Si chiama “Seeking Excellence: Cycling Heritage” il documentario che Orbea e Lotto Dstny hanno presentato nei giorni scorsi con l’obiettivo di celebrare al meglio i valori e le aspirazioni comuni che uniscono l’azienda basca al team belga. Il documentario arriva al termine di una stagione davvero ottima per la Lotto Dstny, la prima corsa su biciclette Orbea. Seppur non faccia parte del WorldTour, la squadra belga ha infatti terminato l’anno al nono posto della classifica UCI per team, mettendo alle sue spalle ben dieci formazioni WorldTour.
La Lotto Dstny ha terminato la stagione al nono posto nella classifica UCI dedicata ai teamLa Lotto Dstny ha terminato la stagione al nono posto nella classifica UCI dedicata ai team
Passione per il ciclismo
Il documentario mette in relazione la ricca eredità ciclistica dei Paesi Baschi e del Belgio, due territori caratterizzati dalla comune passione per la bicicletta. Una passione che si può realmente toccare con mano ogni qualvolta si corre sulle strade di questi due territori che letteralmente vivono di pane e ciclismo.
Il documentario racconta degli oltre 40 anni di storia della Lotto nel mondo ciclismo professionistico in qualità di sponsor, un periodo davvero lungo. Contemporaneamente celebra i 200 anni di Orbea, un marchio nato come produttore di armi fino a diventare oggi una cooperativa impegnata nell’innovazione nel mondo della bicicletta e un punto di riferimento per la comunità basca. Orbea investe infatti nella manutenzione dei sentieri, collabora con organizzazioni come UNICEF e favorisce lo sviluppo del ciclismo femminile, insieme a molti altri progetti.
Il ciclismo femminile e il suo sviluppo sono un tema caro anche alla Lotto Dstny, così come la formazione di giovani talenti belgi.
Come evidenzia il comunicato stampa inviato da Orbea “Entrambe le organizzazioni concordano nel dare priorità al sostegno del potenziale umano rispetto ai benefici economici immediati”.
Sulle strade di tutto il mondo capita spesso di vedere la ikurriñas, la bandiera ufficiale dei Paesi BaschiSulle strade di tutto il mondo capita spesso di vedere la ikurriñas, la bandiera ufficiale dei Paesi Baschi
Il meglio di Orbea
Guardando “Seeking Excellence: Cycling Heritage” si possono vedere i corridori della Lotto Dstny sottolineare l’importanza di poter contare su biciclette in grado di supportarli al meglio in gara. Stiamo parlando di modelli come Orca e Orca Aero, progettati entrambi per rispondere al meglio alle esigenze delle gare più dure del circuito WorldTour.
Nel documentario viene inoltre celebrata la somiglianza tra le culture ciclistiche basche e belghe. In entrambi i territori la passione per il ciclismo coinvolge ogni aspetto della vita, sia che si tratti di competizioni internazionali che di semplici spostamenti quotidiani da effettuare naturalmente in sella ad una bicicletta.
A confermarlo è un membro dello staff Orbea nel corso del documentario: «E’ emozionante vedere le ikurriñas (la bandiera ufficiale dei Paesi Baschi, ndr) e le bandiere delle Fiandre sventolare insieme nelle gare. Ciò mostra quanto cose abbiamo in comune come comunità ciclistiche».
“Seeking Excellence: Cycling Heritage” non solo rende omaggio al passato di Orbea e della Lotto Dstny, ma guarda anche al futuro, evidenziando l’attenzione di tutte e due le realtà per l’innovazione tecnologica, l’impatto sociale e lo sviluppo del talento.
La vita di Samuele Battistella sta per cambiare colore, passando dall’azzurro al rosa. Questo perché dopo quattro stagioni passerà dall’azzurro dell’Astana Qazaqstan Team al rosa della EF Education-EasyPost. E in secondo luogo perché tra poche settimane, un paio per la precisione, appenderà il fiocco rosa in casa. Il corridore veneto e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori, un passo importante che non può che occupare i pensieri di entrambi in questo inverno speciale e ricco di cambiamenti.
«Proprio in questo momento – racconta Battistella – sono in auto che sto andando a prendere la mia fidanzata, mi fate un po’ di compagnia. Facciamo una piccola gita insieme di qualche giorno, di per sé è stato un inverno tranquillo visto che è al nono mese di gravidanza. Ci stiamo rilassando».
Tra pochi giorni Battistella e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitoriTra pochi giorni Battistella e la sua fidanzata Alessia diventeranno genitori
Fiocco rosa
In casa Battistella allora ci si appresta a festeggiare ed appendere un fiocco rosa. L’emozione aumenta, come la consapevolezza del grande passo che lui e Alessia stanno per fare.
«Pensare di diventare papà – ammette felice – è una sensazione strana, particolare. Me ne sto rendendo conto ora, visto che manca davvero poco. Prima ero immerso nella stagione di gare. E’ una bella emozione, non so bene a cosa andrò incontro, qualcosa di veramente grande probabilmente. Il piccolo problema è che la scadenza è prevista per il 20 novembre e io il 19 dovrei andare al primo ritiro con la EF, per poi ritornare il 25. La squadra mi ha già detto che mi aiuterà in tutto, quindi stiamo pronti a partire dopo o tornare prima. Ma il ritiro non si può saltare, ci sono le visite mediche, vedremo i materiali. In più sono nuovo».
Al Giro dei Paesi Baschi il veneto aveva trovato la condizione giusta, cogliendo buoni piazzamentiAl Giro dei Paesi Baschi il veneto aveva trovato la condizione giusta, cogliendo buoni piazzamenti
Andiamo al ciclismo, che 2024 è stato?
Ero partito molto bene con due belle prestazioni alla Parigi-Nizza e al Giro dei Paesi Baschi che avevano fatto ben sperare. Poi mi sono fermato per preparare il Tour de France, al quale alla fine non ho partecipato. Inoltre a fine agosto mi sono rotto la clavicola. Non è stata una stagione buona, ma una via di mezzo.
Mazzoleni a inizio anno ci aveva detto che non avresti dovuto fare un Grande Giro.
I programmi di dicembre non lo prevedevano. Poi dopo i risultati di Nizza e Paesi Baschi sono stato inserito nella squadra che avrebbe poi corso il Tour de France. Una decina di giorni prima, al Giro di Svizzera, mi sono ammalato e la squadra mi ha escluso. Insomma non ho praticamente fatto quanto avevo programmato.
Tra Parigi-Nizza e Giro dei Paesi Baschi anche un sesto posto al GP Miguel IndurainTra Parigi-Nizza e Giro dei Paesi Baschi anche un sesto posto al GP Miguel Indurain
Quando è arrivata la proposta della EF?
Presto, ad aprile avevo già firmato. Ho avuto tutto il tempo di immagazzinarla e da fine stagione ho pensato già al futuro. Sono contento perché il team mi ha cercato per propormi un ruolo importante, vogliono un corridore come me e sono intenzionati a darmi spazio.
Dopo quattro anni lascerai l’Astana, cosa ti porti dietro?
Mi dispiace andare via perché dopo tanto tempo mi sentivo come a casa. Quello che mi porterò in EF è la consapevolezza che nel WorldTour senza programmare bene l’attività non vai da nessuna parte. Non si possono fare le corse senza lavorarci bene ed è quello che sento di aver fatto nel 2023 e nel 2024.
I risultati ottenuti gli erano valsi un posto per il Tour, nonostante a inizio anno non fosse nei pianiI risultati ottenuti gli erano valsi un posto per il Tour, nonostante a inizio anno non fosse nei piani
Di te stesso, invece, cosa hai capito?
Che al di fuori di quei quattro o cinque mostri sacri, possono arrivare lì davanti e giocarmela. E con il supporto della squadra penso possa arrivare ancora un passo in più.
Hai firmato per due stagioni con EF, a 26 anni diventa un passo importante per la tua carriera.
Con il 2024 ho chiuso il mio quinto anno da professionista, anche se il primo è stato il 2020 e non me la sento di contarlo. Sono più che sicuro del mio sviluppo, non sono giovane ma nemmeno vecchio (ride, ndr) quindi posso dare il massimo. Mi conosco ormai bene e inizio due anni nei quali potrò avere le giuste occasioni per fare ottime cose.
Un malanno al Tour de Suisse ha poi precluso la sua partecipazione alla Grande BoucleUn malanno al Tour de Suisse ha poi precluso la sua partecipazione alla Grande Boucle
L’Astana ha provato a trattenerti?
Quando abbiamo parlato, non ho nascosto di aver già firmato con il nuovo team, ho voluto essere onesto con loro. Sono rimasto professionale e un serio professionista fino in fondo. Anche quando mi sono rotto la clavicola a fine stagione non ho tirato i remi in barca. Anzi, mi sono allenato a fondo per recuperare. Dal lato del team invece non sento di aver avuto lo stesso trattamento.
Perché?
Sentivo che non gli importasse più di avermi come corridore, il rapporto era cambiato. Posso capire, ma l’esclusione a una settimana o poco più dal Tour de France mi ha ferito. Al Giro di Svizzera mi sono ammalato e l’ultima tappa non l’ho corsa, anche con il parere del medico. Ho visto dalla squadra un atteggiamento che non mi è piaciuto, come se fossi inaffidabile dato che mi ammalo spesso, a loro modo di dire.
Battistella ha cercato nuovamente la miglior condizione nel finale di stagione, ma senza riuscirciBattistella ha poi cercato nuovamente la miglior condizione ma senza riuscirci
Forse la firma di un nuovo contratto da aprile ha raffreddato effettivamente il rapporto.
Può essere, sicuramente non mi sono sentito aiutato e coinvolto come prima. A dicembre non dovevo fare il Tour, poi sì viste le prestazioni in primavera, e infine ancora nulla per una febbre al Giro di Svizzera.
Tu saresti andato alla Grande Boucle?
Sì. Non sapremo mai come sarebbe andata. Magari la prima settimana avrei fatto più fatica, ma poi credo che sarei tornato sui miei livelli. Anche perché avevo lavorato tanto, sono stato con la squadra 23 giorni a Sierra Nevada. Non ero mai stato così tanti giorni in altura. Tutto il lavoro è stato perso, perché poi a luglio non ci sono corse. Quindi mi sono fermato perché non avrei mai tenuto la condizione fino a fine stagione. Nel momento in cui stavo tornando ai miei valori mi sono rotto la clavicola.
Quindi, meglio rimboccarsi le maniche e ripartire verso il 2025.
Penso che tutte le fatiche fatte in una stagione siano oro colato per quella successiva. Non ho mai mollato e la voglia è di ripartire forte.
L’UCI ha sempre tante cose da fare e si dedica spesso a battaglie di vitale importanza, come quella per cui nella primavera del 2021 ha costretto Mikel Landa a dimettersi dalla carica di presidente della Fundacion Euskadi. Il basco si era fatto avanti nel 2018, a fronte al declino della Fondazione che per anni aveva portato il ciclismo basco nel mondo. Secondo i dirigenti di Aigle, tuttavia, il conflitto di interessi rischiava di essere troppo alto. Essendo corridore di un altro team (al tempo la Bahrain Victorious), lo spagnolo avrebbe potuto mettersi a collaborare in gara con gli atleti della Euskaltel-Euskadi. Al momento di fare un passo indietro, il campione di Vitoria si è rivolto ad Aitor Galdos, ex corridore basco e nostra vecchia conoscenza, dai tempi in cui aveva seguito fra i dilettanti in Italia il suo amico Igor Astarloa.
Aitor è entrato nella Fondazione. Ha imparato a conoscerla. E’ diventato il manager della squadra femminile. E ultimamente è diventato presidente e general manager della Fundacion Euskadi, che si compone di due squadre professionistiche (femminile e maschile), un team U23 e tutta la trafila della scuola a partire dai bambini.
La partenza del Tour da Bilbao ha ricordato al mondo che cosa rappresenti il ciclismo da quelle parti. E basta sentire l’orgoglio con cui tutti ne parlano, per toccare con mano una passione che in certi momenti è quasi carnale. Aitor Galdos ha 44 anni, è stato professionista dal 2005 al 2012. La sua “creatura” appare sulla porta di una seconda giovinezza, quasi abbia trovato la spinta per rinascere agli antichi fasti.
Aiftor Galdos ha corso con la Euskaltel-Euskadi dal 2007 al 2010I primi due anni da professionista, Galdos li ha trascorsi alla PanariaAiftor Galdos ha corso con la Euskaltel-Euskadi dal 2007 al 2010I primi due anni da professionista, Galdos li ha trascorsi alla Panaria
Da cosa è composto il ciclismo della Fundacion Euskadi?
Abbiamo la Euskaltel-Euskadi, professional maschile. La Laboral Kutxa-Fundacion Euskadi, continental femminile. La squadra di sviluppo degli under 23 che è pure sponsorizzata da Kutxa. E poi la scuola di ciclismo fin dai bambini, poi esordienti e allievi. Io sono il general manager e ogni squadra ha la sua gente. In tutto, tra staff e corridori, ci sono 125 persone.
Alla base c’è sempre la filosofia del team arancione di una volta?
La stessa filosofia, cioè portare avanti il ciclismo basco. La mentalità è sempre quella, lo stesso progetto attraverso cui sono passati corridori come Landa e anche io. C’è ancora parte dello staff di quella squadra. Vogliamo far crescere i ciclisti dei Paesi Baschi, ma i tempi sono cambiati e mentre prima i corridori erano solo di qui, adesso ci sono anche degli stranieri (nel team femminile corrono ad esempio quattro italiane: Quagliotto, Silvestri, Tomasi e Tonetti, ndr). Questo fa bene anche ai nostri corridori.
Quanto è forte ancora la passione per il ciclismo nei Paesi Baschi?
I Paesi Baschi sono un territorio di ciclisti. Non abbiamo soltanto le grandi corse, come la Clasica San Sebastian e il Giro dei Paesi Baschi. Ce ne sono tante altre, anche per gli U23. Il ciclismo è parte della nostra cultura. Siamo cresciuti sempre andando a vedere il Tour de France sui Pirenei. Siamo cresciuti con Indurain, con la Euskaltel-Euskadi e con questa marea arancione. Avete visto la partenza del Tour de France da Bilbao? Siamo una regione con neanche due milioni e mezzo di abitanti e abbiamo avuto la partenza del Tour de France con tre tappe. E adesso Bilbao vuole la partenza del Tour delle donne, lo hanno annunciato l’altro giorno.
Il pubblico di Bilbao alla partenza del Tour 2023: uno spettacolo di suoni e coloriIl pubblico di Bilbao alla partenza del Tour 2023: uno spettacolo di suoni e colori
Mikel è davvero fuori da tutto?
Totalmente. Come corridore non poteva fare di più, però ha dato la spinta. E’ sempre attento a cosa facciamo, ci segue.
Ci sono stati gli anni di Lejarreta, Astarloa, Iban Mayo, Igor Anton, di chi sono innamorati oggi i tifosi baschi?
Oggi i nomi sono quelli di Mikel Landa e Pello Bilbao. I fratelli Izagirre. Ragazzi che hanno vinto corse al Giro e al Tour e fatto il podio alla Vuelta. Sono loro i corridori che i bambini baschi vedono in televisione e in un modo o nell’altro sono passati tutti per la Fondazione Euskadi. Io ho corso quattro anni con quella maglia. Dopo gli anni in Italia, avrei avuto anche altre offerte, ma per un ciclista di qui vestire la maglia arancione era il massimo. Ho fatto le migliori corse al mondo ed era un orgoglio, perché quella maglia ci rappresentava.
La squadra di oggi ha gli stessi valori?
E’ nata da poco, ma ha lo stesso DNA. Questo è un Paese in cui si lavora, ci sono tante fabbriche e abbiamo la mentalità che per ottenere le cose bisogna lavorare sodo. Che nessuno ti regala niente. La gente ci segue perché si riconosce in quello che facciamo, siamo ancora una squadra vicina alla gente.
Nella Laboral-Kutxa corrono Nadia Quagliotto (qui sopra), Tomasi, Silvestri e Cristina TonettiAitor Galdos è da poco general manager di Euskaltel-Euskadi, fino al 2023 era manager della Laboral_KutxaNella Laboral-Kutxa corrono Nadia Quagliotto (qui sopra), Tomasi, Silvestri e Cristina TonettiAitor Galdos è da poco general manager di Euskaltel-Euskadi, fino al 2023 era manager della Laboral_Kutxa
Il ciclismo spagnolo adesso si aggrappa ad Ayuso e Rodriguez, c’è un giovane basco in arrivo?
Abbiamo tanti corridori buoni, ma il ciclismo è cambiato tanto. Questi campioni che stanno uscendo così presto sono la causa della troppa fretta per gli altri giovani, ma non tutti sono pronti, per i motivi più diversi. Non è che se un corridore di 22 anni non è ancora venuto fuori, non possa uscire a 24-25 anni e diventare ugualmente un campione. Ci sono corridori forti e ci saranno sempre, noi lavoriamo per farli uscire e per far crescere nuovamente questa squadra.
Vai ancora in bici?
Ogni tanto, meno di quel che vorrei. Il lavoro che faccio è impegnativo, ti porta a stare tante ore e tanti giorni fuori da casa e non è facile. Cerco di fare sport per essere in forma e per avere la mente libera dai tanti pensieri che ho per la testa. Per cui ogni tanto vado a farmi un giro, anche se evidentemente la condizione è calata tantissimo e al massimo posso dire di fare delle passeggiate. Ricordo bene cosa significhi allenarsi, quello che faccio è un’altra cosa.
E’ bastato tornare nei Paesi Baschi alcuni giorni in occasione del Tour de France per ricordarci quanto questa terra respiri ciclismo.
Tanta gente in sella, tantissimo pubblico sulle strade e un grandissimo orgoglio delle proprie gare: dal Giro dei Paesi Baschi alla Clasica de San Sebastian, fino alle più piccole, vedi il Circuito de Getxo, gara di un giorno di cui vanno veramente pazzi (in apertura foto Instagram).
Il gruppo sulle alture a ridosso dell’Atlantico, pedalare qui è un sognoIl gruppo sulle alture a ridosso dell’Atlantico, pedalare qui è un sogno
Passione Euskadi
Una delle cose che più ci ha colpito è stato vedere tanti ragazzini sulle strade attraversate dalla Grande Boucle nei giorni precedenti. Con le loro bici sgambettavano sugli strappi, quasi tutti in squadra e quando incontravano dei “rivali” si salutavano come veterani.
E ancora: abbiamo chiesto loro chi fossero i loro idoli e tolti Pello Bilbao e Mikel Landa, ci hanno detto dei nomi totalmente inaspettati e tutti della Euskaltel-Euskadi: Mikel Bizkarra o Xabier Mikel Azparren… per dire quanto siano esperti e al tempo stesso anche attaccati ai loro colori.
Tanti i percorsi, anche per mountain bikeTanti i percorsi, anche per mountain bike
Tre grandi aree
Nella loro particolare posizione, a Nord Ovest della Spagna, i paesi Baschi si affacciano sull’Atlantico, ma le montagne alle spalle ne fanno una regione a sé stante, una sorta di “Svizzera” nella Penisola Iberica, per clima e in spesso anche per paesaggio: mucche, prati verdi e case col tetto spiovente.
La parte costiera è fresca, piovosa e verdissima. Quella più interna è lo stesso verde, ma somiglia già più alla Spagna che conosciamo, quindi un po’ più brulla. E’ così, per esempio, la zona della capitale basca, Vitoria Gasteiz.
Diciamo questo non per dare un compendio geografico, ma per far capire in quali contesti si pedala.
Quello che manca sia nella zona interna che in quella costiera è la pianura, pressoché un miraggio nei Paesi Baschi. Quando c’è, è davvero di breve durata e si trova soprattuto nella zona che ruota appunto attorno agli altopiani di Vitoria-Gasteiz. Siamo a circa 500-550 metri di quota. O in quella più meridionale verso i fiumi, su tutti l’Ebro, che scorrono in direzione della Spagna centrale.
La porzione centrale dei Baschi è quella più montagnosa. Le vette arrivano a 1.500 metri, ma più spesso ci si ferma sul filo dei 1.000 metri di quota. Sono monti verdissimi, colline che se non fosse per la punta ricordano molto quelle delle Ardenne – tanto per restare in temi ciclistici – anche per la tipologia delle strade.
Infine la parte più a Nord, quella atlantica, è la più verde, la più umida. Non è raro imbattersi in nebbie ed acquazzoni anche d’estate. Questa è anche la più ricca di strappi. Lo abbiamo visto anche nelle recenti tappe del Tour de France.
Una caratteristica di questi “puertos”, come chiamano i valichi in Spagna, è che molto spesso dalla vetta si aprono vedute uniche sull’Oceano. Ed è un vero spettacolo. Uno dei passi simbolo in tal senso è lo Jaizkibel, meta di molti ciclisti. Tanti vi arrivano dalla vicina Francia.
Terreno collinare, vigneti e strappi si susseguonoTerreno collinare, vigneti e strappi si susseguono
Porta dei Pirenei
Quando si arriva all’aeroporto di Bilbao si vedono due grandi tipologie di viaggiatori sportivi: i ciclisti e i surfisti!
Per quanto riguarda i percorsi, la scelta è pressoché infinita. Non c’è una meta precisa o un tracciato definitivo. Ogni Tour operator propone i suoi. Ma se si viaggia da soli ci sono poi piattaforme come quella di Komoot che ne sottolinea ben 20.
Noi vi qui proponiamo anche la mappa ufficiale dell’ente turistico basco.
Senza contare che i Paesi Baschi, sono anche una delle porte per iniziare la cavalcata dei Pirenei, ad Irun, in direzione orientale. E sono un passaggio per il Cammino di Santiago de Compostela.
I baschi ci hanno suggerito due mete in particolare, due mete che davvero aprono le porte e la conoscenza di questa terra. E sono Gaztelugatxe e la Roja de Alavesa.
Gaztelugatxe è un isolotto sulla costa che si raggiunge attraverso un ponte nella zona Bermeo. C’è un eremo che si raggiunge dopo 241 scalini. In cima vi è una campana che, secondo la tradizione, va suonata tre volte. Solo allora si può esprimere un desiderio. Una curiosità per gli amanti delle serie tv: qui vi sono state girate molte scene del Trono di Spade.
La Rioja Alavesa, nel Sud dei Paesi Baschi, è la terra dei vini. Qui ogni strada è un percorso ciclabile naturale. Tanti vigneti, colline e borghi rurali… per certi versi una sorta di “Toscana”, ma senza cipressi!
La suggestiva Gaztelugatxe (foto Instagram)Nella zona di la Roja borghi medievaliVitoria Gasteiz: da qui e verso Sud, il verde d’estate lascia spazio ai campi di granoDa non dimenticare le città. Qui il Museo Guggenheim a BilbaoLa suggestiva Gaztelugatxe (foto Instagram)Nella zona di la Roja borghi medievaliVitoria Gasteiz: da qui e verso Sud, il verde d’estate lascia spazio ai campi di granoDa non dimenticare le città. Qui il Museo Guggenheim a Bilbao
Regione bike friendly
Noi però un paio di tracce per realizzare dei percorsi tematici ve le diamo lo stesso. La prima: seguire le zone toccate dalla Clasica de San Sebastian. In questo modo si assaporerà la costa e si pedalerà lungo le strade dei campioni. Il che è sempre un’emozione. Toccare gli stessi punti dei pro’ e poi alla tv rivedere quelle strade e dire: “le ho fatte anche io!”.
La seconda traccia è quella più facile e rivolta anche alle famiglie, vale a dire seguire il corso del Bidasoa, il fiume basco per eccellenza. Qui si può percorrere la Arditurri Greenway e se non si farà troppa confusione di potranno ammirare delle specie di uccelli migratori bellissime.
Ma il consiglio forse più bello, e che sempre vorremmo dare, non è tanto questo o quel percorso, ma il poter dire che ci troviamo una terra bike friendly. Il ciclista è tutelato e, come in tutta la Spagna, la legge del metro e mezzo di distanza è osservata piuttosto bene.
SAN SEBASTIAN – Sembra quasi che il Tour de France dello scorso anno non sia finito. Sembra che quello di quest’anno sia il secondo capitolo di un libro iniziato undici mesi fa. Tadej Pogacar che attacca nella prima parte eJonas Vingegaard dietro che rincorre con tutta la squadra.
Per carità, è bello, bellissimo. E’ il top del ciclismo e magari tutti i giorni fosse così, ma da un punto di vista tecnico viene da chiedersi se non ci sia qualche errore. Il dubbio è legittimo. Pensiamo a quel che è successo oggi verso la splendida San Sebastian o Donostia come la chiamano qui nei Paesi Baschi.
La Jumbo-Visma con una squadra fortissima, in superiorità numerica e al termine di un super lavoro è riuscita a perdere una corsa “vinta”. Mentre Pogacar e la UAE Emirates stanno spendendo molto. Cosa che lo scorso anno lo sloveno pagò nella seconda metà di Tour.
Pogacar tira dritto dopo l’Alto de Jaizkibel e Vingegaard non lo molla di un centimetroPogacar tira dritto dopo l’Alto de Jaizkibel e Vingegaard non lo molla di un centimetro
UAE, nessun errore
I ragazzi di Andrej Hauptman – il direttore sportivo di Pogacar e compagni – stanno benissimo. Come ci ha dettoMoreno Moser pochi giorni fa, forse in salita sono persino più forti dei Jumbo e vederli correre è un piacere. Poco dopo l’arrivo abbiamo scambiato qualche battuta proprio con il direttore sportivo sloveno.
Andrej, i tuoi ragazzi hanno un grande gamba…
Anche oggi è andata bene. Abbiamo controllato la corsa e per noi è stato un bene che non sia andata via una fuga troppo numerosa. Abbiamo preso l’abbuono e tenuto la maglia.
ll forcing sullo Jaizkibel dunque era per i secondi di abbuono?
Più che altro volevamo la corsa chiusa fino alla cima e poi, sì, se possibile prendere i secondi con Tadej. Otto secondi…
Però poi Pogacar ha continuato?
No, non ha continuato. E’ solo sceso con un passo normale e ha atteso il gruppo.
Si è detto spesso che l’anno scorso avete sprecato molto nella prima parte, non state commettendo lo stesso errore?
Non penso che sia un errore. Quando sei in maglia, devi onorarla e noi lo abbiamo fatto.
Yates sembra davvero in palla. E’ davvero un secondo capitano?
Adam ha già dimostrato che è un campione. E per noi è molto importante avere due corridori di questo livello da un punto di vista tattico.
Dopo ieri, anche oggi Vingegaard non ha dato il cambio a Pogacar: che idea ti sei fatto? E’ un segno di “debolezza” da parte del danese?
Ogni squadra fa la sua corsa e la sua strategia. E poi dietro aveva Van Aert che poteva vincere la tappa. Ognuno guarda ai suoi interessi.
In casa UAE Emirates sembrano tranquilli e certi della tattica che stanno portando avanti. Anche Alberto Contador ci ha detto la sua in merito: «Anche io non penso che Pogacar stia sprecando troppo. O almeno non sta sprecando più di Vingegaard… Solo che lui ha già guadagnato dei secondi di abbuono».
Ancora una cornice di pubblico pazzesca nei Paesi Baschi. Ma c’erano anche tanti francesi. Il confine è vicinoAncora una cornice di pubblico pazzesca nei Paesi Baschi. Ma c’erano anche tanti francesi. Il confine è vicino
Beffa Van Aert
Alberto, che è acclamato a gran voce dalla folla ancora numerosa alle transenne, passa poi ad analizzare la volata di San Sebastian. Semmai è stato più colpito da questo di “errore”, ammesso che di errore si possa parlare, che non da quello presunto della UAE.
«Alla fine stiamo parlando del Tour – ha spiegato il grande campione – Lafay ha colto una vittoria che può cambiare la sua vita ed è stato bravissimo. Anche ieri è stato forte e non è un caso che sia arrivato davanti oggi.
«Se lo sono fatto scappare, bueno, però è facile parlare a corsa finita. Ieri è stata una giornata dura. Oggi anche. E le gambe erano al limite per tutti (il riferimento è alla “non chiusura” su Lafay nell’ultimo chilometro, ndr). Certo è che se si fa di nuovo la corsa… il finale è diverso. Ma questo è il ciclismo e questa sua imprevedibilità è il bello».
Van Aert a dir poco contrariato sfila dopo l’arrivo. E’ il 19° podio per Wout al TourPidcock attacca. Benoot, sfilatosi, rimonta per non lasciare scoperto Van Aert. Probabilmente è qui che hanno perso le gambe per lo sprintContador ai nostri “microfoni” a fine tappaVan Aert a dir poco contrariato sfila dopo l’arrivo. E’ il 19° podio per Wout al TourPidcock attacca. Benoot, sfilatosi, rimonta per non lasciare scoperto Van Aert. Probabilmente è qui che hanno perso le gambe per lo sprintContador ai nostri “microfoni” a fine tappa
Che confusione
Dopo l’arrivo, in direzione dei bus, il primo in assoluto a passare è stato proprio Wout Van Aert, il battuto di giornata. Era nero in volto. Ormai è un po’ che il “vecchio Wout” perde. E’ sempre lì, ma non riesce a mettere il sigillo. E non si può certo dire che vada piano.
Davanti al bus del team giallonero tanti tifosi, ma anche tanto silenzio. Anche loro devono riordinare le idee.
«Eravamo solo Kelderman e io a tirare – ha detto Tiesj Benoot alla stampa olandese– Pidcock ha un po’ mescolato le carte, quando mi sono spostato e c’era lui. Io stavo mollando ma ho dovuto riprendere, altrimenti Wout sarebbe rimasto scoperto».
Alle sue parole si sono aggiunte quelle del direttore sportivo dei Jumbo-Visma, Frans Maassen: «Forse Vingegaard (che non ha tirato, ndr) poteva fare di più. E forse anche Wout poteva partire prima, ma ha visto che a ruota aveva Pogacar e avrebbe fatto vincere lui».
La grinta di Lafay, a 100 metri sente “i bestioni” che rimontano. Ma lui ha ancora forza e fa velocità. Un colpo da manuale del ciclismoLa grinta di Lafay, a 100 metri sente “i bestioni” che rimontano. Ma lui ha ancora forza e fa velocità. Un colpo da manuale del ciclismo
Lafay, il finisseur
E allora è giusto anche rendere onore a Victor Lafay.Il francese della Cofidis ha messo a segno non un colpo, ma “il colpo” da finisseur: uno scatto, uno, secco, vincente, potentissimo. Ai 950 metri si è lanciato come se l’arrivo fosse lì a 150 metri. Invece a 150 metri c’era la svolta di 90 gradi a sinistra. Ci è entrato a “cannone” e poi ha spinto come un forsennato.
Dietro, vuoi per la gamba al limite come dice Contador, vuoi perché forse avranno pensato che calasse o semplicemente perché hanno pensato troppo, quando sono partiti era troppo tardi. Merita un applauso per un gesto tecnico da manuale.
«Il mio attacco non era programmato – racconta Lafay, col volto che è il ritratto della felicità – è stato un colpo d’istinto, di follia. Mi sono trovato lì. L’unica cosa che ho pensato, ma non tanto in quel momento, è che non sarei arrivato in volata con quei corridori».
E’ il pallonetto del giocatore che vede il portiere fuori dai pali. Il tiro da tre punti allo scadere. E’ Tchmil che vince la Sanremo del 1999. Chapeau.
«Sullo Jaizkibel stavo bene. Ho faticato, mi sono sfilato quel tanto da non perdere terreno e restare coperto e sono riuscito ad arrivare bene alla fine. Quando sono partito non pensavo alla vittoria. Spingevo e guardavo il computerino: 500 metri, 400 metri… solo alla fine ci ho creduto».
Dopo la vittoria al Girod’Italiadel 2022, un altro grande colpo per questo ragazzo di Lione. E fanno sorridere le parole rubate al suo diesse, Thierry Marichal, a fine corsa: «Per una volta che non facciamo proclami, che non diciamo di provare a vincere questa tappa o quella maglia, abbiamo conquistato un successo inaspettato e bellissimo».
Finito il Delfinato, Benjamin Thomas fa rotta sul Tour del debutto. Ma parla anche di punti e del suo ruolo in squadra. La pista lo ha reso lucidissimo
BILBAO – «In città non si parla d’altro. Anche a casa», ha detto Mikel Landa riferendosi alTour de France nei Paesi Baschi. Il fermento c’è. E’ palpabile. Qualcosa del genere lo avevamo visto e vissuto lo scorso anno a Budapest al via del Giro d’Italia. In quell’occasione si parlò di un milione e passa di persone lungo le strade per uscire dalla capitale ungherese per accompagnare la corsa rosa.
Qui, al netto che Bilbao è più piccola di Budapest (350.000 abitanti contro 1,7 milioni), siamo sulla stessa intensità di folla. Lungo la prima tappa si stima ci sia stato un milione di persone. E per San Sebastian hanno varcato il confine anche molti francesi, specie dalla vicina Tolosa.
Bandiere basche ovunque, affiancate a quelle della corsa: “Ongri Tour”, benvenuto TourOgni città, ogni paese e ogni salita sono stati presi d’assalto nell’arco di queste prime frazioniIl Correo titolava così dopo la presentazione dei team: “Il cammino delle stelle”E ancora: “Mai avrei pensato che il Tour passasse da casa mia”Bandiere basche ovunque, affiancate a quelle della corsa: “Ongri Tour”, benvenuto TourOgni città, ogni paese e ogni salita sono stati presi d’assalto nell’arco di queste prime frazioniIl Correo titolava così dopo la presentazione dei team: “Il cammino delle stelle”E ancora: “Mai avrei pensato che il Tour passasse da casa mia”
Bilbao freme
I baschi hanno investito svariati milioni di euro, ma sono consapevoli che ci sarà un ritorno. E queste sono consapevolezze della gente normale.
Per fare un esempio: siamo entrati in una farmacia per acquistare un collirio. Vedendoci col pass al collo, il farmacista ci ha detto di quanto la gente sia contenta del Tour e in qualche modo abbia collaborato (un dato curioso: nei preparativi delle strade e i vari blocchi: sono state rimosse solo 40 auto).
«Un grande movimento in questi giorni. Sono rimasto stupito dalla gente che c’era alla presentazione dei team. E vedrete con Landa e Bilbao che succederà quando ci sarà la corsa», ha detto il farmacista.
Festa e folklore alla presentazione delle squadre, nonostante un meteo poco favorevoleFesta e folklore alla presentazione delle squadre, nonostante un meteo poco favorevole
Dna ciclistico
Bandiere basche e del Tour insieme su quasi tutti i lampioni della città, non solo in centro. Bilbao ha sfoggiato i suoi pezzi migliori. Il BEC, il Bilbao Exibition Center, per la sala stampa e il quartier generale. Il Museo Guggenheim per la presentazione dei team. Il Paseo del’Arenal per il “Fan Park”, vale a dire l’area Expo. Lo stadio San Mames per la partenza.
Qui il ciclismo è sentito. Ci sono molte corse e tantissimi praticanti. Il tutto con un meteo che non invita certo a pedalare. E anche l’orografia non è da meno. Chi sceglie di andare in bici quindi è ben motivato.
Alla presentazione dei team la gente era tanta, ma quel che ci ha colpito non è stato tanto il numero, quanto la passione e la competenza dei tifosi. Lungo i 1.350 metri che dalla zona dei bus portavano al palco, un percorso che è stato ribattezzato “il cammino delle stelle”, la gente conosceva i nomi di almeno l’80 per cento degli atleti. Se poi erano spagnoli… apriti cielo. E ancora di più se erano baschi. Pello Bilabo, Landa e Fraile i più acclamati.
Prudhomme ha inaugurato l’area expo insieme alle autorità localiNella Fan Zone è stato riprodotto il podio con tanto di sfondo dei Campi Elisi, per una foto perfetta da postareI baschi hanno giocato con la loro lingua ricca di “X”, per rivedere i nomi. La sfida tra Jonas e Tadej era anche a colpi di verniceLo store Spiuk in centro a Bilbao si è vestito di giallo per l’occasionePrudhomme ha inaugurato l’area expo insieme alle autorità localiNella Fan Zone è stato riprodotto il podio con tanto di sfondo dei Campi Elisi, per una foto perfetta da postareI baschi hanno giocato con la loro lingua ricca di “X”, per rivedere i nomi. La sfida tra Jonas e Tadej era anche a colpi di verniceLo store Spiuk in centro a Bilbao si è vestito di giallo per l’occasione
Festa fino alla fine
E’ stato curioso come la pioggia non abbia poi mandato a casa tanta gente durante la presentazione della squadre. E il perché è presto detto: qui ci convivono con la pioggia. L’ombrello è a portata di mano, altrimenti ci sono i poncho, che distribuivano anche a pois, come la maglia del miglior scalatore della Grande Boucle.
Le ultime squadre a salire sul palco chiaramente sono state laJumbo-Visma di Vingegaard (e Van Aert) e la UAE Emiratesdi Pogacar. Le interviste nella mixed zone sono state interminabili per loro. Alle nostre spalle c’erano parecchi tifosi. Quando è passato Tadej hanno fatto una bolgia incredibile.
Ma di fatto la festa era finita. Anche sul palco si erano spenti i microfoni. Sfilato anche Vingegaard, i tifosi erano ancora lì. Non si muovevano perché erano passati 175 dei 176 partenti. Ne mancava uno, trattenuto dalla stampa più di altri, Wout Van Aert. E anche per lui cori, applausi e persino gli auguri per il figlio in arrivo.
L’immancabile diavolo, tra le star più ricercate… non solo nei Paesi BaschiL’immancabile diavolo, tra le star più ricercate… non solo nei Paesi Baschi
“Aupa” Tour!
Anche i negozi non sono da meno. Molte vetrine sono addobbate di giallo, come in Italia quando c’è il Giro che si tingono di rosa.
I volumi sono aumentati, specie per ristoranti, bar e hotel. Spiuk, nel suo store in centro, ha praticamente svuotato il magazzino! «La maglia commemorativa è andata a ruba e gli sconti del 30 per cento hanno fatto il resto», ci hanno detto Miriam Galdames e Julen Martinez Gomez.
Altra cosa che abbiamo notato è stato il grande viavai di gruppi ciclistici, molti dei quali americani. Tour operator che seguono la corsa e che portano alla scoperta del percorso e dei luoghi che batte il Tour. Per tutti questi ciclisti non è mancato un “Aupa”, una sorta di saluto di incoraggiamento. E Aupa Tour ha aperto ufficialmente la Grande Boucle 2023.
La palla in qualche modo passa a Firenze e all’Italia. Le Grand Depart 2024 tocca a noi. Sappiamo che si sta già lavorando sodo. Sarà una grande festa anche a “casa di Gino Bartali”, come ha detto il direttore del Tour, Christian Prudhomme.
BILBAO –Sono i padroni di casa, i corridori più attesi su queste strade, le loro. Parliamo di Mikel Landa e Pello Bilbao. Davanti al loro hotel c’è più gente che negli altri. Nei Paesi Baschi il ciclismo è tradizione vera, inoltre i baschi sono molto campanilisti. Solo qualche lustro fa lottavano per l’indipendenza dalla corona di Madrid, tanto per rendere l’idea.
Addirittura Landa stesso nel 2018 aveva di fatto “comprato” la Euskaltel-Euskadi, in crisi finanziaria, pur di salvare la squadra di casa, quella dove era cresciuto. Poi l’Uci aveva decretato incompatibile questa manovra con l’essere un corridore professionista e lui aveva dovuto lasciare la presidenza. Ma questo ci dice quanto i baschi siano attaccati ai loro valori e al loro territorio.
Sul Pike quante scritte per Landa (e a fianco anche per Pello Bilbao)Sul Pike quante scritte per Landa (e a fianco anche per Pello Bilbao)
Un vittoria per Gino
Pello e Mikel, Mikel e Pello, carriere incrociate sin da bambini per questi due formidabili atleti della Bahrain-Victorious. Ieri alcuni ragazzini del team giovanile Zorri Bike li aspettavano sul Pike, il muro che con ogni probabilità deciderà la frazione inaugurale del Tour de France.
I due non arrivano col morale alto a questo appuntamento. La morte del compagno Gino Mader è stata una vera pugnalata, specie per Pello Bilbao, che era in corsa con lui. «Per alcuni giorni tutto aveva perso senso – ha detto Pello – poi siamo tornati a casa e con il calore della famiglia le cose sono migliorate.
«Stare qui, con tutta questa gente è incredibile. Neanche in un sogno avrei pensato di avere questa possibilità».
Pello non lo dice apertamente, ma darebbe l’anima pur di vincere oggi. Anche più di Landa. Lui è veramente di casa. Il Pike era la sua palestra naturale quando era bambino. «Ci sono tanti motivi per vincere domani (oggi, ndr), uno più importante dell’altro».
Pello Bilbao (classe 1990) ha accusato non poco la morte di Mader. Per lui ha avviato una raccolta fondi al TourPello Bilbao (classe 1990) ha accusato non poco la morte di Mader. Per lui ha avviato una raccolta fondi al Tour
Troppo realismo?
I due si aiuteranno, come del resto fanno da anni. Si spartiscono i ruoli alla bisogna. Generalmente Landa, il più solido, è leader nelle corse maggiori e anche stavolta sarà così.
I due però nella conferenza stampa di ieri sono stati (forse) sin troppo realistici. «Sappiamo che è dura e che ci sono due corridori nettamente favoriti. Noi proveremo a puntare al podio», queste in sintesi le loro parole. Al che, abbiamo provato ad incalzarli mettendogli sul piatto l’ipotesi di un attacco a sorpresa, magari anche in tappe inaspettate, proprio perché “quei due” sono più forti.
«Vediamo, magari proverò ad inserirmi in qualche attacco, ma le imboscate vanno fatte sempre nel rispetto del fair play», ha detto Landa. Ancora più categorico Bilbao. «Attacchi a sorpresa? Difficile ipotizzarli in questo ciclismo, soprattutto nelle prime tappe».
E allora si parte così: con tanta voglia di fare – Landa ha detto chiaramente che proveranno a vincere con Bilbao… a Bilbao – ma anche con tanta consapevolezza che si lotterà per un piazzamento e non per la vittoria.
Un vero boato ha accolto i due beniamini di casa durante la presentazione delle squadreUn vero boato ha accolto i due beniamini di casa durante la presentazione delle squadre
Landa determinato
«Io sto bene e darò il massimo. Per me, che spesso mi sono concentrato sul Giro d’Italia, quest’anno è stato diverso. Ho corso poco e quindi ho fatto una preparazione differente, ma credo di essere pronto a questa sfida. Sul duello con Vingegaard e Pogacar… proverò a seguirli in salita.
«Sono tanti che vogliono il podio, noi – ha proseguito Mikel – dobbiamo essere bravi a non commettere errori e soprattutto a salvarci nei giorni storti».
E a proposito di preparazione, Landa quest’anno ha davvero cambiato le carte in tavola. Ha corso molto nella prima parte di stagione. Poi si è fermato del tutto. Ha ripreso al Delfinato, ma non è andata bene. Ha incassato quasi 13′ da Vingegaard.
«Sapevo di non stare ancora bene – aveva detto Landa dopo la gara francese – non correvo da mesi e mi serviva quel tipo di fatica. E’ stata una settimana dura ma necessaria in vista del Tour».
Infine si è parlato di cronometro, in particolare dei pochi chilometri contro il tempo che ci sono in questo Tour de France.
Giusto due giorni fa, il suo grande connazionale Miguel Indurain ospite d’onore qui a Bilbao, aveva detto che non va bene che ci siano ormai crono così corte e così poche per numero. Queste servono per lo spettacolo.
Ebbene ieri Landa è andato nella parte opposta: «Sono contento che di crono ce ne sia poca e tra l’altro quella che c’è in questo Tour è anche dura. Questo può essere un vantaggio davvero importante per me pensando al podio». Insomma, ognuno tira l’acqua al suo mulino. Vedremo come andrà questa ennesima occasione per Mikel. Il patto con il suo alleato basco è saldo.
Pogacar fa il bello e il cattivo tempo. Vince a Longwy e va in giallo. Controlla corsa, uomini con una lucidità disarmante. E se lo dicono i compagni...
Spesso il Tour de France è partito dall’estero, ma mai c’è stata una tale frenesia come in queste giornate di attesa che si stanno vivendo nei Paesi Baschi. Le ragioni sono tante, probabilmente affondano nella storia stessa di questo territorio disegnato fra le cime dei Pirenei, sempre una terra di mezzo, un po’ di qua e un po’ di là, ma con una fortissima base identitaria.
I Paesi Baschi hanno sempre avuto un rilevante peso nel mondo delle due ruote, basti pensare alle tante gare che vi si svolgono (non è un caso se l’unica gara spagnola in linea del WorldTour sia a San Sebastian), e ai tanti campioni usciti da queste strade. Uno di loro è ben conosciuto anche dalle nostre parti, Igor Astarloa campione del mondo nel 2003.
«La partenza del Tour risponde a una richiesta della gente basca che proviene da molto lontano – testimonia Astarloa – possiamo dire che finalmente è stata esaudita. Le gare basche sono sempre popolate da tantissimi tifosi e posso solo immaginare quanti saranno sulle strade ad applaudire i vari Vingegaard, Pogacar e tutti gli altri, sperando magari che qualche spagnolo possa far sognare».
Igor Astarloa, pro’ dal 2000 al 2009, iridato nel 2003 e vincitore della Freccia Vallone nello stesso annoIgor Astarloa, pro’ dal 2000 al 2009, iridato nel 2003 e vincitore della Freccia Vallone nello stesso anno
Che significa per la gente locale l’arrivo della Grande Boucle?
E’ una festa che si protrarrà per più giorni ed è poco importante che questa comporti anche qualche disagio, considerando l’imponenza della carovana, che comporta chiusura delle strade ore se non giorni prima del suo passaggio. Nessuno si lamenta, tutti sono anzi contenti che ciò accada perché è gratificante in un territorio dove il ciclismo ha sempre avuto grande tradizione. Non a caso, tra le 66 vittorie di tappa spagnole al Tour, ben 21 sono basche.
Com’è la situazione sociale nei Paesi Baschi, c’è ancora tensione con il governo centrale?
La situazione è molto migliorata, non ci sono più gli attacchi terroristici dell’Eta e attraverso le trattative si è arrivati ad avere una notevole autonomia che ha calmato molti “bollori”. Il popolo basco vuole semplicemente riconosciuta la sua identità, che si esprime attraverso una lingua e una cultura proprie.
Il Tour prenderà il via il 1° luglio con la tappa da Bilbao a Bilbao di 182 chilometriIl Tour prenderà il via il 1° luglio con la tappa da Bilbao a Bilbao di 182 chilometri
E’ un territorio di frontiera, legato anche alla stessa Francia…
Sicuramente, anzi in Francia ci sono tre territori dove si parla l’euskadi. C’è una divisione per Nazioni, ma la gente è la stessa, c’è grande affinità. L’arrivo del Tour de France serve anche per rappresentare questa affinità fra le due nazioni confinanti attraverso un territorio particolare come quello dei Pirenei.
Parlavi di tradizione ciclistica, noi siamo abituati alla squadra dell’Euskaltel che era una sorta di nazionale basca, ma come mai il corrispettivo femminile è invece una multinazionale?
Bella domanda, la risposta è nella relativa giovinezza del movimento ciclistico femminile. Non ci sono abbastanza ragazze nei Paesi Baschi che fanno ciclismo, ma senza una squadra propria non avrebbero possibilità di approdare alla massima serie. Il calendario femminile è ricco forse ancor più di quello maschile, eppure le praticanti sono molte meno, le squadre hanno bisogno di forze fresche per sostenere l’attività. Era quindi necessario fare dell’Euskaltel femminile una formazione multinazionale, ma comunque con una forte presenza di atlete locali.
Tappa molto dura anche il secondo giorno con arrivo a San Sebastian dopo 209 chilometri (foto Cor Vos)Tappa molto dura anche il secondo giorno con arrivo a San Sebastian dopo 209 chilometri (foto Cor Vos)
La tradizione ciclistica locale è sempre forte?
Sì, attualmente però ci sono molti meno talenti che emergono. Il ciclismo nei Paesi Baschi vive un momento di difficoltà che mi ricorda molto quello che si vive in Italia: mancano i talenti e questo dipende da molti fattori. E’ vero che c’è una squadra come l’Euskaltel, ma è pur sempre una formazione minore e la Movistar, squadra spagnola, non basta. Parlando però di tradizione mi viene in mente, per fare un paragone, la Lombardia. Quando sono passato professionista le grandi squadre italiane venivano da lì, io mi trasferii sapendo di trovare la patria del ciclismo. Vivete un po’ il momento che viviamo noi che ci affidiamo ancora a Landa, Bilbao, i fratelli Izagirre. Ma questo si vede anche sul piano dell’organizzazione: avevamo gare giovanili con oltre 300 corridori, ora arriviamo a meno di 150. Soffriamo un po’ meno a livello nazionale, grazie all’emergere di talenti come Ayuso e Rodriguez.
Che percorsi troveranno i corridori al loro avvio?
Oltre 3.000 metri di dislivello. Mai una prima tappa del Tour è stata così difficile e questo mi dà da pensare. Temo che ci saranno cadute, perché tutti vorranno stare davanti sapendo che già la prima tappa è così importante: non dico decisiva, ma poco manca. E’ un Tour atipico, prima si partiva col cronoprologo e tappe piane, ora subito salita, ma d’altronde nei Paesi Baschi pianura non ce n’è…
Mikel Landa affronta il suo sesto Tour, dopo essere stato 4° nel 2017 e nel 2020Mikel Landa affronta il suo sesto Tour, dopo essere stato 4° nel 2017 e nel 2020
Un corridore come Astarloa come si sarebbe trovato nel ciclismo attuale?
Bè, in Spagna oggi un corridore con le mie caratteristiche non c’è. Io ero corridore da classiche e fui fortunato a non finire alla Banesto o alla Once che erano squadre da corse a tappe. Fui fortunato soprattutto a trovare Leali prima e Martinelli dopo, che credettero in me. Martino soprattutto mi portò alla Mercatone di Pantani facendomi crescere con calma. Non ho vinto molto, ma ho coronato il mio sogno: la maglia iridata. E posso aggiungere una cosa?
Prego…
Anche la mia maglia è esposta al Museo San Mames, inaugurato quest’anno per il 120° anniversario dell’Atletico Bilbao. Pochi sanno che la squadra calcistica aveva anche una sezione ciclistica e nel museo ci sono cimeli della storia del ciclismo basco. Sarà aperto proprio per l’arrivo del Tour, a disposizione di tutti gli appassionati.
I giorni che ci separano dalla partenza del Tour de France sono sempre meno, la Grande Boucle, quest’anno, prenderà il via dai Paesi Baschi. I lavori di rifinitura proseguono, ormai il più è fatto, non ci si può nascondere. Uno dei favoriti, insieme al vincitore uscente Vingegaard, è Tadej Pogacar (in apertura foto Instagram Dmt). Lo sloveno è recentemente tornato alle corse dopo l’infortunio subito alla Liegi, ed ha subito conquistato il titolo nazionale a cronometro.
Viel ha avuto l’occasione, grazie al suo lavoro in Dmt, di passare una giornata con Pogacar (foto Instagram Dmt)Viel ha avuto l’occasione, grazie al suo lavoro in Dmt, di passare una giornata con Pogacar (foto Instagram Dmt)
Sempre sul Sestriere
Pogacar per rifinire la condizione e la gamba in vista del Tour ha fatto tappa sul Sestriere, dove siamo andati a curiosare qualche giorno fa. Un altro occhio attento sulle strade piemontesi lo ha portato Mattia Viel, il quale lavora da qualche mese con Dmt.
«Da gennaio sono nel gruppo marketing di Dmt- racconta Viel – tra i vari compiti svolgo anche attività di creazione di contenuti per le agenzie con cui lavoriamo. E’ bello rimanere a stretto contatto con il mondo del professionismo e le giornate passate con le atlete della UAE Team ADQ e poi con Pogacar sono state molto stimolanti».
Viel è rimasto sorpreso dalla qualità muscolare di Pogacar (foto Mattia Viel)Viel è rimasto sorpreso dalla qualità muscolare di Pogacar (foto Mattia Viel)
Com’è stato passare una giornata con un campione come Pogacar?
E’ una cosa molto bella, poi io ero concentrato sul lavoro, e sul momento non avevo realizzato di essere a contatto con uno dei ciclisti più forti al mondo.
Da vicino che impressione ti ha fatto?
Dallo schermo sembra giovane, e lo è, ma una volta visto dal vivo sembra ancora più piccolo. Ha un viso naif ma nonostante ciò ha le caratteristiche per essere il numero uno. Una cosa che ho pensato è come il ciclismo ti faccia maturare fin da giovane.
In che senso?
Pogacar tra una settimana si troverà al Tour de France a giocarsi la vittoria finale e questo lo vedi nel suo sguardo e nell’atteggiamento dello staff che lo circonda. I suoi atteggiamenti, invece, sono diversi, è molto disponibile, ha una tranquillità incredibile. Lo abbiamo seguito in una giornata di scarico, quindi era più sereno, però tutto doveva essere ben programmato. Bastano solamente due minuti di troppo fermo in cima al Colle delle Finestre per ammalarsi e perdere tutto il lavoro fatto.
Lo sloveno utilizzerà un nuovo modello delle Dmt KR SL con la suola bianca (foto Mattia Viel)Lo sloveno utilizzerà un nuovo modello delle Dmt KR SL con la suola bianca (foto Mattia Viel)
Altre cose che hai notato?
Le gambe, ha un muscolo “fresco”. Non si ritrova ad avere il polpaccio di un professionista navigato, dove si vede il muscolo teso o le vene in evidenza. Anzi, non ha nemmeno questa massa impressionante, poi però pensi a quello che fa e capisci che hai davanti un campione. Ah, c’è dell’altro…
Racconta…
Aver corso tra i professionisti mi permette di avere un occhio allenato e riesco ad apprezzare i particolari. Riesco a notare da come uno aggancia la scarpa sul pedale o da come parte come sta. Pogacar sembra davvero in ottima forma.
Cosa avete fatto lì al Sestriere?
Dei video e dei contenuti per dei prodotti. Abbiamo fatto venire una troupe per fare delle riprese e qualche foto: classici video dietro macchina ecc. Ho avuto la fortuna di osservarlo dalla macchina, l’ho visto sereno, sicuro di sé. Pedalava davvero bene, senza problemi. Ho respirato, però, l’atmosfera nella quale si capisce che sta per iniziare qualcosa di importante. Come una quiete prima della tempesta. Quello che impressiona è la serenità con cui viene vissuto l’avvicinamento alla corsa più importante dell’anno.
La troupe ha “litigato” per alcuni minuti per domare il ciuffo di Pogacar (foto Mattia Viel)La troupe ha “litigato” per alcuni minuti per domare il ciuffo di Pogacar (foto Mattia Viel)
Eravate lì per Dmt, Pogacar usa qualche accortezza per le sue scarpe?
No, Tadej indossa le KR SL, il modello con i lacci. Ad occhio nudo non si vedono particolari rilevanti, magari può esserci qualche piccola accortezza a livello di soletta, molti professionisti lo fanno.
C’è qualche aneddoto divertente della giornata?
Uno sì! La troupe per i video aveva anche due truccatrici, una di loro ha cercato invano di mettere il ciuffo di Pogacar dentro il casco. Probabilmente pensava che a livello estetico il video sarebbe venuto meglio, Tadej dopo un po’ di tentativi le ha fatto gentilmente notare che quel ciuffo è il suo segno distintivo. Fa parte del personaggio Pogacar, sono indivisibili!
Pogacar è imbattibile e il Giro è già chiuso? Crediamo di no, così come forse si erano immaginati altri scenari. Forse si puntava alla sfida Tadej-Remco
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute