Al primo anno con la maglia del Team DSM Firmenich, Rachele Barbieri ha aiutato la compagna Georgi Pfeiffer a conquistare il secondo posto nella Roubaix vinta da Kopecky (le due sono insieme in apertura). Lo scorso anno, con la LIV Racing Techfind aveva propiziato il secondo posto di Katia Ragusa. Che la corsa del pavé le porti bene o sia lei che porta bene alle compagne, la singolare statistica l’ha messa di buon umore. La campagna del Nord si è chiusa, il prossimo passaggio sarà la Vuelta, ma per ora l’orizzonte è un breve passaggio a casa dopo tre settimane in Olanda.
Rachele parla veloce, come quando ha tante cose da dire. L’adattamento nella nuova squadra procede spedito e anche se finora è mancata la vittoria, i segni che qualcosa di buono potrebbe presto accadere non mancano. Per questo il clima appare disteso. Le ragazze vanno forte: il lavoro sta dando i suoi frutti.
Alla Roubaix per qualche passaggio non sei sembrata una velocista, piuttosto un diavolo…
Sono stata molto contenta che fosse nel mio programma da inizio stagione. E’ la mia gara preferita, ma non era scontato che mi inserissero al primo anno nella squadra nuova. Ero già contenta per questo, poi avvicinandoci al grande giorno ho iniziato a sentirne l’importanza. Abbiamo avuto le disposizioni, ognuno aveva un ruolo ben definito. Correvamo per Georgi Pfeiffer e, se fosse stata bene, anche Franziska Koch avrebbe avuto le sue possibilità. Siamo partite con l’idea di lavorare al massimo per loro e anche se non siamo riusciti ancora a raggiungere la vittoria, abbiamo sempre dimostrato che lavoriamo bene.
Nessun condizionamento legato ai risultati?
Zero. Almeno dal mio punto di vista come atleta, correre in questa squadra è una grande soddisfazione. Tutte le ragazze mettono il loro 110 per cento nel loro lavoro, che sia all’inizio che nessuno le vede neanche, che sia appunto alla fine per finalizzare. Il giorno della Roubaix siamo stato un po’ sfortunate con Charlotte Kool, perché è caduta subito e ha dovuto cambiare anche una ruota a causa di un problema. Per cui siamo entrate nel primo settore di pavé che lei era già indietro e non è mai riuscita a tornare davanti. Da quel momento mi è stato dato il compito di portare Pfeiffer davanti su tutti i settori di pavé e di tenerla davanti il più a lungo possibile. Ci siamo sempre trovate al momento giusto nel punto giusto. Ognuna si fida dell’altra, quindi mi viene abbastanza semplice anche muovermi.
Fino a quando è durata la sensazione di forza?
Fino al momento in cui ha attaccato la Kopecky. Io ero alla sua ruota, ma la Pfeiffer mi ha passata. Ho provato a stare lì, ma ho visto che non sarei riuscita, quindi mi sono fatta sfilare e sono rimasta in un gruppettino subito dietro. Non eravamo tanto lontane, ma ovviamente ho smesso di collaborare. Il tentativo di tornare dentro c’è sempre stato e alla fine siamo entrate nel velodromo con tre minuti.
Che effetto fa?
E’ sempre bello, anche ritrovarsi a fare la volata è una cosa particolare. All’inizio non volevo neppure farla, dato che non c’era nulla in palio. Ma quando ho visto che nessuna mollava, allora mi sono fatta prendere dall’adrenalina e l’ho vinta. Si fa per dire, non sai mai chi si sia impegnata davvero. Diciamo che sono passata per prima, il resto rimane nel dubbio. In più, quando siamo entrate in pista, avevo quasi capito che avesse vinto la nostra compagna, invece…
Invece?
Invece poco dopo dal maxi schermo ho capito che era toccato a Kopecky e che Georgi era arrivata terza. Quando ci siamo fermate dopo la volata, l’ho incontrata che piangeva ed era contentissima. Non è una vittoria, ma per lei essere riuscita a battere in volata la Vos in quel velodromo è stato speciale. Peccato abbia trovato davanti la campionessa del mondo ed Elisa Balsamo. Davvero un bel mix di emozioni.
L’anno scorso un secondo posto, quest’anno il terzo…
Manca il primo, dite? Non posso paragonarla allo scorso anno. Anche quella è stata una bellissima gara, però sono stata sfortunata. Ho forato nel Carrefour de l’Arbre, quindi in quel momento ho perso ogni possibilità. Però era venuto un bel risultato perché Katia Ragusa era davanti e sapevamo che c’erano tante possibilità che la fuga arrivasse. Sappiamo bene com’è andata a finire, penso che per Katia sia stata una bella soddisfazione, anche se un po’ inattesa. Sicuramente, come pure quest’anno, eravamo partite per vincere, ma sapevamo di non essere le più forti. Quest’anno avevamo più consapevolezza, in qualche modo sapevamo che Pfeiffer poteva giocarsela e così è stato.
Cosa prevede adesso il tuo programma?
Farò la Vuelta e per questo siamo rimaste una settimana in più per allenarci, fare qualche prova di cronosquadre, ma adesso torno a casa. Dopo la Roubaix ho fatto qualche giorno tranquilla, ho recuperato un po’ e adesso finalizzerò un po’ tutto per arrivare alla Vuelta con la migliore condizione possibile. Niente Giro invece, facendo la Vuelta non se ne è parlato.
Cosa rimane del sogno di fare le Olimpiadi su strada?
Ho parlato con il cittì Sangalli a inizio stagione, non recentemente. Onestamente sono molto contenta di quello che sto facendo, perché sta uscendo un lato di me che non si conosceva. Cioè non solo la velocista che pensa a finalizzare, ma anche quello dell’atleta che sa sacrificarsi per la squadra e le compagne. Sto dimostrando che sono in grado di fare coprire i ruoli. Se sono leader, posso fare la volata e qualche bel piazzamento è arrivato. Altrimenti posso mettermi al servizio di un’altra. Ho sempre detto e continuo a pensare che all’Olimpiade corrono in quattro e due sono decise, cioè Longo Borghini ed Elisa Balsamo. Io continuo a crederci e proverò a dimostrare che voglio quel posto. Sono certa che andrà chi più l’avrà meritato, come pure che di qui ad agosto possono cambiare ancora molte cose. Per questo tengo i piedi per terra.