EDITORIALE / Si puntava alla sfida fra Pogacar e Remco?

06.05.2024
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NOVARA – Dopo l’assaggio di Torino, ieri a Oropa è iniziato definitivamente il Giro d’Italia numero 107 e già qualcuno ha da ridire. Si è già letto di Giro noioso, il più noioso della storia e come farete a raccontarlo? Letture che di prima mattina, mentre già pregusti la volata di Fossano e hai gli occhi pieni di Pogacar sulla salita del Panta, fanno andare il caffè di traverso e anche scemare la voglia di fare questo mestiere, cercando spunti diversi dall’ovvio. Però una riflessione si impone e la condividiamo volentieri.

Chiunque sia in grado di arrivare sul podio del Tour – figurarsi chi è in grado di vincerlo – al Giro viene per giocare. Al contrario e restando negli ultimi 30 anni – quelli di cui chi scrive ha memoria diretta – si contano sulle dita di una mano i protagonisti del Giro che lo siano stati anche al Tour con piazzamenti nei primi cinque. Bugno. Chiappucci. Pantani. Basso. Nibali. Gli altri vincitori della maglia rosa, dal 1990 in avanti, in Francia non hanno mai ottenuto classifiche all’altezza delle attese. Da Chioccioli a Simoni, passando per Cunego, Savoldelli, Garzelli e Di Luca. Solo Gotti tirò fuori dal cilindro il quinto posto nel 1995, due anni prima di conquistare la maglia rosa. E anche Basso, che ha vinto due Giri, vi arrivò dopo aver lottato al Tour e il gap rispetto ai rivali italiani fu subito evidente.

La sensazione è che ieri a Oropa, fatto salvo lo scatto, Pogacar abbia controllato, per risparmiarsi e non infierire
La sensazione è che ieri a Oropa, fatto salvo lo scatto, Pogacar abbia controllato, per risparmiarsi e non infierire

Per amore o per denaro

Lo scorso anno il Giro fu entusiasmante perché a scontrarsi furono Roglic e Thomas. Il primo che una maglia gialla l’aveva praticamente vinta e ha comunque nel palmares tre Vuelta España e l’altro che il Tour lo ha vinto davvero. Fra loro e il resto del gruppo, fatta salva la resistenza di Almeida, c’era il baratro.

Tadej Pogacar ha vinto per due volte il Tour e altre due volte è stato secondo: chi pensate che possa infastidirlo, al di là della cattiva sorte o di tattiche che lo mettano in crisi? La sensazione, vedendolo voltarsi di continuo è che neanche abbia voluto infierire sugli inseguitori. Come ha raccontato, è scattato con violenza per piegarli e poi ha proseguito col suo passo. Per non spendere troppo in vista di ciò che lo attende e magari per non umiliare la concorrenza.

E’ stato previsto un pagamento da parte di RCS per la sua presenza? La domanda fu posta a Matxin quando a dicembre annunciò che Tadej avrebbe corso il Giro. Lo spagnolo, astuto e saggio, disse di non occuparsi di questi aspetti. Gianetti preferì sorridere e non rispondere. Chiaramente quando Pogacar annunciò che sarebbe venuto al Giro, Vingegaard non era ancora caduto. E volendo fare l’avvocato del diavolo, dopo due anni di batoste, in casa UAE qualcuno potrebbe aver pensato che davanti al rischio del terzo smacco, sarebbe stato meglio vincere la Liegi ed il Giro e arrivare in Francia con il cuore più leggero.

Lo scorso anno Evenepoel vestì la maglia rosa per quattro tappe, prima di ritirarsi per il Covid
Lo scorso anno Evenepoel vestì la maglia rosa per quattro tappe, prima di ritirarsi per il Covid

Remco vs Pogacar

E’ di questi giorni, esattamente di venerdì 3 maggio, un articolo di Patrick Lefevere su Het Nieuwsblad. Il quotidiano belga gli riserva una rubrica e il manager della Soudal-Quick Step se ne serve spesso per sparigliare le carte. A volte è così diretto, che ieri Alessandro Tegner, responsabile di marketing e comuncazione del team belga, ha preferito non commentare l’ultima uscita.

«Per Remco il Giro è un affare in sospeso – ha scritto – dopo che lo scorso anno dovette rinunciare a causa del Covid. Come sappiamo, l’organizzazione allora – giustamente – ci ha incolpato per non averli informati personalmente che Remco non poteva continuare. E’ stato molto emotivo e molto italiano. Secondo l’amministratore delegato di RCS Mauro Vegni la maglia rosa era partita come un ladro nella notte.

«Fino a qualche mese fa – prosegue Lefevere – c’era ancora un contenzioso finanziario con RCS a riguardo. Poiché Remco non ha terminato il Giro, non hanno voluto pagare la quota di partenza concordata. Non voglio essere troppo cinico su questo, ma nessuno può sostenere che Remco non abbia svolto il suo ruolo di testimonial del Giro, con video promozionali e interviste prima e durante».

Lefevere va avanti a spiegare che non si parla di importi enormi, ma comunque ben accetti e utili. «Per dare un ordine di grandezza – spiega – il denaro per avere Remco al Giro e in altre corse RCS ci avrebbe garantito il budget per un corridore in più. Durante lo scorso inverno, quando la doppietta Giro-Tour era ancora sul tavolo, RCS ha proposto una sorta di accordo amichevole. Se Remco avesse corso di nuovo il Giro, avrebbero corrisposto l’importo dovuto, oltre alla quota di partenza per il 2024».

L’accordo sarebbe sfumato quando l’allenatore Koen Pelgrim ha posto il veto, dato che il doppio impegno non sarebbe stato sostenibile per Evenepoel, che dopo il Tour ha nel programma le Olimpiadi e poi i mondiali.

A questo punto potrebbe essere chiara la probabile strategia di RCS Sport, che con Remco e Pogacar (anche se Tadej potrebbe essere qui per semplice interesse sportivo) avrebbe avuto nuovamente garantito un duello di prima categoria. Non tutte le ciambelle però riescono col buco.

Al Giro del 1993, Indurain vinse su Ugrumov (che lo staccò proprio a Oropa) e Chiappucci
Al Giro del 1993, Indurain vinse su Ugrumov (che lo staccò proprio a Oropa) e Chiappucci

Per battere Tadej

Si è sempre sentito dire che a suo tempo anche Indurain e la Banesto abbiano percepito una gratifica per venire al Giro. Nel 1992 e 1993, Miguel lo vinse e poi fece doppietta col Tour, sfidando Bugno e Chiappucci, ben più forti degli attuali corridori italiani. Nel 1994 fu terzo e poi vinse nuovamente la maglia gialla, avendo però trovato sulla sua strada Berzin e un certo Pantani.

Nessuno quando c’era Indurain ha mai parlato di Giro noioso, forse semplicemente perché non c’erano ancora i social e perché le sfide c’erano eccome. La gente seguiva la corsa in televisione e sulla strada, ma siamo pronti a scommettere che anche le migliaia di tifosi assiepati ieri sulle rampe di Oropa siano tornate a casa col sorriso e non certo deluse. Perché il ciclismo è fatto così: uno vince, tutti gli altri perdono. E non può essere la bandiera del vincitore a rendere la sfida noiosa oppure esaltante. Indurain era il più forte eppure si ricordano azioni di disturbo emozionanti che lo costrinsero a rimboccarsi le maniche e sputare dallo sforzo.

Siamo certi che Pogacar sia imbattibile? E siamo certi che il solo modo per sfidarlo sia il testa e testa e non provare a far fuori la sua squadra? Cari direttori sportivi, siete capaci di inventare qualcosa in questa direzione?

Ripartiamo da Novara con questa domanda e la promessa che continueremo a fare la nostra parte. Lasciando a certi commenti il minimo spazio che meritano, cercando spunti e sprazzi di talento italiano e godendoci il Giro. Che è splendido per la sua gente, i corridori che meritano sempre rispetto, le strade e i panorami. Chi lo ritiene noioso forse farebbe meglio a cercare nella poesia di una curva di calcio quello di cui ha effettivo bisogno.

Peter il guastatore, scruta il cielo e vive alla giornata

10.05.2021
3 min
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Piove forte su Biella, le previsioni questa volta l’hanno detta giusta e anche i piani dei velocisti rischiano di saltare in aria. I corridori hanno una gran fretta di firmare e tornare sul pullman, per coprirsi meglio, prendere un caffè che li scaldi e per aspettare all’asciutto i minuti che mancano alla partenza. Furtivo come un cecchino e silenzioso come uno che non vuole farsi notare, Peter Sagan attraversa il raduno di partenza con lo sguardo lucidissimo.

Partenza bagnata da Biella, Ganna in prima fila
Partenza bagnata da Biella, Ganna in prima fila

Il campione slovacco fa buon viso nell’ultima stagione con la Bora-Hansgrohe e mentre c’è chi si guarda intorno per lui, il suo scopo è quello di tornare a vincere. I rapporti con Ralph Denk, il manager della squadra, non sono più dei migliori, al punto che l’altro si è tolto lo sfizio di rilasciare interviste in cui ha detto di non immaginare un futuro per Peter nella sua squadra.

Profezia Viviani

Ieri Viviani è stato piuttosto chiaro: se piove, cambia tutto. Perché gente come Ulissi e come Sagan faranno di tutto per far fuori i velocisti. Ulissi contro Sagan, come l’anno scorso ad Agrigento, anche se laggiù quel giorno c’era il sole.

L’idillio tra Peter e Ralf Denk è finito da un pezzo, si aspetta solo il nuovo anno…
L’idillio tra Peter e Ralf Denk è finito da un pezzo, si aspetta solo il nuovo anno…

«Tutti se lo aspettano – dice Peter – e allora vediamo come si mette la gara. Io sto bene. Il tempo è brutto per tutti, non mi posso lamentare. Credo che ci sono tante aspettative e per me il tempo non fa differenza. E poi adesso piove, magari all’arrivo migliorerà. Vedremo».

Un anno strano

La sensazione è che Peter abbia deciso di selezionare meglio le tappe cui puntare. Continuerà a buttarsi nelle volate, ma l’idea è quella di andare in caccia di traguardi più duri, come l’anno scorso a Tortoreto.

«Mi sembra ieri che sia finito il Giro 2020 – accenna un sorriso – e siamo di nuovo qui. Sono venuto per vincere qualche tappa e provare a conquistare anche la maglia ciclamino. L’inizio di stagione è stato difficile per il Covid. Ho fatto il massimo per essere pronto alle classiche, ma quando hanno cancellato la Roubaix, ho deciso di prepararmi bene per il Giro ed essere competitivo. La vittoria al Romandia è stata un bel segnale.

Nella crono di Torino, Peter ha fatto lo stesso tempo di Nibali
Nella crono di Torino, Peter ha fatto lo stesso tempo di Nibali

«L’importante sarà stare bene e vedremo giorno per giorno. Ieri è venuto un quinto posto in una tappa molto veloce, un buon risultato. Non sono un velocista, sono felice perché ho capito che la condizione c’è. E sono felice anche perché non sono caduto o qualcosa di peggio».

Poi si avvia. La tappa è appena partita. Ci sono da fare 190 chilometri fino a Canale e a partire dal chilometro 114 si comincerà a salire. L’aria è frizzante, ci sono 16 gradi. Appuntamento al traguardo, partiamo anche noi.

Il treno accelera e intanto Consonni fa per due

10.05.2021
3 min
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Eppure ieri qualcosa nel treno di Viviani non ha funzionato. Ci sta, alla prima volata e soprattutto con quella curva ai due chilometri e mezzo dalla fine che ha rimescolato parecchi mazzi di carte. Quello della Uae Team Emirates e probabilmente quello della Cofidis. Perché non c’era Sabatini a tirare la volata di Viviani e ha dovuto farlo Consonni? Simone rilegge lo sprint e il suo bilancio è tutto sommato positivo, come quando dal primo esame ti aspetti di capire se sia tutto sbagliato oppure ci sia una base su cui costruire. E la base giusta nella squadra francese finalmente l’hanno trovata. Al punto che se dovessero venire dei buoni risultati, non è più così scontato, come invece è parso a lungo, che la collaborazione con il gruppo Viviani non possa continuare.

Elia Viviani, SImone Consonni, mondiali Berlino 2020
Consonni e Viviani divideranno anche l’avventura olimpica, la loro intesa è cruciale
Elia Viviani, SImone Consonni, mondiali Berlino 2020
Consonni e Viviani divideranno anche l’avventura olimpica, la loro intesa è cruciale
Che volata è stata la prima a Novara?

E’ stata bella caotica, diciamo. Ci sono state parecchie manovre da assassini, però è normale. Hanno tutti la gamba fresca. Noi siamo stati davanti, ce l’abbiamo fatta, anche se probabilmente ho esagerato. Ho rimontato veramente parecchie posizioni al chilometro ed Elia sicuramente ha sentito questa accelerazione. Però dai, ci siamo, stiamo tutti bene quindi si può solo migliorare.

Come mai non c’era anche Sabatini nel finale?

Per un po’ siamo stati tutti insieme, poi onestamente in quel marasma si è rimescolato tutto. Nel casino dell’ultimo chilometro ci siamo un po’ tutti persi di vista. Dopo l’ultima curva, ho aspettato il chilometro. Ho visto che Elia mi ha preso la ruota e quindi ho fatto questa passata per portarlo al miglior posto in avanti. Insomma, ci sono dei bei velocisti ed è buono e bello essere lì davanti.

Tu come stai?

Ho avuto 2-3 giorni non troppo belli prima di venire qua. Nel senso che è arrivata tutta insieme la stanchezza, probabilmente dovuta anche all’altura e tutto il lavoro che si è accumulato. Così ho mollato, mi sono scaricato un po’ e ora sto bene.

Simone ha vissuto una primavera travagliata, ma ora è tornato a un buonissimo livello
Simone ha vissuto una primavera travagliata, ma ora è tornato a un buonissimo livello
Siete riusciti a provare un po’ il treno?

In corsa è un’altra cosa. In allenamento è difficile provarlo, perché mancano le dinamiche. Si può provare ad accelerare con calma, però la verità è che nel finale per portare il velocista davanti, fai un bel po’ di volate prima di lanciarlo. Quindi certe cose sono difficili da provare. Però è importante avere affiatamento anche fuori corsa.

Forse Novara con quelle curve non era l’arrivo giusto per debuttare col treno?

Diciamo che qualsiasi arrivo non è adatto (ride, ndr), perché sicuramente sportellate varie ci saranno sempre. Però, dai, ci siamo come squadra. Si prospetta un bel Giro…

Un pensiero per Weylandt, poi è tempo per un’altra volata

10.05.2021
4 min
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«Di Wouter Weylandt ho un ricordo bellissimo. Quell’anno condividemmo la camera durante classiche, io ero al primo anno da professionista e fu una bellissima esperienza passare quel periodo assieme a lui. Parlava anche italiano, quindi per me che ero appena entrato nel professionismo era semplice stare con lui. Invece di quel tragico giorno ricordo uno shock. Ricordo che ero a casa, la televisione diceva che Weylandt era morto… Che dire, ci son poche parole per descrivere quella giornata se non“ terribile”. E’ stato davvero un bell’omaggio da parte del Giro d’Italia. Lo portiamo tutti nel cuore».

Da Weylandt a Novara

Nizzolo dice tutto d’un fiato nel buio della seconda notte al Giro d’Italia. Il Giro d’Italia ha ricordato i 10 anni dalla morte di Weylandt con una gigantografia del suo numero 108 alla partenza, davanti cui il gruppo si è fermato in un minuto di raccoglimento. Poi è iniziata la corsa e il traguardo di Novara ha visto Nizzolo secondo, ma un po’ come per la crono tra Ganna e Affini, nella sua voce non c’è una delusione particolare.

«La storia dei secondi posti inizia a scocciarmi – dice – chiaro che tutti vorrebbero vincere. Non credo che il mio valore sia legato alle vittorie, anche se me la meriterei. Se verrà, sarò il primo ad essere felice. In passato ci sono stati tanti piazzamenti che mi sono bruciati, questo meno. Merlier ha fatto gran volata. Sapevo che era così forte. L’avevo anche detto a Missaglia andando alla partenza. Ero contento di stargli a ruota perché di solito parte lungo…».

Casco tricolore Ekoi, con autodichiarazione stile Covid: al Giro per vincere una tappa
Casco tricolore Ekoi, con autodichiarazione stile Covid: al Giro per vincere una tappa

La prova del nove

Con Giacomo avevamo parlato anche ieri e aveva spiegato che la prima volata è un po’ un’incognita e, confermandolo, aggiunge che quanto visto ieri sarà un utile punto di partenza.

«Esatto – dice – sono contento, era una tappa per velocisti puri e Merlier è un bel velocista. Dopo le classiche ho staccato un po’, dovevo recuperare. Per cui non sapevo bene cosa aspettarmi. Non mi sono allenato inseguendo qualcosa di particolare. Ieri ho avuto buone sensazioni, oggi sarà la prova del nove. Il discorso meteo sarà decisivo, a me non piace correre sotto la pioggia. Durante la tappa, Viviani mi ha un po’ spiegato il percorso, dato che è andato a vederlo…».

L’autodichiarazione

La maglia. La bicicletta. Il casco. Non c’è parte del suo kit che non ricordi il tricolore, coperto dalle insegne di campione d’Europa. E non è un mistero che correre il Giro con la maglia di campione italiano avrebbe avuto un altro sapore.

«Fa strano non avere addosso il tricolore – sorride – ma come avete visto, cerco di metterlo dovunque. In ogni caso è bello correre anche con la maglia di campione d’Europa, mi riconoscono, chiamano il mio nome. L’idea della bici con quei colori nasce da una mia indicazione. I grafici di Bmc avevano fatto delle proposte e sono stati bravi a fare la sintesi con le mie idee. Mentre il casco è pure tricolore e con l’idea dell’autodichiarazione, sul fatto che sono qui per una vittoria di tappa, spero di aver strappato un sorriso e insieme ricordato il difficile momento Covid da cui stiamo uscendo».

La sua Bmc ha il telaio azzurro con i colori d’Europa e l’orizzontale con quelli d’Italia
La sua Bmc ha il telaio azzurro con i colori d’Europa e l’orizzontale con quelli d’Italia

Moda e bici

Il ciclismo e il Giro in questi giorni stanno facendo la loro parte per portarci fuori da quella prospettiva dolorosa e bloccata. Il pubblico è presente lungo le strade con la mascherina, mentre sul fronte delle distanze ci sarebbe da dire qualcosa, anche se la sensazione, in una fase di riapertura degli stadi, è che ci sia la necessità di tenere la briglia sciolta per non avere figli e figliastri.

«Stiamo tornando alla normalità – chiude Nizzolo – direi che dopo questi mesi il ciclismo è diventato uno sport super di moda. Probabilmente è quello che prima mancava, fa piacere a tutti, a noi per primi che ne abbiamo fatto il nostro mestiere. E’ una bellissima cosa».