Pietre e muri alle spalle: le pagelle di Bennati. Due 10 e…

14.04.2025
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Con la Parigi-Roubaix di ieri si è conclusa la prima parte delle classiche del Nord, quella delle pietre e dei muri. In settimana ci sarà la Freccia del Brabante, che apre alla seconda parte, più adatta agli “scalatori”. E’ quindi tempo di primi bilanci. Bilanci che abbiamo affidato a Daniele Bennati.

Il “Benna” ha assegnato giudizi e voti, quindi le pagelle, ai protagonisti di queste corse. Da Mathieu Van der Poel fino ad Alessandro Romele.

Tre Roubaix di seguito: VdP è di diritto tra i giganti del ciclismo. Per Bennati è un cecchino ormai
Tre Roubaix di seguito: VdP è di diritto tra i giganti del ciclismo. Per Bennati è un cecchino ormai

Van der Poel: voto 10

Tris consecutivo come Moser alla Roubaix, sfiora il Fiandre, stravince ad Harelbeke, Van der Poel non ha paura di duellare con “Sua Maestà” e ha persino la faccia tosta di batterlo!

«A Van der Poel do 10. Non ha sbagliato niente. Senza parlare della Sanremo, che ha vinto, ha conquistato la sua terza Roubaix. Non ha vinto il Fiandre, ma se l’è giocato alla grande. Sappiamo che ha avuto quel piccolo intoppo, vero o non vero, degli antibiotici. Tra tutte le classiche, il Fiandre è quella che contro Pogacar era la più difficile per lui. Se poi magari lo ha beccato in un momento in cui non era proprio al 100 per cento, ma al 98, ci sta che si stacchi sull’Oude Kwaremont. Lì uno come Pogacar può fare la differenza».

«Quel che mi piace di Van der Poel è che ha affinato tutte le sue capacità nel corso degli anni: forza, tattica, gestione degli allenamenti. Quando è passato professionista commetteva tanti errori, nonostante fosse già molto forte. Però ha imparato veramente a gestirsi nel migliore dei modi. Ormai è un cecchino, e questo gli permette di fare quello che fa. E su queste corse, oltre al motore, fa la differenza con la capacità di saper guidare la bici e di cogliere attimi che magari altri non riescono a cogliere».

Pagelle di Bennati dopo le Classiche del Nord: Van der Poel e Pogacar da 10, Pedersen brilla, Ganna in calo, Van Aert e Visma deludono
Tadej Pogacar in azione al Fiandre. Col secondo posto alla Roubaix sa che potrà fare bene anche in questa classica Monumento
Tadej Pogacar in azione al Fiandre. Col secondo posto alla Roubaix sa che potrà fare bene anche in questa classica Monumento

Pogacar: voto 10

Protagonista assoluto. Vince, perde, emoziona e soprattutto le corse le disegna lui, almeno su questo siamo d’accordo? Parola a Bennati su Tadej Pogacar.

«Do 10 anche a Tadej perché comunque è andato contro tutto e tutti. Indipendentemente dal tipo di corsa che ha fatto ieri, si meritava un 10 anche se fosse arrivato decimo. Uno come Pogacar va solo che ringraziato per lo spettacolo che riesce a dare in questo ciclismo e per quello che mette a disposizione del ciclismo. Quando c’è lui, anche Van der Poel e gli altri danno quel qualcosa in più che poi fa diventare queste corse uniche e indimenticabili. Attaccano a 104 chilometri dall’arrivo!».

«Quindi il mio 10 non è solo per quello che ha fatto vedere sul fronte delle prestazioni, ma soprattutto per il coraggio e per l’amore verso il ciclismo. Ne ho sentite veramente tante in questo periodo e devo dire che sono sempre stato dalla sua parte. Sì, la Roubaix è pericolosa, ma se guardiamo le corse di oggi ti puoi fare male in qualsiasi gara. Perciò grazie a lui e anche a chi lo ha appoggiato, che è la sua squadra».

Gand-Wevelgem, Mads Pedersen trionfa dopo una fuga di 56 chilometri. Il danese è stato poi sul podio di Fiandre e Roubaix
Gand-Wevelgem, Mads Pedersen trionfa dopo una fuga di 56 chilometri. Il danese è stato poi sul podio di Fiandre e Roubaix

Pedersen: voto 8

Forte, fortissimo, anche un po’ sfortunato… più che altro per l’epoca in cui si è ritrovato, non tanto per la foratura di ieri. Ammesso che poi forare alla Roubaix sia solo questione di sfortuna. Ecco Bennati su Mads Pedersen.

«Direi un bell’otto. Pedersen ha vinto la Gand, ha fatto quinto a Harelbeke, terzo alla Roubaix, secondo al Fiandre. Non gli do dieci solamente perché davanti a lui ci sono Van der Poel e Pogacar. Per la forza che ha dimostrato, ha portato a casa “poco” dal punto di vista dei risultati. Anche lui sulla maglia ha i bordini di campione del mondo. Ieri sul podio c’erano tre iridati, capito che spessore?

«Se fossi in lui cercherei di risparmiarmi un po’, visto che corri contro Van der Poel e Pogacar. Però questo fa parte del suo carattere, delle sue caratteristiche: non ha paura di attaccare per primo. Ripeto, io aspetterei un po’».

Wout Van Aert: tanta volontà, tantissima fatica. Il belga non va oltre il 5 per Bennati
Wout Van Aert: tanta volontà, tantissima fatica. Il belga non va oltre il 5 per Bennati

Van Aert: voto 5

Tocca a Wout Van aert, uno dei grandi punti interrogativi di questa campagna del Nord. A lui resta ancora l’Amstel Gold Race, che in passato ha già vinto. Ma intanto si tira una linea…

«A Van Aert do 5. A malincuore non mi sento di dargli la sufficienza. E’ vero che ha avuto sfortuna, ma lo considero alla pari di Van der Poel e Pogacar su questo tipo di competizioni, pertanto uno così non può raccogliere così poco.

«Secondo me per Van Aert potrebbe esserci un problema di programmazione. Okay, lo scorso anno ha avuto questo infortunio, l’ennesimo, alla Vuelta. A quel punto aveva una grande occasione per recuperare al 110 per cento, resettarsi. Non doveva fare ciclocross, doveva solo ed esclusivamente pensare a recuperare e preparare la stagione su strada. Senza poi dover nuovamente saltare Tirreno o Parigi-Nizza, Strade Bianche, Sanremo… Un corridore come lui deve fare quel tipo di programm».

«Non conosco la Visma-Lease a Bike e come gestisce Van Aert, e quindi non mi permetterei mai di giudicare, ma se fossi in Van Aert avrei evitato di fare tre settimane di altura per preparare le classiche a discapito delle corse. E nonostante abbia avuto mesi difficoltosi, con prestazioni altalenanti, ha raccolto due quarti posti tra Fiandre e Roubaix».

A Bennati facciamo notare che Van Aert era più brillante nel finale che nella fase centrale: è anche una questione mentale? Di stress da corsa?

«Ci sta pure che soffra la rivalità con Van der Poel: lui negli ultimi due anni ha vinto tanto e se ne perde una non è un problema. Mentre per Van Aert la pressione è maggiore. Ma soprattutto questa sua brillantezza è la dimostrazione che è un corridore di fondo, che dopo 250 chilometri sa essere lì, anche se non è al top».

Lo sguardo sperso e affaticato di Ganna dopo la Roubaix. Per Pippo sono state le prime vere classiche preparate ad hoc: bicchiere mezzo pieno guardando al futuro
Lo sguardo sperso e affaticato di Ganna dopo la Roubaix. Per Pippo sono state le prime vere classiche preparate ad hoc: bicchiere mezzo pieno guardando al futuro

Ganna: voto 6,5

Il Pippo nazionale ha emozionato, fatto sperare, però forse ci si aspettava qualcosa di più? Per noi sì. Sentiamo invece cosa ne pensa Bennati.

«Se lasciamo fuori la Sanremo, diciamo che anche Filippo Ganna probabilmente si aspettava di più in queste classiche del Nord, almeno non per come era partita la stagione. Alla Tirreno aveva una condizione stratosferica e alla Sanremo lo ha dimostrato. Tuttavia, probabilmente ha pagato proprio gli sforzi della classifica generale alla Tirreno. Pogacar non ha corso né Parigi-Nizza, né Tirreno, e Van der Poel alla Tirreno si è allenato, non si è visto.

«Ovviamente questo non è assolutamente né un consiglio, perché io non sono un consigliere di Ganna né della Ineos Grenadiers, né una critica: è una mia considerazione dalla quale spero possa trarre degli insegnamenti».

«Alla E3, in quei 30-40 chilometri che hanno fatto da soli e lui era in terza posizione, ha detto di aver fatto tanta fatica. Anche quegli sforzi prolungati magari lo hanno reso meno brillante al Fiandre. Quel giorno, alla fine, il cercare di anticipare non è stato sbagliato, però quando sono arrivati da dietro Van der Poel e Pogacar il ritmo era sicuramente proibitivo per lui. Ieri magari ha avuto anche un po’ di sfortuna. Per me potrebbe essere arrivato un po’ “lungo” a queste corse, ma questa è una mia considerazione dalla quale spero possa trarre degli insegnamenti».

Ganna gli sta particolarmente a cuore e Bennati si dilunga con passione. Si vede che ci tiene: «Pippo l’ho sempre visto come un Fabian Cancellara che è nato cronoman e poi si è specializzato anche nelle classiche del Nord. Fabian era un cecchino nel preparare gli appuntamenti».

Dwars door Vlaanderen: Powless precede tre corridori della Visma-Lease a Bike
Dwars door Vlaanderen: Powless precede tre corridori della Visma-Lease a Bike

Visma-Lease a Bike: voto 5

Ovviamente in questo giudizio pesa molto il pasticcio della Dwars door Vlaanderen

«Va detto che Van Aert è un punto di riferimento per le classiche, per la Visma come Vingegaard lo è per i Grandi Giri, e quando il punto di riferimento, il capitano, non è al meglio, anche il contorno ne risente. I corridori risentono di questa sofferenza del capitano, e di conseguenza la squadra non gira come dovrebbe. Per loro però niente sufficienza: cinque».

«Guardiamo Pogacar e Van der Poel: quando hai due capitani così, sai che saranno primi o secondi, e a livello morale anche tutti i compagni di squadra ti danno sempre quel qualcosa in più. Mettiamoci poi che il fatto della Dwars ha ampliato questo stress interno: a livello morale non ha fatto bene né a Van Aert né a tutti gli altri. Tuttavia io non mi sento di condannare quella scelta, far fare lo sprint a Wout.

«Comunque è stata una scelta a favore di Van Aert. E poi chi si sarebbe immaginato che avrebbe perso una volata da Powless, con tutto il rispetto per lui? Van Aert è abituato a vincere le volate di gruppo, a vincere a Parigi sugli Champs-Elysées. Questa è stata una grande beffa e non un bel viatico per Fiandre e Roubaix».

In fuga al primo Fiandre e Roubaix nel sacco (71°) al debutto: bravo Romele. Alessandro è un classe 2003
In fuga al primo Fiandre e Roubaix nel sacco (71°) al debutto: bravo Romele. Alessandro è un classe 2003

Romele: voto 7,5

Prima esperienza nel WorldTour, prima campagna del Nord e tutto sommato se l’è cavata. E’ stato in fuga al Fiandre, finisce la sua prima Roubaix, coglie due top ten in classiche minori come Samyn Classic e Bredene Koksijde Classic. Alessandro Romele ha corso ben 11 classiche e solo in due non ha visto l’arrivo, dopo comunque essere stato nel vivo della gara.

«Bravo davvero! E’ uno che sta nella mischia, perciò complimenti. Romele sta dimostrando di avere carattere. Si merita un bel 7,5. Non ha paura di andare in fuga, di limare, di aiutare. Al Nord comunque devi partire con il coltello fra i denti, e lui ha tutte le carte in regola per fare bene in futuro in queste classiche».

Tim Merlier sfreccia alla Scheldeprijs. Bennati non si aspettava molto di più dalla ex squadra regina delle classiche del Nord
Tim Merlier sfreccia alla Scheldeprijs. Bennati non si aspettava molto di più dalla ex squadra regina delle classiche del Nord

Soudal-Quick Step: senza voto

Okay, senza Remco e con una rivoluzione in atto non sono più la corazzata di un tempo, ma questa involuzione nel giro di pochi anni colpisce. La “Quick” porta a casa la Scheldeprijs con Tim Merlier: stop.

«Attenzione però, vi stoppo subito: se non hai corridori come Pedersen, Pogacar, Ganna o Van Aert, cosa t’inventi? Per me, con la trasformazione che hanno avuto, sono senza voto.

«Certo, mi hanno sorpreso alla Gand. In Belgio una squadra come la Soudal-Quick Step può fare di più, invece mi è sembrato abbiano corso per il secondo posto. Fosse per questo non gli darei assolutamente la sufficienza. Okay, Pedersen quel giorno è andato fortissimo, ma dietro loro erano in tre se non in quattro, mi aspettavo che una squadra così lassù facesse di tutto per chiudere, tanto più che avevano Merlier. Al massimo potevano perdere da Milan, però ci avrebbero provato.

«Hanno investito quasi tutto su Evenepoel e pertanto su altri tipi di corse e di uomini. Non gli do nessun voto, perché io obiettivamente non mi aspettavo una Soudal-Quick Step vincente in queste classiche, quindi personalmente non avevo nessuna aspettativa».

Parigi-Roubaix: i consigli per decifrare il percorso

11.04.2025
6 min
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Due giorni per gli uomini, appena uno per le donne. La Parigi-Roubaix suona al pari di un regolamento di conti per qualcosa che si è messo in moto alla Sanremo, ha fatto il punto al Fiandre e si ripeterà domenica. Sta succedendo quel che un tempo era la regola e che ultimamente si era perso: gli stessi corridori in tutte le corse, anche quelle che in apparenza non sono le più adatte.

Pogacar, Van der Poel, Pedersen, Ganna, Stuyven e poi una rosa che si va allargando, perdendo forse di peso specifico, ma componendo un quadro di altissima competitività. E allora andiamo a guardare come è fatta la terza Monumento del 2025 e in quale scenario si svolgerà la sfida di domenica. 

I tre di Sanremo si sono incrociati nuovamente al Fiandre e ora, assieme a Pedersen e Van Aert, si sfideranno ancora a Roubaix
I tre di Sanremo si sono incrociati nuovamente al Fiandre e ora, assieme a Pedersen e Van Aert, si sfideranno ancora a Roubaix

400 metri di differenza

La Parigi-Roubaix numero 122 misura 259,2 chilometri. Il via sarà dato alle 11,10 da Compiegne, l’arrivo è previsto fra le 17,03 e le 17,35 nel velodromo di Roubaix. Le previsioni del tempo sono da qualche giorno tendenti al brutto. Dovrebbe piovere e la pioggia su quelle strade potrebbe riscrivere verdetti già scolpiti.

Il chilometraggio complessivo dei settori in pavé sarà leggermente inferiore rispetto allo scorso anno. Partendo dal primo di Troisvilles (chilometro 95), si contano 30 settori per un totale di 55,3 chilometri (in calo rispetto ai 55,7 del 2024). Differenza di 400 metri che può dire poco come fare la differenza tra chi vince e chi perde.

Vinto il Fiandre, Pogacar è ora puntato sulla Roubaix. Poi per lui, Amstel, Freccia e Liegi.
Vinto il Fiandre, Pogacar è ora puntato sulla Roubaix. Poi per lui, Amstel, Freccia e Liegi.

I 31 settori di pavé e le loro stelle

Ecco a seguire i 30 settori di pavé che decideranno la Parigi-Roubaix numero 112. Il primo a Troisville, l’ultimo in quel breve tratto lastricato prima di entrare nel velodromo. Sono tre quelli a 5 stelle, salgono a sei quelli a 4 stelle. La numerazione è inversa rispetto all’avvicinamento al traguardo. Il settore numero 8 è composto da due tratti di pavé. Le donne affronteranno gli ultimi 17 settori.

N.Settore (km fatti – lunghezza)Difficoltà
30Troisvilles a Inchy (km 95,8 – 2,2 km)⭐⭐⭐
29Viesly a Quiévy (km 102,3 – 1,8 km)⭐⭐
28Quiévy a Saint-Python (km 104,9 – 3,7 km)⭐⭐⭐⭐
27Saint-Python (km 109,6 – 1,5 km)⭐⭐
26Vertain a Saint-Martin-sur-Ecaillon (km 116,7 – 2,3 km)⭐⭐⭐
25Verchaing-Maugré a Quérénaing (km 128 – 1,6 km)⭐⭐⭐
24Quérénaing a Artres (km 130,9 – 1,3 km)⭐⭐
23Artres a Famars (km 133,8 – 1,2 km)⭐⭐⭐
22Quérénaing a Maing (km 138,5 – 2,5 km)⭐⭐⭐
21Maing a Moncheaux-sur-Ecaillon (km 141,6 – 1,6 km)⭐⭐⭐
20Haveluy a Wallers (km 154,5 – 2,5 km)⭐⭐⭐⭐
19Trouée d’Arenberg (km 163,9 – 2,3 km)⭐⭐⭐⭐⭐
18Wallers a Hélesmes (km 170 – 1,6 km)⭐⭐⭐
17Hornaing a Wandignies (km 176,8 – 3,7 km) ⭐⭐⭐⭐
16Warlaing a Brillon (km 184,2 – 2,4 km)⭐⭐⭐
15Tilloy to Sars-et-Rosières (km 187,7 – 2,4 km)⭐⭐⭐⭐
14Beuvry a la Forét a Orchies (km 194,1 – 1,4 km)⭐⭐⭐
13Orchies (km 199,1 – 1,7 km)⭐⭐⭐
12Auchy lez Orchies a Bersée (km 205,2 – 2,7 km)⭐⭐⭐⭐
11Mons-en-Pévèle (km 210,6 – 3 km)⭐⭐⭐⭐⭐
10Mérignies to Avelin (km 216,7 – 0,7 km)⭐⭐
9Pont-Thibault à Ennevelin (km 220 – 1,4 km)⭐⭐⭐
8Templeuve – L’Epinette (km 225,4 – 0,2 km)
8Templeuve – Moulin-de-Vertain (km 226 – 0,5 km)⭐⭐
7Cysoing to Bourghelles (km 232,4 – 1,3 km)⭐⭐⭐
6Bourghelles to Wannehain (km 234,9 – 1,1 km)⭐⭐⭐
5Camphin-en-Pévèle (km 239,4 – 1,8 km)⭐⭐⭐⭐
4Carrefour de l’Arbre (km 242,1 – 2,1 km)⭐⭐⭐⭐⭐
3Gruson (km 244,4 – 1,1 km) ⭐⭐
2Willems to Hem (km 251,1 – 1,4 km)⭐⭐
1Roubaix, Espace Crupelandt (km 257,8 – 0,3 km)

L’ingresso nella Foresta

Di nuovo rispetto allo scorso anno, ma in continuità rispetto alla chicane del 2024, la deviazione prima dell’ingresso di Arenberg toglie dal mazzo la situazione potenzialmente più pericolosa. Parlandone con i media, il direttore di gara, Thierry Gouvenou, ha spiegato la logica alla base della scelta di disegnare un anello attorno a Querenaing con due nuovi settori di pavé, lunghi rispettivamente 1.300 e 1.200 metri.

«Non sono particolarmente difficili – ha spiegato – ma significa che avremo cinque settori consecutivi senza asfalto. A quel punto, prima di entrare nella Foresta, i corridori faranno una deviazione attraverso il sito minerario di Arenberg. Ci saranno quattro curve a 90 gradi nel volgere di 600 metri. L’approccio al settore dovrebbe essere quindi più fluido rispetto al tornante che avevamo disegnato lo scorso anno. La comunità di Porte du Hainaut ha fatto riasfaltare un piccolo tratto che necessitava di rattoppi».

L’ispirazione di Stablinski

Inserita nel percorso nel 1968 per l’insistenza del francese Stablinski, la foresta di Wallers-Arenberg è il passaggio più suggestivo della gara. Il vero nome del settore, per come riportato sulla guida tecnica, è Trouée d’Arenberg, mentre il nome della strada è La Drève des Boules d’Hérin.

Si incontra a 90 chilometri dall’arrivo e il colpo d’occhio è spettrale e affascinante, come una lama di 2,3 chilometri inizialmente in discesa, che taglia in due la distesa di alberi alti. Nel giorno della corsa, i bordi sono assaliti da una massa di persone che lasciano ai corridori a malapena lo spazio per passare. Il posizionamento in gruppo prima della Foresta è fondamentale ed è questo il motivo per cui i chilometri precedenti sono sempre stati teatro di volate, spallate e varie… cortesie.

Roubaix 2023, Van Aert fora nel Carrefour de l’Arbre, Van der Poel prende il largo
Roubaix 2023, Van Aert fora nel Carrefour de l’Arbre, Van der Poel prende il largo

Due settori a 5 stelle

Dentro e fuori in continuazione, con i massaggiatori all’uscita dei settori di pavé e gli uomini con le ruote che spuntano sul ciglio in ogni situazione critica.  Oltre alla Foresta, i settori a cinque stelle sono Mons en Pévèle e il Carrefour de l’Arbre.

Il primo (numero 11) è lungo 3 chilometri e si incontra a 48,6 chilometri dal traguardo di Roubaix. I corridori sono già oltre la fatidica soglia dei 200 chilometri e sanno che hanno davanti il settore più malconcio dell’intero menù.

Il secondo (numero 4) invece è lungo 2,1 chilometri e si trova 17 chilometri dal traguardo. Sarà per la fatica o per la sua durezza, è il pavé che decide la corsa, con il fondo scassato e curve tecniche che favoriscono chi è più bravo a guidare.

A quel punto non resta che il glorioso arrivo nel velodromo André Pétrieux: una pista in cemento lunga poco meno di 500 metri, sulla quale i corridori devono ancora completare due giri.

La Roubaix Femmes del 2024 è stata vinta da Lotte Kopecky in volata su Elisa Balsamo
La Roubaix Femmes del 2024 è stata vinta da Lotte Kopecky in volata su Elisa Balsamo

La quinta per le donne

La quinta edizione della Parigi-Roubaix Femmes partirà domattina da Denain, su una distanza totale di 148,5 chilometri, la stessa del 2024. Resta invariato anche il conteggio dei chilometri sul pavé: le donne affronteranno gli ultimi 17 settori del percorso maschile, per un totale di 29,2 chilometri. Per loro non è prevista la Foresta di Arenberg, ma sulla via della parità anche questo potrebbe essere un muro da abbattere.

I vincitori uscenti delle due Roubaix sono da un lato Mathieu Van der Poel e dall’altro Lotte Kopecky, entrambi iridati al momento del trionfo francese, come già accaduto nel recente Fiandre. Con Pogacar lanciato alla conquista del celebre blocco di pavé e la belga in grande spolvero, l’opzione è nuovamente sul tappeto.

Consonni, la Roubaix in 3 punti: tecnica, grinta e follia

10.04.2025
4 min
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Quelli del Tour ne sanno una più del diavolo e nell’avvicinamento alla Parigi-Roubaix Femmes hanno iniziato a fare interviste alle atlete più in vista. Leggere le dichiarazioni di Lotte Kopecky e Margaux Vigié è stato sicuramente interessante, ma quando ci siamo imbattuti nelle parole di Chiara Consonni, abbiamo subito pensato di riprenderle per un breve pezzo che racconti quanto l’estrosa velocista bergamasca, campionessa olimpica della madison, sia legata alla corsa del pavé.

«Vedere Sonny Colbrelli vincerla – dice Consonni – mi ha ispirato a pensare che un giorno potrò essere lassù anch’io e provare a fare qualcosa per cui sarò ricordata. Mi piace la pietra che riceve il vincitore ed è molto emozionante entrare nel velodromo, soprattutto per chi è pistard. Amo la pista e finire le mie quattro Roubaix in quel velodromo ha reso l’esperienza ancora più emozionante e speciale».

Lo scorso anno la Roubaix di Consonni fu tutto un inseguire, a causa di forature e cadute
Lo scorso anno la Roubaix di Consonni fu tutto un inseguire, a causa di forature e cadute

La pressione delle gomme

L’arrivo in pista, unito alla necessità di restare a galla sulle pietre francesi, è uno dei fattori su cui ragionare a lungo dovendo scegliere i materiali e la pressione delle gomme, che in un arrivo su pista di cemento è decisiva.

«Si fanno molte ricognizioni – dice Consonni – per adattare il materiale, risvegliare le sensazioni e aumentare la fiducia in vista di una delle giornate più stressanti della stagione. Fare diversi test sulla pressione delle gomme e come adattarsi alle condizioni meteorologiche che si troveranno il giorno della gara, è fondamentale. Ad esempio, l’anno scorso avevamo la possibilità di usare la monocorona, ma io non ho voluto e ho scelto la doppia. La cosa più importante per me è sicuramente bilanciare la pressione delle gomme. Ci sono molti settori di pavé, ma l’arrivo nel velodromo è una volata pura».

Una corsa folle

Al pari di Ganna che sfiderà il pavé fra gli uomini, la capacità di passare dal pavé alle pietre denota grande talento e capacità di guida della bici. Nel caso di Chiara, che quest’anno è passata dal UAE Team Adq alla Canyon//Sram zondacrypto, la capacità di adattamento è legata anche a un carattere a dir poco estroso.

«Prima della Roubaix – racconta Consonni – avevo già corso grandi classiche come il Fiandre e la Gand-Wevelgem, quindi ero abbastanza abituata. Invece il pavé della Roubaix è ancora più difficile del pavé del Belgio. C’è molto più spazio tra i ciottoli, quindi la sfida è non perdere velocità e slancio. E poi il meteo può cambiare le carte in tavola. La prima volta che ho pedalato sul pavé della Parigi-Roubaix fu a due mesi prima dalla prima edizione. Facemmo una ricognizione con la Valcar, il tempo era splendido, invece il giorno della gara fu terribile. Piovve dall’inizio alla fine e controllare la bici e restare in piedi sul pavé fu più difficile. Ma la verità è che mi divertii un sacco. E’ la mia corsa dei sogni… Perché è folle, come me! La Parigi-Roubaix mi regala sogni e incubi. Mentalmente ed emotivamente, sono molto coinvolta».

Il pavé del Belgio, qui all’ultima Omloop Nieuwsblad, è diverso da quello della Roubaix
Il pavé del Belgio, qui all’ultima Omloop Nieuwsblad, è diverso da quello della Roubaix

Ritirarsi, no grazie

L’intervista è ancora lunga, ma l’ultimo aspetto su cui soffermiamo la nostra attenzione è legato alla testa dura di non ritirarsi mai, capiti quel che capiti.

«L’anno scorso – conclude Chiara – è stata una delle edizioni più difficili per me. Avendo già maturato l’esperienza delle prime tre, volevo davvero fare bene. Invece ho forato due volte, sono caduta e così mi sono ritrovata a inseguire il gruppo fin dal primo settore. Ero sempre indietro, non sono mai riuscita a stare con il gruppo di testa. Ho perso presto l’occasione di fare qualcosa di buono, ma non mi sono mai arresa e sono comunque riuscita a concludere una corsa difficile (nel 2024, ha chiuso in 30ª posizione, ndr). E per me, è stato un motivo in più per dire: “Devo riuscirci l’anno prossimo, devo essere più forte e ancora più motivata per poter salire sul podio”. Ho continuato perché è la Roubaix. E alla Roubaix non si molla mai».

Ballerini fa rotta verso il Nord, con Bettiol come alleato

05.01.2025
5 min
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La rivoluzione in casa Astana Qazaqstan Team (dal primo gennaio diventata XDS Astana Team) ha portato tante novità sia per la rosa che per lo staff. La ventata di aria fresca ha soffiato forte sulla ex formazione kazaka, ora diventata di impronta cinese. Al centro del progetto sono arrivati tanti corridori italiani, dagli esperti Ulissi e Bettiol fino ad arrivare ai giovani in rampa di lancio. Davide Ballerini è uno degli uomini al centro del progetto, arrivato già lo scorso anno con l’intento di fare bene sul pavé. Un problema al ginocchio gli aveva precluso la campagna del Nord. Al termine di una stagione tribolata facciamo un punto con il valtellinese, per vedere come sta e capire le sue mosse in vista della nuova stagione. 

«Tra pochi giorni, il 6 gennaio – dice Ballerini – ripartiremo con la squadra per Calpe, sarà il secondo ritiro stagionale. Il primo è stato a dicembre, siamo stati una quindicina di giorni ed è andato bene. Sicuramente c’erano temperature migliori rispetto a casa, anche se non era caldissimo».

Ballerini (a destra) con la maglia della XDS Astana Team il giorno della presentazione della squadra per il 2025
Ballerini (a destra) con la maglia della XDS Astana Team il giorno della presentazione della squadra per il 2025

Grandi cambiamenti

La situazione della XDS Astana Team non è delle migliori in vista della stagione 2025, la squadra è all’ultimo posto della classifica WorldTour per quanto riguarda il triennio 2023-2025. Il rischio retrocessione è alto, anche se per ora nulla è compromesso. Tutti, però, sono consapevoli di dover fare la loro parte per raccogliere punti e salvaguardare lo status di formazione WorldTour. 

«Stanno cambiando tante cose – continua a raccontare Ballerini – sia per quanto riguarda lo staff sia per i corridori. Non sarà facile trovare il ritmo giusto fin da subito ma stiamo lavorando per farlo. Ognuno deve fare la propria parte e io sono pronto a mettermi nuovamente in gioco dopo un 2024 difficile. Il problema al ginocchio riscontrato lo scorso inverno è alle spalle, anche se devo ancora tenerlo sotto controllo».

Ogni due settimane Ballerini si sottopone a test e controlli per capire lo stato di salute del ginocchio
Ogni due settimane Ballerini si sottopone a test e controlli per capire lo stato di salute del ginocchio
Come procedono le cure?

Il problema è stato sistemato, chiaramente il dolore non è sparito da un momento all’altro ma è andato via gradualmente. La vera sfida è stata a livello mentale perché un dolore cronico poi arrivi a sentirlo quasi sempre, anche quando piano piano sta andando via.  In questi giorni sono sempre sotto osservazione per contrastarlo. 

Cosa stai facendo in particolare?

Curo bene la parte dei lavori in palestra, per non sovraccaricarlo o per evitare di lavorare male. Ogni due settimane faccio un test di rehability così da vedere se il muscolo lavora bene. Non penso di smettere a breve, questa fase di monitoraggio è importante. Meglio andare a fare dei test ogni due settimane piuttosto che smettere e ritrovarmi punto e a capo. 

Uno dei principali obiettivi del 2024 era supportare Cavendish nel raggiungere il record di tappe vinte al Tour de France
Uno dei principali obiettivi del 2024 era supportare Cavendish nel raggiungere il record di tappe vinte al Tour de France
Nella stagione scorsa hai corso tanto, ma concentrando gli sforzi in pochi mesi.

Sono riuscito a mettere insieme 70 giorni di corsa, che non è male, tutti tra aprile e ottobre. Chiaramente ho fatto fatica a trovare un picco di forma costante, visto che mi mancava tutta la parte del fondo. Cosa che in questo inverno sto curando molto. Diciamo che in linea di massima i principali obiettivi del 2024 sono stati raggiunti. 

Qual è stata la parte più complicata?

Direi quella mentale, comunque in condizione prima o poi ci arrivi ma non riesci a mantenerla per tanto tempo. Uno dei momenti in cui mi sono sentito meglio è stato al Giro, appena rientrato. Lì la freschezza fisica mi ha dato una mano nel momento in cui mi mancava un po’ di condizione. 

Nonostante il problema fisico di inizio anno Ballerini ha messo insieme 70 giorni di corsa
Nonostante il problema fisico di inizio anno Ballerini ha messo insieme 70 giorni di corsa
Ora sei ripartito con in testa sempre le gare sul pavé, nelle quali avrai un nuovo alleato: Bettiol.

Sì. Siamo stati insieme in Belgio a inizio dicembre per fare un po’ di test con i vari materiali. L’arrivo di Bettiol è un innesto importante, come quelli di altri corridori. Non sembra ma avere tre o quattro compagni in più è un bell’aiuto. Magari non sono grandi nomi come Van Der Poel o Van Aert, ma essere in tanti ci consente di essere sempre presenti. 

Come ti sei trovato con lui?

Bene. Siamo stati compagni di stanza nel ritiro di dicembre. Ora lui è partito per l’Australia visto che inizierà a correre al Tour Down Under. Avere accanto una figura come la sua è importante. Senti di avere un buon sostegno. 

Uno dei risultati migliori in stagione è arrivato alla Alfasun Gooikse Pijl p/b Lotto, chiusa al nono posto
Uno dei risultati migliori in stagione è arrivato alla Alfasun Gooikse Pijl p/b Lotto, chiusa al nono posto
Vi siete già parlati?

Lo conoscevo ma non così bene, i giorni insieme in Spagna sono serviti proprio a questo. Abbiamo correnti di pensiero differenti per quanto riguarda lo sviluppo delle gare e questo può essere un vantaggio. Non ci muoveremo negli stessi punti o comunque avremo due visioni diverse. In questo modo la squadra potrà essere sempre presente. 

Tu da quali corse partirai? 

Da Gran Premio Castellon e dalla Valenciana. Poi andrò in ritiro sul Teide per arrivare pronto alle prime gare in Belgio: Omloop Het Nieuwsblad e Kuurne-Brussel-Kuurne. Salterò il periodo della Tirreno per andare ancora in ritiro e poi farò Sanremo e tutta la stagione delle Classiche e semi classiche. 

Si comincia sul pavé e Colnago prepara le bici per la guerra

25.02.2024
4 min
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Il pavé è da sempre il banco di prova per uomini e mezzi, esigente e massacrante, affascinante e in grado di cambiare la carriera di un atleta (e di una bicicletta).

Le biciclette saranno diverse tra le pietre del Fiandre e quelle della Roubaix? Quanto tempo prima vengono stilate le note tecniche del mezzo? Nei giorni scorsi, Baroncini ci aveva spiegato le differenze sulla sua bici per il Fiandre e la Roubaix. Abbiamo posto questi ed altri quesiti ad Alberto Chiesa, responsabile dello staff dei meccanici del UAE Team Emirates.

La bici di Baroncini in gara alla Omloop Het Nieuwsblad (foto UAE Team Emirates)
La bici di Baroncini in gara alla Omloop Het Nieuwsblad (foto UAE Team Emirates)
Stessa bici per il pavé del Fiandre e quello della Roubaix?

Sì, la bici sarà la stessa e sempre la Colnago V4Rs. Anzi, per essere precisi in occasione del pavé cambieremo la forcella, ma il telaio rimarrà quello.

Una forcella nuova?

Una forcella che Colnago appositamente per queste gare, con una luce maggiore nella zona del passaggio ruota. Questo per dare una tolleranza più ampia quando monteremo le gomme da 32 millimetri.

Il frame-kit V4Rs non cambia tra Fiandre e Roubaix
Il frame-kit V4Rs non cambia tra Fiandre e Roubaix
Userete sempre gli pneumatici da 32 millimetri?

Normalmente 32 per la Roubaix e 30 per il Fiandre, tubeless Continental.

Rispetto agli standard, pensate di aumentare la quantità di liquido nel tubeless?

No, rimarremo con i nostri standard che si aggirano intorno ai 40 millilitri per ogni pneumatico. Nell’ottica del pavé il liquido serve principalmente per bloccare la gomma al cerchio. Certo, funge anche per chiudere l’eventuale foro che si può aprire nella gomma, ma nella maggior parte dei casi, sul pavé si buca e si perde pressione perché si spacca il cerchio. Soprattutto alla Roubaix.

Che pressioni useranno?

Intorno alle 3,5 atmosfere, ma in questo caso le variabili sono legate anche al meteo, quindi si lavorerà anche nei momenti a ridosso della partenza. Abbiamo provato e stiamo provando diverse soluzioni. Posso dire che alla Roubaix si scende leggermente con la pressione dei tubeless, rispetto al Fiandre.

Quando siete partiti a fare le prove tecniche in vista del pavé?

Sul campo, con le varie ricognizioni dei corridori deputati a fare la campagna del nord, di solito partiamo almeno con due mesi di anticipo. Il primo sopraluogo è stato fatto circa 20 giorni fa.

Politt e Baroncini, nella recente ricognizione sul pavé (foto UAE Team Emirates)
Politt e Baroncini, nella recente ricognizione sul pavé (foto UAE Team Emirates)
Le prove servono anche per adeguare i rapporti che useranno i corridori?

I nostri useranno la doppia corona anteriore 54-40. Due le combinazioni per i pignoni, 11-30 per la Roubaix, 11-34 per il Fiandre. Cambierà la scelta del componente, perché i corridori possono scegliere tra le corone Carbon-Ti e quelle standard Shimano. Chi ha in dotazione Carbon-Ti, ad esempio Wellens, continuerà ad usarle anche sul pavé.

E invece per quanto riguarda i dischi dei freni?

Tutti con il 160 anteriore e 140 posteriore, solo Carbon-Ti.

Dischi Carbon-Ti per tutti i corridori (foto UAE Team Emirates)
Dischi Carbon-Ti per tutti i corridori (foto UAE Team Emirates)
Ci saranno corridori che cambieranno il setting del mezzo?

Ormai la posizione rimane quella, per le gare normali e per il pavé. L’unica variabile in ottica pietre è legata al doppio nastro sul manubrio, oppure all’inserimento del gel, che qualche corridore chiede e al fatto che il manubrio viene nastrato completamente anche nella parte superiore orizzontale.

Ci sono corridori che usano i comandi satellitari nella parte orizzontale del manubrio?

Si, ci sono degli atleti che chiedono i tasti sotto la parte orizzontale. Molto richiesti da quei corridori che portano le mani nella parte alta quando pedalano sulle pietre.

Le bici per il pavè, diverse, ma non troppo

05.04.2023
9 min
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Il pavé e le corse del Nord in genere sono sempre interessanti anche per le soluzioni tecniche adottate sulle biciclette, ma le differenze con le bici usate nelle configurazioni standard sono sempre più sottili. Vediamo nel dettaglio cosa abbiamo documentato alla partenza della Ronde Van Vlaanderen 2023 con l’occhio che intanto si proiettava verso la Roubaix.

Le nuove Corima tubeless dell’Astana

Per la campagna del Nord 2023 fa il suo esordio la ruota Corima tubeless sulle Wilier Zero del Team Astana. Il cerchio è identico alla versione gravel Essentia. Abbiamo chiesto a Gabriele Tosello, meccanico del team.

«Le ruote tubeless che stiamo utilizzando – spiega – sono del tutto accostabili alle nostre classiche WS47, quelle che usiamo da sempre e con la predisposizione per i tubolari. Stesso mozzo e raggiatura, una tipologia di ruota apprezzata per la versatilità e leggerezza complessiva, ma anche per la guidabilità. Quelle tubeless hanno il cerchio sempre in carbonio, ma con un’altezza di 40 millimetri e un canale interno da 23. Hanno il cerchio più spanciato ed il canale interno più largo, in modo da poter alloggiare in modo ottimale i tubeless da 28 in avanti. I corridori che hanno deciso di usare i tubeless Vittoria sul pavé del Fiandre, hanno optato per la sezione da 28, nella versione Control. Una sezione più grande si potrebbe usare alla Roubaix, ma si valuterà anche in base al meteo».

Pidcock con i 28 e le ruote “basse”

Tutti i corridori del Team Ineos Grenadiers hanno optato per le ruote con il profilo da 50 (le Dura Ace C50) e quasi tutti hanno scelto la sezione da 32 per i tubeless Continental GP5000TR. L’eccezione tecnica è stata rappresentata da Tom Pidcock, che ha optato per le ruote dal profilo medio/basso, ovvero le C36, gommate con i tubeless larghi 28 millimetri.

Un’altra particolarità della sua bicicletta è rappresentata dal montaggio del plateau anteriore “vecchio” (power meter compreso), ovvero dalla guarnitura della generazione Dura Ace precedente con la combinazione 53-39.

70 millilitri di liquido anti-foratura

Non è una cosa inusuale anzi, possiamo considerare questa scelta tecnica come una sorta di standard usato da tutti i meccanici dei diversi team. In questo caso è interessante notare lo sticker applicato sulle ruote DT Swiss delle bici Dare, quelle del Team Uno-X, dove si vede anche la data dall’ultimo controllo degli pneumatici.

Sul pavè del Giro delle Fiandre è stata utilizzata una Dare VSRu nell’ultima versione per quanto concerne il telaio ed il manubrio integrato, ma non per la forcella.

Lo stem da 170 millimetri

Un attacco manubrio lunghissimo, quello montato sulla nuova Cannondale SuperSix Evo Lab71 del tedesco Rutsch in forza alla EF Education-Easypost. Si tratta di una versione anziana OS ed in alluminio dell’attacco FSA, lungo 170 millimetri e fatto su misura per l’atleta tedesco.

«Interessante, vero?», così dicono sorridendo i meccanici del team, appena prima della partenza della Ronde 2023: «Non è un attacco di dimensioni standard, ma il corridore si trova bene con questo setting e allora si è deciso di fare un attacco manubrio custom per lui».

Diversi corridori, di team diversi usano la sella Prologo Scratch NDR: qui casa UAE Emirates
Diversi corridori, di team diversi usano la sella Prologo Scratch NDR: qui casa UAE Emirates

Anche una sella da mtb

Si tratta della Prologo Scratch NDR, quella sviluppata con la collaborazione di Henique Avancini, campione del mondo marathon nel 2018: un prodotto usato parecchio anche in ambito strada, dai team e dagli atleti supportati dall’azienda lombarda.

Pogacar e Trentin, manubri agli antipodi

Il riferimento è diretto al cockpit. L’atleta sloveno usa un attacco manubrio in carbonio Enve (modello SES AR), abbinato ad una curva manubrio, sempre full carbon e con un profilo alare estremizzato.

«La bici è la stessa della Milano-Sanremo anche per quanto concerne le gomme – ci spiega Giuseppe Archetti, meccanico di Pogacar – ma rispetto alla Sanremo ci sono delle pressioni più basse dei tubeless. Anche per quanto riguarda la sezione, Pogacar ha scelto di usare sempre la stessa, la 30 millimetri, la stessa usata alla Parigi-Nizza, alla Sanremo e anche sul pavé».

Tornando al reparto manubrio, Trentin usa una combinazione attacco/piega in alluminio, scelta tecnicamente opposta a quella di Pogacar, anche perché il manubrio del corridore trentino è rotondo, soluzione che ormai è una rarità.

La bici di scorta con i tubolari, la Madone di Pedersen alla Trek-Segafredo
La bici di scorta con i tubolari, la Madone di Pedersen alla Trek-Segafredo

Una Madone con i tubolari

La bici di scorta di Pedersen, terzo sul traguardo di Oudernarde, riconoscibile anche per la catena ed il pacco pignoni dorati, ha i tubolari. Il forte corridore danese è stato tra i primissimi a prediligere l’utilizzo dei tubeless, a prescindere dalla bici, dalle condizioni meteo e dalla planimetria del percorso, ma una delle sue bici di scorta ha sempre i tubolari montati.

Canyon Aeroad R065

R065 è l’acronimo numerico specifico della Canyon Aeroad. Lo troviamo sulle biciclette dei compagni di Van Der Poel, lo troviamo anche sulla Aeroad del corridore olandese. Quella rossa usata al Giro delle Fiandre è la stessa bicicletta della Sanremo e non si tratta della nuova versione della Aeroad, come paventato da qualcuno. La bicicletta nella versione aggiornata potrebbe esordire ufficialmente al Tour de France. La bici di Van Der Poel ha anche un foro aggiuntivo nella parte superiore dell’orizzontale, per “irrobustire” ulteriormente il serraggio.

La vita delle terze bici

Oltre alle bici di scorta numero 2 di Van Aert e di Laporte, due Cervélo S5 (modello usato anche in gara), una delle ammiraglie del Team Jumbo-Visma portava anche le bici numero 3. Una Soloist per l’atleta francese, una R5 per il belga, con dei montaggi curiosi, con particolare riferimento al comparto ruote. Entrambi i corridori hanno optato per il profilo differenziato, 63 posteriore e 52 anteriore, con le gomme tubeless da 28.

Le S5 che hanno usato in gara avevano le ruote da 52, davanti e dietro. «Una terza bici pronta per ogni evenienza e nell’ottica di fornire un’alternativa in caso di bagnato, ma con assenza di vento – ci hanno spiegato dal team». Il Giro delle Fiandre 2023 verrà ricordato anche per il forte e gelido vento, soprattutto nelle fasi iniziali della gara.

I tubeless con la scritta “limata”

L’anno passato le Factor del Team Israel-Premier Tech montavano le guarniture Rotor, con i relativi power meter (qualcuno per la verità usava la combinazione Shimano Dura Ace). Le foto ritraggono la scelta di Sep Vanmarke sulla sua Factor Ostro pronta per il pavé, con le corone anteriori 54-40 ed il power meter PowerBox di FSA.

Sempre in merito alle Factor, tutte le bici pronte per il pavé, a prescindere dal corridore e dal profilo delle ruote, erano pronte con i tubeless Continental GP5000TR da 30 millimetri, ma con il logo “limato”, in quanto il team ha un sponsorizzazione diversa.

Tosello e le differenze con le bici del 2014 per le pietre

29.06.2022
5 min
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In questi giorni abbiamo parlato spesso della quinta tappa del Tour de France, quella del pavè. L’abbiamo ricordata, l’abbiamo analizzata da un punto di vista tattico, adesso buttiamo un occhio sul punto di vista tecnico. E lo facciamo con Gabriele Tosello, storico meccanico dell’Astana Qazaqstan (in apertura foto Instagram – Getty, ndr).

“Toso” c’era  anche nel 2014 e quell’anno aveva preparato la bici di Nibali. E se lo Squalo volò sulle pietre, una fetta di quel “successo” fu anche la sua.

Gabriele Tosello è il meccanico dell’Astana da molti anni. C’era già nel 2014
Gabriele Tosello è il meccanico dell’Astana da molti anni. C’era già nel 2014

Da Specialized a Wilier

«La differenza più grande fra quelle bici e quelle attuali è la bici stessa – commenta Tosello – almeno nel nostro caso noi usammo un telaio specifico. All’epoca avevamo Specialized e la casa americana aveva un modello chiamato proprio Roubaix. Si trattava di un telaio “più morbido”, merito principalmente degli elastomeri su forcella e carro posteriore.

«Era una bici davvero adatta a quel percorso, molto confortevole. Mentre le ruote erano le stesse che utilizzavamo nelle altre tappe».

«Adesso le cose si sono invertite. Usiamo il telaio che utilizziamo normalmente, ma con altre ruote.

«Nonostante su carta sia un po’ più rigida, la maggior parte dei ragazzi pedalerà sulla Wilier Filante (gli altri sulla Wilier 0 Srl). Abbiamo fatto dei test nel periodo delle classiche del Nord e ci siamo accorti che questa bici dava dei leggeri vantaggi in termini di comfort e quindi di guida. Test che fece, tra gli altri, anche Moscon».

Ruote importantissime

Tosello ha parlato di un’inversione di tendenza: stessa bici ma ruote diverse. Alla base di questa soluzione ci sono più motivazioni. Telai con strutture diverse nel layout costruttivo, presenza dei freni a disco e di conseguenza anche di ruote con ben altre tecnologie rispetto al 2014.

«Adesso le ruote sono un po’ più larghe – riprende Tosello – e soprattutto si possono avere con la tecnologia tubeless. Credo che sei dei nostri otto ragazzi al Tour useranno i tubeless. Gli uomini di classifica e quelli che puntano alla tappa di sicuro, mi riferisco a Moscon e Lutsenko».

«Corima per l’occasione ci ha fornito una ruota specifica, una ruota intermedia direi. Di solito noi utilizziamo i profili da 32 o 47 millimetri, la ruota che monteremo in questa tappa stile Roubaix sarà da 40 millimetri. Si tratta di una tubeless modificata.

«Queste Corima hanno raggi piatti in acciaio ma con niplles esterne al cerchio e non all’interno. I motivi di questa soluzione sono due. Quello principale è che trattandosi di un cerchio tubeless, fare troppi fori sul cerchio appunto rischia di indebolire la sua struttura e di favorire anche delle impercettibili perdite di aria. E la seconda motivazione riguarda il fatto che in questo modo la ruota è leggermente più flessibile. 

«Volendo, c’è anche una terza motivazione. Con le niplles esterne possiamo intervenire meglio sulla tensionatura e la centratura».

Con “Toso” si passa poi ad analizzare le coperture. Nel 2014 sostanzialmente cambiava solo la misura del tubolare.

«Noi usammo – riprende Toso – un tubolare di un marchio francese da 28 millimetri. Ricordo che li gonfiammo intorno ai 5 bar, quelli di Nibali appena meno: sui 4,8. Stavolta le gomme, saranno tubeless, ma sempre da 28 millimetri. Abbiamo l’opzione da 30 millimetri pronta in caso di maltempo. Ma deve essere davvero brutto, brutto!

«Per quanto riguarda le pressioni scenderemo al di sotto dei 5 bar, credo 4,5: con i tubeless si può fare, liquido e mousse te lo consentono. Con le mousse anche se fori, il cerchio non va a terra e quantomeno esci dal settore in pavè. Puoi andare avanti mentre aspetti l’ammiraglia».

Grudzev, che sarà presente al Tour, in azione all’ultima Roubaix
Grudzev, che sarà presente al Tour, in azione all’ultima Roubaix

Zero compromessi

Alla fine le bici attuali con queste ruote (cerchio e gomma) sono performanti sul pavé, ma rispetto al 2014 sono molto più performanti sui tratti in asfalto.

«Esatto – dice Tosello – restano comunque bici veloci. Dobbiamo considerare che sono strutture completamente diverse. C’è stata un’evoluzione continua e… poveri noi meccanici! Ormai siamo più ingegneri che meccanici!

«Pensiamo al carbonio: altri intrecci, altre fasciature e anche un altro peso. Una volta si tendeva ad irrigidire laddove si pensava che ci fossero più tensioni. Quindi si metteva più materiale nella zona della scatola del movimento centrale. Adesso si è visto che non è così. Lì si “è tolto” del materiale e lo si è tolto anche dalla zona del reggisella ed è stato inserito nel carro per esempio. Tanto ha inciso la disposizione delle fibre.

«In teoria i telai pesano meno, ma con il disco alla fine la bici pesa uguale, se non qualcosa in più rispetto al 2014. Quella Specialized Roubaix pesava 7 chili, la Wilier Filante in versione pavé ne pesa 7,2, ma è più performante: è molto più scorrevole e quel piccolo peso in più è abbondantemente recuperato così».

L’inserto di Prologo da inserire sul manubrio (è disponibile in due misure di lunghezza 156mm e 166mm)
L’inserto di Prologo da inserire sul manubrio (è disponibile in due misure di lunghezza 156mm e 166mm)

Comfort più importante

Essendo una tappa in pavè e non una corsa “secca” come la Roubaix, diventa fondamentale uscirne indenni.

«E’ importantissimo non avere piaghe o dolori in vista del giorno dopo – conclude Tosello – A tal proposito non cambiamo le selle, ma semmai i corridori possono scegliere pantaloncini un po’ più imbottiti.

«Prologo inoltre ci ha preparato un “nastro” speciale. Un inserto con la loro tecnologia (e materiale, ndr) CPC, che si può mettere sopra o sotto il nastro e ammorbidisce molto. Ed è anche antiscivolo».

Le tecnologie in generale sono cambiate tantissimo. Le bici sono più comode e più veloci. E il perno passante ha inciso molto.

«Rispetto al bloccaggio classico i ragazzi dicono di avere tutt’altre sensazioni di guida. Ruote e telaio sono un “tutt’uno”, un feeling di guida diretto. Mentre con il bloccaggio c’erano le ruote e c’era il telaio. La sensazione era di avere due pezzi distinti».

Dopo i ricordi, punti di forza e debolezze dei big sulle pietre

27.06.2022
6 min
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Abbiamo appena rivissuto l’inizio del cammino trionfante di Nibali, ma cosa riserverà ai campioni attuali la Lille-Arenberg Porte du Hainaut? La quinta tappa del Tour de France è lunga 157 chilometri e con 11 settori di pavè si annuncia come una Roubaix in miniatura. Alessandro Ballan di Roubaix ne ha corse molte e anche una tappa sulle pietre molto simile a questa all’interno di una Grande Boucle.

«Era il 2012 – racconta Ballan – e si correva per Cadel Evans. Ricordo che c’era un grande nervosismo in gruppo e in squadra quel giorno». Una tappa così particolare in un contesto, quello di una grande corsa a tappe che è del tutto diverso, può creare grossi scompigli.

Alessandro Ballan sulle pietre della Roubaix, da notare come pedala sulla “schiena d’asino” (foto Instagram)
Alessandro Ballan sulle pietre della Roubaix, da notare come pedala sulla “schiena d’asino” (foto Instagram)
Alessandro, quanto peserà questa tappa e cosa ci si potrà attendere?

Sarà una frazione molto delicata, temuta da tutti, soprattutto dagli uomini di classifica. Bisogna considerare che rispetto alla Parigi-Roubaix i corridori sono diversi e tre quarti del gruppo che ci sarà non sa andare sul pavé. Non sa tenere linee e posizioni, non sa limare su quelle strade. Si sprecheranno ancora più energie. Energie che poi serviranno ancora fresche, visto che siamo solo alla quinta tappa. Dalle ammiraglie diranno a tutti di stare davanti e ci saranno “199 corridori” intorno a te che vogliono andare in testa.

Il nervosismo dominerà la scena quindi?

Sì, perché come ho detto ci sono energie fresche e col fatto che la prima salita è alla settima tappa mi aspetto una classifica molto corta. Una classifica nella quale anche i velocisti, nonostante la crono iniziale, possono ancora prendere la maglia gialla. Al Tour già ce n’è tanto di nervosismo, quel giorno sarà ancora di più. E sarà un bel problema per i corridori più piccoli e leggeri come gli uomini di classifica.

Ecco hai toccato il punto. Analizziamoli questi uomini e cerchiamo di capire come affronteranno questa tappa: i loro punti di forza e le loro debolezze. Partiamo da Primoz Roglic…

Lo sloveno si adatta un po’ a tutti i percorsi e raramente si fa cogliere in castagna quando la corsa entra nel vivo. Non si è mai misurato su una Roubaix vera e propria e ha scarsa esperienza sulle pietre. Avrà tanta paura e soprattutto lui ha “l’obbligo” di vincere. Ma il suo punto di forza è la squadra. La Jumbo-Visma è costituita per il 60% per la salita, ma ha dei nomi molto forti per il piano e il pavè. Uno su tutti: Van Aert.

Pogacar (qui con Trentin) ha voluto “assaggiare” le pietre questa primavera partecipando alle classiche del Nord
Pogacar (qui con Trentin) ha voluto “assaggiare” le pietre questa primavera partecipando alle classiche del Nord
Pensi che Wout dovrà piegarsi agli ordini di squadra?

In partenza sì. Poi se la tappa si dovesse mettere bene, se non ci saranno rischi, nel finale potrebbe avere carta bianca.

Pogacar: punti di vantaggio e svantaggio?

Rispetto a Roglic ha una squadra meno forte, però lui quest’inverno ha fatto le classiche del Nord ed ha accumulato un minimo di esperienza, senza contare che un bel po’ di cross lo ha fatto. In più Tadej è sempre rilassato e rispetto a Roglic non ha l’obbligo di vincere. Inoltre Pogacar ha la consapevolezza che se anche dovesse perdere un po’ di terreno ha la possibilità di recuperare.

C’è poi la schiera dei francesi: Pinot, Gaudu e anche Bardet…

Sono tutti molto bravi in salita e leggerini e già questo non li avvantaggia. Senza contare che non mi sembra abbiano squadre super attrezzate per questi percorsi. Certo è un po’ surreale che i francesi non abbiano gli uomini da pavè. Però non dimentichiamoci che hanno buoni corridori nel complesso e che per dieci anni hanno avuto un bel “vuoto”. Un po’ come noi adesso.

Però, Alessandro, rispetto ai nomi fatti Bardet ha un ottimo passato nella Mtb, magari certi attitudini gli restano addosso…

Vero, tra loro tre è quello che si difende meglio e tutto sommato la sua Dsm non è male su certi percorsi.

Soprattutto i big, dovranno pensare a preservarsi, anche per quel riguarda calli e vesciche a mani e fondoschiena
Soprattutto i big, dovranno pensare a preservarsi, anche per quel riguarda calli e vesciche a mani e fondoschiena
E poi c’è Enric Mas: uno spagnolo, con squadra spagnola sul pavé… Se fossi il suo direttore sportivo cosa gli diresti?

Ah, ah – ride Ballan – andrei nel panico anche io! Gli direi di seguire gli uomini di classifica e soprattutto quelli che hanno una buona squadra. Ma questa indicazione arriverà a molti e per lui non sarà facile. Mas potrebbe pagare parecchio: non ha esperienza sul pavé ed è in una squadra che non ha certe corse nelle corde.

Ci sono poi gli Ineos-Grenadiers, con Martinez e Thomas: come li vedi?

In teoria come squadra non dovrebbero avere problemi. Di sicuro Martinez avrà più difficoltà di Geraint. Io Thomas me lo ricordo che correva sempre le classiche del Nord. Tra gli uomini di classifica è il più avvantaggiato. Però sono curioso di vedere per chi correranno. Lui può aiutare Martinez.

Secondo te con un Tour vinto e gli ottimi segnali dati al Giro di Svizzera si metterà a disposizione di Martinez?

Thomas potrà anche cercare di avvantaggiarsi su Martinez in questa tappa, ma ormai ha una certa età e non so quanto potrà tenere sulle tre settimane. Non dimentichiamo che dalla vittoria del suo Tour sono passati un bel po’ di anni (era il 2018, ndr). Alla fine rischia di essere un boomerang per loro. Potrebbero trovarsi cn entrambi gli uomini fuori classifica se non fanno subito certe scelte.

Altri outsider?

Mi viene in mente O’Connor. Un buon giovane, interessante, ma credo che pagherà dazio. Poteva aiutarlo, e tanto, Greg Van Avermaet, ma non ci sarà in quanto non al meglio.

Colbrelli lo scorso anno ha usato i tubeless sulle pietre. Solo a fine gara, misurando la pressione delle gomme, si è accorto di aver forato
Colbrelli lo scorso anno ha usato i tubeless. Solo a fine gara, misurando la pressione delle gomme, si è accorto di aver forato
Riguardo ai materiali invece ci sono differenze tra una Roubaix e una “Roubaix tappa del Tour”?

Una volta ce ne erano di più. Spesso si cambiavano i telai e si usavano telai più morbidi e con carri più lunghi. Oggi si sostituiscono le ruote nella maggior parte dei casi. Ruote più larghe con gomme più larghe e soprattutto tubeless. La presenza del liquido conta moltissimo. Io che testo anche i materiali, ho notato che i fori più piccoli neanche li senti e anche con quelli più grandi te la cavi. Una volta sono incappato in un bel buco. Usciva del liquido dalla gomma. Mi sono fermato. Ho premuto il dito per 10” precisi e si è chiuso. In questo modo non dico che vai all’arrivo, ma di certo non devi attendere l’ammiraglia e all’uscita dal settore c’è il meccanico per cambiare la ruota al volo.

Tutto ciò incide molto, specie per chi non è uno specialista. E’ un piccolo vantaggio…

Sì, anche perché come detto, c’è gente meno esperta e si presuppone che fori di più. Io tra Roubaix e Fiandre credo di non aver mai forato. Bisogna anche saperlo prendere il pavè. Se stai sulla “schiena dell’asino” non fori. O almeno è difficilissimo. Se invece corri sulla striscia di terra ai lati, scorri di più, ma sotto le tue ruote ci sono anche sassi e sporco. E poi un’ultima cosa…

Cosa?

Se dovesse piovere tutto si complicherebbe tantissimo. Specie gli ingressi nei settori. io paragono il pavè bagnato al ghiaccio. In questo caso aumenterebbero le quotazioni di Van Aert e della Jumbo-Visma.