Giovani e un ciclismo che corre veloce: le parole di Gatto

11.01.2022
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Parlando con Ilario Contessa, diesse del team Work Service, si è toccato, inevitabilmente, il tema degli under 23. Lo stesso Contessa nell’intervista ha detto delle parole che abbiamo voluto approfondire: «Quando io sono passato under, i corridori che entravano nel mondo del professionismo erano gli elite. Poi è arrivata la generazione tra l’85 e l’86 e anche molti di loro sono passati professionisti giovani».

Una considerazione importante in quanto lo stesso diesse ritiene che l’andare a ricercare corridori giovani sia una cosa ciclica. Tra i corridori di quegli anni c’era Oscar Gatto, ritiratosi a fine 2020 a 35 anni dopo 14 stagioni corse nei professionisti, più lo stage nel 2006 con la LPR Brakes Farnese Vini.

Dopo la Gerolsteiner Oscar Gatto ha trovato una seconda occasione alla LPR Brakes Farnese Vini, dove ha ottenuto la prima vittoria in carriera
Dopo la Gerolsteiner Oscar Gatto ha trovato una seconda occasione alla LPR Brakes Farnese Vini

Oscar non segue molto il ciclismo, ci confessa, è entrato nel mondo dell’edilizia e si gode i suoi due figli (che creano una bella e rumorosa cornice alle sue parole).

«E’ un bell’argomento da approfondire – inizia Oscar – anche se non basterebbe un’intervista per sviscerarlo tutto. Quando correvo io negli under 23 si passava leggermente più tardi, solo Pozzato e Agnoli sono passati quasi da junior, ma erano delle mosche bianche».

Sembra esserci una corsa spasmodica ai giovani di talento.

Molti ragazzi passano professionisti e non lo meriterebbero perché non hanno ottenuto dei risultati degni di nota. Io sono passato pro’ con 26 vittorie nelle tre stagioni da under, questo vuol dire continuità di rendimento e risultati. Poi lo sapete meglio di me quanto è difficile confermarsi nei professionisti.

Adesso passano atleti che hanno vinto una o due corse.

E’ brutto da dire ma prima di dire: «Poverino non gli hanno dato spazio», dovremmo guardare cosa ha fatto nelle categorie precedenti… Se si vuole correre bisogna meritarselo, altrimenti è brutto da dire ma si cambia lavoro.

I ragazzi però vivono con il sogno del professionismo: lottano e ci credono per ottenerlo, forse, il problema sono le persone che li “illudono” di poterci stare?

Vero anche questo, se passano pro’ c’è qualcuno che ce li manda e bisognerebbe interrogarsi sul perché.

Alessandro Ballan e Oscar Gatto, in un’immagine del marzo 2008, prima dei mondiali di Varese
Alessandro Ballan e Oscar Gatto, in un’immagine del marzo 2008, prima dei mondiali di Varese

I procuratori spesso, come abbiamo avuto modo di leggere, mandano ragazzi che non ritengono pronti. In questi casi le squadre si trovano con atleti che non sono all’altezza, in altri casi però, sono i team che cercano addirittura tra gli junior per accaparrarsi il fenomeno. Anche se questa parola dovrebbe sottolineare che si tratta di un caso raro, di un’eccezione.

«Il mondo di oggi, non solo nel ciclismo – continua Oscar Gatto – corre a mille all’ora. Non hai il tempo di sbagliare e se lo fai sei fuori. Mi sono reso conto ancor di più di ciò ora che sono nel mondo “reale”».

Una delle grandi differenze con la tua generazione quale può essere?

La pazienza. Io sono passato professionista con la Gerolsteiner e i primi anni non avevo pressioni, nulla. Questo mi ha anche permesso di sbagliare e di fare delle sciocchezze che forse ora avrei pagato a più caro prezzo.

Un’altra differenza?

Beh i soldi. Per mettere insieme una squadra World Tour ci volevano una quindicina di milioni, ora il doppio o quasi. Le squadre sono diventate delle aziende e devono tutelare i loro investimenti, quindi, se ottieni risultati rimani, altrimenti no.

Le squadre continental sono sempre di più, questo rischia di far scomparire i team under 23?
Le squadre continental sono sempre di più, questo rischia di far scomparire i team under 23?

Serve fare un passo indietro

Questo modo di pensare non permette ai giovani di sbagliare ed imparare e di correre, forse, con più timore e meno spirito “avventuriero”. Si potrebbe dire che sia anche un controsenso: la categoria under 23 è fatta per imparare e sbagliare, contrariamente, se un corridore viene portato troppo presto tra i pro’ rischia di appassire. D’altronde prima di travasare una pianta in un terreno più arido bisogna prima prendersene cura e aspettare che le radici siano forti e robuste, altrimenti appassirà.

«Un secondo problema sono le squadre continental – riprende Oscar – ce ne sono davvero tante ed accelerano anche loro il processo di crescita dei giovani. Non è più possibile fare un percorso “lineare” con due o tre anni in una squadra under 23 e poi in una continental. Queste squadre ti danno la possibilità di correre delle gare con i professionisti e questo crea un grande divario. Pensate ad un ragazzo che corre il Poggiana o la San Geo ed uno che ha già corso alla Coppi e Bartali, è ovvio che il secondo ha una gamba ed un ritmo diversi. Come detto prima, è un mondo che corre veloce e non è facile stargli dietro…».

Il mondo corre sì veloce, ma chi lo fa andare così sono le persone… la Terra per fare un giro intorno al Sole ci impiega sempre lo stesso tempo, è l’uomo che vuole tutto e subito.

Dwars door Vlaanderen, nel gelo alla fine spunta Gatto

30.03.2021
5 min
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Sono passati otto anni da quando Oscar Gatto firmò la prima ed unica vittoria italiana alla Dwars door Vlaanderen. Altri interpreti, altro ciclismo, ma stesse strade e stessi muri.

La traduzione di questo evento è Attraverso le Fiandre, il che è già un bel biglietto da visita. Antipasto di quel che è poi il grande giorno dei fiamminghi: la Ronde.

Si pedala sulla terra battuta a bordo strada pur di evitare i tratti in pavè
Si pedala sulla terra battuta a bordo strada pur di evitare i tratti in pavè
Oscar, sei l’unico italiano nell’albo d’oro di questa classica che comunque vanta una lunga storia (domani si corre l’edizione numero 76)…

Il buon Pippo Pozzato mi diceva: ci credo che l’hai vinta tu. I big non se la filano! Però fu ugualmente una grande soddisfazione.

Ma nooo! E poi almeno adesso non è così. Ad ogni gara ci sono “tanti cani che si avventano sull’osso”…

Vero, ma credo che la Dwars abbia un’altra collocazione nel calendario che l’agevola. Prima se non ricordo male c’era De Panne negli stessi giorni.

Cosa ricordi di quel giorno?

Che faceva un freddo tremendo. Si diceva volessero addirittura annullarla per neve. Di sicuro partimmo con il termometro sotto zero. Cadeva una sorta di pioggia ghiacciata, mista a neve. A me tutto sommato andava bene, ho sempre preferito il freddo al caldo. Ma certo forse così era troppo. Siamo partiti a tutta e alla fine eravamo un gruppetto ristretto. Sapete, con un freddo del genere in molti sono già battuti in partenza. Ci fu una vera selezione naturale.

L’attacco di Voeckler in quella Dwars
L’attacco di Voeckler in quella Dwars
Come andò la gara?

Restammo una decina davanti. Ad un paio di chilometri dall’arrivo scattò Voeckler. E andò via bene. Ad un certo punto Ian Stannard, che tirava per un suo compagno, diede una menata pazzesca e riuscì a riportaci sotto. Però Thomas era ancora lì davanti. Arrivammo nel rettilineo finale, che tirava anche un po’ in salita, e mi dissi: qui per vincere devo partire lungo. Così ai 300 metri scattai. Rischiai tantissimo, ma alla fine riuscii a vincere. Voeckler l’avrò saltato negli ultimi 20 metri, non di più. Che poi su un arrivo così, al contrario si sarebbe dovuto partire il più tardi possibile, sarebbe servita una volata corta.

Se il rettilineo finale non avesse tirato un po’ magari T-Blanc sarebbe arrivato…

No magari, sicuro sarebbe arrivato. Per questo sono partito lungo.

Però hai ragionato: sei sempre rimasto freddo?

Ad un certo punto quando è partito Voeckler ho detto: ciao, questa è andata. Per fortuna ha chiuso Stannard. Ma c’erano altri corridori veloci, come Bozic. Anche se a quel punto contavano le energie rimaste. Andò bene dai…

Domani tocca ai tuoi ex colleghi: che consiglio gli daresti per questa gara? Che corsa è? Si può paragonare ad un Fiandre?

Paragonarla ad un Fiandre non si può. Lì la corsa inizia dopo 200 chilometri alla Dwars ci finisce. Però ne riprende molti tratti e alla fine ne esce un percorso tosto che nel finale vede arrivare quasi sempre dei gruppetti.

Strade strette e saliscendi: benvenuti nelle Fiandre. Alla Dwars 2013 faceva molto freddo
Strade strette e saliscendi: benvenuti nelle Fiandre
Ma il modo di correre è un po’ lo stesso del Fiandre?

Sì. Ci sono da fare le volate per prendere i muri davanti e come in tutte le corse in Belgio serve ancora più attenzione, già dalla partenza. Per esempio ci sono molti paletti a bordo strada, si fanno dei tratti cementati in cui in mezzo c’è la fessura che in alcuni casi è molto insidiosa, c’è nervosismo. Devi sempre avere cento occhi.

Prendere i muri davanti resta centrale?

Il problema non è prenderne uno dietro, il problema è che poi dopo 5 chilometri magari ce n’è subito un altro ed ecco che ti ritrovi ad inseguire, a spingere, a fare l’elastico. Quando fai la riunione stabilisci la tua tattica, scegli un punto cruciale e ti dici: da qui in poi si deve stare davanti. Poi magari le cose non vanno così, però già metà del lavoro l’hai impostata.

Domanda da cicloamatore: a che velocità si fanno i muri?

Sapete che non ne ho la più pallida idea. In ogni caso il problema non è tanto nel tratto duro, ma quando spiana in cima. Penso al Kwaremont. Lì si mette subito il 53 e via. Perché comunque la vera differenza non la fai sul muro, ma quando questo finisce. Chi ha gamba mette su il rapporto e scappa via. Chi non ce l’ha resta lì. Fa più differenza una salita “pedalabile” che lo Zoncolan. Lo stesso dopo i muri: chi ha forza va a 30 all’ora e chi non ce l’ha va a 20.

Gatto si è ritirato a fine 2020. Quando vinse la Dwars correva con Scinto e Citracca
Gatto si è ritirato a fine 2020. Quando vinse la Dwars correva con Scinto e Citracca
Queste gare sono anche dei test per i materiali?

Di base sai già cosa usare, ma sei hai qualche dubbio sì: sono ideali. Noi intervenivamo sulle ruote sostanzialmente. E utilizzando tubolari da 25 millimetri, se non da 27, si scendeva molto con la pressione. Ma sapete cosa faceva davvero la differenza?

Cosa?

Avere vicino un uomo esperto. Noi alla Vini Farnese avevamo Kevin Hulsmasn. Lui, belga, conosceva ogni metro di quelle strade. Ti diceva: adesso vai tranquillo. Poi ad un certo punto veniva a prenderti e ti diceva:  mettiti a ruota e passando chissà dove ti riportava davanti e puntualmente in quell’istante succedeva qualcosa. Loro ci crescono su quelle strade, ci corrono da bambini. Anche con il vento ci sanno fare. 

Ultima domanda: come avete festeggiato la tua vittoria alla Dwars?

Come sempre dopo la corsa c’è il fuggi, fuggi. Si tornava in Italia, ricordo. E si andava all’aeroporto. Sbagliarono il mio biglietto e rimasi lì! Ma prima di scappare prendemmo una birra sul bus. Si era in periodo di gare, tra l’altro le mie gare, e più di tanto non ci si poteva lasciare andare.