Masnada prende cappello e l’Astana spalanca le porte

31.10.2024
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Masnada risponde da Dubai e gli diciamo grazie, perché le vacanze sono sacre. Il momento però è così positivo da volerlo raccontare. E così approfittiamo degli ultimi giorni del suo lungo viaggio per raccontare l’anno storto e l’approdo finale all’Astana, che gli ha dato buon umore e voglia di ripartire.

«Ci sono tre motivi – dice – per cui non avrei voluto nessun’altra squadra. Il primo è che conosco l’ambiente. Fortunato, Ballerini e Scaroni hanno costruito un gruppo forte e affiatato, che vuole fare bene. Il secondo è che ritrovo il preparatore Vasilis Anastopoulos, con cui avevo già lavorato alla Quick Step e in quei due anni feci le cose migliori. E poi c’è Mazzoleni, che mi seguiva negli anni alla Colpack e mi conosce benissimo. Sono queste le tre motivazioni per cui sono contentissimo di aver firmato con l’Astana».

Gli ultimi due anni non sono stati affatto semplici e le parole poco gentili di Lefevere al suo addio fanno capire che il rapporto era ormai sfilacciato. Poche corse nel 2023 e appena qualcuna in più nella stagione appena conclusa nella Japan Cup. E intorno, come carico non trascurabile, il senso di essere mancante di qualcosa che gli impediva di svolgere il ruolo per cui veniva pagato.

Masnada è stato a lungo nel “cerchio magico” di Evenepoel. Lo ha aiutato a vincere la Vuelta del 2022
Masnada è stato a lungo nel “cerchio magico” di Evenepoel. Lo ha aiutato a vincere la Vuelta del 2022
Che cosa è successo?

Negli ultimi due anni non ho performato come ci aspettavamo e Patrick ragiona da manager. E anche io questa volta ho scelto con la testa e non il cuore, per cambiare e trovare nuovi stimoli.

Quanto è stato pesante veder passare il tempo senza riuscire a incidere in alcun modo?

Parecchio. Fossi uno che non si impegna, capirei lo scetticismo. Ma io ero impedito fisicamente e se non rendi, c’è chi prende il tuo posto. Ho cercato di accelerare senza la necessaria gradualità. So come funziona: se aspetti di tornare al 100 per cento, non trovi più posto. Invece la frenesia è stata un errore e mi sono ritrovato al punto di partenza. No ho mai avuto la tranquillità per preparare un obiettivo, ma ero comunque pagato e li vedevo storcere il naso.

Non facile…

Essere a casa era un senso di colpa. Eppure si poteva capire che l’unico a rimetterci ero io. Il mio valore di mercato scendeva e in più stando fuori perdevo l’aspetto gara, il performare nel gruppo. Fermarsi per tre mesi a metà stagione per guarire del tutto, avrebbe significato non correre più. Ero alla ricerca di un contratto e tutti si chiedevano perché non corressi. Perché dovresti ingaggiare uno che non corre? Per questo appena sono stato in grado, sono tornato. Non ho voluto fermarmi, ho rischiato, ma sono bastate quelle poche corse per far vedere che ci sono e trovare un contratto.

Al Romandia le condizioni erano già in calo: di lì a poco il primo test in Belgio
Al Romandia le condizioni erano già in calo: di lì a poco il primo test in Belgio
Due anni e due problemi diversi?

Esatto. Il primo anno ho lottato e risolto con l’intervento l’infezione al soprassella. Quest’anno era diverso, ma il tempo passava ugualmente veloce. Quando sono ripartito, avevo paura di non riuscire a spingere come prima. Poi però ho visto che miglioravo e che i valori crescevano e allora ho capito di aver superato la fase critica.

Si può spiegare che cosa hai avuto?

La chiamano Ovetraining Syndrome, ma non significa che il mio coach mi avesse allenato troppo, è la somma di più cose. Viene individuata, definita e misurata da test universitari ed è per questo che a maggio la squadra mi ha chiesto di sottopormi al test in Belgio.

In cosa consiste?

Vari passaggi. Un test incrementale con prelievi ematici in cui valutavano la risposta ormonale dell’organismo allo stimolo allenante. Hanno visto che nella curva non c’erano segnali che il mio corpo reagisse bene. I dottori si sono confrontati e hanno visto che non dipendeva dall’aspetto mentale.

Calpe 2022, Cattaneo, Masnada, Bagioli: dei tre italiani della Soudal Quick Step è rimasto solo Mattia
Calpe 2022, Cattaneo, Masnada, Bagioli: dei tre italiani della Soudal Quick Step è rimasto solo Mattia
Aspetto mentale? Quindi ti hanno fatto una sorta di visita fiscale?

Una cosa del genere, ma io ero disposto ad andare dovunque pur di far capire che avevo un problema vero. A fine maggio, dunque, il primo test e mi hanno dato due mesi di stop. L’ho rifatto poi ad agosto e la risposta è stata migliore. A quel punto loro volevano che riposassi ancora, ma io mi sono confrontato col medico e gli ho detto che se non fossi tornato a correre, tanto valeva che smettessi. Si è un po’ forzata la mano, ma sono più che felice di come è andata e di essere arrivato all’Astana.

Hai parlato dei tre motivi per cui lo sei: tornare in un gruppo italiano è una bella spinta?

Con i ragazzi sono stato in ritiro a Livigno e anche se di squadre diverse, dopo gli allenamenti ci trovavamo davvero bene. Ci siamo ritrovati a fare gruppo anche giù dalla bici e li vedo che sono uniti e hanno voglia di fare bene. Parlare italiano è importante, soprattutto quando sei fuori per settimane di seguito. A me è capitato di essere il solo italiano in un gruppo che parlava fiammingo e così ti senti escluso.

L’ultima corsa 2024 di Masnada è stata la Japan Cup, chiusa in 21ª posizione
L’ultima corsa 2024 di Masnada è stata la Japan Cup, chiusa in 21ª posizione
Si parte col morale alto?

Altissimo. Abbiamo fatto una videocall con tutte le le figure di riferimento della squadra. Mi hanno dato un’idea di programma, io gli ho detto cosa piacerebbe a me e ne parleremo al primo ritiro a dicembre. Ho anche voluto foto e informazioni di questa nuova bicicletta che ritirerò il 5 novembre al Service Course della squadra a Nizza. Sono al settimo cielo. So che guadagnerò meno rispetto a prima, ma finalmente torno a fare quello che mi piace. Davvero non vedo l’ora di tornare e cominciare. E intanto chiedo informazioni a Lorenzo Fortunato. Qui a Dubai ci sono anche lui e sua moglie…

Raccagni Noviero nel 2025 sarà WT: aspettative e speranze

10.10.2024
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Andrea Raccagni Noviero ce lo aveva detto alla fine della stagione 2023 che il suo obiettivo sarebbe stato quello di meritarsi la promozione nel WorldTour, sempre con i colori della Soudal Quick-Step. Alla fine è riuscito a raggiungere questo traguardo proprio nel finale di questa stagione. Un modo per coronare una crescita costante, il premio è un contratto triennale con la squadra guidata da Patrick Lefevere.

Lo raggiungiamo telefonicamente mentre è in Repubblica Ceca e si gode il riposo di fine stagione. Il suo 2024 è terminato con la partecipazione alla Coppa Bernocchi, ora ricarica le batterie in vista degli impegni futuri. 

«Sono a casa della mia ragazza – ci racconta – fa freddo ma sicuramente sono più all’asciutto che in Italia. L’ho raggiunta dopo la Bernocchi, ho lasciato la bicicletta al team e mi sono messo in macchina. Ci siamo conosciuti proprio in Repubblica Ceca, durante la Corsa della Pace disputata con la nazionale. Era a vedere una tappa, mi ha scritto su Instagram e ci siamo conosciuti così. Starò qui da lei una ventina di giorni, nel mezzo andrò in Belgio per fare una prima riunione con il team, poi torneremo in Italia per andare in vacanza insieme. Sfruttiamo questo periodo per stare insieme, lei è una biatleta, quindi a breve inizierà la stagione».

Uno dei migliori risultati di stagione è stato il terzo posto alla Gand U23 (foto Wielerspiegel)
Uno dei migliori risultati di stagione è stato il terzo posto alla Gand U23 (foto Wielerspiegel)
Come arrivi all’incontro con la squadra sapendo che sarai parte del team WorldTour?

Felicissimo. Dal 2024 abbiamo avuto un contatto più forte con il team maggiore, Lefevere ce lo aveva detto e così è stato. Conosco bene lo staff e qualche compagno di squadra. Nei giorni in Belgio avremo una cena con lo sponsor Soudal e faremo dei test in pista.

In che modo si è manifestato questo maggior “contatto” tra il team U23 e quello WorldTour?

La prima grande differenza è stata che la squadra ha acquistato il magazzino accanto a quello riservato ai professionisti. Quindi dal 2024 i service course erano nello stesso posto. Banalmente se a un meccanico del team U23 mancava un pezzo apriva la porta accanto e lo prendeva dal team professionistico. Penso che per lo staff sia stato un bel passo in avanti. Come seconda cosa sono cambiati i mezzi alle corse. Quest’anno abbiamo avuto spesso il bus del team femminile con noi, oppure il camion dei pro’ con l’autista. Al Giro Next Gen eravamo super organizzati.

E con i compagni?

Ad esempio, sempre al Giro Next Gen ha corso con noi Paul Magnier che aveva un contratto con il team WorldTour. Questo fa capire la concreta evoluzione del team. Ciò che ha fatto lui sarà quel che farò anche io nel 2025, accumulare esperienza con i professionisti ma anche andare a correre qualche appuntamento di spessore tra gli under 23. Mondiale ed europeo non saranno più accessibili per me, ma le gare 2.2 o le Classiche come la Parigi-Roubaix Espoirs (in apertura l’edizione 2023, foto Freddy Guérin/DirectVelo) o la Gent U23 sì.

A tuo modo di vedere qual è stata l’evoluzione che ti ha portato a meritare la promozione tra i pro’?

Nei numeri non sono migliorato tanto, o almeno non tanto quanto fatto nel passaggio da juniores a under 23. E’ stato un progresso più “leggero” ma credo di aver fatto un passo in avanti nella prestazione secca. Certi carichi di lavoro fatti nel 2023 me li sono trovati quest’anno. 

Raccagni Noviero ha corso nelle gare più importanti dedicate agli U23, qui alla Parigi-Roubaix (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Raccagni Noviero ha corso nelle gare più importanti dedicate agli U23, qui alla Parigi-Roubaix (foto Freddy Guérin/DirectVelo)
Hai anche avuto modo di correre già con il team WorldTour, com’è andata?

L’ho fatto prima al Giro di Slovacchia e poi proprio alla Bernocchi. Nel primo caso i team WorldTour in gara erano pochi, compresi noi erano tre. Poi c’erano parecchie professional e continental. Però mi sono trovato bene, le tappe erano tanto controllate e io mi sono messo a disposizione dei compagni lavorando per ricucire sulle varie fughe. Alla Bernocchi, invece, il livello era più alto. Le WorldTour presenti erano 14 e la differenza si è notata. 

In che senso?

Che fino a quando siamo stati noi a gestire la corsa tutto era sotto controllo. Poi è arrivata la UAE e ho visto cosa vuol dire seguire quei ritmi. Sono bastati pochi minuti per subire il ritmo alto e la fatica. Da un lato ho potuto ammirare anche la loro dedizione alla causa, nonostante fosse una gara di fine stagione erano tutti pronti e concentrati per fare il loro massimo. 

Il primo confronto con i professionisti ha fatto capire che a certi sforzi ci si deve abituare
Il primo confronto con i professionisti ha fatto capire che a certi sforzi ci si deve abituare
Dove pensi di dover migliorare ancora nel 2025?

In allenamento devo imparare a gestirmi bene. Nell’inverno passato ho esagerato con la preparazione e sono arrivato nel finale di stagione stanco anche mentalmente. Dal punto di vista fisico aggiungerò la palestra per fare un ulteriore step in avanti. Ma lo spartiacque principale penso sarà correre con costanza nel WorldTour. Fare delle gare di una settimana ai loro ritmi potrà dare qualcosa di diverso al mio motore. 

Il preparatore sarà lo stesso?

Sì. Lavoro con lui da quando sono qui e questo è un plus. Mi conosce, anzi ci conosciamo molto bene. A livello mentale è un aiuto perché sappiamo entrambi come comunicare tra di noi e lui è in grado di dirmi quali sono le cose da fare. 

Qui alla Bernocchi corsa il 7 ottobre, Raccagni Noviero è a destra di Evenepoel, i due dal 2025 saranno compagni di team
Qui alla Bernocchi Raccagni Noviero è a destra di Evenepoel, i due dal 2025 saranno compagni di team
Aumenterai le ore di lavoro?

Probabilmente sì. Ora ne faccio 20 a settimana di media. Quando sono in preparazione arrivo a 26 o 27 ore, mentre se devo recuperare tra una gara e l’altra ne faccio 11 o 12 di ore. Penso cambieranno anche gli allenamenti, perché da under 23 per fare carico mettevo insieme delle triplette da 11 ore. Divise magari così: 3 ore e mezza, il giorno dopo quattro ore e mezza e l’ultimo tre ore. Da professionista dovrò abituarmi a gare con tante ore, come nelle Classiche. Quindi penso passeremo a doppiette con cinque ore e poi sei. 

Per finire, hai corso ai mondiali di Zurigo e hai espresso un bel pensiero sui social nei confronti della ragazza che è venuta a mancare: Muriel Furrer

Ho pensato che non sarebbe stato giusto far finta di niente. Probabilmente io non cambierò nulla, però magari potrò essere d’aiuto. Alla Tre Valli Varesine i corridori sono stati fermati per il maltempo, a Zurigo no. Bisogna cercare di connettere, se una corsa diventa troppo pericolosa la si deve fermare. C’è chi dice che il ciclismo eroico è finito e che 50 anni fa si correva sui passi di montagna spingendo la bici a mano. Lo sport però si è evoluto, trovo giusto fermare una gara per la pioggia eccessiva o altre condizioni estreme. Siamo persone non macchine e il rischio è di pagare certe scelte con la vita. Mi piacerebbe portare avanti questo pensiero, dargli continuità e fare qualcosa di concreto. Non so cosa, ci penserò a fondo. 

Quello che Alaphilippe porterà alla Tudor: parla Cancellara

03.09.2024
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Qualcosa ci aveva colpito nelle parole di Julian Alaphilippe al momento di annunciare la firma con il Tudor Pro Cycling Team. Il racconto del francese circa lo scambio di opinioni con Fabian Cancellara sulla famiglia e la serenità nella squadra hanno creato una sorta di ponte fra le due enormi esperienze in campo. Ci siamo tutti ritrovati a pensare che, al netto delle eventuali responsabilità, gli ultimi mesi del francese alla Soudal-Quick Step non siano stati l’ideale per rendere al meglio. Le parole martellanti di Lefevere sono risultate destabilizzanti per un atleta che dopo gli infortuni non aveva ancora ritrovato la piena efficienza fisica. Ora che il corpo riesce a pedalare alla velocità della mente, si è rivisto un Alaphilippe battagliero e vincente. Solo che ormai la frittata era fatta. La sfiducia è stata insuperabile, la squadra belga non ha proposto rinnovi contrattuali di alcun tipo e Julian ha firmato con la Tudor. Troverà Ricardo Scheidecker, come abbiamo spiegato, e anche Matteo Trentin che ben conosce.

Cancellara, qui con Luc Wirtgen, è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Cancellara, qui con Luc Wirtgen, è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team

Il fuoco dentro

Cancellara è il proprietario dei team e contrariamente a quanto accade nelle professional di tutto il mondo, evita di spingere troppo sul gas. Non si sta affrettando a promettere il WorldTour, anche se è comune convinzione che i suoi sponsor potrebbero reggerne benissimo l’impatto. Si cresce per gradi, innestando di volta in volta gli uomini giusti per il progetto. E l’arrivo di Alaphilippe e Hirschi, che si sommano a Trentin e Dainese iniziano a comporre uno scheletro piuttosto convincente.

«Per noi è una grande opportunità avere Julian con noi – ha spiegato Cancellara a L’Equipe – per il nostro progetto, con il suo modo di correre, il suo brio, la sua esperienza. Quando vince è una cosa, ma se vince un suo compagno è orgoglioso come se fosse lui. E’ un ragazzo semplice che ha tenuto i piedi per terra. Ha ancora il fuoco dentro, la voglia di fare bene».

Alaphilippe sa vincere, ma sa anche esultare quando il risultato viene da un compagno di squadra
Alaphilippe sa vincere, ma sa anche esultare quando il risultato viene da un compagno di squadra

Un corridore del team

Cancellara sa stare al mondo e lo conosce bene. E’ stato a lungo la colonna portante delle squadre di Riis, vincendo le sue classiche più belle. Poi è passato nell’orbita della Trek e con Luca Guercilena ha chiuso la carriera vincendo le Olimpiadi di Rio nella crono. Sa che l’errore più grande è quello di caricare il peso della squadra sulle spalle del corridore di gran nome. A lui è successo e non l’ha sempre trovato divertente.

«Non spetta a Julian costruire la squadra – ha proseguito Cancellara – deve portare valore aggiunto alla nostra struttura, ma non dico che abbia delle responsabilità, delle pressioni. Siamo noi, tutti insieme. E abbiamo la responsabilità di metterlo in buone condizioni. Deve poter tornare a casa e stare tranquillamente con la sua famiglia. Penso che Julian abbia bisogno di questo, di quella tranquillità, di una buona atmosfera, di persone di cui si fida, che credono in lui, attorno a lui. Non ha niente da dimostrare, ma sono sicuro che se avrà questo equilibrio, farà il resto».

Ritrovata la salute, Alaphilippe ha ritrovato la vittoria, ma ormai la frattura con Lefevere era insanabile
Ritrovata la salute, Alaphilippe ha ritrovato la vittoria, ma ormai la frattura con Lefevere era insanabile

La porta del Tour

Ovviamente lo svizzero sa che l’investimento sul francese ha due facce: quella dei risultati che potrà portare e quella delle porte che potrà aprire. Sin dal suo debutto fra le professional, la Tudor ha avuto grande accoglienza nelle corse del Belgio, ma un po’ più tiepida in Francia. Mai provate ancora le Classiche Ardennesi. Invitata per la prima volta alla Parigi-Nizza, è riuscita a vincere la tappa di Montargis con Arvid De Kleijn, che dopo aver regalato alla squadra la prima vittoria in assoluto alla Milano-Torino del 2023, ha così offerto la prima nel WorldTour.

«Siamo una squadra di seconda divisione – ha spiegato ancora Cancellara – vogliamo continuare come abbiamo fatto finora e stabilizzare la nostra organizzazione. Grazie a Julian avremo delle opzioni, ma non andremo dove non saremo in grado di distinguerci. E’ escluso che andiamo a una gara solo per esserci. Se andiamo , vogliamo essere offensivi, gareggiare, mostrare unità e carattere. Possiamo chiedere di partecipare al Tour, ma la decisione non è nelle nostre mani. Non è detto che con la presenza di Julian questo accadrà con sicurezza. Abbiamo un grande progetto sul tavolo, ma non abbiamo deciso. Se continuiamo a stabilizzare la nostra organizzazione, il nostro modo di correre, avvicinarci ai primi 20 team, può essere un obiettivo concreto».

Pronto il calendario 2025 di Evenepoel. Resterà alla Soudal?

30.07.2024
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C’è un contratto che lega Remco Evenepoel alla Soudal-Quick Step fino al 2026. Le voci che lo vorrebbero già alla Red Bull dal prossimo anno le abbiamo sentite tutti, così come era imminente la fusione con la ex Jumbo Visma e si era capito che la Ineos Grenadiers gli aveva fatto spazio lasciando andare fiori di corridori. Ma Remco cosa farà? Suo padre è anche il suo procuratore e da un po’ di tempo è incredibilmente silenzioso, dopo qualche esternazione di troppo che lo scorso anno aveva creato tensioni fra il corridore e il team manager Patrick Lefevere.

Fra i motivi di insoddisfazione palesati da Evenepoel, il più evidente era quello sulla (presunta) fragilità della squadra dovendo/volendo cimentarsi col Tour. Quello che abbiamo appena visto in realtà dice che la Soudal-Quick Step ha fatto la sua parte e che anche Landa, indicato dallo stesso Remco come una soluzione insufficiente, è stato al suo fianco fino a ottenere a sua volta il quinto posto finale. E’ mancato Cattaneo, che non ha trovato la giusta condizione. E di certo l’uscita di scena di Pedersen dopo appena quattro tappe ha privato il team di un valido appoggio in pianura. Ma la squadra ha fatto la sua parte.

Lefevere sembra sicuro del fatto che Evenepoel rimanga con la Soudal-Quick Step
Lefevere sembra sicuro del fatto che Evenepoel rimanga con la Soudal-Quick Step

Sanremo, Fiandre e Tour

I contratti, si sa, a volte vengono scritti proprio per consentire la via d’uscita più remunerativa per una delle due parti. Per cui, allo stesso modo in cui Uijtdebroeks ha lasciato la Bora per accasarsi alla Visma in cambio di (parecchi) soldi, anche per Evenepoel ci sarà una cifra da sborsare, prevedibilmente ben più congrua. Non saranno i 150 milioni di euro previsti per Pogacar, ma consentirebbe a Lefevere di consolarsi rapidamente. Par di capire che un accordo ci sarebbe già, ma solo per anticipare di un anno la fine del contratto: 2025 anziché 2026. Al punto che Lefevere ha appena accennato a quelli che potrebbero essere i programmi del campione olimpico per la prossima stagione.

«L’idea è che Remco scopra la Milano-Sanremo nel 2025 – ha detto all’indomani della crono – e che corra una fra la Parigi-Nizza o la Tirreno-Adriatico. Poi inizierà la preparazione per il Giro delle Fiandre e da lì tornerà alla Liegi, che quest’anno ha saltato per la caduta nei Paesi Baschi. E poi ci concentreremo ancora sul Tour de France».

Landa e la squadra in genere si sono rivelati ottimi al Tour
Landa e la squadra in genere si sono rivelati ottimi al Tour

Fra Remco e Alaphilippe

Sembrano le parole di chi ha in mano le carte giuste e che, contemporaneamente, rischia di vedere andar via Alaphilippe (il risparmio di quel contratto aprirebbe scenari inattesi). Sono ben noti i colpi assestati al francese, il quale sabato nella prova su strada di Parigi si giocherà una bella fetta di futuro. Lui rimarrebbe pure, ma ha capito che nella squadra in cui è cresciuto sarebbe la seconda scelta dietro Remco. Un po’ come Ayuso alle spalle di Pogacar, con la differenza che Ayuso è giovanissimo, mentre il francese ha 32 anni e vorrebbe un finale di carriera in prima linea.

«Ero sicuro che Remco avrebbe vinto la crono – ha detto ancora Lefevere – perché non ha lasciato nulla al caso. Domenica sera, a fine Tour, abbiamo festeggiato ad Antibes, ma a un certo punto lui è sparito e lunedì mattina era già in bicicletta. Ha uno stile di vita perfetto. Quindi penso che dovremo contare su di lui anche sabato nella prova su strada. Ha detto che il percorso su strada gli si addice più della cronometro».

Alaphilippe, in scadenza di contratto, ha vinto al Czech Tour e punta ora all’oro su strada
Alaphilippe, in scadenza di contratto, ha vinto al Czech Tour e punta ora all’oro su strada

Discorsi da manager

Poi Lefevere è tornato nei panni del manager disincantato e forse anche un po’ cinico. E allo stesso modo in cui giustificò e avallò (chissà se la determinò) la scelta di Alaphilippe di non correre le Olimpiadi di Tokyo perché onorasse al meglio la maglia di campione del mondo, così parla della vittoria di Evenepoel.

«Cosa significa la sua medaglia d’oro per la Soudal Quick-Step? A ben vedere non vuol dire niente. Al contrario – ha detto a Het Nieuwsblad – ci costerà un premio molto superiore ai 50.000 euro che Remco riceverà dalla Federazione. Gli daremo lo stesso premio che se avesse vinto un Monumento. Tutto questo senza poter utilizzare il suo titolo olimpico per scopi pubblicitari. Noi però gli abbiamo messo a disposizione tutto perché potesse vincere: l’attrezzatura e lo staff. Questa è la terza volta, dopo Pascal Richard nel 1994 e Paolo Bettini nel 2004, che uno dei miei corridori diventa campione olimpico. Come datore di lavoro è un po’ frustrante, ma ovviamente sono felice per Remco, che se lo merita».

Da Roma a Parigi saltando il Tour: un po’ scelta e un po’ vendetta

04.06.2024
5 min
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Nel 2021 la sua scelta fece discutere. Alaphilippe allora indossava la maglia iridata conquistata a Imola e alla fine del Tour preferì non andare a Tokyo. Non tanto perché fosse impossibile abbinare le due corse (tanto che tutto il podio olimpico veniva diretto dalla Francia), quanto per trascorrere del tempo a casa con la compagna Marion e il figlio Nino nato il 14 giugno. Il gruppo si chiese se fosse una scelta indovinata, ma il francese tirò dritto rinunciando a un percorso su misura in una stagione che gli aveva dato la Freccia Vallone e la prima maglia gialla del Tour.

Quest’anno che è tornato abbastanza vicino ai suoi livelli migliori, con il Giro d’Italia che ha fatto impennare le sue azioni, Alaphilippe ha fatto l’esatto contrario. Niente Tour, dove avrebbe dovuto tirare la carretta per Evenepoel, e la scelta di puntare tutto sulle Olimpiadi. Che questa volta si corrono per giunta in Francia. E se Remco a inizio stagione aveva detto che della presenza di Julian non si faceva una malattia, adesso che l’ha visto nuovamente splendente, ha fatto sapere che lo riterrebbe un ottimo aiuto. Già, resta da vedere se lo stesso pensa Alaphilippe.

La firma sul Giro: ripartire dall’Italia ha cambiato forse la carriera di Alaphilippe
La firma sul Giro: ripartire dall’Italia ha cambiato forse la carriera di Alaphilippe

Nella lunga lista del Tour

Dopo il debutto italiano, è un fatto che il focus della sua stagione sia ormai spostato su ciò che accadrà da metà stagione in avanti, con le Olimpiadi, il mondiale di Zurigo e il Lombardia. Tuttavia durante il Giro e vista la vittoria di Fano, è parso che il suo programma stesse per cambiare, dato che la Soudal-Quick Step aveva inizialmente inserito il suo nome nella lunga lista del Tour. Andando ben oltre una semplice citazioni, scrive L’Equipe che in un paio di riunioni si era iniziato a dirgli che cosa ci si aspettasse da lui. Come se le critiche feroci indirizzate verso di lui da Lefevere fossero di colpo dimenticate, come se le prestazioni del Giro avessero lavato via ogni forma di acredine. E d’altra parte per uno dei francesi più rappresentativi degli ultimi anni andare al Tour avrebbe rappresentato certamente una riconciliazione con il suo pubblico.

La vittoria di Fano ha restituito ai tifosi un Alaphilippe finalmente cattivo
La vittoria di Fano ha restituito ai tifosi un Alaphilippe finalmente cattivo

La posizione di Voeckler

A quel punto tuttavia nella testa di Julian si è formata una nuova opinione: avrà modo di correre davanti ai francesi, ma indossando la maglia che Voeckler potrebbe assegnargli. Il tecnico della nazionale finora non si è sbilanciato, ma in un’intervista ha lasciato capire che il Tour dopo il Giro non sarebbe il percorso di avvicinamento più congeniale.

«Non si possono considerare le Olimpiadi come un obiettivo – ha detto a L’Equipe – dopo un Giro così massacrante corso quasi ogni giorno all’attacco e aggiungendo poi il Tour de France al servizio di un leader che correrà per la classifica la generale, con il dispendio fisico e l’usura mentale che ne deriva. Possiamo ragionare di andare ai Giochi solo se li consideriamo un obiettivo a sé stante. Oppure facendo il Tour gestendo i suoi sforzi, cosa che non sarebbe possibile se lavorasse per Evenepoel».

La fuga con Maestri e le gag dei giorni successivi sono state fra i momenti più godibili del Giro
La fuga con Maestri e le gag dei giorni successivi sono state fra i momenti più godibili del Giro

Mercato ancora aperto

Pertanto, quando lo ha chiamato per conoscerne le intenzioni, Lefevere si è reso conto che la decisione fosse già stata presa. E anche se Julian gli ha fatto presente che, essendo i suoi datori di lavoro, avrebbe rispettato qualsiasi scelta, neppure Patrick se l’è sentita di forzargli la mano. Se esiste una possibilità residua che Julian resti nella squadra belga, costringerlo a rivedere i suoi piani sarebbe stato probabilmente la spinta definitiva.

«Il dossier di Julian è ancora sul tavolo – ha detto il manager belga – il suo procuratore Dries Smets ha chiesto ancora una volta di parlarmi. Non ho idea se lo faccia per cortesia o per un vero interesse a restare. Il Giro ovviamente ha cambiato la situazione del mercato. Spero soprattutto di poter sedermi di nuovo con lui, faccia a faccia, senza intermediari e senza un accordo già scritto da proporgli. Solo una buona conversazione per chiarire le cose a livello personale e professionale.

«Julian è nella nostra squadra da quando aveva diciassette anni. Non dirò che è come un figlio, ma non fa molta differenza. Quello che è successo è successo. Ho detto quello che ho detto. Ma voglio assicurarmi che niente di tutto ciò rimanga. Se ci separeremo dopo questa stagione, mi piacerebbe che possiamo continuare a incontrarci e preferibilmente a guardarci negli occhi».

Nel 2021, saltate le Olimpiadi, Alaphilippe vinse il secondo mondiale. Anche Zurigo 2024 è nelle sue corde
Nel 2021, saltate le Olimpiadi, Alaphilippe vinse il secondo mondiale. Anche Zurigo 2024 è nelle sue corde

La scelta di Alaphilippe non è ancora ufficiale, dato che la formazione della Soudal-Quick Step per il Tour sarà annunciata dopo il Tour de Suisse. Ma se le cose rimarranno come sembrano, Voeckler potrà riavere a disposizione il campione che avrebbe tanto desiderato a Tokyo, che adesso ha tre anni di più. Se gliene avessero parlato due mesi fa, magari avrebbe fatto anche spallucce, ma davanti a questo Alaphilippe, ora pochi hanno il coraggio di non guardare.

EDITORIALE / Si puntava alla sfida fra Pogacar e Remco?

06.05.2024
6 min
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NOVARA – Dopo l’assaggio di Torino, ieri a Oropa è iniziato definitivamente il Giro d’Italia numero 107 e già qualcuno ha da ridire. Si è già letto di Giro noioso, il più noioso della storia e come farete a raccontarlo? Letture che di prima mattina, mentre già pregusti la volata di Fossano e hai gli occhi pieni di Pogacar sulla salita del Panta, fanno andare il caffè di traverso e anche scemare la voglia di fare questo mestiere, cercando spunti diversi dall’ovvio. Però una riflessione si impone e la condividiamo volentieri.

Chiunque sia in grado di arrivare sul podio del Tour – figurarsi chi è in grado di vincerlo – al Giro viene per giocare. Al contrario e restando negli ultimi 30 anni – quelli di cui chi scrive ha memoria diretta – si contano sulle dita di una mano i protagonisti del Giro che lo siano stati anche al Tour con piazzamenti nei primi cinque. Bugno. Chiappucci. Pantani. Basso. Nibali. Gli altri vincitori della maglia rosa, dal 1990 in avanti, in Francia non hanno mai ottenuto classifiche all’altezza delle attese. Da Chioccioli a Simoni, passando per Cunego, Savoldelli, Garzelli e Di Luca. Solo Gotti tirò fuori dal cilindro il quinto posto nel 1995, due anni prima di conquistare la maglia rosa. E anche Basso, che ha vinto due Giri, vi arrivò dopo aver lottato al Tour e il gap rispetto ai rivali italiani fu subito evidente.

La sensazione è che ieri a Oropa, fatto salvo lo scatto, Pogacar abbia controllato, per risparmiarsi e non infierire
La sensazione è che ieri a Oropa, fatto salvo lo scatto, Pogacar abbia controllato, per risparmiarsi e non infierire

Per amore o per denaro

Lo scorso anno il Giro fu entusiasmante perché a scontrarsi furono Roglic e Thomas. Il primo che una maglia gialla l’aveva praticamente vinta e ha comunque nel palmares tre Vuelta España e l’altro che il Tour lo ha vinto davvero. Fra loro e il resto del gruppo, fatta salva la resistenza di Almeida, c’era il baratro.

Tadej Pogacar ha vinto per due volte il Tour e altre due volte è stato secondo: chi pensate che possa infastidirlo, al di là della cattiva sorte o di tattiche che lo mettano in crisi? La sensazione, vedendolo voltarsi di continuo è che neanche abbia voluto infierire sugli inseguitori. Come ha raccontato, è scattato con violenza per piegarli e poi ha proseguito col suo passo. Per non spendere troppo in vista di ciò che lo attende e magari per non umiliare la concorrenza.

E’ stato previsto un pagamento da parte di RCS per la sua presenza? La domanda fu posta a Matxin quando a dicembre annunciò che Tadej avrebbe corso il Giro. Lo spagnolo, astuto e saggio, disse di non occuparsi di questi aspetti. Gianetti preferì sorridere e non rispondere. Chiaramente quando Pogacar annunciò che sarebbe venuto al Giro, Vingegaard non era ancora caduto. E volendo fare l’avvocato del diavolo, dopo due anni di batoste, in casa UAE qualcuno potrebbe aver pensato che davanti al rischio del terzo smacco, sarebbe stato meglio vincere la Liegi ed il Giro e arrivare in Francia con il cuore più leggero.

Lo scorso anno Evenepoel vestì la maglia rosa per quattro tappe, prima di ritirarsi per il Covid
Lo scorso anno Evenepoel vestì la maglia rosa per quattro tappe, prima di ritirarsi per il Covid

Remco vs Pogacar

E’ di questi giorni, esattamente di venerdì 3 maggio, un articolo di Patrick Lefevere su Het Nieuwsblad. Il quotidiano belga gli riserva una rubrica e il manager della Soudal-Quick Step se ne serve spesso per sparigliare le carte. A volte è così diretto, che ieri Alessandro Tegner, responsabile di marketing e comuncazione del team belga, ha preferito non commentare l’ultima uscita.

«Per Remco il Giro è un affare in sospeso – ha scritto – dopo che lo scorso anno dovette rinunciare a causa del Covid. Come sappiamo, l’organizzazione allora – giustamente – ci ha incolpato per non averli informati personalmente che Remco non poteva continuare. E’ stato molto emotivo e molto italiano. Secondo l’amministratore delegato di RCS Mauro Vegni la maglia rosa era partita come un ladro nella notte.

«Fino a qualche mese fa – prosegue Lefevere – c’era ancora un contenzioso finanziario con RCS a riguardo. Poiché Remco non ha terminato il Giro, non hanno voluto pagare la quota di partenza concordata. Non voglio essere troppo cinico su questo, ma nessuno può sostenere che Remco non abbia svolto il suo ruolo di testimonial del Giro, con video promozionali e interviste prima e durante».

Lefevere va avanti a spiegare che non si parla di importi enormi, ma comunque ben accetti e utili. «Per dare un ordine di grandezza – spiega – il denaro per avere Remco al Giro e in altre corse RCS ci avrebbe garantito il budget per un corridore in più. Durante lo scorso inverno, quando la doppietta Giro-Tour era ancora sul tavolo, RCS ha proposto una sorta di accordo amichevole. Se Remco avesse corso di nuovo il Giro, avrebbero corrisposto l’importo dovuto, oltre alla quota di partenza per il 2024».

L’accordo sarebbe sfumato quando l’allenatore Koen Pelgrim ha posto il veto, dato che il doppio impegno non sarebbe stato sostenibile per Evenepoel, che dopo il Tour ha nel programma le Olimpiadi e poi i mondiali.

A questo punto potrebbe essere chiara la probabile strategia di RCS Sport, che con Remco e Pogacar (anche se Tadej potrebbe essere qui per semplice interesse sportivo) avrebbe avuto nuovamente garantito un duello di prima categoria. Non tutte le ciambelle però riescono col buco.

Al Giro del 1993, Indurain vinse su Ugrumov (che lo staccò proprio a Oropa) e Chiappucci
Al Giro del 1993, Indurain vinse su Ugrumov (che lo staccò proprio a Oropa) e Chiappucci

Per battere Tadej

Si è sempre sentito dire che a suo tempo anche Indurain e la Banesto abbiano percepito una gratifica per venire al Giro. Nel 1992 e 1993, Miguel lo vinse e poi fece doppietta col Tour, sfidando Bugno e Chiappucci, ben più forti degli attuali corridori italiani. Nel 1994 fu terzo e poi vinse nuovamente la maglia gialla, avendo però trovato sulla sua strada Berzin e un certo Pantani.

Nessuno quando c’era Indurain ha mai parlato di Giro noioso, forse semplicemente perché non c’erano ancora i social e perché le sfide c’erano eccome. La gente seguiva la corsa in televisione e sulla strada, ma siamo pronti a scommettere che anche le migliaia di tifosi assiepati ieri sulle rampe di Oropa siano tornate a casa col sorriso e non certo deluse. Perché il ciclismo è fatto così: uno vince, tutti gli altri perdono. E non può essere la bandiera del vincitore a rendere la sfida noiosa oppure esaltante. Indurain era il più forte eppure si ricordano azioni di disturbo emozionanti che lo costrinsero a rimboccarsi le maniche e sputare dallo sforzo.

Siamo certi che Pogacar sia imbattibile? E siamo certi che il solo modo per sfidarlo sia il testa e testa e non provare a far fuori la sua squadra? Cari direttori sportivi, siete capaci di inventare qualcosa in questa direzione?

Ripartiamo da Novara con questa domanda e la promessa che continueremo a fare la nostra parte. Lasciando a certi commenti il minimo spazio che meritano, cercando spunti e sprazzi di talento italiano e godendoci il Giro. Che è splendido per la sua gente, i corridori che meritano sempre rispetto, le strade e i panorami. Chi lo ritiene noioso forse farebbe meglio a cercare nella poesia di una curva di calcio quello di cui ha effettivo bisogno.

Raccagni: il 2024 da correre sotto lo sguardo di Lefevere

05.03.2024
5 min
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Il rumore di sottofondo dell’aeroporto di Charleroi fa da cornice alla nostra intervista con Andrea Raccagni Noviero (foto Instagram in apertura). La stagione 2024 si è aperta anche per il devo team della Soudal-Quick Step e il giovane italiano ha raccolto due podi importanti. Il secondo al Tour des 100 Communes, corsa francese di categoria 1.2. 

«Nell’ultimo fine settimana – racconta – ho assaggiato più volte la terra belga, nel vero senso della parola, visto che sono caduto nelle canaline a bordo strada. Ho solo qualche botta, nulla di che, tant’è che ora dal Belgio andrò direttamente in Croazia. Correrò l’Istrian Spring Trophy. Raggiungiamo il resto della squadra a Treviso e poi in pullman arriveremo in Croazia».

Prime gare

Tre corse e due podi, un risultato niente male per un corridore che inizia il suo secondo anno da under 23. Un risultato di prestigio è quello raggiunto al Tour des 100 Communes, dove la concorrenza era alta. 

«In realtà non si scherzava nemmeno alla Brussel-Opwijk – spiega Raccagni – era una corsa nazionale, ma erano presenti tutti i devo team delle formazioni WorldTour. La gara è sempre stata molto tirata e non è stato facile tenere il controllo, ad un certo punto in fuga c’erano sei corridori della Lotto Dstny Development. Siamo riusciti a rientrare io e un mio compagno, ma con fatica e nella volata del gruppetto sono arrivato terzo.

«Al Tour des 100 Communes – prosegue – la corsa era ai limiti per freddo e pioggia. C’erano 5 gradi, ha piovuto tutto il tempo e la distanza era impegnativa, ben 183 chilometri. A 80 chilometri dall’arrivo il gruppo si è selezionato e siamo rimasti in pochi davanti. Anche in quel caso mi sono buttato nella volata, arrivando ancora terzo».

In inverno tante ore in più di allenamento per Raccagni (foto Instagram)
In inverno tante ore in più di allenamento per Raccagni (foto Instagram)

Inverno solido

Durante il periodo di preparazione i profili social di Raccagni Noviero erano pieni di foto e video che lo ritraevano con la divisa estiva. Il corridore ligure ha preferito allenarsi al caldo, inserendo un diverso tipo di preparazione.

«Ho fatto due mesi e mezzo fuori casa – dice – volevo essere pronto al 100 per cento e partire forte. Anche da U23 secondo anno è importante arrivare alle corse preparato e brillante. Stare lontano da casa mi ha aiutato a trovare bel tempo e non avere intoppi con il lavoro. Tra novembre, dicembre e gennaio ho fatto il 20 per cento in più delle ore che ho messo insieme lo scorso anno. Però ho mantenuto molto bassa l’intensità, praticamente fino al ritiro di febbraio con la squadra. Volevo arrivare alle prime gare il più fresco possibile perché questo è un anno molto importante per me e la mia crescita».

L’obiettivo dl 2024 è cercare di fare più risultati possibili, il momento della maturazione è arrivato (foto Instagram)
L’obiettivo dl 2024 è cercare di fare più risultati possibili (foto Instagram)

Uno step in più

Nel sentir parlare Raccagni si ha la sensazione che il cammino di crescita lo abbia fisso in testa. La Soudal-Quick Step Devo Team crede in lui e lo dimostrano i passi in avanti fatti insieme. 

«Nel programma – racconta con lucidità – abbiamo aggiunto molte gare. Nel 2023 ho fatto solo 30 giorni di corsa, davvero pochi. Quest’anno saranno 25 solamente fino a inizio maggio, un bel passo in avanti. La squadra crede in me, alla fine fa strano dirlo ma sono uno dei più “vecchi” perché abbiamo tanti ragazzi di primo anno. Nel 2024 il team vuole testarmi nelle massime gare di livello per la categoria, quindi anche corse 1.2.

«Il salto in avanti c’è stato – prosegue – sia mio che del team. In queste prime corse l’obiettivo è cercare il risultato, nella passata stagione non era così. Quando arrivavo a 30 chilometri dall’arrivo con le gambe finite sapevo di avere un compagno pronto a entrare in gioco. Nel 2024 sono io che devo entrare in azione nei finali e farmi trovare pronto. Ora ho corso molto all’attacco e va bene, è utile anche per costruire il ritmo gara. Ma da qui in avanti servirà centellinare le energie e saper risparmiare, per provare a vincere qualche gara».

Nel 2023 solamente 30 giorni di gara per lui, nel 2024 aumenteranno sensibilmente (foto DirectVelo)
Nel 2023 solamente 30 giorni di gara per lui, nel 2024 aumenteranno sensibilmente (foto DirectVelo)

Fiducia e Lefevere

Al primo anno nella Soudal-Quick Step Devo Team tutto era nuovo e da scoprire. Ogni corsa portava una novità e il modo di gareggiare poteva creare qualche difficoltà. Un anno dopo, però, la consapevolezza di come si corre a certe latitudini è maggiore e questo aiuta. 

«Ho avuto la sensazione – ammette Raccagni Noviero – che le corse si decidano ancora prima rispetto al 2023. Nella prima gara la fuga giusta è andata via a 150 chilometri dall’arrivo, mentre sabato scorso a 80. Conosco le strade, il modo di correre, le insidie e questo mi aiuta a non rimanere sorpreso. In Belgio si deve correre sempre davanti, non ci sono scuse, perché l’azione decisiva può arrivare in qualsiasi momento».

«Un’altra novità rispetto al 2023 – conclude – è il maggior coinvolgimento con il team WorldTour. Abbiamo i magazzini vicini e capita spesso che gli staff si mischino. Preparatori e diesse del team WorldTour hanno accesso ai nostri dati su Training Peaks, anche Patrick Lefevere è più coinvolto. Passa a salutarci, a parlare, ci chiama dopo le gare e ci incoraggia molto. Ha una personalità molto forte, quando parla si capisce che è un grande capo. Ha molto interesse in noi, quando corriamo la domenica lui non c’è, ma lunedì ha già tutte le informazioni e ci chiama per farci i complimenti o per incoraggiarci. Domenica (3 marzo, ndr) ci ha chiamati dopo la corsa per dirci che gli era piaciuta la tattica di squadra, questo rapporto è molto importante per noi corridori».

Nonostante Lefevere e la iella, Alaphilippe ci crede ancora

04.03.2024
5 min
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Alaphilippe è caduto anche alla Strade Bianche, dopo identico destino alla Omloop Het Nieuwsblad. Alle coincidenze della corsa di sabato si aggiunge il fatto che il francese cadde anche nel 2022 per una violenta folata di vento, proprio mentre Pogacar spiccava il volo. Difficile dire se Julian cada così spesso per sfortuna, per via dell’età o perché poco concentrato. Di sicuro, la situazione in squadra non è per lui delle più idilliache. La pressione esercitata da Lefevere non accenna a diminuire e questo non contribuisce a costruire il giusto scenario attorno al due volte campione del mondo.

Come ha scritto di recente L’Equipe, Lefevere è prima di tutto un contabile e mal digerisce il dover pagare troppo un corridore, soprattutto se non vince. Per intenderci, lasciò andare Philippe Gilbert nonostante avesse appena vinto Fiandre e Roubaix, ritenendolo alla fine del viaggio. Nonostante l’agente di Alaphilippe neghi la presenza di Marion Rousse alla firma dell’ultimo contratto, il manager belga lo ha inserito fra i motivi di fastidio. Al pari del fatto che nessun compagno vorrebbe più dividere la stanza col francese per lo squillare ininterrotto del telefono a tutte le ore. Vero o falso che sia, il clima non è disteso. E quando guidi al limite su strade impegnative con bici che non perdonano errori, basta un battito di ciglia fuori posto per perdere il controllo.

Anche quest’anno per la Strade Bianche, la Soudal-Quick Steo ha alloggiato al Podere Pieve a Salti (foto Wout Beel)
Anche quest’anno per la Strade Bianche, la Soudal-Quick Steo ha alloggiato al Podere Pieve a Salti (foto Wout Beel)

La voglia c’è

Eppure Alaphilippe ci crede. I 31 anni e le 618 corse disputate da professionista sono un bel fardello, soprattutto per il modo di correre esplosivo e sbarazzino che si infrange sempre più spesso sulle identiche abitudini di corridori più potenti come Van der Poel e i suoi… fratelli. E mentre la Total Energies gli spalanca le porte, il francese fa la sua professione di fiducia, ammettendo qualche errore nelle ultime due stagioni.

«La voglia c’era ancora – dice – ma il fisico non sempre l’ha assecondata. Così un po’ per disperazione, tendevo a distruggermi sapendo che non avrei potuto vincere. Ora sento che posso tornare al mio miglior livello e sto facendo tutto il possibile. Già alla fine della scorsa stagione sentivo che sarei potuto essere di nuovo me stesso. Quindi, ho deciso di fare semplicemente quello che so fare dopo una bella pausa. Non ho fatto niente di pazzesco durante l’inverno, niente allenamenti lunghissimi o intensità pazzesche, ho solo gettato le basi per la mia condizione».

Alla Strade Bianche, Alaphilippe è caduto riportando escoriazioni. Nessun problema per la Tirreno-Adriatico
Alla Strade Bianche, Alaphilippe è caduto riportando escoriazioni. Nessun problema per la Tirreno-Adriatico

L’arrivo di Remco

La coincidenza dell’esplosione di Evenepoel non può passare inosservata. Avere in casa il giovane portento, per giunta belga, ha fatto sì che la squadra abbia spostato tutte le attenzioni su di lui. Ed è un fatto che difficilmente i programmi dei due coincidano, salvo quando a Julian viene chiesto di aiutarlo.

«Remco e io – dice Alaphilippe – non abbiamo mai avuto problemi o gelosie. L’ho visto arrivare in squadra, progredire e farsi strada. Ha realizzato cose incredibili e sono super felice per lui. E’ stato un enorme piacere aiutarlo alla Vuelta 2022 e sono stato sinceramente felice per lui quando è diventato campione del mondo in Australia. E’ capitato anche a lui di correre per me, ad esempio in una tappa del Giro dei Paesi Baschi. Avrebbe potuto vincere, invece mi ha tirato lo sprint e questo ha dato più valore alla mia vittoria. Abbiamo sempre sentito una forma di rispetto reciproco. Ha visto che negli ultimi due anni non sono stato al livello di prima, ma questo non lo ha reso diverso nei miei confronti». 

Giovedì 29 febbraio, Alaphilippe in ricognizione sul percorso della Strade Bianche (foto Wout Beel)
Giovedì 29 febbraio, Alaphilippe in ricognizione sul percorso della Strade Bianche (foto Wout Beel)

La scelta del Giro

Intanto però Remco punta alla Liegi (che ha vinto per due volte) mentre Alaphilippe va a fare il Fiandre: lui che una Liegi la buttò in modo… blasfemo nel 2020. Remco va al Tour e Alaphilippe passa al Giro

«Il fatto di correre in Italia – dice – è una decisione venuta da me e approvata dal team. Ho sempre detto che non avrei voluto chiudere la mia carriera senza aver corso il Giro almeno per una volta. Dato che il mio obiettivo primario per quest’anno è tornare al miglior livello e presentarmi al 100 per cento al Fiandre, è bene per la mia testa sapere che porterò poi la condizione fino al Giro e per una volta non avrò la pressione del Tour. Dopo due stagioni così difficili, è bello avere un nuovo obiettivo. Da quello che ho visto in televisione, il Giro è una delle gare più dure del calendario. E’ molto più probabile trovare pioggia e freddo che al Tour, ma ora non vedo l’ora di scoprirlo. Sogno di vincere una tappa, ma non ho ancora guardato nulla. So solo che sono 21 tappe e saranno tutte molto dure».

Alaphilippe ha definito prezioso il tempo che trascorre con suo figlio Nino, 3 anni (foto Instagram)
Alaphilippe ha definito prezioso il tempo che trascorre con suo figlio Nino, 3 anni (foto Instagram)

La famiglia al centro

Del resto preferisce non parlare, quantomeno si guarda bene dal trascinare la sua famiglia in disquisizioni inutili. Come ha ben detto Saronni, un manager può avere qualcosa da dire a un suo atleta, ma fa meglio a dirlo in privato e senza coinvolgere pubblicamente la sua famiglia.

«Adoro passare del tempo con mio figlio – dice Julian in una lunga intervista a L’Equipe – adoro il suo atteggiamento spensierato e sto imparando da papà a stare calmo, a preoccuparmi per lui, affinché non soffra. La famiglia è importante, mi sarebbe piaciuto che mio padre lo conoscesse. Nei momenti brutti, quando le cose non vanno bene, ho accanto Marion. Lei sa che ci vuole tempo e forse riesce a fare un passo indietro più facilmente grazie alla sua esperienza ciclistica. Tutte le mogli dei corridori conoscono la durezza del lavoro, dei sacrifici, dei viaggi, delle assenze. Non è mai cattiva e fa molto bene il suo lavoro di opinionista televisiva. Mi piace il suo modo di lavorare e mi piace ancora di più vederla divertirsi in quello che fa. E’ sempre più coinvolta nel ciclismo femminile, è fantastico per lei e il suo coinvolgimento è fantastico per le altre ragazze».

Altro da dire non c’è. Non resta che iniziare la Tirreno-Adriatico in cui ha già vinto tre tappe nel 2019 e nel 2021 e sperare che tutto fili in modo regolare. Che Lefevere lo lasci un po’ in pace. E che la fortuna giri finalmente dalla parte giusta.

Saronni, vuoi fare l’arbritro tra Alaphilippe e Lefevere?

01.03.2024
5 min
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E’ stato un continuo crescendo. Prima le provocazioni legate ai risultati. Poi al fatto che stesse invecchiando. A seguire sulla scarsa voglia di allenarsi. Ma nessuno avrebbe immaginato che l’ennesima bordata di Lefevere all’indirizzo di Alaphilippe avrebbe riguardato la sfera privata, l’uso di alcol e le troppe feste con la moglie.

Facciamo una premessa: un team manager conosce vita, morte e miracoli dei suoi corridori. Può capitare che qualcosa non vada come dovrebbe e che sia necessario richiamare un atleta all’ordine. E’ raro che si facciano simili sparate. Verrebbe da pensare che sia l’unico modo per dare un ultimatum al campione, ma in ogni caso è il modo giusto?

L’associazione dei corridori si è schierata contro Lefevere. La moglie di Alaphilippe ha trovato modo di rispondere al manager e anche alla moglie di Philippe Gilbert che per qualche motivo si è schierata con Lefevere. L’unico a non aver detto una parola è stato proprio Julian, impegnato domani alla Strade Bianche. Accanto a lui si è schierato anche Geraint Thomas, definendo le parole di Lefevere roba da matti.

Giuseppe Saronni ha oggi 66 anni, ha vinto due Giri d’Italia. Dal 1992 al 2017 è stato team manager
Giuseppe Saronni ha oggi 66 anni, ha vinto due Giri d’Italia. Dal 1992 al 2017 è stato team manager

Alla porta di Saronni

Dopo l’intervista, pubblicata sul settimanale Humo, il team manager della Soudal-Quick Step ha fatto di tutto per smorzare la polemica. Ma siccome ha fatto e detto così ogni volta, in attesa che lo faccia ancora, noi abbiamo bussato alla porta di Giuseppe Saronni.

Il piemontese è stato corridore e team manager, magari avrà capito che cosa abbia spinto un dirigente d’azienda a gettare un atleta in pasto al gossip. Saronni si è prestato allo scambio di vedute, dicendo però (giustamente) che per poter avere un’opinione davvero completa bisognerebbe conoscere tutta la storia, di cui sono al corrente soltanto i diretti interessati.

Il 2024 di Alaphilippe è iniziato in Australia. Alla Het Nieuwsblad si è fermato per una caduta
Il 2024 di Alaphilippe è iniziato in Australia. Alla Het Nieuwsblad si è fermato per una caduta
Beppe, tu che ne hai viste tante, perché di colpo un team manager attacca pubblicamente un campione della sua squadra?

Non saprei, è da un po’ che non seguo. Però questa cosa è abbastanza strana. Solitamente se devi dire qualcosa a un corridore, qualsiasi corridore ma soprattutto in questo caso con uno di una certa importanza, lo fai all’interno della squadra. E’ sempre stato così, bisognerebbe conoscere le loro dinamiche interne. Poi sai, quando vai a quelle latitudini, ci sono sempre delle cose strane…

A te è mai capitato di gestire un problema a porte chiuse e poi, vedendo che non passava, pensare di renderlo pubblico?

No, direi di no, tantomeno su cose private e riservate. Non è mai bello. Magari a volte posso aver fatto qualche critica a livello sportivo, sui risultati e il modo di correre (vengono in mente quelle ad Aru nel 2018, ndr). Ma normalmente si evita sempre di parlare della propria squadra e dei propri corridori. Alla fine cerchi sempre di difenderli, anche perché sono con te, li hai voluti tu, li hai scelti tu e alla fine un po’ di colpe ricadono anche su di te. Insomma, mi sembra che Alaphilippe corra da tanti anni in quella squadra, Lefevere dovrebbe già conoscerlo. E se gli ha fatto e rinnovato i contratti, probabilmente è perché ha ritenuto che fosse un corridore valido. Quindi, è difficile dire cosa sia successo, non capita spesso di sentire queste cose. Bisognerebbe capire e conoscere la realtà.

Ha iniziato piano e ha finito andando sul personale. Alaphilippe non ha risposto, ma domani sarà il loro leader alla Strade Bianche, chissà con quale serenità…

Questi contrasti creano situazioni che non portano bene. Non c’è la tranquillità, il rapporto resta conflittuale. A meno che Lefevere conosca talmente bene il corridore e magari sa quello che noi non sappiamo. Che magari tutto questo serve per stimolarlo, per tirargli fuori un po’ di orgoglio. Non lo so, magari è così. A me non è mai capitato, però non conoscendo bene come stanno le cose, possiamo solo ipotizzare. Ma sicuramente troppa serenità non potrà esserci. Non è bello sentirsi dire quelle parole.

Tour de Wallonie 2022, tutto sembra filare bene. Alaphilippe vince a Huy, Lefevere fa un selfie per Instagram
Tour de Wallonie 2022, tutto sembra filare bene. Alaphilippe vince a Huy, Lefevere fa un selfie per Instagram
Se il tuo manager ti avesse attaccato così, tu saresti rimasto zitto come il francese?

Ma no, aspetta. Bisogna capire il carattere e la professionalità delle nostre latitudini. Lì è diverso, hanno un altro modo di fare. Credo che un tecnico italiano, un manager italiano avrebbe cercato di parlare di più con il corridore, ma in privato. Anche perché esternare queste cose, alla fine a chi fa bene?

Forse serve per giustificare davanti agli sponsor i tanti soldi che gli dai?

Se l’hai preso, l’hai tenuto e l’hai rinnovato, hai fatto anche tu la scelta. Però, non conoscendo i dettagli, non me la sento di fare queste valutazioni. Poi c’è da dire anche che questa è un’esternazione arrivata fino a noi, magari se ne sono dette delle altre, che non sono arrivate fin qua. Insomma, bisognerebbe conoscere bene la storia, come la conoscono loro.

Ti farai vedere alla Sanremo?

Solitamente si va alla partenza, che però non è più a Milano. Per noi che abitiamo qua, la Sanremo è una corsa fastidiosa, nel senso che devi prendere, andare in Liguria e poi tornare indietro. E quindi, se devo dire la verità, per come si vedono oramai le corse in tivù, capisco anche la mancanza di tanti tifosi sulle strade. Una volta ce n’erano di più, ma una volta o andavi sul percorso, sulle salite o in qualche trasferta, sennò certe cose non le vedevi. Allora alla televisione davano 30-40 chilometri, oggi vedi tutta la corsa e capisco anche la pigrizia del tifoso che va molto meno alle corse e le guarda in televisione. Insomma, ogni tanto bisogna abbassare i commenti, però la Sanremo dal divano è davvero una bella corsa…