L’occasione mancata: i 50 metri di Dainese a Padova, parla Tosatto

19.11.2024
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Hai presente quel giorno che ti sei mangiato le mani per una situazione che poteva essere gestita meglio? Tutti ne abbiamo uno nella nostra vita, anzi ben più di uno. Matteo Tosatto appena gli facciamo questa domanda ci chiede se deve cercare tra i ricordi di una carriera intera oppure del solo 2024. Siccome i racconti precedenti sono rivolti alla stagione appena conclusa gli chiediamo di concentrarsi solo su questo periodo. 

«La tappa di Padova al Giro d’Italia – dice Tosatto dopo qualche istante di silenzio – quella è stata la grande occasione sfumata. Il lavoro fatto per Dainese e la volata di quest’ultimo ci hanno portato così vicini alla vittoria che se mi guardo indietro capisco quanto ci siamo andati vicini».

L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale
L’arrivo a Prato della Valle a Padova per Dainese aveva un sapore speciale

Due uomini in meno

Padova: 18ª tappa del Giro d’Italia e la Tudor Pro Cycling che prende in mano la situazione negli ultimi chilometri. Siamo in Veneto, più precisamente a casa di Alberto Dainese. La Corsa Rosa porta i velocisti a giocarsi la penultima chance di vittoria a Prato della Valle. Le energie rimaste in corpo sono contate, quel che fa la differenza in questi casi è la testa e un po’ di fortuna. 

«Dopo tante tappe eravamo arrivati a Padova con due uomini in meno nel treno per Dainese – racconta Tosatto – a causa di cadute e malattie varie. Dai quindici chilometri al traguardo abbiamo fatto tutto perfettamente. Sono mancati gli ultimi 50 metri di una volata preparata davvero al meglio. Dainese dall’essere in testa si è ritrovato quarto sul traguardo per una questione di attimi. Peccato perché sarebbe stata la prima vittoria della Tudor in un Grande Giro».

La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale, a vincere è stato Merlier
La volata lanciata troppo presto gli è valsa un quarto posto finale
Era il giorno giusto?

Se mi fermo a pensare direi di sì. Dainese nella sua Padova e noi con il lavoro svolto al meglio delle nostre possibilità. Anzi, perfettamente. Trentin ha fatto un grande lavoro così come Froidevaux, era tutto apparecchiato. L’occasione era davvero unica.

In che senso?

In un Grande Giro sei contro i velocisti più forti al mondo, al Giro c’erano Milan e Merlier. Entrambi a Padova erano rimasti un po’ incastrati in fondo al gruppo e non erano nella posizione migliore per sprintare. Noi siamo usciti molto bene dall’ultima curva, con le posizioni giuste. 

Ai 900 metri eravate primi con due uomini a scortare Dainese…

Eravamo perfettamente posizionati per entrare davanti nella parte finale. Con due uomini in più nel treno avremmo potuto tirare dritto e guadagnare quei metri che poi invece ci hanno penalizzato. Dainese è uscito dalle ruote a 250 metri dal traguardo, fosse partito ai 180 metri avremmo avuto sicuramente maggiori possibilità

Avreste potuto tenere la velocità più alta e poi uscire proprio alla fine. 

Dopo tante volate in cui per un motivo o per un altro le cose non erano andate secondo i piani quella di Padova era una bella occasione. Padova era speciale, Alberto (Dainese, ndr) ne parlava già dall’inverno. Ma questo è stato un anno nero per lui, con tanti infortuni e stop durante la stagione. Padova avrebbe rappresentato un grande riscatto. 

A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
A Padova la Tudor guidata in ammiraglia da Tosatto ha sfiorato la prima vittoria in un Grande Giro
Sul bus a fine tappa si respirava l’aria di occasione mancata?

Se fosse andata bene ci saremmo sentiti ripagati delle sfortune dei giorni precedenti. Ci siamo andati solamente vicini, ma i ragazzi hanno fatto vedere che possono essere competitivi e concentrati fino alla fine. Quei 50 metri hanno cambiato un po’ la volata, non dico che se fosse partito dopo avrebbe vinto. Ma magari saremmo arrivati a giocarci una vittoria al fotofinish.

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Malucelli all’Astana, un perfetto colpo di reni

23.10.2024
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Matteo Malucelli è un corridore dell’Astana Qazaqstan Team. Ieri sera, col buio che aveva già inghiottito tutto, il romagnolo non stava nella pelle e forse non aveva neppure capito bene. Lunedì, il giorno prima, aveva firmato il contratto. Una WorldTour nel momento in cui forse pensava che fosse tardi. Invece alla fine i conti tornano e i tasselli dispersi dell’ultima Gazprom stanno trovando una collocazione, in una sorta di tetris che ha lasciato fuori soltanto Canola. Anche Carboni si è messo a posto, ma per l’annuncio c’è da aspettare ancora.

Malucelli si trova in ritiro a Padova con la nuova squadra. Ieri sera era appena arrivato in hotel e raccontava col tono basso di chi svela un segreto, quasi con la mano davanti alla bocca. Ma abbiamo condiviso così tanti discorsi e riflessioni in questi ultimi anni, che fare il misterioso alla vigilia dell’annuncio sarebbe stato imbarazzante. Malucelli ha firmato per un anno e deve tutto alle vittorie al Tour de Langkawi e all’investitura di De Kleijn. Parlando di lui, l’olandese lo ha definito un velocista fortissimo e sottovalutato.

«Che poi alla fine – ammette – il contratto me l’ha fatto firmare proprio De Kleijn. Senza di lui, sarebbe valso tutto un po’ meno. Lui non lo sa, ma il fatto che fosse in Malesia e io l’abbia battuto a quel modo è stato il plus che ha dato maggior prestigio alle mie vittorie. Dal Giro d’Abruzzo in poi ho fatto solo corse di classe 2.2 e sette vittorie, ovvio che avessero meno peso. Se avessi fatto questi risultati a luglio, avrebbero avuto ben altro riscontro, ma prendiamo il buono che è venuto…».

Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli
Le sfide e le vittorie contro De Kleijn al Langkawi hanno mostrato la solidità di Malucelli

L’offerta di Savio

E’ presto per parlare di ruoli. Immaginare Malucelli che tira le volate al gigante Syritsa è certo suggestivo, ma una quadra così grande ha un vasto calendario da coprire e non mancheranno le occasioni per mettersi alla prova. Al suo procuratore Nicoletti stavolta è riuscito il perfetto colpo di reni, dopo che per giorni avevano discusso sul da farsi. Da una parte Malucelli, sicuro di meritare un posto nel gruppo. Dall’altro Moreno che invocava qualche risultato più pesante per andare a proporlo in giro.

«Avevo detto che se non avessi trovato una squadra vera – racconta Malucelli – avrei smesso. In realtà a un certo punto era venuta fuori una continental che però mi avrebbe pagato come una professional. Era la Petrolike: Gianni Savio sarebbe stato ancora una volta il mio salvatore. Era una buona possibilità e abbiamo tenuto la porta aperta fino a lunedì, perché giustamente Marco Bellini e Gianni non potevano aspettare in eterno. Mi hanno detto che se avessi trovato un’altra strada, sarebbe stato giusto percorrerla e così è stato. Stavo perdendo la speranza, ma ci credevo. Mi dicevo: “Cos’altro devo fare per avere l’opportunità che altri hanno avuto?”.

«E’ cambiato tutto nelle ultime due tappe di Langkawi e chiaramente, se fai quel tipo di vittorie, è più facile anche per il procuratore portare avanti il tuo nome. Adesso dipende da me, se me la sono meritata e se continuerò a meritarla. Ma sono tranquillo, perché ho la voglia di un ragazzino di 20 anni e l’esperienza del trentenne».

Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno
Al Langkawi Malucelli ha battuto anche il gigante Syritsa, ora suo compagno

Ancora incredulo

Sarà la coincidenza dell’Astana che ha bisogno di corridori che portano punti, sarà aver visto in Malucelli la grinta che aveva già messo nelle corse con la nazionale subito dopo la chiusura della squadra russa. Sarà anche che nell’Astana c’è lo stesso Sedun che guidava la Gazprom. Comunque sia, la stagione con il Team Ukyo ha ridato a Malucelli voglia e vetrina. E adesso si apre la pagina più bella della sua carriera, nel momento in cui meno se lo aspettava.

«Non so ancora – dice – cosa dovrò fare. E’ tutto così fresco, che ancora non mi rendo conto. Finché non vedo, non credo. Finché non mi ritroverò a pedalare tutti insieme, non sarà facile da capire. Anche perché per l’età che ho, dico la verità, pensavo che ormai come canta Vasco, fosse tardi. Ma questa volta ho dato dei segnali profondi. Ho vinto 10 corse, me l’hanno fatta sudare, ma alla fine è arrivata».

Altro non dice, perché altro non sa. Il WorldTour, questa sorta di terra promessa che ti garantisce di fare le corse che contano, è arrivato quando meno se lo aspettava. Gli sono passati davanti agli occhi tutti i momenti degli ultimi due anni. Ha pensato a quanto sia stato faticoso correre e vivere lottando ogni volta con la frustrazione di meritare di più. Avrà pensato che in qualche modo esiste una giustizia. E che ora non ci sono più scuse, c’è solo da correre. Ma prima trascorrere un inverno da samurai, per essere pronto già dalle prime corse.

Vince Merlier, ma l’abbraccio di Padova è tutto per Dainese

23.05.2024
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PADOVA – Alberto Dainese è appoggiato alle transenne. Testa fra le braccia. Silenzio. Forse qualche singhiozzo di un pianto di rabbia strozzato in gola. Questa era la sua tappa. La tappa di casa.
Quando si tira su, uno dei maxi schermi in Prato della Valle, trasmette la volata. Dainese rivede il suo sprint. Si chiude ancora più in sé stesso e torna ai bus, tra la folla che urla il suo nome.

Un quarto posto che dopo l’incidente di questa primavera non è cosa da poco. Dainese è cresciuto sprint dopo sprint in questo Giro e ora sta iniziando a raccogliere i frutti di un buon lavoro e di una buona gamba.

Bis di Merlier

Intanto Tim Merlier dopo Fossano mette a segno un altro sigillo, il terzo per la sua Soudal-Quick Step in questo Giro d’Italia.

«Abbiamo preparato lo sprint da lontano – ha detto Merlier – con Julian Alaphilippe. Era un giorno molto importante e lo abbiamo affrontato nel migliore dei modi, rimanendo sempre ben coperti e nelle prime posizioni. Negli ultimi chilometri la velocità era altissima. Ho azzeccato il momento giusto per lanciare il mio sprint e alla fine è andato tutto bene».

Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo
Questa era la “tappa in discesa” del Giro 2024. Lidl-Trek, Soudal-Quick Step e Tudor le squadre che più volevano la volata di gruppo

Una buona Tudor

«Cosa poteva fare? Cosa poteva fare?», ripete con un po’ di rammarico il direttore sportivo Claudio Cozzi, ai bus. «Porca miseria, questo vento contro non c’era fino a pochi minuti prima. Non doveva esserci. Poi gli si sono spostati… e Alberto me lo ha detto: sono stato costretto a partire».

La Tudor Pro Cycling assieme alla Lidl-Trek era il team che più aveva tirato per non lasciarsi sfuggire lo sprint, memori di Lucca. E forse la fuga l’hanno tenuta sin troppo sotto tiro.

«Deluso? No perché dovrei esserlo? – dice l’altro diesse, Matteo Tosatto – Alberto forse è deluso, ma perché è uno che vuole vincere. Io non lo sono. Io sono contento dello spirito della squadra. Siamo senza due uomini molto importanti per Alberto (Krieger e Mayrhofer, ndr) e penso proprio che oggi Trentin e Froidevaux abbiano fatto un ottimo lavoro».

Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia
Prato della Valle è gremita di gente. Che accoglienza per il Giro d’Italia

Sprint caotico

«Okay, quarto posto: le volate sono così – continua Tosatto – però non possiamo recriminarci niente. I miei ragazzi e Alberto hanno fatto una volata perfetta fino ai 300 metri».

Per assurdo a “fregare” Dainese è stato Jonathan Milan, che non era nel treno della sua Lidl-Trek. Quando Consonni e Teuns se ne sono accorti si sono rialzati. Ma ormai la volata era partita. Si era a meno di 300 metri dalla linea d’arrivo. Fermarsi sarebbe stato un suicidio.

«Noi – conclude Tosatto – abbiamo fatto la nostra volata. Milan ovviamente era il faro dello sprint, ma è andata così e dobbiamo accettare anche questo risultato… Che non è un brutto risultato».

Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski
Il verdetto finale dice: Merlier, Milan, Grove, Dainese e Aniolkowski

L’abbraccio di Padova

Padova è la città di Alberto Dainese. E l’abbraccio forse è ancora più forte. Il suo fans club lo acclama sotto al bus della Tudor. Ci sono anche i familiari.

Qualche minuto. Il tempo di una doccia. E Alberto si concede al loro saluto. Sono momenti emozionanti. Che aiutano ad assorbire la botta, ma soprattutto a ricaricarsi in vista di Roma e, perché no, per raccontarci il suo sprint al dettaglio e con passione.

Alberto, che volata è stata?

L’idea era di prendere la prima delle due curve finali, quella  ai 900 metri, quasi in testa e ci siamo riusciti. Trentin ha dato una menata di due chilometri pazzesca, ma eravamo un po’ “lunghetti”…

E qui mancavano i due uomini che diceva Tosatto, scusa l’interruzione, vai avanti…

Però ho fatto le due curve in controllo ed era quello l’importante. Volevo fare la volata e non essere intruppato dopo le curve. Dopo che mi hanno passato Teuns e Consonni mi sono buttato alla loro ruota. Ho anche provato un po’ ad imbrogliarli dicendogli: “Vai vai Simo”…

Ma non ci sono cascati…

Hanno visto che non ero Jhonny quindi si sono spostati e sono arrivati altri da dietro. A quel punto per un istante ho cercato una ruota e mi sono messo dietro ad Hofstetter ma poi sono dovuto partire. Sono partito un po’ lungo. Avevo tanta voglia di sprintare, ma da dietro mi hanno rimontato e negli ultimi 50 metri sono rimbalzato. Mi dispiace.

Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Sprint lanciato. Dainese (casco rosso) è in testa, ma il traguardo è lontano
Conoscevi questo finale: quante volte lo hai provato?

Studiavo a 500 metri da qui. Conoscevo ogni singola curva, ogni buca e ogni centimetro di asfalto. Brucia parecchio. Adesso siamo qua al velodromo, dove ho iniziato a correre in pista…. E’ tutta una serie di emozioni. Però ci proviamo anche a Roma.

Questo vento era più forte del previsto effettivamente?

Il vento era un po’ contro e abbastanza più forte di quello che credevo. Infatti quando sono partito mi sono reso conto che sarebbe stata lunga andare fino all’arrivo. Ho anche cercato di mettermi ancora più aerodinamico, più basso… ma non è bastato.

Che rapporto avevi?

Il 54 davanti. Sono partito col 12 poi ho buttato giù l’11. La velocità non era altissima in volata, proprio perché la Lidl-Trek si era fermata. Così ho cercato di partire un pelo più agile. Le prime volate di questo Giro le avevo fatte tutte col 10 e mi dicevano che ero troppo duro. Oggi ho cercato di partire più agile ma ero lungo.

Fci al lavoro per Bertazzo. E noi tifiamo tutti per lui

24.11.2021
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In questo momento sghembo, fatto di squadre che rincorrono bambini prodigi e lasciano a piedi fior di corridori, tra coloro ancora in cerca di contratto c’è anche Liam Bertazzo. Il padovano (in apertura con Mareczko, dopo averlo aiutato a vincere alla Coppi e Bartali), uno dei quattro campioni del mondo dell’inseguimento a squadre, ha corso dal 2015 fino al 2021 nelle squadre di Angelo Citracca. E così ora, visto l’esito non proprio felice di quel team, si ritrova alla ricerca di una maglia.

«A Liam stiamo cercando di dare una mano – ci ha detto Marco Villa – da campione del mondo, mi sento in dovere di aiutarlo a trovare una squadra. Ha guadagnato la qualifica olimpica, è importante. A lui nessuno ha mai regalato niente e ha avuto tanta sfortuna, compresa l’ernia del disco nello stesso periodo in cui esplodeva Milan. Bertazzo se lo merita».

La vittoria nel mondiale del quartetto a Roubaix sarà sicuramente il miglior viatico
La vittoria nel mondiale del quartetto a Roubaix sarà sicuramente il miglior viatico

Federazione al lavoro

Quel che stupisce è che Bertazzo sia l’unico di quel gruppo di pistard a non far parte di un corpo militare, come invece Scartezzini e Lamon. Ma lui pare sereno, segno che sotto traccia qualcosa si sta muovendo e che la Federazione in un modo o nell’altro si sia presa a cuore la sua vicenda.

«Non ho più l’età per entrare nei corpi – dice – e poi comunque non è che in un mese avrebbero potuto predisporre il mio ingresso. Però sono sereno, soprattutto perché la maglia iridata è una certezza che si porta via parecchi dubbi. In Federazione hanno prima sistemato i quadri tecnici, poi hanno messo mano alla mia situazione. So che stanno parlando e spero che presto possa venire fuori qualcosa. Non hanno mai mancato la parola, solo che l’anno è particolare, le squadre hanno tutte il budget tirato, quindi semmai le cose sono più complicate. Ma sono fiducioso. Come ho già detto altre volte, mi è capitato altre volte di aspettare la fine di novembre per trovare un contratto».

Bertazzo ha partecipato a due Giri d’Italia: nel 2016 (foto) e nel 2018
Bertazzo ha partecipato a due Giri d’Italia: nel 2016 (foto) e nel 2018

Preparazione olimpica

La Federazione è già intervenuta in passato per aiutare uno dei suoi atleti di riferimento della pista, mediante un supporto offerto alla squadra di club che lo ha tesserato.

«Le Federazioni – spiega Renato Di Rocco, presidente Fci nei casi in cui l’intervento è stato disposto – percepiscono dal Coni dei fondi per la preparazione olimpica e hanno praticamente l’obbligo di usarli per i propri atleti. Ricordo che nel caso di Bertazzo abbiamo dato noi un contributo alla società, pari a metà dell’ingaggio o giù di lì. E’ una prassi abbastanza consolidata, con la quale abitualmente si supportano gli atleti di interesse olimpico. Si fa per tutti, sono borse a loro disposizione. In teoria si è ragionato sull’ammissione ai corpi militari per tutti i ragazzi della pista. Poi è chiaro che uno come Ganna si sia chiamato fuori e così pure Liam. Diciamo che non è difficile, parliamo di cose che si sono sempre fatte».

Ed è probabilmente questo il fronte su cui la Fci sta lavorando per trovare a Bertazzo una sistemazione all’altezza dei risultati che ha finalmente raggiunto, dopo anni di rincorse, lavoro e sfortuna. In questo momento sghembo, fatto di squadre che rincorrono bambini prodigi e lasciano a piedi fior di corridori, pensare che Liam possa rimanere a piedi dopo aver vinto un mondiale e aver centrato la qualificazione olimpica sarebbe davvero una bestemmia.

Biagio Conte, Remo Cordioli, Vicenza-Bionde 2020

Biagio Conte ci guida nella Work Service 2021

07.01.2021
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Biagio Conte, professionista fino al 2003 e poi tecnico dalla Marchiol e a salire fino alla Cannondale, è uno dei direttori sportivi della Work Service-Vega continental. Il gruppo padovano ha ramificazioni in tutta Italia. Perciò se per gli juniores è ben nota l’affiliazione plurima con la toscana Romagnano, la continental nata nel 2020 ha la base nelle Marche, con il vecchio nucleo della Vega di Demetrio Iommi che a buon titolo ne fa ancora parte. Il fatto di aver messo il piede nel professionismo con la Androni, completa idealmente il quadro, pur in assenza di un contratto che offra alla Androni una forma di prelazione. La definizione di “accademia del ciclismo” che compare nella pagina introduttiva del sito internet del gruppo calza perfettamente alla situazione.

«Se fai bene- dice Conte – sai che puoi ambire a continuare il cammino. Non ci sono elementi tecnici in comune con l’Androni, lo dico per un fatto di buon senso. E in qualche modo questo offre la possibilità di completare il percorso iniziato con gli juniores».

Giacomo Garavaglia, tricolore professionisti Cittadella, 2020
Giacomo Garavaglia, un rinforzo per Conte in arrivo dalla Polartec Kometa
Giacomo Garavaglia, tricolore professionisti Cittadella, 2020
Garavaglia, in arrivo dalla Polartec Kometa
Quanto lavoro c’è dietro questa struttura?

Davvero tanto, con tante persone che ruotano attorno allo stesso progetto. Si comincia con gli juniores. In Toscana c’è il gruppo di Matteo Berti con il suo personale e i suoi mezzi. Poi c’è il gruppo padovano. In tutto parliamo di 18 atleti juniores, con la struttura per fare due attività.

Dove sta la forza di questa società?

Nel valore tecnico. Da quando sono qua, non ho mai visto né sentito parlare di atleti portati via ad altre squadre con i soldi. Il motivo che li spinge a venire sono i risultati della strada. I ragazzi hanno voglia di farne parte e arrivano. Anche perché con i regolamenti che ci sono non puoi fare incetta di atleti con i punteggi più alti, puoi prenderne due al massimo. E’ chiaro che avendo la plurima, si cerca di sfruttare al massimo il bacino delle singole regioni. Quindi sia il Veneto, sia la Toscana hanno portato ottimi corridori. La fortuna di avere uno sponsor come questo, che ti permette poi di passare in una continental, è un valore aggiunto.

Il passaggio dalle squadre juniores alla continental è dato per scontato?

Nel ciclismo di scontato non c’è nulla, in ogni caso il posto bisogna meritarselo, va costruito. Così come non è detto che i ragazzi siano tenuti a continuare per forza con noi, come nel caso di Germani che ha scelto la Francia. Come Garzara che ha scelto il Ct Friuli.

Francesco Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Francesco Zandri, foto dal Trofeo Laigueglia 2020
Francesco Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Zandri, Trofeo Laigueglia 2020
Il presidente Levorato ha parlato di notevole ringiovanimento dell’organico.

Con un grande rimescolamento, è vero. Per quest’anno avremo 8 under 23, con 5 che salgono dagli juniores e 2 di secondo anno. Confermati Colombo, Mentil e Zecchin, Fra gli under, è arrivato anche Bobbo dalla Ntt. In più ci sono gli elite, per i risultati che potranno dare e perché siano di riferimento per gli altri.

Cinque primi anni sono un bel contingente di freschezza…

Sono Marco Cao, Eric Montagner, Danilo Pase, cui si aggiungono il friulano Giovanni Bortoluzzi e il marchigiano Danilo Dignani.

Quali sono i… vecchietti?

Uno è Garavaglia, che era alla Polartec-Kometa e probabilmente sperava di continuare con loro. Poi c’è il gradito ritorno di Marchetti, dopo la stagione fatta alla Casillo, che si sta allenando davvero bene. Quindi tra i confermati, Burchio e Zandri. E poi c’è una scommessa…

Michael Zecchin, Vicenza-Bionde 2020
Michael Zecchin è stato confermato: foto della Vicenza-Bionde 2020
Michael Zecchin, Vicenza-Bionde 2020
Zecchin confermato, qui alla Vicenza-Bionde 2020
Una scommessa personale di Conte?

Un ragazzo del 1998 che secondo noi può dare tanto e si chiama Stefano Di Benedetto, che era al Pedale Scaligero. Ha fatto belle cose, è stato campione regionale. Può dire la sua.

Perché la base nelle Marche?

Perché Demetrio Iommi aveva già la sua struttura ed era molto meglio appoggiarsi a qualcosa di già collaudato. E poi, vista la collaborazione con la Marchiol, nello staff dei direttori sportivi ci sono anche Emilio Mistichelli nelle Marche e Mirko Lorenzetto in Veneto, che seguirà in modo più diretto gli under 23.

Farete attività mista, fra professionisti e gare U23/elite?

Esatto. Per quelle tra i grandi, abbiamo già ricevuto inviti dalla Croazia e probabilmente partiremo da Laigueglia. Tutto sperando che la situazione Covid permetta che si possa correre. Noi abbiamo fatto la nostra parte. Siamo pronti per i tamponi e tutto quello che servirà, in attesa magari del vaccino, che sarà la vera liberazione.

Andrea Lucchetta, Massimo Levorato, presentazione Work Service 2019

Work Service, il ciclismo è una scuola di vita

06.01.2021
5 min
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“C’è un nuovo partner, e che partner, per Androni Giocattoli Sidermec. E’ ufficiale, infatti, anche senza la possibilità di far seguire al contratto la più classica delle strette di mano causa pandemia, l’accordo che lega per la stagione 2021 Work Service Group al team di Gianni Savio e Marco Bellini…”.

Il comunicato che il 3 gennaio è rimbalzato nei computer di tutte le redazioni iniziava esattamente così e obiettivamente non ci sarebbe stato niente di clamoroso, in una fase in cui quasi tutte le squadre vanno in cerca di uno spessore per rendere la situazione meno traballante. Solo che questa volta, volendo uscire dalla lettura frettolosa, la notizia è interessante per tutto quello che Work Service rappresenta per il ciclismo italiano, partendo dai giovanissimi e risalendo per gli juniores fino alla continental.

L’azienda ha sede operativa a Padova e si occupa di logistica integrata e servizi industriali. Così, dopo settimane a parlare di strutture troppo grandi fra gli juniores, ci è venuta la curiosità di mettere alla prova Massimo Levorato, classe 1973, che è il Presidente dell’azienda e della squadra. E che nella foto di apertura è con Andrea Lucchetta, alla presentazione 2019 dei suoi team.

La Work Service al Giro del Friuli Juniores 2020
La Work Service al Giro del Friuli Juniores 2020 (foto Scanferla)
La Work Service al Giro del Friuli Juniores 2020
Work Service al Giro del Friuli Juniores (foto Scanferla)
Perché il ciclismo e soprattutto con tanto impegno?

Ho fatto il corridore fino al secondo anno da dilettante. Ho goduto del meglio che si potesse attingere da direttori sportivi appassionati, con la mentalità del buon padre di famiglia. Anni che mi hanno trasmesso una grossa dose di altruismo e la capacità di condividere il lavoro. Per cui a un certo punto restituire tutto quello che ho ricevuto mi è sembrato persino normale. E’ quello che mi motiva e mi gratifica, perché mi permette anche di far passare un messaggio diverso da quello del semplice rincorrere i risultati.

Quale messaggio?

Cerco di sensibilizzare i ragazzi e le famiglie, ma la mia stessa azienda, che si può crescere anche attraverso la competizione.

Parliamo di ciclismo e scuola?

La cultura personale non dipende dal lavoro che fai, perché non sarai ciclista a vita e non ci servono ex corridori che non sono capaci di dire due parole. Per questo chiediamo ai ragazzi anche di avere una buona resa scolastica. Aver studiato serve anche a saper leggere i contratti.

Un punto importante…

Una volta non era così e questo ha determinato anche la vita federale, lasciando che a decidere sia gente che non ha la giusta formazione. Fosse per me, farei una riforma del sistema elettorale, permettendo l’accesso al voto agli addetti ai lavori in base alla loro capacità di incidere sul movimento. Il sistema della delega non va più bene.

Mattia Garzara, Gp San Pietro Viminario, juniores 2020
Mattia Garzara vince il Gp San Pietro Viminario juniores (foto Scanferla)
Mattia Garzara, Gp San Pietro Viminario, juniores 2020
Mattia Garzara al Gp San Pietro Viminario (foto Scanferla)
Ci sono squadre juniores che spingono troppo sul gas, voi siete una delle più grandi.

Il primo intento non è riempire la bacheca con le coppe, qualche anno va bene e qualche anno meno. I nostri direttori sportivi sono tutti laureati in Scienze Motorie e se uno che allena dei ragazzini ha cognizione di quello che fa, è già tanto. Ci sono società che lavorano bene e altre che sono ferme su vecchi schemi e non sempre fanno l’interesse dei ragazzi. Noi siamo ben organizzati, senza l’assillo di stare con i primi. Mi dispiacerebbe passare per uno che vuole farsi pubblicità. Se così fosse, credetemi, sarebbe più semplice sponsorizzare il calcio. Qui ci sono passione e altruismo. Abbiamo i giovanissimi e organizziamo gare.

I risultati però non mancano.

Ma non prendiamo solo i campioni. Abbiamo tanti ragazzi normali che sono voluti venire perché hanno capito che qui si lavora in un certo modo. E nella continental quest’anno abbiamo fatto un grande ringiovanimento, tranne tre elite che però dovranno essere riferimenti per i più giovani.

Che rapporto c’è fra il presidente e i corridori?

Parlerei di cordialità e ascolto. Mi piace capire e discutere anche dei problemi che esulano dall’ambito sportivo. Un atleta è prima di tutto una persona. E a loro chiedo di crescere fino a capire dove si collocheranno nel mondo del lavoro. Quanti sono i professionisti che possono vivere di quello che hanno guadagnato? Pochi, gli altri devono imparare un mestiere. Soprattutto quelli che hanno fatto tanta fatica in cambio di uno stipendio da operaio specializzato. Non tutti riescono.

Samuele Manfredi, San Martino di Lupari (Pd), juniores 2020
Anche Samuele Manfredi è passato di qui. Eccolo a San Martino di Lupari lo scorso agosto (foto Scanferla)
Samuele Manfredi, San Martino di Lupari (Pd), juniores 2020
Anche Manfredi ha corso alla Work Service (foto Scanferla)
Un esempio?

Era convinto che il nostro Zordan sarebbe diventato qualcuno, ma purtroppo non è andata così. Mentre per quello che si vide fra gli juniores, credevo che Moscon non fosse il corridore che è diventato.

Cosa pensa alla luce di questo dei procuratori fra le categorie giovanili?

Penso che da ragazzi il miglior procuratore sia la famiglia, a patto che ci sia dialogo. Non serve altro. Non sempre quel che si vede da ragazzi si conferma negli anni successivi. Quelli forti emergono anche senza qualcuno che vada a proporli in giro… 

In che modo questo spirito si incastra con la scelta di affiancare l’Androni?

Nasce da un’analisi più completa del nostro mondo. La continental è un serbatoio per ragazzi che finiscono la scuola e magari vogliono andare all’Università. Ragazzi cresciuti nelle nostre squadre juniores, che vogliono proseguire nello stesso ambiente. Germani ha fatto una scelta diversa ed è andato alla Francaise des Jeux, una strada legittima che spero lo porti a riuscire anche come uomo. Ma se qualcuno vorrà andare avanti, è giusto che abbia la possibilità di provarci.