Domenico Pozzovivo, Giro d'Italia 2020

Il viaggio del Pozzo verso un’altra ripartenza

11.12.2020
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Dopo aver partecipato al mondiale su rullo vinto da Osborne, il Pozzo si è messo nella macchina di sua moglie Valentina e da Lugano ha fatto rotta su Cosenza. Obiettivo: il caldo. In Svizzera nevicava da giorni e prima di andare sul Teide, qualche giorno in famiglia con tiepidi panorami italiani è quello che serviva. Gli interventi sono finiti. Gli antibiotici hanno portato via l’ultima infezione. C’è ancora tanta fisioterapia da fare per il braccio sinistro, ma la stagione può finalmente iniziare con un’impronta di normalità.

«Il fatto di recuperare il braccio al 100 per cento – sorride – è da dimenticare. Sono già fortunato ad averlo ancora qui con me. Ogni tanto mi accorgo di qualcosa che non riesco a fare o che sarebbe meglio fare con il destro, come sollevare una cassa d’acqua. Ma va bene così. In più la squadra si è salvata, anche se per l’impegno che ci stavano mettendo, speravo ce la facessero. Mi piaceva restare nel progetto di Qhubeka Charity. Mi ero mosso per cercare qualcosa, quando però era già tardi per cercare. Restare nel WorldTour era importante».

Domenico Pozzovivo, Jakob Fuglsang, Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna, Pozzo con Fuglsang e Nibali: era una tappa alla sua portata
Domenico Pozzovivo, Jakob Fuglsang, Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020
Sull’Etna, Pozzo con Fuglsang e Nibali: poteva vincere
Cambierà tanto con l’assenza di Riis?

Mi aveva voluto lui e mi aveva spinto a credere in me, sentirò la sua mancanza. Nei suoi confronti la mia stima è massima. La squadra è cambiata tanto. Alcuni se ne sono andati per scelta, altri non sono stati confermati.

Ti aspettavi di tornare così forte?

Avrei scommesso di tornare, ma a un certo punto qualche dubbio era venuto anche a me. Diciamo che cominciava ad affiorare. Quando i dottori mi dicevano che ero avviato verso un buon recupero e che avrei avuto una vita normale, io nella mia testa pensavo a quanto mi mancasse per tornare al Giro d’Italia.

Quanto è importante il gruppo di Lugano?

Tanto, soprattutto per chi come Vincenzo (Nibali, ndr) e me fa sacrifici da tanti anni. Avere stimoli nuovi ci aiuta. La fatica passa meglio, anche il tempo passa meglio. E quando non avresti voglia, il fatto che vengano a chiamarti e ti trascinino fuori è fondamentale. Ti fa superare i momenti difficili. Poi ci si trova anche al di fuori, ovviamente.

Sei contento dell’arrivo di Aru?

Sono contento innanzitutto per lui. Trova la situazione ideale per potersi rilanciare. Non avevamo tanti uomini di classifica al di fuori del sottoscritto, quindi avremo tutto lo spazio.

Non c’è rischio che vi pestiate i piedi?

Non siamo la Ineos o la Jumbo-Visma che porta cinque leader in ogni corsa a tappe, penso ci converrà dividerci per coprire tutto il calendario. Fabio è uno del gruppo di Lugano, si va d’accordo. Il gruppo in realtà è diviso fra quelli che vivono in centro come Vincenzo, Diego ed io e quelli più spostati verso il Mendrisiotto, come Fabio e Cataldo. Si parte ognuno da casa sua e ci si trova dopo una ventina di chilometri.

Domenico Pozzovivo, Uae Tour 2020
Allo Uae Tour di inizio stagione, per Pozzo seconda corsa dopo l’incidente
Domenico Pozzovivo, Uae Tour 2020
Allo Uae Tour, seconda gara del 2020 per Pozzo
Che cosa ti ha lasciato il Giro?

Grandissima soddisfazione, perché era esattamente quello che volevo. Non stavo lavorando per una vita normale, volevo di nuovo il vento in faccia e il fatto di essere lì in mezzo a lottare. Devo dire che al di là del piazzamento, è stato uno dei Giri che mi ha dato le soddisfazioni maggiori. Facendo la tara, potevo stare nei primi dieci e se a Sestriere non avessi avuto problemi meccanici, magari ci sarei riuscito. Considerando che, nei tempi normali, il Giro non avrei dovuto neanche farlo…

Vincere una tappa?

Per come si era messa alla fine, era abbastanza irrealistico. Forse sull’Etna, dove la condizione era già buona, ma la fuga ormai era imprendibile. Non ho rammarichi.

Come arrivi alla ripresa?

Lanciato e motivato. Spero non ci siano intoppi. Dopo questi giorni a Cosenza, andrò sul Teide, da solo o con i compagni fa lo stesso. Lo sai che sto bene anche da solo. E per il resto, dita incrociate e fiducia. Non mi sento vecchio, non avrei mai voluto smettere per un incidente…

Domenico Pozzovivo, gomito fratturato, Giro d'Italia 2020

Gomito rotto: si guarisce? L’esempio del Pozzo

02.12.2020
4 min
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«Quando sono in bici – ci disse Pozzovivo dopo i primi 10 giorni del Giro – stringo i denti. Il corpo tende ad adattarsi, ma se la sera non lavorassi a lungo con osteopata e massaggiatore, sarei nei guai».

Subito dopo la corsa rosa, tuttavia, il lucano che anche nel 2021 correrà nella Qhubeka-Assos, è dovuto correre a operarsi ugualmente al gomito sinistro. Al Tour infatti era caduto, battendo proprio quello già operato nell’estate del 2019. La sua diagnosi – parola più, parola meno – racchiudeva in un solo incidente fratture scomposte pluriframmentarie ed esposte e di ulna, olecrano e omero distale con perdita di sostanza.

Ma quanto fa male la frattura del gomito? Quanto è frequente? Come se ne esce? E poi torna tutto come prima? Abbiamo messo insieme le nostre domande e le abbiamo rivolte ad Andrea Gadda, fisioterapista, laureato in Scienze Motorie, che opera presso il Centro Fisioradi di Pesaro.

Frattura del capitello radiale (foto MSD)
La frattura del capitello radiale (foto MSD)
Frattura del capitello radiale (foto MSD)
Frattura del capitello radiale (foto MSD)
Dottor Gadda, quella del gomito è una frattura ricorrente in chi fa sport?

Può accadere in sport di contatto quali rugby, football americano e arti marziali. Ma risulta molto frequente anche nel pattinaggio, lo skateboarding e nel ciclismo.

Quale tipo di caduta la genera?

Tipicamente avviene per impatto diretto sul gomito o, con più frequenza, con la tipica caduta a terra “in protezione” sul palmo della mano, con il gomito in estensione.

E’ dolorosa come sembra?

Dipende dalla tipologia della frattura, la sua localizzazione articolare e dal grado di gravità.

Quanti tipi ce ne sono?

In effetti sono molteplici. Possiamo riassumerle in tre tipologie. Frattura composta/scomposta, poi chiusa/esposta e frattura completa/incompleta (infrazione, ndr). Mentre la gravità viene classificata in Tipo di frattura, da uno a tre. Infine si ragiona sulla localizzazione anatomica. E allora abbiamo la frattura sovracondiloidea dell’omero, frattura del capitello radiale, frattura dell’olecrano e frattura dell’epitroclea. Ma mi rendo conto che questi sono termini medici che al lettore potrebbero dire poco. Almeno se non ci è passato…

Riabilitazione frattura al gomito (foto Roberto Barbieri)
La riabilitazione va iniziata tempestivamente (foto Roberto Barbieri)
Riabilitazione frattura al gomito (foto Roberto Barbieri)
La riabilitazione deve essere tempestiva (foto Roberto Barbieri)
E’ sempre raccomandato l’intervento chirurgico?

Per la maggior parte delle fratture (quantomeno per quelle non scomposte) un gesso di almeno 30 giorni, che immobilizza la parte lesa, sarà più che sufficiente per recuperare in modo rapido ed efficace.

Allora quando si deve operare?

In caso di lesione epitrocleare o olecranica. Se un frammento di osso si è spostato in modo pericoloso, deve necessariamente essere fissato con l’ausilio di un chiodo metallico (nel caso della epitrocleare) oppure con un filo di Kirschner (per la olecranica). Il filo di Kirschner è una sottile asta di acciaio inossidabile, che può essere facilmente lavorata dal chirurgo con l’impiego di particolari pinze.

La funzionalità dell’articolazione può essere compromessa?

Potrebbe provocare dei problemi anche nel medio, lungo periodo. Parliamo di instabilità cronica, con il rischio di soffrire di fastidiose lussazioni. Artrosi, che può portare a stati degenerativi e dolorose infiammazioni. Rigidità della giuntura, che compromette la flessione e l’estensione del gomito.

Visto l’appoggio del braccio sul manubrio, quali sono i requisiti minimi per poter riprendere l’attività?

Sicuramente la ripresa della piena mobilità articolare e della forza muscolare.

In riabilitazione quali sono gli ostacoli più frequenti?

Il gomito è una delle articolazioni più complesse da trattare. La riabilitazione deve iniziare subito dopo la rimozione del gesso o l’eventuale operazione. La complessità sta nel calibrare la giusta intensità. Un approccio moderato può rallentare i tempi di recupero facilitando situazioni di rigidità. Un iter più deciso può allo stesso tempo agevolare la formazione di calcificazioni anomale con dolore.

Tutore per la frattura del gomito
In alcuni casi può essere necessario l’uso di un tutore
Tutore per la frattura del gomito
In alcuni casi, serve anche un tutore
Su cosa si lavora?

Su movimenti di flesso-estensione, fondamentale per i gesti della vita di tutti i giorni come mangiare, lavarsi le mani o pettinarsi. Poi la prono-supinazione importante per far sì che questi gesti siano armonici.

Quanto è dolorosa la riabilitazione?

Come detto prima, anche qui dipende dalla tipologia di infortunio e dal trattamento. Il dolore può variare, pur rimanendo soggettivo.

Quanto tempo serve per la calcificazione dell’osso e per riprendere la funzionalità?

Mediamente la riparazione di una frattura avviene tra i 20 e i 40 giorni. Detto questo, anche se la riabilitazione da frattura di gomito avviene immediatamente dopo l’immobilizzazione da gesso o nel post chirurgico, le tempistiche per la ripresa della funzionalità del gomito sono sicuramente più lunghe.

Quali precauzioni vanno comunque adottate, tipo tutori o protezioni, alla ripresa della attività sportiva?

Alla ripresa dell’attività sportiva, l’utilizzo di una protezione o di un tutore, aiuta più a livello psicologico che a livello pratico.

Vuelta, nel riposo parla Gasparotto

02.11.2020
5 min
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Giorno di riposo alla Vuelta. I corridori che domani non sono chiamati a fare la prestazione nella cronometro individuale hanno dormito un po’ di più. Per gli altri invece è stato un giorno molto importante, magari non duro, ma nel quale è servita comunque una certa concentrazione. La crono di 33,5 chilometri che infatti li aspetta deciderà probabilmente la Vuelta.

Tra coloro che se la sono potuta prendere più comoda oggi c’è stato Enrico Gasparotto. Uno dei pochi “italiani” impegnati in Spagna. Le virgolette servono perché il friulano da quest’anno batte bandiera svizzera. 

Gambe stanche 

«Oggi piove – racconta Gasparotto – ed è il giorno di riposo ideale. Ho fatto giusto un po’ di rulli. Il muro finale di domani (1,8 chilometri con punte al 29 per cento, ndr) non l’ho ancora visto. Mi stavo informando proprio poco fa. Credo che i rapporti che utilizzeremo saranno gli stessi dell’altro giorno sull’Angliru. Immagino anche che qualcuno potrà cambiare la bici alla base della salita. Di sicuro non io!».

Il friulano in testa nella fuga verso l’Angliru
Il friulano in testa nella fuga verso l’Angliru

Gaspa è un po’ stanco. La sua condizione fisica non è al top e la situazione contrattuale di certo non lo aiuta. Lui però sta affrontando questo momento con maturità e consapevolezza.

«La mia Vuelta? C’è poco da dire, sono arrivato qui che ero già abbastanza stanco e provato da una stagione lunga, passata ad inseguire la condizione. Una situazione così genera stress. Di solito hai altri riferimenti. Un po’ come diceva Nibali.

«Senza contare che qua in Spagna ogni giorno sembra di correre una classica. Nessuno ha la certezza di arrivare a Madrid e così tutti ci danno sotto. E’ vero che la bolla funziona benissimo, che non abbiamo contatti con l’esterno, che non c’è gente sulle salite, però le notizie sul covid le leggiamo e queste generano una corsa molto attiva. 

Qua in Spagna ogni giorno sembra di correre una classica

Enrico Gasparotto

«A “peggiorare” questa situazione c’è la Movistar. Quest’anno non hanno raccolto quanto fanno di solito. Sono motivati, ma non sono in testa ed ecco che animano sempre la corsa da molto lontano. Hanno otto corridori che stanno molto bene. L’altro giorno Soler ha attaccato a 50 chilometri dal traguardo. Valverde lo ha fatto ai 70 nella tappa nei Paesi Baschi. Quando si muovono certi calibri poi dietro inseguono. Bello? Sì, per voi dalla tv ma se sei al gancio come me non tanto! Ieri ero nella fuga, mi hanno ripreso e sono arrivato 8′ dentro il tempo massimo. Sono stato il gambero di giornata: almeno un riconoscimento l’ho preso!».

Gasparotto e il 2021

In effetti la Vuelta è davvero scoppiettante. Oltre alla Movistar e al covid ci sono percorsi mai banali. E la stanchezza in gruppo, che c’è anche se non sembra, crea dei bei distacchi per chi non è davanti.

«C’è da dire anche che siamo al 2 di novembre e siamo ancora qua a correre – continua il vincitore di due Amstel – Arrivati ad un certo punto sono le motivazioni a fare la differenza, quelle che spesso ti fanno andare oltre i limiti. Non sono mai stato così magro a novembre! Credo che il prossimo anno ci sarà una stagione molto europea. E’ saltato il Down Under e credo che anche in Argentina non si correrà. Suppongo non ci saranno ritiri a dicembre e magari partiremo un po’ più tardi».

La Movistar è per “Gaspa” la squadra più forte e pericolosa
La Movistar è per “Gaspa” la squadra più forte e pericolosa

A fine stagione la NTT dovrebbe chiudere i battenti. Il management sta cercando sponsor per salvare il gruppo ma con i tempi che corrono non è facile.

«Trovare un main sponsor è complicato, ma è vero che ci sono anche aziende che con il covid hanno aumentato i loro fatturati. Io ho qualche contatto ma è in stato embrionale. Da un lato penso che questa potrebbe essere la mia ultima gara, e mi dispiace. Dall’altro spero di fare ancora almeno un anno e chiudere con delle buone performance. Fosse stata una stagione normale a settembre magari ci sarei anche stato a chiudere. C’erano i mondiali in Svizzera e avrei potuto fare i Giochi Olimpici. Partecipare a queste corse è ancora il mio sogno».

Carapaz vs Roglic

Con Gasparotto in veste di informatore dal gruppo parliamo anche della sfida Roglic-Carapaz che infiamma la Vuelta. Chi la spunterà? Enrico sembra non avere dubbi.

«La sfida credo sia tra loro due. Domani Roglic potrebbe dare un bel colpo a Carapaz e se pensiamo che da qui alla fine c’è un solo tappone di montagna (sabato, ndr) Primoz potrebbe farcela. Però attenzione, perché nel mezzo ci sono diverse tappe perfette per le imboscate. Ci sono percorsi adatti a creare situazioni pericolose e con una Movistar così motivata e in palla qualcosa mi aspetto. La Ineos ha già perso due uomini e Sosa non sta bene. Carapaz perciò non può contare su una squadra in grado di controllare o aiutarlo. La Jumbo invece mi sembra stia bene. Carthy e Martin? Meglio Carthy perché la EF la vedo solida, mentre Martin è abbastanza isolato». 

Roglic contro Carapaz: chi vincerà la Vuelta 2020?
Roglic contro Carapaz: chi vincerà la Vuelta 2020?

Se pensiamo alle imboscate visto come Carapaz e la Movistar si sono lasciati, fossimo nell’ecuadoriano non dormiremmo sonni tranquilli. Ci sta che quel volpone di Unzue, manager della Movistar, abbia ancora il dente avvelenato. D’altra parte chissà se quella tappa così insidiosa nell’ultimo sabato di gara può riaprire il cassetto dei fantasmi a Roglic. In fin dei conti lo sloveno ha perso il Tour proprio all’ultimo atto pericoloso. Tuttavia Gasparotto dice di no.

«In gruppo parlo spesso con Primoz, abbiamo amici in comune. Quello del Tour è un capitolo chiuso. Lui è un ragazzo molto tranquillo, sereno, modesto… e lo vedo anche rilassato. Carapaz invece mi sembra un po’ più teso, anche se con lui non ho mai parlato».

Battistella fa il… pieno di Nord

20.10.2020
3 min
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Samuele Battistella ha messo le tende al Nord. Il suo calendario prevedeva infatti che dopo le classiche ardennesi sarebbe dovuto andare alla Vuelta, invece il cambio di programma gli è piombato fra capo e collo. Niente Spagna, si resta su. Così dopo la Liegi vinta la Roglic, il campione del mondo in carica degli under 23 (lo sarà ancora per tutto il 2021, dato che nel 2020 quella maglia iridata non è stata assegnata) ha fatto la conoscenza della Gand-Welgem, di Scheldeprijs e del Giro delle Fiandre. A ciascuna di esse il vicentino si è accostato da debuttante cercando di capire se da grande potranno essere terreno di caccia.

Preferivi andare alla Vuelta che fare il Fiandre?

Mi hanno cambiato programma all’ultimo. Tutto sommato i miei giorni di gara li ho fatti, circa 50 da inizio anno e quasi 35 dopo il lockdown. La Vuelta mi sarebbe piaciuta. Sarei andato prima in altura, mentre così non ci arei comunque arrivato a posto.

Samuele Battistella
Samuele Battistella, iridato under 23 in carica, pro’ alla NTT Pro Cycling
Samuele Battistella
Samuele Battistella, iridato 2019 degli U23
Che cosa ti è parso del Fiandre?

E’ duro impestato, non pensavo tanto. Non c’era troppa gente lungo le strade ed erano tutti a distanza di sicurezza. Non l’ho finito, ho mollato prima. Sono stato sempre in fuga. E’ un percorso che non dà mai respiro. Sei ore di follia. Nervosismo, strade strette e spallate.

La fuga rientrava in un piano tattico?

Dovevo entrarci perché semmai si fossero mossi i pezzi grossi della squadra, avrei fatto da appoggio. Solo che alla fine non è arrivato nessuno.

Corsa da cancellare oppure un possibile obiettivo per il futuro?

Ci voglio tornare, perché non è fuori dalla mia portata. Basterà avere più gambe.

Nel cambio di programma può aver inciso il cambio di squadra?

Non credo, sono tutti professionali, non avrebbe senso. E poi non ho ancora firmato, se ne parlerà al mio rientro. Non volevo cambiare, alla Ntt Pro Cycling c’è un’atmosfera che mi piace. Ma quando il team ha fatto un meeting spiegando che non c’erano certezze, ho iniziato a guardarmi intorno. C’erano due squadre, ho scelto l’Astana.

Tornando al Fiandre, quale tratto di pavé ti ha più impressionato?

Il Qwaremont, il settore sempre visto. In gara non finiva mai ed è il settore su cui si fa la differenza. Quando mi hanno ripreso, ero convinto di andare forte, ma mi hanno passato al triplo della velocità. Il Koppenberg invece è una salita, me la cavo meglio. Il problema al Fiandre è con quelli di 75-80 chili, se cominciano a menare nei tratti in falsopiano.

Avete corse con l’asciutto…

Per me un vantaggio. Credo che con il bagnato anche le… semplici salite cambierebbero faccia.

Che cosa prevedi per il futuro?

Intanto mi piacerebbe che annullassero De Panne, così me ne tornerei a casa, perché sono quassù da un mese. E poi vedo la Liegi meglio del Fiandre.

Purtroppo non hai potuto vivere la festa del Fiandre. Come si vive in Belgio ai tempi del Covid?

Faccio fatica a dirlo, non sono mai uscito dall’hotel in questi giorni. Non si esce. Si fanno i tamponi e anche un’autocertificazione. I tifosi rispettano le regole, mentre in radio e tivù fanno propaganda stretta sui rischi.

Liegi o Fiandre?

Sono due Monumenti e si percepisce. Ma come sensazioni, mi sono sentito molto meglio alla Liegi. Adesso però spero di tornare alla svelta a casa e di chiudere la stagione. Al resto penseremo poi.

Domenico Pozzovio, Jakob Fuglsang, Vincenzo Nibali, Etna, Giro d'Italia 2020

Pozzo, come fai? Stringo i denti…

17.10.2020
5 min
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Il 4 settembre del 2013 era di venerdì e quando Pozzo scattò dal blocco della crono di Tarazona, pochi pensavano che la corsa sarebbe finita così. Il campione lucano, al primo anno con la Ag2R La Mondiale, si piazzò infatti al terzo posto. Davanti a lui Cancellara che vinse e Tony Martin. Alle sue spalle finì Vincenzo Nibali, che corse con il volto gonfio per la famosa puntura di vespa.

Nel giorno della crono che darà il primo scossone al Giro d’Italia, ricordare l’episodio con Domenico Pozzovivo è quantomeno beneaugurante.

«Fu una bella giornata – ricorda il leader della Ntt Pro Cycling – in una Vuelta che chiusi al sesto posto. Rispetto a oggi, quel giorno c’era molta più salita. Il Muro di Ca’ del Poggio invece è più adatto a gente esplosiva come Almeida, ma questo non significa che partirò senza qualche idea per la testa».

Domenico Pozzovivo, Ntt, Cesenatico, Giro d'Italia 2020
Nella tappa di Cesenatico con la Ntt davanti al gruppo
Domenico Pozzovivo, Ntt, Cesenatico, Giro d'Italia 2020
Nella tappa di Cesenatico con la Ntt davanti al gruppo

La testa dura

La testa è quella che fa la differenza e che gli ha permesso di ripartire dopo ogni infortunio. Anche se l’ultima volta è stata davvero dura e ne porta ancora i segni addosso.

«Quando sono in bici – ammette – stringo i denti. Il corpo tende ad adattarsi, ma se la sera non lavorassi a lungo con osteopata e massaggiatore, sarei nei guai».

Dopo l’ultimo incidente vicino casa, a Cosenza, sarebbe stato davvero impossibile immaginare un ritorno a questa efficienza fisica.

«Se avessi avuto la capacità di prevedere tutto questo – dice – sarei stato un mago. Rimettermi in sesto e fare il Giro. Ero quasi certo che non lo avremmo fatto per il Covid, anche se nella mia testa l’idea di fare bene c’era comunque».

Fattore calendario

Ma il Giro di maggio, Pozzo non avrebbe certamente potuto farlo. E come nel caso di Froome, cui il ritardo delle grandi corse ha permesso di rimettersi in sesto un po’ meglio, anche Domenico ha sfruttato al meglio i due mesi di ritardo.

«A maggio sono stato operato – spiega – quindi questa è una parte della verità. Perché in ogni caso il lockdown è stato gravoso soprattutto per me. Venivo già da un lungo periodo di stop e non aver potuto riprendere la stagione ha significato allungare l’inattività. Un gap che ho pagato al Delfinato. Poi mettiamoci la caduta del primo giorno del Tour, per colpa di un tifoso che faceva fotografie e si capirà che il mio avvicinamento al Giro non sia stato perfetto».

Quella che gli è mancata è stata la continuità.

«Dopo l’incidente – dice – avevo due o tre giorni che stavo bene e altri di buio. Speriamo che la continuità di questo Giro sia il sintomo della normalità ritrovata».

Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo, Etna, Giro d'Italia 2020
Con Nibali, Pozzovivo sull’Etna: fra i due sempre grande controllo
Vincenzo Nibali, Domenico Pozzovivo, Etna, Giro d'Italia 2020
Con Nibali, Pozzovivo scalando l’Etna

Al suo tempo

L’adagio che lo ha accompagnato per ogni step della sua carriera è da attribuire ad Olivano Locatelli, il diesse dei primi tempi da dilettante. «Domenico sviluppa più lentamente dei suoi coetanei – diceva il bergamasco – per cui arriverà al top leggermente più tardi, ma probabilmente per questo, durerà più a lungo».

Mettendo nel mazzo gli infortuni e le relative riprese, probabilmente Locatelli aveva ragione.

«La mia carriera – dice il Pozzo – è stata un’onda lunga. Detto questo, non avrei mai creduto dopo quell’incidente di poter tornare ad andare così forte. Ero veramente in condizioni disperate e forse aver avuto tanti incidenti mi ha dato l’esperienza per gestire la ripresa. Ho davvero rischiato la vita. Non cancello le brutte esperienze, sono preziose anche loro. Per cui ho ripreso a lavorare e intanto speravo di trovare una squadra che mi desse fiducia».

La squadra per sé

Camigliatello è la sua salita d’estate. Quella su cui fare i lavori specifici all’ombra del bosco, con il fresco della cima per dimenticare i 40 gradi di Cosenza. Quel giorno lo abbiamo visto in testa a fare il ritmo con la sicurezza del padrone di casa. Poi lo abbiamo visto gestire la corsa il giorno di Cesenatico, prendendo le misure a un modo di correre nuovo anche per lui.

«La prima settimana – dice – è stata equilibrata, con un livello altissimo. I numeri parlano chiaro. Con i watt medi di oggi, qualche anno fa si sarebbero fatte grosse differenze. Vanno tutti forte, non solo i leader. Ho già detto che oggi nella crono Almeida mi darà un minuto, lo vedo favorito per la crono. Vedo bene anche Vincenzo, è brillante, ha voglia di scherzare. Quindi sta bene. Quanto a me, sono contentissimo. Nella gestione della squadra si vede la mano di Bjarne ed è questo il motivo per cui aspetterò sino all’ultimo per capire se farà la squadra. Conosco il significato della parola riconoscenza. E’ un effetto volano. Io vado bene. I compagni sono motivati. La squadra va forte. In tanti anni di carriera, è la prima volta che ne ho una a mia disposizione…».

Domenico Pozzovivo, Matera, Giro d'Italia 2020
All’arrivo di Matera, sulle strade di casa
Domenico Pozzovivo, Matera, Giro d'Italia 2020
All’arrivo di Matera, sulle strade di casa

Finale in crescendo

Nella terza settimana è sempre stato uno dei più solidi. Domenico lo sa e guarda avanti con scaramanzia e una sottile punta di ottimismo.

«L’idea dopo la crono – sorride – sarà sfruttare ogni tappa per recuperare terreno. Non sappiamo se si faranno le grandi salite, per cui dovremo sfruttare ogni occasione. La tappa che mi attira di più è quella di Madonna di Campiglio, con delle belle salite prima dell’arrivo. Nella crono di Milano le differenze saranno sotto al minuto, i veri distacchi si faranno in montagna. Io provo a dare tutto. I conti li faremo alla fine».

Riis: un’azione che dà fiducia alla squadra

15.10.2020
2 min
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Uno dei temi scottanti della 12ª tappa del Giro d’Italia, la Cesenatico-Cesenatico è stata la tattica della NTT Pro Cycling di Domenico Pozzovivo. Il lucano ha messo la squadra a tirare. I suoi compagni sono stati in testa per un centinaio di chilometri. Avevano ridotto il vantaggio sui fuggitivi in modo sensibile, passando da 13 a 5 minuti. Si è pensato che i team potesse fare la tappa. O che Pozzo potesse attaccare. Niente di tutto ciò. E allora viene da chiedersi il perché di questa azione.

Bjarne Riis, team manager della NTT
Bjarne Riis, team manager della NTT

Un pugno di mosche?

Il perché ce lo spiega Biarne Riis, manager della squadra sudafricana.

«E’ vero, ad un certo punto abbiamo anche pensato alla tappa. Però non potevamo tenere quel ritmo a quella distanza dal traguardo: saremmo rimasti scoperti. E allora abbiamo cercato di tenere un passo sostenuto per Domenico. Il tracciato infatti era molto tecnico, anche in discesa. E con la pioggia era ancora più pericoloso. Domenico non può permettersi di cadere. L’obiettivo era tenerlo davanti e ci siamo riusciti».

E ancora. «Penso che un’azione così non sia stata vana. E’ servita per il team. Ha dato fiducia ai ragazzi che si sono trovati compatti davanti a fare la corsa. Abbiamo dato un bel segnale a loro stessi, agli avversari e a Domenico. Lui adesso sa di poter contare su un buon gruppo».

La NTT in testa al gruppo sulle colline romagnole della 12ª tappa
La NTT in testa al gruppo nella 12ª tappa

Crono in vista

E’ un Riis sorridente quello dietro la mascherina. Lo si percepisce dagli occhi. Però i nuvoloni carichi di pioggia e la cronometro di sabato lo riportano alla realtà. La tappa contro il tempo di Valdobbiadene può essere un ostacolo per il lucano e magari tutto può farsi più duro.

«Domenico sta bene. E’ forte e motivato e a cronometro sa difendersi. E il Giro non finisce lì», conclude il danese. 

Insomma in casa NTT ci credono eccome. Pozzovivo stesso ha dichiarato che salvo alcuni giorni del Giro 2017 non è mai stato così bene. Le ferite che porta con e dentro di sé se da una parte lo limitano, ma dall’altra lo esaltano. E in tanti (non solo tifosi) vorrebbero vederlo festeggiare a Milano. Sarebbe un “Oscar alla carriera”.