Ad un certo punto, curiosando tra i vari siti di statistiche ci siamo imbattuti nel nome di Lorenzo Ursella (foto Instagram in apertura). Il calendario del giovane friulano, in forza al devo team della DSM-Firmenich, è striminzito. Ursella lo scorso anno era rimasto coinvolto in una caduta in gara che lo aveva costretto ad una delicata operazione alla caviglia. Nel capire come procede il suo recupero siamo andati a chiedere direttamente a lui, che ora si trova a casa.
Lorenzo Ursella è ripartito quest’inverno dopo la frattura di caviglia e tibia subita ad aprile 2022 (foto Team DSM)Lorenzo Ursella è ripartito quest’inverno dopo la frattura di caviglia e tibia subita ad aprile 2022 (foto Team DSM)
Un lungo inverno
L’infortunio Ursella lo aveva subito ad aprile e dopo l’operazione era tornato in bici nel finale di stagione. Da quel momento in poi è stata tutta una rincorsa per tornare ad essere competitivo.
«Avevo ripreso ad andare in bici ad agosto – racconta – e da lì non mi sono più fermato per tutto l’inverno. L’obiettivo era quello di allenarmi e recuperare, per presentarmi in forma all’inizio della nuova stagione».
Per Ursella questa è stata la seconda stagione all’interno del devo team della DSMPer Ursella questa è stata la seconda stagione all’interno del devo team della DSM
E com’è andata?
La caviglia non mi dà più alcun problema, le viti non mi causano alcun fastidio, ma questo i medici me lo avevano detto. In inverno ho lavorato bene, tanto che a febbraio, dopo il primo ritiro fatto con la squadra, ho fatto dei test che mi vedevano in crescita. Stavo bene, ne avevo parlato anche con il dietologo. Rispetto all’inizio del 2022 avevo più massa muscolare ed ero anche dimagrito.
La stagione come è stata indirizzata?
Dopo i ritiri con la squadra avremmo dovuto fare un primo punto della situazione. Come detto in inverno non mi sono fermato, ed ho fatto una progressione continua fino a inizio gennaio. Poi sono andato in ritiro con la squadra prima a gennaio e poi ancora a febbraio.
Quando era previsto il ritorno in gara?
A marzo, in linea con la stagione normale.
Nei soli 13 giorni di gara disputati nel 2023 figurano anche le due tappe corse con la nazionale al Giro di SiciliaNei soli 13 giorni di gara disputati nel 2023 figurano anche le due tappe corse con la nazionale al Giro di Sicilia
Alle prime uscite che sensazioni hai avuto?
Normali, anzi per me molto buone. Non sono arrivati dei risultati, però era anche normale dal mio punto di vista, non correndo dall’anno scorso. Alla fine dopo l’infortunio avevo fatto solamente due gare, a settembre, per capire come procedesse la riabilitazione.
A inizio stagione hai corso un po’, poi ti sei fermato, come mai?
E’ stata una decisione della squadra. Sinceramente dopo l’inizio di stagione pensavo di aumentare i giorni di corsa, ma così non è stato. Fino a maggio ho corso con regolarità, poi mi sono fermato per 2 mesi, perdendo quanto di buono fatto prima.
Una scelta del team, ma quali motivazioni ti hanno dato?
Per loro non ero in condizione, però a mio modo di vedere i riscontri erano stati buoni, considerando il calvario trascorso. Okay, non ho ottenuto risultati di rilievo, ma a livello di numeri crescevo. Pretendere risultati fin dalle prime corse era difficile.
Quella con il team olandese è stata un’esperienza difficile per il giovane friulano (foto Instagram)Quella con il team olandese è stata un’esperienza difficile per il giovane friulano (foto Instagram)
Hai accumulato davvero pochi giorni di corsa fino ad adesso, ora che farai?
La mia stagione è già finita – dice con un mezzo sorriso amaro – ho fatto una ventina di giorni di gara, non di più. Davvero pochi, però non sono l’unico, anche altri miei compagni hanno lo stesso problema.
Dovevi fare il Flanders Tomorrow Tour, ma alla fine non sei partito…
Quando mancavano 2 giorni all’inizio della gara, la squadra mi ha escluso dalla rosa. Anche in quel caso mi hanno detto che non mi vedevano in condizione.
E con la squadra hai mai parlato in questi mesi?
Sì, a metà stagione avremmo dovuto capire come impostare il calendario da qui a fine anno. Ci siamo parlati e confrontati, ma non mi hanno inserito gare. Forse io non ho dimostrato molto, ma è anche vero che non ho avuto grandi occasioni.
Dopo due stagioni non troppo fortunate, a fine stagione, terminerà l’avventura olandese di Ursella (foto DSM)Dopo due stagioni non troppo fortunate, a fine stagione, terminerà l’avventura olandese di Ursella (foto DSM)
Da qui a fine stagione che programmi seguirai?
Terrò il piano di allenamento che ho concordato con il team fino ad ottobre, poi l’anno prossimo cambierò squadra. Ho un accordo con la Zalf, molto probabilmente correrò con loro.
Questi due anni in Olanda non sono andati come sperato…
No, anche al di là dell’infortunio. La DSM ha un calendario, per quanto riguarda la categoria under 23, molto ridotto. Non è facile correre con continuità. Come squadra è super professionale e non si può dire nulla, grazie a loro ho capito in che modo lavora un team WorldTour e come si corre all’estero. L’ambiente però non è per tutti, a causa anche dei metodi ristretti di lavoro.
A un anno di distanza la caviglia ti crea qualche preoccupazione?
Nessuna. Anzi, sto pensando di togliere le viti. Devo solo decidere il periodo giusto perché vorrebbe dire mettere il gesso e fermarsi ancora per un mese. Prima vorrei fare una stagione fatta bene, poi pormi questo problema, per affrontarlo a mente “libera”.
E' passato un anno dalla caduta che lo scorso anno appiedò Lorenzo Ursella. Il friulano è ripartito, ma nei prossimi giorni in Olanda cercherà il risultato
Quello di Etten-Leur lo chiamano “il campionato del mondo dei criterium”, forse anche per la ricchezza che viene messa ogni anno sul piatto e che permette di attirare anche i campioni più ritrosi. L’anno scorso ad esempio, nessuno riuscì ad attirare il vincitore del Tour Jonas Vingegaard, tranne loro. Tutto grazie a una serie di generosi sponsor olandesi e ai 280 euro con cui migliaia di vip pagano il loro posto nell’area riservata.
La Canyon Aeroad di Van der Poel s’è vestita dell’iride, come la sua “sorellina” nel ciclocrossLa Canyon Aeroad di Van der Poel s’è vestita dell’iride, come la sua “sorellina” nel ciclocross
Il jet per Van der Poel
Per il Criterium di Etten-Leur, cittadina del Brabante Settentrionale al confine con il Belgio, si fanno delle vere e proprie follie, come ad esempio andare in Spagna con un volo privato per prelevare il campione del mondo Mathieu Van der Poel e portarlo a correre. Sono partiti sabato sera, sono riusciti ad atterrare all’aeroporto di Malaga e da lì, con il prezioso passeggero iridato a bordo, sono atterrati a Breda. Dall’aeroporto, sono bastati quindici minuti per arrivare nel centro della festa.
«Avevano già insistito dopo il Tour – ha ammesso Van der Poel, stupito – ma io avevo declinato l’invito. Però dopo il mondiale ho pensato che avrei dovuto mostrare la maglia da qualche parte e tutto sommato Etten-Leur non è molto lontano da dove vivo. Così ho potuto indossare per la prima volta la maglia iridata. Avevo già la valigia pronta, si è trattato solo di tornare a casa un giorno prima del previsto».
Van der Poel ha anticipato di un giorno il rientro dalle vacanze a bordo di un jet privatoVan der Poel ha anticipato di un giorno il rientro dalle vacanze a bordo di un jet privato
Tre giorni a Marbella
Chi magari pensava che l’olandese fosse in Spagna per il solito ritiro, prenderebbe una cantonata. Van der Poel infatti si è concesso una meritatissima vacanza dopo il Tour, il mondiale strada di Glasgow e quello finito troppo presto sulla mountain bike.
«Dopo quella caduta – ha raccontato a Het Nieuwsblad – ero così rigido che ho passato comunque due giorni sulla bici per recuperare un po’ di elasticità. Poi ho trascorso tre giorni a Marbella con un gruppo di amici e diciamo solo che ci sono state delle belle serate molto intense. Avevo bisogno di decompressione. Il mondiale è stato l’ultimo grande obiettivo della stagione, anche se forse non mi rendo ancora bene conto di quello che ho fatto. Forse ci riuscirò una volta che la stagione sarà davvero finita».
L’intrusa iridata: la belga Kopecky in Olanda fra le olandesi Vollering e Wiebes. Tutte di casa SD WorxL’intrusa iridata: la belga Kopecky in Olanda fra le olandesi Vollering e Wiebes. Tutte di casa SD Worx
Un salto a Parigi
Però quella caduta brucia, soprattutto considerando il suo orgoglio sconfinato. Per cui la sua vacanza e la successiva partecipazione al criterium olandese sono serviti per sentirgli ammettere qualcosa di più.
«Sto accarezzando l’idea – ha detto – di partecipare al test event di mountain bike a Parigi a fine settembre. Quindi dovrei continuare ad allenarmi e nel frattempo voglio anche correre qualche gara su strada. Non so ancora quale sarà il programma, molto dipenderà da come mi sentirò in allenamento. La voglia di mostrare la maglia c’è, ma se potessi scegliere, mi piacerebbe davvero tanto vincere il Fiandre con questo simbolo addosso».
Vollering a braccia alzate, come sul Tourmalet, come alla fine del Tour che ha vintoVollering a braccia alzate, come sul Tourmalet, come alla fine del Tour che ha vinto
Kopecky e il surf
A Etten-Leur c’era anche una ricca partecipazione femminile. Lotte Kopecky, chiaramente, ma anche Demi Vollering, con la sua maglia gialla del Tour e anche Annemiek Van Vleuten, olandese che a fine anno si ritirerà ma per i tifosi olandesi è ormai una leggenda.
Raccontano gli organizzatori (che per l’iridata della SD Worx non hanno dovuto mandare un aereo), che quando si è sparsa la voce della sua partecipazione, il sito internet del criterium è andato in crash, tanta è la sua popolarità anche in Olanda.
Anche Kopecky ha raccontato qualcosa di sé e dell’emozione iridata, ma anche lei forse non è ancora pienamente consapevole della portata del trionfo.
«E’ la prima volta che indosso questa maglia su una bicicletta – ha ammesso – non ho pedalato molto negli ultimi giorni. Una volta l’ho messa sulla tavola da surf (ridendo, ndr). L’ho trovato divertente, ma ho ancora bisogno di qualche lezione. Finalmente ho avuto una vacanza, cosa che non accade spesso. Mi sono davvero goduta quella settimana senza obblighi, ma per capire se adesso nella mia carriera cambierà qualcosa, dovremo aspettare le prossime settimane».
Anche per Kopecky una bici iridata, ma pantaloncino nero che incontra di più il suo gustoAnche per Kopecky una bici iridata, ma pantaloncino nero che incontra di più il suo gusto
Domenica Kopecky correrà la Schaal Sels a Merksem e forse sarà alla partenza della Classic Lorient a Plouay: «Ma soprattutto voglio divertirmi – ha detto a Het Nieuwsblad prima di lasciare Etten-Leur – senza alcun obiettivo. Voglio capire se c’è ancora grinta, voglio rilassarmi e quando posso, voglio dormire un’oretta di più. Diciamo che negli ultimi giorni non sono mancate le feste».
Incredibile a Jesi. Vince Girmay, sono tutti contenti, ma il tappo dello spumante del podio gli finisce nell'occhio ed è costretto a correre in ospedale
Pietro Mattio ha la voce di chi ha appena visto un trucco di magia e ancora deve spiegarsi bene cosa sia successo. Il ragazzino piemontese è passato dalla Vigor Cycling al team development della Jumbo-Visma. Un primo ma importante passo nella sua crescita da corridore e anche da uomo. Non è l’unico italiano del team, oltre a lui c’è Dario Igor Belletta.
«Sono stati mesi completamente diversi dal solito – esordisce il cuneese – arrivavo da una piccola squadra di paese dove conoscevo tutti. Ora sono in un team enorme dove tutto è curato nei minimi particolari ed il mio unico pensiero è andare in bici».
Da junior Mattio ha corso al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix in maglia azzurra (foto Instagram)Da junior Mattio ha corso al Team Cycling Vigor: qui alla Roubaix in maglia azzurra (foto Instagram)
Primi mesi diversi
E’ con curiosità che guardiamo insieme a Mattio alla sua nuova avventura. Le cose sono cambiate molto, ma gradualmente, così da permettere ai nuovi arrivati come lui di trovare il proprio ritmo.
«La prima volta che sono venuto in Olanda – spiega – è stato ad ottobre ed ho iniziato a conoscere tutto lo staff. Avevo già incrociato alcuni di loro al mio stage di luglio in Slovenia, un primo e piccolo assaggio di quello che avrei fatto. Gli allenamenti, in questi primi mesi, sono stati differenti: più blandi e con poca bici».
Il piemontese ha avuto modo di partecipare ad un ritiro della Jumbo Visma development nel luglio del 2022Il piemontese ha avuto modo di partecipare ad un ritiro del team olandese nel luglio del 2022
Vi siete incontrati anche successivamente?
Abbiamo fatto un secondo ritiro, quello di gennaio in Spagna, insieme a noi c’erano anche i corridori del team WorldTour. Alloggiavamo nello stesso hotel, ma li abbiamo visti poco, gli ultimi giorni alcuni sono partiti per le prime corse mentre altri sono rimasti con noi. E’ stato bello, perché con meno stress erano più liberi ed abbiamo parlato tanto, ho visto cosa vuol dire avere un progetto di crescita. I ragazzi che erano rimasti con noi sono passati dal team development, ho avuto la sensazione di continuità.
Quando avete iniziato a spingere un po’ di più?
Nel secondo ritiro, a febbraio dove eravamo solo noi ragazzi del team development.
Il modo di lavorare è cambiato tanto?
Sì, senza dubbio. Ho messo nelle gambe allenamenti completamente diversi, con tanti chilometri, cosa che prima non avevo mai fatto. L’organizzazione è impressionante, ogni mattina arrivava una mail con il programma da svolgere, è tutto perfetto.
Per Mattio l’ambientamento nella nuova squadra non è stato complicato (foto Jumbo Visma)Per Mattio l’ambientamento nella nuova squadra non è stato complicato (foto Jumbo Visma)
Che metodi differenti hai trovato?
Si esce e si fanno tanti lavori specifici, in Italia ho sempre svolto molti allenamenti al medio, qui pochissimi. Si curano più la soglia ed il VO2Max. Il passaggio a questo nuovo modo di allenarmi è stato graduale.
Quanti giorni siete rimasti nel ritiro a febbraio?
Una decina, c’è stato abbastanza tempo per provare un po’ tutto, anche se i ragazzi più grandi hanno già distanze superiori nelle gambe. Gli allenamenti spaziavano tanto: dalle volate, alle simulazioni gara e abbiamo preso anche la bici da cronometro.
Che effetto ti ha fatto avere accanto compagni da tutto il mondo, o quasi?
Mi ha dato un senso di internazionalità incredibile. All’inizio ho fatto fatica a comunicare con loro perché l’inglese lo parlo poco. Pian piano sono migliorato, anche grazie alla presenza di Dario (Belletta, ndr) che è più bravo di me.
Siete tutti allo stesso livello?
Non saprei. Sicuramente posso dire che loro vanno davvero forte, c’è da lavorare tanto per raggiungere quel livello. Domani (oggi, ndr) tre dei nostri compagni sono al Gran Camino: Boven, Staune-Mittet e Van Belle. Chiederò loro com’è il professionismo, faranno da talpe e spieranno il mondo dei grandi.
Nuovi compagni e rapporti da costruire, il ritiro di gennaio è servito anche per conoscersi (foto Jumbo Visma)Nuovi compagni e rapporti da costruire, il ritiro di gennaio è servito anche per conoscersi (foto Jumbo Visma)
Per la bici nuova come vi siete organizzati?
All’inizio ci hanno lasciato le misure che avevamo sulle bici vecchie. Poi con l’arrivo delle nuove scarpe abbiamo fatto un bike fit ed aggiornato la posizione, trovandone una migliore (in apertura il bike fitting, foto Jumbo Visma). Lo stesso con la bici da crono.
L’avevi già usata in precedenza?
Davvero poco, ho fatto solo due gare a cronometro e la posizione era un po’ così, alla buona. Ora la sto usando tanto, anche in ritiro l’ho già presa quattro o cinque volte e dal prossimo mese me la spediranno a casa.
Com’è allenarsi a cronometro?
Una bella novità. E’ molto differente, è una gara diversa dove non hai molta tattica, solo il fiatone a scandire i ritmi.
Nuovi metodi di allenamento, più qualità e meno quantità (foto Jumbo Visma)Nuovi metodi di allenamento, più qualità e meno quantità (foto Jumbo Visma)
E con i rapporti liberi?
Avevo già iniziato ad usarli l’anno scorso per adattarmi alla nuova categoria. Anche se, devo essere sincero, ho fatto un po’ di fatica a tirare i rapporti lunghi, soprattutto i primi giorni.
Il calendario lo avete già stabilito?
Correrò la prima gara in Croazia, l’uno marzo: l’Umag Trophy. Poi il cinque marzo, sempre in Croazia il Porac Trophy.
E l’esordio in Italia?
A fine settembre al Giro del Friuli. La squadra aveva pensato di farmi correre il Recioto ed il Belvedere, ma alla fine hanno preferito farmi fare più corse a tappe. Ne correrò tre da marzo a giugno e poi sotto con la maturità.
Cerchiamo di capire con Robbert De Groot, capo della Jumbo-Visma Development come lavoreranno con Belletta e Mattio. E cosa pensano del ciclismo italiano
Si può giudicare deficitaria una stagione nella quale sei arrivata seconda al Tour de France? Eppure alla fine del 2022 qualche critica è arrivata alle orecchie di Demi Vollering. Probabilmente dopo i tanti successi dell’anno precedente e le grandi aspettative che circondano la campionessa olandese della Sd Worx (in apertura in un’immagine pubblicata su Instagram), si pensava a un anno più dirompente, anche al confronto con la Cannibale Van Vleuten.
Forse proprio grazie a queste critiche, Demi parte per il nuovo anno con un piglio quasi sconosciuto a chi la conosce. Per la prima volta, nelle interviste di rito ai ritiri, la 26enne di Pijnacker si è detta pronta alla sfida con la straordinaria connazionale, vogliosa di batterla sul suo stesso campo prima che, a fine stagione, la campionessa mondiale chiuda la sua carriera.
A differenza di molte altre rivali, Vollering deve ancora scendere nell’agone competitivo. In attesa del suo esordio, si è presta di buon grado a rispondere a qualche domanda anche piuttosto delicata, mostrando una grande disponibilità, anche questo segno forse di una Vollering nuova al cospetto della nuova stagione.
L’olandese si è prestata volentieri a una lunga chiacchierata via ZoomL’olandese si è prestata volentieri a una lunga chiacchierata via Zoom
Nel 2021 avevi vinto grandi classiche, nel 2022 sei stata seconda al Tour de France. Ti senti più portata per le corse a tappe o quelle d’un giorno?
In realtà entrambe. Mi piacciono molto le classiche perché sono difficili e hanno sempre un’interpretazione diversa rispetto alla maggior parte delle corse. Lì tutti si presentano per vincerle e la differenza scaturisce da minimi particolari, c’è uno spirito che mi piace molto. Ma mi piacciono molto anche le corse a tappe, soprattutto quando sono un po’ più dure. Come per esempio il Tour de France dell’anno scorso, anche quella è stata una gara dura, con gli ultimi due giorni con tante salite. Se poi devo scegliere preferisco le classiche, perché a livello emotivo sono una scarica di adrenalina, non vedi davvero l’ora di affrontarle e ti senti carico a mille. Le grandi corse a tappe richiedono una concentrazione continua, per più giorni, spesso è questo che ti logora anche se fa parte del gioco.
Avere in squadra Wiebes e Kopecky ti toglie un po’ di responsabilità per le classiche o per certi versi è un ostacolo per le tue ambizioni?
No, per me non è affatto un ostacolo. Voglio dire, è davvero bello riavere Lorena nella squadra e penso che sia anche molto utile per me. Se ad esempio all’arrivo vengono a cercare entrambe, è una bella cosa. Non sentiamo la concorrenza interna, anzi penso che sia solo utile. Quel che conta è se la tua squadra sta vincendo, fra noi c’è sempre un grande spirito nella squadra. Quindi anche questo è davvero bello, si traspone anche in nazionale e ne beneficiamo.
Il podio dell’ultimo Tour femminile con Vollering accanto a Van Vleuten, rivale inafferrabile, e NiewiadomaIl podio dell’ultimo Tour femminile con Vollering accanto a Van Vleuten, rivale inafferrabile, e Niewiadoma
Questo dovrebbe essere l’ultimo anno di Van Vleuten: che cosa pensi cambierà nel ciclismo femminile senza di lei, ci sarà più incertezza?
Non credo. Ovviamente Annemiek è molto importante per il ciclismo femminile, ma ora siamo anche cresciute noi altre, c’è più concorrenza, non parte vincente già dall’inizio. Ovviamente negli ultimi anni ha vinto grandi gare, ma stanno arrivando nuove stelle, molto forti e voglio dire che abbiamo molti corridori forti. Io sinceramente preferisco averla in gara, giocarmi le corse contro di lei, ma quando non ci sarà, crescerà anche l’interesse proporzionalmente all’incertezza.
Ti senti pronta a diventare il riferimento del ciclismo olandese come lo sono state Van Der Breggen e Van Vleuten?
Sì, ma penso di non essere l’unica. Abbiamo anche Lorena e anche Shirin Van Anrooij sta andando molto bene. E attenzione alla mia giovane compagna Mischa Bredervold, è ancora molto giovane ed è già molto brava. Quindi penso che abbiamo molte brave cicliste nei Paesi Bassi e ora sono già a quel livello. Ovviamente è normale che la gente pensi che io sia il prossimo leader, ma penso di non essere l’unica. Ci sarà da lottare e non avere una dominatrice non farà altro che aumentare il livello generale.
In casa Sd Worx ora Vollering è la capitana, ma Blaak (in maternità) resta un riferimento per leiIn casa Sd Worx ora Vollering è la capitana, ma Blaak (in maternità) resta un riferimento per lei
Secondo te a che cosa si deve un simile dominio del ciclismo femminile olandese?
Penso che sia davvero bello avere una Nazione così forte, ma vedi anche che altri Paesi stanno diventando sempre più competitivi. Voglio dire, l’Italia è davvero forte al momento, hanno buone velociste, fortissime atlete in salita, ottime gregarie. Ad esempio, Elena e Barbara (Cecchini e Guarischi, ndr) sono persone davvero simpatiche e ottime compagne. Ma anche altre nazioni stanno migliorando sempre più, non ci siamo solo noi e penso che questo sia molto bello, vincere è sempre meno facile. Anche perché siamo sempre le più controllate. Poi non ci siamo solo noi più giovani, Mariana Vos ad esempio è più che competitiva. C’è un ricambio in atto in Olanda e al contempo altri Paesi stanno crescendo velocemente. Questo è un bene per il ciclismo, forse un po’ meno per noi…
Dove pensi di dover ancora migliorare?
Ad esempio devo migliorare le mie basi, quindi la mia resistenza e il mio motore e penso di poterci ancora lavorare, anche se ho già fatto molto nell’ultimo anno. Ci dedico più ore e faccio anche sforzi più duri ma soprattutto mi accorgo che col passare degli anni il mio motore cresce. Sicuramente devo lavorare ancora sulle mie capacità a cronometro, l’anno scorso, ad esempio, non ero quasi mai seduta sulla bici da crono perché non avevamo molte prove a tempo e non aveva senso per me passare ore sulla bici da cronometro. Ora la situazione è diversa, al Tour ci saranno due tappe contro il tempo, voglio farmi trovare pronta e non mi dispiacerebbe guadagnarmi la selezione nazionale per europei e mondiali. Investire su questa specialità, a livello generale, mi pare una buona cosa.
Lo sprint vittorioso alla Liegi 2021, battendo Van Vleuten e Longo BorghiniLo sprint vittorioso alla Liegi 2021, battendo Van Vleuten e Longo Borghini
Quali sono gli obiettivi più importanti per te quest’anno?
Di sicuro tutta la parte delle classiche delle Ardenne, dall’Amstel alla Liegi. Sono corse che mi sono sempre piaciute, l’anno scorso ho fatto podio in tutte e tre, vorrei essere almeno a quel livello. E ovviamente il Tour: mi sono divertita molto lo scorso anno, è una gara bellissima e voglio onorarla al meglio anche perché per la mia squadra è primaria. Erano anni che aspettavano che nascesse.
Ti vedremo in Italia per il Giro?
Probabilmente no, perché anche il mondiale è davvero troppo vicino a Giro e Tour, bisogna fare una scelta. Il Giro mi piace molto, ma fare tutto è ancora un po’ troppo difficile per me.
Elena Cecchini si scuote, lascia la Canyon e si accasa alla Olandese SD Worx, voluta dall'iridata. Il 2020 è andato male, ma ora ha motivazioni a mille
S-Hertogenbosch, Service course della Jumbo-Visma. Primoz Roglic si aggira nelle varie sale della sede giallonera come se fosse di casa, ma di fatto lo è. Lo sloveno fa parte di questo team dal 2016. E ne è una colonna portante: è stato lui a portare le prime grandi vittorie.
Quel che più si nota è la sua attenzione verso i nuovi materiali, le proposte dei nuovi sponsor. Fa domande a raffica, Primoz. Vuol sapere ogni dettaglio. Dal vestiario alle bici. Disponibile, affabile… quando è alle corse è molto più concentrato. Scopriamo una versione di lui insolita, ma decisamente piacevole.
Lo sloveno (classe 1989) molto attento alle nuove dotazioni adottate dal team. Ha fatto molte domande ai tecniciLo sloveno (classe 1989) molto attento alle nuove dotazioni adottate dal team. Ha fatto molte domande ai tecnici
L’infortunio
Lo avevamo lasciato dopo la caduta alla Vuelta. Ancora una volta un po’ la sfortuna e un po’ il suo modo aggressivo di correre, gli avevano presentato un conto salatissimo. L’ennesimo duro colpo alla carriera di questo ragazzo che invece è coriaceo come pochi.
Più volte ha ribadito che la sconfitta del Tour 2020 è alle spalle e se si supera uno shock simile non c’è caduta che possa fermarti. E a proposito di spalle è dalla sua spalla sinistra che ripartiamo.
«Come va? Adesso bene – racconta Roglic – Inizio ad allenarmi lentamente. Sono passate sei settimane dall’intervento. Ogni settimana va meglio, ma ci vuole del tempo. Finalmente il movimento del braccio – e imita il gesto circolare – è quasi completo».
Primoz si era lussato una spalla già al Tour de France, durante la tappa del pavé. Se l’era rimessa in sede da solo. E poi ci era di nuovo caduto sopra nel finale della 16ª tappa della Vuelta. A quel punto dopo un periodo di stop, verso metà ottobre è stato costretto all’operazione.
Però i dubbi sono tanti. E anche per questo Primoz non si sbilancia su programmi ed obiettivi. Per esempio, i medici gli hanno vietato, di correre a piedi e lui era un habituè del running nella sua preparazione. E non è escluso che dovrà rivedere anche la posizione in bici.
«Sulla posizione in bici – dice – speriamo di non dover cambiare nulla, ma per ora davvero non lo so. Mi hanno tagliato un pezzo di osso, ci hanno messo viti un po’ troppo lunghe che sono uscite dall’altra parte, ma mi dicono che così è ancora più fissa. Lo scoprirò solo quando inizierò a pedalare».
La caduta di Roglic alla Vuelta. Primoz è scortato sull’arrivo dal compagno Teunissen. Il giorno dopo non partiràLa caduta di Roglic alla Vuelta. Primoz è scortato sull’arrivo dal compagno Teunissen. Il giorno dopo non partirà
Il recupero
Per Roglic si è trattato dunque di rivedere i piani. Da quella caduta sono passati tre mesi. Tre mesi in cui ha rivisto la sua vita. Passare dal dedicare tante ore al giorno alla bici a niente non è facile. Serve anche un certo equilibrio mentale e il supporto di chi ti sta intorno. Ma in questo caso Primoz aveva la sua famiglia, i suoi amici, i suoi impegni. Anche quelli con il Comitato Olimpico sloveno, di cui di fatto è diventato testimone tramite la Fondazione Cerar gestita dallo stesso Comitato.
Nella lunga chiacchierata con lo sloveno si parla chiaramente anche della stagione che verrà. Primoz ipotizza una partenza tranquilla a marzo, complice anche il suo infortunio.
«Ho un’idea sul mio inizio di stagione – dice Roglic – ma tutto dipende da come andrà ora con la ripresa. Per me il prossimo anno è un po’ un mistero. Per ora ho ripreso a fare solo dei piccolissimi giri. La settimana prossima farò un altro controllo e vediamo se mi daranno il semaforo verde per riprendere veramente. Il mio obiettivo per adesso è potermi presentare l’11 dicembre per il ritiro».
«Ma magari tutto ciò serve a qualcosa – la prende con filosofia – magari sarò più fresco in estate. Devo essere fiducioso. Per il momento sono felice così. Non ho dolore. Non riuscivo a nuotare, non riuscivo a dormire…».
Nonostante tutto, nonostante l’operazione e i tre mesi di stop gli facciamo notare che comunque è già molto magro.
«Sono pur sempre uno sportivo – esclama Primoz – devo sempre farmi trovare pronto. E poi è anche nell’interesse della fondazione (la Primoz Roglic Fundacija, ndr) che abbiamo creato con mia moglie Laura, con la quale incoraggiamo e aiutiamo i giovani atleti a condurre stili di vita corretti. Devo essere un esempio».
Roglic erede di Tina Maze (ex sciatrice e campionessa olimpica) per la rappresentanza della Fondazione Cerar (foto Ziga Zivulovic)Roglic erede di Tina Maze (ex sciatrice e campionessa olimpica) per la rappresentanza della Fondazione Cerar (foto Ziga Zivulovic)
Sui giovani
Tra i top rider Roglic è il più “vecchio”: 33 anni. Si trova a lottare con gente che ne ha dieci meno di lui, vedi Evenepoel. E come sappiamo oggi non è facile. Si tratta di ragazzi che nascono con altri criteri, altri metodi di allenamento e meglio riescono a sfruttare la freschezza e l’esplosività che il fisico consente a quell’età. Vincere insomma è sempre più difficile, anche per uno come lui.
«I ragazzi più giovani – dice Roglic – stanno arrivando, ma questo vale per tutti. Arriverà una generazione che li supererà. Io non ci penso molto a dire il vero, preferisco concentrarmi su me stesso, sulle mie cose e farle nel modo migliore. Non c’è un giovane in particolare che mi ha colpito. Oggi i giovani arrivano e vanno forte in tutti gli sport, non solo nel ciclismo».
Sul Galibier Roglic si è messo a disposizione di Vingegaard. «Un momento molto bello», ha ricordato lo slovenoSul Galibier Roglic si è messo a disposizione di Vingegaard. «Un momento molto bello», ha ricordato lo sloveno
Il Tour in testa
Primoz racconta che ha sempre cercato di essere il numero uno e faceva le cose al 110% per esserlo. E’ stato così quando era un saltatore con gli sci ed è lo stesso da ciclista. Ma il “problema” emerge quando si è raggiunto il top. Gli obiettivi vanno ricalibrati. Per lui il grosso del focus resta il Tour de France e non necessariamente per vedersi sul gradino più alto del podio. Anche se ammette che quando ha iniziato a pedalare sognava di correre anche il Giro.
«Se penso che posso ancora vincere il Tour? Non vedo perché no. A fine carriera – spiega Roglic – traccerò una linea e vedrò cosa ho vinto e cosa no. Io voglio continuare ancora e voglio farlo divertendomi. Finché avrò questa scintilla dentro a spingermi andrò avanti.
«Uno dei giorni per me più belli in assoluto è stato quello del Col du Granon. E’ stato bello fare parte della squadra e di quell’azione. Condividere la doccia con i ragazzi, parlarne… Io già sapevo che i miei attacchi sul Galibier servivano solo per aiutare Jonas (Vingegaard, ndr). E alla fine il nostro piano è andato anche meglio di come di quanto probabilmente ci aspettavamo.
«Poi è stato doloroso essere a casa mentre Jonas e i ragazzi stavano lottando e vincendo il Tour, ma io proprio non potevo andare avanti… altrimenti sarei rimasto in corsa».
Giro 2019: Roglic e Nibali iniziarono a punzecchiarsi verso Ceresole Reale. Verso Courmayuer invece Carapaz prese la maglia rosaGiro 2019: Roglic e Nibali iniziarono a punzecchiarsi verso Ceresole Reale. Verso Courmayuer invece Carapaz prese la maglia rosa
E il Giro?
Voci di corridoio lo vogliono al via del prossimo Giro d’Italia. Già ci si prepara alla rivincita della Vuelta contro Evenepoel, invece Primoz non si espone. Il percorso con tre cronometro individuali è un invito a nozze per lui. Tra l’altro l’ultima delle crono è sul Monte Lussari, ad un passo dalla sua Slovenia, ed è una zona che conosce bene.
«Ho gareggiato e vinto da quelle parti – racconta Primoz – quando ero un saltatore con gli sci. E poi ci sciavo. Non so se sarò pronto per il Giro, bisognerà vedere come andranno le cose a partire dal controllo della prossima settimana. E dai programmi che decideremo».
Il corridore della Jumbo-Visma quando sente parlare dei 71 chilometri contro il tempo non si sofferma solo su quelli. Fa capire apertamente che per lui vanno bene anche gli altri percorsi. Quasi si sentisse ferito nell’orgoglio e ci volesse dire: «Ehi, non sono solo un cronoman».
Se il Tour è il suo pallino, il Giro non è così da meno: sia per una vicinanza geografica con l’Italia, sia perché quest’anno si passa molto vicino casa sua e sia perché è stato il primo grande Giro che ha fatto nel 2016.
Manca dalla corsa dall’edizione del “fattaccio” con Nibali verso Courmayeur che spalancò le porte del paradiso a Carapaz. Nessuno dei due voleva tirare e l’ecuadoriano ne approfittò. Roglic fu comunque terzo. Quel podio, il primo nei grandi Giri, gli diede comunque una grande consapevolezza, tanto che in autunno vinse poi la sua prima Vuelta. Ora forse è pronto per qualcos’altro
Wout Van Aert ci dà il benvenuto quando entriamo nel Service course della Jumbo-Visma. Il Van Aert è ad altezza naturale ed è di cartone! Di fronte a lui subito una serie di trofei e maglie.
Olanda meridionale, circa 80 chilometri a sud di Amsterdam, siamo ad s-Hertongenbosch. «Ma qui la chiamiamo Den Bosch», ci dice subito Ard Bierens, addetto stampa che fa gli onori di casa. «La pronuncia è un po’ complicata e credo che neanche gli olandesi la conoscano col vero nome!».
L’ingresso al Service Course della Jumbo-Visma. Van Aert ci dà il benvenuto!Ard Bierens è l’addetto stampa del team olandeseL’ingresso al Service Course della Jumbo-Visma. Van Aert ci dà il benvenuto!Ard Bierens è l’addetto stampa del team olandese
Sul Col du TJV
Capannoni super moderni in vetro e cemento e costruzioni hi-tech contornano la parte orientale di “Den Bosch”, quella che divide il centro dalla campagna. Vicino c’è un canale, sul suo margine scorre neanche a dirlo una pista ciclabile. Appena scendiamo dalla macchina, su quella pista passa una serie di ragazzi in bicicletta. Questa immagine con la pianura e una pala eolica in lontananza ci fa pensare: «Okay, l’Olanda in una foto!».
Appena entrati, prima del caffè, lo stesso Ard ci fa fare un tampone. Qui i protocolli ci sono ancora. Sbrighiamo questa pratica in uno degli uffici al piano superiore. Vi si accede con una scala… anzi attraverso un colle!
Se l’Olanda è il cuore dei Paesi Bassi, un motivo ci sarà. Pensate che siamo praticamente a quota zero. Forse un metro sul mare. Quasi come sul Muro di Sormano, nella parte verticale degli scalini ci sono le quote con la variazione di quota… espressa in millimetri! Fino ad arrivare ai ben 4.200 millimetri del Col du TJV (Team Jumbo Visma)!Insomma al piano superiore.
Ed ecco il colle TJV, Team Jumbo Visma…Una parte degli uffici al piano superiore. Da notare il tridente della TirrenoEd ecco il colle TJV, Team Jumbo Visma…Una parte degli uffici al piano superiore. Da notare il tridente della Tirreno
Due piani
La stessa scala, come un po’ dappertutto, è contornata di trofei. Ci sono anche il “nostro” Tridente della Tirreno-Adriatico e qualche maglia rosa qua e là. Ci sentiamo stranamente orgogliosi di quei premi.
«L’edificio ha un anno – ci dice Ard, mentre ci fa da Cicerone – nel tempo siamo cresciuti molto. All’inizio eravamo un piccolo team. Compresi i corridori eravamo una settantina di persone. Ora se ne contano oltre 200.
«Ufficialmente questa è anche la sede della squadra di skating (pattinaggio sul ghiaccio, ndr), ma loro hanno un altro edificio nel Nord dell’Olanda dove questo sport è più praticato».
Nei piani superiori ci sono gli uffici, che però non ricoprono tutta l’aerea dell’edificio. Oltre agli uffici ci sono tre sale presso cui fare meeting e riunioni. Un paio di queste hanno un’ampia vetrata che dà sul resto dell’edifico, quello del “service course” vero e proprio.
Nel piano inferiore una grande area d’accoglienza ci porta nel mondo Jumbo-Visma. Tutto è in ordine, tutto è funzionale. Oltre al desk, ci sono una cucina e una sala mensa. Mentre dall’altra parte del salone ci sono docce e altri ripostigli.
Steven Kruijswijk… con Steven KruijswijkEcco l’olandese riconsegnare una valigia di materiale mai usatoTra le tante cose si fanno anche le foto per il sito e per le cartolineSteven Kruijswijk… con Steven KruijswijkEcco l’olandese riconsegnare una valigia di materiale mai usatoTra le tante cose si fanno anche le foto per il sito e per le cartoline
Nel cuore della Jumbo
Ogni porta ha l’insegna dell’iride e il cartellino che indica a cosa è adibita. Particolari che la dicono lunga. Presto ci rendiamo conto che Van Aert non è da solo. Incontriamo Roglic, Kruijswijk, Gesink… sempre di cartone, sempre a grandezza naturale.
Il magazzino-officina è la porzione più grande, chiaramente. Per i due terzi, forse anche più, c’è questo grande spazio. Al centro un’infinità di Cervélo, i banchi dei meccanici e ai lati, su due piani, ci sono altri magazzini. Ci sono pezzi di ricambio per le bici, altri per la logistica, altri ancora per gli alimenti, i lettini dei massaggiatori… E’ come una piccola città autonoma.
«Questa aerea – dice Bierens – è la più grande, come potete vedere. Qui ci sono le bici, i banchi di lavoro e quello spazio giù in fondo è il garage. Quest’anno abbiamo acquistato un altro bus. Ora siamo a quattro. Non dimentichiamo che abbiamo anche il team development e che la squadra femminile cresce».
I banchi di lavoro sono 8, disposti in 4 file. Sono lunghi 3 metri ciascunoLe ruote? Una quantità infinita…Nel magazzino qualche ricordo del Tour, come la Cervélo verde di Van AertEcco arrivare le ammiraglie, nuove o rivestite con gli sponsor 2023I banchi di lavoro sono 8, disposti in 4 file. Sono lunghi 3 metri ciascunoLe ruote? Una quantità infinita…Nel magazzino qualche ricordo del Tour, come la Cervélo verde di Van AertEcco arrivare le ammiraglie, nuove o rivestite con gli sponsor 2023
Carrelli di bici
Ogni corridore ha il suo spazio per le bici. Ci sono carrelli che sembrano degli appendiabiti: in mezzo il nome del corridore e poi due bici appese su altrettante staffe. Sotto, affinché il meccanico possa spostarli verso il suo banco di lavoro o magari portarli verso l’ammiraglia, ci sono le ruote.
Nella parte bassa questi carrelli hanno una grossa base, sulla quale vengono appoggiate ruote, forcelle, pezzi di ricambio… Un oggetto in comune per tutti è il casco da crono, ben conservato nella custodia.
In molti hanno già la bici nuova, con i nuovi gruppi e alcuni particolari che per questioni di marketing e contratti in essere non si possono ancora far vedere. E ora vi facciamo una domanda? Secondo voi quale corridore aveva più carrelli? Van Aert: per lui ne abbiamo contati almeno quattro. Fra bici da cross, strada, crono e colorazioni speciali, Wout fa lavorare molto i suoi meccanici.
Ogni banco di lavoro è un piccolo paradiso della tecnica. Pulito, con attrezzi di ogni genere. Ai lati di ognuno, ci sono un compressore e un macchinario particolare che serve per il rodaggio dei cuscinetti delle ruote. Sopra, chiaramente, attrezzi e alcuni strumenti specifici. Un particolare che ci ha colpito è stata la quantità di cavi elettronici per i gruppi. Impressionante. Basti pensare che hanno un cesto apposito per il loro smaltimento.
Vingegaard, ha confermato le impressioni di un ragazzo semplice. Neanche lui sa più quante maglie ha firmato dopo il TourVingegaard, ha confermato le impressioni di un ragazzo semplice. Neanche lui sa più quante maglie ha firmato dopo il Tour
Sponsor day
Ed è un vero brulicare di persone, meccanici e, man mano che va avanti la giornata, anche di corridori. E sono proprio questi che scandiscono i tempi di questa efficiente macchina organizzativa. Ognuno ha una tabella da rispettare, ben scritta su un foglio.
Siamo capitati nel giorno in cui i nuovi sponsor forniscono i materiali. Si va dal dopo corsa ai giubbini refrigeranti, dagli integratori alle scarpe… per finire alle foto… cartolina. Ci sono almeno tre set fotografici in altrettanti parti del Jumbo-Visma service course.
Un corridore va a ritirare il giubbino, l’altro a fare la foto con gli integratori. C’è chi riconsegna il vecchio materiale in eccesso. Kruijswijk, per esempio, aveva un valigia grande piena di maglie ancora avvolte nella plastica. Chi riportava questo vestiario lo metteva in due enormi cesti grigi. Queste divise poi dovrebbero andare in regalo, in premio, in qualche serata di beneficienza… Forse è l’unica cosa in cui in Jumbo-Visma hanno le idee meno chiare!
Finalmente Wout Van Aert… in carne ed ossa!Finalmente Wout Van Aert… in carne ed ossa!
Già in ricognizione
I ragazzi parlano fra loro, tra un caffè e un appuntamento nella loro scaletta.Jonas Vingegaard, re del Tour, ha un grosso cappotto verde militare. Lo avvolge che sembra un bambino. Umilissimo, semplice e già molto magro.Roglic invece indossa una giacca di pelle. Anche lui magrissimo, è super interessato ad ogni aspetto tecnico: scarpe, bici… Foss potrebbe fare l’intrattenitore. Sempre con un bicchiere di the, caffè o cola in mano e sempre ad attaccare bottone con qualcuno.
Mentre non si vedono Van Aert, Laporte, Affini… «Sono a fare la ricognizione – ci spiega Bierens – In questi due giorni erano in Belgio. Ieri hanno provato gli ultimi 120 chilometri di E3 Harelbeke e oggi (ieri, ndr) il finale del Fiandre. Ma tra poco saranno qui anche loro». E infatti eccoli spuntare. «Volevamo fare dei test con i nuovi materiali prima dell’inverno», ci dice Edoardo.
In Jumbo-Visma tengono molto alla propria identità. Ecco il muro della loro storiaNello spazio del garage, i preparativi per la festa di staseraCala la sera. Si chiude una giornata ricca di curiosità ed emozioniIn Jumbo-Visma tengono molto alla propria identità. Ecco il muro della loro storiaNello spazio del garage, i preparativi per la festa di staseraCala la sera. Si chiude una giornata ricca di curiosità ed emozioni
Il futuro è ora
Intanto dalla zona dove è parcheggiato il bus arriva un certo rumore. «Stanno preparando – dice Bierens – la festa di domani sera (oggi, ndr). Un party tra di noi, per festeggiare l’ottima annata del team. Ci sarà tutto lo staff. Abbiamo vinto il ranking UCI.
«Ma prima facciamo la riunione. Una riunione importante. Quando siamo nati avevamo l’obiettivo di vincere il Tour entro sette anni. Ci siamo riusciti. E adesso? Cosa vogliamo? Dove vogliamo andare? E’ importante ragionare così e farlo tutti insieme. Perché è in questo modo che crei una solida base, che hai le idee chiare e dai sicurezza agli sponsor che ti sostengono nel lungo periodo».
Questa ultima frase dice tutto della Jumbo-Visma. Nel frattempo è sceso il buio. La pista ciclabile non si vede in più e su Den Bosch scende la pioggia.
Le Cervélo a disposizione di Wout Van Aert sono come i petali di una rosa, ognuna specifica e capace di rispondere alle esigenze di campione. Vediamo le sue scelte per le gare di questa primavera.
Nove mondiali e due medaglie olimpiche a 25 anni. Harrie Lavreysen, olandese di Apeldoorn, è alto 1,81 e pesa 92 chili e, se fosse anche cattivo, sarebbe bene giragli alla larga. In realtà quando non è impegnato in qualche sfida di velocità appare un ragazzo alla mano. Forte com’è, divide lo scettro di velocista più forte con l’amico/rivale Jeffrey Hoogland e per non pestarsi i piedi, scelgono spesso gare diverse e fanno man bassa.
Da noi il settore delle donne e degli uomini veloci è in fase di ricostruzione e il quinto posto di Matteo Bianchi agli ultimi mondiali, nel chilometro vinto da Hoogland (accesso in finale con il secondo miglior tempo) fa ben sperare. Così, per preparare il terreno, noi intanto… spiamo il padrone di casa.
Olimpiadi di Tokyo, la finale della velocità è un derby olandese: oro a Lavreysen, argento a HooglandOlimpiadi di Tokyo, la finale della velocità è un derby olandese: oro a Lavreysen, argento a Hoogland
Che cosa fa un velocista?
Non ho un lavoro dalle 9 alle 17. Sei un grande atleta tutto il giorno, anche nel fine settimana. Ad ogni scelta che faccio, penso cosa sia meglio per questo sport. Ovviamente devi anche rilassarti, prenderti il giusto tempo. Ma se devo saltare una festa, non ho problemi. So per cosa lo sto facendo.
In cosa consiste la tua alimentazione?
Penso alla dieta tutto il giorno. Peso la colazione con molta attenzione, perché non deve darmi fastidio durante l’allenamento. Di solito mangio verso 8,15. L’orario si collega esattamente con l’allenamento del mattino. Ma certi giorni trovare gli orari giusti è un enigma. Se devo allenarmi nel primo pomeriggio, devo comunque alzarmi presto e fare colazione in base all’orario del pranzo. Alla base ci sono le proteine, se ne ho abbastanza, il resto non è così urgente. Ovviamente devo mangiare sano e assicurarmi di mantenere il peso forma.
Ai mondiali appena conclusi, Bianchi ha… assaggiato Hoogland, chiudendo il Chilometro in 5ª posizioneAi mondiali appena conclusi, Bianchi ha… assaggiato Hoogland, chiudendo il Chilometro in 5ª posizione
Hai chiuso la carriera in Bmx a 18 anni per un infortunio alla spalla: tutto superato?
La sottopongo spesso a un trattamento separato. Non ho quasi nessun dolore, ma dormo con pantaloni speciali con due passanti. Se ci infilo i polsi, le spalle rimangono al loro posto. Devo tenerne conto anche in allenamento. Ad esempio, non posso esercitarmi su tante partenze di fila come qualcun altro. Grazie o a causa di tutte le battute d’arresto, ho avuto modo di conoscere bene il mio corpo. So esattamente cosa è possibile e cosa non lo è.
Cosa ti resta degli anni sulla Bmx?
Ho imparato cosa significa vivere come un atleta di alto livello. Ho imparato a controllare la bici. Mi sono sempre allenato sull’esplosività e ho gettato buone basi per l’allenamento della forza che faccio ancora oggi. Quindi ne traggo ancora vantaggio.
Ai recenti mondiali ha vinto il keirin precedendo Hoogland: 200 metri in 9″751 a 73,839 di mediaAi recenti mondiali ha vinto il keirin precedendo Hoogland: 200 metri in 9″751 a 73,839 di media
Hai debuttato ai mondiali del 2017 e sono venuti subito due argenti…
L’apertura mentale è stata la mia più grande forza. Non sapevo nulla degli avversari, ma ovviamente nemmeno loro sapevano di me. Allora avevo parecchi punti deboli, ma poiché non li conoscevano, non hanno potuto attaccarmi.
E’ importante conoscere gli avversari?
Ho già tutti gli scenari in testa in anticipo. Conosco la top 30 mondiale come il palmo della mia mano. So esattamente cosa fanno e come, perché li ho analizzati all’infinito. Cerco sempre di essere un passo avanti a loro. Penso a come mi guardano e cosa devono fare per battermi. Quindi mi assicuro che ciò non accada. Se uno è più forte, me ne faccio una ragione. Invece odio perdere per un mio errore.
A Tokyo ha trascinato Van den Berg, Buchli e Hoogland all’oro nel team sprintA Tokyo ha trascinato Van den Berg, Buchli e Hoogland all’oro nel team sprint
Quanto conta la concentrazione nella velocità?
Voglio sentire la tensione solo per migliorare. Ma quando noto che sono troppo teso, parlo con alcune persone. Quando non c’è abbastanza tensione, mi siedo e faccio la gara nella mia testa. E allora la tensione e la concentrazione tornano subito al loro posto.
Altrimenti?
Non vinci. Andiamo molto in profondità in ogni sprint, in realtà è uno sport molto mentale. Non bisogna avere dubbi. Se ne hai, non vinci. La differenza tra dire «Posso vincere» e «Vincerò» è un fattore molto importante. Quando vado in gara, non penso all’argento. Avrei già perso. La parte mentale è difficile da allenare, perché semplicemente non è possibile esercitarsi al di fuori delle competizioni.
La rivalità con Hoogland è stimolo per entrambi. Qui a Roubaix 2021, dove Lavreysen ha vinto team sprint, velocità e keirinLa rivalità con Hoogland è stimolo per entrambi. A Roubaix 2021, Lavreysen ha vinto team sprint, velocità e keirin
Che rapporto hai con i tuoi compagni di nazionale?
Mi tengono sveglio. Si accorgono subito se un giorno non sono in forma e questo vale anche al contrario. Le nostre sessioni di allenamento si basano sul team sprint, l’obiettivo per le Olimpiadi. Questo ci rende molto forti come squadra. Ci spingiamo a vicenda. Ognuno di noi dà il meglio se l’altro va più forte.
Quanto potrai crescere ancora?
Sono giovane, quindi posso ancora fare meglio. Vedo che ho dei punti deboli e che i miei avversari possono battermi. Questo mi mantiene affamato. Alla fine, dopo la mia carriera, voglio avere il più grande record possibile di risultati. Lavoro per questo.
Mathieu van der Poel si era allenato alla perfezione per questi mondiali, ma il sogno o il progetto si è fermato nella notte di vigilia. L’olandese infatti è stato arrestato dalla polizia locale a seguito di un incidente nel suo hotel. La notizia arriva dall’emittente belga Sporza, secondo cui Van der Poel avrebbe avuto un alterco con dei bambini che avevano bussato con insistenza alla sua porta.
Le conferme al via
Stamattina al via da Helensburgh, Van der Poel ha confermato brevemente la vicenda, eliminando ogni forma di condizionale.
«E’ vero – ha detto – c’è stata una piccola lite con dei vicini rumorosi, ma qui sono piuttosto severi. Dopo tutte le procedure, sono tornato nella mia stanza alle 4 in punto. Non è certo l’ideale. E’ un disastro, ma non posso farci nulla. Farò il meglio possibile. Non ho riposato, correrò con l’adrenalina. Non è stato certo divertente, ma è successo e devo farci i conti».
Nel Team Relay, proprio Van der Poel aveva parlato della sfortuna del team olandeseNel Team Relay, proprio Van der Poel aveva parlato della sfortuna del team olandese
La dinamica
Quanto alla dinamica dell’incidente, la vicenda ha i tratti dell’incredibile e coinvolge un atleta di punta che la notte prima di un campionato del mondo avrebbe diritto e bisogno di dormire. Sia benedetto l’isolamento degli azzurri nel loro hotel fuori dal mondo.
«Ieri sera – ha raccontato Mathieu – sono andato a letto presto e dei bambini nel corridoio hanno ritenuto necessario bussare continuamente alla mia porta. Dopo alcune volte ho finito la pazienza. E’ possibile che non gli abbia chiesto molto gentilmente di fermarsi. Per questo qualcuno ha chiamato la polizia».
Van der Poel era pronto per il mondiale. Nell’avvicinamento aveva vinto tre corse: qui il Gp de WallonieVan der Poel era pronto per il mondiale. Nell’avvicinamento aveva vinto tre corse: qui il Gp de Wallonie
La polizia
La polizia del New South Wales conferma che un uomo di 27 anni è stato arrestato sabato sera nell’hotel di Sydney dove si trova la squadra olandese. La denuncia vede due capi di imputazione per aggressione. L’uomo è stato poi rilasciato e ha avuto la libertà su cauzione a condizione di comparire in tribunale martedì. A Van der Poel sarebbe stato anche sequestrato il passaporto.
«Intorno alle 22,40 (sabato 24 settembre 2022) – recita il comunicato della polizia – un uomo era in un hotel della Grand Parade, Brighton-Le-Sands, quando sarebbe stato coinvolto in un alterco verbale con due ragazzine di 13 e 14 anni. L’uomo le avrebbe spinte entrambe: una è caduto la a terra, mentre l’altra è finita contro un muro riportando un lieve sfregamento al gomito. La direzione dell’hotel ha chiamato la polizia. Gli ufficiali del comando dell’area di polizia di St George sono intervenuti e hanno arrestato un uomo di 27 anni».
Van der Poel si è presentato alla partenza, ma la sua testa era altroveVan der Poel si è presentato alla partenza, ma la sua testa era altrove
Impossibile correre
Mathieu stamattina era alla partenza da Helensburg, ma si è ritirato al rifornimento a 230 chilometri dall’arrivo. Era impossibile che oggi potesse correre. Impossibile che trovasse le serenità e la concentrazione necessarie. Il suo mondiale è finito nel momento dell’arresto, solo che ancora non lo sapeva. O ha sperato che non fosse vero.
Un vero peccato. Per Mathieu e per la corsa, che ha perso un sicuro protagonista. L’episodio sarà certamente sviscerato e raccontato meglio nelle prossime ore, ma pone in evidenza quanto sia delicato l’equilibrio psicologico di un atleta di alto livello che si prepara per una sfida altissima e ha bisogno attorno a sé dell’ambiente ideale per mantenere la concentrazione e spingerla al limite.
Van der Poel avrebbe potuto chiamare i tecnici della nazionale o il personale dell’hotel. Ha commesso la leggerezza di comportarsi come avrebbe fatto ciascuno di noi, cadendo nel tranello di portare la sua tensione nella conversazione improvvisata in quel corridoio. La polizia ha applicato la legge con severità inflessibile.
Buratti e Milesi gli azzurri più in luce nel mondiale U23. A entrambi si è spenta la luce nel finale. Fedorov che ha vinto veniva dalla Vuelta. Ne parliamo?
Lorenzo Ursella è tornato in gruppo dopo un lungo periodo di assenza, quasi 5 mesi, lo ha fatto al Flanders Tomorrow Tour. L’ultima gara disputata era il Tour de Bretagne, in Francia a fine aprile, corsa nemmeno terminata per il ragazzone friulano che da questa stagione corre nel team Development DSM. Una nuova avventura in Olanda che era iniziata con tanta motivazione ma che ha preso una brutta piega sulla strada che portava da Loheac a Le Hinglé.
«Sono caduto in corsa – dice Ursella dal suo appartamento in Olanda – e ho riportato la frattura esposta del malleolo e della tibia. Mi hanno operato il giorno stesso mettendomi delle placche e delle viti per bloccare la frattura».
Per Ursella un inizio difficile in Olanda, la caduta di aprile ha rovinato il lavoro fatto nei mesi precedentiPer Ursella un inizio difficile in Olanda, la caduta di aprile ha rovinato il lavoro fatto nei mesi precedenti
Un lungo stop
Nella sua avventura lontano da casa Lorenzo ha trovato qualche difficoltà sul percorso, questa frattura è stata quasi un colpo da KO. Ursella è tornato a casa sua e in questi mesi si è curato rimettendo tutto in ordine, o per lo meno provandoci.
«C’era stata una caduta nella prima parte del gruppo, io per non finire a terra ho appoggiato il piede. Solo che da dietro arrivava l’altra metà del gruppo, che mi ha travolto schiacciandomi contro l’asfalto, causandomi, appunto, questa frattura. Ho fatto due mesi con il gesso ed ero completamente fermo, in quel periodo ho perso tutta la massa muscolare. Nei mesi successivi mi hanno messo un tutore di supporto ed ho iniziato a fare riabilitazione con palestra ed i classici elastici per riprendere un po’ di forza. Da un mese a questa parte mi sono rimesso in bici, e da inizio settembre sono tornato in corsa».
Ursella alla Borgo Molino correva insieme al suo “gemello” Bruttomesso, i due poi si sono divisi: il primo è andato in Olanda, l’altro alla ZalfUrsella alla Borgo Molino correva con il suo “gemello” Bruttomesso, i due poi si sono divisi: il primo è andato in Olanda, l’altro alla Zalf
La lenta ripresa
La caviglia è una parte delicata dell’atleta, in qualsiasi sport, soprattutto nel ciclismo dove la forza e la spinta passano dal piede. Riprendere non è semplice e il timore di una nuova caduta è dietro l’angolo.
«A livello della frattura non mi sento così a posto, anche perché ho ancora delle viti ed una placca che dovrò tenere fino al prossimo inverno. Le toglierò solamente nel novembre del 2023. Ho voluto iniziare a correre ora perché avevo bisogno di testare la risposta del mio corpo e togliermi qualche paura che mi è rimasta dopo la caduta.Ho notato, infatti, che ogni tanto quando in gruppo si frena, io inchiodo del tutto e mi fermo. Ripartire ogni volta è una fatica, ovviamente la fiducia la riacquisti solamente in corsa. Mi fa male ogni tanto e mi si gonfia, in particolar modo a fine gara, ma è normale sia così, quella che farò da qui a fine anno è più una preparazione verso il prossimo inverno e la stagione 2023».
Lorenzo ha trovato un modo diverso di allenarsi in Olanda, meno ore ma lavori più specifici svolti ad alta intensità (foto team DSM)Lorenzo ha trovato un modo diverso di allenarsi in Olanda, meno ore ma lavori più specifici(foto team DSM)
L’inizio complicato
Al di là l’infortunio subito e le complicanze che ne derivano, l’inizio di stagione di Ursella non è stato semplice. Poche gare e difficilmente portate a termine, con tante difficoltà fin dai primi giorni.
«Il periodo di adattamento non è stato facile, ho sofferto molto ed è stata dura. Più che dal punto di vista della vita direi proprio da quello agonistico. Ho sofferto tanto il ritmo gara perché qui corrono in modo diverso, sempre a tutta e non ero abituato. All’inizio facevo fatica anche a stare in gruppo, poi piano piano ho acquisito maggior ritmo sentendomi sempre meglio. Non era neanche un problema dovuto alla preparazione invernale, tra ritiri e allenamenti abbiamo lavorato molto bene.
«A livello personale mi trovo bene, mi piace vivere per conto mio. Tutti i miei compagni che vengono da fuori vivono nelle casette della squadra e siamo tutti vicini. Ogni tanto usciamo a mangiare o passiamo il tempo insieme. All’inizio ho avuto qualche difficoltà con l’inglese, in questi mesi a casa ho studiato molto e ho rafforzato la lingua, ora riesco a confrontarmi meglio con tutti. Stare lontano da casa dopo tanto tempo pesa, però riesco comunque a tornare ogni tanto e vedere la mia famiglia. La squadra è organizzata molto bene nel gestire gli impegni, è tutto molto schematico. Di solito corriamo per un mese di fila, poi stacchiamo due settimane e in quel periodo torno a casa».
Marianne Vos ha vinto la Gand e punta sul Fiandre. Si rivelò al grande ciclismo nel 2006 vincendo il mondiale a 19 anni. Eppure non è sazia. Sentite perché
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