Pezzo Rosola brothers, adesso parla mamma Paola

28.01.2025
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Papà ha detto la sua, ora parla mamma. Dopo aver sentito Paolo Rosola a proposito dei suoi figli e in particolare di Patrik che continua a stupire nell’ambiente del ciclocross, con la conquista del terzo posto anche nell’ultima prova di Coppa del mondo, tocca a Paola Pezzo – due volte olimpionica di mountain bike, ad Atlanta e Sydney – dire la sua e raccontare il suo rapporto con i due ragazzi che, a dispetto del prestigio e dei risultati dei loro genitori, hanno deciso di seguire la loro stessa strada.

Oddio, nel caso di Paola Pezzo il discorso è un po’ diverso perché tanto Kevin che Patrik si sono orientati verso la strada e nel profondo, un po’ di rammarico nella campionessa veronese c’è.

Patrik sul podio di Faé di Oderzo, la maglia tricolore ha completato un inverno di grande crescita
Patrik sul podio di Faé di Oderzo, la maglia tricolore ha completato un inverno di grande crescita

«La loro scelta era però obbligata – ammette – visto che su strada puoi costruirti una carriera e un lavoro. Nella mtb purtroppo vedo che anno dopo anno c’è un progressivo distacco, mancano le squadre, soprattutto a livello juniores, dove devi costruire il corridore. Io amo quella disciplina e vederla in queste condizioni mi fa male. Sono però contenta che almeno nei primi anni i miei figli l’abbiano affrontata perché ha dato loro quella base tecnica, quell’abilità di guida che ti consente di fare la differenza. E comunque come disciplina di spalla, in questo momento meglio il ciclocross della mtb…».

Com’è stato affrontare una lunga trasferta in Belgio, per tutto il periodo delle feste?

Molto faticoso, ma bello. D’estate fra lavoro e corse non abbiamo mai tempo per fare vacanze, così abbiamo pensato che poteva essere bello affrontare una trasferta diversa dal solito, in famiglia, visto che Kevin ora ha la sua vita. Per Patrik è stata un’esperienza fondamentale, se vuoi crescere devi correre lì, ma non solo per la qualità delle gare. E’ tutto il contesto che ti lascia senza parole con decine di migliaia di tifosi e un baccano infernale.

Paola Pezzo è una leggenda della mtb, con 2 titoli olimpici e mondiali, 3 europei, una Coppa del Mondo (foto Paolo Colombo)
Paola Pezzo è una leggenda della mtb, con 2 titoli olimpici e mondiali, 3 europei, una Coppa del Mondo (foto Paolo Colombo)
Voi vi siete gestiti in autonomia?

Sì, alla vecchia maniera, Paolo che provvedeva a tutte le necessità tecniche, io che davo una mano, poi si mangiava sempre in camper. D’altronde ci sono gare ogni giorno e sono tutte vicine, c’era da guidare un’oretta o anche meno e ti trovavi sul nuovo luogo di gara. Una delle difficoltà è stato il clima: in tanti giorni non abbiamo mai visto il sole…

Credi che i risultati che Patrik sta ottenendo siano figli anche di quell’esperienza?

Sicuramente, ha acquisito consapevolezza di sé. Già dopo la terza gara si vedevano ragazzi che venivano da lui per conoscerlo, che gli chiedevano di restare a correre in Belgio, che volevano qualche ricordo, autografi, cartoline, selfie. Adesso si vede che ha un’altra gamba.

Alle porte dei 17 anni, Patrik Pezzo Rosola ha già colto il 2° posto a Loenhout e il 3° a Hoogerheide
Alle porte dei 17 anni, Patrik Pezzo Rosola ha già colto il 2° posto a Loenhout e il 3° a Hoogerheide
Paolo dice che per molte cose è simile a te, mentre invece da ragazzino era uno scavezzacollo come lui…

E’ vero. Io oggi mi rivedo in lui, vedo la sua testardaggine, la sua grinta, la voglia di arrivare. Anche io ai tempi ascoltavo tutti, ma poi ero io a decidere e infatti l’allenarmi a casa con il fuso orario australiano prima dei Giochi di Sydney fu un’idea mia. Lui è lo stesso, ascolta ma poi fa di testa sua, dice che sa quel che deve fare. Ma sta cambiando, ad esempio inizia a capire che l’allenamento deve essere controllato anche tramite gli strumenti appositi, non basta più andare a sensazione.

Come riesce a conciliare scuola e sport?

Con un grande impegno, per fortuna siamo riusciti a fargli ridurre l’orario da 8 a 6 ore giornaliere, la sua è una scuola professionale. Ma solo con una grande coscienza di se stessi ci si può riuscire. Devo dire che anche a scuola se la cava bene.

Patrik dietro Agostinacchio: i due saranno insieme ai mondiali del weekend (foto Billiani)
Patrik dietro Agostinacchio: i due saranno insieme ai mondiali del weekend (foto Billiani)
Kevin non ha mai nascosto che la pressione dei vostri nomi, di quel che avete fatto un po’ pesa. E per Patrik?

Anche lui un po’ lo soffre, perché giustamente vuole essere Patrik Pezzo Rosola e non il “figlio di”. E’ un prezzo da pagare nel fare la stessa attività, ma in entrambi i casi è stata una loro libera scelta. Kevin ne soffre di più, spesso ha chiesto che gli speaker la smettessero di citarlo in quella maniera, era stufo di sentire paragoni.

Ora vivono entrambi la vita che avete fatto voi genitori alla loro età, sempre in giro…

Con Paolo al seguito della squadra, la casa spesso mi sembra vuota soprattutto in questo periodo con Patrik in giro con la nazionale. Io però li vedo crescere come uomini, in questo senso ad esempio l’esperienza di Kevin alla Sudtirol, unico italiano nel gruppo è stata fondamentale, ha imparato l’inglese, è diventato cittadino del mondo come lo eravamo noi e per un genitore questa è la cosa più importante, vale oltre ogni vittoria o medaglia.

Paolo Rosola, Paola Pezzo e due figli in cerca di futuro

18.01.2025
6 min
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Nella loro casa, il ciclismo è un affare di famiglia. Per questo quando domenica scorsa Patrick ha conquistato il titolo italiano di ciclocross fra gli juniores, al dodicesimo giorno nella categoria, Paolo Rosola e la sua compagna Paola Pezzo erano al settimo cielo. Dopo un mese di gare in Belgio, il tricolore ha confermato quanto di buono hanno sempre pensato del figlio più piccolo.

La stagione sta cominciando. Kevin si accinge a correre per il secondo anno con la General Store di cui Paolo è il diesse. Il piccolo sta per debuttare fra gli juniores anche su strada con la veronese Assali Stefen. Parlarne con loro padre è il modo per vivere da un lato le sensazioni della famiglia, dall’altro rendersi conto di alcune dinamiche del ciclismo di adesso.

Sul podio tricolore juniores di Faè d’Oderzo, Patrick Pezzo Rosola ha preceduto Fabbro e Grigolini (foto Bicitv)
Sul podio tricolore juniores di Faè d’Oderzo, Patrick Pezzo Rosola ha preceduto Fabbro e Grigolini (foto Bicitv)
E’ arrivata la maglia tricolore, ve la aspettavate?

Patrick sta venendo su piano piano, avendo avuto anche l’esperienza di Kevin. Lui è stato un po’ sfortunato. Sta uscendo adesso, ma ha tempi molto stretti, dato che ha 22 anni. Non ha un procuratore, se vai forte a cosa serve? E poi nemmeno lo guarderebbero più, visto che cercano corridori sempre più giovani.

Come se 22 anni fossero troppi per crederci ancora…

Si trova nella situazione di tanti altri. Parlo anche per loro e purtroppo noto che di tanti preparatori e direttori sportivi italiani che abbiamo nel mondo, non c’è stato mai nessuno che abbia dato una mano a inserire i ragazzi di 22 anni. Vanno forte, magari hanno avuto qualche intoppo eppure sono ancora qui.

Qualche intoppo?

I ragazzi del 2022 hanno uno sviluppo diverso rispetto a quelli di adesso. Tanti non hanno tenuto in considerazione che hanno perso almeno il secondo anno da juniores per il Covid. Oggi le squadre sono alla ricerca dei fenomeni, quelli con la cilindrata potente. Quello che forse abbiamo sbagliato con Kevin è avergli lasciato fare troppo fuoristrada da ragazzino, ma non si pensava mai che si andasse a finire così.

Chiusa la stagione del cross, dal 2 febbraio Patrick Pezzo Rosola si dedicherà alla strada
Chiusa la stagione del cross, dal 2 febbraio Patrick Pezzo Rosola si dedicherà alla strada
Così come?

E’ arrivato su strada dal fuoristrada, senza il secondo anno da junior, in un ciclismo velocissimo. Ha avuto un adattamento più che faticoso. Invece Patrick è partito diversamente. Ha fatto ugualmente il fuoristrada da giovane, però da esordiente ha cominciato a correre anche su strada, ha fatto la multidisciplina.

Senza sbilanciarsi da una parte o l’altra?

Esatto, non si è precluso alcuna possibilità e alla fine ha scelto la strada. Non si limita al ciclocross, però abbiamo dovuto lasciare andare la mountain bike. E’ stata una sua scelta. Anche in famiglia, pur avendo la mamma campionessa olimpica e il sottoscritto che dopo la carriera su strada è passato al fuoristrada, ci siamo resi conto che la mountain bike non ti dà un futuro. Ci sarebbe toccato girare il mondo per ottenere poco. Invece così è a casa, su strada ha fatto i suoi numeri ed è tanto competitivo.

Era nell’aria che potesse vincere il campionato italiano juniores?

Siamo stati un mese in Belgio col camper: Paola, lui ed io. Lassù nel giro di due ore hai tutte le gare che vuoi. Avremmo potuto anche continuare, ci invitavano, ma a un certo punto abbiamo detto basta. Ha corso senza pressione, per capire gli sbagli, leggere i percorsi e imparare come corrono lassù. Abbiamo fatto Namur, ha corso anche la Coppa del mondo con la nazionale, poi ci siamo fermati e siamo rientrati il 31 dicembre.

A Loenhout per Patrick il secondo posto a 5″ dal ceko Krystof Bazant (foto Exact Cross)
A Loenhout per Patrick il secondo posto a 5″ dal ceko Krystof Bazant (foto Exact Cross)
E una volta a casa?

Prima è andato in ritiro con la squadra della strada. Si è fatto un po’ di chilometri senza pensare al campionato italiano e poi siamo andati a correre. Forse non eravamo certi che avrebbe vinto, ma al podio si puntava. E adesso dopo il mondiale si chiude col cross e si cambiano gli scenari.

E’ davvero così determinato?

Non sta subendo la pressione dei genitori. Va a scuola, è un ragazzo normale, non pensa solo alla bici, ma quando serve è concentrato. Ha il carattere di sua mamma, sto rivedendo Paola.

E’ stato allievo con l’Ausonia Pescantina e ora correrà con la Assali?

Esatto, sono di Verona e ci viene comodo perché è vicino casa. Ha avuto richieste da altre squadre, ma abbiamo preferito così per conciliare meglio tutti i nostri impegni. Però lo seguono il suo preparatore e il fratello che lo consiglia su tutto. Ci ha chiesto Patrick di avere un preparatore e adesso lavora con Riccardo Bernabè che è con noi alla General Store. Prima non sapeva nemmeno cosa fosse un cardio, oggi invece devi saper usare gli strumenti, perché fanno parte del lavoro.

Kevin Pezzo Rosola ha vinto la Coppa della Pace, una delle internazionali più severe dell’estate
Kevin Pezzo Rosola ha vinto la Coppa della Pace, una delle internazionali più severe dell’estate
Cosa si può dire di Kevin?

Penso che abbia i numeri, negli ultimi tempi è cresciuto molto tanto da aver fatto bei piazzamenti e vinto la Coppa della Pace. Ha perso il secondo anno da junior e ha faticato per trovare la sua dimensione. Il preparatore dice che i test sono buoni, ma l’ho offerto a tante squadre e nessuno me l’ha preso.

Per quali motivazioni?

Mi sono sentito dire cose di cui avrei fatto a meno. Il sistema è cambiato. Se vuoi un lavoro, devi passare attraverso le agenzie e difficilmente arrivi a chi il lavoro deve dartelo davvero. Questo è il mondo. Una volta c’era il padrone e parlavi direttamente con lui, adesso ci sono dei filtri. Per le grandi squadre è diventato più facile, non devono neanche andarli a cercare, perché glieli portano. Non è un sistema perfetto, però bisogna dire che funziona. 

E’ difficile fare il direttore sportivo di tuo figlio?

Molto, perché devi mandare giù certe cose e anche certe scelte della società. Quando parli con i ragazzi, lui è sempre quello che viene messo in discussione. E questa è una cosa che non succederà se dovessi ritrovarmi anche con Patrick. O smetto di fare il direttore sportivo, oppure vado in un’altra squadra. Patrick sarà molto più libero, voglio che faccia le sue scelte.

Kevin Pezzo Rosola ha chiuso la stagione al Giro del Veneto e alla Veneto Classic
Kevin Pezzo Rosola ha chiuso la stagione al Giro del Veneto e alla Veneto Classic
In tutto questo mamma Paola cosa fa?

E’ una che ha vinto due Olimpiadi, il carattere non le manca. Fa la mamma, li consiglia, li aiuta, magari non nella preparazione della gara, ma in tutto il resto. Più Patrick che Kevin, perché lui ormai convive con la sua compagna.

Dicevi di Patrick che è un ragazzo normale che va a scuola.

Fa una scuola alternativa al lavoro che dura tre anni, così se dall’anno prossimo diventerà un corridore, sarà libero di farlo a tempo pieno. Se poi vorrà continuare a studiare, potrà comunque farlo. Nell’ultimo periodo del ciclocross, andava a lavorare. Faceva le otto ore da elettricista, veniva a casa, andava in bici e via. A volte la scuola gli ha lasciato un giorno o due per potersi allenare, ma fra ottobre e novembre ha sempre lavorato eppure in gara andava bene. Questo significa che il ragazzo c’è e ha passione. Il mio sogno sarebbe vederli correre nella stessa squadra, chissà che non ci si possa riuscire…

Patrick Pezzo Rosola, figlio d’arte dal carattere ribelle

19.03.2024
5 min
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E’ interessante analizzare l’evoluzione di uno degli allievi 2° anno più in luce in questo periodo, Patrick Pezzo Rosola, sulla base di quanto hanno fatto i suoi genitori. Lei, Paola Pezzo, la signora della mountain bike con due ori olimpici al collo. Lui, Paolo Rosola, funambolo delle volate negli anni Ottanta e poi sempre nell’ambiente svariando fra mtb e strada. Senza poi dimenticare Kevin, suo fratello, oggi alla General Store-Essegibi-F.lli Curia con il papà a guidarlo.

Che Patrick Pezzo Rosola sia uno dei talenti più in crescita è evidente: lo stesso Pontoni al termine della stagione di ciclocross lo ha sottolineato come uno dei più attesi al passaggio di categoria. D’altronde il veneto è, come tanti ragazzi di oggi, uno che passa indifferentemente da una specialità all’altra, tanto è vero che si dedica sì alla strada, senza però dimenticare il grande amore della mamma, la mountain bike.

Kevin, il fratello fra mamma Paola e papà Paolo. Una famiglia legata al ciclismo a filo doppio
Kevin, il fratello con papà Paolo. L’esperienza del più grande si sta rivelando importante per Patrick

Il tipico adolescente moderno

Tempo fa papà Paolo raccontava mirabilie di suo figlio Patrick, sottolineando però come il ciclismo non fosse uno dei suoi richiami principali, quella sorta di religione senza la quale è difficile emergere. Com’è oggi la situazione?

«Diciamo che si sta avvicinando – risponde Paolo – ma non è ancora pienamente convinto. Se devo dire, Patrick è il perfetto prototipo dell’adolescente di oggi, con il quale non è facile relazionarsi, men che meno nel ciclismo. Io provo a dargli consigli, ma lui è capoccione e fa di testa sua. D’altronde i risultati per ora gli danno ragione…».

Parlando di Patrick viene subito da chiedere un paragone con mamma e papà: «Lui come tipo di corridore è più vicino a Paola. Longilineo, magro, potente e al contempo resistente. Kevin ricorda più me per la sua esplosività. Devo dire che i due sono molto vicini e Kevin gli sta insegnando tanto, in questo senso un po’ supplisce al mio ruolo, visto che riesce a farsi ascoltare di più grazie alla vicinanza d’età».

Il rampollo di casa Pezzo Rosola si divide fra tre discipline, sempre con ottimi risultati (foto Instagram)
Il rampollo di casa Pezzo Rosola si divide fra tre discipline, sempre con ottimi risultati (foto Instagram)

Vittorie legate al talento

La vicinanza con la mamma, Patrick la mostra anche dal punto di vista caratteriale: «Bisogna saperlo prendere. E’ introverso, ha le sue idee e va avanti seguendo quelle senza tentennamenti. Papà e mamma non possono dire niente, si arrabbia perché sa quel che fa, questa è sempre la sua risposta. Si allena ma non troppo e quando gli dico qualcosa mi risponde: “Ma perché devo farlo? Tanto vinco lo stesso…”. Lui vince grazie al suo talento, battendo ragazzi che si allenano molto più di lui, ma questo però pian piano sta cambiando, perché comincia a capire che, essendo al secondo anno, ci si avvicina a quando si faranno le corse davvero sul serio».

Possono sembrare parole negative sul conto del figlio, ma Paolo dall’alto del suo amore paterno sa bene come le cose possano cambiare: «Alla sua età, non avevo quella determinazione in gara, quella voglia di emergere, è tutto successo dopo nel mio caso quindi Patrick parte avvantaggiato. Sa quello che vuole. In corsa non vuole lasciare niente, infatti cerca subito le prime posizioni, in qualsiasi disciplina. Io sono convinto che le cose cambieranno e quella voglia di emergere si tradurrà anche nella voglia di allenarsi, lo stesso Kevin me lo dice».

Patrick è profondamente diverso dal padre anche come caratteristiche: «Io dico che può essere il classico passista-scalatore, che ama i percorsi impegnativi e può davvero andar forte nelle cronoscalate. Le corse in pianura proprio non gli piacciono…».

Per il giovanissimo anche il bronzo europeo esordienti mtb nel 2021 a Pila
Per il giovanissimo anche il bronzo europeo esordienti mtb nel 2021 a Pila

«Passo per primo e mi ritiro…»

«Per far capire che adorabile testone c’è un episodio, relativo a una gara su strada. Gli dico che verrò a vederlo ma lui mi dice di no. “E’ inutile che ti fai 200 chilometri, tanto mi ritiro…”. “Come ti ritiri, lo sai già?”. “Sì, perché mi dedico ai traguardi volanti: vinco quelli, mi metto in tasca qualche euro e mi ritiro”. Più avanti mi richiama e mi dice “Che fai, vieni?”. Io ci vado e il giorno dopo che fa? Vince i traguardi volanti, è in fuga e si ritira davvero…».

Certe volte gli aneddoti sono come le ciliegie, uno tira l’altro: «All’ultimo Giro d’Italia di ciclocross, ultima tappa, lui è secondo in classifica perché a Osoppo aveva rotto la bici. In viaggio gli dico: “Guarda, lo so che non ami i consigli, ma domani io aspetterei ad attaccare. Non portarti dietro il primo in classifica che poi ti beffa, tieni unito il gruppetto”. “Papà, lasciami fare, lo so io…”. Alla domenica, va via e il leader lo segue, proprio come gli avevo detto di non fare… Solo che poi lo sfianca, finisce che Patrick vince, quello finisce dietro, sono appaiati in classifica ma per le vittorie in più la maglia rosa è di Patrick. E lui mi fa “Hai visto che avevo ragione?”».

Patrick impegnato al Giro d’Italia CX a Tarvisio. 4 le sue vittorie nella challenge (foto Billiani)
Patrick impegnato al Giro d’Italia CX a Tarvisio. 4 le sue vittorie nella challenge (foto Billiani)

Futuro? Ipotesi team estero

Che cosa farà l’anno prossimo? Su questo papà e mamma stanno già ragionando e la sensazione è che stavolta Patrick starà a sentire. «Viste le nuove prospettive, stiamo pensando di indirizzarlo verso una squadra estera. Non abbiamo ambizioni di vittorie, ma che faccia esperienza, ciclisticamente e non solo. Considerando anche la scuola, Patrick ha scelto di fare il triennio invece dei regolari cinque anni. Insomma ci dobbiamo ragionare».

Resta un ultimo tema da affrontare: sulle sue spalle sente il peso di essere un figlio d’arte? «Meno di quanto lo abbia percepito Kevin, che ancora un po’ ne risente. Patrick no: conosce quel che io e Paola abbiamo fatto, ma è figlio di un altro tempo. Guarda i corridori contemporanei, si documenta. Magari se gli chiedete a chi vuol somigliare vi risponde “Van der Poel”. Altro che Rosola o Pezzo…».

Paola Pezzo: ecco come preparai le Olimpiadi in Australia

17.09.2022
5 min
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La trasferta in Australia crea sempre disagi e difficoltà, anche se ai nostri tempi tutto è mitigato, basti guardare a come ci si regola in tema di alimentazione. Vent’anni fa però la situazione era ben diversa: nel 2000 si tornò agli antipodi per le Olimpiadi, a 44 anni di distanza dall’edizione di Melbourne e quella di Sydney fu una rassegna olimpica che rappresentò, dal punto di vista tecnico, uno spartiacque per molti argomenti.

Sydney fu la seconda edizione per i Giochi con la mountain bike inserita nel programma olimpico. Il ciclismo fuoristrada si stava affermando in ogni continente, ma era ancora uno sport giovane e per certi versi sconosciuto. Si sperimentava. In Australia si era già gareggiato, sia in Coppa del Mondo che ai mondiali, ma i Giochi sono ben altra cosa, è la classica manifestazione che non puoi sbagliare in alcun modo.

L’arrivo vittorioso della Pezzo a Sydney. L’azzurra batté Blatter (SUI) e Fullana (ESP) che l’avevano preceduta ai mondiali
L’arrivo vittorioso della Pezzo a Sydney. L’azzurra batté Blatter (SUI) e Fullana (ESP) che l’avevano preceduta ai mondiali

Un oro da difendere

Paola Pezzo arrivava alla rassegna a cinque cerchi con l’onere di difendere l’oro di Atlanta ’96, ma i mesi precedenti l’avevano sì vista protagonista, ma non era accreditata dei favori del pronostico. Rispetto alle gare del calendario classico, però, Sydney aveva al suo interno le incognite legate alla trasferta e su quelle la veneta giocò le sue carte: «Sapevo che la trasferta era difficile – afferma aprendo l’album dei ricordi – io poi ho sempre sofferto i viaggi negli altri continenti, dovevo quindi pensare a una soluzione per ammortizzare il più possibile i disagi. Fu così che io e Paolo (Rosola, suo allenatore e compagno di vita, ndr) c’inventammo l’idea di anticipare il cambio di fuso orario nelle settimane precedenti il viaggio».

Come avvenne e in che cosa consisteva questa scelta?

Dissi a Paolo che dovevo abituarmi il più possibile alle condizioni di gara di Sydney, esattamente come avevamo fatto per Atlanta, quando invece di andare in altura mi allenai nella bassa Mantovana, in condizioni di grande caldo e umidità come quello che avremmo trovato in Georgia. La differenza oraria con l’Australia è di 8 ore e il recupero del jet lag avviene un’ora al giorno, ma noi ci saremmo trasferiti a Sydney molto più tardi, quindi il recupero sarebbe stato difficoltoso. Una quindicina di giorni prima di partire iniziammo così a trasformare lentamente il nostro ritmo vitale da quello europeo a quello australiano.

La veneta in gara in Australia. Gli allenamenti al fuso di lì si rivelarono fondamentali
La veneta in gara in Australia. Gli allenamenti al fuso di lì si rivelarono fondamentali
Come?

Iniziai ad allenarmi alle 6 del mattino e ogni giorno anticipavo di 15 minuti fino ad arrivare a uscire alle 3 di notte, che era, trasposto, l’orario di partenza della gara australiana. Tutto il resto era di conseguenza: i pasti, il sonno (andavo a dormire alle 11 del mattino…) in modo da ridurre anche i disagi del volo, che per me sono sempre stati pesanti. A tal proposito ricordo che il Coni aveva fissato per noi il volo in seconda classe, io pagai la differenza e viaggiai in prima, per stare un po’ più comoda e ridurre il disagio, che comunque ci fu. Al ritorno, con la medaglia d’oro, mi fecero viaggiare direttamente in prima…

Che cosa facevi in quegli allenamenti di notte?

Non granché dal punto di vista specifico, ma il grosso era già stato fatto. Quel che contava era abituare il fisico a essere pronto a quell’ora, il metabolismo a mettersi in moto all’orario che serviva per la gara. Paolo stava con la macchina dietro con i fari a illuminare, per farmi vedere il percorso. Non furono giorni semplici, ma il risultato ripagò di tutto.

Il gruppo in gara a Geelong 2010. La trasferta oceanica venne programmata per tempo
Il gruppo in gara a Geelong 2010. La trasferta oceanica venne programmata per tempo
Quanto tempo ti allenavi?

Dovevamo ripetere l’orario di gara, allora i cross country duravano almeno 1h50’ quindi mi allenavo per almeno 90 minuti. Ricordo che, il giorno della partenza per l’Australia, avevamo il volo al mattino ma io mi misi in moto dall’inizio della notte. All’autogrill mi fermava la gente per chiedermi che ci facevo lì a quell’ora e io rispondevo «Sto andando alle Olimpiadi»

Pensi che questa scelta personale abbia influito sulla gara?

Sì, perché le avversarie che avevano scelto un avvicinamento più tradizionale partirono a tutta, io infatti persi terreno nelle prime fasi, ma poi pagarono, io invece rimanevo fresca. Dopo in molti vennero a chiederci lumi sulla nostra preparazione, anche perché i giornalisti ne parlarono come di qualcosa di assolutamente innovativo e devo dire che molti hanno seguito quella strada. Telser ad esempio ha fatto allenare le ragazze svizzere della mtb, in vista dei Giochi di Tokyo, al caldo umido invece che in altura e anche nel suo caso la scelta è stata indovinata.

I ragazzi diplomati in mtb alla Scuola Sacra Famiglia. Con la Pezzo anche Paolo Savoldelli come insegnante
I ragazzi diplomati in mtb alla Scuola Sacra Famiglia. Con la Pezzo anche Paolo Savoldelli come insegnante
Molti corridori, o meglio le loro squadre WorldTour, hanno deciso di rinunciare alla trasferta iridata temendo le ripercussioni sul fisico al ritorno. Tu le subisti?

Parzialmente, ma per me non era un problema, avevo centrato l’obiettivo e non mi aspettavano impegni fondamentali al ritorno, tanto è vero che io e Paolo ci prendemmo due settimane di vacanza da trascorrere proprio in Australia. Al ritorno si fatica, ma meno di quando si ritorna dall’America, a noi europei la trasferta verso est è più favorevole al ritorno. Se però devo correre subito è comunque dura, capisco quindi alcune scelte.

Un’ultima domanda: che cosa fa Paola Pezzo oggi?

Continuo a dedicarmi alla mountain bike ma in veste diversa. Insegno in un liceo a Castelletto di Brenzone, sul Lago di Garda, con specializzazione in mtb. I ragazzi fanno quattro anni di corso e alla fine acquisiscono con il diploma di maturità anche il brevetto di guide di mtb, praticamente hanno già un lavoro in tasca. E’ il primo in Italia e ne vado orgogliosa come di un’altra grande vittoria.

Paola Pezzo Olimpiadi Sidney 2000

La multidisciplinarietà secondo Paola Pezzo

25.05.2021
4 min
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Le Olimpiadi di Tokyo sono sempre più vicine e gli atleti si stanno preparando nonostante le difficoltà dovute al Covid-19. Difficoltà che non ha dovuto affrontare Paola Pezzo nei suoi successi di Atlanta 1996 e Sidney 2000. Abbiamo incontrato la due volte campionessa olimpica in occasione della Gran Fondo Squali-Trek, visto che è anche Ambassador di lusso del marchio americano. La nostra curiosità ha spaziato oltre le Olimpiadi e le risposte di Paola Pezzo sono state molto interessanti.

Paola Pezzo con Letizia Paternoster alla Gran Fondo Squali Trek
Paola Pezzo, a sinistra, con Letizia Paternoster
Paola Pezzo con Letizia Paternoster alla Gran Fondo Squali Trek
Paola Pezzo, a sinistra, con Letizia Paternoster alla partenza della Gran Fondo Squali-Trek
Siamo nell’anno dei Giochi Olimpici di Tokyo. Cosa ti suscitano le Olimpiadi, quando le rivedi a distanza di anni?

E’ sempre una grande emozione perché è il sogno di ogni atleta. Quando ti dedichi tanto allo sport che è la tua vita, il sogno è sempre quello di arrivare alle Olimpiadi, è l’evento più importante. Non è facile perché richiede tanto lavoro, tanto impegno. Preparare un’Olimpiade non si improvvisa, ma ci vogliono anni. Però devo dire che quando si raggiungono i risultati e si va a podio o addirittura si arriva alla medaglia d’oro, come è successo a me, si viene ripagati di tutti i sacrifici e le fatiche fatte.

Hai toccato un punto interessante che è quello della preparazione. Cosa pensi della multidisciplinarietà nel ciclismo. Tu sei stata una delle prime a seguire questa strada. Cosa è cambiato oggi rispetto agli anni 90?

Diciamo che oggi c’è molta tecnologia, c’è più scienza. Ai miei tempi invece si andava più a sensazione, che non era neanche male, perché poi quando vai in salita capire le proprie sensazioni non guardando sempre questi strumenti della scienza non è un male.

Saresti favorevole a meno tecnologia?

Ormai l’evoluzione è questa, però devo dire che sarei d’accordo nel tornare un po’ indietro perché quando c’eravamo noi si alternava. Si faceva ciclismo, ma quando arrivava novembre ci si riposava e poi si ricominciava con altri sport, soprattutto lo sci di fondo. Non era male perché comunque mantenevi sempre un buon fiato con allenamenti in cui si facevano 1.700/1.800 metri di dislivello.

Staccare e cambiare sport ti serviva a livello mentale?

Si, perché quando ricominciavo e dovevo andare in bici avevo proprio la voglia di ritornare, invece i corridori di oggi sono quasi tutto l’anno in bicicletta.

Paola Pezzo impegnata nei mondiali a cronometro del 1999
Paola Pezzo impegnata nei mondiali a cronometro del 1999
Paola Pezzo impegnata nei mondiali a cronometro del 1999
Paola Pezzo impegnata nei mondiali a cronometro del 1999
Oggi vediamo i successi di Van der Poel e Van Aert su tutti, che comunque corrono tutto l’anno in bici fra ciclocross, strada e anche mountain bike.

E’ vero, infatti dico che i ragazzini, fra cui anche mio figlio, devono puntare tanto sulla multidisciplinarietà, perché ti dà quelle abilità tecniche che servono in pista, in strada e fuori strada, basta vedere Van der Poel. Pensate anche a Sagan che arriva dalla mountain bike, e ai tanti atleti che arrivano da discipline diverse. E’ importante soprattutto farlo capire ai giovani e non iniziare solo con la strada. Bisogna dare l’opportunità ai ragazzi di acquisire tutte le abilità tecniche che un domani gli saranno utili.

Tu sei anche istruttrice di mountain bike. Ci puoi dire come instradare bene i giovani?

E’ un impegno perché ci vorrebbero tante biciclette in ogni famiglia, però basta mettersi d’accordo con le varie società. Magari la società della pista mette a disposizione le sue bici per quel determinato giorno che si va in pista e dopo si scambia. Magari la volta dopo loro vengono a fare mountain bike e si cerca di aiutarli. Trovare anche delle aziende che aiutano questi progetti con una serie di biciclette da mettere a disposizione dei ragazzi non sarebbe male, così si aiutano i genitori anche a livello economico.

La Pezzo in azione con la maglia di campionessa del mondo
La Pezzo in azione con la maglia di campionessa del mondo
La Pezzo in azione con la maglia di campionessa del mondo nel 1998 a Milano
La Pezzo in azione a Milano con la maglia di campionessa del mondo Mtb nel 1998
Parlando di ragazzini viene spontaneo chiederti il tuo pensiero sulla sicurezza stradale, visto che sei anche mamma di un corridore.

Mountain bike, pista e bmx sono un ambiente sicuro e i genitori li mandano più volentieri. Quando si va in strada è più problematico. Alcune società hanno i circuiti chiusi e sono fortunate. Pensare a degli esordienti che devono uscire su strada desta molta preoccupazione. Bisogna trovare la società che ha delle persone che hanno tempo con una moto per stargli vicino. Però mandarli da soli sulla strada è molto difficile perché hanno tutti una guida molto distratta.

Il problema è anche culturale e di educazione?

Bisognerebbe fare tanto sia nella scuola per educare i giovani e sia quando si prende la patente di guida per insegnargli che quando c’è un ciclista bisogna mantenere la distanza. Direi di puntare sull’educazione.

Kevin Pezzo Rosola, il destino scritto nel nome

04.03.2021
4 min
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«Kevin non c’è, è uscito con il suo amico Alexander Konychev. Domani li attendono oltre 5 ore di bici, volevano distrarsi un po’, tanto alle 22 c’è il coprifuoco e gli tocca tornare…».

Dopo una giornata intensa di lavoro, a papà Paolo Rosola tocca anche fare da “segretario” per suo figlio, Kevin Pezzo Rosola, figlio d’arte quanto pochi altri. Con un padre tra i numi dello sprint italiano e una madre addirittura biolimpionica nella Mtb. Dopo essersi fatto le ossa proprio nella mountain bike arrivando nel 2020 a un soffio dal titolo italiano junior, Kevin quest’anno ha deciso di approcciarsi alla strada. Lo ha fatto approdando alla categoria under 23 con un team che, nel settore, ha peso e soprattutto tradizione: il Tirol KTM Cycling Team, formazione Continental austriaca dalla quale sono passati molti professionisti attuali e recenti. Nel raccontare suo figlio, dalle parole di Rosola emerge tutto l’amore di un padre che non vuole assolutamente schiacciarlo di responsabilità.

Paolo Rosola
Paolo Rosola è uno degli uomini chiave della Gazprom Rusvelo
Paolo Rosola
Rosola fa parte dello staff della Gazprom Rusvelo

Libera scelta

«Sin dagli inizi – dice – io e Paola eravamo d’accordo che i nostri figli avrebbero dovuto sì fare sport, ma unicamente per salute e divertimento. Kevin si è dedicato al basket, l’altro figlio Patrick al calcio, ma la passione per la bici ce l’hanno tutti e due. E Kevin ha poi deciso di lasciare la pallacanestro e dedicarsi in toto alle due ruote. Sono però liberi di fare le loro scelte, se vogliono consigli noi ci siamo, ma ragionano con la loro testa».

Tutti a casa

Il primo approccio con la strada è stato reso più difficile dal Covid: niente ritiro prestagionale, ognuno lavora a casa.

«Lui è molto attento, si sente quasi ogni giorno con i responsabili del team e segue le tabelle fissate, se gli serve un po’ di dietro motori mi metto in sella alla moto e lavoriamo. Ha la maturità giusta per far bene, i numeri ci sono, ma non chiedetegli di ripetere quel che abbiamo fatto io o la madre, è un corridore diverso».

Sua madre Paola Pezzo ha vinto due Olimpiadi: Atlanta e Sydney
Sua madre Paola Pezzo ha vinto due Olimpiadi: Atlanta e Sydney
Che corridore è allora, visto dal tuo occhio esperto?

E’ un passista, anzi per dirla tutta un corridore da Belgio… Facendo Mtb e ciclocross ha messo su muscoli, ha una stazza diversa dalla mia, non è propriamente un velocista. Rispetto a me tiene molto meglio in salita, ma è ancora troppo giovane e non si può dire con precisione che cosa sarà. Io stesso alla sua età tiravo le volate agli altri, poi crescendo mi sono detto che era il momento di buttarsi.

Rosola è passato alla storia soprattutto per quel sano pizzico di follia che permea i grandi sprinter, Paola Pezzo per la sua straordinaria determinazione che la portava ad allenarsi di notte per preparare le Olimpiadi di Sydney già col fuso orario australiano: che cosa c’è di tutto ciò in Kevin?

Sicuramente la testa è più quella della mamma. Sugli allenamenti è molto ligio, guarda molto anche gli altri per imparare. Poi è sempre un ragazzo di vent’anni, con la voglia di sperimentare e la passione per le moto come me. A sua madre fa venire ogni volta il batticuore, io gli dico di stare attento, ma non posso certo proibirgliele…

La Mtb non è dimenticata, ma quest’anno Kevin correrà su strada
La Mtb non è dimenticata, ma quest’anno Kevin correrà su strada
Perché un team austriaco?

Sono stati quelli che si sono fatti avanti in maniera più convinta, credendo nelle sue capacità. Dall’Italia non si è fatto vivo nessuno, eppure i risultati anche su strada li aveva fatti… L’importante comunque è che l’iniziativa sia partita da loro, non ho dovuto chiedere nulla a nessuno, soprattutto al mio team (la Gazprom Rusvelo, ndr).

La mountain bike è messa da parte?

No, anche se il team non è molto propenso a fargli correre rischi, quindi le trasferte di Mtb saranno tutte a carico mio… Magari potrebbe correre domenica 6 marzo ad Andora alla prima degli Internazionali d’Italia, visto che ancora non ha gareggiato quest’anno, per rompere il ghiaccio. Ma sta a lui decidere.

E il più piccolo, come se la cava in bici?

Quando sale in sella è una belva, è velocissimo, di gare per giovanissimi ne ha vinte. Forse in lui c’è un po’ del Rosola dei bei tempi