Il prossimo a partire sarà Simone Gualdi, junior di secondo anno che dal 2024 correrà con la Circus-ReUz, “devo team” della Intermarché, avendo già in tasca un biennale per passare con la WorldTour dal 2026. Ormai la pista estera attira per tutte le questioni ben sollevate da Paolo Rosola. In Italia ci sono i talenti, all’estero ci sono i soldi. Ma quanti riescono davvero? Quanti i successi? E quanti i fallimenti?
Il meccanismo è chiaro e alla luce del sole. Salvo un paio di eccezioni, gli squadroni non si muovono, ma aspettano. I procuratori intercettano i ragazzi con i risultati migliori e poi li offrono sul mercato. E dato che in Italia c’è poco al di fuori della Green Project-Bardiani e della Eolo-Kometa, è palese che le offerte migliori arrivino dall’estero. La domanda che viene da farsi è se tutto questo anticipare sia davvero necessario e utile: non c’è alcuna risposta da offrire, per il semplice fatto che a nessuno interessa darla. Si va avanti così, sempre più velocemente.
Lefevere ha colto benissimo le problematiche della caccia sfrenata al talento: bene le vittorie, non dimentichiamo i fallimentiLefevere ha colto benissimo le problematiche della caccia sfrenata al talento: bene le vittorie, non dimentichiamo i fallimenti
Il dubbio di Lefevere
E’ stato interessante un paio di giorni fa leggere su Het Nieuwsblad le riflessioni sul tema di Patrick Lefevere. Il manager belga ha più pelo sullo stomaco di tutti gli altri messi insieme, ma al contempo ha addosso la storia del ciclismo e in qualche modo si rende perfettamente conto dell’anomalia. Farà qualcosa per correggere la rotta? Assolutamente no.
«Una tendenza che continua nel ciclismo: la caccia ai migliori giovani. Partecipano tutte le squadre – ha detto a Jan-Pieter de Vlieger – noi compresi. Ad essere onesto, non sono sicuro di come posizionarci al meglio in questa guerra per il talento. Tutti cercano il nuovo Tadej Pogacar, il nuovo Remco Evenepoel o il nuovo Juan Ayuso. Ma parliamo di bambini. Ragazzi e ragazze che possono continuare o meno gli studi a 18 anni, che sono amati o non amati, che scoprono il mondo e che soprattutto vogliono continuare a correre.
«Il mio dilemma è questo – si chiede – allinearmi a tutti gli altri oppure aspettare fino a quando ci sarà stata la prima selezione e i veri talenti saranno venuti a galla? Il buon senso indica la seconda opzione, ma poi ti accorgi che le squadre fanno firmare ai loro migliori talenti dei contratti molto lunghi. Succede a tutti i livelli: padre e figlio Reverberi ne fanno un modello di guadagno per il team Bardiani. Danno un contratto a lungo termine a bravi corridori giovani, nella speranza che poi vengano riscattati dal WorldTour. Quindi la cinica considerazione finanziaria da fare è la seguente: proporre contratti agli adolescenti, unendosi ai manager che praticano il gioco della domanda e dell’offerta, oppure guardarli firmare altrove e accettare che portarli via avrà poi un costo superiore?».
Simone Gualdi corre con il GS Cene, dal prossimo anno sarà alla Circus-ReUz, attuale squadra di BusattoSimone Gualdi corre con il GS Cene, dal prossimo anno sarà alla Circus-ReUz, attuale squadra di Busatto
L’esempio di Tratnik
Lefevere va avanti con la sua disamina, mostrando come ogni squadra abbia un preciso bacino da cui pescare. Ad esempio la Jumbo-Visma ha particolari attenzioni per i giovani scandinavi, avendo campioni di riferimento come Vingegaard e Foss e perché magari un colosso come Visma, dal budget miliardario, potrebbe diventare il primo sponsor con l’uscita annunciata di Jumbo. Idem, dal suo punto di vista, la famiglia Reverberi si dedica al mercato italiano. Ma quel che risulta interessante e in qualche modo è un accenno di risposta alla domanda da cui siamo partiti è l’osservazione che il belga propone su Jan Tratnik, attuale punto di forza della Jumbo-Visma (in apertura all’ultima Liegi), dopo esserlo stato al Team Bahrain Victorious.
«Nel 2011 – prosegue Lefevere – abbiamo ingaggiato Jan Tratnik, allora un ventenne molto interessante. Veniva dalla piccola continentale slovena: la Zheroquadro Radenska. Non ha funzionato affatto: lottava con l’alimentazione, il peso saliva e scendeva e alla fine ha avuto problemi psicologici. Ha lasciato dopo una stagione. E’ tornato per cinque anni in squadre continental per riemergere alla CCC. Se dopo un percorso del genere, è riuscito a raggiungere il livello che ha oggi, io mi tolgo il cappello.
«La sua storia dimostra che ogni corridore ha la sua traiettoria e il suo tempo. Il problema è che ricordiamo le storie di successo e dimentichiamo i fallimenti. Quasi tutti i miei colleghi pensano che la caccia ai giovani talenti sia condotta con troppa ferocia. Ma nel frattempo continuiamo a fare offerte l’uno contro l’altro. Per cui, nonostante ciò, per la Soudal-Quick-Step c’è davvero solo una vera opzione: partecipare alla corsa per il successo».
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La prima fu Mapei, che mise il suo nome su quelle maglie a cubetti e, facendo la storia del ciclismo, si fece conoscere nel mondo. Adesso c’è Soudal. L’azienda belga, prima al mondo nella produzione di siliconi e sigillanti, ha lasciato la Lotto per diventare primo nome in casa di Lefevere e ha trovato nel ciclismo una grande comunione di intenti e valori. Durante la presentazione della Soudal-Quick Step a Popsaland, il fondatore Vic Swerts parlò di passione, squadra, condivisione e famiglia. Lo fece con un tale trasporto da far scattare la curiosità: che cosa c’è di così magnetico nel ciclismo?
La Fattoria Pieve a Salti è diventata la base dei team Soudal durante la Strade BiancheLa Fattoria Pieve a Salti è diventata la base dei team Soudal durante la Strade Bianche
Con Soudal in Toscana
Non potendo arrivare nell’immediato a Victor Theresia Gerardus Gustavius baron Swerts (questo il nome completo dell’ottantaduenne di Turnhout), abbiamo approfittato della Strade Bianche per incontrare Mario Sorini, toscano, Direttore Generale di Soudal Sud Europa.
Nel ciclismo arrivò lui per primo, quando decise di sponsorizzare la squadra di mountain bike di Stefano Gonzi. Per questo nei giorni della classica toscana, la Fattoria Pieve a Salti (che della stessa squadra è pure sponsor) si è trasformata nel quartier generale Soudal, accogliendo anche il team WorldTour con Alaphilippe e compagni.
«In passato – ammette sorridendo Sorini, con la sua cadenza toscana – non ero un grande fan di questo sport. Il ciclismo è capitato perché un giorno con un amico decisi di prendere una mountain bike per fare qualche giretto il sabato e la domenica e in quell’occasione mi fu chiesto di sostenere una squadra di mountain bike. Quella di Stefano Gonzi, appunto. Decisi di provare e da lì nacque la passione».
Mario Sorini è Direttore Generale di Soudal Italia e responsabile per il Sud Europa. E in azienda da 20 anniMario Sorini è Direttore Generale di Soudal Italia e responsabile per il Sud Europa. E in azienda da 20 anni
E’ vero che Soudal Italia è arrivata nel ciclismo in Italia prima che in Belgio?
In Belgio, Soudal è un’azienda famosa. Ma è vero che a un certo punto il mio capo vide quello che stavamo facendo in Italia e decise di investire sulla Lotto-Soudal. Anche loro sono sempre venuti qui a Pieve a Salti, anche se negli ultimi due o tre anni non è andata benissimo. Comunque l’impegno nel professionismo è iniziato così.
Quali sono i punti in comune fra questo sport e un’azienda così grande?
Penso che il ciclismo accomuni le persone. Aprendo la filiale italiana, anche noi abbiamo lavorato nella stessa direzione. Quando sono arrivato vent’anni fa, Soudal era un marchio completamente sconosciuto e lavorando insieme, abbiamo aiutato professionisti che non si conoscevano a risolvere i loro problemi. Abbiamo creato un vero spirito di squadra.
La Soudal-Lee Cougan è una squadra di riferimento nel mondo delle Marathon (foto Facebook)La Soudal-Lee Cougan è una squadra di riferimento nel mondo delle Marathon (foto Facebook)
Basta questo per scegliere di investire nel ciclismo?
Nel ciclismo non c’è troppa faziosità. L’atleta che vince è un capitale di tutti, non c’è l’agonismo spinto del calcio. Il pubblico tifa per tutti gli atleti. Nel ciclismo si apprezza il lavoro in team, cioè tutta la squadra lavora insieme.
In azienda vivete secondo gli stessi valori?
Direi proprio di sì. Abbiamo impostato questo metodo, affinché tutti possano vivere l’azienda come una famiglia. Credo che anche in Italia siamo riusciti a trasmettere questo spirito. Abbiamo cominciato da zero, creando la squadra in azienda e fuori, facendo gruppo anche con i nostri clienti. E così facendo, siamo riusciti a far conoscere il marchio.
Jakobsen campione d’Europa, Merlier del Belgio, Evenepoel del mondo e Cavagna di FranciaJakobsen campione d’Europa, Merlier del Belgio, Evenepoel del mondo e Cavagna di Francia
Il ciclismo come motivo di aggregazione?
Da quest’anno abbiamo individuato quattro manifestazioni che i nostri distributori potranno sfruttare per aggregare i loro clienti. Questo ci servirà a far conoscere di più Soudal, ma soprattutto a creare attorno a noi un gruppo compatto. Se vogliamo della professionalità e attori che lavorino nel mondo dell’edilizia e della riqualificazione energetica, c’è la necessità di stare più insieme per crescere professionalmente. E il ciclismo si presta particolarmente.
Di quali manifestazioni parliamo?
Di quelle che raggruppiamo sotto la definizione Soudal Experience. Per cui dopo la Strade Bianche ci saranno la Legend Cup di Capoliveri, la Nove Colli e la Nova Eroica a Buonconvento per la quale un nostro cliente importante ha già comprato tutti i pacchetti a noi riservati per organizzare un evento con la sua clientela. I nostri clienti potranno divertirsi per una giornata con le loro famiglie e con i loro amici e magari ritagliarsi anche un momento in cui si vorranno approfondire alcune tematiche.
Fra le quattro manifestazioni di Soudal Experience c’è la Nova Eroica di Buonconvento (foto Facebook)Fra le quattro manifestazioni di Soudal Experience c’è la Nova Eroica di Buonconvento (foto Facebook)
E’ davvero pensabile che un’azienda così grande possa vivere come una sola squadra?
C’è stata una svolta. Abbiamo lavorato una vita per conto terzi, ma negli ultimi 18 anni si è deciso di puntare sul nostro marchio e l’azienda è stata stravolta. Sono state fatte tantissime acquisizioni e sono venuti gli investimenti. Alla base c’è un forte spirito di gruppo, di team e di famiglia. E’ quello che si respira in Belgio, per la precisa volontà del nostro titolare di lavorare e considerare tutte le persone come una grande famiglia di più di 3.000 persone.
Numeri decisamente importanti…
Siamo quasi in 80 Paesi con filiali dirette, poi produciamo in India, in Cina, in Corea, in Turchia e adesso in Francia. In ciascuna di queste sedi c’è lo spirito che Swerts trasmette in prima persona. La nostra azienda ascolta molto le persone, prende il meglio da tutti i componenti della squadra.
Soudal è il primo gruppo al mondo per siliconi e sigillanti. Da poco ha lanciato prodotti per la cura della biciSoudal è il primo gruppo al mondo per siliconi e sigillanti. Da poco ha lanciato prodotti per la cura della bici
In che modo lo spirito belga si trasferisce ad esempio in Italia?
Vogliamo che i nostri distributori abbiano a loro volta lo stesso atteggiamento verso i loro clienti. Per questo Soudal sta costruendo una serie di scuole di formazione e di qualifica sul territorio italiano, per far sì che gli operatori si possano qualificare e diventare più esperti. L’obiettivo è quello di innalzare il livello qualitativo dei professionisti.
Che tipo di vetrina vi offre il ciclismo?
Il ritorno economico è difficile da misurare. Certamente per un’azienda che era sconosciuta, ciclismo significa innanzitutto visibilità. Non è stato facile farci conoscere. Con Lotto, si era stabilito che fuori dal Belgio saremmo stati Soudal-Lotto, ma il messaggio non è mai passato. Adesso non potevamo pensare di cancellare il nome Quick Step, ma almeno il nostro è davanti. Certamente in un momento di notorietà come questo che stiamo vivendo, la nostra società sta crescendo ancora a doppie cifre. Quindi riteniamo di aver indovinato la ricetta giusta e di essere riusciti a trasferire questo spirito di squadra.
Nella sera dopo la Strade Bianche, cena di festa: Sorini e Lefevere, all’inizio della collaborazioneNella sera dopo la Strade Bianche, cena di festa: Sorini e Lefevere, all’inizio della collaborazione
La visione di Vic Swerts insomma è di grande modernità…
Ritengo che lui sia più moderno di alcuni suoi manager. A volte gli vediamo fare delle acquisizioni che sul momento ci possono trovare anche critici. Acquisiamo 3-4 aziende ogni anno e a volte capita di chiedersi il perché di certe scelte. Poi ci rendiamo conto che il capo ha visto più lontano di noi e che certe scelte fatte qualche tempo prima sono la base per acquisizioni successive che necessitavano tecnologie che a quel punto ci ritroviamo già in casa.
Oggi Sorini è tifoso di ciclismo?
Il ciclismo è cambiato. Il Giro d’Italia e altri tipi di manifestazioni sono molto più legati al territorio e questo non è da sottovalutare. Quando si vedono tutte le riprese dei paesaggi, mi rendo conto che il ciclismo sia un grande link con il territorio, quindi anche con il valore delle nostre regioni, con il cibo italiano, la cultura e il nostro modo di vivere. Ho colleghi belgi che stanno acquistando molte proprietà in Italia. Noi italiani effettivamente non abbiamo una grande industria, devo dire quindi che è intelligente sfruttare l’industria del turismo.
A 24 ore dalla crisi più nera, Remco risorge e vince per distacco. Come è possibile? Ne abbiamo parlato con Vincenzo Nibali. E forse un'idea adesso c'è
«Nel WorldTour femminile c’è un problema legato al salario minimo. Non si può pagare 60.000 euro un’atleta che non è in grado di gareggiare. Una cifra difficile da giustificare». Si è un po’ smorzata l’eco delle parole di Patrick Lefevere, uno che ogni volta che parla smuove le acque o solleva un polverone.
Per la verità il 68enne general manager della Soudal-Quick Step e del team continental femminile AG Insurance ha usato bastone e carota nel trattare un argomento che lo riguarda da vicino. Nel corso delle sue dichiarazioni rilasciate in Belgio, Lefevere ha infatti affermato di credere appieno nel potenziale del movimento femminile tanto da aver cambiato idea sul tema rispetto ad un paio di stagioni fa, decidendo di investire budget importanti. Sulla scia di queste affermazioni abbiamo voluto sentire il parere di Luca Guercilena, general manager della Trek-Segafredo, che ha fortemente voluto la parità di trattamento sia per uomini che donne nella sua squadra e che ha lavorato con Lefevere fin dai tempi della Mapei.
Luca Guercilena è il general manager della Trek-Segafredo che dal 2019 ha un team femminileGuercilena è il general manager della Trek-Segafredo che dal 2019 ha un team femminile
Luca cosa ne pensi di quello che ha detto il tuo ex collega?
Secondo me bisogna fare una valutazione come premessa. Dal 2019 ad oggi il ciclismo femminile è cresciuto in maniera esponenziale. Ha avuto tanta attenzione mediatica, spinta anche da messaggi etici, come l’uguale considerazione con gli uomini in questo sport. Negli ultimi anni possiamo dire che la situazione sia esplosa e il movimento, o parte di esso, è stato costretto a fare delle scelte.
Intendi proprio quelle di tipo economico?
Sì, ma non solo. Siamo tutti consapevoli che il volume di cicliste di alto livello non fosse molto grande prima. Normale quindi che ci fossero ragazze che venissero pagate oltre la media. Adesso c’è quasi un centinaio di atlete competitive, perché tutte possono allenarsi come si deve proprio perché percepiscono un salario minimo, che permette loro di vivere. L’anno scorso, ad esempio, tra Giro Donne, Tour Femmes e Vuelta abbiamo visto una buona qualità media per questo motivo. Alla fine è stata una scelta che ha dato dei frutti. Le gare sono belle da vedere, anche se ancora qualche tattica può essere rivedibile.
Per Guercilena una come Balsamo nei prossimi anni potrebbe guadagnare come un top rider maschilePer Guercilena una come Balsamo nei prossimi anni potrebbe guadagnare come un top rider maschile
Quindi lo stipendio minimo di cui parlava Lefevere è giustificato?
E’ giusto che tutte vengano pagate in modo adeguato o proporzionale perché le carriere ormai sono sempre più veloci. Vi do alcuni parametri. La base salariale lorda prevede circa 27.000 euro per le neopro’ dipendenti e 44.000 euro per le neopro’ autonome. Mentre sono circa 32.000 euro per le elite dipendenti e circa 52.000 euro per le elite autonome. Detto questo, il movimento economico attorno al ciclismo femminile è ancora in crescita. Per me da qua a tre anni si posizionerà al livello di quello maschile. Non mi stupirei se una atleta venisse pagata un milione di euro. In gruppo ce ne sono già che lo valgono. E penso a Van Vleuten, Wiebes o Balsamo. Da noi alla Trek-Segafredo, come sapete, le atlete partono dal mimino salariale previsto per gli uomini, ovvero 65.000 euro.
Secondo te le cicliste come possono aver reagito alle affermazioni di Lefevere?
Posso dirvi che con le mie ragazze ne ho chiacchierato spesso. Loro sostengono giustamente che ci voglia un minimo salariale anche sotto il WorldTour. D’altronde si sa che ci sono squadre che pagano poco o nulla. Tuttavia le mie stesse ragazze sono consapevoli che mancando una categoria cuscinetto come le U23, le giovani vengono catapultate in realtà troppo grandi per loro.
Sperando di trovare nuovi talenti come Realini da far crescere, Guercilena pensa ad un futuro Devo Team femminileSperando di trovare nuovi talenti come Realini da far crescere, Guercilena pensa ad un futuro Devo Team femminile
L’UCI potrebbe fare una ulteriore riforma nel femminile su questo aspetto?
Andando avanti ci sarà sempre più la corsa ad avere le licenze WT per poi andare ad allestire un development team magari legato al territorio. E lì a quel punto potrai far crescere le giovani di cui parlavamo prima. Credo che sarà inevitabile questo passaggio.
Anche per la Trek-Segafredo?
Sì, ci stiamo pensando sul medio termine. Stiamo buttando un occhio in giro e vedere che opportunità ci sono per trovare ragazzine talentuose. Dal 2024 potremmo fare un devo team in cui fare crescere con tranquillità.
Voi vi siete sempre contraddistinti per la parità di trattamento, ma c’è mai stato tra maschi e femmine un atleta che Luca Guercilena si è pentito di aver pagato troppo?
No, mai. La Trek-Segafredo è sempre stata una fautrice dell’ingaggio minino uguale perché noi ragioniamo come una squadra unica tra uomini e donne. Certo ci sono ragazzi in generale che hanno reso di più o di meno come capita spesso, ma siamo soddisfatti al 100 per cento di tutti quelli che sono stati con noi. Siamo sempre stati fortunati ad aver avuto atleti di alto livello. Magari mi sento di dire che alcuni aspetti regolamentari si possono indicizzare. Chi resta a casa per la maternità non la si può sostituire se non prendendo una ciclista dalle continental. Oppure la figura del procuratore che non ha una associazione propria andrebbe regolamentata.
A luglio ci sono Giro Donne e Tour Femmes. Secondo Guercilena vanno cambiate le dateA luglio ci sono Giro Donne e Tour Femmes. Secondo Guercilena vanno cambiate le date
Molte caratteristiche del WorldTour femminile si legano fra loro. Ce ne sono alcune che possono cambiare ancora?
Bisogna trovare il giusto mix tra il buono del maschile e quello del femminile. Bisogna prendere le misure alla crescita ed evitare che il calendario diventi iper fitto. Che poi porta le logistiche ad impazzire. Ad esempio, credo che il format da dieci giorni delle grandi gare a tappe sia più che soddisfacente, anche perché bisogna tenere conto dell’aspetto fisiologico della donna. Poi non si possono avere Giro e Tour a luglio. Oppure la Vuelta a maggio dopo tutta la campagna delle classiche considerando i roster attuali. Se a medio-termine li porteranno a venti atlete, allora si potrà pensare a gare di due settimane o più lunghe come chilometraggio. Ma io vorrei che si evitassero gli errori del maschile.
Ciccone riparte dalla Spagna con la voglia di ritrovare le sensazioni del Giro e grande bisogno di fortuna. Nibali addio. E qualche critica da rispedire
Sarebbe tramontata la fusione fra Soudal e Jumbo. Ma il periodo trascorso lascerà cicatrici negli ambienti coinvolti. Colpa di una gestione incompetente
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Al Centro Canottieri Olona c’è una saletta privata che Garmin ha utilizzato come ritrovo per i giornalisti e gli invitati all’evento di cui vi abbiamo raccontato. All’interno di questa saletta, seduto su un divanetto, c’è Alessandro Ballan. La discussione parte dai rulli che andremo a provare e il campione del mondo di Varese 2008 racconta l’evoluzione di questi sistemi.
«Quando correvo io le Classiche del Nord – racconta Ballan – gli smart trainer non esistevano e ci si doveva allenare in ogni condizione atmosferica. Mi ero fatto fare artigianalmente dei rulli classici ma facevo una mezz’ora o quaranta minuti al massimo, senza lavori specifici. Avevo anche un “ciclomulino” con il quale riuscivo a fare potenziamento e qualche lavoro, ma mi mancava il controllo dei dati».
Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del NordCon l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord
Le prime esperienze
Nell’intervista fatta con Filippo Ganna era emerso il tema dell’esperienza nelle Classiche del Nord. Approfittando della presenza di Ballan, affrontiamo il discorso anche con lui. Alessandro racconta proprio di quanto le sue esperienze lo abbiano aiutato ad emergere.
«In questo genere di corse – dice Ballan – ce ne vuole proprio tanta di esperienza: conoscere i percorsi ed i punti cruciali è fondamentale. Sapere dove avverrà la selezione o il tratto nel quale un corridore potrebbe scattare. Se in quei frangenti ti fai trovare in trentesima posizione, non sei tagliato fuori, ma sprechi un casino di energie.
«Errori così li ho pagati tanto in tutte le gare del Nord, ma soprattutto alla Roubaix. Per me quella è stata una corsa sfortunata. Nelle prime tre edizioni che ho disputato sono caduto ben sei volte. All’inizio l’ho odiata, non mi piaceva, ma quando è arrivato il primo terzo posto (nel 2006, ndr) ho capito che poteva essere per me. Purtroppo ho avuto degli episodi durante la mia carriera che mi hanno impedito di correrla con continuità e non sono mai riuscito a trovare il ritmo. E’ vero anche che nel corso delle ultime stagioni abbiamo avuto delle “mosche bianche” come Colbrelli che alla prima edizione è riuscito a vincerla. Io questo non me lo spiego – dice con una risata – se guardo a quel risultato mi dico che è impossibile».
La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo BallanLa vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan
Tanti fenomeni
I fenomeni, o comunque grandi campioni, che hanno ottenuto risultati importanti alla prima partecipazione nelle Classiche del Nord, esistono. Basti pensare a Pogacar, lo sloveno l’anno scorso ha fatto il diavolo a quattro e per poco non vinceva il Giro delle Fiandre.
«Sono corridori, in particolare Sonny – parla Ballan – che arrivano con una grande condizione. Anche se, devo essere sincero, se fossi arrivato alla mia prima Roubaix con la condizione di Varese 2008 non avrei mai pensato di poter vincere.
«Sono gare che necessitano di conoscenza del percorso e di fortuna. Perché non è solo un punto ma sono tanti, devi essere sempre concentrato. Fare le gare prima ti aiuta a conoscere il percorso. Il Fiandre va a riprendere i percorsi dell’ E3 Harelbeke, di De Panne, di Waregem (ora Dwars Door Vlaanderen, ndr). Si prendono i muri da altri lati ma fare quelle gare aiuta molto. Aiuta a conoscere gli avversari, a capire chi sta bene. Puoi studiarli».
Pogacar al suo primo Fiandre ha fatto il diavolo a quattro, ma gli è mancata l’esperienza per vincerlo…Van Der Poel ha approfittato della cosa e ha vinto il suo secondo FiandreDue anni prima, nel 2020, aveva battuto in volata Van AertPogacar al suo primo Fiandre ha fatto il diavolo a quattro, ma gli è mancata l’esperienza per vincerlo…Van Der Poel ha approfittato della cosa e ha vinto il suo secondo FiandreDue anni prima, nel 2020, aveva battuto in volata Van Aert
I punti di riferimento
Quando le strade sulle quali corri sono larghe due metri e una curva fatta dalla parte sbagliata ti potrebbe tagliare fuori dalla lotta per la vittoria, allora devi trovare dei punti di riferimento.
«Quelli sono importantissimi – precisa l’ex campione del mondo – sapere dove sei aiuta. Sul manubrio hai la lista dei muri e quando leggi un nome hai un riferimento. Per esempio sai che alla fine di quel muro ci sarà la stazione del treno».
«Le differenze tra Fiandre e Roubaix non sono poi così ampie. Dovete pensare ai tratti di pavé della Roubaix come a dei muri. Arrivi lanciato, cali di velocità ed esci dal settore che vai davvero piano. Se sei bravo riesci a “galleggiare” sulle pietre e a non perdere velocità.
«I tratti più difficili della Roubaix sono la Foresta di Arenberg e il Carrefour de l’Arbre. La foresta è dritta ma sale, anche solo dell’uno o due per cento ma si sente e lì per non “piantarti” devi essere forte. Il secondo, invece, ha delle curve che sono micidiali. E per non cadere devi saper guidare la bici benissimo».
L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)
Il regno dei belgi
Le Fiandre sono il regno dei corridori belgi. Loro che nascono e crescono su queste strade ne hanno una conoscenza ineguagliabile. E’ difficile competere con corridori del genere, soprattutto se mettono in campo anche l’astuzia.
«Sull’Oude Kwaremont – spiega ancora Alessandro – i corridori della Lotto e della Quick Step mettevano in atto il loro piano. Ai piedi del muro le indicazioni che i corridori hanno alla radiolina sono uguali per tutti: stare davanti. Così ti trovi duecento corridori che fanno la volata per arrivare davanti alla curva prima del muro. Poi normalmente i cinque o sei corridori davanti abbassavano la velocità (quelli della Lotto e della Quick Step, ndr) e una volta che si saliva sul pavé rallentavano ancora di più. Quando gli ultimi mettevano giù il piede per la velocità troppo bassa partivano a tutta, così dietro erano costretti a fare uno sforzo disumano per stare al passo».
Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a dueBallan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due
La capacità di guida
Questo particolare, che proprio di particolare non si tratta, non va sottovalutato. La capacità di guidare la bici è fondamentale per emergere dai tratti difficili e dalle situazioni che si vengono a creare.
«Mi viene in mente Dario Pieri – dice Ballan – lui aveva una capacità di guidare sul pavé incredibile. Come lui ne ho visti pochi: Franco Ballerini, Tafi, Museeuw, Boonen. Sono corridori che riuscivano a galleggiare.
«C’è un’aneddoto su Lefevere, ai tempi di quando correvo io. Ad ogni Roubaix si metteva sul terzo tratto di pavé e guardava i primi quaranta corridori uscire. A seconda del movimento delle spalle e delle braccia riusciva a capire quali erano corridori che stavano benee che fossero in grado di fare la differenza nel finale. Questo per far capire che è uno stile».
«Un altro dettaglio: ho sempre visto che chi arriva da altre discipline, che sia pista, BMX, ciclocross o mtb, ha un’altra capacità di guidare la bici. Quando c’è una caduta riescono a gestire la bici in maniera diversa rispetto a chi, come il sottoscritto, ha solo corso su strada. Hanno coraggio ed una dimestichezza diversa, Van Der Poel e Van Aert sono un esempio».
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridataL’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata
Quanto conta la mente
In corse del genere la testa fa tanto la differenza, la mente gioca un ruolo chiave tra la vittoria e la sconfitta.
«E’ vero – afferma Ballan – quando alle prime partecipazioni prendi le batoste non devi arrenderti. Questa è già una prima selezione, ci sono corridori che dopo la prima Roubaix o il primo Fiandre, gettano la spugna. Io ho fatto l’ultima parte della mia carriera coinvolto nell’indagine (Lampre, ndr) che mi ha tenuto in ballo per sei anni. Da dopo Varese mentalmente parlando non ero libero, il mio pensiero era costantemente occupato da tribunale, avvocato… Non ho potuto fare gli ultimi anni della mia carriera come avrei voluto, Ballan c’era ma non era a posto con la testa».
«Dopo essere stato assolto, feci una dichiarazione nella quale dissi: “Mi basterebbe avere indietro le ore di sonno che ho perso in questi sei anni”. Io capisco Pantani, perché mi sono trovato nella stessa situazione. Per fortuna ero già sposato, avevo le bambine e dei punti fissi sui quali andare avanti. Se in quel momento avessi trovato una qualsiasi cosa che non mi avesse fatto pensare ai miei problemi l’avrei presa. La mia famiglia mi ha salvato».
«Se io fossi un corridore da classiche – dice Tafi – vorrei correre là. La squadra di Patrick Lefevere è un riferimento. Magari non è la Jumbo Visma con tutti quei soldi. Però per le classiche e i velocisti sono i numeri uno. Cavendish è andato via, ma è dovuto tornarci per essere di nuovo protagonista».
La squadra ideale
Si diceva l’altro giorno, scrivendo il pezzo sui consigli di Tafi a Ballerini per la Roubaix, di come il discorso avesse preso il largo, andando a esplorare perché il canturino avrà vantaggi dal correre in un simile squadrone. Andrea con Lefevere ha corso, quando il manager belga era a sua volta alla Mapei e con lui ha centrato proprio la Roubaix.
«Nel suo gruppo – spiega – ci sono persone che danno la giusta motivazione. Se arrivi là che sei un buon corridore, sono capaci di aumentare le tue potenzialità. Sarebbe nuovamente la mia squadra, come fu a suo tempo. Se fossi ancora un corridore per quel tipo di corse, le classiche, starei lì anche a costo di guadagnare un po’ meno. Puoi andartene per monetizzare, ma il rischio di sparire è troppo alto. Meglio avere attorno la squadra con cui essere protagonista».
Roubaix 1999, vince Tafi. Ai suoi lati, Peeters e Steels, ancora oggi colonne portanti del team di LefevereRoubaix 1999, vince Tafi. Ai suoi lati, Peeters e Steels, ancora oggi colonne portanti del team di Lefevere
L’occhio ai Giri
Con Lefevere ammette di sentirsi spesso. Tafi continua a frequentare i luoghi del Nord e quando si fa parte della cerchia di quei campioni, anche dopo anni ci si sente sempre parte della famiglia. Si gode di un riconoscimento speciale. Quello della gente che ti ferma per un autografo, quello dell’ambiente.
«E’ vero – ammette – con Patrick ci sentiamo spesso e mi diceva che adesso sta spostando l’asticella anche verso le corse a tappe. Se hai un Evenepoel così, non puoi fare diversamente. E di recente mi ha detto che se avesse il budget delle squadre più blasonate, riuscirebbe a comandare anche nei Giri. E’ un motivatore, sa come fare la squadra. Ogni strategia che mettono in atto è certamente per trarne vantaggio anche sul piano commerciale, ma anche per creare l’amalgama giusta. E a questi livelli la motivazione fa la vera differenza».
Quarta tappa del California 2007, vinta da Bettini per tanto così allo sprint su Gerald CiolekQuarta tappa del California 2007, vinta da Bettini per tanto così allo sprint su Gerald Ciolek
Amico di tutti
«E poi avete fatto caso a una cosa?». Tafi rilancia e la curiosità ci coglie: a cosa avremmo dovuto fare caso?
«Nonostante sia uno dei manager di maggior prestigio -risponde con l’arguzia toscana – Patrickriesce ad essere amico di tutti. Non se la tira, ha sempre una battuta per chiunque. Conosce tutti e si ricorda di tutti. A distanza di tanti anni, ha un carisma incredibile. “Sono il manager – dice spesso – ma so anche stare con la squadra”. Si è circondato di persone fatte a sua immagine e trasmette loro la sua personalità. In questo modo la squadra ha sempre l’ambiente giusto».
Evenepoel ha indicato Cattaneo tra i suoi uomini più importanti. Abbiamo commentato le sue parole con Mattia, per farci spiegare il suo salto di qualità
«E’ arrivata l’ora di puntare veramente in alto. Sembra difficile da dire, ma il mio sogno è uno e resterà sempre quello: la Roubaix. Cercherò di provarci fino in fondo, anche se bisogna che i satelliti si allineino nel punto giusto e al momento giusto. Però finché non ci credi, di sicuro non si avvererà mai nulla».
Con questo destino scritto nel nome, Davide Ballerini ha iniziato la settima stagione fra i professionisti. E come accade ogni volta che ci soffermiamo sullo strano incrocio, il ricordo di Franco torna a galla. Questa volta abbiamo bussato alla porta di Tafi, amico e anche rivale.
Ottobre 2022, Davide Ballerini ha appena vinto la Coppa Bernocchi e festeggia con AlaphilippeOttobre 2022, Davide Ballerini ha appena vinto la Coppa Bernocchi e festeggia con Alaphilippe
Il San Baronto nel mezzo
I due vivevano sulle pendici opposte del San Baronto: Casalguidi per Franco, Lamporecchio per Andrea. Quel monte è un confine naturale, con i campanilismi ciclistici contrapposti capaci di scatenare vere e proprie contese. Gli ultimi alfieri sono stati forse Visconti e Nibali, ma questa è un’altra storia.
Ballerini e Tafi furono compagni di squadra alla Mapei, in tante campagne del Nord e anche nelle due Roubaix vinte dal Ballero. Nel 1995, Tafi chiuse in 14ª posizione. Nel 1998 fu secondo, mentre terzo si piazzò Peeters, anche lui della Mapei e oggi direttore sportivo di Ballerini (foto di apertura).
Quando poi Ballerini lasciò la Mapei, fu la volta di Tafi che nel 1999 vinse la Roubaix. Mentre nel 2002, l’anno dopo il ritiro di Franco, vinse il Fiandre.
I due hanno trascorso la carriera insieme. Qui al Grand Prix Breitling del 1998, cronocoppie in GermaniaI due hanno trascorso la carriera insieme. Qui al Grand Prix Breitling del 1998, cronocoppie in Germania
Tafi dà consigli a Ballerini su come vincere la Roubaix… Non ti sembra un po’ strano?
Abbastanza (ridacchia, ndr). Però fa tornare un po’ indietro negli anni, quando era Franco che dava consigli a me. E’ un modo strano per ricordare un grandissimo amico, con cui davvero ho condiviso periodi indimenticabili, in cui ci osservavamo l’un l’altro per capire come stessimo lavorando.
Perché la Roubaix, come forse solo la Sanremo, si attacca così tanto al cuore di certi corridori?
La Roubaix è la corsa di un giorno più bella e più impegnativa al mondo. Con tutto quello che si può dire sui sassi e il fatto che è fuori dal tempo, è la più bella. Anche Bettiol quest’anno vuole puntarci. Ha corso su quelle strade al Tour ed è tornato innamorato. Non è per tutti, servono attitudine, motivazione e voglia. Però poi è la corsa che ti può dare il timbro di campione. Se vinci la Roubaix o il Fiandre entri a far parte di un circolo piuttosto esclusivo.
Aprile 1999, da solo con la maglia tricolore: arriva la vittoria con una vera impresaAprile 1999, da solo con la maglia tricolore: arriva la vittoria con una vera impresa
Ballerini ha 28 anni, quanta esperienza serve per poterla vincere?
Fino allo scorso anno, avrei risposto in un modo. Poi però è arrivato Sonny Colbrelli che l’ha vinta al primo tentativo. Il ciclismo è cambiato moltissimo, sembra che gli anni passati dai miei tempi siano pochi, ma sono venti ed è cambiato il mondo. Noi parlavamo di esperienze da fare, oggi arrivano e sono subito pronti. Poi magari non dureranno allo stesso modo, ma io ho vinto il primo Monumento a 30 anni, il Lombardia. Evenepoel ha vinto la Liegi a 22, poi anche la Vuelta e il mondiale. Magari a 30 anni avrà già detto tutto, chi lo sa?! Per questo credo che anche Ballerini ormai sia pronto per puntare in alto.
Come te e Franco, avrà una bella concorrenza interna, che non è banale…
Non è affatto banale. La Mapei di allora che poi diventò Quick Step ha avuto dall’inizio la forte impronta per le classiche e grandi campioni per vincerle. Però a volte la concorrenza è meglio averla in casa che fuori, perché sai quale tattica faranno quei tuoi compagni così forti, che poi in corsa potrebbero diventare avversari.
La Roubaix del 1995, la prima di Ballerini. La seconda arriverà nel 1998 (foto di apertura)La Roubaix del 1995, la prima di Ballerini. La seconda arriverà nel 1998 (foto di apertura)
Come si fa a essere corretti e anticipare gli altri?
La prima cosa che dovrà fare Ballerini sarà farsi trovare pronto. E poi serve programmazione, la Roubaix non si improvvisa in 15 giorni. Devi prepararla e analizzarla con tutta la squadra.
Ci ha raccontato che l’anno scorso ha bucato due volte nella Foresta: la fortuna è così predominante?
La fortuna incide con una percentuale molto alta, ma alcune volte dipende dalle situazioni. Dal meteo, perché se c’è acqua non vedi bene le buche. Si fora perché magari prendi la traiettoria sbagliata e impatti male con le pietre, ma a volte sei costretto a farlo. Quando sei in gruppo, come nell’Arenberg, non hai troppa libertà di cambiare direzione. Certo due forature nella Foresta magari dicono anche altro.
Ballerini, doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…Doppia foratura nella Foresta di Arenberg e addio Roubaix. Il gruppo si allontana…
Ad esempio?
La prima può succedere per quello che ci siamo detti. La seconda potrebbe dipendere da errori dati dal nervosismo e dall’ansia di recuperare. Se buchi due volte lì dentro, sei spacciato.
Un italiano in un team belga ha gli stessi spazi?
E’ chiaro che a parità di valore, la squadra potrebbe preferire il corridore belga. Però Lefevere è un grande professionista e sa quello che deve fare: chi ha la condizione migliore ha un occhio di riguardo e la protezione di quel gruppo così forte.
Nel Borghetto che porta il suo nome, Andrea custodisce la pietra di Roubaix (foto Facebook)Il Borghetto Andrea Tafi si trova a Lamporecchio e ha ripreso bene dopo la pandemia (foto Facebook)Il pubblico che più approda a casa Tafi è quello dei cicloturisti (foto Facebook)Nel Borghetto che porta il suo nome, Andrea custodisce la pietra di Roubaix (foto Facebook)Il Borghetto Andrea Tafi si trova a Lamporecchio e ha ripreso bene dopo la pandemia (foto Facebook)Il pubblico che più approda a casa Tafi è quello dei cicloturisti (foto Facebook)
Si parlava di amore per la Roubaix e proprio tu nel 2018 hai provato a correrla di nuovo 13 anni dopo il ritiro. Perché?
Nel profondo c’era il richiamo della Roubaix. Insieme era anche il modo di fare capire quanto sia cambiato il ciclismo, a partire dalle bici. Proprio le forature rispetto a una volta sono un’altra cosa. Adesso per un po’ puoi continuare, prima ti fermavi sul ciglio e aspettavi l’ammiraglia. Se era fra le prime, forse ti salvavi, altrimenti addio. Sarebbe stato bello far vedere che la fine della carriera non è la fine del ciclismo, ma si può continuare a praticarlo stando bene fino ai 50 anni e anche oltre. E lo avrei dimostrato nella corsa che ho più amato.
Si va avanti ancora a lungo, ne faremo un altro articolo: promesso. Si parla intanto del Borghetto Andrea Tafi che si è ripreso dopo le chiusure per la pandemia. Delle tre ore in bici fatte ieri all’ora di pranzo, quando c’è più caldo. Di Bettiol, cui darà altrettanti consigli e anche qualcosa di più, essendo il compagno di sua figlia Greta. E di sicurezza stradale. I campioni di prima avevano il gusto di approfondire e raramente i loro addetti stampa usavano la clessidra.
L’avvento di Evenepoel ha cambiato gli assetti della Soudal-Quick Step e ancora li cambierà. E anche se nessuno lo dice, nel nome del Wolfpack e del patto di fratellanza fra corridori, uno dei primi a farne le spese è in apparenza Julian Alaphilippe (foto Specialized in apertura). Questo un po’ gli metterà pepe sulla coda, ma dall’altra è un segnale molto chiaro. Per la testa continua a risuonare una frase detta da Pozzato durante il sopralluogo del mondiale gravel.
«Lefevere fa così – disse – va bene finché sei giovane, poi sotto con un altro. Il prossimo è Alaphilippe…».
La Vuelta è stata l’ultima corsa… alla pari. La vittoria di Remco e il mondiale successivo hanno scavato il solcoLa Vuelta è stata l’ultima corsa… alla pari. La vittoria di Remco e il mondiale successivo hanno scavato il solco
Una riga sotto
Del francese vi avevamo raccontato nella serata della presentazione della squadra a De Panne. Isolato e con la mascherina, Julian aveva detto poche parole sul palco e poi era sparito. Troppo alto il rischio di un contagio, se si fosse trattato di Covid. In realtà però si trattava di un semplice raffreddore, come confermato da un tampone negativo che gli ha permesso di raggiungere la squadra a Calpe per il secondo ritiro e di dare continuità al suo inverno. Le parole che ha affidato ai colleghi de L’Equipe sono il filo conduttore del discorso.
«Sono super contento del mio inverno – ha detto – è andato tutto come volevo. Sportivamente, l’anno che viene non potrà essere peggiore di quello che ho avuto nel 2022. Ho tirato una linea sotto, adesso ho la motivazione, la grinta, la rabbia… Chiamatela come vi pare. Sono come prima, non penso più a quello che è successo».
Per Alaphilippe, che ha 30 anni, inizia la decima stagione alla corte di Lefevere (foto Wout Beel)Per Alaphilippe, che ha 30 anni, inizia la decima stagione alla corte di Lefevere (foto Wout Beel)
La scelta di Lefevere
In realtà sarebbe andato bene anche il 2022, senza quella caduta tremenda alla Liegi in cui era partito capitano. Sta di fatto che mentre lui risaliva a fatica la china, Evenepoel scalava le classifiche e di colpo il cambio di tono di Patrick Lefevere ha fatto capire che la scelta fosse nell’aria.
«Ha avuto un po’ di sfortuna, è vero – ha detto il manager belga – ma non ci si può nascondere troppo a lungo. Ho avuto un colloquio franco e sincero con lui quest’inverno. Gli ho fatto capire che se fosse stanco di questo ambiente, avrebbe potuto lasciarci. Ma Julian ha risposto di voler assolutamente restare in squadra».
Assieme a Cavagna sulle strade di Calpe, Alaphilippe ha ritrovato lo smalto (foto Specialized)Assieme a Cavagna sulle strade di Calpe, Alaphilippe ha ritrovato lo smalto (foto Specialized)
Il corridore di prima
Il suo contratto scade alla fine del 2024, ma di certo tutte le… protezioni di cui godeva con la maglia iridata indosso sono cadute. Il nuovo sponsor belga stravede per Remco, quindi anche Alaphilippe dovrà rimboccarsi le maniche: una prospettiva che però non lo spaventa.
«Sono in uno stato d’animo completamente diverso rispetto allo scorso anno – ha detto – quando non avevo altra scelta che accettare il mio destino e ogni volta dovermi rialzare. Mi sono preso del tempo per me e mi ha fatto un mondo di bene. Non mi sento un nuovo corridore: mi sento il corridore che ero prima».
Il nuovo anno inizia su una Tarmac SL7 senza più i colori dell’iride (foto Specialized)La bici di Alaphilippe è montata con ruote Roval e Shimano Dura Ace (foto Specialized)Il carro posteriore della SL7 conferisce rigidità e aerodinamica (foto Specialized)L’attacco manubrio è Tarmac integrato con angolo di 6 gradi. Manubrio PRO (foto Specialized)Il nuovo anno inizia su una Tarmac SL7 senza più i colori dell’iride (foto Specialized)La bici di Alaphilippe è montata con ruote Roval e Shimano Dura Ace (foto Specialized)Il carro posteriore della SL7 conferisce rigidità e aerodinamica (foto Specialized)L’attacco manubrio è Tarmac integrat0o con angolo di 6 gradi. Manubrio PRO (foto Specialized)
Fiandre poi Tour
Fin qui tutto bene, ma la sorpresa per tutti è stato il cambio di programma, che si può leggere in due modi diversi. Può essere stata una sua scelta oppure è il modo della squadra di liberare la strada per Evenepoel. Il francese delle tre volte alla Freccia Vallone e delle Liegi da protagonista, potrebbe infatti saltare le Ardenne, a favore di un filotto fiammingo che andrà da Harelbeke alla Dwars door Vlaanderen, fino al Fiandre.
«Quelle fiamminghe – ha detto – sono gare che mi entusiasmano, perché non sai mai cosa succederà. Mi piacciono, è strano ma forse mi si addicono quasi più delle Ardenne. Poi potrei pensare di arrivare alla Liegi, ma voglio fare una buona preparazione per il Tour de France, con tante ricognizioni e un ritiro in altura. Il Tour mi è mancato. E con le prime tappe nei Paesi Baschi, la prossima estate, bisognerà essere forti dall’inizio».
Philippe Gilbert al palo. Evenepoel fermato. Froome che riparte da zero negli Usa. In comune hanno forse una rieducazione imperfetta. Ne parliamo con Borra
Quando sul palco della grande edicola in ghisa sale Remco Evenepoel, i bambini si agitano sulla schiena dei genitori. Il giovane campione del mondo, vincitore anche della Liegi e della Vuelta, trasuda di orgoglio, fasciato dalla nuova maglia Soudal-Quick Step. Ovviamente non si capisce nulla di quello che dicono e forse l’appartenenza, generata da questa lingua così inospitale, li rende una comunità tanto forte.
«Quando mi dicono che in Olanda ci sono più biciclette che da noi – ci ha appena detto l’importatore belga di Castelli, che al team fornisce le maglie – rispondo che è vero. In Olanda hanno la cultura della bicicletta, da noi invece c’è la cultura del ciclismo».
Sulle nuove ammiraglie campeggiano il rosso di Soudal e il blu di Quick StepIl pullman del team è stato parcheggiato tutto il giorno nella piazza centrale di Popsaland e si poteva visitareSulle nuove ammiraglie campeggiano il rosso di Soudal e il blu di Quick StepIl pullman del team è stato parcheggiato tutto il giorno nella piazza centrale di Popsaland e si poteva visitare
Squadra e famiglia
A Popsaland, accanto alla stazione dei treni di De Panne, oggi è il Family Day e proprio per questo la Soudal-Quick Step ha scelto l’immenso parco giochi per presentare la squadra 2023. Il mare ruggisce rabbioso a pochi chilometri dalle spiagge di Dunkerque e dello sbarco in Normandia. E’ il giorno del compleanno di Patrick Lefevere, che compie 67 anni e sul palco del teatro è la perfetta spalla per lo speaker. E’ lui a dettare il ritmo e ad interromperlo quando sente di voler dire qualcosa. Soudal ha portato i soldi e il rosso che fino allo scorso anno tingeva altre maglie, Patrick ha mantenuto la guida e l’ispirazione.
«Questa squadra – dice – vuole essere vicina alle famiglie, perché sono certo che fra i bambini che oggi vedranno sfilare i nostri campioni, ci saranno i tifosi del domani. Sta diventando un percorso impegnativo. Sono arrivate la squadra delle donne e abbiamo potenziato il Development Team. Forniamo a tutti il meglio, dai materiali all’abbigliamento, la preparazione e la nutrizione. Ammetto di avere un pessimo carattere, dopo una vittoria penso subito alla successiva. Se mi fermassi a pensare al bello che abbiamo fatto, mi addormenterei».
Sul palco all’esterno sfila il Development Team: ci sono anche Raccagni e SavinoLa presentazione della Soudal Quick Step si è svolta all’interno del parco PopsalandSul palco all’esterno sfila il Development Team: ci sono anche Raccagni e SavinoLa presentazione della Soudal Quick Step si è svolta all’interno del parco Popsaland
Una serie Amazon
Nessun problema: ricordare certe vittorie sarà ancor più facile quando in primavera su Amazon Prime Video andrà in onda la serie dedicata al 2022 della Quick Step-Alpha Vinyl. Ne fanno scorrere sullo schermo una piccola parte, i 18 minuti ad altissima intensità che raccontano la vittoria di Liegi. La riunione della vigilia. Alaphilippe capitano e Remco in contropiede. La caduta del campione del mondo. La paura della sua compagna Marion Rousse nella postazione della diretta. Lo sgomento di Bramati e del meccanico Luigi, che racconta e quasi piange. La commozione è roba vera. Poi l’attacco di Remco e la vittoria.
«Siamo stati per un anno con la squadra – racconta Tijl Verstraeten, che ha seguito la serie per Amazon – sempre e dovunque, da gennaio a fine stagione. Abbiamo seguito ogni cosa, ogni momento, anche quelli più tesi. Ricordo di aver fatto un’intervista a Remco in cui diceva che questa squadra è una famiglia. Forse il segreto è proprio questo, lo staff eccezionale che permette ai corridori di fare il loro lavoro. Questa storia del Wolfpack è qualcosa di vero…».
Alaphilippe racconta brevemente le sue ambizioni e poi riparteAlaphilippe racconta brevemente le sue ambizioni e poi riparte
Alaphilippe mascherato
La giornata va avanti fra interno ed esterno, fra il teatro e la piazzetta dove bambini e famiglie sentono e ridono per le battute dei corridori. Il cielo è grigio, la temperatura resta intorno ai dieci gradi.
Entrando in uno dei saloni dell’hotel che accoglie la squadra, ci siamo accorti di un Alaphilippe contrariato e inaspettatamente con la mascherina in faccia. Julian farà una rapida apparizione sul palco, racconterà di volersi rifare dopo il 2022 storto e poi andrà via. Fino a ieri si è allenato bene con gli altri, stamattina si sentiva strano. La prudenza non è mai troppa: incombono le prime corse e il secondo ritiro di Calpe. Meglio non correre rischi.
«E soprattutto, meglio adesso che a primavera – dice Evenepoel parlando del compagno – quando LouLou potrà rifarsi. Ad agosto rimetterò in palio la mia maglia iridata e sono offeso con i signori dell’UCI – aggiunge ridendo – perché terrò la maglia 11 mesi e non 12. Ma se proprio qualcuno deve portarmela via, deve essere un corridore del Belgio o in alternativa uno qualsiasi di questa squadra. E fra loro, Julian occupa un posto speciale».
Il 6 gennaio, oggi, Patrick Lefevere ha compiuto 67 anni: compleanno fra… intimiI due fondatori di Soudal e la dirigente di Quick Step: divano belga per gli sponsor del teamIl 6 gennaio, oggi, Patrick Lefevere ha compiuto 67 anni: compleanno fra… intimiI due fondatori di Soudal e la dirigente di Quick Step: divano belga per gli sponsor del team
Squadra e Federazione
Sul palco sfilano gli sponsor, tutti o quasi orgogliosamente belgi, sotto lo sguardo compiaciuto del presidente della Federazione belga Tom Van Damme.
«La squadra cresce – dice – e ha per sponsor alcune delle migliori aziende del Belgio. Questo per noi è molto importante, perché serve anche per convincere altri investitori che si può fare. La nostra collaborazione con il gruppo di Lefevere è utile, perché permette di offrire una vetrina anche ai giovani corridori belgi, che soprattutto nella Development possono mettersi alla prova».
Passione, sogno, orgoglio
Lefevere annuisce. Sa di essersi aggiudicato una battaglia molto importante e che adesso il suo progetto può crescere. Sul divano accanto a lui siedono i due fondatori di Soudal e una rappresentante di Quick Step. Se anche c’è un filo di rammarico per aver perso il primo nome, non lo dà a vedere.
«Siamo due grandi compagnie del Belgio – dice – entrambe attive sul mercato internazionale. Abbiamo dei valori in comune, che si chiamano passione, sogno e orgoglio. Questa squadra è il posto ideale in cui farli vivere».
Bagioli e Ballerini, italiani presenti all’appello: Cattaneo invece è già in AustraliaDue campioni nazionali – Senechal e Merlier – e un campione d’Europe: JakobsenBagioli e Ballerini, italiani presenti all’appello: Cattaneo invece è già in AustraliaDue campioni nazionali – Senechal e Merlier – e un campione d’Europe: Jakobsen
Cinque o niente
Lefevere li ascolta annuendo, poi prende la parola con il piglio del padrone di casa e un po’ gonfia anche il petto. Difficile dargli torto.
«Ero stanco di contratti biennali – dice – ho anche pensato di fermarmi. Così al momento di iniziare questa nuova avventura, ho detto a Soudal, Specialized e Quick Step che avrei voluto un impegno di cinque anni, oppure non se ne faceva niente. Loro hanno subito aderito e così adesso si può lavorare meglio. Abbiamo fino al 2027 per dimostrare che siamo i migliori».
Quando i corridori sfilano e poi ci raggiungono per le interviste, alla fine della giornata manca soltanto la sfilata in bici per le vie del parco, seguiti dalle ammiraglie. Le storie, le interviste e gli approfondimenti raccolti inizieremo a raccontarveli da domani. Per ora resta la sensazione di aver partecipato a una coinvolgente festa popolare, con i corridori nei panni dei supereroi.
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Non c’è solo la Luperini. In contemporanea con la Toscana approdata alla guida del Team Corratec, un’altra formazione professional, l’americana Human Powered Health ha affidato le “chiavi della squadra” a Ro De Jonckere, manager belga con una vasta esperienza nel mondo del ciclismo maschile. Ro si è fatta la sua gavetta iniziando oltre vent’anni fa seguendo le orme di suo padre, dirigente della Domo Farm Frites che era l’antecedente dell’attuale Quick Step.
«Devo molto a Nico Mattan, un ex corridore che era venuto a vivere proprio accanto alla mia famiglia – racconta Ro – Nico mise in contatto mio padre, che era il direttore marketing della Domo, con Patrick Lefevere, dando così vita al team. Nel 2004 mi diplomai a scuola, nel team serviva qualcuno che lavorasse in ufficio, era per me una bella esperienza professionale così iniziai».
Lo Human Powered Health, con diversi nomi, è in attività dal 2007Lo Human Powered Health, con diversi nomi, è in attività dal 2007
Hai lavorato 12 anni con Lefevere e 5 anni con Douglas Ryder: che cosa hai imparato da loro?
Penso di poter dire di aver imparato dai migliori. Ho imparato molto sul ciclismo in generale e molto sul business del ciclismo, perché Patrick è un ottimo uomo d’affari. E una delle cose che ricorderò sempre di lui è che mi diceva sempre di stare calma. Sua madre è sempre stata presa dal panico, è una cattiva consigliera e le decisioni affrettate spesso sono decisioni sbagliate. E penso che sia stato un ottimo consiglio. Anche Douglas è un ottimo manager, con una visione più ampia dello sport, che va al di là delle semplici prestazioni. Inoltre, il collegamento con l’ente di beneficenza del Qhubeka è stato davvero un colpo d’occhio che ti mostra cosa può fare lo sport e qual è il suo potere. E c’è bisogno di qualcosa in più oltre al solo lato prestazionale delle cose.
Rispetto alla Luperini, tu hai sempre lavorato in ambito maschile: è un vantaggio?
Non so se sia un vantaggio. L’anno scorso è stato il primo anno in cui sono entrata in contatto con il ciclismo femminile e devo dire che ho cercato di recuperare molto. Penso di aver partecipato solo ad alcune delle nostre gare maschili con la squadra l’anno scorso, ma sono andata a molte gare femminili per capire, perché era davvero una novità per me. Il ciclismo femminile sta davvero crescendo molto, ma ha ancora molta strada da fare. E penso che possa tornare utile portare un po’ dell’esperienza del ciclismo maschile in quello femminile. Certo, ha i suoi aspetti unici e non dovremmo volere che sia completamente uguale. Ma d’altra parte, dato che il ciclismo femminile è più giovane e ancora molto in crescita e in via di sviluppo, ci sono molti aspetti del ciclismo maschile che possiamo usare per far crescere il ciclismo femminile.
La De Jonckere al Tour Femmes 2022, dov’era tra le diesse del team americanoLa De Jonckere al Tour Femmes 2022, dov’era tra le diesse del team americano
Attualmente quali sono le principali differenze fra ciclismo maschile e femminile e secondo te sono maggiori rispetto agli altri sport?
Penso che la differenza principale per il momento sia che hai un gruppo molto piccolo di ciclisti davvero forti e manca una buona base per il momento. Tutte le grandi squadre ora stanno fondando una sezione femminile, ma al momento non ci sono abbastanza brave donne per riempire tutte quelle squadre più grandi. Penso che tra qualche anno la situazione migliorerà perché si sta investendo sulle giovani e sullo sviluppo del ciclismo femminile. Penso che per il momento la differenza più grande sia ancora il fatto che la professionalità per molto tempo non è stata allo stesso livello degli uomini. Come, per esempio, adesso vedi che le squadre femminili hanno anche nutrizionisti e allenatori e l’intero ambiente intorno alle squadre femminili sta diventando sempre più professionale e questo aiuterà molto anche a salire al livello successivo.
Ora sarai la responsabile massima in un ambiente quasi completamente maschile: temi ci sia un atteggiamento diverso di corridori e dirigenti verso di te rispetto a un maschio?
No, non proprio, perché vado in bicicletta da quasi 20 anni. È sempre stato un ambiente molto maschile. In molti casi ero l’unica donna della squadra , ma non ho mai pensato che fosse uno svantaggio o che le persone mi vedessero in modo diverso per questo. Ho sempre avuto la sensazione che le persone mi rispettassero per quello che stavo facendo e non per il mio genere. Quindi, personalmente, non ho grossi problemi.
Chad Haga, leader della squadra americana, reduce da una stagione sottotonoChad Haga, leader della squadra americana, reduce da una stagione sottotono
Quanto è importante il lavoro del tuo team per l’evoluzione del ciclismo americano?
Molto, soprattutto ora che nel post Covid il ciclismo in America è davvero a un livello basso. Quest’anno abbiamo avuto solo una grande gara negli Usa, la Maryland Classic. So per certo che il Maryland Classic vuole organizzarsi di nuovo l’anno prossimo e stavano anche parlando di organizzare la gara femminile. E speriamo che molti altri organizzatori seguano l’esempio. Noi come squadra americana siamo ovviamente un po’ gli ambasciatori del ciclismo a stelle e strisce, anche se date le circostanze, per il momento, il 95% della nostra attività si svolge in Europa.
E cosa ti aspetti dalla prossima stagione? Quali sono i corridori su cui puntare?
Quest’anno abbiamo fatto alcune buone aggiunte alla nostra squadra. Ora abbiamo 22 corridori. Ci aspettiamo molto da loro, soprattutto nelle gare fiamminghe e contiamo molto sul nostro velocista, il polacco Stanislav Aniolkowski. Abbiamo investito tutto intorno alla squadra, abbiamo assunto un nutrizionista e stiamo lavorando con alcuni allenatori extra. Quindi speriamo di essere in grado di alzare il nostro livello il prossimo anno. Per la squadra femminile abbiamo anche alcune nuove atlete, puntiamo molto sulla polacca Pikulik e la cipriota Christoforou, che ha avuto un po’ di problemi di salute l’anno scorso ma verso la fine dell’anno abbiamo già visto che il livello stava migliorando molto. E poi anche Alice Barnes è una delle nostre nuove risorse. Penso che in entrambe le squadre abbiamo fatto delle buone aggiunte e speriamo di sì. Abbiamo una buona stagione.
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Il tuo team maschile è da anni nel ciclismo. E’ possibile un salto fra le WorldTour nel futuro?
Questa è la nostra ambizione. La nostra squadra femminile, come sapete, è già nel WorldTour. Siamo l’unica squadra in cui le donne sono nel WorldTour prima degli uomini. E speriamo un giorno di poter fare lo stesso con la nostra squadra maschile. Ma come sai, non è così facile, non è solo una questione di budget. Stiamo cercando di migliorare la nostra squadra e tutto ciò che la circonda. E speriamo davvero che un giorno quel futuro possa essere il World Tour. Di sicuro ci proveremo.
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