Tre capsule collection che omaggiano le più importanti classiche del Nord. Santini ha realizzato, ispirandosi a Paris-Roubaix, Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, delle linee speciali composte da maglia, pantaloncini, intimo e accessori, con colori e grafiche ispirati agli elementi caratteristici di queste gare. Un’opportunità unica per gli appassionati di indossare capi progettati per celebrare la storia e le sfide uniche di queste leggendarie competizioni, grazie alla collaborazione fra ASO e il brand bergamasco.
Le tonalità della Parigi-Roubaix hanno colorato il kit dedicatoIl muro di Huy ha ispirato i colori e il design
Le collezioni
Ad aprire la capsule troviamo il design ispirato alla Freccia Vallone. Un omaggio alla famosa salita finale del Mur de Huy, nota anche come “Chemin des Chapelles” per il suo percorso fiancheggiato da sette cappelle. Il disegno è caratterizzato dalla parola “HUY”, realizzata ad arte con i caratteristici mattoni rossi della Vallonia. Invece il simbolo della “freccia”, che compare su ogni capo di questo kit, è un chiaro riferimento alla Freccia Vallone, così come lo sono i colori giallo e rosso che richiamano la bandiera della Vallonia.
Segue la capsule dedicata alla Liegi-Bastogne-Liegi che celebra la “regina delle classiche”, conosciuta anche come la Doyenne, la più antica delle cinque classiche Monumento. La corsa si sviluppa fa le colline delle Ardenne, dove il fiume Ourthe e i suoi affluenti hanno scavato profonde valli. Il design è stato sviluppato a partire dalla mappatura dei profili delle principali salite per creare un elemento grafico moderno e astratto, con un chiaro riferimento alle foreste ardennesi.
Infine l’ultima linea messa su tessuto è l’essenza della Paris-Roubaix Vélodrome. Una celebrazione del velodromo di Roubaix, noto come Vélodrome André-Pétrieux, che dal 1943 è il traguardo di questa competizione. Il disegno della maglia è ispirato alle svariate tonalità cromatiche che caratterizzano l’atmosfera del velodromo durante le competizioni, creando un effetto visivo dinamico e vibrante.
I capi sono pensati per essere performanti e confortevoliI capi sono pensati per essere performanti e confortevoli
Capi e prezzi
Elementi comuni di queste capsule sono la maglia e i pantaloncini, seguiti dagli accessori. La maglia è concepita con una vestibilità classica. Si notano il tessuto Race sulla parte anteriore e posteriore, la rete sui fianchi e le maniche tagliate a vivo. Il capo è altamente traspirante e ideale per le pedalate nelle giornate più calde. L’elastico in silicone intorno alla vita garantisce una perfetta aderenza durante la pedalata. La maglia è rifinita con una lunga zip coperta e da dettagli riflettenti. Il prezzo consigliato al pubblico è di 100 euro.
Seguono i pantaloncini realizzati con un tessuto italiano compatto ad alta elasticità con tecnologia che fornisce una compressione media senza restrizioni di movimento. Sono rifiniti con una fascia elastica tagliata a vivo a fondo gamba e con delle bretelle in rete traspirante per un comfort totale. Il fondello GITevo con cuore in gel offre alta protezione antishock ed è ideale anche sulle lunghe distanze. Il prezzo consigliato al pubblico è di 140 euro. Seguono: la maglia intima a 30 euro, i calzini a 15 euro, i guantini a 30 euro e il cappellino a 19 euro.
ROUBAIX (Francia) – Quelle che si dipingono sui volti dei ragazzi della Colpack-Ballan, al termine della Paris-Roubaix Espoirs, sono espressioni di fango e fatica. La corsa under 23 più dura del calendario ha lasciato nei giovani del team bergamasco tanti insegnamenti e la voglia di tornare. Ci si può innamorare di una corsa anche se questa ti mastica ad ogni settore di pavé, per poi sputarti nel velodromo di Roubaix senza capire bene come ci sei arrivato.
Nicolas Milesi è stato il primo della Colpack a tagliare il traguardo, in 36ª posizioneIl bergamasco al primo anno da under 23 era alla sua seconda esperienza tra le pietre della RoubaixNicolas Milesi è stato il primo della Colpack a tagliare il traguardo, in 36ª posizioneIl bergamasco al primo anno da under 23 era alla sua seconda esperienza tra le pietre della Roubaix
L’esperienza di Milesi
Nicolas Milesi, al primo anno con la Colpack, ha già corso su queste strade nel 2022, quando ha affrontato la Paris-Roubaix Juniores. I chilometri tra l’anno scorso e quest’anno sono aumentati, passando da 111 a 162. Aggiungere una tale distanza da queste parti cambia totalmente le sensazioni. Il bergamasco è il primo dei suoi al traguardo e parla volentieri, rimanendo lucido.
«In partenza non mi sentivo al massimo – racconta mentre si toglie il fango dal volto – andando avanti con i chilometri stavo sempre meglio. Ma ormai non ero più parte del primo gruppo. Sono andato ad un ritmo costante per tutta la corsa, anzi con il passare dei chilometri riprendevo qualcuno dei gruppetti davanti a me.
«Non ho mai avuto problemi, né meccanici né di cadute – spiega – avevo fiducia nei miei mezzi e nella mia capacità di guida. Arrivo dalla mountain bike e sono consapevole di saper muovere bene la bici. Mi ha influenzato molto la prima parte di corsa, non ero brillantissimo e non sono rimasto sempre nelle prime posizioni. Sul finale mi sono sbloccato un po’ ed ho fatto secondo nella volata del mio gruppetto, chiudendo tre scatti negli ultimi chilometri, volevo comunque dare il massimo. Nel corso della gara mi sono trovato spesso accanto a corridori forti, come Herzog, campione del mondo juniores in carica. Chiaramente il parterre era di prima scelta, considerando che oggi c’era anche Segaert, corridore della Lotto Dstny».
Alessandro Romele ha pagato un po’ di inesperienza, ma ha detto che vuole tornare qui per rifarsiAlessandro Romele ha pagato un po’ di inesperienza, ma ha detto che vuole tornare qui per rifarsi
La voglia di Romele
La Roubaix di Romele è iniziata nella sua mente venerdì sera, quando è andato a letto presto per preparare il viaggio. Lui e Milesi sono stati i riferimenti di questa Colpack, hanno guidato la ricognizione di sabato e sono stati i primi a scendere dal pulmino e prepararsi domenica mattina alla partenza.
«Indubbiamente era un palcoscenico di altissimo livello – analizza Romele – non ci potevamo aspettare di fare una passeggiata. Comunque penso che abbiamo fatto la nostra gara, ci sono stati degli episodi sfortunati, ma non è una scusa. Per essere la prima volta penso vada bene così, questa gara è un obiettivo e lo sarà per tutta la mia vita. Penso di essere adatto per corse del genere, piano piano arriviamo e ci sarà sicuramente una seconda volta.
«Sono caduto presto – racconta ancora – però sono riuscito a rimanere abbastanza davanti. Ero leggermente avvantaggiato rispetto a Milesi e Cretti, insieme siamo andati avanti ancora poco. Ad un certo punto ho forato e mi sono fermato a cambiare la ruota, ma ormai ero nel terzo gruppo. Mi sono rassegnato, mollando leggermente di testa, ed in questa corsa è una cosa che ti condiziona molto».
Cretti ha provato ad anticipare il gruppo per andare in fuga, nulla da fare peròCasalini (a sinistra) e Della Lunga (al centro) sono stati vittime di una caduta, ma hanno portato comunque a termine la corsaCretti ha provato ad anticipare il gruppo per andare in fuga, nulla da fare peròCasalini (a sinistra) e Della Lunga (al centro) sono caduti, ma hanno portato a termine la corsa
Cretti analizza
Il primo rifornimento della Colpack era piazzato al termine dei primi quattro tratti di pavé, quelli visionati ieri dai ragazzi. Le pale eoliche ai lati, che si stagliano alte nel cielo, sembrano guardiane silenti di immense distese verdi. Campi attraversati da ruvide strade di pietra e tappezzati dal giallo delle coltivazioni di colza.
«Sono partito con l’idea di dare il massimo – ammette Cretti dopo l’arrivo – ma anche di divertirmi. In questo periodo sto andando bene e ciò mi ha dato una bella spinta morale. La mia corsa, però, è durata fino al chilometro 120. Da lì in poi mi sono fatto portare al traguardo (dice con un sorriso, ndr). Non avendo mai corso sul pavé, qualcosa in meno degli altri sentivo di averlo. Negli ultimi settori la bici rimbalzava nei buchi, ero completamente finito!».
I ragazzi della Colpack hanno fatto il sopralluogo sabato, ma le pietre erano asciutte, una condizione opposta rispetto alla corsaI ragazzi della Colpack hanno fatto il sopralluogo sabato, ma le pietre erano asciutte, una condizione opposta rispetto alla corsa
«Sapevamo benissimo – racconta – che avremmo dovuto prendere i primi tratti davanti, oppure provare ad andare in fuga. Però gli squadroni dei “devo team” si sono messi a controllare la corsa e chiudevano su ogni attacco. Anche io ho provato ad anticipare due volte, ma mi hanno subito stoppato. Moralmente sono felice – dice sereno – ho preso i primi settori di pavé davanti, ma arrivavo sempre a tutta fin dai chilometri prima, quindi una volta entrato sfilavo. Avere una squadra forte in questi casi aiuta a risparmiare nei tratti di asfalto per poi accelerare sulle pietre».
Dolori su tutto il corpo
Scossi e mossi dalle pietre, una gara totalmente corsa come se si fosse in uno shaker, che ti mischia ossa e muscoli. Ci sono corridori ai quali arriva prima il mal di schiena piuttosto che quello alle gambe.
«Avevo tutto il fango negli occhi e sugli occhiali – chiude Milesi – anche se quelli al primo di settore di pavé erano già inutilizzabili. Ora che sono un po’ più freddo, ho un gran dolore alla schiena, mentre in corsa erano le braccia e le mani a soffrire.
La Roubaix Espoirs è stata vinta per distacco da Tijl De Decker (Lotto Dstny Development)La Roubaix Espoirs è stata vinta per distacco da Tijl De Decker (Lotto Dstny Development)
«La pioggia – dice Romele mentre si cambia – ha modificato totalmente le sensazioni provate ieri durante la ricognizione. Le condizioni dei settori peggioravano ed il fango aumentava la difficoltà di guida e la stanchezza. I dolori piano piano si sono diffusi a tutte le parti del corpo complicando ancora di più il tutto».
«Neli ultimi tratti – aggiunge Cretti – la corsa era finita, ero in un gruppetto di venti e mi staccavo anche da loro. Mi infilavo nelle buche del pavé e faticavo ad uscirne, ero stanco morto. Nessun dolore particolare, abbiamo solo menato troppo (chiude con una risata, ndr)».
Il solo programma di allenamento che va osservato alla lettera è quello invernale. Durante la stagione invece si asseconda il corpo, in modo da andare incontro alle esigenze che si creano. Alla luce di questa massima, che ci fu consegnata tempo fa da Michele Bartoli, torniamo alle scelte recenti di tre campioni – Van der Poel, Van Aert, Ganna – e al diverso programma che hanno seguito dopo la Sanremo del 18 marzo e la E3 Saxo Classic della settimana successiva.
Ciascuno dei tre aveva esigenze diverse. Van der Poel, in ottima condizione (in apertura durante il sopralluogo sul pavé di venerdì 7 aprile), cercava freschezza per contrastare Pogacar in salita e poi brillantezza sulla via della Roubaix. Van Aert sapeva già dalla Sanremo di non avere una grande condizione in salita, ma ha scelto le fatiche della Gand. Ganna ha usato le corse fino alla Gand per prendere confidenza con il terreno, poi ha scelto di allenarsi a casa. E allora siamo tornati da Bartoli, per sentire quale idea si sia fatto dei tre avvicinamenti.
Tre diversi avvicinamenti
Ecco il programma delle gare di Van der Poel, Van Aert e Ganna a partire dalla Milano-Sanremo, di cui hanno occupato i tre gradini del podio. Hanno tutti fatto la E3 Saxo Classic, poi le loro strade di sono divise, seguendo ragionamenti tecnici diversi.
Caro Michele, intanto vale la pena dire, dopo aver letto l’intervista sulla Gazzetta dello Sport, che Van der Poel ha ammesso di aver vissuto un inverno meno impegnativo nel cross e di aver trovato di conseguenza più freschezza su strada…
Insomma, lo si disse già due anni fa: le energie non sono infinite. Anche se mentalmente sono forti e sopportano la fatica, prima o poi il conto lo paghi. Non si può far tutto. La vita è sempre stata una questione di scelte.
Come vedi il fatto che dopo Harelbeke, Van der Poel che è parso più forte in salita si sia fermato, mentre Van Aert ha corso la Gand?
Se si fosse fermato anche lui, forse avrebbe avuto un po’ di margine per il Fiandre. Non a caso a volte certe corse vengono saltate, per privilegiare quelle che contano. Quando sei al 100 per cento, non sempre ti conviene correre. Perciò se si salta una corsa, privilegiando un allenamento ben fatto, a volte si migliora. Andare a correre e subire il ritmo della gara, se non stai bene a volte un po’ ti toglie.
Già alla E3 Saxo Classic si era capito che Van Aert, già sofferente alla Sanremo, fosse meno forte in salitaGià alla E3 Saxo Classic si era capito che Van Aert, già sofferente alla Sanremo, fosse meno forte in salita
Si parla per ipotesi, ma secondo te, non correndo la Gand, Van Aert sarebbe stato più forte al Fiandre?
Non si può dire che sia andato piano, perché anche lui almeno inizialmente ha staccato tutto il gruppo. Però poi ha pagato dagli altri due. A questi livelli si considerano anche i dettagli in apparenza più piccoli. Per cui, pur non potendo cambiare il rendimento di un atleta in un periodo breve come gli 8 giorni fra Harelbeke e il Fiandre, lo si sarebbe potuto amministrare diversamente. Non è che puoi metterti a fare lavori sul VO2 Max, perché allora ti converrebbe quasi correre. Ma se ti rendi conto che ti manca qualcosa, staccare per qualche giorno può restituirti un po’ di brillantezza. Recuperi un po’ più a lungo, ti concentri sui lavori aerobici con la speranza di arrivare al momento decisivo un po’ più carico di energie e poi incroci le dita…
Quindi è più un fatto di recupero e di freschezza?
Esatto. A quel punto il motore difficilmente lo cambi. Lavori un po’ più sulla fase aerobica, magari speri che in tutti i momenti della gara dove non si spinge a fondo, il dispendio energetico sia inferiore e arrivi un pochino più carico al finale. E’ anche vero che se devi inseguire, è sempre più difficile.
Nel mercoledì tra Fiandre e Roubaix, Van der Poel ha chiesto di correre la Scheldeprijs per trovare ritmoNel mercoledì tra Fiandre e Roubaix, Van der Poel ha chiesto di correre la Scheldeprijs per trovare ritmo
Tra il Fiandre e la Roubaix, Van der Poel ha inserito la Scheldeprijs dicendo di volere più ritmo…
E’ quello che si sta dicendo. Quando sei al top, sai su cosa puoi lavorare. Si tratta di aggiustare piccole cose, non hai il tempo per cambiare completamente la situazione, ma a quei livelli le piccole cose sono decisive.
E’ possibile che la Gand una settimana prima del Fiandre abbia appesantito Van Aert, perché non era al top, mentre la Scheldeprijs prima della Roubaix abbia dato più qualità a Van der Poel, che stava già molto bene?
Puo essere assolutamente così. Non so cosa abbiano fatto nel periodo dopo il cross, mi pare però che siano rientrati su strada negli stessi giorni di marzo. Normalmente il valore principale di Van Aert è la resistenza. Lo dimostra al Tour, andando in fuga e tenendo anche sulle montagne come Hautacam. Invece sembra che ora la resistenza gli manchi. Fa uno sforzo, due sforzi e il terzo lo subisce. Gli anni non sono tutti uguali e si sta discutendo su sottigliezze, perché magari si sarebbe staccato anche non correndo la Gand. Però se si vuole un’analisi, qualcosa di diverso poteva essere fatto.
Van Aert ha speso molto alla Gand (26 marzo), tre giorni dopo Harelbeke. Uno sforzo su cui ragionare per il futuroVan Aert ha speso molto alla Gand (26 marzo), tre giorni dopo Harelbeke. Uno sforzo su cui ragionare per il futuro
In carriera ti è capitato di aggiungere o togliere corse dal programma in base alla condizione?
Certo, più di una volta. Sono cose che si fanno. Quella che è programmata e bisogna cercare di mantenere il più possibile fedele alla tabella è la preparazione invernale, perché si strutturano gli allenamenti con una cadenza articolata. Quando iniziano le gare, devi lavorare in base a quello che ti senti. La programmazione potrebbe andare a perdersi e devi essere bravo ad adeguare il calendario.
In che modo?
Se sono sul filo, magari una gara in più mi potrebbe danneggiare, allora la tolgo. Oppure sto bene, mi manca un po’ di ritmo e allora la inserisco come ha fatto Van der Poel. Ha recuperato qualche giorno in più, ha messo dentro la Scheldeprijs, ha ripreso il ritmo e alla Roubaix era a posto. Sono calcoli che si fanno.
Alla Roubaix, Ganna è andato forte, ma ha pagato il conto all’inesperienza. Qui è con Mads PedersenAlla Roubaix, Ganna è andato forte, ma ha pagato il conto all’inesperienza. Qui è con Mads Pedersen
Cosa possiamo dire di Ganna, che non ha corso il Fiandre per preparare la Roubaix?
E’ un caso diverso, perché Ganna non ha l’esperienza di Van Aert e Van der Poel per le gare in Belgio. Non ha la loro sicurezza, non conosce i percorsi. Gli mancano tante sfumature, quindi una corsa in più per lui sarebbe stata più utile di un allenamento fatto a casa sua. Lo avrei buttato anche sul Fiandre.
E’ stata l’osservazione fatta lassù dopo averlo visto così forte alla Sanremo.
Alla Sanremo si è visto che dopo Van der Poel il più forte è stato lui, poi è mancato qualcosa: questo è lampante. Su Ganna vorrei parlare poco, perché spesso sono stato critico: non su di lui, ma sul programma che ha fatto. Filippo è una forza della natura e forse andrebbe sfruttato un pochino meglio. Sappiamo che vince in pista, che fa record dell’Ora, che diventerà campione del mondo a crono, però a lui ora serve qualcosa in più. Quest’anno ha iniziato.
Van Aert e Van der Poel hanno chiuso la stagione del cross al mondiale, debuttando su strada ai primi di marzoVan Aert e Van der Poel hanno chiuso la stagione del cross al mondiale, debuttando su strada ai primi di marzo
Hanno detto che il Fiandre sia troppo duro per lui.
L’ho sentito dire anche io. Sarà anche pesante rispetto agli altri, ma ha una qualità muscolare adeguata al suo peso. Se Van der Poel sul Paterberg fa 600 watt, Ganna naturalmente ne fa 680. Perché è strutturato per supportare quel carico lì. Quindi anche il fatto del peso, alla fine, non è così proibitivo.
Correndo di più lassù avrebbe dei vantaggi nella guida e spenderebbe meno?
Rilanciare dopo ogni curva costa tanto, soprattutto perché le curve sono quello che si vede. Mi viene da pensare che forse Ganna, non essendo tanto esperto, molte volte ha dovuto rilanciare per una traiettoria sbagliata e tutti gli altri movimenti che succedono in gruppo e che da fuori non noti. Se è successo in curva, mi viene da pensare che lo abbia fatto anche in altre situazioni. Quindi la sua è stata una gara dispendiosa e ugualmente è andato fortissimo. Era lì fino all’ultimo tratto, quindi sono convinto che in futuro, quando avrà più esperienza, la Roubaix sarà la sua gara. Dovrà solo lavorare per arrivare con un po’ di riserva nel finale, quando si fa la vera differenza…
Ganna è già da un pezzo a Gran Canaria per allenarsi, così a Torino suo padre Marco ritira per lui il premio Ussi. E ci guida con garbo nel mondo del figlio
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Quest’anno, purtroppo non ci sono corridori italiani sul podio, ma la vittoria di Van Baarle porta una Pinarello sul gradino più alto, una bici diametralmente opposta a quella vittoriosa tra le donne. La Parigi-Roubaix, l’Inferno del Nord, è anche molta tecnica legata alle biciclette, ai componenti e alle scelte fatte dai team. Abbiamo fatto una selezione e ci sono anche delle curiosità molto interessanti.
La Dogma F di Ganna, non in posizione esterna
Una sorta di Fizik custom per Van Baarle
Un manubrio integrato e full carbon per il vincitore
La Dogma F di Ganna, non in posizione esterna
Una sorta di Fizik custom per Van Baarle
Un manubrio integrato e full carbon per il vincitore
La Roubaix di Pinarello
Una Dogma F per il vincitore, con pneumatici tubeless, manubrio full carbon integrato (il Most di Pinarello) e una sella Fizik che ad oggi non compare sul catalogo. Ha il design della Vento Argo (quella short nose) ed ha i rails in lega d’alluminio, ma non è una Vento Argo. Prima della partenza le biciclette esterne, erano di Rowe, Turner e proprio Van Baarle, quella di Ganna era al centro del tetto dell’ammiraglia. Un segno questo che va ad identificare il capitano/capitani designati dal team.
BikeExchange: le TCR Advanced SL, solo un paio di Propel e scelte comuni per le ruote
Tubeless oppure tubolare, ma sempre con cerchio da 42 e pneumatici Vittoria senza logo
Le ruote Cadex, quelle tubeless con il canale da 19 millimetri
Il chain catcher su tutte le Giant
BikeExchange: le TCR Advanced SL, solo un paio di Propel e scelte comuni per le ruote
Tubeless oppure tubolare, ma sempre con cerchio da 42 e pneumatici Vittoria senza logo
Le ruote Cadex, quelle tubeless con il canale da 19 millimetri
Il chain catcher su tutte le Giant
Tubolari e tubeless per la BikeExchange
Giant TCR Advanced SL per tutti i corridori del team australiano, con un paio di Propel (modello aero) sulle ammiraglie. Fin qui nulla di strano. Ma come ci aveva anticipato Fausto Oppici, meccanico del team, i corridori avevano libertà di scelta tra i tubeless e i tubolari. Le bici in effetti avevano tutte le medesime ruote Cadex con profilo da 42 millimetri, ma con predisposizione differente. Gli pneumatici erano palesemente Vittoria, ma con il logo ed il modello non visibili.
Una Fizik Antares 00 in casa Movistar, con un inserto centrale non presente sui modelli standard
Tanti corridori della Movistar hanno usato i tubeless con sezione differenziata
Zipp e tubeless Continental per i Movistar. 28 anteriori e 30 e/o 32 posteriore
Ivan Cortina della Movistar, l’unico ad usare la Canyon CF SLX
Una Fizik Antares 00 in casa Movistar, ma con un inserto centrale non presente sui modelli standard
Tanti corridori della Movistar hanno usato i tubeless con sezione differenziata
Zipp e tubeless Continental per i Movistar. 28 anteriori e 30 e/o 32 posteriore
Ivan Cortina della Movistar, l’unico ad usare la Canyon CF SLX
Sezioni differenziate Movistar
Solo Ivan Cortina ha utilizzato la CF SLX, mentre gli altri corridori hanno usato la Aeroad, diciamo lo stesso modello usato da MVDP (ma con allestimento differente). Curiosa la scelta riferita agli pneumatici, tutti tubeless Continental GP5000 S TR e montati sulle Zipp. I corridori del team iberico hanno usato un 28 anteriore, 30 oppure 32 per la ruota posteriore.
Intermarché-Wanty: La Cube Litening TE di Kristoff
Tubeless da 25 e ruote da 65 per Kristoff
Tubeless da 32 e cerchi da 42 per Pasqualon
Intermarché-Wanty: La Cube Litening TE di Kristoff
Tubeless da 25 e ruote da 65 per Kristoff
Tubeless da 32 e cerchi da 42 per Pasqualon
Le Cube di Kristoff e Pasqualon
La Cube Litening TE rimane davvero impattante in fatto estetico, aggressiva e muscolosa. Le immagini televisive spengono nettamente la livrea di frame e forcella, mentre “dal vivo” compare la trama del carbonio, sotto un trasparente blu lucido. Le scelte tecniche però, sono quelle che devono trovare menzione.
Andrea Pasqualon ha montato le ruote con profilo da 42 e tubeless da 32.Kristoff invece ha optato per due profili da 65, tubeless Continental da 25 con dicitura hookless. Il design è perfettamente identico a quelli standard TR. “Il range delle pressioni varia tra le 2,5 e 4,5 bar, in base alle preferenze del corridore e alla scelta tecnica della gomma”, queste le poche parole dello staff.
Tutti i corridori della EF con la SuperSix Evo
Interessante il braccetto di supporto del cambio, con l’aletta di contrasto per la catena
I pedali SpeedPlay con power meter Wahoo integrato, ma c’è anche il P2M nella guarnitura
Tutti i corridori della EF con la SuperSix Evo
Interessante il braccetto di supporto del cambio, con l’aletta di contrasto per la catena
I pedali SpeedPlay con power meter Wahoo integrato, ma c’è anche il P2M nella guarnitura
Due power meter sulle Cannondale EF
Una SuperSix Evo per tutti, con ruote Vision e doppio misuratore di potenza. Due power meter? Evidente il pedale SpeedPlay che integra il power meter sviluppato in collaborazione con Wahoo, ma le guarniture hanno lo spider P2M. I pedali potrebbero essere quelli dedicati al misuratore, ma senza il power meter al loro interno. Ottima la scelta, in termini di efficienza (oltre al colore anodizzato), quella di usare il braccetto del cambio posteriore con una sorta di aletta per evitare di far cadere la catena all’esterno del telaio.
Astana: Vittoria Corsa Control da 30 e in versione tubeless ready sulle Corima
Una Prologo nativa per le e-bike, la sella di Boaro
Astana: Vittoria Corsa Control da 30 e in versione tubeless ready sulle Corima
Una Prologo nativa per le e-bike, la sella di Boaro
Corima tubeless per le Wilier
Wilier Zero SLR per il Team Astana, con le ruote Corima e una scelta degli pneumatici tra tubolari e tubeless. I tubeless Vittoria Control da 30 millimetri di sezione, sulle ruote Corima non è una cosa scontata. Inoltre sulla bicicletta di Boaro compare una sella Prologo Proxim PAS, con rails TiRox, modello dedicato agli utilizzatori di e-bike. Il suo design è paragonabile a quello della Scratch M5, ma ha un’imbottitura maggiorata.
Bici muscolose e “corte”, le Dare del Team UnoX
Nessuno della DSM ha utilizzato il mozzo Atmoz di Scoope Cycling
Bici muscolose e “corte”, le Dare del Team UnoX
Nessuno della DSM ha utilizzato il mozzo Atmoz di Scoope Cycling
Cervélo con Vittoria Dugast
Van Aert e compagni erano equipaggiati, tutti, con i tubolari da 30 millimetri di sezione, montati sulle ruote Dura-Ace da 60 millimetri. La particolarità è negli pneumatici con il logo Dugast ben visibile. Se è vero che Dugast fa parte del gruppo Vittoria, è pur vero che la novità c’è, per un brand maggiormente conosciuto per le produzioni legate al ciclocross di altissima gamma. Tutti gli pneumatici Dugast sono fatti a mano.
Le ruote Dura Ace da 60 usate dagli Jumbo-Visma
I tubolari Vittoria/Dugast per la Jumbo-Visma
Le ruote Dura Ace da 60 usate dagli Jumbo-Visma
I tubolari Vittoria/Dugast per la Jumbo-Visma
Scott e Dare
Nessuno dei corridori del Team DSM, con bici Scott, ha utilizzato il mozzo Atmoz di Scoope Cycling, per quella che ci è parsa, prima di tutto, un’operazione di marketing. Lo strumento non è stato utilizzato neppure in ambito femminile. Gli atleti hanno utilizzato le ruote Shimano Dura Ace in versione tubolare.Dare è il marchio di biciclette del team norvegese UnoX, praticamente sconosciuto nell’Europa latina. Telai corti e molto compatti, muscolosi e voluminosi, considerando anche le taglie piuttosto grandi. Ruote DT Swiss ARC, quelle con mozzi 240 e tubeless Schwalbe Pro One.
La Specialized Roubaix della Total Energies
Tanti i corridori con bici Specialized con posizione anteriore rialzata. Qui anche una GoPro
La Specialized Roubaix della Total Energies
Tanti i corridori con bici Specialized con posizione anteriore rialzata. Qui anche una GoPro
Specialized
Gli atleti Bora-Hansgrohe e Total Energies hanno utilizzato le Specialized Roubaix S-Works, con ruote Roval e tubeless S-Works. Buona parte degli atleti aveva dei setting “comodi”, in particolare per l’avantreno (gli spessori sotto l’attacco manubrio sono l’elemento ammortizzante anteriore). Stem allungati e molti spessori tra attacco manubrio e cap del sistema ammortizzante in dotazione alla bicicletta. Jonas Koch (Bora) ha montato anche la GoPro.
Tenuta nascosta, ma neppure troppo, al Giro di Svizzera Thomas e Martinez hanno provato la nuova Bolide da crono. In attesa di dati certi, ecco le novità
Dopo lo smacco di Leuven (per il quale ha tenuto un contegno ineccepibile), Marianne Vos è tornata nel cross vincendo in CdM. Per lei la nuova Cervélo R5CX
«Comunque sia partirà bianca, ma non arriverà bianca e di sicuro sarà protagonista»: facciamo nostra la frase di un amico. Siamo alla partenza dell’edizione numero 119 della Parigi-Roubaix e il turbinio di emozioni è incredibile. Prima della presentazione ufficiale dei corridori abbiamo documentato qualche dettaglio della bicicletta di uno dei possibili protagonisti. Ecco la Canyon CFR Aeroad di Matthieu Van der Poel.
Roubaix 2022, la bici di MVDPRoubaix 2022, la bici di MVDP
VdP e la sua Canyon CFR
Il telaio e la forcella corrispondono al modello normalmente utilizzato dal corridore olandese, nella versione CFR. E’ unaAeroade Van der Poel utilizza il cockpit integrato full carbon. Il kit e il setting, nella loro completezza, sono gli stessi che MVDP utilizza per le gare “normali”.
54-40 per le corone anteriori
Pedivelle da 172,5 e power meter di ultima generazione
Manubrio integrato e indicazioni per il pavé
Disco anteriore da 140 millimetri
54-40 per le corone anteriori
Pedivelle da 172,5 e power meter di ultima generazione
Manubrio integrato e indicazioni per il pavé
Disco anteriore da 140 millimetri
Pacchetto Dura Ace
La trasmissione è Shimano Dura-Ace a 12 velocità (11/30), con doppio plateau anteriore (54/40). C’è l’ultima versione del power meter Shimano, le pedivelle da 172,5 e proprio l’intera guarnitura corrisponde al modello abbinato al sistema a 12 rapporti. Dietro il deragliatore non è previsto nessun chain catcher. Il reparto delle ruote è composto dal binomio C50 tubeless version e pneumatici Vittoria Corsa Control Graphene 2.0 con la sezione da 30 millimetri. Il diametro dei dischi è da 140 millimetri, per anteriore e posteriore.
Interessante, gli ingegneri Shimano che hanno misurato la distanza tra leve e manubrio
Gli ingegneri Shimano, che abbiamo ritrovato da tutti i team sponsorizzati
Gomme Vittoria da 30 tubeless
Interessante, gli ingegneri Shimano che hanno misurato la distanza tra leve e manubrio
Gli ingegneri Shimano, che abbiamo ritrovato da tutti i team sponsorizzati
Gomme Vittoria da 30 tubeless
Due curiosità
Per qualche minuto i tecnici/ingegneri di Shimano hanno affiancato lo staff del Team Alpecin-Fenix. Hanno misurato la distanza delle leve e dei pulsanti, rispetto al punto di appoggio (basso) delle mani.
«Cerchiamo di fare una media della distanza utilizzata dai corridori, tra leve e manubrio – le parole di un ingegnere Shimano – sono dati che vengono immagazzinati e sempre utili. Non è solo il cambio, qui c’è anche la parte idraulica dell’impianto frenante».
La seconda curiosità è la bomboletta CO2, con cap già inserito e pronto all’uso, posizionata a lato del portaborraccia (Elite in alluminio, non in carbonio) del tubo obliquo.
«Mathieu ha disponibile questa bomboletta nel caso voglia aggiustare direttamente la pressione delle gomme, magari dopo i primi tratti di pavé e dopo che ha preso il giusto feeling con i primi tratti di pietre. Il gonfiaggio iniziale è previsto al di sotto delle 4 bar”. Questa la battuta di un membro dello staff.
»ortaborraccia Elite di vecchio stampo e bomboletta
La Selle Italia Flite Boost personalizzata per MVDP
Portaborraccia Elite di vecchio stampo e bomboletta
La Selle Italia Flite Boost personalizzata per MVDP
Nastro classico
Non ci sono doppie nastrature del manubrio, una scelta comune a tanti atleti del ciclismo attuale. Il nastro è Selle Italia, ruvido e morbido, ma standard. Selle Italia anche per la sella, modello Flite Boost Superflow con rail in carbonio e livrea personalizzata.
Selle Italia coccola Van der Poel e realizza per lui una sella speciale per il Fiandre: la Flite Boost con grafica personalizzata. Un oggetto da collezione