senior abbiamo chiesto delle curiosità anche in ottica Paris-Roubaix.

Solo Ridley Noah Fast, oppure ci sono delle bici diverse?

Tutti i corridori hanno in dotazione la Noah Fast. Abbiamo solo un corridore che è orientato sulla Helium, per le competizioni con molto dislivello e per i grandi Giri.

Per la Roubaix avevate previsto di usare dei tubeless diversi?

No, per noi il riferimento rimane il Vittoria Corsa TLR Graphene, sono cambiate le sezioni. Di norma con le ruote DT Swiss usiamo 28 per l’anteriore e 30 per il posteriore, alla Roubaix abbiamo usato larghezza da 32, davanti e dietro.

Rispetto all’anno passato le sezioni dei tubeless sono diverse?

Si, lo scorso anno la combinazione più usata era 25 davanti e 28 dietro. I test condotti anche in galleria del vento hanno dimostrato che gli pneumatici più grandi sono migliori e la bicicletta è più veloce.

I corridori cosa scelgono?

Oltre alle scelte soggettive, se un corridore vede che è più performante, è lui il primo a chiedere quella soluzione.

Per quanto riguarda le pressioni?

Con la configurazione dei tubeless differenziati siamo tra le 4,4 e 4,6 atmosfere, ma dipende molto dal peso dal corridore e dalle condizioni meteo. Se piove abbassiamo di qualche punto, non molto per la verità. Sul pavé della Roubaix con le 32, ci siamo orientati intorno alle 4 atmosfere o poco al di sotto. Nel nostro caso è fondamentale considerare l’elevata elasticità di questo tubeless, per noi un grande vantaggio.

Per il pavé avete aumentato la quantità di liquido all’interno dei tubeless?

No, usiamo sempre la stessa quantità: 70 millilitri di liquido anti-foratura.

Cosa comporta una gara bagnata sul pavé per voi meccanici?

Se la giornata prevede pioggia, che sia il Giro delle Fiandre oppure la Roubaix, dopo la corsa c’è una giornata intera e molto intensa di smontaggio totale delle biciclette. I movimenti centrali vengono completamente sostituiti e ogni parte rotante viene smontata. La catena viene cambiata.

Quanti chilometri di vita ha una catena?

Le nostre KMC che sono molto leggere, vengono sostituite dopo 3.000-3.500 chilometri, oppure dopo 5 giorni consecutivi di gara. Questo nella norma, poi ci sono le condizioni oltre il limite, come ad esempio il pavé ed il brutto tempo.

Per le gare delle pietre avete usato un guida catena?

Qualche corridore lo chiede, ma sempre meno. Con le trasmissioni a 12 rapporti di ultima generazione, che hanno il deragliatore diverso e l’aumento del diametro delle corone, il pericolo che la catena cada all’interno si è ridotto molto. Inoltre, se dovesse capitare, il corridore sarebbe costretto a fermarsi per tirare su la catena. Talvolta è sufficiente portare il deragliatore verso la corona grande e la catena risale facilmente.

E invece per quanto concerne la scelta dei rapporti?

Tutti i corridori usano la combinazione 54-40, mentre i pignoni posteriori con la scala 11-30 sono quelli più utilizzati. Possiamo considerarlo un setting standard, anche per il pavé. Montiamo dei pignoni 11-34 quasi esclusivamente per i grandi Giri.

Tutti i pedali sono al massimo della tensione. E’ sempre così, oppure in occasione del pavè sono stati allentati?

Sono sempre al massimo della tensione e tutti i corridori ormai chiedono il pedale più rigido possibile nella fase di tenuta. Non solo, sempre meno atleti usano le tacchette gialle. Noi abbiamo i pedali Shimano e le gialle offrono una maggiore libertà laterale del piede. Ormai tutti vogliono le rosse, completamente fisse, oppure le blu, con un gioco laterale molto contenuto.

Il diametro dei dischi dei freni?

Preferiamo rimanere sui 160 anteriori e 140 posteriori. E’ una soluzione ottimale anche nell’ottica di un intervento dell’assistenza tecnica neutrale. Diciamo pure che le forature sono sempre meno, rispetto ad un passato con i tubolari e a chi preferisce usare le camere d’aria.

Quanto pesa la Ridley Noah Fast che usano i vostri atleti?

E’ una bicicletta che è di poco superiore ai 7 chilogrammi, poi ovviamente dipende dalla taglia.