Rubens Bertogliati, team manager della UAE Adq, ad un certo punto ha fatto il gesto di mordersi i pugni. Eravamo nel centro del velodromo di Roubaix e all’arrivo delle ragazze mancavano una dozzina (o poco più) di chilometri. Come mai – era la domanda più logica – non vanno a tirare le ragazze della UAE Adq visto che sono in tre e una di queste è Chiara Consonni?
Le fuggitive in quel momento erano ad una manciata di secondi. E quando Marta Bastianelli (nella foto di apertura) si è messa in testa, la sensazione è che fosse ormai troppo tardi. Un peccato, dal loro punto di vista. Più che altro perché quando tutto sembrava perduto, prima del penultimo settore in pavé, erano arrivate a una decina di secondi dalla testa. Di fatto il gap era chiuso e davanti non sempre giravano regolari.
E invece succede che per fare le tattiche servono le gambe. Servono più gambe… anche quelle di altre squadre e alla fine quei 10” erano molto più di quel che ci si poteva immaginare. Dopo la corsa a fare chiarezza è Davide Arzeni, diesse della squadra degli Emirati Arabi Uniti.
Com’è andata, Davide?
Sono molto contento della prestazione delle ragazze e di Aleandro Gonzales-Tablas (l’altro diesse, ndr) che ha diretto le operazioni. Secondo me le ragazze si sono comportate veramente bene. Avevamo studiato con cura la nostra corsa. Volevamo mettere un’atleta nella fuga.
Esatto, e ci è riuscita. Peccato che sia caduta sul Carrefour de l’Arbre. A quel punto, dietro siamo stati costretti ad inseguire, ma sono mancate un po’ le gambe. Però ripeto, essere lì, a 8-10 secondi dalla testa della corsa, nel vivo della gara, mi fa piacere e non posso che essere contentissimo della prestazione della squadra. Certo è stata un’occasione persa per salire sul podio, ma va bene così…
E infatti, nel velodromo c’era quel senso di mordersi le mani…
Io continuo a dire che dobbiamo essere contenti perché io metto sempre la prestazione davanti. Perché se corri bene, se corri così, prima o poi arriva il risultato arriva.
Facciamo un po’ la parte del diavolo. Non era meglio far tirare prima Marta Bastianelli? In questo modo avrebbe portato sotto Chiara Consonni che in volata è fortissima…
Gli ordini erano quelli, però lo sapete, la corsa è un’altra cosa. Non è facile. Penso anche che Marta abbia dato tutto quello che aveva. Quindi se non siamo riusciti a chiudere è perché davanti sono state più forti.
In effetti nel mezzo del velodromo, proprio con Rubens Bertogliati commentavamo che dopo il penultimo tratto in pavè le fuggitive si fossero riprese…
La polacca Marta Lach ha tirato tantissimo negli ultimi chilometri (e anche la stessa Jackson, ndr). Che dire: noi ci abbiamo provato. Abbiamo sognato – breve pausa del “Capo” – e torneremo per vincere.
Di solito sei una sentenza! Di una cosa vi va dato atto: siete un gruppo giovane e nel finale ne avevate tre davanti…
Ed è quello che dico: a livello di squadra, a prescindere dal risultato, non si può dire niente. La corsa è andata più o meno come volevamo, avevamo piazzato un’atleta in fuga e Chiara e Marta erano con le migliori.
Ti aspettavi una corsa simile?
Sì, sì… Anche con gli altri direttori sportivi ci aspettavamo un andamento così. Per me è stato importante inserire una ragazza in fuga, perché sarebbe potuta servire sul finale. E nello stesso tempo, se la fuga fosse arrivata come di fatto è andata, si sarebbe potuta giocare le sue carte. Laura è veloce. Era perfetta. Però con i se e con i ma… si fa poco.
Katia Ragusa scoppia in un pianto liberatorio. Una curva in più dopo l’arrivo, esattamente nel punto in cui dall’altra parte della pista si entra nel velodromo, l’atleta della Liv Racing-TeqFind è a terra che piange e a tratti sorride (sul podio in apertura Jackson, Ragusa e Truyen).
I classici schizzi di fango. Un massaggiatore che le passa salviette imbevute e lei che per una volta ancora spinge il bottoncino della radio e ringrazia tutte le compagne.
Mezza curva prima invece, nello stesso punto di Colbrelli, Alison Jackson si mette le mani sul casco e continua a ripetersi: «I don’t believe it. I don’t believe it (non ci credo, non ci credo)».
La veneta commossa, stanca e felice dopo l’arrivoJakson incredula dopo l’arrivo. «Sapevo che un giorno avrei potuto cogliere un grande successo, ma tante cose dovevano mettersi insieme»
Big beffate
E’ stata una Parigi-Roubaix Femmes strana. Un gruppo fin troppo folto che scappa poco dopo il via e prende tanto vantaggio. Le big reagiscono e il destino della fuga sembra segnato. Vengono quasi riprese – 10”, forse meno – ma ecco che nell’ultimo settore di pavé le reduci in testa tornano a guadagnare terreno su Kopecky, Longo Borghini, Consonni…
La canadese è stata la più forte. Negli ultimi 50 chilometri, quando è partito da dietro il contrattacco della super favorita Kopecky lei è quella che ha tirato più di tutte. Si è dannata l’anima. Invitava anche le altre a fare altrettanto. Nel velodromo si è messa davanti, alla corda, e quella posizione non l’ha più mollata.
Alison Jackson (classe 1988) vince la Roubaix Femmes, il successo più importante della sua carrieraAlison Jackson (classe 1988) vince la Roubaix Femmes, il successo più importante della sua carriera
Roubaix canadese
«E’ qualcosa di grande per me, per il Canada, per la squadra – ha detto Jackson – indescrivibile. Durante l’antidoping mi hanno chiesto a chi dedicare la vittoria, ma ero talmente impreparata che non lo sapevo. Adesso, dico alla mia famiglia e alla mia squadra.
«Volevamo andare in fuga. Ho spinto tanto e no… se mi chiedete se volevo arrivare in volata rispondo di no. Non sono forte allo sprint. Ma dopo tanta fatica contano le energie. E comunque non ne avevo per andare via. Sapevo che le altre non ne avevano poi più di me. Lo vedevo».
«Per radio – racconta Tim Harris, il diesse della EF Education – le dicevo che era la più forte. Lei è sempre stata aggressiva. Spesso si è piazzata e oggi ha avuto la possibilità di dimostrarlo. E’ stato importante essere davanti, perché in questo modo poteva andare più tranquilla, rischiare meno e sfruttare la sua forza. Avevo solo paura della piccola salitella nel finale (l’entrata a Roubaix, prima del settore finale in pavè è in falsopiano, ndr), ma nessuna si è mossa».
La caduta delle big innescata da una sbandata di Longo Borghini. Questo imprevisto probabilmente ha contribuito all’esito positivo della fugaIl film del finale: fuggitive del mattino nel mirino delle big, le quali però non riescono a chiudere il gapLa caduta delle big innescata da una sbandata di Longo Borghini. Questo imprevisto probabilmente ha contribuito all’esito positivo della fugaIl film del finale: fuggitive del mattino nel mirino delle big, le quali però non riescono a chiudere il gap
Coraggio Ragusa
E il fatto di anticipare è stato la chiave anche per Katia Ragusa. Ci viene da ripensare alle parole scambiate stamattina con Elena Cecchini sull’importanza di stare davanti, di anticipare con una fuga, specie se questa è abbastanza folta perché non si spende di più. E così è andata.
«E’ indescrivibile quello che provo – ha detto Ragusa – questa gara è unica. Sono andata in fuga per anticipare i settori di pavé, ma non mi aspettavo di arrivare davanti qui a Roubaix. Siamo partite dopo pochi chilometri. Già al via mi ero posizionata davanti per prendere la fuga.
«Che lacrime sono? Sono lacrime di gioia. Sì, il secondo è il primo dei perdenti. Però dopo la stagione che ho passato l’anno scorso, in cui mancava sempre qualcosa, questo importante piazzamento compensa tutto».
Katia Ragusa (classe 1997) sulle pietre si è trovata a suo agio Katia Ragusa (classe 1997) sulle pietre si è trovata a suo agio
Mezza ruota
Per capire certe reazioni delle ragazze bisogna essere sul campo. Stare nella corsa. Si è tesi già solo stando all’arrivo da spettatori, figuriamoci da protagonisti.
Alla fine Katia è andata a mezza ruota da un successo clamoroso, di quelli che ti cambiano la vita, almeno quella sportiva. Crederci era lecito. Anche perché davanti non c’erano una Kopecky o una Vos.
«Ci ho creduto, anche perché dall’ammiraglia continuavano a dirmi che potevo correre per la vittoria. Avevo anche provato ad anticipare su un settore di pavè ai -30. Era lontano ma volevo vedere se riuscivamo a tirar fuori un gruppetto più piccolo. In quel momento l’idea era di cercare di arrivare più vicino possibile all’arrivo».
Lo sprint di potenza della canadese che precede Katia RagusaLo sprint di potenza della canadese che precede Katia Ragusa
Quanta testa
Poi però il velodromo si è avvicinato per davvero. E Ragusa e compagne di fuga erano ancora in testa.
«Nel momento dell’ingresso al velodromo – continua Ragusa – le gambe erano dure e la fatica si faceva sentire. Ho anche pensato di anticipare la volata, però ho valutato due cose: primo che il margine sulle inseguitrici era buono e secondo che la velocità era ancora alta, pertanto non ce l’avrei fatta ad andare via. A quel punto l’importante era entrare davanti nel velodromo, cercare di tenere le posizioni di testa e poi dare tutto quello che era rimasto.
«Per il resto è andata bene. Anche dal punto di vista tecnico, mi sono trovata a mio agio e fare la recon è stato più che utile. E anche la tattica. Stando davanti c’è stato meno stress. I primi settori li abbiamo presi davvero con tranquillità.
«E adesso cosa cambia? Cambia che un risultato così dà morale. Dà tanto morale. Fare seconda in una classica monumento non me lo sarei mai aspettato quando sono partita stamattina».
«Noi ragazze facciamo tutte le corse»: così Marta Cavalli spiega la presenza a Roubaix. Il peso conta, ma non è decisivo. E le Ardenne non erano previste
L'Astana esce di scena e lascia posto a un nuovo sponsor. Per Katia Ragusa prosegue invece il cammino di crescita. Il 2° posto ai tricolori un ottimo inizio
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La primavera di Elisa Longo Borghini ha rischiato di andare a farsi benedire e ancora adesso non si può dire come finirà. Dopo il debutto trionfale al UAE Tour, la piemontese ha corso all’Het Nieuwsblad (in apertura) e poi è sparita. Forfait alla Strade Bianche e poi anche al Trofeo Binda, finché il comunicato della Trek-Segafredo ha fatto sapere che c’era di mezzo il Covid, che l’ha tenuta fuori dai giochi per oltre una decina di giorni. E anche se Elisa ha ripreso ad allenarsi da poco, la sua condizione alla Dwars door Vlaanderen o al Giro delle Fiandre, gare della possibile ripresa, non sarà certo come se l’aspettava.
Il ritorno alle corse in Italia prevede ancora il protocollo “return to play” da cui sono stati tolti alcuni esami del sangue, mantenendo tuttavia l’ecocardiogramma, l’ECG da sforzo e la spirometria. Cautele che mettono al riparo dalle conseguenze del Covid e permettono all’atleta di riprendere con tutte le sicurezze del caso. Quel che non è ponderabile è tuttavia la condizione che si è persa durante la sosta.
«Per quanto mi riguarda – spiega Elisa – per quelli che erano i miei valori e le mie sensazioni, ero partita molto bene. Avevo già fatto un periodo di altura sul Teide e già al UAE Tour mi sentivo bene. I riscontri a casa in allenamento erano ottimi, poi però ho fatto dieci giorni a casa completamente kappaò, quindi bisognerà vedere se e quando la condizione tornerà a crescere. Ancora faccio un po’ di fatica a recuperare tra un allenamento e l’altro e lavoro a intensità ridotta. Però al rientro spero di poter aiutare la squadra, visto che comunque ci sono delle ragazze in forma. Ho visto che per vincere non hanno tanto bisogno di me (sorride, ndr), però magari posso dare loro una mano…».
L’apertura di stagione di Elisa Longo Borghini l’ha vista vincere al UAE TourL’apertura di stagione di Elisa Longo Borghini l’ha vista vincere al UAE Tour
Quando ricomincerai ad allenarti ad alta intensità?
Credo che l’intensità finirò col farla in corsa. In questi giorni di avvicinamento cercherò di sistemare il fisico e di ritrovare i valori giusti. Sono certa che in corsa prenderò qualche bella… stringata, che sul momento mi farà penare, ma servirà per rimettermi a posto.
Hai pensato di rinviare il rientro fino a quando sarai del tutto a posto?
Non sappiamo ancora quando sarà il rientro, andrò comunque per lavorare. Vado ad aiutare le mie compagne, perché non è che posso saltare tutte le gare che voglio. La squadra ha bisogno di me. Abbiamo una ragazza fuori perché è caduta e si è fatta male: Lauretta Hanson. Ellen Van Dijk è incinta. Insomma, non possono correre sempre le stesse, perché altrimenti si finiscono. Quindi appena potrò, andrò a correre.
Insomma, il capitano va in guerra con le sue ragazze?
Più o meno, ma senza l’assillo di dover dimostrare niente a nessuno. E’ una settimana e mezza che pedalo e quindi già un paio di semi distanze le ho fatte, anche se ho sempre diviso in due gli allenamenti, fra mattina e pomeriggio.
Il Trofeo Binda del 2021 di Elisa Longo Borghini ha aperto la serie Trek, che ha vinto nel 2022 con Balsamo e quest’anno con Van AnrooijIl Trofeo Binda del 2021 di Longo Borghini ha aperto la serie Trek, che ha vinto nel 2022 con Balsamo e quest’anno con Van Anrooij
Quindi se tutto funziona, la condizione verrà per la Liegi?
E’ una possibilità, ma ancor meglio la Vuelta (1-7 maggio, ndr). E poi chissà se si farà il Giro d’Italia. Ci hanno parlato di partenza da Roma e finale in Sardegna, ma altro non sappiamo. Non è una questione di fare la gara col Tour, però in Francia presentano le tappe un anno prima e noi siamo qua che ancora non sappiamo se e dove si farà. Speriamo di poterlo correre.
Sei la vincitrice uscente della Roubaix e, se ci sarai, aiuterai le altre. Che cosa consiglierai alle tue compagne?
La prima cosa da ricordare è di tenere le posizioni e penso che questo sarà il mio ruolo. Quello di portarle davanti, soprattutto all’imbocco dei settori in pavé. Stando davanti si evitano cadute e si trovano le linee migliori. Poi consiglierei di risparmiare il più possibile e di utilizzare al massimo le compagne per farsi portare davanti. La Roubaix comunque è una corsa che ti logora.
Dopo averla vinta, la Roubaix ti è rimasta nel cuore?
La verità? E’ una corsa che non mi ha mai ispirato. Sono stata felicissima quando hanno annunciato che l’avrebbero fatta, perché è una classica prestigiosa in cui si scrive la storia del ciclismo. Sono fiera che ci sia e di averla vinta. E’ stata l’emozione più grande di tutta la passata stagione, ma non è diventata la mia ossessione.
Lo scorso anno Elisa Longo Borghini ha vinto la seconda edizione della Roubaix FemmesLo scorso anno Elisa Longo Borghini ha vinto la seconda edizione della Roubaix Femmes
Non saresti tornata su per tentare il bis?
La mia idea è che l’ho vinta e ho messo una tacca. L’avevo già messa anche sul Fiandre, per cui ora potrei dire di volerci provare con la Liegi e vediamo come va a finire. Quindi la Roubaix non è diventata un chiodo, fisso. Senza questi problemi, sarei andata per fare bene, ma senza la pressione di volerla rivincere per forza.
Hai seguito il Trofeo Binda? Che cosa ti è sembrato?
Ho visto poche gambe. Purtroppo la corsa è stata snobbata da tante big e mi dispiace, perché comunque è una gara che merita. Invece, per quanto riguarda la giornata in sé, non ho visto nessuno capace di fare una vera selezione. Sullo strappo di Orino, fatte salve le mie compagne, ho visto un ritmo parecchio alto, ma nessuna che sia riuscita a fare la differenza. Per questo ho parlato di poche gambe…
Hai parlato con qualcuna che era in gara?
Sono uscita con Francesca Barale e le ho chiesto se il Binda fosse stato così tirato e lei mi ha confermato che non c’è mai stato un momento in cui si siano fermate. Per cui è stato giusto pensare che fossero tutte molto livellate e che il ritmo fosse alto.
Con questa foto su Instagram, Elisa ha annunciato la ripresa degli allenamenti dopo il CovidCon questa foto su Instagram, Elisa ha annunciato la ripresa degli allenamenti dopo il Covid
Poca differenza in salita, vero?
Negli anni siamo sempre stati abituati a vedere delle azioni che sui due tornanti di Orino strappavano il gruppo. Quest’anno lo hanno allungato e basta. Mancavano le varie Van Vleuten e Vollering, che rientreranno al Nord ed è un peccato che non ci fossero. Mentre Shirin (Van Anrooij, la sua compagna che ha vinto, ndr) secondo me è scattata molto forte. Le altre erano tutte stracotte e lei ha colto proprio l’attimo. Dietro si sono guardate e intanto lei è andata veramente forte. Secondo me a Cittiglio ha comunque vinto la più forte.
Mentre tutto il ciclismo in Europa si prende una pausa, dall’altra parte del globo si continua a pedalare. Sarà per questo che Teniel Campbell si presenta un po’ in ritardo all’intervista, ma è ultra-giustificata perché alla fine di questo mese l’attende un’altra corsa importante e non vuole perdersi neanche un secondo di allenamento nemmeno nel training camp di Torino (in apertura, foto GettyImages).
«Farò i Campionati Caraibici – spiega – che valgono anche per il ranking in vista dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, per cui ci tengo davvero tanto».
Mondiali di Imola, Campbell in azione con il body di Trinidad & Tobago. Nel 2020 ha corso alla ValcarMondiali di Imola, Campbell in azione con il body di Trinidad & Tobago. Nel 2020 ha corso alla Valcar
Un Paese di sportivi
La testa è già al futuro, ma facciamo qualche pedalata indietro. Teniel è una vera e propria pioniera del ciclismo, perché sta cercando di far espandere il movimento delle due ruote nelle isole di Trinidad & Tobago. Mentre lei macina chilometri su strada, Nicholas Paul ha già lasciato il segno in pista, come dimostrano l’argento dello scorso anno nel velodromo di Roubaix (chilometro da fermo) e l’oro di quest’estate a Birmingham nel keirin.
Niente male per una Nazione di poco più di un milione e trecento abitanti (all’incirca quelli di Milano) che nello sport abbiamo potuto apprezzare grazie ai 100 metri di atletica con Ato Boldon (tre medaglie olimpiche tra Atlanta 1996 e Sydney 2000) e alla partecipazione della Nazionale di calcio ai mondiali del 2006, firmando il record di nazione più piccola e attualmente seconda in quanto a numero di abitanti (il record è stato battuto nel 2018 dall’Islanda).
Al via della Roubaix, la corsa misteriosa che è diventata la sua preferitaAl via della Roubaix, la corsa misteriosa che è diventata la sua preferita
Il sogno Roubaix
Torniamo in sella con Teniel. «Quest’anno ho avuto degli alti e bassi. Mi sentivo molto in forma all’inizio – racconta – ma ho avuto un brutto incidente, cadendo alla Gand-Wevelgem, con diversi denti rotti e ripercussioni anche sulla mascella. Ci sono volute tante operazioni dentistiche per sistemare tutto e ho spinto il mio corpo fino all’estremo per recuperare in tempo per la Parigi-Roubaix, visto che è una delle corse a cui tengo di più, ma non ce l’ho fatta a essere al top della forma, soprattutto perché non potevo ingerire cibi solidi, prediligendo quelli liquidi e così sono arrivata nel finale senza energie».
Si è piazzata 42ª (l’anno scorso invece era finita fuori tempo massimo), risultando però la migliore della Bike Exchange e la notizia è comunque rimbalzata sino ai Caraibi, dove qualunque risultato dell’altissima (1,85) venticinquenne viene accolto con gioia. «E’ stato un bel miglioramento rispetto alla prima edizione del 2021, ma l’anno prossimo voglio fare meglio», rilancia.
Dopo la brutta caduta della Gand, Campbell ha chiuso la Roubaix al 42° posto (foto GettyImages)Dopo la brutta caduta della Gand, Campbell ha chiuso la Roubaix al 42° posto (foto GettyImages)
No pista, solo strada
Il prosieguo della stagione non ha regalato sussulti a Teniel, che aggiunge: «Ho provato ad essere al top della forma per i Commonwealth Games, ma ho mancato il podio sia nella cronometro sia nella prova in linea. Poi ai Giochi Panamericani ho disputato la mia prima competizione in pista dopo 2-3 anni senza gare di quel tipo. E’ stata una bella esperienza, ma preferisco concentrarmi per centrare la doppia qualificazione si strada per Parigi, sia nella crono sia in linea. Avrei potuto fare la gara a punti agli ultimi mondiali di pista proprio nella capitale francese, ma ho rinunciato per concentrarmi su quest’obiettivo».
Nel 2022 Campbell ha conquistato entrambi i camponati nazionali, strada e crono (foto GettyImages)Ha rinunciato alla pista per il sogno olimpico su strada e a crono. Qui ad Aigle nel 2020 (foto Instagram)Nel 2022 Campbell ha conquistato entrambi i camponati nazionali, strada e crono (foto GettyImages)Ha rinunciato alla pista per il sogno olimpico su strada e a crono. Qui ad Aigle nel 2020 (foto Instagram)
Giochi e Tour
La manifestazione a cinque cerchi è una piacevole ossessione per la longilinea ragazza di Hardbargin, ma non l’unica: «Tutto il mondo si sintonizza per l’Olimpiade in ogni angolo del mondo. Ci penso tanto – dice – ma non è l’unico traguardo che voglio raggiungere. Adoro le classiche e mi piacerebbe lasciare il segno in una Monumento, come la Roubaix, che adoro. Poi c’è il Tour de France, che è qualcosa di enorme per il mio popolo che segue da casa. Sono cresciuta guardando quello maschile in tv e anche per chi non seguiva il ciclismo, la sola parola Tour de France evocava qualcosa di grande».
Teniel Campbell è alla Bike Exchange dal 2021. E’ alta 1,85 e pesa 63 chili (foto GettyImages)Teniel Campbell è alla Bike Exchange dal 2021. E’ alta 1,85 e pesa 63 chili (foto GettyImages)
Distanze WorldTour
Insomma, la passione per le due ruote scorre nel suo sangue, nonostante nasca in una terra che solitamente predilige altri sport. «E’ stato un vero e proprio salto nel buio – prosegue la portacolori della Bike Exchange, squadra con la quale ha firmato il suo primo contratto World Tour sul finire del 2020 – perché ho provato a cimentarmi sulle lunghe distanze. Non lo rimpiango e credo di avere aperto le menti e i cuori dei ciclisti che ci sono nel nostro Paese: ora anche loro faranno un pensierino alle corse più lunghe e non soltanto alla pista perché noi caraibici abbiamo talento innato nello sprint».
Nel 2020 ha corso alla Valcar, suo trampolino verso il WorldTour con la Bike Exchange (foto Instagram)Nel 2020 ha corso alla Valcar, suo trampolino verso il WorldTour con la Bike Exchange (foto Instagram)
Salto in Europa
Il vero salto però è stato attraversare l’Oceano e arrivare nel Vecchio Continente: «Le prime gare credo di averle fatte quando avevo 8 anni, ma facevo soltanto competizioni regionali. Poi nel 2018 sono arrivata in Europa e il mondo è davvero cambiato. Clima differente, terreno diverso, atmosfera incredibile. La vita è una sfida e credo che ogni essere umano abbia le sue sfide da affrontare, non soltanto nello sport. Il mio mondo è rappresentato dal ciclismo, che mi mette di fronte tanti ostacoli da superare e riuscirci mi aiuta a crescere e a essere una persona migliore».
Quest’anno ha corso il Giro Donne: eccola nel prologo di Cagliari, chiuso in 38ª posizioneQuest’anno ha corso il Giro Donne: eccola nel prologo di Cagliari, chiuso in 38ª posizione
Modello Vos
Il suo modello? «Marianne Vos, è incredibile e sono felice di averle potuto chiedere qualche consiglio». Che percorsi le si addicono di più? «Devo ancora finire di scoprirmi, sono consapevole dell’atleta che posso essere, poi ho un amore innato per le classiche. Adoro il pavé, amo il freddo e odio il caldo, che è alquanto insolito per un’isolana come me. Spero di essere altrettanto imprevedibile anche in corsa».
Stagione finita, il 23 settembre ha festeggiato il compleanno a casa (foto Instagram)Stagione finita, il 23 settembre ha festeggiato il compleanno a casa (foto Instagram)
Il ricordo più bello
Sin qui il fotogramma che porta con più gioia nel cuore è legato al terzo posto ai Giochi Panamericani in Messico nel 2019. «Era l’ultimo anno – racconta – che correvo per la squadra dell’Uci che cerca di aiutare giovani ciclisti a emergere in tutto il mondo. Mi sono staccata dal gruppo delle migliori, ma ho tenuto duro e ho combattuto per rientrare, grazie anche all’ammiraglia che mi supportava. Sono tornata sotto quando mancavano 2,5 chilometri al traguardo, peraltro con l’arrivo in salita, per cui le avversarie che si giocavano con me il bronzo in quel gruppetto immaginavano che non avrei dato alcun filo da torcere a loro. Invece, sempre il meccanico, ha cominciato a gridarmi che stavo lottando per il terzo posto: non so dove ho trovato le energie, ma ho sprintato e battuto tutte in quel gruppetto per mettermi al collo il bronzo. E’ stata una figata ed è uno dei ricordi più belli».
La sfida per il 2023? Taniel sorride e ammette: «Non lo so ancora, non ho guardato così avanti nel futuro. So che però tante sfide mi aspettano». E lei è pronta a sprintare senza timori.
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Le ragazze più forti fanno tutte le grandi corse. Il tema lanciato da Villa, raccolto da Sangalli e poi in qualche modo confermato da Marta Cavalli, approda alla LIV Racing Xstra di Giorgia Bronzini, squadra fortemente penalizzata da vari problemi di salute (in apertura, Katia Ragusa alla Roubaix).
«Purtroppo nell’ultimo periodo – aveva già detto Rachele Barbieri – siamo state decimate dal Covid. Ad esempio, dopo la Dwars door Vlaanderen sarei dovuta rientrare a casa ed invece sono rimasta in Belgio a correre il Fiandre che non era nei miei programmi proprio per sostituire una compagna ed avere il numero minimo per partire. L’ho fatto volentieri, anche se sono arrivata penultima».
Giorgia Bronzini con Rachele Barbieri ai campionati italiani 2020: le due oggi lavorano insiemeGiorgia Bronzini con Rachele Barbieri ai campionati italiani 2020: le due oggi lavorano insieme
Cavalli, no alla Roubaix
Gli organici delle WorldTour femminili sono ridotti rispetto a quelli maschili e basta quindi una congiuntura di influenze o ricadute nel Covid per costringere le squadre a poggiare più del dovuto sulle stesse spalle. A quasi tutte, almeno. Infatti Giorgia Bronzini non è d’accordo con questa lettura. Lei ad esempio, acciacchi o non acciacchi, non avrebbe portato una ragazza leggera come la Cavalli a correre sul pavé.
«Quella è stata una scelta della FDJ – spiega Giorgia – ma io alla Marta non avrei fatto fare la Roubaix. Anche perché il mercoledì c’era la Freccia Vallone e poi c’è la Liegi, quindi avrei puntato a farle fare quelle gare lì. E’ stata una scelta della squadra, io avrei fatto un’altra programmazione. Poi non so se lei, visto che la Roubaix è una corsa icona, voleva provare a farla per averla nel suo palmares».
Alison Jackson ha chiuso la Roubaix al 13° posto, migliore della LIV Racing XstraAlison Jackson ha chiuso la Roubaix al 13° posto, migliore della LIV Racing Xstra
Prima la salute
Il dubbio della piacentina è incentrato sulla consuetudine, che non apparterrebbe alla sua squadra, di schierare le ragazze a prescindere dalle loro attitudini e dallo stato di salute.
«Ci sono squadre – dice – che portano tutte in tutte le corse. Noi domenica siamo partite in cinque proprio per non portarne per forza sei. Così non abbiamo dovuto stressare delle ragazze che non erano ancora pronte, perché arrivavano magari da infortuni o da post Covid. Per salvaguardare la loro integrità, non le portiamo a correre. Anche alla Freccia siamo state costrette a partire in cinque. Purtroppo ci sono capitati questi intoppi, speriamo da metà stagione in poi di avere tutto il roster a disposizione. Per noi le ragazze non sono dei numeri e solo delle atlete, ma persone umane, che hanno bisogno di rispetto e di comprensione. Soprattutto se necessitano un po’ di riposo e di tornare al loro stato di salute».
Quinta all’arrivo, nel gruppetto a 23 secondi da Elisa Longo Borghini, Marta Cavalli tira le somme sulla sua partecipazione alla Roubaix, una settimana dopo la vittoria dell’Amstel e tre giorni prima della Freccia Vallone. Lo spunto già approfondito ieri con Paolo Sangalli trova un’altra voce: quella della diretta interessata, che con i suoi 54 chili si è ritrovata a danzare sui sassi e l’ha fatto molto bene. Aveva ragione il tecnico azzurro sulle sue abilità di passista, ma il tema merita altro spazio.
«Noi ragazze – dice – facciamo tutto, ne parlavamo a cena giusto la sera prima della Roubaix. Nel ciclismo femminile basta essere forti per riuscire a mettersi in mostra più o meno su tutti i terreni. Okay, il mio peso non sarà proprio adatto a una Roubaix, però abbiamo visto che non mi esclude dai giochi. Bisogna essere fortunati, fare i conti con tanti imprevisti. Alla fine ci arriva chi riesce a scamparne il più possibile. Se non ti arrendi mai, hai sempre la possibilità di rientrare. Ho sofferto tanto, ho fatto veramente tanta fatica, però entrare in quel velodromo è qualcosa di speciale. L’anno scorso ho messo piede a terra sei volte prima di arrivare a Roubaix, col bagnato. Con asciutto il pavé ha tenuto di più, però c’erano tanta sabbia e tanta sporcizia soprattutto in curva».
I settori di pavé sull’attacco manubrio: la Roubaix può iniziare…I settori di pavé sull’attacco manubrio: la Roubaix può iniziare…
Caduta e imprevisto
Gli imprevisti non sono mancati neppure quest’anno, con il miracolo compiuto da un meccanico capace di prendere la bici danneggiata da una caduta, sostituire la leva del cambio e poi ridargliela.
«Sono caduta nel tratto in asfalto – ammette – e ho battuto le costole. Ho avuto un po’ male tutta la corsa. Devo ringraziare il mio meccanico che durante la corsa, non una corsa qualsiasi ma la Roubaix, ha cambiato la leva destra che avevo praticamente falciato. Veramente un grande grazie a tutto lo staff della squadra perché ci mettono in bici e ci danno dei materiali che ci permettono di esprimerci al meglio. Quindi credo che la performance non dipenda solo dalla mia condizione che è buona, ma da un’attenta scelta dei materiali».
Prima del via della Roubaix, un saluto a “Capo” Arzeni. Anche Marta Cavalli è una figlia della ValcarPrima del via della Roubaix, un saluto a “Capo” Arzeni. Anche Marta Cavalli è una figlia della Valcar
Ardenne in extremis
E qui scatta la perplessità, perché con una condizione così buona, già palesata con la vittoria dell’Amstel, rischiare sul pavé avrebbe potuto compromettere la sua rincorsa alle classiche delle Ardenne. Ma qui arriva l’imprevisto.
«L’anno scorso – racconta – ci eravamo preparati per la Roubaix e non ci ho messo tanto per recuperare. Il classico riposo l’indomani, una sgambata il secondo giorno e dopo ero quasi pronta per ricominciare. E quest’anno il terzo giorno ci sarà la Freccia Vallone, che all’inizio non era nei programmi, come pure la Liegi. Avevamo deciso di chiudere il primo blocco della stagione dopo la Roubaix, ma dopo l’infortunio in Spagna abbiamo perso un paio di settimane e così abbiamo deciso di inserire le prossime due corse. Se le avessimo incluse subito, non avrei fatto la Roubaix. Ma ci piace anche testare come reagisce il corpo (sorride, ndr) e fare le cose un po’ diverse dagli altri. L’Amstel e ora la Roubaix mi hanno dato tanta fiducia. Ne avevo bisogno dopo un po’ di sfortuna. I programmi fra Giro e Tour non cambiano. Arriverò al Giro per fare classifica e al Tour di supporto e per andare in caccia di tappe. Meglio arrivarci con questo morale».
Elisa Longo Borghini riconquista la maglia tricolore della crono, lasciando indietro Guazzini e Cavalli. Tre Fiamme Oro sul podio. E adesso il Giro d'Italia
Conferenza stampa (virtuale) della FDJ-Nouvelle Aquitaine e visto che siamo nel WorldTour si parla in inglese. Con Marta Cavalli si ragiona del suo inverno
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Ha vinto la Roubaix e non voleva neanche farla. Alla Trek-Segafredo hanno dovuto impuntarsi e adesso che l’ha vinta e ha un sorriso che irradia più di questo sole di primavera, Elisa Longo Borghini fa il mea culpa più simpatico.
«Alla fine devo dare ragione alla squadra – dice – sanno cosa posso dare e come sto. Li devo ringraziare e cospargermi il capo di cenere. Devo dire grazie alla Trek e alle mie compagne, che hanno corso in modo magistrale. Ma questo non è stato una sorpresa, è il rullino di tutta la stagione. Alla fine non importa chi vince, conta che vinciamo noi».
Da quanto tempo Longo Borghini aspettava una vittoria così? Finalmente la sfortuna è alle spalleDa quanto tempo Longo Borghini aspettava una vittoria così? Finalmente la sfortuna è alle spalle
Il centro del velodromo è tornato ai fasti di un tempo, con i giornalisti e i corridori insieme a scambiare racconti e domande. Abbiamo vissuto il suo ingresso in pista come una liberazione, perché il vantaggio non decollava e dietro Lotte Kopecky faceva francamente ancora paura. Ma Elisa sa volare nelle crono e quando ha avuto strada libera davanti, ha messo giù la testa e macinato chilometri e sassi.
Un urlo di rabbia
Dopo aver tagliato il traguardo, aver gettato lo sguardo alla curva dove ha riconosciuto la sua famiglia, Elisa ha tirato giù le braccia e cacciato un urlo che in qualche modo ha fatto tremare anche l’obiettivo a 50 metri di distanza (foto di apertura). Da sola per trenta chilometri e avendoci creduto per ogni singolo metro, la campionessa italiana ha visto passare il film di una stagione sfortunata e le ha gridato in faccia tutta la sua rabbia.
«Sì, rabbia – conferma – per la stagione che era partita un po’ storta. Ho avuto una sinusite che mi ha penalizzata. Alla fine sapevo di andare forte, ma non riuscivo a respirare. Era difficile esprimersi al meglio. Mi sono messa a disposizione della mia squadra e anche oggi fino al momento di attaccare, l’idea era quella. Per fortuna è venuto questo colpo di istinto e sono andata. Sapevo che alla peggio avrei messo in una buona posizione Lucinda Brand, che avrebbe dovuto stare a ruota e seguire solo la SD Worx. E poi, niente, ragazzi… Sono andata a blocco!».
Da sola per quasi 30 chilometri: partita per tenere al riparo la Brand, ma ci ha sempre creduto
La Giuria è stata super fiscale e ha squalificato Elisa Balsamo per il rientro dopo una foratura
Da sola per quasi 30 chilometri: partita per tenere al riparo la Brand, ma ci ha sempre creduto
La Giuria è stata super fiscale e ha squalificato Elisa Balsamo per il rientro dopo una foratura
Curva pericolosa
Così tanto a blocco che a un certo punto, all’ingresso di una curva a destra, ha preso un’imbarcata che l’ha sparata verso l’altro lato della strada, dove è servita tutta l’arte a disposizione per evitare di cadere. Lei scoppia a ridere, perché adesso si può.
«Vorrei sentite il commento dei ragazzi della Roubaix – dice – che l’anno scorso mi prendevano in giro perché usavo un rapportone. Chissà quest’anno che cosa mi diranno. Ma alla fine, se vuoi vincere una corsa come questa, i rischi te li devi prendere. E avevo una bicicletta spaziale, secondo me la migliore del gruppo».
Dopo l’arrivo, smaltita l’adrenalina, la sua analisi è tornata pacata come al solitoDopo l’arrivo, smaltita l’adrenalina, la sua analisi è tornata pacata come al solito
La spinta dei tifosi
Da sola, con le inseguitrici dietro che non hanno mollato un solo metro, ma anche due compagne a fare buona guardia, quando Elisa è uscita ancora in vantaggio dal Carrefour de l’Arbre, è stato chiaro che ce l’avrebbe potuta fare.
«Io ci ho creduto dall’inizio – dice – se non ci credi, non vai da nessuna parte. L’Arbre da sola è stato bellissimo. Devo dire che ritrovare il pubblico su queste strade è stato molto bello. Noi viviamo grazie a loro e sentire gli italiani che gridavano il mio nome o anche la gente francese che mi chiamava, mi gasava tantissimo».
Sola nel velodromo di Roubaix: per Longo Borghini la volata non è mai stata un’opzione
Lotte Kopecky ha vinto lo sprint del gruppo 23″ dopo Longo Borghini
Sola nel velodromo di Roubaix: per Longo Borghini la volata non è mai stata un’opzione
Lotte Kopecky ha vinto lo sprint del gruppo 23″ dopo Longo Borghini
Il gesto di Mosca
Ma la vera marcia in più, quella confessata a mezza bocca stamattina alla partenza, è stata la visita a sorpresa di Jacopo Mosca. Il suo compagno ha finito ieri il Giro di Sicilia, ha viaggiato fino a casa e poi è ripartito per Roubaix. La notte, ha scherzato in un messaggio, è abbastanza lunga per fare certe cose.
«Il gesto di Jacopo di venire oggi alla Roubaix – dice lei strafelice – è stato bellissimo. E’ venuto per dirmi ciao. Si è fermato un’ora e poi è ripartito per andare in altura, visto che sta preparando il Giro. Sapeva che stavo passando un momento così e così, che le cose non andavano come volevo. E alla fine mi ha fatto una sorpresa. Me lo sono ritrovato lì. Gli avevo detto di no, che se fosse venuto lo avrei ammazzato. Ma lui è arrivato lo stesso».
Il peso di quella pietra ha colpito Elisa Longo Borghini, prima a Roubaix
Longo Borghini è salita sul podio con un salto e sprizzando felicità da tutti i pori. Con lei Kopecky e Brand
Il peso di quella pietra ha colpito Elisa Longo Borghini, prima a Roubaix
Longo Borghini è salita sul podio con un salto e sprizzando felicità da tutti i pori. Con lei Kopecky e Brand
Cena pagata e adesso via con le interviste di rito. Si potrebbe restare a parlare ancora a lungo, ma si è alzata un’arietta fastidiosa e in sala stampa l’aspettano per il suo racconto. La Parigi-Roubaix resta in casa Trek-Segafredo e continua a parlare italiano dopo la vittoria 2021 di Colbrelli. Elisa si allontana. La sua settimana prevede ancora la Freccia Vallone e poi la Liegi-Bastogne-Liegi.
Elisa guarda la sua maglia e la sua bici iridata prima di andare a letto. Le brillano gli occhi, hanno una luce particolare dettata, forse, dal fatto che al momento (in apertura, Balsamo nella foto ASO/F. Boukla) è la ciclista più forte al mondo…
«La sera prima della mia Parigi-Roubaix ero abbastanza serena, non mi sentivo particolarmente stressata o con qualche responsabilità di troppo. Volevo solo divertirmi e onorare la maglia».
Pochi problemi sul pavé asciutto, poi è cominciato l’InfernoPochi problemi sul pavé asciutto, poi è cominciato l’Inferno
Inizia la corsa, ma il terreno sembra quasi diverso da quello di due giorni prima.
«Quando abbiamo fatto la ricognizione, la strada era asciutta e sembrava già difficile in quel modo, ma tutta bagnata e piena di fango mi sembrava quasi impossibile. Il pavé è diverso rispetto a quello a cui sono abituata ad esempio al Giro delle Fiandre. Questo è più alto, più scivoloso, mette un po’ più in difficoltà. Sicuramente, però, le persone a bordo strada che mi incitavano davano tanto morale. Mi emozionava, mi sentivo parte integrante della storia».
Al via con il numero uno. Alla sua destra Vittoria Guazzini, caduta e finita all’ospedaleAl via con il numero uno. Alla sua destra Vittoria Guazzini, caduta e finita all’ospedale
«Ho avuto paura, tanta. Ho visto che si era fatta seriamente male e non è stata una bella scena. In alcune zone c’erano delle pozzanghere di fango molto grandi ed era lì che si perdeva maggiormente l’equilibrio».
Elisa abbassa un attimo lo sguardo e osserva la sua bici.
«Non è stata la miglior gara per inaugurare maglia e bici nuove e bianche (ride, ndr). Però ha avuto il suo fascino fare la prima Parigi-Roubaix come prima competizione in maglia iridata. Un sogno, non l’avrei mai immaginato possibile!».
Anche per Elisa qualche scivolata senza conseguenze sul fango della Roubaix (foto ASO / F. Boukla)Anche per Elisa qualche scivolata senza conseguenze sul fango della Roubaix (foto ASO / F. Boukla)
Negli spogliatoi del magico velodromo di Roubaix la Balsamo è ricoperta di fango dalla testa ai piedi, con difficoltà si intravede l’iride sulla sua maglia, eppure sorride…
«E’ stato divertente, è stato leggendario, è stato unico. Sinceramente spero solo che nei prossimi anni non piova più (ride, ndr). Il prossimo anno la rifarei? Non so, adesso non voglio pensarci, un Inferno all’anno è già tanto. Sicuramente… se non dovesse piovere sarebbe meglio!».
Raggiunto il velodromo di Roubaix: strana sensazione per Balsamo, vera “star” della pistaRaggiunto il velodromo di Roubaix: strana sensazione per una “star” della pista
Chiude un secondo gli occhi.
«Vedo l’arrivo, il fango, la bici sporca e le mani con le vesciche. Solo alla fine ho iniziato ad avvertire i primi dolori alle mani, una volta tolti i guanti. Durante la corsa l’adrenalina era tale da non sentire nulla».
La nostra campionessa del mondo è abbastanza positiva, l’iride non la spaventa, lo sa portare, non si sente grandi responsabilità sulle spalle ed è abbastanza contenta della sua stagione. Vuole solo continuare a fare del suo meglio divertendosi. L’Inferno è passato!
Parliamo di ciclismo femminile con Lorenzo Carera. L'avvento del WorldTour fra le donne ha stuzzicato la... curiosità dei procuratori. Come lavoreranno?
«Una magnifica corsa – dice Elisa Longo Borghini dopo la prima Roubaix Femmes della storia vinta da Lizzie Deignan – una corsa epica a dispetto delle cadute e del caos. Ma in fondo la Roubaix è fatta di cadute e caos. Magari non ripartirei subito, ma tornerò a farla. E’ stato un po’ come affrontare l’ignoto e questo mi piace».
La campionessa italiana, terza sul podio, questa volta ha più sorriso e meno rammarico. Ci sono podi e podi. E quando in testa c’è dal via una tua compagna di squadra e arrivi terza al primo assaggio di pavé, puoi a buon diritto ritenerti soddisfatta.
Ha vinto appunto Lizzie Deignan, paladina della parità di corse fra uomini e donne, che a un certo punto è uscita in testa dal primo pavé (che voleva prendere da sola per evitare le cadute) e ha tirato dritto fino al traguardo. Non l’hanno mai neppure avvicinata. E se non fosse stato per il forcing di Marianne Vos, cui il secondo posto brucia invece quanto quello del mondiale, avrebbe fatto in tempo a fare la doccia prima dell’arrivo delle rivali.
«Nessuna merita più di Lizzie – prosegue Elisa – di stare su quel podio. Io ero rimasta dietro una caduta e quando siamo arrivate al secondo settore di pavé, ho sentito dalla radio che lei era già avanti. Stamattina al via aveva lo sguardo frizzante, ha seguito l’istinto».
Alle spalle di Lizzie Deignan in fuga, la Longo faceva buona guardiaAlle spalle di Lizzie Deignan in fuga, la Longo faceva buona guardia
Lavoro di squadra
Alle spalle della britannica dal cognome francese, un paio di squadre hanno provato a organizzarsi, ma non c’è stato verso di guadagnare.
«Avevamo fatto alcune ricognizioni – racconta la Longo – ed eravamo pronte, ma un conto è provare il pavé con le tue compagne, tutte a distanza di sicurezza, un conto entrarci dentro full gas. Alcuni settori erano molto scivolosi, sono caduta 3-4 volte, ma mi sono rialzata e sono rientrata. La Roubaix è questo, mentre davanti Lizzie ha fatto qualcosa di incredibile.
«Noi abbiamo cercato di stare davanti per rallentare l’inseguimento. Soprattutto Cordon-Ragot ha fatto un lavoro eccezionale. Poi quando è partita la Vos, ho provato a seguirla, ma mi sono sentita impacciata. Ho rischiato anche di cadere in un paio di curve…».
Arrivo solitario con 1’17” su Marianne Vos per Lizzie DeignanArrivo solitario con 1’17” su Marianne Vos per Lizzie Deignan
Trek Domane più monocorona
Fra gli accorgimenti fatti durante le ricognizioni invernali e quelle dei giorni scorsi, la Trek-Segafredo ha puntato su una soluzione tecnica molto interessante, dovuta anche e soprattutto alla presenza del fango che ha minato l’efficienza delle parti meccaniche.
Così sulle Domane del team, già dotate dell’ISoSpeed per ammortizzare l’effetto del pavé, si è scelto di montare una guarnitura monocorona: 50 per tutte, tranne Ellen Van Dijk che ha scelto la 54. Tutte con guidacatena K-Edge. La cassetta scelta invece aveva pignoni dal 10 al 33.
«Per il resto – dice Elisa – doppio nastro, perché altrimenti il manubrio sarebbe stato troppo diverso da quello della mia Emonda, e niente guanti».
La Trek Domane di Lizzie Deignan subito dopo l’arrivo (foto Trek-Segafredo)
Tracce di sporco e di sudore sul manubrio con doppio nastro (foto Trek-Segafredo)
Bici numero 13 e IsoSpeed, la Domane per il pavé (foto Trek-Segafredo)
Ecco la guarnitura monocorona da 50 con guidacatena K-Edge (foto Trek-Segafredo)
Fango e sporco: anche la bici ha bisogno di un bel make-up (foto Trek-Segafredo)
Cassetta 10-33 e tanto fango negli ingranaggi (foto Trek-Segafredo)
I settori di pavé ben annotati, per una cavalcata lunghissima (foto Trek-Segafredo)
La Trek Domane di Lizzie Deignan subito dopo l’arrivo (foto Trek-Segafredo)
Tracce di sporco e di sudore sul manubrio con doppio nastro (foto Trek-Segafredo)
Bici numero 13 e IsoSpeed, la Domane per il pavé (foto Trek-Segafredo)
Ecco la guarnitura monocorona da 50 con guidacatena K-Edge (foto Trek-Segafredo)
Fango e sporco: anche la bici ha bisogno di un bel make-up (foto Trek-Segafredo)
Cassetta 10-33 e tanto fango negli ingranaggi (foto Trek-Segafredo)
I settori di pavé ben annotati, per una cavalcata lunghissima
Tutto per caso
Lizzie sorride e ne ha motivo. Non ha capito neppure lei da dove le sia venuta l’idea di andarsene dal primo tratto di pavé, ma solo ora inizia a rendersi conto di quanto sia andata forte. Vanno bene tutte le osservazioni tecniche precedenti, ma se da sola riesci a tenerti dietro il gruppo, vuol dire che vai forte come e più di loro.
«Sono molto emozionata – dice – anche molto orgogliosao. Non posso credere che sia successo. Stavo lottando per prendere davanti il primo settore e sapevo che Ellen Van Dijk, uno dei nostri leader, non era in buona posizione. Ho pensato di darle il tempo per rientrare. Poi ho guardato dietro e non c’era nessuno. Così ho pensato: «Beh, almeno allora devono inseguire”. Io andavo e sapevo che dietro Ellen, Elisa e Audrey (Cordon-Ragot, ndr) mi guardavano le spalle. Avevamo la squadra migliore, per questo ho vinto».
Marianne Vos era la grande favorita anche grazie al ciclocross, ma è arrivata secondaMarianne Vos era la grande favorita anche grazie al ciclocross, ma è arrivata seconda
L’Inferno del Nord
Il vero Inferno del Nord, con la temperatura che negli ultimi due giorni si è abbassata, la pioggia nella notte e lungo il percorso. Quadro peggiore non si poteva immaginare, eppure le ragazze, anche la più scettica Bastianelli e la preoccupata Guderzo, all’entrata del velodromo sorridevano.
«Non sapevo che avrei vinto finché non sono entrato al velodromo – racconta ancora Deignan – perché sinceramente non sentivo nulla. Avevo i crampi alle gambe e sapevo che anche nell’ultima sezione avrei potuto perdere due minuti. A questo punto della stagione sono stanca e sapevo che la cosa migliore per me era mantenere un ritmo regolare.
«E’ sempre stata una gara maschile. E sono così orgogliosa di questo e dove siamo, che il ciclismo femminile adesso è sulla scena mondiale. Sono orgogliosa che mia figlia possa guardare questa pietra (indica il trofeo con il sasso di Roubaix, ndr). E’ davvero speciale poter dire che il mio nome sarà il primo dell’albo d’oro. Sono davvero orgogliosa di essere qui, lo meritiamo. Sono orgogliosa di tutto il gruppo».
Longo Borghini terza a Roubaix, «a dispetto di caos e cadute», ha detto sorridendoLongo Borghini terza a Roubaix, «a dispetto di caos e cadute», ha detto sorridendo
La Vos alle spalle
Parlerebbe per ore, come quando vuoi che il bel sogno non finisca mai. La tirano per la manica, propongono di chiuderla con le domande perché la squadra deve andare subito oltre la Manica per il Women’s Tour, ma lei sorride e si concede.
«Nessuno sarebbe stato così pazzo da prevedere un piano del genere – dice – è stato davvero doloroso. Però mi sentivo in controllo e sapevo di non poter superare il limite. Alla fine ho sentito che Marianne Vos era da sola al mio inseguimento e mi son detta che non era una bella notizia averla alle spalle. Sapevo anche di aver un buon margine. Poi sono entrata nel velodromo ed è stato surreale. Sono anni che guardo gli uomini farlo e dire che sono stata la prima donna è davvero speciale. Ci vorrà del tempo per farsene una ragione, ma avrò questo pezzo di pavé da guardare per gli anni a venire. Sono davvero orgogliosa: è questa la parola giusta».