L’inverno spagnolo di Piganzoli, mentre fuori diluvia

14.12.2024
7 min
Salva

OLIVA (Spagna) – Mercoledì mattina, tre giorni fa. La stanza di Bais e Piganzoli è sotto sopra come quella di chiunque sia appena arrivato e non ha ancora vuotato la valigia. Piove così tanto che le strade sono trasformate in un vero acquitrino. La Polti-Kometa ha dovuto cambiare sistemazione, perché nel solito Nova Beach sono arrivate come un tornado la Visma-Lease a Bike e la Ineos Grenadiers, che per la prima volta da anni ha abbandonato la soluzione di Mallorca. Così la squadra di Basso e Contador ha ripiegato su un complesso dal nome Las Dunas: casette bianche e due corridori per appartamento. Sono arrivati nella serata di ieri, martedì.

Quando entriamo nella hall, Giovanni Ellena e Jesus Hernandez lavorano al computer sul tesseramento degli atleti e sui programmi. I meccanici stanno sistemando una fila di rulli sotto alla grande tettoia, perché i corridori di certo non usciranno, ma dopo la palestra si concederanno ugualmente qualche pedalata. Sono anche giornate di vari approfondimenti, non solo tecnici. Stamattina si è svolta la riunione con ITA (International Testing Agency) a proposito di antidoping e reperibilità Adams. Scambiamo poi due parole con Tommaso Cappella, che sta girando nei ritiri dei team sponsorizzati dalle gomme Vittoria. Mentre in uno degli appartamenti si provano nuove appendici da cronometro, in attesa di definire il partner ufficiale.

Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima
Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima

Nella stanza di Piganzoli

A farci strada fino alla camera di Piganzoli (in apertura foto Maurizio Borserini) è stato Asier Ferdandez Soberta, il social media manager passato dai team giovanili a quello dei professionisti. E’ singolare rendersi conto che nella squadra sostenuta da sponsor italiani, la catena di comando sia quasi interamente spagnola. Davide invece l’accento iberico di quando correva nella squadra U23 spagnola l’ha perso del tutto. Così come il ragazzino esile dei primi tempi ha lasciato spazio a un atleta sulla via della maturità, con le idee chiare e poche parole, sempre essenziali. Il 2024 è stato l’anno del primo Grande Giro e non poteva essere che quello d’Italia, dato che la trazione spagnola non è bastata per un invito alla Vuelta. Ed è stato anche l’anno del podio al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock.

«Sicuramente ho fatto una buona annata – dice il valtellinese – un buon Giro d’Italia e un ottimo finale di stagione. Alla fine tra il Lussemburgo e le gare in Italia, l’Emilia e il Lombardia un po’ meno, ho messo insieme dei buoni ricordi che ci fanno lavorare bene e sperare nel 2025. Il podio del San Luca ha portato tante emozioni. Quando sei davanti in una gara come quella e in mezzo a certi nomi, dai quel qualcosina in più che magari non riusciresti a dare quando ti stai giocando una settima, ottava posizione. E’ stata una buona gara, ho fatto buoni numeri e cercheremo di ripartire proprio da questo».

Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Quei numeri si possono davvero tradurre in fiducia?

Sicuramente ho fatto una buona crescita, non solo con l’Emilia che però è stata la ciliegina sulla torta perché lì è arrivato il risultato. Ma ci sono state tante gare, soprattutto al Giro del Lussemburgo, in cui ho sentito di essere passato a un altro livello. Ho fatto un secondo ritiro in altura da solo, tra Livigno e lo Stelvio, che mi ha dato tanta forza tanto e tanto morale. Non dimentico che il 2024 è stato l’anno in cui per la prima volta sono andato sul Teide. Stavo preparando il Giro e ho visto che davvero mi ha dato tanto. Perché al Giro ho ottenuto il tredicesimo posto finale, però ho fatto buoni numeri. Sono cresciuto molto e per tre settimane non sono mai calato. Quindi penso che l’altura mi abbia fatto bene e per questo cercheremo di ripercorrere gli stessi passi.

Come è stato andare per la prima volta sul Teide?

Bellissimo, non si può dire altro. E’ stato un ritiro in altura che mi è piaciuto molto, sia per i paesaggi che trovi lassù, sia per i percorsi che ci sono quando scendi. Alla fine è vero che ogni volta devi tornare sul Teide, quindi fare un’ora e mezza, due ore di salita. Però quello che ottieni in cambio è veramente tanto e ti fa capire la fortuna che abbiamo noi di lavorare in posti del genere. Quando sono sceso e sono andato al Tour of the Alps, sapevo di non essere al 100 per cento perché avevo fatto tanto fondo, però mi mancava il ritmo gara. Una volta che è è arrivato anche quello, al Giro si è vista la differenza, soprattutto nella terza settimana.

Prova a pensare al “Piga” neoprofessionista che veniva dalla Spagna. Quanto ti vedi più grande rispetto a quei giorni?

Mi vedo veramente tanto più grande, migliorato sia fisicamente che mentalmente come uomo, come atleta. Penso che questo sia successo soprattutto grazie alla squadra in cui sono, che mi ha fatto fare i passi giusti al momento giusto. La volontà è sempre stata quella di continuare qui e alla fine abbiamo trovato un buon accordo, in cui è compresa la possibilità di fare il programma giusto per me. Non vedrei possibile in questo momento in altre squadre riuscire a fare un altro Giro e giocare le mie carte. Come minimo avrei degli spazi limitati. Qui ho la possibilità di mettermi alla prova e credo che sia una buona cosa.

Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Tempo fa si fece una riflessione proprio su questo: andare in uno squadrone, come ad esempio ha fatto Pellizzari, potrebbe significare non correre il Giro: un vantaggio o uno svantaggio?

Dal mio punto di vista sarà utile tornarci. Quest’anno ho fatto una buona esperienza e ora so dove posso migliorare. Quindi cercherò sicuramente di farlo, per capire se veramente si riesce a crescere su questi punti o se in un futuro dovrò dedicarmi ad altro. Penso che anche Giulio abbia fatto i giusti passi. Ha corso per tre anni in Bardiani ed è cresciuto anche lui molto. Siamo molto amici. Nel 2024 è andato veramente forte in certe tappe del Giro e quest’anno è passato in uno squadrone. Avrà gli spazi ridotti però se lui crede che sia l’ambiente giusto, ha fatto molto bene.

Quali sono le aree in cui pensi di dover crescere?

So che posso migliorare in salita: devo lavorarci ancora tanto, però sono fiducioso. Poi sicuramente nella cronometro, perché quest’anno ho utilizzato poco quella bici. Adesso stiamo apportando dei miglioramenti, cercheremo di mettere a posto alcune cose su cui nel 2024 si faceva un po’ fatica. Ho già iniziato a utilizzarla da quest’inverno almeno un paio di volte a settimana per trovare la posizione e prenderci la mano. Da junior ho fatto il podio ai campionati italiani, da under 23 li ho vinti. Nelle categorie giovanili sono sempre andato a podio dietro gente come Milesi, quindi non penso di essere così lontano. So che devo lavorarci tanto, bisogna dedicarsi ai materiali e cercheremo di fare il possibile.

Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Milesi, Pellizzari… Cosa pensi a vedere che la tua generazione sta crescendo così bene?

Mi fa sicuramente un bel effetto, anche perché siamo tutti amici. Con Milesi e Romele che erano nella mia squadra, con Garofoli, con Germani e con Frigo. Stiamo uscendo pian pianino, perché abbiamo fatto i giusti passi da giovani.

Hai già un’idea del tuo calendario?

E’ ancora presto, stiamo studiando qualcosa, però più o meno cercheremo di seguire il calendario dello scorso anno. Intanto siamo qui per fare un avvicinamento alle prime corse. Siamo divisi in due gruppi, perché non siamo come le WorldTour che partono dall’Australia quindi deve esserci qualcuno che sia pronto già ora. Fra noi, qualcuno partirà un filo prima, qualcuno un po’ dopo. Ma in generale il primo ritiro è più tranquillo. Iniziamo magari con qualche doppia fila, ma soprattutto per affinare il gesto e spolverare gli automatismi. In salita non si va più del medio, perché penso che sia un buon periodo per fare tanto fondo e mettere chilometri nelle gambe sperando che il tempo migliori. E se piove, si va in palestra…

Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Un lavoro che si tiene comunque almeno d’inverno?

Almeno una o due volte a settimana e penso che dal mio punto di vista sia funzionale e utile. Spesso in bici alleni una forza diversa e hai bisogno di altri stimoli per altri muscoli.

Vacanza di Natale a casa?

Con i miei genitori, magari qualche giorno con la mia ragazza e poi tornerò a San Marino fino al secondo ritiro. Da noi ci sono tanti mercatini di Natale, perché sono posti vicini alle montagne, quindi in tutti i paesini si organizzano queste piccole fiere, che dal mio punto di vista sono molto belle perché senti proprio l’aria natalizia. Il Natale mi piace, non mi piace il freddo, però il Natale è bello. Cosa dice il meteo per domani? Massima di 13 gradi, speriamo che si scaldi ancora un po’…

Bertizzolo, la pista e poi l’Australia verso Fiandre e Parigi

30.12.2023
7 min
Salva

OLIVA (Spagna) – Sofia Bertizzolo è tornata in pista. Ovviamente non per prendersi un posto nel quartetto, ma per allenarsi in vista del Tour Down Under. Ce lo ha raccontato Chiara Consonni, per cui una delle prima cose quando la bassanese del UAE Team Adq ci raggiunge, è strapparle una risata raccontando la giornata a Montichiari.

«Nessuna idea di Coppa del mondo – ride – ma è vero che prima del ritiro, ho fatto un rientro in pista. Chiaramente, sono andata senza interferire con quelli che preparavano gli europei. E’ un allenamento che ti salva dal freddo, riesci a fare lavori specifici in bici e nel caso mio che devo anticipare tutto è stato l’ideale. Insomma, era martedì e stava nevicando quasi dappertutto a bassa quota. Ci siamo trovati là in 50 corridori e ho pensato: “Sofia, che brutta idea!”. Invece è venuta fuori una giornata molto ordinata. Villa e i suoi collaboratori sono stati molto disponibili, credo che ci tornerò».

Il primo tricolore del quartetto, Sofia lo vinse nel 2014, stesso anno dell’europeo juniores su strada a Nyon e dell’argento ai mondiali di Ponferrada. Il secondo lo conquistò nel 2015 (con Barbieri, Cavalli e Balsamo) e con le stesse ragazze conquistò il campionato europeo ad Atene, poi sterzò verso la strada. Nel 2019 centrò il quarto posto del Fiandre a 22 anni e oggi è una delle colonne della UAE. Sofia è diretta e schietta. A volte con sano realismo dice che prima o poi tanta schiettezza le si ritorcerà contro.

Nel 2015 ad Atene, Bertizzolo campionessa d’Europa juniores del quartetto con Cavalli, Balsamo e Barbieri
Nel 2015 ad Atene, Bertizzolo campionessa d’Europa juniores del quartetto con Cavalli, Balsamo e Barbieri
La squadra è cambiata tanto. Marta Bastianelli ha smesso e due ragazze come Gasparrini e Consonni ti hanno indicato come riferimento.

Bè, questa è una cosa che mi piace sentire dalle ragazze. Ho 26 anni, non è che abbia tanta esperienza più di loro, però mi rendo conto che appartengo alla generazione che ha vissuto il prima e dopo. Nel male e nel bene, l’anno di svolta per noi è stato il 2020, almeno io ho avuto questa percezione. Da lì in poi c’è stata una spinta incredibile, perché durante il lockdown le donne si sono appassionate al ciclismo.

Come mai ti vedono così?

Forse perché ho una personalità forte. Pretendo, ma sono la prima che le difende quando hanno ragione. Per loro voglio il meglio, mentre da me pretendo la capacità di capire quando una giovane si trova di fronte a una situazione che non conosce, per potergliela spiegare. La difficoltà più grande quando sono passata è che nessuno mi ha spiegato niente.

Quest’anno Bertizzolo ha accelerato la ripresa dato che debutterà al il 15 gennaio al Tour Down Under
Quest’anno Bertizzolo ha accelerato la ripresa dato che debutterà al il 15 gennaio al Tour Down Under
Com’era prima del Covid?

Non c’erano le competenze, non c’era il materiale umano, non c’erano i soldi. I direttori sportivi di 5-6 anni fa erano appassionati, quasi nessuno aveva corso e avevano una visione a volte giusta, a volte sbagliata, ma non professionale. Adesso chiaramente il livello si è alzato, anche perché è un lavoro che dà le risorse per campare. Non è più dilettantismo.

Tempo fa hai detto di aver scelto un ruolo di supporto perché sei forte in salita ma non abbastanza, sei veloce ma non abbastanza. Qual è il tuo spazio?

Sono molto obiettiva con me stessa e con la squadra. Faccio bene il mio lavoro ed è ovvio che le possibilità di trovare il mio spazio si riducano, specialmente se sei onesta (perché non tutti lo sono). Le classiche sono le corse che mi piacciono di più, perché lassù conta l’esperienza. Tante ragazze iniziano a costruirsela e poi dimenticano tutto. Le pressioni, i rapporti… Tenersi un piccolo bagaglio ti fa arrivare lassù già pronta. Sono gare con tante dinamiche e difficilmente finiscono con una volata di gruppo, quindi quello è il mio spazio. Invece nelle corse a tappe, mi dedico a chi cura la generale, oppure tiro le volate per la velocista. Nelle tappe intermedie si può cogliere l’occasione, anche da noi sta cambiando…

Settima all’Emilia, Bertizzolo si è arresa agli scatti di Cavalli e Ludwig. Nel 2023 per lei 58 giorni di corsa
Settima all’Emilia, Bertizzolo si è arresa agli scatti di Cavalli e Ludwig. Nel 2023 per lei 58 giorni di corsa
Che cosa?

Abbiamo visto al Tour de France, che non ho corso, che le gare stanno prendendo questa piega. Vengono premiate le fughe, perché sta diventando tutto più impegnativo. Le distanze aumentano, per cui chi vuole puntare alla generale non può fare le tappe di montagna a tutta, dal chilometro zero all’arrivo. Quindi anche tra noi ormai c’è la distinzione fra chi va per la tappa e chi per la generale. Fino all’anno scorso, prima che tornasse il Tour, era tutti contro tutti dall’inizio alla fine. Adesso sta cambiando.

Hai corso con tecnici come Riis e Arzeni, ora è arrivata Cherie Pridham: è positivo che a guidare una squadra di donne ci sia finalmente una donna?

Non cambia niente, perché il capo deve meritarsi il suo posto. A me fa specie quando ci si pone questa domanda, perché non vedo dove sia il problema. Cherie devo ancora conoscerla, finora l’ho vista solo in due occasioni, ma il mio approccio è lo stesso. Forse l’unica cosa che cambia davanti a un diesse è capire se abbia corso oppure no. Se sono a tutta, uno che ha corso sa quando può chiedermi di tenere un minuto di più. Però, dal punto di vista del ruolo della donna, io sono molto contenta che la squadra si stia muovendo così.

Bertizzolo è tesserata con le Fiamme Oro, con la cui divisa corre le gare di campionato italiano
Bertizzolo è tesserata con le Fiamme Oro, con la cui divisa corre le gare di campionato italiano
Nella maggior parte dei team ci sono ancora uomini nei posti di responsabilità.

Però mi rendo anche conto che stiamo passando a una generazione in cui le atlete smettono e poi rientrano. Penso a Giorgia Bronzini, non so Tatiana Guderzo, oppure Marta Bastianelli che potrebbe avere un ruolo nelle Fiamme Azzurre. Spero che non se la lascino scappare.

Pensi che Marta sarebbe un buon direttore sportivo?

No (ride, ndr), perché lei sente la gara, non la legge. Ha qualcosa di unico, se fai un meeting la sera prima magari non la inquadra, poi arriva in finale e non sbaglia un colpo. Guarda il rapporto dell’avversaria e capisce cosa succederà. E’ una cosa che non puoi spiegare. Mentre il mio approccio è più tecnico. Abbiamo i mezzi per studiare i percorsi e il meteo. Non guardo ogni chilometro, però penso che avere una buona conoscenza ti faccia correre meglio e salvare tante energie. Forse io avrei l’impostazione per fare il direttore sportivo, mentre Marta avrebbe più carisma nel parlare alla radio. 

Nel 2019 a 23 anni, Bertizzolo arriva 4ª al Fiandre: esulta così per la vittoria della compagna Bastianelli
Nel 2019 a 23 anni, Bertizzolo arriva 4ª al Fiandre: esulta così per la vittoria della compagna Bastianelli
Quando ha annunciato il ritiro, eri la più commossa…

Siamo state compagne di squadra per la prima volta nel 2019, per entrambe la prima esperienza fuori dall’Italia. Marta è una persona molto carismatica. Dice sempre: «Uno schiaffo e una carezza». E ha ragione, con me ha funzionato. E’ una persona alla mano. Se sul camper c’è qualcosa da pulire o mettere a posto, lei è sempre là che si dà da fare.

Che stagione vorresti per Sofia Bertizzolo?

Vorrei rivincere, dopo essermi sbloccata al Romandia (foto di apertura, ndr). Come si dice? Vincere aiuta a vincere. Ma penso che il sogno di ogni sportivo sia l’Olimpiade. Il mio obiettivo sono le classiche, potrei trovare soddisfazione personale e insieme dare un segnale al commissario tecnico. Che poi le Olimpiadi sballino il calendario, perché il Tour e i mondiali vengono spostati è un altro discorso. Quindi per il momento vado in Australia a preparare le classiche. L’obiettivo è doppio: far vedere il mio nome e far vedere che so lavorare per la squadra. Ho delle compagne di squadra italiane che giustamente vogliono giocarsi il posto per Parigi e sarò pronta ad aiutarle come loro lo faranno con me. 

Dopo aver corso i mondiali di Wollongong e gli ultimi europei nell’Italia di Sangalli, ora l’obiettivo è guadagnarsi le Olimpiadi
Dopo aver corso i mondiali di Wollongong e gli ultimi europei nell’Italia di Sangalli, ora l’obiettivo è guadagnarsi le Olimpiadi
Aver fatto quarta al Fiandre ed essere stata prima fra le U23 dà un feeling particolare con la corsa?

E’ rimasta la mia corsa preferita. All’inizio odiavo certi percorsi, poi mi sono resa conto che era un limite di conoscenza da parte mia e della squadra. Ho fatto il primo Fiandre con 7 di pressione e l’ho finito che non mi si aprivano più queste tre dita che avevo rotto da piccola. Ho dovuto aprirle con l’altra mano perché erano paralizzate. Quindi è ovvio che non puoi avere un buon feeling nel momento in cui prendi le bastonate, ma all’epoca nessuno fu capace di insegnarmelo. Quando invece capisci i segreti, allora ti regoli di conseguenza e diventa la tua gara preferita. E’ dinamica, può cambiare in ogni momento. Il bello del ciclismo è che non sai come va a finire. Sai che è dura, sai che fredda, sai tutto quello che vuoi. Però penso che dalla parte del tifoso sia la più bella. Io non ho dubbi.

Polti-Kometa, il bello di dirsi le cose in faccia

30.12.2023
6 min
Salva

OLIVA (Spagna) – Se alla Eolo-Kometa vanno via Fortunato e Albanese, i due che nel 2023 hanno ottenuto i punteggi più alti (708 per il toscano, 453 per il bolognese), basta l’arrivo di Matteo Fabbro e Restrepo per tenere il sistema in equilibrio?

Il friulano ha ancora tanto da dire e siamo certi che lo farà. Da par suo Ivan Basso è convinto – e noi con lui – che il 2024 sarà l’anno in cui i giovani del team inizieranno a raccogliere risultati. Nel 2023, la Eolo-Kometa ha vinto cinque corse: la tappa di Campo Imperatore con Davide Bais al Giro, due tappe e la classifica alla Vuelta Asturias con Fortunato e una al Tour Poitou Charentes con Samuele Rivi. Ma il sistema dei punti non premia le buone intenzioni e le intuizioni, per cui da quali nomi riparte la squadra che dal 2024 prenderà il nome di Polti-Kometa?

Lo abbiamo chiesto a Stefano Zanatta, direttore sportivo che la sa lunga e che per stare accanto al “suo” Ivan, ha rinviato i propositi di pensione. Lo abbiamo incontrato in Spagna poco prima di Natale, durante il primo ritiro e subito dopo un allenamento di sei ore in ammiraglia dietro ai suoi corridori (in apertura, foto di Maurizio Borserini).

Stefano Zanatta è stato professionista dal 1986 al 1995. E’ stato ds alla Fassa Bortolo e alla Liquigas. Dal 2021 è alla Eolo-Kometa
Stefano Zanatta è stato pro’fessionista’ dal 1986 al 1995. E’ stato ds alla Fassa Bortolo e alla Liquigas. Dal 2021 è alla Eolo-Kometa
Come si riparte quando vanno via quelli forti?

Negli ultimi due anni, corridori come Albanese e Fortunato li abbiamo rilanciati, perché in precedenza avevano fatto qualche anno di anonimato. Quindi questo è sicuramente un bel biglietto da visita per quelli che sono arrivati. Credo che il gruppo sia di livello più alto, perché abbiamo visto quest’anno che, anche mancando loro, la squadra è stata competitiva. I ragazzi più giovani sono cresciuti e spero che facciano ancora un salto in avanti. Inoltre c’è stato l’inserimento di 2-3 elementi che secondo noi hanno delle qualità da rilanciare.

Ad esempio?

Restrepo, Fabbro, Peñalver e lo stesso Double sono inserimenti molto validi. Già nel primo ritiro ci siamo accorti della loro voglia di entrare nel gruppo e questo per noi è una cosa bella. Il fatto che abbiano scelto di venire qui, anche per usufruire del nostro lavoro. Delle competenze che mettiamo in campo, del modo di lavorare e la possibilità di avere spazio e dimostrare che possono essere dei corridori.

Basso parla spesso dei giovani che vengono su: si percepisce che stanno crescendo?

Certo, diciamo che la cosa fondamentale da fare con il corridore di valore è procedere gradualmente. Ad aver voluto tutto e subito, si poteva anche spingere e ottenere qualche risultato. Ma li abbiamo rispettati: la fretta per mia esperienza non dà grandi risultati. Piganzoli avremmo potuto portarlo al Giro, ma non stava bene ed era inutile inserirlo in una corsa così importante senza che fosse in condizione. Davide ha fatto i suoi passi e altri stanno crescendo come lui. Penso ad Alex e David Martin, penso a Tercero. Sono tutti ragazzi con delle buone qualità e soprattutto nella seconda parte di stagione, anche senza Fortunato e Albanese, li abbiamo trovati davanti nei finali di gara. Se le cose procedono bene e loro ci seguono, quest’anno saliranno un altro gradino.

Tra gli innesti, è arrivato Restrepo, vincitore nel 2023 del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria
Tra gli innesti, è arrivato Restrepo, vincitore nel 2023 del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria
Secondo te sono ragazzi che hanno il corpo d’ala del vero talento?

No, sinceramente il talento vero lo vedi subito. I Van der Poel o Evenepoel erano fenomeni anche a 18-20 anni. Gli altri sono uomini che vengono fuori con il lavoro e con il sacrificio. Ognuno ha le sue qualità  e grazie a quelle può avere il suo spazio nel ciclismo. Adesso tutti cerchiamo il talento, ma non ce ne sono molti in giro. Mi sento di dire che in squadra abbiamo tanti bei corridori, che possono arrivare a fare grandi cose. Porto sempre l’esempio di Ivan Basso, che ha vinto due Giri d’Italia con tanto lavoro. Per contro, uno come Contador poteva anche lavorare meno e arrivava agli stessi risultati e anche migliori.

Quindi farli crescere bene è il vostro vero obiettivo?

Crescere con il lavoro. La nostra ambizione è questa e poter lavorare bene, avere le strutture che ci permettano di farlo. Dal lato sportivo abbiamo un bel gruppo di preparatori, uno staff medico e un gruppo di nutrizionisti appena inseriti. E poi noi direttori sportivi ci confrontiamo sempre sulle scelte. Io oramai metto solo l’esperienza, visto che ai dati e alla tecnologia non riesco a stare dietro, però il bello della nostra squadra è che si riesce a lavorare anche sotto l’aspetto umano.

Forse un corridore come Fabbro ha bisogno proprio di questo?

Credo che tutti ne abbiano bisogno. Matteo viene fuori dalla scuola di Bressan e credo che al CT Friuli ci fosse già questo modo di lavorare, cioè il fatto che ai ragazzi si dicano le cose in faccia. Sapete che questo adesso fa paura? Fa paura affrontare un ragazzo e spiegargli che qualcosa non va bene anche se l’ha letto su internet o chissà quale pubblicazione. Hanno sempre tutto e moltissima gente che gli dice sempre di sì. Invece secondo me serve confrontarsi e dirsi le cose in faccia. Allora spesso abbassano gli occhi, hanno paura del confronto e di guardare la realtà com’è.

Matteo Fabbro si è unito in extremis alla futura Polti-Kometa, dopo quattro stagioni alla Bora-Hansgrohe
Matteo Fabbro si è unito in extremis alla futura Polti-Kometa, dopo quattro stagioni alla Bora-Hansgrohe
Quanto interferiscono i social sul vostro lavoro?

Il mondo di adesso ti porta a pensare che sia tutto facile. Sembra che quello che leggi su un social sia verità e invece molte volte non è così. Adesso in Italia talenti non ce ne sono. Ci sono bravi corridori, anche bravissimi, ma il corridore con il talento cristallino è quello che arriva e fa qualcosa di particolare perché gli è innato. Non confondiamo questo con i risultati sbalorditivi degli juniores che lavorano il doppio dei dilettanti, perché poi ce li ritroviamo di qua e non vanno avanti.

Quanto si può puntare su Piganzoli?

Credo che la bella prova al Giro dell’Emilia gli abbia dato tanta fiducia. A Bologna è arrivato sedicesimo, un risultato che può anche dire poco, ma è stato uno dei due o tre delle professional a lottare con i migliori all’ultimo giro. Ha 21 anni, gli ho detto che quello è un punto da cui partire per crescere ancora. E’ un corridore buono che va dappertutto e quest’anno partirà con un programma inizialmente soft, poi sempre più importante. Prenderà qualche schiaffo in più, però anche lui si rende conto che per arrivare in alto, bisogna avere il confronto con i migliori. Non possiamo andare a correre nei dilettanti e vincere, uno che voglia ambire a fare il professionista deve confrontarsi e allenarsi coi migliori.

Manca secondo te un Gavazzi in questa squadra?

Francesco dava tanti suggerimenti. Ci ha dato una bella mano, perché aveva l’esperienza e l’umiltà di dimostrare come si potevano fare le cose non solo a parole, ma anche con i fatti. Il suo è stato un bell’insegnamento, un bel punto di riferimento per tutti i giovani e spero che voglia rimanere con noi e collaborare con qualche ruolo in seno alla squadra

Gavazzi si è appena ritirato: il suo contributo di esperienza è sempre stato molto prezioso
Gavazzi si è appena ritirato: il suo contributo di esperienza è sempre stato molto prezioso
Pensi che Fabbro sia una carta da giocare per il Giro d’Italia?

Il ragazzo sicuramente ha fatto delle belle cose da dilettante, dipende da cosa si intenda per fare classifica. Se dicessimo di voler arrivare nei cinque, allora saremmo presuntuosi. Se invece l’idea è di fare delle belle tappe come negli ultimi anni e accontentarsi della classifica che viene di conseguenza, allora dico che questo è possibile.

Ti sei mai pentito di aver lasciato la pensione e di essere rientrato in gruppo?

Diciamo che negli ultimi mesi ci ho pensato parecchio, soprattutto dopo che ho avuto qualche problema fisico. In qualsiasi altro ambiente, avrei lasciato. Invece pensando ai ragazzi che ho qua e come ci seguono, mi sarebbe dispiaciuto. In più, Ivan e Fran ci tenevano che rimanessi, quindi ho ridotto un po’ il lavoro e proverò a dare ancora un contributo alla squadra. La passione c’è sempre, quella non diventa vecchia.

Nuovo allenatore, il tabù di Parigi e più ore: è la Consonni 2.0

28.12.2023
6 min
Salva

OLIVA (Spagna) – L’ultima volta che con Chiara Consonni si parlò di Olimpiadi, anche il suo spirito indomito traballava. Il cittì Salvoldi l’aveva lasciata fuori da quelle di Tokyo e la bergamasca non la prese affatto bene. Forse per questo se il discorso finisce su Parigi 2024, Chiara preferisce non parlarne.

Il primo anno in WorldTour ha portato quattro vittorie e tanti piazzamenti, correndo accanto a una leader come Marta Bastianelli, da cui Chiara ha avuto tanto da imparare. In più è arrivata la chiamata nelle Fiamme Azzurre, a coronare un lungo inseguimento. Nel frattempo c’è stato da lavorare per trasformare la frizzante “Conso” in una professionista irreprensibile, con la certezza che i margini siano ancora molto ampi.

«Sto cercando di mettere a posto le piccole cose – dice Consonni – per iniziare al meglio. La pausa è stata breve, sembra ieri che eravamo ancora in Cina. Ci sono state tante cose da fare e ora siamo pronti a ripartire. Il 10 gennaio ci saranno gli europei in pista, quindi iniziamo subito a bomba. E’ un po’ presto, ma va bene per capire a che punto siamo come gruppo e come prestazioni».

A Glasgow, Consonni ha corso il quartetto e la madison, conclusa da sola per la caduta di Martina Fidanza
A Glasgow, Consonni ha corso il quartetto e la madison, conclusa da sola per la caduta di Martina Fidanza
Con la nazionale vi siete visti a Noto, cosa avete fatto?

Abbiamo fatto strada, tanta strada. Faceva caldo, quasi 25 gradi: meglio che in Spagna. Abbiamo iniziato a creare già il gruppo della pista, stare con quelle ragazze mi diverte sempre, quindi è stato bello. Siamo stati una decina di giorni, tornata a casa ho fatto un po’ di pista e poi siamo venuti qui.

Vittoria Guazzini ha detto che il focus del suo 2024 saranno le Olimpiadi.

Non lo so, per me è un argomento tabù. Tre anni fa ho cercato di giocarmela, ma è andata a finire male. Da ogni sconfitta ci si rialza e si cerca di migliorare quello che non è andato. Quindi sto facendo questo: sto cercando di diventare migliore per meritare quel posto.

Per il secondo anno consecutivo, Consonni ha vinto l’ultima tappa del Giro: nel 2022 a Padova, nel 2023 a Olbia
Per il secondo anno consecutivo, Consonni ha vinto l’ultima tappa del Giro: nel 2022 a Padova, nel 2023 a Olbia
Che cosa rimane dopo una simile delusione?

Tanta voglia di riprovare. Sicuramente penso di essere maturata come atleta e come persona, quindi ho molta più consapevolezza di quali sono i miei mezzi e l’intenzione di usarli al meglio. E poi c’è l’ambizione di perfezionare tutti gli aspetti cui magari prima non davo importanza e invece sono essenziali.

Quindi a Parigi non ci pensi?

No, per adesso no. Per ora il mio focus è fare bene agli europei. Poi iniziare bene su strada, sicuramente nelle classiche. Abbiamo una bella squadra, ci sono 2-3 ragazze che possono aiutarmi nei finali in volata e cui a mia volta anche io posso dare una mano, quando il finale sarà più adatto a loro. Poi da metà stagione in poi, vorrei focalizzarmi sulla pista e vedere cosa si riuscirà a fare.

Sin dagli anni della Valcar, Arzeni allenava le sue ragazze. Ora non è più possibile: il team non vuole sovrapposizioni di ruoli
Sin dagli anni della Valcar, Arzeni allenava le sue ragazze. Ora non più: il team non vuole sovrapposizioni di ruoli
Nel frattempo anche tu hai cambiato preparatore, come va senza Arzeni?

Sono aumentate quantità e qualità. Ho fatto più palestra. Siamo riusciti a mettere insieme una serie di piccoli cambiamenti, cercando di perfezionare anche certi lavori. Ho iniziato a lavorare con Luca Zenti. Sicuramente è una persona nuova, che però mi conosce poco. Ugualmente ho tanta voglia di lavorare anche con lui, mi trovo molto bene, quindi vediamo. Ovviamente il Capo rimane sempre il Capo, però la squadra ha preso questa decisione e abbiamo dovuto cambiare, non c’è stato tanto da scegliere.

La squadra sta crescendo, sono arrivati volti nuovi, come sta andando?

Sinceramente il fatto che mi abbiano aiutato a perfezionare il mio treno, sistemando quello che nell’ultima stagione non è andato sempre bene, mi motiva ancora di più. Mi fa capire che credono in me e questo mi dà tanta motivazione. L’obiettivo è andare avanti e migliorarci sempre.

Dopo aver corso Giro e Tour, ai mondiali di Glasgow si è visto il miglioramento di Consonni in salita
Dopo aver corso Giro e Tour, ai mondiali di Glasgow si è visto il miglioramento di Consonni in salita
Il dramma dei velocisti, è sempre la salita. Come si fa a conviverci?

Sicuramente stando più attenti al peso, allenandoci per più ore come abbiamo cominciato a fare in ritiro. Le distanze più lunghe sono necessarie, anche perché quest’anno hanno aumentato ancora il chilometraggio delle gare, quindi diciamo che lo sprint viene dopo un miglioramento globale della resistenza. Abbiamo fatto blocchi di lavoro più intensi e più lunghi, poi prima degli europei il piano è di perfezionare il lavoro in pista, che viene bene anche per combattere il freddo.

Forse anche per questo alcune ragazze si sono riavvicinate al velodromo?

CI sono molti vantaggi. A me ha sempre dato il colpo di pedale che mi mancava, quindi non è per caso che anche altre ragazze si siano riavvicinate al velodromo. Prima del ritiro è venuta anche Sofia Bertizzolo. Sono lavori che magari sembrano faticosi se non li facevi da 3-4 anni, ma che se mantieni costanza per tutto l’inverno, ti aiutano tanto anche nelle classiche su strada. A me che sono velocista danno tanto anche nei cambi di ritmo in volata. Al punto che se in futuro non dovessi più correre in pista a livello internazionale, continuerei comunque ad usarla in preparazione.

Tour of Guangxi, ultima tappa alle spalle. Un filo di trucco per il podio e la stagione è finita così
Tour of Guangxi, ultima tappa alle spalle. Un filo di trucco per il podio e la stagione è finita così
C’è stata davvero una sterzata nel gruppo pista dopo il discorso di Amadio a Glasgow?

Quello che è successo ha una ragione precisa. Il cambiamento di due anni fa, con la pista passata tutta nelle mani di Villa, per noi ragazze è stato drastico. Ci siamo ritrovate a cambiare tutto il nostro modo di lavorare e gestire gli allenamenti. Il primo anno è andata bene, il secondo anno un po’ meno, ma stiamo imparando dai nostri errori. Ci stiamo organizzando per andare in pista più spesso e questa cosa deve partire soprattutto da noi. Sappiamo che lavorando bene, possiamo dire la nostra, quindi sta a noi organizzarci. Anche perché siamo diventate grandi, quindi riusciamo a capire quali sono le nostre esigenze e riusciamo a tenere unito il gruppo.

Scegliamo una classica che vorresti vincere?

La Dwars door Vlaanderen. Nel 2022 l’ho vinta, ma ho fatto anche seconda per due volte, l’ultima proprio quest’anno. Mi piacerebbe vincerla ancora, il percorso mi piace tantissimo e parto sempre motivata, perché so che posso dare tanto. E’ un piccolo Fiandre. Ma se devo pensare in grande e alzare il tiro, mi piacerebbe anche la Gand-Wevelgem, che è la gara del cuore da quando ero piccolina.

Le distanze crescono, Gasparrini si rimbocca le maniche

27.12.2023
5 min
Salva

OLIVA (SPAGNA) – Con la benedizione di Marta Bastianelli. Eleonora Camilla Gasparrini non è più la ragazzina con lo sguardo impertinente, ma un’atleta con la maiuscola. E Marta se ne è accorta semplicemente vivendole accanto nell’ultima stagione della carriera.

La “Gaspa” era annunciata da Arzeni sin da quando era poco più di una junior e, forte di un titolo europeo, si era affacciata nel grande gruppo con la maglia della Valcar. La sua presenza era stata per il “Capo” il modo per digerire più facilmente la partenza di Elisa Balsamo prima e poi delle altre grandi.

«Stiamo crescendo piano piano – sorride – ogni anno si si fa un passo in più nel modo giusto. Inizio anche a vedere qualche risultato, quindi sono contenta. Leggere quelle parole di Marta è stato un grande onore. La scorsa stagione ho avuto modo di avere tanto a che fare con lei. Siamo riuscite a confrontarci spesso e sentirla parlare a quel modo mi ha dato tanto morale».

Eleonora Camilla Gasparrini è nata a Torino il 25 marzo 2002. Nel 2020 ha vinto l’europeo juniores, dal 2022 è alla UAE
Eleonora Camilla Gasparrini è nata a Torino il 25 marzo 2002. Nel 2020 ha vinto l’europeo juniores, dal 2022 è alla UAE

Il WorldTour a vent’anni

La “Gaspa” ha il piglio del monello e il rigore della professionista. Questo testimonia il carattere e insieme fa capire che l’arrivo del WorldTour ha stretto le maglie anche fra le ragazze.

«Il modo in cui si convive con questa disciplina – spiega – è una cosa molto soggettiva. Per me non è un peso e lo faccio perché mi piace. Mi piace anche essere professionale, ma è chiaro che per i livelli a cui è adesso il ciclismo, è necessario fare delle rinunce. A essere onesta però, ho anche il modo di divertirmi e il tempo per farlo, ovviamente nei giusti momenti. Da fine ottobre a fine novembre si può mollare al 100 per cento. Invece durante la stagione ci sono magari periodi in cui fare un passo indietro per ricaricarsi un po’, ma senza fare chissà cosa. Già stare in famiglia in questo periodo e vedersi con gli amici prima che parta la stagione è una bellissima opportunità».

Le distanze crescono

Siamo in una fase di passaggio. Traghettato il movimento verso il professionismo, adesso l’UCI ha messo mano alle distanze di gara, aumentandole.

«L’aumento delle distanze – conferma Gasparrini – è un dato oggettivo. Io sono sempre stata abituata a non fare troppe ore, puntando più sull’intensità. Adesso invece c’è da allungare e lo stiamo facendo anche in questo caso in modo graduale. Mi rendo conto che sto vivendo il periodo di passaggio, facendo tutto per gradi. Quando faccio la distanza, si tratta solo di endurance, senza lavori in particolare. Comunque siamo sopra le quattro ore. Però un conto è farle da sola, altro è farle in gruppo. In questo caso infatti, come in ritiro, si può allungare.

«In Spagna abbiamo cercato di sfruttare il caldo e il bel tempo. Per i lavori di intensità si lavora a casa, anche se fa freddo, magari ricorrendo a qualche seduta indoor sul ciclomulino e andando un paio di volte in palestra. E comunque d’inverno non c’è solo la bici, a casa c’è anche lo sci di fondo, visto che abito vicino a località sciistiche. E’ anche il modo per svagarmi un po’». 

Nel 2023 per Gasparrini ci sono stati 52 giorni di gara, con la vittoria al Tour de Suisse
Nel 2023 per Gasparrini ci sono stati 52 giorni di gara, con la vittoria al Tour de Suisse

Lo sguardo sull’Amstel

Il tempo di spiegare che sui rulli preferisce la musica alle serie tv, che diventano un’ottima compagnia quando c’è solo da far girare le gambe, poi Gasparrini solleva il velo sulle ambizioni per la prossima stagione.

«Vorrei avere più lucidità nei momenti clou delle gare – dice – perché a volte perdo l’attimo, vorrei cercare di essere più pronta. Mi rendo conto che con l’esperienza, inizi a leggere le gare in maniera diversa e a capirle meglio. Nonostante da junior abbia vinto bene, qui c’è un altro mondo. Nelle juniores eravamo solo italiane e con un modo di correre totalmente diverso. Nelle poche esperienze che avevo fatto con la nazionale, avevo visto parecchie differenze nelle tattiche delle straniere. Un obiettivo per il 2024? Vi direi una classica che quest’anno ho fatto per la prima volta, cioè l’Amstel Gold Race. Secondo me potrebbe essere adatta alle mie caratteristiche. Un percorso misto e vario, con un arrivo leggermente all’insù che potrebbe fare per me».

Al Tour Femmes con “Yaya” Sanguineti: le ragazze della Valcar si cercano in continuazione
Al Tour Femmes con “Yaya” Sanguineti: le ragazze della Valcar si cercano in continuazione

Lo spirito Valcar

Con la benedizione di Marta Bastianelli, che però non è più parte del gruppo. La sua uscita ha ridisegnato gli equilibri in seno al UAE Team Adq, con atlete come Chiara Consonni, Silvia Persico ed Erica Magnaldi a raccoglierne il testimone. E con Arzeni in ammiraglia, anche se non più unico capo, in qualche modo lo spirito della Valcar aleggia ancora.

«Credo che ricreare la Valcar da qualche altra parte – sorride – sia quasi impossibile. Però c’è lo spirito giusto e arrivano anche i risultati. C’è un bel gruppo, siamo uniti, ci divertiamo e anche quello è importante, visto che stiamo tantissimo tempo via da casa. Ci rendiamo conto che il ciclismo sta crescendo e bisogna stare al passo, anche a livello di struttura di squadra. Sono arrivate nuove figure professionali, ma se si vuole una struttura ben solida, bisogna fare assolutamente così».

Magnaldi, in salita non si scherza: «Scalatori si nasce»

19.12.2023
6 min
Salva

OLIVA (Spagna) – Erica Magnaldi è un medico e anche un’atleta. Anzi, al momento è un’atleta che ha studiato per diventare medico e alla fine ha preferito inseguire il sogno di bambina di conquistare i cinque cerchi. All’inizio lo strumento per raggiungerli fu lo sci di fondo, oggi ha la forma di un manubrio ricurvo sopra due ruote sottili e veloci. Purtroppo il percorso di Parigi 2024 non le si addice troppo, anche se non sarà mai lei a chiamarsi fuori. Nel frattempo però ha messo nel mirino quello dei mondiali di Zurigo, che invece sarà ben più ricco di salite. E dice sorridendo che se nel 2028 il percorso sarà duro e lei ancora in forma, tornerà a pensarci.

Erica Magnaldi infatti è una scalatrice, ne ha lo sguardo e la schiettezza. Lo scalatore guarda lontano, per scorgere la traccia della strada sul fianco della montagna e capire quanta fatica gli costerà raggiungere la vetta. La fatica a Erica non ha mai fatto paura. Anzi, il suo preparatore Dario Giovine dice che più le fatiche si sommano e meglio la piemontese si trova. Quello che forse non era stato ben considerato quest’anno è stato che tra le fatiche del Giro e quelle del Tour c’erano soltanto tre settimane: poche per dire di averle smaltite completamente. Così per il prossimo anno, ferma restando la voglia di riprovarci, l’idea sarà di fare classifica in uno e dedicarsi alla squadra e alle tappe nell’altro. In entrambi i casi, ci sono due mostri che la guardano con occhio maligno e insieme seducente. Il Block Haus in Italia, l’Alpe d’Huez in Francia.

Il 25 ottobre 2018, Erica Magnaldi si laurea in medicina, viene dal fondo e corre alla BePink (foto Instagram)
Il 25 ottobre 2018, Erica Magnaldi si laurea in medicina, viene dal fondo e corre alla BePink (foto Instagram)
Pensi che la tua laurea in qualche modo ti aiuti a fare sport?

Sicuramente, in parte anche nella maniera di affrontare le sfide e la competizione. Aver passato tanti anni sui libri e quindi aver capito che senza fatica, senza impegno quotidiano e organizzazione non si ottiene niente, è qualcosa che poi ho traslato anche nell’ambiente dello sport. E poi diciamo che a volte mi permette di capire alcuni aspetti dell’allenamento e della nutrizione in maniera più approfondita e di continuare anche in quest’ambito la mia formazione. Se mentre ero una studentessa a medicina, mi avessero detto che un giorno avrei puntato a far classifica al Tour de France, non ci avrei neppure riso, probabilmente semplicemente non ci avrei creduto.

Block Haus e Alpe d’Huez, Giro e Tour: se tu potessi scegliere seguendo il gusto o la fantasia?

Quando la strada del Tour è stata rivelata, mi ha subito attratto molto, anche perché sono salite abbastanza vicine a dove vivo. Le sognavo già dall’anno scorso, speravo che quest’anno il Tour sarebbe arrivato a toccare le Alpi e così è stato. Quindi sicuramente sulla tappa dell’Alpe d’Huez un bel cerchio rosso l’ho messo. Una volta andai a vedere una gara di mio fratello e ne feci un pezzo, mentre il resto lo finimmo in macchina. Però sicuramente andremo a studiarla per bene.

«Quando sono sola in salita, riesco a staccarmi da telefono e computer e stare con me stessa» (foto Instagram)
«Quando sono sola in salita, riesco a staccarmi da telefono e computer e stare con me stessa» (foto Instagram)
Giro, Tour e tutto il resto. Vista questa ricchezza di impegni, che inverno stai vivendo?

Per adesso, non sento troppa pressione. Sto cercando semplicemente di affrontare gli allenamenti nel miglior modo possibile, seguendo i carichi in maniera graduale, lavorando giorno per giorno, settimana per settimana, senza anticipare gli impegni della stagione. So già che sarà un anno impegnativo, perché prima dei grandi Giri parteciperò a delle gare importanti.

Quando un allenamento è ben riuscito?

Quando torno a casa e mi sento proprio di aver lavorato, quindi sono stanca. Magari ho un po’ di mal di gambe, ma sono riuscita a fare i watt e i numeri richiesti dall’allenatore, a fare le ore e l’intensità previste dal mio programma. Quando è così, sono soddisfatta. Io tendenzialmente sono abbastanza precisa, a volte quasi ossessiva/compulsiva (ride, ndr). Se rientro e ho due minuti in meno, magari giro intorno a casa fino a quando non ho raggiunto il tempo stabilito. Di solito, se posso, faccio qualche minuto in più, mai in meno. Altrimenti non mi sento soddisfatta.

Abbiamo incontrato Erica Magnaldi nell’hotel del UAE Team ADQ a Oliva
Abbiamo incontrato Erica Magnaldi nell’hotel del UAE Team ADQ a Oliva
Che cosa significa ritrovarsi a scalare una montagna in solitudine?

Io amo molto pedalare in salita, spesso a casa mi alleno da sola e non mi pesa. Anzi sono quelle poche ore al giorno in cui sono completamente scollegata dal telefono e dal computer. Ho anche il modo di conversare soltanto con me stessa e pensare. Spesso non uso neanche la musica, mi piace proprio prendere questi momenti per riflettere, per pensare o anche soltanto per apprezzare i luoghi in cui sto pedalando. Le salite sicuramente sono le parti che apprezzo di più del percorso. Far fatica, arrivare in un punto con un bel panorama, poi apprezzare la discesa è qualcosa che nel piccolo di tutti i giorni mi dà una grande soddisfazione.

Il fatto di pensare sparisce o si trasforma quando sei in gara?

In gara ovviamente si pensa, si pensa molto. Si cerca di rimanere concentrati in ogni momento. Io in particolare, proprio perché non sono nata già da ragazzina nel gruppo, non mi sento mai del tutto rilassata. Tendo a essere sempre molto concentrata e sempre attenta a evitare possibili rischi o capire quando è il momento di essere più avanti. Ci sono sicuramente molti pensieri, ma sono diversi da quelli dell’allenamento. In generale cerco sempre di costringermi a pensare in maniera positiva, a credere nelle mie capacità. Mi auto incito, molto spesso mi trovo a dirmi frasi tipo: «Ce la puoi fare». Sono cose che mi aiutano a sopportare la fatica.

«Anche in corsa penso quando sono in salita, ma si tratta di incitarsi e restare concentrata»
«Anche in corsa penso quando sono in salita, ma si tratta di incitarsi e restare concentrata»
Che cosa si prova quando sei a tutta e di colpo gli altri restano indietro?

Non capita troppo spesso, però qualche volta è successo ed è probabilmente uno dei momenti più belli nel nostro sport. Uno di quelli per cui si lavora sodo e, quando effettivamente succede, ti ripaga di tutta la fatica che hai fatto.

Si ha mai la voglia di mollare?

A volte si sta soffrendo talmente tanto, che semplicemente ti viene da dire: «Basta, mi arrendo, mollo». Se invece in quel momento si ha la forza mentale di soffrire ancora per un chilometro, per altri cinque minuti, quello spesso può fare la differenza tra una vittoria e un posto fuori dal podio.

Ti è mai capitato di mollare e poi di mangiarti le mani perché mancava davvero poco?

Sì, più di una volta dopo la gara mi è capitato di pensare che se avessi stretto ancora un attimo i denti, magari ce l’avrei fatta. A posteriori è sempre facile pensare che bastavano 10 secondi in più, che bastava tenere un attimo più duro quando stavo davvero soffrendo, con le gambe che bruciavano. Ma quando ci sei dentro, continuare non è facile come parlarne.

«La corsa in salita è una sfida con le avversarie e con la propria capacità di farsi del male». Qui al Tour, sul Tourmalet
«La corsa in salita è una sfida con le avversarie e con la propria capacità di farsi del male». Qui al Tour, sul Tourmalet
Allo scalatore la fatica deve piacere più che ad altri?

Ridendo, dico sempre che in un’altra vita avrei voluto nascere velocista, perché la vita dello scalatore è veramente dura. Non sto assolutamente sminuendo il lavoro, le capacità e l’abilità che deve avere un velocista, anzi li ammiro tantissimo. Però sicuramente le opportunità che abbiamo sono minori e per coglierle bisogna ogni volta spremersi fino al limite e spesso superarlo. Molto spesso quando si battaglia su una salita, al di là delle forze in campo, è una lotta contro il riuscire a sopportare il dolore e la fatica. E’ spingersi un pochino oltre ed è qualcosa che devi avere dentro. Penso che scalatori si nasca: al di là delle caratteristiche fisiche, è proprio una caratteristica mentale di saper sopportare il dolore e stringere i denti un po’ più degli altri.

L’inverno del cambiamento e finalmente Persico tira il fiato

17.12.2023
6 min
Salva

OLIVA (Spagna) – Se la spia del diventare grandi è la capacità di razionalizzare gli sforzi e rinunciare a qualcosa per conseguire il proprio obiettivo, allora Silvia Persico è diventata grande. Nel giorno in cui in Belgio si è vissuta la vigilia della Coppa del mondo di ciclocross di Namur, con Van der Poel che a Herentals le ha suonate a Pidcock, la bergamasca si è goduta il giorno di riposo, dopo nove giorni di lavoro importante in ritiro. La temperatura è da primavera avanzata, i 15 gradi all’ombra pungono leggermente se si è lasciata la felpa in stanza, ma pare che ieri pedalando al sole si siano raggiunti i 27.

«Il fatto che abbia rinunciato al cross – esordisce Persico, seduta sul divanetto – è una questione di priorità. Sicuramente quest’anno ho avuto alti e bassi, quindi ho scelto di prendere l’inverno in maniera più easy per recuperare. Se il cross mi manca? A volte guardo le gare e quando vedo che arrivano tutti sporchi di fango, penso che in fondo sia meglio vederla dal divano». 

Un po’ di riposto serviva, dopo i 12 giorni di corsa nel cross e i 50 su strada con Giro, Tour, mondiali di cross e strada e campionati europei. In casa UAE Team ADQ si è consumata una rivoluzione tecnica. Per distinguere i ruoli, si è deciso che i direttori sportivi non possano più preparare le atlete. E così Arzeni, che dai tempi della Valcar aveva sempre allenato le sue ragazze, si è ritrovato di colpo a cedere la preparazione di Persico, Consonni e Gasparrini. E le ragazze hanno ricominciato con nuove figure e la conoscenza da fare.

Che inverno ti aspetti che sia?

Sarà l’inverno del cambiamento. Senza cross, cercando di fare cose che durante la stagione mi sarebbero impossibili. Un inverno un po’ diverso dagli altri, in cui peraltro ho cambiato anche il coach.

Che cosa ha significato cambiare allenatore?

Dopo 8-9 anni con Davide (Arzeni, ndr), non è stato semplice, però devo credere in questo nuovo processo e fidarmi di Luca Zenti, il mio nuovo allenatore. All’inizio è stato difficile, ma adesso è un mese e mezzo che mi alleno con lui e sta diventando tutto più semplice. Ci stiamo conoscendo e comunque credo che sia importante durante la carriera fare dei cambiamenti. Speriamo che questo sia arrivato al momento giusto. Immagino che Luca e Davide abbiano parlato fra loro al momento del passaggio delle consegne, anche se Luca già aveva seguito il mio lavoro in altura a Livigno, preparando il Giro. Diciamo che conosceva già i miei valori.

Silvia Persico, 4ª al Fiandre 2023. Qui nella morsa della SD Worx, tra Vollering e Kopecky che vincerà
Silvia Persico, 4ª al Fiandre 2023. Qui nella morsa della SD Worx, tra Vollering e Kopecky che vincerà
Che cosa ti viene in mente al pensiero del Giro delle Fiandre?

Bè, sicuramente che è un sogno, una gara che mi piacerebbe vincere. L’anno scorso ci sono andata abbastanza vicino, ma ero in fuga con Lotte Kopecky che poi ha vinto. Diciamo che lo sogno da quando sono passata e speriamo che prima o poi arrivi. Serve essere nella giornata giusta e devi avere una buona squadra. Credo proprio che quest’anno la avremo per le classiche in generale, non solo per il Fiandre.

Vai forte su parecchi terreni, hai scelto il tuo profilo migliore?

Sicuramente quest’anno hanno voluto che facessi un po’ tutto. Nel 2024 voglio concentrarmi di più su qualche aspetto in particolare. Più che altro vorrei andare bene per le classiche, poi puntare alle tappe del Giro e del Tour. Hanno sempre voluto che facessi classifica, ma quest’anno ho avuto continuamente alti e bassi, quindi spero che per quel ruolo ci sia Erika (Magnaldi, ndr). Io potrei darle supporto, pensando a fare bene in alcune tappe.

Al Tour de France Femmes, tutta la squadra a disposizione, ma rendimento incostante
Al Tour de France Femmes, tutta la squadra a disposizione, ma rendimento incostante
Fra il Giro e il Tour ci sono le Olimpiadi, ci pensi anche tu?

Una garetta quasi importante, insomma… Diciamo che è il sogno di tutti gli atleti, quindi speriamo vada tutto bene. Sicuramente ci andrà chi più lo avrà meritato, per cui vedremo durante la stagione. Con il cittì Sangalli avevamo già cominciato a parlare, ma siamo ancora in tante, quindi credo che guarderà le prime gare e poi deciderà cosa fare.

Cambio di allenatore, cambio di obiettivi: cambio anche di preparazione?

Sinceramente no. Come volume faccio più ore, sto di più sulla bici. Il 31 dicembre dello scorso anno fu la prima volta che facevo quattro ore, col gruppo del lago. Quest’anno ha iniziato a farle già a novembre, anche più volte per settimana. E’ necessario perché le gare sono diventate più lunghe. Un paio di anni fa, con 140 chilometri sembrava una gara lunghissima. Adesso è una distanza da gara corta e nel 2024 si allungherà ancora di più. Per questo abbiamo aumentato in allenamento. E poi aggiungiamo che prima ero più giovane e dovevo fare le cose con gradualità. Adesso invece ho 26 anni e credo che sia il momento di alzare l’asticella.

Le classiche saranno il focus principale: nel 2023 è venuta (alla grande) la Freccia del Brabante
Le classiche saranno il focus principale: nel 2023 è venuta (alla grande) la Freccia del Brabante
Il fatto di correre il UAE Tour, che per voi ha particolare importanza, impone di stringere i tempi?

Sicuramente abbiamo iniziato a spingere già da qui e sicuramente anche Natale non sarà un periodo tranquillo. Non so come arriverò al UAE Tour, nel 2023 chiusi al terzo posto, quindi magari andrà bene anche il prossimo anno. Comunque torneremo qui l’8 gennaio e poi andremo a fare le prime gare a Mallorca, in modo da arrivare in UAE più rodate.

Pontoni ha lasciato intendere che nel 2024 potresti rimettere le ruote nel cross…

Non lo so, sinceramente non lo so. Alla fine l’idea di fare un inverno più tranquillo mi incuriosiva e finora mi è anche piaciuto, quindi vediamo come andrà la stagione su strada e poi da lì riprogrammeremo la stagione invernale. Il cross mi dà qualcosa per la strada, ma è anche vero che prima la stagione iniziava più avanti e finiva prima, invece adesso si anticipa il via e si ritarda la fine. Bisogna scegliere, non si può fare tutto. Questo l’ho visto sulla mia pelle, sennò a un certo punto esplodi.

L’ultimo anno di Gavazzi è una preziosa eredità

30.12.2022
6 min
Salva

Probabilmente se l’ultimo Giro fosse andato come si aspettava, Gavazzi sarebbe a casa a costruirsi un’altra vita. Invece qualcosa non ha funzionato e al momento di tirare le somme, il valtellinese si è trovato con le tasche ancora piene e fermarsi sarebbe stato uno spreco. Così ha convinto Basso a prolungargli il contratto, scrivendo però anche la data del fine carriera: 31 dicembre 2023.

«Sarà sicuramente l’ultimo anno – sorride – avevo deciso che fino al Giro d’Italia non ci avrei pensato, poi avrei tirato le somme con calma. Ma appunto non mi è piaciuto come è andato e visto che qua ci sto proprio bene, ho deciso di continuare. Ci sono tanti giovani e mi stimolano più loro che le mie stesse prestazioni. E’ importante aiutarli a crescere, vederli in allenamento, condividere momenti insieme. In questi 2-3 anni è stato un ruolo che ho apprezzato parecchio, probabilmente il motivo principale per cui continuo».

Gavazzi ha iniziato a Oliva il suo ultimo anno da pro’ con la Eolo-Kometa. E’ nato nel 1984, è alto 1,71 e pesa 65 chili
Gavazzi ha iniziato a Oliva il suo ultimo anno da pro’ con la Eolo-Kometa. E’ nato nel 1984, è alto 1,71 e pesa 65 chili

La prima volta che ci incontrammo, Francesco aveva 21 anni e correva con la Unidelta-GLS di Bruno Leali. Era il 2005 e osservandolo mentre parla, sul suo viso si possono leggere le storie di una vita in bicicletta, passata per alti e bassi lungo strade non sempre scorrevoli.

Smetterai per restare nell’ambiente?

Non credo a un futuro da direttore sportivo. Mi piace il mio lavoro, però è stressante dal punto di vista dei viaggi e la vita fuori casa. Ho due bambini e probabilmente quando smetterò, cercherò un lavoro vicino casa. Di tanto in tanto mi farò vedere per salutare gli amici, ma il lavoro di direttore sportivo non fa per me. Anche se probabilmente ci sarei anche portato.

Come ti trovi in questo ciclismo così veloce?

Sembra una frase fatta, ma negli ultimi anni è cambiato radicalmente, con la nuova generazione di fenomeni e il loro modo di correre. Interpretare la corsa è difficile e diventa sempre più imprevedibile. A vederlo da fuori, sarà anche bello, ma capire cosa succede è sempre più difficile. I giovani devono dimostrare quanto valgono e come loro anche uno che ha 38 anni. Voglio far vedere che non sono qua per rubare il posto a uno che ha 22-23 anni, ma per fare un altro anno ad alto livello.

E’ un mondo così stressante?

Il ciclismo di quando sono passato io, aveva una misura più umana. Era meno stressante, c’era meno ansia, si andava meno alla ricerca del pelo nell’uovo. Per questo secondo me sarà sempre più difficile fare carriere lunghe. E’ importante far capire ai più giovani che nonostante tutto, lo si può vivere in modo diverso. E’ certamente un lavoro, ma anche quello che ti piace fare. Sono ragazzi fortunati. Se sei forte, guadagni molto più dei tuoi coetanei che sono a casa, lavorano e studiano. Il ciclismo è difficile, fai sacrifici e magari a volte fatichi a vederne il bello, ma è sbagliato farlo diventare un’esasperazione.

Altrimenti?

Non te lo godi più. Fai due o tre anni al vertice, poi basta un intoppo e diventa tutto difficile. Prendiamo per esempio Dumoulin, il primo che mi viene in mente. Sono casi che 10 anni fa non succedevano praticamente mai. Uno come Tom avrebbe fatto la sua carriera, invece man mano che si va avanti, ci saranno sempre più corridori che smettono di colpo. Perché se di testa non sei fortissimo, prima o poi si inceppa qualcosa. E’ un lavoro impegnativo, ragazzi, però quando al Giro d’Italia fai una tappa di 5 ore, a casa ne faresti 8 in fabbrica e non è la stessa cosa. Ci sono i tifosi, ci sono tante attenzioni. Bisogna prendere i lati positivi per allentare la tensione che altrimenti ti opprime.

Il ruolo di Gavazzi sarà ancora quello di riferimento per i giovani e regista in corsa (foto Maurizio Borserini)
Il ruolo di Gavazzi sarà ancora quello di riferimento per i giovani e regista in corsa (foto Maurizio Borserini)
Pensi mai a come sarà senza i tifosi e il resto?

Ci penso sì, per quello non ho smesso (ride, ndr). Sicuramente sarà un’altra vita, ma per il carattere che ho probabilmente non ne risentirò troppo. Non sono mai stato uno cui piace stare al centro dell’attenzione, sono abbastanza coi piedi per terra e non mi dispiace pensare a una vita… normale. Ho sempre fatto questo, lo sognavo da bambino, è ovvio che tante cose mi mancheranno. 

Che cosa ti ha dato il ciclismo?

Tanti amici e la preparazione per prendere la vita in un modo che altrimenti per me sarebbe stato difficile. Ad esempio, qualche tempo fa mi sono separato. Eppure sono andato avanti, con un’altra testa probabilmente lo avrei subìto molto di più. A 21 anni ero fuori casa, in ritiro a Brescia. Mi ha fatto crescere, mi ha fatto diventare forte. Mi ha insegnato tanti valori e a volte, pur nel mio piccolo, mi ha fatto sentire importante. Mi ha dato tanto e sono contento di quello che ho fatto finora.

Perché il Giro d’Italia non ti è piaciuto?

Mi aspettavo di andare più forte, mi aspettavo che tutti raccogliessimo qualcosa in più. Penso che la squadra sia uscita con l’amaro in bocca. E per come sto fisicamente e mentalmente, penso di poterne fare un altro all’altezza. Sia per aiutare i compagni, sia per ritagliarmi uno spazio tutto mio, se c’è proprio la giornata di grazia, e mettere la ciliegina sulla torta e sulla carriera.

E’ stato difficile chiudere la porta sul WorldTour, dopo 8 anni fra Lampre e Astana?

Ci sono treni che passano e in fondo la carriera sta nel salire su quello giusto. Io devo comunque ringraziare Savio, perché nonostante non fossi nel WorldTour, ho sempre fatto un bel calendario, con il Giro e la Tirreno. Essere nel WorldTour è bello, però ad esempio io ho passato l’ultimo anno in Astana: dovevo fare il Giro e non l’ho fatto e così con Tour e Vuelta. E’ bello, però se non trovi il tuo ruolo, è difficile gestire il calendario. E’ ovvio che certe gare come il Fiandre e la Liegi mancano. Le vedi in tivù e ti dici che vorresti essere lì, ma a parte questo si riesce a stare bene lo stesso. E ho visto che anche se sei vecchietto, qualcosa la tiri fuori.

La Spagna ci riconsegna un Pietrobon pronto per i pro’

28.12.2022
5 min
Salva

Di ritorno dalla Spagna come Piganzoli, dopo quattro corse da stagista, nella Eolo-Kometa sta per debuttare anche Andrea Pietrobon. La faticosa storia del corridore di Pieve di Cadore l’avevamo già raccontata. Dal Cycling Team Friuli, sarebbe dovuto passare nella professional di Basso e Contador all’inizio del 2022. Era tutto pronto, ma dopo il Giro d’Italia U23 del 2021 la salute ha deciso di non sorreggerlo più.

«Ad agosto e settembre stavo malissimo – raccontava giorni fa nel ritiro di Oliva – e ho avuto problemi anche con gli allenamenti. E’ stato un periodo molto buio, quindi Zanatta e gli altri direttori sportivi hanno pensato che fosse meglio fare un anno più tranquillo. Così ho debuttato della Fundacion Contador U23 e da agosto invece ho fatto lo stagista. Mi hanno detto che avrei fatto meglio a partire con calma, perché con i problemi che ho avuto non sarebbe servito avere fretta».

All’inizio del 2022, Pietrobon è stato anche in testa alla Coppa di Spagna
All’inizio del 2022, Pietrobon è stato anche in testa alla Coppa di Spagna

Pietrobon ha 23 anni, è alto 1,91, pesa 72 chili e nel CT Friuli che aveva già lanciato Jonathan Milan e aveva visto passare Giovanni Aleotti, si erano appoggiati a lui per fare classifica al Giro d’Italia del 2021 dopo il terzo posto al Giro di Romagna per Dante Alighieri, vinto da Ayuso su Francesco Romano. La Eolo lo aveva già fatto firmare.

Avere il contratto fu una bella fortuna, diciamo…

Mi ha permesso di restare tranquillo e fare un anno in cui ho ripreso, ho provato cose nuove in allenamento per essere pronto al passaggio. Il periodo spagnolo mi è piaciuto molto. Oltre che in bici, anche la vita di là. Ho corso tantissimo in Spagna e sono riuscito a guardarmi intorno. L’ambiente è molto serio quando c’è da essere seri. Però è anche molto tranquillo, rilassato. Ho visto dei bei posti, ho conosciuto tante belle persone. Ho avuto nuovi stimoli con i preparatori e i nuovi direttori sportivi stranieri. Per me è stata una bella esperienza, andando fuori dall’Italia dopo quattro anni.

Nel 2019 al Giro d’Italia U23, Pietrobon è al secondo anno alla Zalf Fior (photors.it)
Nel 2019 al Giro d’Italia U23, Pietrobon è al secondo anno alla Zalf Fior (photors.it)
Oioli ha detto che il calendario spagnolo non lo ha soddisfatto.

Io dico che la differenza tra l’Italia e la Spagna è che purtroppo in Spagna non ci sono gare internazionali per under 23, che fanno la vera qualità del calendario italiano. Però alla fine è proprio una questione che non si pone, perché per il resto le gare nazionali e regionali spagnole sono uguali alle nostre. E se ci sono gare tipo Piva, Belvedere e Recioto, quelle le abbiamo fatte tutte. Al Giro d’Italia c’eravamo, come altre squadre da tutto il mondo. Abbiamo fatto un’attività importante, purtroppo però Oioli, avendo ancora la scuola, non l’ha fatto. Per esempio Piganzoli ha avuto un calendario bellissimo. Ha corso un po’ in Spagna e dopo ho fatto tutte le gare più belle in Italia.

Che cosa si può dire della tua maturazione, al momento di passare?

Ho passato due anni alla Zalf, che è una delle squadre migliori in Italia, quindi là ho imparato tanto. Negli anni al Friuli ho dato veramente la svolta alla mia carriera, penso perché sia una squadra fantastica. Oltre ad avermi fatto crescere come atleta, seguendomi con una preparazione stupenda come qua alla Eolo, mi hanno fatto crescere tanto come persona. Il tempo al Friuli mi è servito tantissimo e devo dire grazie a loro se sono passato. Mi sento pronto per farlo.

Alla Vicenza Bionde del 2021, Pietrobon secondo dietro il russo Syritsa (photors.it)
Alla Vicenza Bionde del 2021, Pietrobon secondo dietro il russo Syritsa (photors.it)
Perché non restare con loro, dovendo fare ancora un anno negli U23?

Perché alla Eolo-Kometa hanno detto di volermi seguire direttamente loro. Me l’hanno spiegata così e io ho detto subito di sì. Mi sento pronto per passare. Vedo tanti miei colleghi, che erano miei amici e sono passati al primo/secondo anno di under, che non sanno allenarsi, mangiare, recuperare. Quelle sono le cose che impari negli anni e un conto è che te le dicano, un altro è che le impari facendole. Ho ancora tanto da imparare, ma penso di essere già a un buon punto e adesso voglio imparare da questa squadra.

Che cosa stai imparando?

Ci sono molte cose nuove nel ciclismo, ad esempio nella preparazione, e queste fa sempre bene impararle anche dai preparatori con cui lavorerai. Non tutti ti dicono le cose allo stesso modo, qui sto vedendo cose diverse. La stagione è programmata in maniera diversa, si va più per obiettivi. Qui alla Eolo lavoro con Samuel Marangoni. Non è una figura come un capo, che ti dice quello che devi fare, ma più una persona con cui collaboro. Al Friuli era così. Con Fabio Baronti, alla fine c’era quasi un rapporto di amicizia e penso che sia il modo più produttivo. Ti fidi di più e hai la possibilità di valutare le cose insieme. In questi anni ho imparato che i migliori preparatori siamo noi stessi. Il preparatore non può leggerti dentro al cento per cento, puoi dargli tutte le informazioni, però alla fine sulla bici ci sei tu. 

Al Gran Piemonte, il giovane Pietrobon in fuga con Jorgenson, Tizza e Malecki
Al Gran Piemonte, il giovane Pietrobon in fuga con Jorgenson e Tizza
Che cosa significa lavorare con Basso e Contador?

Ivan lo conosco da un anno, l’ho sentito spesso. Mi sembra una persona molto brava. Mi piace perché crede veramente in questo progetto e questo motiva anche noi e lo staff. Con Alberto abbiamo fatto una riunione e ci ha parlato dell’importanza di avere degli obiettivi, di avere la determinazione. Sono cose che di base ti dicono tutte le persone, sono facili da dire. Però se te lo dice uno che certe cose le ha testate ed è veramente arrivato al top del ciclismo, allora è un’altra cosa. Allora ci credi davvero…