Prologo ha creato una sella pensata e realizzata interamente per il corpo femminile: la Scratch EVA. Quando è arrivata la scatola a casa, è stata una bella sorpresa aprirla, trovando una sella così elegante, leggera e pensata, così c’era scritto nel foglio che la accompagnava, per il corpo di una donna. Non restava che provarla…
La sella è più piatta rispetto alle altre selle della serie Scratch, più ampia e adatta alle curve delle donne. Non è molto morbida, ma ha la giusta rigidità che permette una corretta posizione in bici e una performance migliore.
Nel corso dei miei anni da appassionata di ciclismo e triatleta ho provato diverse selle, cercando di trovarne una adatta a me, che non rendesse gli allenamenti pesanti. Una ricerca spesso vana, dal momento che non riuscivo a trovarne una che rispettasse appieno le aspettative, ma la nuova Prologo promette di essere proprio ciò che stavo cercando.
E’ stata Marta Cavalli a sviluppare per tutto il 2022 a Scratch EVA (foto Prologo)E’ stata Marta Cavalli a sviluppare per tutto il 2022 a Scratch EVA (foto Prologo)
I test di Marta Cavalli
Il feedback, riportato da Marta Cavalli durante quest’anno di prova esclusiva della sella, è sicuramente stato importante per la migliore realizzazione della sella stessa. Infatti con una base di appoggio abbastanza ampia, la Scratch EVA permette di scaricare al meglio peso e pressione, rendendo piacevole e confortevole lo stare in sella. Dettaglio decisivo soprattutto per chi, come un’atleta professionista, passa ore e ore sulla bicicletta. Il colore, inoltre, nella semplicità del nero la rende elegante e adattabile a tutte le bici.
Scratch EVA ricalca le forme della Scratch M5 di Pogacar, ma un’anatomia diversaIl centro anatomico della sella è stato spostato di 5 millimetri più avanti per offrire un appoggio più ampioLa differenza fra gli strati di schiuma (RVA) delinea un canale centrale che scarica le pressioni in eccessoScratch EVA ricalca le forme della Scratch M5 di Pogacar, ma un’anatomia diversaIl centro anatomico della sella è stato spostato di 5 millimetri più avanti per offrire un appoggio più ampioLa differenza fra gli strati di schiuma (RVA) delinea un canale centrale che scarica le pressioni in eccesso
Scratch, sella che vince
La collaborazione con Cavalli ha aiutato Prologo a perfezionare il modello giorno dopo giorno, fino al successo finale: le vittorie alla Amstel Gold Race e alla Freccia Vallone del 2022, sono state la conferma che il progetto fosse avviato nella giusta direzione.
La nuova sella riprende in parte la forma T-shape della Scratch M5, una sella multidisciplinare unisex che si è già distinta vincendo negli ultimi anni due Tour de France con Pogacar, alcune classiche Monumento e diverse gare di Coppa del mondo in mountain bike.
Salvatore Truglio consegna la Scratch EVA a Marta Cavalli (foto Prologo)Salvatore Truglio consegna la Scratch EVA a Marta Cavalli (foto Prologo)
Anatomia ridisegnata
Il disegno della Scratch EVA è stato però modificato. Il “centro anatomico” è stato spostato in avanti di 5 millimetri, per consentire di avanzare la seduta, aumentando la superficie d’appoggio per il bacino femminile, generalmente più largo rispetto a quello maschile.
Questa sella è performante, comoda e ha dimensioni compatte (245 x 140 millimetri) che consentono una buona libertà di movimento per pedalare con la massima efficienza.
Il test della sella ha confermato il comfort della Scratch EVAIl test della sella ha confermato il comfort della Scratch EVA
Imbottitura e canale
EVA è anche il nome della schiuma a densità variabile, con cui è stata realizzata l’imbottitura in base alle diverse aree della sella. Nella parte posteriore, dove appoggiano le ossa ischiatiche, essa è più spessa e realizzata con una schiuma ad alta densità. Nella parte centrale e anteriore, dove appoggiano i tessuti molli, è presente invece un’imbottitura più sottile, realizzata con una schiuma a bassa densità per ridurre al minimo i picchi di pressione.
Questa differenza di spessori e densità crea un canale al centro della sella, che al contempo garantisce un appoggio ampio e permette di scaricare le pressioni, tenendo alla larga l’intorpidimento e eventuali influenze sul flusso sanguigno.
Per chi percorre tanti chilometri in bici, indipendente che lo faccia per passione o per lavoro, è di fondamentale importanza avere una sella comoda e adatta alle proprie caratteristiche, in modo da rendere i propri allenamenti piacevoli e di volta in volta migliori.
Il ciclismo non è uno sport per tutti e non lo è mai stato. Solo in un certo periodo, breve nel quadro complessivo ma che parve eterno, alcuni imbonitori persuasero anche atleti senza mezzi ad acquisirli in modo alternativo.
Nacque un ciclismo con differenti velocità e periodi blindati. Si andava forte per un arco limitato di settimane e ogni periodo aveva i suoi vincitori. Sembra passato un secolo. E se oggi Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel possono vincere in corse fuori stagione rispetto ai loro obiettivi è perché le qualità dei grandi corridori vengono fuori come quando si sfidavano da ragazzini e il più forte vinceva sempre.
Vingegaard ha aperto la stagione al Gran Camino, vincendo le tre tappe e la classifica finaleVingegaard ha aperto la stagione al Gran Camino, vincendo le tre tappe e la classifica finale
L’esempio di Visconti
Probabilmente il fatto di essere in piena scrittura di un libro sulla storia di Giovanni Visconti sta suscitando continui paragoni. Il ciclismo non è per tutti e forse il percorso del campione palermitano ne è la dimostrazione perfetta. Il ciclismo richiede rinunce, quelle che Alfredo Martini non voleva mai chiamare sacrifici: se lo scegli, non è sacrificio.
Visconti (come pure Nibali un anno dopo) un giorno partì da casa e si trasferì in Toscana, ospite di un’altra famiglia. Non è facile a 16 anni: se ce la fai, hai evidentemente la determinazione che serve per fare il professionista. Occhio però, non è una lettura limitata al ciclismo: chiunque lasci casa per inseguire un sogno e farne un progetto ha bisogno di carattere e determinazione. Il mondo del lavoro non è meno spietato e cinico.
Pogacar invece ha vinto la Vuelta a Andalucia, conquistando due tappePogacar invece ha vinto la Vuelta a Andalucia, conquistando due tappe
Il ritiro di Benedetti
Nei giorni scorsi ha fatto parlare il ritiro di Gabriele Benedetti, neoprofessionista nella Drone Hopper che, ancor prima di aprire le ali, stava chiudendo i battenti. Si è parlato di poco carattere, magari senza conoscerne la storia. Si è puntato il dito verso un ciclismo che illude i ragazzi e li spreme. Si è attinto nei commenti a una letteratura di sentito dire che non spiega, ma ingarbuglia.
Così oggi vi raccontiamo di un altro ritiro, certo meno illustre, ma che conferma la difficoltà di emergere ai massimi livelli e come il dilagare delle promesse facili anche nelle categorie giovanili – a volte anche da parte dei loro direttori sportivi – rischi di guastare il ragionamento di alcuni.
Si è ritirato Salvatore Florio, 18 anni palermitano, della Delio Gallina. Nella squadra di Cesare Turchetti lo ha mandato (assieme a Carlo Sciortino ) Giuseppe Di Fresco, tecnico del Team Casano Matec, e pare che il tecnico bresciano ne fosse soddisfatto. Eppure Florio, in cui Di Fresco credeva ciecamente, si è fermato.
Gabriele Benedetti si è ritirato ai primi di gennaio. L’ultima corsa è stato il Tour du LimousinBenedetti si è ritirato ai primi di gennaio. L’ultima corsa è stato il Tour du Limousin
I due diesse
Il suo diesse in Sicilia, Alessandro Mansueto, parla della difficoltà di fare il corridore in cambio di 2-300 euro, al punto che per vivere devi chiedere soldi ai tuoi genitori. E avendo a sua volta lasciato la Sicilia per correre in Toscana, ricorda che alla fine degli anni Novanta, un dilettante guadagnava molto più di adesso. Erano gli anni in cui le fatture venivano usate anche per altri motivi ed è quindi corretto ricordare che girassero più soldi. Oggi non si può più.
Di Fresco non ci sta. Si dice deluso perché in Florio credeva e per la figuraccia fatta con Turchetti, che lo ha chiamato apostrofandolo bruscamente. Conferma che il rimborso offerto al ragazzo fosse dell’entità indicata da Mansueto, ma ricorda che quando a sua volta salì nel 1994 in Toscana, partì da zero e lentamente convinse i suoi dirigenti. Precisa che la Delio Gallina si fosse impegnata a pagare i biglietti aerei per Florio, facendolo alloggiare in una casa, in cui doveva pensare solo ad allenarsi.
Ricorda i ringraziamenti del ragazzo per l’occasione e il fatto che, concluso il liceo, avrebbe potuto puntare solo sullo sport. Solo che, andato a casa per un mese dopo il primo ritiro del 2023, qualcosa si è inceppato ed è arrivata la decisione di smettere. Con le prevedibili rimostranze della nuova squadra, che ha investito sul ragazzo per poi ritrovarsi con nulla fra le mani. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe la recente scoperta di Florio di essere celiaco.
Alessandro Mansueto con Salvatore Florio dopo la vittoria del campionato regionale a cronometroAlessandro Mansueto con Salvatore Florio dopo la vittoria del campionato regionale a cronometro
Intollerante al glutine
E Florio cosa dice? Ci risponde da Palermo, in attesa di partecipare a settembre alla selezione per l’Università e studiare materie sanitarie. Ringrazia la sua famiglia per avergli insegnato che nella vita serve comunque una cultura (ha concluso il liceo classico), che ti permette di attraversare meglio i momenti più complicati.
«Sin dall’inizio – spiega – ho sempre avuto valori del sangue molto bassi. Pensavo fosse anemia, invece circa tre mesi fa ho scoperto di essere intollerante al glutine. Ero appena passato nella categoria dei dilettanti, quindi cominciavo ad allenarmi seriamente. Tanti chilometri in rapporto a quel problema. Correvo già con 35 di ematocrito, continuare così non sarebbe stato opportuno. Perciò ho preferito fare sacrifici nel mondo del lavoro, studiando all’Università e creando il mio futuro in maniera diversa».
Giro della Lunigiana 2022: Florio è il secondo da sinistra. Il primo a destra è il diesse Giuseppe DI FrescoGiro della Lunigiana 2022: Florio è il secondo da sinistra. Il primo a destra è il diesse Giuseppe DI Fresco
Pochi soldi
La celiachia nel ciclismo esiste, le abbiamo dedicato un articolo poco tempo fa in cui il dottor Giorgi spiega come sia possibile ugualmente avere prestazioni ai massimi livelli. Perciò spostiamo il discorso.
«Senza dubbio correre adesso è diventato veramente pesante – spiega Florio – si fanno troppi sacrifici pagati troppo poco. Io avrei voluto dedicare tutta la mia vita al ciclismo, ma come fa qualcosa a diventare il tuo lavoro se ti pagano 200 euro al mese? Anche questo sicuramente è uno dei motivi per cui non vale più la pena continuare. O si è campioni e allora finisci nel mirino delle squadre importanti e cominci a prendere qualche soldino, ma essere pagato così poco non ti fa venire la voglia di continuare. Perché magari vedi un calciatore che già alla nostra età prende 2.000 euro al mese. Invece nel ciclismo, che per me è uno degli sport più duri, si viene pagati troppo poco».
Visconti e Nibali, entrambi partiti dalla Sicilia inseguendo un sogno: quel modello è superato e irripetibile?Visconti e Nibali, entrambi partiti dalla Sicilia inseguendo un sogno: quel modello è superato e irripetibile?
Testa, gambe e fortuna
Il ciclismo non è uno sport per tutti, ma non è che il mondo del lavoro sia poi tanto diverso. Le continental non sono squadre professionistiche. Corrono fra i pro’, ma non ne hanno le prerogative. E se a 18 anni entri in un’azienda per fare uno stage, nessuno ti pagherà mai per quelli che sono i tuoi sogni o i tuoi sacrifici. Si stringono i denti e si aspetta di arrivare a un contratto. Ecco perché tanti puntano a passare pro’ a 18 anni, persuasi da procuratori e tecnici che in un modo o nell’altro avranno pure la loro convenienza. E chi non passa, magari pensa di essere un fallito e molla.
«Chi mi conosce – dice Florio – sa quanti sacrifici ho fatto. Ho studiato e ho corso, ma ho avuto sfortuna. Sono sicuro che se fossi stato stimolato dal pensiero di lavorare e di guadagnare qualcosa di serio, sicuramente avrei provato a continuare, gestendo meglio la celiachia e continuando a sognare di passare professionista. Anche se sappiamo tutti che adesso è molto, molto difficile. Bisogna avere testa, gambe e fortuna. Se manca la fortuna, non si va da nessuna parte...».
Leggi, mastichi e ci ripensi. Da quale parte sarà la verità? Oppure, dando per scontato che tutti abbiano detto la propria, che idea vale la pena farsi?
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L’UC Casano Matec da quest’anno ha allargato la sua influenza anche alla Sicilia, aggiungendo, oltre all’affiliazione toscana, quella della regione della Trinacria. Sono cinque i corridori siciliani che si sono aggregati al team guidato da Giuseppe Di Fresco, ma su due di loro si concentrano attese particolari: Carlo Sciortino e Salvatore Florio. Con Alessandro Mansueto, tecnico regionale della Sicilia e dell’affiliazione del team sull’isola, andiamo alla scoperta di questi due ragazzi molto promettenti.
Team Casano Matec al completo con la nascita dell’affiliazione siciliana si sono aggiunti 5 nuovi ragazzi Team Casano Matec al completo con la nascita dell’affiliazione siciliana si sono aggiunti 5 nuovi ragazzi
Innanzitutto come va questa doppia affiliazione?
Molto bene, il rapporto di collaborazione ed il confronto sono costanti. Il lavoro è organizzato tramite i 4 diesse del team, io mi relaziono con Daniele Della Tommasina, storico preparatore del team. Ci siamo incontrati quest’inverno e abbiamo stilato un programma di lavoro per i ragazzi del team che sono qui in Sicilia, in totale sono 5: Carlo Sciortino, Salvatore Florio, Gabriele Barone, Vincenzo Pardo ed Enrico Lombardo.
Quanto è importante questa opportunità per i ragazzi?
E’ fondamentale. E’ un’ottima occasione per mettersi in mostra e per crescere dal punto di vista atletico e umano. Hanno la possibilità di fare un bel calendario nazionale e di giocarsi delle buone chance di essere convocati dal cittì Salvoldi. Anche perché qui in Sicilia gli juniores tesserati sono pochi, solamente una cinquantina. Quindi alle volte capita che debbano correre con gli under 23, che a loro volta sono solamente 15. E’ un buon banco di prova ma serve anche fare delle gare nazionali per crescere al meglio.
Le gare come si suddividono?
Per il momento abbiamo corso un po’ in Toscana e un po’ in Sicilia. L’esordio è stato alla “Ballero Nel Cuore” poi abbiamo corso ancora in Toscana e ci sono state anche due gare in Sicilia.
Carlo Sciortino (classe 2004) da quest’anno veste i colori dell’UC Casano MatecCarlo Sciortino (classe 2004) da quest’anno veste i colori dell’UC Casano Matec
Parliamo di Sciortino…
«Già l’anno scorso aveva fatto vedere delle belle prestazioni, andava molto forte anche in salita. Quest’anno abbiamo rivoluzionato un po’ tutto: dall’alimentazione al posizionamento in sella, aveva delle piccole imperfezioni».
Del tipo?
Basculava un po’ con il bacino ed in più era un pelo alto. Con i ragazzi così giovani è difficile lavorare perché il corpo si adatta anche se non è perfettamente posizionato, ma il rischio è di creare poi dei problemi futuri.
Sta lavorando anche con Erica Lombardi sull’aspetto nutrizionale?
Sì, lei lavora a stretto contatto con il team, pensate che è passato da 65 chili a 61 grazie a un’alimentazione più corretta. E’ alto 166 centimetri. Il posizionamento in bici l’ho curato io insieme ad Alessandro Colò, un biomeccanico che lavora con il Casano.
La squadra corre sia in Toscana che in Sicilia, qui sono al Gran Premio Liberazione di MassaLa squadra corre sia in Toscana che in Sicilia, qui sono al Gran Premio Liberazione di Massa
Il programma di allenamento è cambiato?
E’ stato rivoluzionato. Abbiamo ridotto notevolmente il numero di ore aumentando la qualità. Considerate che Carlo esce da scuola alle 14 e alle 14,30 è già in bici. Riesce a fare 3 ore, massimo 3 ore e mezza. Si è lavorato molto anche sulla frequenza di pedalata. Prima aveva una media intorno alle 85 rpm, ora è a 105 e questo gli permette di conservare meglio la gamba per il finale della corsa.
Che tipo di corridore è?
Leggero ed esplosivo, ha un ottimo rapporto peso/potenza. Nelle gare di un giorno ha fatto vedere grandi cose. Per le corse a tappe, invece, al Lunigiana, la scorsa stagione è andato in crescendo tappa dopo tappa arrivando all’ultima con una buona gamba. Tant’è che proprio quel giorno abbiamo tentato anche di attaccare più volte.
Alessandro Mansueto con Salvatore Florio dopo la vittoria del campionato regionale a cronometroAlessandro Mansueto con Salvatore Florio dopo la vittoria del campionato regionale a cronometro
E poi c’è Florio
«Ci eravamo concentrati molto su Sciortino – dice Mansueto – invece Salvatore ci ha sorpreso molto. In realtà ci aspettavamo potesse crescere, ma non così tanto. Mi verrebbe da dire che è riuscito a raggiungere i livelli di Carlo (Sciortino, ndr)».
Programma di allenamento stravolto anche per lui?
Sì, meno ore e più qualità, come tutti i nostri ragazzi. Abbiamo la fortuna che abitano tutti nella provincia di Palermo, ad eccezione di Lombardo che invece è a Noto, quindi è più semplice seguirli.
Lui che tipo di corridore è?
E’ il classico passista-scalatore, è alto 177 centimetri e pesa 63 chili. Ha una buona dote anche a cronometro, infatti sabato ha vinto il campionato regionale, con una bella prova sui 15 chilometri.
Giuseppe Di Fresco in primo piano: alla sua sinistra c’è Alessandro MansuetoGiuseppe Di Fresco in primo piano: alla sua sinistra c’è Alessandro Mansueto
Le caratteristiche per un profilo da grandi Giri…
Sì, ha queste doti che lo rendono adatto alle corse a tappe. In più ha un grande spunto sul chilometro iniziale in salita, riesce a farlo a potenze notevoli. Finora ha lavorato molto per Sciortino, ma ha saputo anche ritagliarsi i suoi spazi ottenendo molti piazzamenti e anche una vittoria a Palermo in circuito. In più ha anche un’ottima visione di corsa, una dote innata che per il momento ha sfruttato per aiutare i suoi compagni ma che in futuro potrà usare anche per vincere.
I due vanno ancora a scuola, come se la cavano?
Bene! Florio è un ottimo studente, ha fatto la primina e quest’anno ha la maturità. Ci tiene molto al percorso scolastico, è capitato che saltasse qualche allenamento per preparare verifiche o interrogazioni, ha detto che vorrebbe anche continuare dopo la maturità. Vedremo.
I ragazzi del Team Casano corrono con bici OrbeaI ragazzi del Team Casano corrono con bici Orbea
Sciortino invece?
Lui fa lo Scientifico, è al quarto anno. E’ uno studente normale, si impegna e va bene.
La scuola è fondamentale, così quest’estate potranno divertirsi in bici senza pensieri…
Assolutamente, alla fine dell’anno scolastico con tutti i ragazzi siciliani andremo in Toscana. Vivranno nella “casetta” del team Casano dove avranno tutto il necessario per allenarsi e vivere comodamente (lo stesso Mansueto da corridore trascorse parecchio tempo nel ritiro toscano dei team di Daniele Tortoli, ndr).
Che carattere hanno?
Sciortino è un po’ più espansivo, ma entrambi sono molto gentili ed amichevoli. Qui li definiamo “amiciari” ovvero due persone che tendono a fare subito amicizia.
Il Sud resta il Sud. Fra i proclami elettorali dei vari candidati alla FCI e le difficoltà oggettive, ascoltare i racconti dei ragazzi che devono lasciare casa per praticare sport di alto livello ti fa sempre pensare che manchi qualcosa. Manca qualcosa nel racconto di Germani, che lascia Roccasecca per andare a Massa. Manca qualcosa, forse meno, nel racconto di Sciortino che fra poco inizierà un andirivieni fra Sicilia e Toscana per correre nei weekend con la UC Casano e andare a scuola nei giorni restanti.
Si cresce prima
Certo ci sono anche dei risvolti positivi: dover partire mette alla prova le motivazioni, un po’ come lasciare casa per fare l’Università in una città lontana dalla propria ti costringe a crescere un po’ più in fretta. Ma in questa fase così convulsa di selezione dei talenti, avere poco tempo a disposizione rende tutto più difficile.
Nelle scorse settimane si è acceso un dibattito fra Comitati regionali e tecnici di club. Le regioni possono trattenere i corridori a tutela del movimento locale, ma ci sono casi in cui trattenere un ragazzo significa condannarlo a smettere.
Il cittì degli juniores Salvoldi ha visitato il velodromo di Noto, qui con Mansueto (foto FCI Sicilia)Il cittì degli juniores Salvoldi ha visitato il velodromo di Noto, qui con Mansueto (foto FCI Sicilia)
Punto sulla Sicilia
In Sicilia il ruolo di tecnico del Comitato regionale è stato affidato ad Alessandro Mansueto, a sua volta cinque anni da dilettante in Toscana alla corte di Daniele Tortoli. Mansueto è anche tecnico (sull’Isola) dell’affiliazione plurima creata dalla UC Casano di Ortonovo e guidata da Giuseppe Di Fresco, anche lui palermitano. Quale sarà lo stato del ciclismo siciliano?
«In un quadro di juniores che in tutta Italia e da noi in particolare smettono perché non trovano squadra – dice – il fatto di avere delle affiliazioni plurime permette ai ragazzi di garantirsi attività extra regionale. In Toscana solo un terzo degli juniores trova posto fra gli under 23: nel 2021 ci sono stati 129 dilettanti in tutto, chiamiamoli così, quanti volete che possano essere quelli di primo anno? Gli under 23 stanno sparendo».
Fiorelli e Visconti, entrambi volati in Toscana per diventare corridoriFiorelli e Visconti, entrambi volati in Toscana per diventare corridori
Ci siamo visti al Lunigiana, che tipo di attività siete riusciti a fare con gli juniores?
Nel 2021 hanno gareggiato tutte le domeniche, solo a fine stagione ci sono state gare miste con gli allievi, ma per far correre i più giovani.
Nessuna partecipazione alle gran fondo?
No, però in compenso abbiamo approfittato della logistica di alcune gran fondo per far partire gli juniores. Nel 2021 ci siamo riusciti in 4 gare, quest’anno già 7 hanno aderito. Abbiamo fatto partire gli juniores 40 minuti prima e solo raramente il primo degli amatori è riuscito a riprendere il gruppo.
Questa ipotesi era stata avanzata da Emiliano Borgna, presidente di Acsi Ciclismo. Vi siete appoggiati anche a gran fondo di altri Enti?
No, solo a quelle federali, sfruttando come promozione il movimento degli amatori. C’è stata una bella manifestazione sulle Madonie, bello anche il Giro dell’Etna. Se pensiamo che ormai il costo delle transenne è uno dei principali, si capisce che avere quelle della gran fondo sia un bel vantaggio.
Il movimento giovanile più forte sull’Isola è nel fuoristrada (foto FCI Sicilia)Il movimento giovanile più forte sull’Isola è nel fuoristrada (foto FCI Sicilia)
Dove è concentrata l’attività in Sicilia?
Il 50 per cento in zona Palermo, il resto è distribuito uniformemente nelle altre province.
Il velodromo però resta chiuso…
Abbiamo fatto incontri con il sindaco Orlando e con gli assessori. Ci siamo offerti di pagare anche un anno di affitto anticipato, ma a fronte delle spese che si dovrebbero sostenere, è comunque poco. Per fortuna abbiamo l’impianto di Noto, dove il professore La Rosa sta facendo un ottimo lavoro. Ci sono stati assegnati i tricolori paralimpici e forse quelli in pista per esordienti e allievi. Bisogna dire però che il grosso dell’attività è fuoristrada. Ci sono 13 scuole di Mtb certificate, con realtà come Pozzallo che ha 250 bambini iscritti. Il punto debole, per la sicurezza soprattutto, resta la strada.
In che modo il Comitato regionale collabora con i tecnici?
Abbiamo creato un centro Studi regionale, formato da 4 tecnici che valutano tutti i corridori, dagli esordienti agli juniores, dando supporto alle società. Cerchiamo di sviluppare una programmazione aperta, in modo da poter partecipare a eventi nazionali, come nel 2021 siamo andati ai campionati italiani, al Lunigiana, alla gara di Fiesole e un’altra nel Lazio. Il guaio è che non avendo sponsor, paga tutto il Comitato regionale. E solo andare ai tricolori con 20-25 ragazzini è stato un bel salasso.
Con Sciortino durante il ritiro siciliano, prima di iniziare il viavai con la Toscana (foto FCI Sicilia)Con Sciortino durante il ritiro siciliano, prima di iniziare il viavai con la Toscana (foto FCI Sicilia)
E Sciortino?
Abbiamo fatto il ritiro con gli juniores quaggiù e c’era anche il cittì Salvoldi, che si sta muovendo davvero in modo capillare. Dal 13 febbraio invece saremo a Casano.
In che modo la Federazione vi assiste?
Ci piacerebbe che assecondasse la nostra idea di rilanciare il Piano Solidale, il modo di creare sinergie fra organizzatori di regioni limitrofe per dare consistenza all’attività. Stiamo aspettando risposte.
Dopo aver letto l'intervista di Giada Gambino a Visconti, abbiamo chiesto ad Alberati che lo allena da agosto che idea si sia fatto di Giovanni: «E' ancora un vincente»
Sono pochi, ormai, i corridori che salgono in sella alla propria bici ogni giorno quasi con la stessa emozione del primo. Sono pochi i corridori che non smettono di lottare dopo tante avversità, tante sconfitte, tante rinunce. Sono pochissimi i corridori che, dopo più di trent’anni nel praticare questo sport, hanno ancora la forza, la voglia e la passione che li muovono a riscattarsi. Difatti di Giovanni Visconti, al mondo, ce n’è uno solo…
«Mi voglio mettere in gioco ed è quello che sto facendo!», afferma con decisione. «Sto sudando davvero tanto per ritornare alla pari degli altri. Dopo la scorsa stagione che non è andata come speravo sono partito da sotto terra, ma sto lavorando sodo ottenendo dei risultati discreti e voglio essere fiducioso. Sarà davvero difficile! Una vittoria? Ho quasi 39 anni, non mi sento di dire che sono convinto di poter vincere, sono sempre stato abituato a rimanere con i piedi per terra… Prima di tutto voglio far bene, poi per pensare ad una vittoria c’è tempo e non è fondamentale».
Ha vinto il primo tricolore nel 2007, ecco Visconti con Tonti e Boonen sul percorso di Varese 2008Primo tricolore nel 2007, qui con Tonti e Boonen sul percorso di Varese 2008
Un altro palermitano
Impossibile non riporre fiducia in un compagno come Giovanni: pronto a dare sostegno, il buon esempio e sempre con la voglia di far crescere i giovani al meglio. Un perfetto uomo squadra, che cerca di creare il giusto clima in tutti i modi possibili.
«Lo scorso anno non mi sento di essere stato davvero utile per la mia squadra – dice – né tantomeno per Fiorelli. Non sono mai riuscito a dargli una mano e mi dispiace, soprattutto per lui. Voglio dare un vero contributo alla mia squadra, non come “figura” perché nel team mi vogliono bene e mi hanno voluto tenere. Voglio essere utile per i risultati sia miei che, soprattutto, dei miei compagni. Posso e voglio fare molto per Fiorelli in primis. Sono contento che dopo di me ci sia un altro palermitano nel ciclismo ad alti livelli».
La maglia tricolore
Questa sarà, forse, l’ultima stagione di un’immensa carriera che ha visto la crescita e la maturazione di un corridore che partendo dalla Sicilia ha pian piano scalato l’Italia indossando diverse maglie, ma quella più importante rimarrà sempre…
Con la moglie Katy e il piccolo Thomas, commossi per il secondo tricolore
A Conegliano, le braccia al cielo per il secondo tricolore: è il 2010
Con la moglie Katy e il piccolo Thomas, commossi per il secondo tricolore
A Conegliano, le braccia al cielo per il secondo tricolore: è il 2010
«La maglia tricolore! La prima – ricorda – è stata quella che ha dato il La alla mia carriera: l’arrivo a Genova, l’urlo della gente, mio padre, mia moglie che all’epoca non lo era ancora. Ne ho vinte anche di più belle, ma questa per tutto il clima che c’era, per il fatto che sentivo come se fosse predestinata ad essere mia, è quella che probabilmente ricorderò per sempre».
Per i suoi tifosi
La passione e l’amore che si nutre per il proprio lavoro si vede proprio quando, arrivati verso la fine, non si vuole mollare subito tutto. E consapevoli di ciò che potrebbe succedere, si cerca di guardare tutto con una chiave positiva.
«Al 99 per cento sarà l’ultimo anno – spiega – ma magari può succedere che andrà bene, che la squadra mi vorrà, che mi divertirò così tanto da pensare di continuare. La vedo difficile però! In questo momento sono più stanco di testa che di gambe, il ciclismo è cambiato. Ci penserò quando capirò che sta finendo tutto. Al momento mi sto allenando, sto facendo un inverno come gli altri. Voglio correre, essere vivo nella corsa e non correre per fare numero. Non ambisco per forza ad una vittoria, ma voglio competere per essa. Voglio far felice i miei tifosi, che sono tanti. Se ciò non succederà, forse non finirei nemmeno l’anno, ma non voglio nemmeno pensare a questa possibilità».
Estate 2011, si corre in Sicilia. Per Visconti arriva il terzo tricolore
Sul podio con lui Mauro Santambrogio e Simone Ponzi
Estate 2011, si corre in Sicilia. Per Visconti arriva il terzo tricolore
Sul podio con lui Mauro Santambrogio e Simone Ponzi
L’umanità smarrita
Il ciclismo è cambiato. E’ più tecnico, pieno di numeri e poca passione. Si è persa la gioia, la felicità e il vero amore per questo sport. La maggior parte dei direttori sportivi pensa al corridore come un robot e non un essere umano.
«Cosa non mi piace di questo ciclismo? Il ciclismo (fa una risata un po’ amara, ndr )! Si può dire che ho visto l’evoluzione di tre generazioni di questo sport e questa è nettamente diversa dalla prima, in cui era più grezzo, più “ignorante”, con meno numeri. I ragazzi adesso crescono con questa idea, non sanno cosa si perdono, non sanno cosa significhi divertirsi facendo questo lavoro. E probabilmente non gli interessa nemmeno andare oltre i dieci anni di carriera, non gli interessa vivere di ciclismo finché il corpo regge. Naturalmente il ciclismo di oggi è nettamente migliore sotto tanti altri punti di vista, ma l’umanità si è proprio persa».
La mental coach
Il ciclismo è uno sport di testa. Bisogna crederci, bisogna essere tranquilli, non bisogna lasciarsi sopraffare da tutto ciò che, di negativo, ci circonda.
«Quest’anno mi sono preso una mental coach – dice confermando le parole di Paolo Alberati – e un preparatore che avevo abbandonato da un paio di anni. In questo ciclismo da solo non puoi andare da nessuna parte, hai bisogno di una figura per ogni aspetto. Negli anni passati si viveva con più serenità. La figura di una mental coach adesso è fondamentale».
Al Giro d’Italia del 2008, Visconti ha indossato per otto giorni la maglia rosaAl Giro d’Italia del 2008, Visconti ha indossato per otto giorni la maglia rosa
In bici con Katy
Per ripartire, a volte, oltre a diversi accorgimenti serve qualcosa di più, qualcosa che tutti cercano nella vita e che, per tutti è fondamentale: l’amore. Ed è proprio grazie a sua moglie che Giovanni ha ripreso gli allenamenti per ritrovarsi e riprendere la forma…
«Faceva la ciclista prima – sorride – quando ho ripreso gli allenamenti qualche mese fa ho condiviso con lei diverse uscite in bici. E’ stato molto bello, con l’unico problema che è davvero forte e competitiva al massimo (sorride, ndr)».
Visconti, dopo il suo ritiro in Sicilia, partirà a fine gennaio per l’Argentina per riprendere il ritmo e tornare pronto per competere in Italia in gare come il Laigueglia. La corsa dedicata ad Alfredo Martini è quella a cui il siciliano punta e a cui tiene particolarmente da un punto di vista affettivo. L’ultima (forse) stagione del portacolori della Bardiani-CSF-Faizanè sta per iniziare…
Vedendo la foto di Visconti al lavoro con Paolo Alberati, ammettiamo che un po’ di curiosità c’è venuta. Giovanni aveva lavorato bene con Alessandro Proni, poi il rapporto si era concluso e negli ultimi due anni il siciliano si è allenato da sé, confidando nella propria esperienza. Ma nel ciclismo in cui non si può lasciare nulla al caso e avendo visto il lavoro che Alberati fa già da anni con Fiorelli, anche Visco (che in apertura è ritratto durante la tappa di Sestola al Giro 2021, chiusa al 5° posto) ha deciso di provare.
«Mi ha contattato ad agosto – spiega Alberati, 49 anni – dicendomi che gli avrebbe fatto piacere lavorare con me, ma mettendo subito le mani avanti: se non vuoi, puoi anche dire di no. Io non ho mai avuto rapporti diretti con Giovanni, ma l’ho sempre stimato tanto, perché è sulla breccia da vent’anni e ha sempre dimostrato grande attaccamento al ciclismo. Però una cosa gliel’ho chiesta: verificare che ci fosse la giusta sintonia. Che condividessimo gli stessi punti di vista. Verificato questo, siamo partiti».
Con la sua tesi, Alberati ha fatto luce sul ruolo di Bartali durante la 2ª Guerra Mondiale. Qui con il compianto Ivo Faltoni e Gioia BartaliCon la sua tesi, Alberati ha fatto luce sul ruolo di Bartali nella 2ª Guerra Mondiale. Qui Ivo Faltoni e Gioia Bartali
Che idea ti sei fatto?
Credo che in questi anni lo scoglio non sia stato solo fisico, a parte l’ultimo in cui ha avuto veri problemi di salute. Giovanni è un gran pensatore, la sua testa è sempre al lavoro. Quando è venuto a Perugia la prima volta, gli ho proposto di lavorare con un mental coach per incanalare i suoi pensieri in una direzione positiva. Inizialmente non è parso molto convinto, ha raccontato che già in passato aveva provato, ma non si era trovato bene. Invece dopo qualche giorno mi ha richiamato, ha detto che avrebbe provato e ha cominciato, trovandosi bene.
Un fatto di convinzione?
Tempo fa eravamo in bici insieme e mi ha fatto vedere una foto in maglia rosa che qualcuno gli aveva mandato. Parlava di sé come se quei traguardi fossero ormai irraggiungibili. Ne ha un’altra in cui è sul podio davanti a Valverde, ma è come se parlasse di sé pensando a un altro. Questa è una cosa positiva nella misura in cui il non essere mai contento gli impedisce di sentirsi appagato, ma diventa un freno se si trasforma nella continua ricerca di conferme.
Da dove comincia il tuo lavoro?
Dall’insegnamento di Alfredo Martini. Di mio sono impulsivo e sbrigativo, ma ricordate cosa diceva Alfredo? Quando sei davanti a un corridore, devi essere rassicurante e convincente. Ed è quello che cerco di fare, prendendo tutto il tempo per spiegare le cose.
Giro d’Italia 2013, prima vince nella neve sul traguardo del Galibier, davanti alla stele di Pantani
Due giorni dopo stacca di nuovo tutti e vince da solo a Vicenza
Giro d’Italia 2013, vince nella neve sul traguardo del Galibier
Due giorni dopo stacca di nuovo tutti e vince da solo a Vicenza
Perché si è rivolto a te?
Probabilmente per l’amicizia con Fiorelli, ma anche dall’aver visto che il lavoro funziona e non si riduce a qualcosa di schematico e impersonale. Vanno bene i programmi, ma servono anche elasticità e senso pratico.
Nell’intervista con Giada Gambino, Giovanni ha parlato di cambiamenti nell’alimentazione in bici.
L’altro giorno sono uscito con lui e Fiorelli. Dovevamo fare 4 ore e mezza. Avevamo già scalato Caccamo e tornando verso Palermo, avremmo concluso sul Monte Pellegrino. Dovevano farla piano, anche se in realtà l’hanno fatta a fiamma. Andando verso la salita, gli ho chiesto se avesse mangiato e lui ha risposto che ormai mancava poco, quindi non aveva preso niente. Gli ho risposto che per andare forte sulla salita finale, qualcosa doveva mangiarla. Che lo avrebbe aiutato ad andare meglio, a non finire l’allenamento svuotato, ad avere buone sensazioni e a non arrivare a casa con una fame atavica. Ha provato e alla fine ha ammesso che da questo punto di vista in passato ha sbagliato tanto.
Dice che voleva stare alla larga dai carboidrati…
E’ appena 1,5 chili sopra il peso forma, non ha bisogno di stressare il corpo. E’ rimasto colpito da Supersapiens, il sistema che mostra la variazione della glicemia, che in allenamento si può usare, e ti permette di vedere come il corpo reagisce a un gel, a una barretta e con il passare delle ore.
Monte Pellegrino, salita di due versanti di 8 chilometri nel cuore di Palermo: Visconti, Fiorelli e dietro Alberati a fare la fotoMonte Pellegrino, salita di due versanti di 8 chilometri nel cuore di Palermo: Visconti e Fiorelli
Siete già avanti nel lavoro?
La cosa più difficile è stato convincerlo a riposare sul serio. Voleva rientrare per il Giro di Sicilia, ma era indietro. Gli ho detto che correre sulle strade di casa e prendere legnate lo avrebbe esposto a brutte figure, che si sarebbe portato dietro tutto l’inverno. Dopo un paio di giorni mi ha chiamato e ha rinunciato. Ora è partito con entusiasmo e i risultati si vedono.
In che forma?
A ottobre saliva al massimo fino a 177 battiti. Ora, dopo sei settimane da 18-20 ore di lavoro, è già a 185. Ha detto che quei numeri li faceva da dilettante. Il cuore non sale se sei stanco o se stai male, questa variazione è importante.
Che cosa significa?
Aver riguadagnato elasticità cardiaca è spia del fatto che sta bene, che il fisico è recuperato, più del fatto che l’allenamento ha giovato. Anche perché finora non si è lavorato tanto né forte. Prima dalla soglia in avanti cresceva di 40 watt, ora è già a 100. Quel fuorisoglia è la sua caratteristica, poter fare la differenza quando gli altri sono a tutta. Ma i numeri non sono tutto, vanno mescolati con l’esperienza e con la consapevolezza di essere un corridore importante.
Watt guadagnati tutti in bici?
No, abbiamo ricominciato a fare palestra. Una parte importante di quei watt, anche e soprattutto sull’esplosivo, vengono da lì. Giovanni non riusciva a risalire sopra i 1.000 watt, due giorni fa ne ha fatti 1.147 per 5 secondi.
Esercizi classici?
Stiamo lavorando in modo particolare, con pesi molto alti, una volta alla settimana, ma lo faremo per tutto l’anno. L’esplosività andando avanti con gli anni la perdi, se non la curi con attenzione. Su questo Giovanni è stato molto ricettivo, erano anni che non andava in palestra e il muscolo l’ha sentito. Sulla preparazione muscolare di un atleta maturo, la palestra ben fatta cambia tanto.
Nel 2017 porta a casa il Giro del’Emilia, con una condotta sbarazzina e priva di esitazioni
Quel trofeo resta uno dei più belli, in una carriera con 3 campionati italiani e 2 tappe al Giro
Nel 2017 porta a casa il Giro del’Emilia, con una condotta sbarazzina e priva di esitazioni
Quel trofeo resta uno dei più belli, in una carriera con 3 campionati italiani e 2 tappe al Giro
Dai numeri comunque si riesce a capire molto…
A dicembre abbiamo fatto un classico test Conconi. Dopo due mesi che sei fermo, non aveva senso fare un test da sforzo di 20 minuti a tutta e neanche di 10. Invece il test Conconi ti porta gradualmente alla soglia e dà risultati attendibili, anche se nel breve periodo. E in quello fatto a dicembre, aveva già 6 watt/kg. Un valore con cui una volta arrivavi davanti in piena stagione, mentre ora è un punto di partenza. Tempo fa con Buitrago ci siamo messi a guardare i valori che aveva alla Vuelta Burgos ed era a 6,9 watt/kg, in gruppo però altri 30 erano messi allo stesso modo. Un’altra volta abbiamo studiato i dati di Wellens su una salita della Vuelta Andalucia. In allenamento aveva rubato un Kom a Valverde, che l’aveva fatto in corsa. E va bene che all’inizio sembra che andassero dietro moto, ma ha pur sempre fatto 7,1 watt/kg.
C’è in corso un’evoluzione della specie?
Giovanni parla spesso dei giovani che ci sono in giro adesso. E’ chiaro che avendo dei super budget, le squadre vanno a pescare i migliori di ogni Continente, per cui in gruppo arrivano solo atleti con grandi motori. Ma anche Saronni e Merckx vinsero da ragazzi come Pogacar ed Evenepoel, le eccezioni ci sono sempre state. Teniamo presente che si tratta di eccezioni. Ma nelle corse di 250 chilometri, quelle del ciclismo più vero che tanto ci piace, l’esperienza e la maturità fisica sono ancora fattori importanti.
Quindi il preparatore Alberati come vede Visconti in questa geografia di fenomeni?
Magari non può arrivare a quei numeri, ma con la sua esperienza e il suo fisico, può raggiungere quei 6,5 watt/kg che gli permetteranno, nei finali delle corse in cui magari sarà in fuga, di giocarsi la vittoria. Per me è ancora un vincente.
Scialpinista e skyrunner di riferimento mondiale, Palzer è passato al ciclismo. Ha zittito gli scettici tanto da finire la Vuelta. Ma come è cambiato il suo fisico?
In un bar di Palermo sta succedendo qualcosa di particolare. Seduto in un tavolino il giovane ciclista siciliano Carlo Sciortino, che prossimamente correrà in Liguria con Di Fresco, sta intervistando Filippo Fiorelli corridore della Bardiani-Csf-Faizané, mosso dalle tante curiosità che solo un professionista che parla la sua stessa lingua e vive nella sua stessa terra può suscitargli. Noi ci sediamo accanto a loro ed ascoltiamo…
I due palermitani si sono ritrovati in un bar e Sciortino ha dato fondo alla sue curiositàI due palermitani si sono ritrovati in un bar e Sciortino ha dato fondo alla sue curiosità
SCIORTINO: Qual è la differenza tra gli allenamenti da U23 e da professionista?
FIORELLI: Sicuramente le distanze e le ore, l’intensità. Da dilettanti le corse sono massimo di 170 chilometri, da professionisti si parte da una base di 200, sino ad arrivare anche a 300 chilometri come la Milano-Sanremo. Quindi, immancabilmente, l’allenamento deve essere diverso.
SCIORTINO: Cosa pensi dei ciclisti che passano direttamente professionisti saltando la categoria U23?
FIORELLI: Beh, io ho saltato tutta la categoria giovanile (ride, ndr) quindi per me è una domanda un po’ particolare. Sicuramente, e lo dico anche per darti un consiglio, non bisogna bruciare le tappe perché il tempo c’è. Non stare dietro quelle persone che vogliono diventare subito professionisti. Fatti tutte le categorie e non pensare di saltare gli U23 passando direttamente professionista, perché poi ritorni indietro come hanno fatto tante persone. Vedo in te tanta grinta, quando ci alleniamo insieme stai a ruota mia o qualche volta provi anche a staccarmi. I fatti parlano!
SCIORTINO: Una delle corse Monumento che vorresti vincere per dedicarla ai tuoi genitori…
FIORELLI: Sicuramente la Milano-Sanremo, la gara che più mi ha emozionato, su cui già quest’anno andrò a puntare. Non sono un corridore da corse a tappe, ma voglio diventare un buon corridore da corse di più giorni e classiche Monumento.
SCIORTINO: La sconfitta che più ti ha motivato?
FIORELLI: Nel 2018, quando non sono riuscito a passare professionista dopo aver vinto un paio di gare… E’ stata questa sconfitta a darmi la motivazione per andare in cerca del riscatto. Infatti, nel 2019 ho vinto sette corse e il mio sogno di diventare un professionista è iniziato a concretizzarsi, viceversa avrei lasciato.
SCIORTINO: Quanto è stato difficile guadagnare la fiducia del direttore sportivo?
FIORELLI: Il rapporto con il mio direttore sportivo dei dilettanti Marcello Massini è molto particolare. Ancora oggi continua a darmi consigli preziosi. Ha saputo tirare fuori da me il meglio dal punto di vista ciclistico, ha sin da subito creduto in me e nelle mie potenzialità.
Per Fiorelli, correre sull’isola è un’emozione speciale. Qui al Giro di Sicilia 2021Per Fiorelli, correre sull’isola è un’emozione speciale. Qui al Giro di Sicilia 2021
SCIORTINO: Da quando hai iniziato a pedalare cosa pensi sia cambiato?
FIORELLI: Poco (ride, ndr) considerando che ho iniziato a fare ciclismo appena sette anni fa. A parte le bici… non è cambiato nulla.
SCIORTINO: Giusto, perché tu hai iniziato a correre tra gli amatori e poi sei passato professionista…
FIORELLI: C’è un abisso tra i due mondi, sono due modi di fare ciclismo totalmente diversi e imparagonabili.
SCIORTINO: Cosa si prova ad essere compagno di Visconti ?
FIORELLI: La prima volta che ho corso con lui è stato quando sono stato convocato in nazionale nel 2016, ero ancora piccolo, è stata un’emozione unica. Quest’anno me lo sono ritrovato come compagno di squadra… Prima lo vedi in televisione, poi te lo ritrovi accanto. Puoi immaginare cosa significhi.
SCIORTINO: Si è messo anche a tua disposizione per aiutarti in qualche volata…
FIORELLI: Quest’anno Giovanni non è stato come negli scorsi anni, pertanto si è subito messo a disposizione della squadra e non vedo l’ora di poter ricambiare questo favore.
Dopo un anno con il Team Pantani, dal 2022 Sciortino correrà con il Casano di Di Fresco (foto Sportwebsicilia)Dopo un anno con il Team Pantani, dal 2022 Sciortino correrà con il Casano di Di Fresco (foto Sportwebsicilia)
SCIORTINO: Hai corso il Giro di Sicilia quest’anno, cosa si prova a gareggiare nella nostra terra?
FIORELLI: Lo scorso anno è stata la prima volta con il Giro d’Italia, sicuramente un’emozione doppia, anzi tripla. Quest’anno una delle tappe del Giro di Sicilia è passata proprio da casa, sono cose che non si possono spiegare.
SCIORTINO: Hai raggiunto in gara, adesso, la sicurezza che serve?
FIORELLI: Devo ancora prendere quella giusta confidenza in questa categoria. Negli ultimi due anni da dilettante mi conoscevo bene rispetto alle tipologie di gare ed ero abbastanza sicuro. Adesso… Devo prendere le giuste misure!
Filippo e Carlo abitano dalla stessa parte dell’isola, entrambi stanno in provincia di Palermo, nella zona di Bagheria, e condividono quando possibile qualche allenamento. Diversi per certi aspetti, simili per altri. Sicuramente entrambi hanno ancora tanto tempo a disposizione per lasciare un’impronta nel mondo del ciclismo. Il 17enne, parlando con Fiorelli, ha gli occhi colmi di speranza, di voglia di fare, di sogni… che vede concretizzati nel professionista-amico.
Avevo dodici anni quando chiesi a mio padre di aiutarmi a scrivere una poesia che avrei dovuto leggere, il giorno dopo, a scuola.
Fu in quell’occasione che, per la prima volta, sentii quel nome: Marco Pantani.
Mio padre mi raccontò di quanto fosse forte, unico ed imprevedibile; di quanto le sue imprese fossero così emozionanti da far fermare il tempo.
Tutto il mondo si concentrava sulle sue vittorie, sui suoi scatti, sulle sue fughe. Mentre lo ascoltavo mi immaginavo questo eroe in bicicletta che si levava la bandana ogni qualvolta andava all’attacco per conquistare sempre più terreno, i miei occhi brillavano e percepivo il mio cuore battere sempre più forte.
I primi video
Così, un giorno, decisi di cercare su interneti video delle vittorie del Pirata e, inevitabilmente, me ne innamorai. Dal Giro d’Italia al Tour de Francescoprii il ciclismo vero, quello non calcolato nei minimi dettagli, quello che ti entusiasma e ti fa venire la pelle d’oca anche quando stai vedendo una corsa registrata e sai già come andrà a finire.
La grandezza di Pantani si vede anche in questo: a distanza di anni, nonostante non sia più con noi, riesce comunque a catturare dei tifosi che, come la me allora dodicenne, rimangono estasiati dinanzi ad una vera e propria leggenda.
Sul podio di Parigi, anche Charly Gaul, uno dei più grandi scalatori di sempreSul podio di Parigi, anche Charly Gaul, uno dei più grandi scalatori di sempre
Quel giorno mio padre mi raccontò anche del Giro del 1999, dei tragici fatti di Madonna di Campiglio, del declino del Pirata e di quello che, ormai, molti considerano un omicidio. Sentire tanta brutalità attorno a qualcuno che doveva solo ricevere affetto, stima e sostegno mi fece sentire piccola e impotente.
Proprio per questo ogni qual volta mi alleno in bicicletta, salendo su Monte Pellegrino a Palermo e leggo per terra la scritta “ W PANTANI” un brivido di emozione mi attraversa tutto il corpo, sorrido e getto la treccia dei miei lunghi capelli all’indietro (involontariamente, forse, per simulare il gesto della bandana) e affronto la salita sempre con una carica in più.
La poesia, comunque, la ricordo ancora e recita così:
14 Febbraio
Coppie scoppiettanti di amori accesi
si incontravano per farsi doni e stare assieme;
solo, in uno squallido albergo, mi ritrovavo ad affrontare la mia ultima fuga.
Mai più discese o ripide salite,
mai più Alpi o Pirenei scalati a perdifiato col cuore in gola
Da un passaggio del libro di Martin, un insolito (e poco scientifico) confronto fra epoche diverse. Per far notare le differenze nel mestiere del corridore
Cioni e Ganna, come il gatto e la volpe. Dopo la Tirreno, hanno sbancato Imola. E dopo Imola, è toccato a Palermo. Dietro la maglia rosa di Ganna, ottenuta con la vittoria nella prima tappa, c’è tanto dell’uno e tanto dell’altro. C’è lo studio del Team Ineos-Grenadier. Basta rileggerne la giornata, per rendersi conto.
Cioni studia il vento
Prima le previsioni del tempo, studiate da tre giorni prima. Il vento. Da dove arriva. Come cambia. A che ora cambia. A che ora sale e a che ora scende. Una volta avuto in mano il report esatto, al momento di stabilire l’orario di partenza, hanno deciso di far andare prima Dennis (14,14), poi Thomas (14,36), infine Ganna (14,58), in modo che le singole ammiraglie potessero condividere le informazioni sulle variazioni del meteo.
In piena azione in Corso Calatafimi, con le mani sulle protesi in titanioIn piena azione in Corso Calatafimi, con le mani sulle protesi in titanio
Messaggio di Ganna a Viviani
Alla vigilia, cosa che non aveva fatto prima del mondiale, Ganna ha mandato un messaggio a Viviani. Come gli capita di fare in pista ogni volta che una prova lo inquieta.
«Questa volta – racconta la maglia rosa – avevo paura della discesa. Non è facile buttarsi a quasi cento all’ora con le mani sulle appendici e quel ventaccio. Al primo tornante sono arrivato lungo, mi ha salvato la vita il freno anteriore. Non mi ero reso conto di quanto stessi andando forte».
Ma Viviani come al solito ha tagliato corto: «Pesi più di 70 chili – ha scritto – cosa vuoi che ti faccia un po’ di vento?».
Colazione alle 9
Ganna ha fatto colazione in hotel alle 9 e alle 10 le ammiraglie della Ineos-Grenadier si sono spostate dall’hotel di Isola delle Femmine alla circonvallazione di Monreale, dove erano parcheggiati i pullman. A quell’ora, lo scirocco aveva già incendiato l’aria, con temperature prossime ai 37 gradi. Un forno! E che raffiche…
«Avevamo già visto la parte iniziale il giorno prima – ricorda Cioni – ma non era stato possibile andare oltre il quarto chilometro. Io l’ho fatta in bici, ma non mi sono reso conto di nulla. Così appena arrivati abbiamo fatto questo giro del percorso senza spingere, ma per mandare a mente ogni insidia. Come voleva fare le curve. Se c’erano buche o tombini in traiettoria. Cose viste da lui e riportate da me. Abbiamo fatto tante crono insieme, lui si fida e il sistema funziona».
Ganna ha confermato: «Ho pensato essenzialmente a non cadere – ha detto – perché diversi hanno avuto problemi. Ho pensato a guidare la mia bici. E la bici, posso giurarvelo, diventa una lama. Ho impostato bene le linee, con Cioni dietro che mi diceva dov’erano i tombini».
La maglia rosa sopra a quella iridata: il premio per un giorno pazzescoLa maglia rosa sopra a quella iridata: il premio per un giorno pazzesco
Il pranzo in ammiraglia
Nella risalita verso la partenza, Ganna ha consumato il solito pasto pre-gara a base di riso. Magari avrebbe fatto volentieri un altro giro, ma tornare a Monreale da Palermo non era così semplice e si sono accontentati della prima osservazione.
«Filippo è salito sui rulli per 25 minuti – spiega Cioni – facendo i lavori che ormai conosce a memoria. Ognuno conosce la sua routine, che non cambia, a meno che non ci siano distanze troppo lunghe o percorsi particolari. Durante il riscaldamento ha mandato giù un gel ed è partito senza borraccia. Per così poco tempo si sta bene senza bere».
Fra le annotazioni tecniche più singolari, la magnesite che Ganna ha messo sulle mani al momento di partire.
«Nelle crono – spiega – non si usano i soliti guanti e per tenere le mani asciutte sul manubrio, quella polvere è molto utile».
Ganna, l’attesa snervante
Il nervosismo che il giorno prima lo ha spinto a scrivere a Viviani, sull’arrivo lo ha gestito da sé. Seduto sulla hot-seat, Ganna ha assistito allo sfilare dei rivali più accreditati. E quando anche Affini ha tagliato il traguardo, la sua mimica è stata eloquente. In meno di sette giorni, sulle sue spalle sono cadute la maglia iridata e la maglia rosa, risultato rispettivamente delle vittorie ai campionati del mondo crono e della prima tappa del Giro d’Italia.
«Finora ha vinto quattro mondiali in pista – ha detto prima di salutare – uno della crono e adesso è venuta questa crono. Speriamo di non finire proprio adesso. Piuttosto, visto il settimo posto di Sobrero? Adesso gli scrivo un messaggio, ha fatto proprio una bella crono».
Marco Ganna, padre di Filippo, racconta come suo figlio è passato dalla delusione del tricolore di Faenza (vinto da Sobrero) alla preparazione olimpica
Si chiama Settimana ed è la nostra speciale selezione di contenuti editoriali pubblicati su bici.PRO negli ultimi sette giorni.
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