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Rebellin, trent’anni di carriera e tanta voglia di pedalare

23.10.2022
6 min
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Con trent’anni di carriera professionistica alle spalle, Davide Rebellin è testimone di un ciclismo passato, ha attraversato il secolo affrontando grandi gioie e profonde delusioni. Ha conosciuto i vertici assoluti del movimento internazionale ma anche il rifiuto di quello stesso ambiente. E’ diventato un riferimento per i giovani ma anche uno pseudo intruso nelle gare Elite. A 51 anni il corridore di San Bonifacio ha deciso di chiudere con la strada, ma resterà nell’ambiente perché la voglia di competere non viene meno con gli anni che passano.

Per ripercorrere tutta la sua storia abbiamo scelto di focalizzarci su alcuni momenti, una sorta di bivi attraverso i quali si è sviluppata la sua carriera. Ogni gara è come il capitolo di un romanzo, raccontato in prima persona e che attende ancora di conoscere la parola fine…

L’ultima passione del veneto, il gravel. Al mondiale Davide è stato 39° a 12’11” da Vermeersch
L’ultima passione del veneto, il gravel. Al mondiale Davide è stato 39° a 12’11” da Vermeersch

Gli anni da dilettante

«Già da junior mi ero fatto conoscere e avevo anche vinto un oro mondiale di categoria, nella 100 Chilometri a squadre a Mosca. Passato di categoria mi accorsi subito di quanto le cose fossero cambiate, si faceva sul serio, la concorrenza era spietata. Ebbi molte cadute e vinsi una sola gara, ma non mi persi d’animo. Nel 1991 invece la situazione cambiò drasticamente: oltre 10 gare vinte, successo al Giro delle Regioni, oro ai Giochi del Mediterraneo, argento iridato su strada.

«Quella era una generazione straordinaria, con Bartoli, Pantani, Belli, ma io sbocciai prima di tutti. Nel 1992 tutti parlavano di me come del favorito per i Giochi Olimpici, ma il percorso di Barcellona non era adatto alle mie caratteristiche, anche se avevamo lavorato con Zenoni per tutto l’anno pensando a quell’evento andando anche in altura. Il tracciato non era selettivo, quando Casartelli partì con altri due corridori, rimasi lì in copertura e a conti fatti fu la scelta giusta. La vittoria di Fabio la sentii un po’ anche mia».

A Stoccarda 1991, Rebellin 2° dietro Rzaksinskij (URS) e prima di Zberg (SUI)
A Stoccarda 1991, Rebellin 2° dietro Rzaksinskij (URS) e prima di Zberg (SUI)

Le prime classiche

«Passato professionista subito dopo, ci volle tempo per emergere. Nel 1997 ero passato alla Française des Jeux, che intendeva puntare su di me per il Tour. L’anno prima ero stato 6° al Giro e 7° alla Vuelta, mi avevano preso pensando che fossi un corridore da grandi giri. Invece quell’estate non andavo proprio, finivo sempre nel gruppetto dei velocisti nelle tappe di montagna. Solo che col passare dei giorni le cose cominciarono a ingranare e uscii dal Tour con una gran gamba. A San Sebastian volavo e vinsi la corsa in volata, sette giorni dopo mi ripetei al GP di Svizzera a Zurigo beffando Ullrich che veniva dalla maglia gialla al Tour. Quelle vittorie mi sbloccarono e trasformarono: non ero più un corridore per gare a tappe, ma un cacciatore di classiche».

A Zurigo una volata imperiale, il tedesco Ullrich si piega come anche il danese Sorensen
A Zurigo una volata imperiale, il tedesco Ullrich si deve piegare (foto Cor Vos/PezCyclingNews)

Una settimana da Dio…

«Mi parlano ancora spesso di quel che avvenne nel 2004, di come feci a vincere tre grandi classiche in una settimana. Io dico che fu la mia “settimana santa”. Spesso avevo sfiorato la vittoria alla Liegi, finendo 2° nel 2001 e 3° l’anno prima. Quella settimana avevo una forma mai vista, ma venivo da un periodo abbastanza scialbo e quindi avevo anche fame di vittorie. Iniziai con l’Amstel battendo Boogerd nello sprint a due, poi alla Freccia che correvo pensando alla Liegi feci la differenza sul Muro di Huy con Di Luca a 3”. Potevo dirmi appagato, sicuramente partii per Liegi con la mente sgombra, il mio l’avevo fatto. Così le cose ti vengono ancora più facili, rischi di più senza aver nulla da perdere. Finì che battei ancora Boogerd, per lui non fu certo una settimana felice…».

La vittoria nell’Amstel 2004 battendo Boogerd, che cederà anche sette giorni dopo a Liegi
La vittoria nell’Amstel 2004 battendo Boogerd, che cederà anche sette giorni dopo a Liegi

La Freccia del 2007

«La Freccia stava diventando la “mia” gara. Col passare degli anni avevo imparato a memoria ogni passaggio di quel muro decisivo, sapevo dove scattare, perché in quel frangente è fondamentale non sbagliare. Dicono che sia una gara per scalatori ma non è proprio così, è per gente esplosiva, serve tanta potenza per domare quelle pendenze. Devi prendere la salita nella posizione giusta, non partire troppo presto, affrontare le curve nella maniera corretta. Se hai la forma giusta te la puoi giocare. Io quel giorno non sbagliai nulla, dietro finì Valverde a 6” e mi fa strano che 15 anni dopo chiudiamo insieme…».

La Freccia è stata il regno del veneto: tre vittorie (2004-07-09) e 3° nel 2005 (foto Procycling.nl)
La Freccia è stata il regno del veneto: tre vittorie (2004-07-09) e 3° nel 2005 (foto Procycling.nl)

Il dolore di Pechino 2008

«Sono passati tanti anni e la sofferenza è un po’ smussata, ma di quella vicenda mi resta tanto dentro: la grande gioia per la gara e quell’argento a un soffio dallo spagnolo Sanchez. La sospensione arrivata sei mesi dopo, le spese per i legali che hanno prosciugato i miei conti. Persi due anni e volevo rientrare da vincente, ma mi accorsi che nell’ambiente molti giravano la testa, non volevano neanche ascoltare le mie ragioni e ciò non è cambiato neanche quando sono stato assolto. Potrei riavere quella medaglia, ma dovrei fare ricorso al Tas in Svizzera e ci vogliono troppi soldi…».

Rebellin in gara a Pechino 2008. Un argento poi cancellato (foto Cor Vos/PezCyclingNews)
Rebellin in gara a Pechino 2008. Un argento poi cancellato (foto Cor Vos/PezCyclingNews)

Vittoria a 44 anni

«La Coppa Agostoni del 2015 ha un sapore particolare: a 44 anni ho dimostrato che avevo ancora tanto da dare. Fu una vittoria bellissima perché ottenuta di forza, in fuga con Nibali e Scarponi con Michele che era quello che lavorava di più e poi cedette. Mi ritrovai a giocarmi la vittoria con Vincenzo Nibali che veniva dal trionfo del Tour, ma il gruppo stava tornando sotto, infatti guardando la foto sembra che vinco uno sprint di gruppo, ma non era così…».

La vittoria Agostoni del 2015. A 44 anni Rebellin batte Nibali con il gruppo in rimonta
La vittoria Agostoni del 2015. A 44 anni Rebellin batte Nibali con il gruppo in rimonta

Le ultime stagioni

«Ne ho viste di tutti i colori: chi mi tacciava di ridicolo perché stavo ancora in mezzo a corridori con meno della metà dei miei anni, chi invece si avvicinava incuriosito, mi chiedeva perché. Tanti ragazzi mi hanno chiesto consigli, mi hanno detto che avevano visto i video delle mie vittorie. Tanti bambini e i loro genitori mi hanno avvicinato, quasi spronati dal mio esempio. Anche sui social dove come per tutti ho avuto messaggi buoni e cattivi.

«E ora? Continuerò innanzitutto a collaborare con la Dynatek, società della quale faccio parte per lo sviluppo delle loro bici, ci tengo a far crescere l’azienda e nel contempo voglio scoprire sempre di più questo nuovo mondo del gravel. Mi entusiasma la possibilità di esplorare posti diversi pedalando. Magari qualche gara la faccio ancora, con queste nuove bici, così mi tengo in forma…».

Letizia Paternoster, aria di nuovo inizio

31.05.2022
3 min
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L’abbiamo incontrata a Cattolica in occasione della Granfondo Squali Trek, Letizia Paternoster è madrina dell’evento. Bellissima e solare come sempre, una parola e un sorriso per tutti, ma con quella determinazione che fa parte del DNA dei campioni. I problemi legati alla mononucleosi sembrano alle spalle e come ha detto il cittì Sangalli, è ora di ricominciare.

Letizia Paternoster ha 22 anni, corre con la Trek-Segafredo (foto Sara Carena)
Letizia Paternoster ha 22 anni, corre con la Trek-Segafredo (foto Sara Carena)
Dopo l’euforia del 2021 l’anno in corso stenta a partire, cosa è successo?

Un piccolo imprevisto, una cosa che può capitare nella carriera di uno sportivo. Diciamo che fa parte del gioco, cosciente del fatto che ci si deve confrontare con mille imprevisti. Ho avuto la mononucleosi e non me ne sono accorta subito, chiedendo uno sforzo ulteriore al mio fisico. Ho già metabolizzato la cosa e rispetto ad altre occasioni sono riuscita ad affrontare questo passaggio con serenità, cercando di rimanere il più possibile tranquilla, ma senza perdere la grinta.

Riesci a vedere anche il lato positivo in tutto questo?

Per me è comunque un’esperienza e ho imparato qualcosa anche in queste settimane di difficoltà.

Madrina della Granfondo Squali Trek (foto Sara Carena)
Madrina della Granfondo Squali Trek (foto Sara Carena)
Hai voglia di riscatto in questo momento?

Ho tanta voglia di riscatto e sto pensando a quello che arriverà dopo. Ho voglia di fare e di togliermi delle soddisfazioni.

I successi ottenuti nel 2021 e tutto il lavoro fatto negli anni scorsi sono fattori che ti hanno aiutato?

Certamente e soprattutto nel 2021 sono arrivate tante risposte. Mi piace pensare che la vita è come un’onda, che scende e sale in continuazione. L’importante è crederci ed essere determinati anche quando si è nel punto più basso, lavorare ed allenarsi con determinazione, perché i risultati prima o poi arrivano. In un certo senso è anche la mia filosofia di vita. Il 2021 è stata la conferma di tutto quello che è stato fatto negli anni precedenti.

La Paternoster con Filippo Magnani, organizzatore della manifestazione (foto Sara Carena)
La Paternoster con Filippo Magnani, organizzatore della manifestazione (foto Sara Carena)
Hai già ripreso a pedalare?

Si, sono in sella da qualche giorno ed è una sensazione bellissima.

Hai già degli obiettivi per la stagione 2022?

Sto pensando agli europei e ai mondiali su pista, questi sono i due punti fermi. E poi mi piacerebbe ottenere un buon risultato su strada. La voglia di ricominciare, di mettermi in gioco e alla prova è tanta.

Una parentesi divertente con la preparazione della polenta (foto Sara Carena)
Una parentesi divertente con la preparazione della polenta (foto Sara Carena)
Magari una vittoria su strada?

Perché no, è comunque un mio obiettivo.

Il 2022 e il 2023, sono due anni di transizione in vista delle Olimpiadi di Parigi?

Non posso e non voglio nasconderlo, anche le Olimpiadi del 2024 sono un obiettivo e sono cerchiate con un rosso intenso. Ci credo tantissimo.

Da un Casartelli all’altro, la firma di Marco sui 30 anni olimpici

21.05.2022
5 min
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Non si scrive in prima persona, te lo insegnano subito. Ma questa volta faccio un’eccezione che spero mi perdonerete. Oggi parliamo in qualche modo di Casartelli con suo figlio Marco, ricordando che fu proprio Fabio nel marzo del 1992 la… vittima della mia prima intervista. Aveva vinto la Montecarlo-Alassio e poi il Trofeo Soprazocco e lo Zssdi di Trieste. Era timido, lo eravamo entrambi. Parlò di sé, di Locatelli e di Albese in cui viveva, di suo padre e sua madre. E di lì cominciammo a pedalare insieme in quella carriera che giusto trent’anni fa si tinse dell’oro olimpico e tre anni dopo si arrestò troppo presto al Tour de France. In partenza, in quel 18 luglio del 1995, mi aveva mostrato la piccola foto di suo figlio, nato da neanche tre mesi, che teneva in tasca avvolta nel cellophane.

Il 2 agosto del 1992 sul percorso di Sant Sadurni d’Andoia (Barcellona) Casartelli vince l’oro olimpico su strada
Il 2 agosto del 1992 sul percorso di Sant Sadurni d’Andoia (Barcellona) Casartelli vince l’oro olimpico su strada

Il filo conduttore

Marco l’ho visto crescere, non con la continuità di un parente o di un amico di famiglia e forse proprio per questo incontrarlo di tanto in tanto rende il percorso ancora più prodigioso. Il suo aspetto e i racconti della madre Annalisa sono uno dei fili conduttori della mia vita. Dal battesimo alla laurea. E quando è venuto fuori che ha disegnato lui la maglia commemorativa di quei Giochi, perché venga distribuita agli iscritti della Randonnée dedicata a suo padre, ammetto che nella gola s’è formato un groppo difficile da far scendere. Ci sono vite più difficili di altre, salite che sembrano non finire. Perciò quando capita di tirare il fiato e guardare il mondo dall’alto, lo stupore è commovente.

Marco si è laureato in Graphic Design lo scorso luglio
Marco si è laureato in Graphic Design lo scorso luglio

«Me lo hanno proposto Gianluigi (Marzorati, presidente della Fondazione Casartelli, ndr) e i nonni. Mi hanno chiesto – racconta – se avessi avuto voglia di provare a disegnare la grafica. Ne avevamo già parlato più di un anno fa e metterci finalmente mano è stato emozionante. Il modo per ringraziare gli amici di Albese».

Il logo dei 30 anni

Marco si è laureato lo scorso luglio in Graphic Design, ora ha la sua partita Iva e lotta per farsi un nome. Mi annunciò con orgoglio di essere prossimo al traguardo, bevendo uno spritz subito dopo i campionati italiani della crono a Faenza. Era venuto con Annalisa a salutarmi, dato che non ci si vedeva da un po’.

«Progettare qualcosa che piaccia visivamente – spiega – potrebbe essere fine a se stesso, se non racconti una storia. Per cui ho applicato uno dei processi tipici del mio lavoro. Ho individuato un punto di origine, l’azione, l’evento e un altro luogo. Per cui sono partito da Albese, il ciclismo, le Olimpiadi e Barcellona. Ho preso lo stemma di Albese e ho pensato di farne uno anche io. Ho messo la ruota della bici. La Sagrada Familia, come simbolo di Barcellona, ho rielaborato il logo delle Olimpiadi 1992 e poi il grano di Albese. Dal momento in cui ho individuato questi elementi, la grafica è venuta abbastanza in fretta. Diciamo tre settimane in tutto».

Barcellona in 3 foto

Il bimbo in quella foto nella tasca. Marchino col faccione e la maglia Motorola. Poi con la maglia rossa della Ferrari che gioca al cimitero. Marchino con la maglia gialla al Tour, per fare le foto con Armstrong. Marco e Annalisa. Lui che sorrideva perché troppo piccolo per rendersi conto, lei sempre più stanca. I nonni. Vanda e Pirro a Forlì, Rosa e Sergio ad Albese. Marco e la veste bianca della prima comunione. Poi da adolescente, identico a suo padre. E adesso, capellone, allegro e tosto com’è giusto a 27 anni.

«Vivo molto serenamente – dice – i ricordi di mio padre e il fatto che tutti me ne parlino. I trent’anni di Barcellona sono una bella ricorrenza ed è bello che ci sia gente che lo ricorda. Barcellona per me è nelle fotografie appese in casa. Ci sono quelle 2-3 immagini che ormai sono icone. Mio padre è nei racconti dei nonni e in quelli di mia madre. Lei è orgogliosa di me ed è bello vedere che mi sostiene. Per me è molto importante».

La Randonnée Casartelli si svolgerà domenica prossima, 29 maggio. Non ci sarò, perché nello stesso giorno il Giro d’Italia celebrerà il gran finale a Verona. In altri tempi avrei potuto pensare di sganciarmi, ma il mio ruolo in bici.PRO impone di non mollare per un solo istante. La vivrò nelle foto e nei racconti di altri. Con un pizzico dello stesso orgoglio di Annalisa. Lei e Marco meritano la serenità e ogni gioia possibile.

Enervit in azzurro: partnership e collaborazione estesa al 2024

07.05.2022
2 min
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Enervit ha rinnovato fino alla stagione 2024 il proprio accordo di sponsorizzazione e di partnership con la Federazione Ciclistica Italiana. L’intesa è stata siglata presso la sede milanese di Enervit. Erano presenti il Presidente della FCI Cordiano Dagnoni e del Presidente di Enervit spa Alberto Sorbini

Il rinnovo di questo accordo prevede il supporto di Enervit a tutte le specialità della Federazione Ciclistica Italiana, dalla strada al fuoristrada, fino ad arrivare al paraciclismo e alla pista. 

 Il nuovo spot Enervit realizzato dall’agenzia creativa ligure SUN Times di Francesco Pelosi.

Squadra che vince non si cambia

«Squadra vincente non si cambia – ha dichiarato Cordiano Dagnoni, il presidente della FCI – quello che possiamo impegnarci a fare è affinare le nostre competenze e migliorare, puntando al prossimo traguardo. Scienza, innovazione e ricerca sono tre elementi che Enervit mette a disposizione dell’integrazione sportiva e quindi dei nostri atleti. Il lavoro di sinergia tra l’Equipe Enervit e la Federazione ha alzato ulteriormente la qualità di prodotti già eccezionali, studiati e leader nel mercato dell’integrazione alimentare sportiva e della nutrizione funzionale. Sono davvero orgoglioso di rinnovare questa partnership con un marchio in cui crediamo, per noi sinonimo di certezza, e di continuare un percorso che ci porterà insieme fino alle Olimpiadi di Parigi 2024». 

«È un vero onore e una grande soddisfazione continuare a supportare al meglio la Federazione e i suoi 250 atleti nelle diverse specialità – ha ribattuto Alberto Sorbini, il Presidente di Enervit – e questo lo facciamo ogni giorno con i nostri prodotti, con passione e con un’esperienza unica maturata nel campo della nutrizione e dell’integrazione. Con la FCI la partnership è consolidata, condividiamo gli stessi valori e lo spirito di squadra. Inoltre, abbiamo un importante rapporto di reciproco scambio, con gli atleti e con lo staff della Federazione. È difatti fondamentale per noi ricevere i loro preziosi suggerimenti, che ci portano a innovare e migliorare… sempre». 

Enervit e Federazione Ciclistica Italiana collaboreranno fino alle prossime Olimpiadi, quelle di Parigi 2024
Enervit e Federazione Ciclistica Italiana collaboreranno fino alle prossime Olimpiadi, quelle di Parigi 2024

Un passo nella storia

Da oltre 40 anni, la passione per la nutrizione nello sport guida la ricerca scientifica di Enervit. Un’esperienza unica che, giorno dopo giorno, ha permesso di ideare, testare, sviluppare, e produrre alimenti funzionali e integratori innovativi di alta qualità. Un approccio 100% “in house” quello di Enervit, per soddisfare le esigenze di chi fa sport, di chi è attento al proprio benessere. Nel pieno solco della “vision” del brand, ovvero quella di aiutare tutte le persone a migliorare la qualità della propria vita, promuovendo una nutrizione positiva e una costante attività fisica.

Look e Corima lanciano in pista USA Cycling

15.04.2022
4 min
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Le Olimpiadi di Parigi sono meno lontane di quanto si possa immaginare. Le singole federazioni stanno già lavorando per mettere i propri atleti nelle condizioni ideali per raggiungere il massimo risultato possibile: le medaglie olimpiche. Rientra in quest’ottica l’accordo siglato nei giorni scorsi da USA Cycling con Look e Corima. Per i prossimi sette anni i due brand supporteranno la federazione ciclistica americana fino al traguardo delle Olimpiadi di Los Angeles 2028.

Dettaglio sui pedali Look Keo Blade Track
Dettaglio sui pedali Look Keo Blade Track

Un programma ambizioso

L’accordo siglato con Look e Corima rientra in un programma molto importante che USA Cycling ha deciso di mettere in atto per puntare con decisione alle prossime due rassegne olimpiche. Brendan Quirk, CEO di Usa Cycling, non ha mancato di sottolineare le ambizioni della propria federazione.

«Con Look e Corima – esordisce – sappiamo di avere bici, ruote e pedali all’avanguardia che daranno ai nostri ciclisti il vantaggio decisivo di cui hanno bisogno quando sprigionano i watt incredibili che si vedono negli sprint. Siamo entusiasti di questa partnership e non vediamo l’ora di iniziare il percorso che ci attende».

La federazione americana avrà a disposizione il meglio dei prodotti marchiati Look e Corima per la pista
La federazione americana avrà a disposizione il meglio dei prodotti marchiati Look e Corima per la pista

Un nuovo tecnico

L’accordo con Look e Corima è stato preceduto da quello con il tecnico Erin Hartwell chiamato a guidare i pistard americani in vista della rassegna olimpica di Parigi. Il nuovo allenatore si è dimostrato entusiasta dell’accordo raggiunto.

« Per anni – racconta – ho osservato con sincera ammirazione le squadre nazionali e gli atleti internazionali che hanno avuto il privilegio di utilizzare le biciclette Look e le ruote Corima ai massimi livelli delle varie competizione. Se mai dovessi assemblare una bicicletta per competere con i migliori del mondo, Look e Corima sarebbero sempre la mia prima scelta».

Questo è il telaio 875 che gli atleti avranno a disposizione nella madison
Questo è il telaio 875 che gli atleti avranno a disposizione nella madison

Grande entusiasmo

L’accordo con Usa Cycling è stato fortemente voluto anche da Look e Corima come ci racconta Federico Musi, Ceo di Look Cycle Group: «La partnership con USA Cycling – esordisce – è una tappa importante per entrambi i brand. Siamo entusiasti di sostenere il loro programma di sviluppo. La nostra esperienza tecnica nella produzione di carbonio e nell’aerodinamica aiuterà la squadra statunitense a rincorrere le medaglie ai Giochi di Parigi e a quelli di Los Angeles».

L’obiettivo di Look e Corima è accompagnare gli atleti della federazione ciclistica americana fino alle Olimpiadi di Los Angeles 2028
Look e Corima vogliono accompagnare gli atleti del tema Usa cycling fino alle Olimpiadi di Los Angeles 2028

Non solo medaglie

Look e Corima portano in dote alla federazione statunitense una dote di 18 titoli olimpici e 49 medaglie totali da Atlanta 1996 a Tokyo 2020. Cosa più importante è sicuramente la dotazione tecnica che sarà messa a disposizione dei pistard americani: il telaio Look T20, dotato di ruote anteriori Corima Monobloc a 4 e 5 razze, di ruote da corsa Disc C+ e degli esclusivi pedali Keo Blade Track. La squadra avrà a disposizione anche i telai 895 Vitesse, 875 Madison, AL464 e le ruote Corima WS-1.

Il pensiero finale è del tecnico americano Erin Hartwell: «E’ impossibile avere successo in questo sport senza un’attrezzatura di livello mondiale. Il sostegno di Look e Corima mi dà la fiducia che il nostro programma dispone ora dei mezzi tecnici necessari per costruire una squadra in grado di affrontare a testa alta l’élite mondiale del ciclismo su pista».

Iserbyt psicologo 2022

La paura del grande evento: come gestirla per essere campioni

25.02.2022
5 min
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Che cosa succede nella mente di un atleta alle prese con un grande evento? La confessione di Eli Iserbyt, che ha ammesso di soffrire particolarmente le gare titolate, è una messa a nudo non comune fra i grandi sportivi, eppure abbiamo davanti agli occhi mille e mille casi di grandi atleti che, al momento decisivo, non riescono a cogliere quei risultati che si sono prefissi. Basta tornare alle scorse Olimpiadi, dove anche in casa italiana campioni che sembravano destinati al grande traguardo sono diventati la brutta copia di se stessi.

E’ un problema comune, tra i principali da affrontare nel mondo dello sport, non solo del ciclismo, e di non facile soluzione. Ne abbiamo voluto parlare con una psicologa specializzata in psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Manuella Crini, partendo dal caso di Iserbyt come “exemplum” per sviluppare una casistica molto vasta: «Dal suo racconto si evince come lo stato d’ansia in quei casi travolga tutto il resto. E’ come l’interrogazione al liceo che assume contorni talmente ampi emotivamente da farti dimenticare tutto quello che hai studiato. L’ansia mette in moto neurotrasmettitori che possono essere positivi ma anche negativi: quando ci troviamo di fronte a un ostacolo, il nostro corpo produce maggiore cortisolo che serve ad essere maggiormente reattivi, una maggiore quantità di sangue raggiunge la corteccia della promemoria per andare oltre i propri limiti, ma non sempre questo è un bene».

Crini 2022
La psicologa piemontese Manuella Crini ci aiuta nell’analisi del confronto con “il” grande evento
Crini 2022
La psicologa piemontese Manuella Crini ci aiuta nell’analisi del confronto con “il” grande evento
Perché?

L’ansia può trasformarsi in paura e la paura può avere come effetto quello di paralizzare le nostre funzioni. E’ un meccanismo animale, nel quale ci sentiamo prede. Questa paura influisce sulla prestazione fisica, ci impedisce di ottenere il massimo dal nostro corpo. Come si vince? Non è facile, ma bisogna riuscire a capire cos’è il meccanismo scatenante, spesso un trauma pregresso se parliamo di uno schema ripetitivo nel tempo. C’è poi un altro fattore inconscio che può influire.

Quale?

Se quel grande traguardo diventa il fine principale della nostra attività, posso anche lasciarlo all’orizzonte, prolungare il “viaggio” prima di arrivare alla meta e quindi perdere piuttosto che vincere per non chiudere quel capitolo, intimorito da quel che verrà dopo. Invece rimango in questa sorta di limbo, continuo a lavorare per arrivarci pensando alla prossima volta.

Iserbyt World Cup 2022
Eli Iserbyt ci ha confessato le sue difficoltà nelle gare con un titolo in palio
Iserbyt World Cup 2022
Eli Iserbyt ci ha confessato le sue difficoltà nelle gare con un titolo in palio
E’ anche vero che, come Iserbyt ci ha testimoniato, nella grande occasione si inizi a pensare troppo all’importanza dell’evento, alla responsabilità…

E’ assolutamente possibile. Noi siamo perfettamente in grado di agire sul nostro cervello e le sue dinamiche, possiamo produrre più o meno serotonina che serve a concentrarsi, così nel caso negativo finiamo per vanificare meno quel che dobbiamo fare per arrivare a quel famoso traguardo. Ci perdiamo. Sentiamo che quell’evento è senza appelli. Ci sentiamo addosso lo sguardo di tutti, pronti a giudicarci se raggiungeremo o meno il determinato risultato.

Quanto influisce l’esperienza, l’età dell’atleta?

Molto, perché per un ragazzo il peso è minore in quanto c’è meno vissuto dietro le spalle. Non c’è per così dire un excursus storico di fallimenti. Con l’andare avanti si ha sempre più il timore che quella sia l’ultima occasione e ancor più questo succede quando il traguardo non è molto ripetuto nel tempo, basti pensare all’Olimpiade che arriva ogni quattro anni. Ciò amplifica quella sensazione di situazione senza appello.

Mondiali strada 2021
Il mondiale per molti è un peso, ma c’è ogni anno, figurarsi l’Olimpiade, vero test senza appelli
Mondiali strada 2021
Il mondiale per molti è un peso, ma c’è ogni anno, figurarsi l’Olimpiade, vero test senza appelli
Quanto può servire in questi casi la presenza del mental coach?

Tantissimo, ma è un lavoro molto delicato. Bisogna mettersi in gioco, intraprendere un cammino che non sai dove ti potrà portare. Il mental coach ti aiuta ad affrontare la tua attività, a guardare a quell’evento in maniera positiva, ci si lavora sopra ma si possono anche aprire porte delicate. Il soggetto può ad esempio rimettere in discussione tutto il cammino svolto per arrivare a quel momento, perdere la motivazione, scoprire che lo sta facendo non per se stesso ma per gli altri, non per rispondere ai propri reali bisogni. Serve un percorso motivazionale che non si sa dove porterà. Oltretutto, si può arrivare a un punto nel quale la figura del mental coach deve cedere il passo a uno psicologo specializzato: se l’atleta si trova di fronte a questa crisi motivazionale che va al di là dell’evento e mette in discussione la propria attività, avrà bisogno di un supporto personalizzato diverso.

Il mental coach nelle squadre deve lavorare con più persone, questo non rischia in alcuni casi di essere limitante, di non poter dare all’atleta quel supporto di chi avrebbe bisogno?

Rientriamo nel discorso appena fatto. Il mental coach, più che sull’individuo, lavora sul personaggio, non è un terapeuta, ma nel corso delle sedute possono venir fuori aspetti che richiedono la figura di quest’ultimo. Il mental coach può anche trovarsi di fronte a un conflitto d’interessi: è chiamato a esaltare le prestazioni sportive dell’atleta che invece può tendere verso tutt’altra direzione e a quel punto l’etica impone di passare la mano.

Mental coach 2022
La figura del mental coach è ormai diffusa in tutti i team, ma quanto incide sulla prestazione?
Mental coach 2022
La figura del mental coach è ormai diffusa in tutti i team, ma quanto incide sulla prestazione?
Il grande evento può diventare un ostacolo anche in corso d’opera? Prendendo sempre Iserbyt come esempio, in fin dei conti pur essendo ancora molto giovane le sue gare titolate e le sue medaglie le ha vinte, soprattutto nelle categorie giovanili…

Sicuramente, può avvenire all’improvviso, nel corso del tempo può anche cambiare la percezione della propria prestazione. Quel che da giovane, nelle categorie avveniva quasi con facilità può diventare difficilissimo fra gli “adulti” e questo accresce l’insicurezza, ci si sente piccoli di fronte a qualcosa di troppo grande. Essere al top è molto stressante, la capacità di gestire questa condizione può fare una grande differenza.

Tormena 2022

Tormena, tra pista e Bmx passa la… strada per i Giochi

23.02.2022
5 min
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La notizia l’aveva data Tommaso Lupi: sta per nascere la nazionale femminile di Bmx e in squadra ci sarà Gaia Tormena, la “vincitutto” dell’Mtb Eliminator, la specialista della velocità su pista, la ragazza che si divide fra Mtb e strada. Una ciclista dalle mille vite a dispetto della giovanissima età, ma che sta ancora cercando la sua via e chissà che questa non passi per la bici che solitamente si usa agli inizi, ma che lei non conosceva ancora, prima che Lupi gliene parlasse.

«L’idea è nata parlando con lei al Giro d’Onore – ricorda Lupi – e la ragazza l’ha subito accettata con entusiasmo. La sua presenza ha due motivi fondanti: il suo livello tecnico di prim’ordine e la carenza assoluta di praticanti. Avevamo bisogno di un cardine per fondare un nuovo gruppo e lei potrebbe fare al caso nostro».

Tormena Mondiali 2021
Gaia, valdostana del 2002, vanta già 2 titoli mondiali e 3 europei nell’eliminator e un europeo junior nella velocità a squadre
Tormena Mondiali 2021
Gaia, valdostana del 2002, vanta 2 titoli mondiali e 3 europei nell’eliminator e un europeo junior nella velocità a squadre

Una bici mai vista prima

C’è solo un piccolo problema: Gaia prima del raduno di febbraio non era mai salita su una Bmx.

«E’ una bici difficile da gestire – è consapevole Lupi – servono ore di pratica per “addomesticarla”, ha una rigidità che non perdona nulla, ma lei lo sa e anzi questo la incuriosisce e motiva ancor di più. E’ chiaro che è un esperimento, non possiamo fare pronostici su come e quando potrà gareggiare, su dove potrà arrivare. Sarà un continuo work in progress, ma noi dobbiamo guardare a un progetto più ampio. Costruire un gruppo solido con il quale puntare alle Olimpiadi, presumibilmente quelle di Los Angeles 2028. Gaia potrebbe essere il riferimento, ma vorrei coinvolgere anche Camilla Zampese, grande talento da giovanissima, che non avendo avversarie era costretta a gareggiare con i maschi fino a perdere motivazione e ritirarsi anzitempo. E’ rimasta ad allenare, sarà utile al progetto».

Già, le Olimpiadi. Per certi versi sono il tormento di Gaia. Considerando la sua giovane età, stiamo parlando di una delle atlete più vincenti dello sport italiano, il problema è che l’eliminator non è disciplina olimpica e non lo sarà (almeno a breve) quindi per coronare il suo sogno bisogna intraprendere un’altra strada e da questo nasce l’idea di provare ogni disciplina.

«Dalle mie parti c’è una pista da Bmx – racconta la campionessa mondiale – ma io l’ho sempre affrontata con la Mtb da cross country. Era divertente, ma so che la Bmx è un’altra cosa».

Tormena Graz 2021
A Graz (AUT) la Tormena si è ripresa il titolo mondiale perso al fotofinish nel 2020 (foto Uci)
Tormena Graz 2021
A Graz (AUT) la Tormena si è ripresa il titolo mondiale perso al fotofinish nel 2020 (foto Uci)
Solitamente è una bici con la quale si acquisisce confidenza da bambini…

Infatti inizio molto tardi, ma a me piacciono le sfide impossibili, mi butto abbastanza. Dicono che bisogna vincere la paura nell’affrontare quelle piste, ma a me non spaventano. Dovrò prendere la mano con le fasi di volo. Servirà pratica, tanta pratica…

Hai mai visto le gare di Bmx?

In Tv, non dal vivo. Sono spettacolari, ma rispondono abbastanza alle mie caratteristiche, devi essere esplosivo, capace di rilanciare e guidare di continuo. Con l’eliminator i punti in comune non sono poi tantissimi, le gare di Bmx durano molto meno.

Quanto tempo ti sei riproposta di impiegare per prendere confidenza?

Difficile a dirsi, credo che un paio d’anni di pratica, crescendo passo passo, siano necessari, ma questo potrò saperlo solo provando.

Raduno Bmx 2022
Al primo raduno 2022 della Bmx a Vigevano, la Tormena ha fatto le sue prime esperienze (foto Fci)
Raduno Bmx 2022
Al primo raduno 2022 della Bmx a Vigevano, la Tormena ha fatto le sue prime esperienze (foto Fci)
E’ una strada nuova verso il tuo sogno olimpico…

Di Olimpiadi mi parlano almeno una volta a settimana… Sicuramente è un sogno, ma non è per questo che non ho ancora trovato la mia strada. Il fatto è che ottengo risultati in tante discipline e questo mi impedisce di scegliere. E’ come se fossi alla stazione, dove ci sono tanti treni in partenza e non so quale prendere…. Devo capire qual è quello giusto per il mio futuro. Quel che è certo è che io voglio correre in bici perché so di farlo bene.

C’è anche la pista…

Sì e non l’abbandono, sia perché mi piace moltissimo, sia perché in questo momento è una strada primaria per coronare il mio sogno olimpico. Ma se devo guardare più lontano, se voglio che il ciclismo sia un mestiere è chiaro che devo pensare alla strada.

Riesci a inserirla nella tua agenda così fitta d’impegni?

Sì, anzi penso che nel 2022 la praticherò di più. A lungo termine solo la strada può garantire un lavoro. Per continuare il mio percorso ho inserito qualche prova italiana, per capire come me la cavo. Su strada ho già corso fino alla categoria allieve 1° anno, dovrò rispolverare le mie reminiscenze su come si sta in gruppo. Penso che inizialmente affronterò qualche gara amatoriale per riprendere confidenza, a fine stagione mi butterò nelle competizioni vere e proprie.

Tormena Lupi 2022
La Tormena fra Lupi e, alla sua sinistra, i collaboratori Juan Diego Quintero e Sebastiano Costa (foto Instagram)
Tormena Lupi 2022
La Tormena fra Lupi e, alla sua sinistra, i collaboratori Juan Diego Quintero e Sebastiano Costa (foto Instagram)
Senza dimenticare la “tua” specialità, l’eliminator…

Non potrei mai, è quella che mi ha dato le maggiori soddisfazioni, mi ha fatto conoscere e permesso di girare il mondo. Devo difendere i miei titoli. La riconquista del titolo mondiale è stata una soddisfazione immensa, volevo riprendermi la maglia perché ha un sapore particolare indossarla, sai quanto è bella e quello che rappresenta. Quando ce l’ho indosso sento di contare qualcosa, di dare lustro al mio Paese.

Gaia cerca la sua strada, quella giusta che possa portarla verso i cinque cerchi olimpici. Servirà tempo e pazienza, anche se tutti già sognano di vederla protagonista a Parigi 2024. Il tempo però è tiranno e Lupi getta acqua sul fuoco.

«Alle Olimpiadi si corre nel Supercross, a un livello ancora più alto, con salti di 12 metri… Serve molto tempo per fare pratica e le qualificazioni olimpiche non aspettano. Le capacità tecniche di Gaia non si discutono, ma non dimentichiamo mai che si tratta di un esperimento. Diamole tempo…».

Look Italia presenta la sua community

14.01.2022
3 min
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Uno degli aspetti più belli dell’andare in bicicletta è sicuramente rappresentato dal poter pedalare insieme a tutte quelle persone che condividono con noi la nostra stessa passione. Nasce spesso così il desiderio di poter appartenere ad un team con una divisa in grado di unire fra loro persone che magari non si conoscono e renderle parte di una comunità. Con questo spirito è stato creato il Look Club Italia, la community di ciclisti voluta dalla filiale italiana del brand Look.

Look ha creato il “Look Club Italia” una community per tutti gli appassionati di ciclismo
Look ha creato il “Look Club Italia” una community per tutti gli appassionati di ciclismo

Tanti vantaggi

Per poter entrare nel Club è necessario possedere una bicicletta Look. Non importa che si tratti di un top di gamma o di una ultima novità. Gli iscritti al club, oltre a sentirsi parte di una vera famiglia sportiva, potranno conoscere in anteprima le novità di prodotto targate Look ed ottenere diversi vantaggi a partire dalla tessera annuale Acsi e al pettorale per la prossima edizione della Gran Fondo Riccione. Gli iscritti potranno inoltre partecipare alle Look Ride, ossia alle pedalate di gruppo che verranno organizzate a partire dalla prossima primavera. In quelle occasioni sarà possibile pedalare con gli ambassador Look. Tra questi troviamo Alice Betto, capace di conquistare il settimo posto alle Olimpiadi di Tokyo 2020 nel Triathlon. Per i membri del club è inoltre previsto un codice sconto personale per poter effettuare acquisti sull’e-commerce di Look.

L’unica prerogativa per entrare nella community è possedere una bicicletta Look
L’unica prerogativa per entrare nella community è possedere una bicicletta Look

Un kit speciale

Tra i tanti vantaggi che ci sono nel diventare membro del Look Club Italia va sicuramente segnalata la possibilità di poter usufruire di uno sconto del 50% nell’acquisto della divisa ufficiale del team. Il kit è composto dalla maglia Mondrian, dal pantaloncino Radar e dalla borraccia Look Ride Your Dream.

La maglia è ispirata ad un dipinto ad olio su tela realizzato nel 1919 dal pittore olandese Pier Mondrian. Per gli appassionati di ciclismo la mente va subito alla divisa de La Vie Claire, la formazione voluta a metà anni ottanta da Bernard Tapie con alla guida Bernard Hinault e Greg Lemond. La maglia è stata realizzata con un tessuto morbido ed elastico che si adatta perfettamente al corpo. La presenza di una cucitura termolegata nella parte anteriore del corpo impedisce fastidiosi sfregamenti.

La community è anche social, con i canali Instragram e Facebook
La community è anche social, con i canali Instragram e Facebook

Alla maglia è abbinata la salopette Radar di colore nero, progettata per garantire il massimo del comfort. La pelle scamosciata ad alta densità e memoria di forma assicura una posizione in sella sempre confortevole. Il tessuto microforato è traspirante per mantenere fresco il corpo durante tutta l’uscita. Le cuciture ridotte al minimo e il taglio laser aiutano a prevenire sfregamenti o irritazioni della pelle.

Per i membri del Look Club Italia, il costo dell’intero kit, comprensivo della borraccia dedicata “Ride Your Dream”, è di 180 euro.

Numero chiuso

Le iscrizioni al club si chiuderanno il prossimo 31 marzo. Dal momento che i numeri sono limitati a 40 posti è consigliabile affrettarsi nel formalizzare la propria iscrizione attraverso la pagina dedicata.

E’ possibile seguire il Club Italia attraverso la pagina Instagram dedicata e su Strava.

Look

Apollo 15: battesimo olimpico per Cosmonauts

11.08.2021
3 min
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Si chiamano Apollo 15, e rappresentano uno dei modelli di punta della gamma di occhiali sportivi proposti sul mercato da Cosmonauts. Considerando le caratteristiche e la funzionalità di questo prodotto – “in gara” anche alle recenti Olimpiadi di Tokyo 2020, in quanto indossati dalla bella pentatleta della nazionale russa Ulyana Batashova – possiamo affermare con certezza che la gamma Cosmonauts rivolta in modo particolare a chi pratica ciclismo è adesso davvero completa. 

La campionessa russa Ulyana Batashova ha sfoggiato gli Apollo 15 nelle recenti olimpiadi di Toyko
La campionessa russa Ulyana Batashova ha sfoggiato gli Apollo 15 nelle recenti olimpiadi di Tokyo

Montatura performante

Apollo 15 rappresentano un modello di occhiale decisamente innovativo, la cui montatura è realizzata mediante l’impiego di materiale ecosostenibile TR90 Grilamid che conferisce all’occhiale stesso sia leggerezza che resistenza. Questo risultato rappresenta un connubio speciale dal quale si ottiene sicuramente sia una preziosa flessibilità, che garantisce agli Apollo 15 la massima sicurezza, quanto una grande resistenza anche in caso di caduta. Un’altra caratteristica tecnica che da subito ha attirato la nostra attenzione è il sistema di fissaggio delle lenti che è a calamita. Questo espediente è estremamente facile da mettere in pratica e consente di sostituire molto comodamente le lenti.

Lente top

Proprio  la lente, denominata Flash e dalla forma cilindrica, è realizzata in policarbonato e rappresenta il vero punto di forza degli Apollo 15. Quest’ultima è un vero e proprio concentrato di tecnologia e di innovazione. Proprio l’incredibile resistenza agli urti e al calore è la dimostrazione palese di quanto impegno si celi nella realizzazione di questa lente. Ma non finisce qui, tra le altre caratteristiche degne di nota di questo occhiale sportivo riscontriamo anche aspetti importanti quali l’alto indice di rifrazione ed il trattamento “antiscratch” che aumenta sensibilmente la vita della lente. Molto elevata è anche la qualità ottica che garantisce una visibilità ampia e nitida in qualsiasi condizione meteorologica. E per proteggere gli occhi dalle radiazioni nocive, Cosmonauts ha pensato bene anche di applicare alla lente un filtro anti raggi UV.

Nasello grippante

“Last but not least” direbbero gli inglesi, anche il comfort rappresenta un’altra caratteristica di cui tener doverosamente conto parlando degli Apollo 15. Quest’ultimo è garantito innanzitutto dall’alta qualità dei materiali citati in precedenza, ma anche dal nasello realizzato mediante materiale grippante per così poter conferire a questi occhiali la massima aderenza, evitando spiacevoli scivolamenti verso la punta del naso, e permettendo così all’atleta di rimanere concentrato in qualsiasi frangente dell’attività in sella.

Il prezzo consigliato al pubblico degli occhiali Cosmonauts Apollo 15 è di 139 euro, mentre il peso (piuma) complessivo è di appena 33 grammi.

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