La nuova Uno-X. Per Hushovd deve restare un vessillo nazionale

20.01.2025
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Dallo scorso febbraio, Thor Hushovd è il general manager della Uno-X Mobility. Un ruolo che era forse nel suo destino, considerando quel che l’uomo di Grismatd ha fatto, conquistando tappe in tutte e tre i Grandi Giri, classiche come la Gand-Wevelgem ma soprattutto vestendo la maglia iridata nel 2010. Un riferimento assoluto per il ciclismo norvegese che da lì ha vissuto anni di vacche grasse, sfornando corridori di grande livello: Kristoff, Boasson Hagen, Johannessen. Anche grazie al fatto di avere un team di riferimento, ora nelle sue mani.

Thor Hushovd, 47 anni, è manager della Uno-X dallo scorso febbraio. In carriera ha vinto 74 volte da pro’
Thor Hushovd, 47 anni, è manager della Uno-X dallo scorso febbraio. In carriera ha vinto 74 volte da pro’

Hushovd è partito “a treno in corsa”, si può dire che il 2024 sia stato un anno di assestamento a livello personale, eppure per il team è stato molto proficuo con 26 successi e tanti piazzamenti: «E’ stato fantastico, abbiamo messo in campo bei punti. Le vittorie sono venute in serie, abbiamo anche fatto un buon Tour anche se non abbiamo raggiunto il nostro obiettivo di vincere una tappa. Ma siamo stati una volta secondi, due volte terzi. Quindi in generale, penso che abbiamo fatto una buona stagione».

26 vittorie è un bottino che ti saresti aspettato a inizio anno?

Si ha sempre un obiettivo alto, ma certamente quel numero fa piacere, anche perché al suo interno ci sono stati anche traguardi importanti. E’ chiaro che vorresti sempre fare meglio, che qualche piazzamento è una vittoria mancata, che avremmo potuto giocare meglio le nostro carte soprattutto nelle grandi classiche, ma abbiamo cercato di migliorare i nostri difetti emersi l’anno prima.

La più importante vittoria di Hushovd, ai mondiali 2010 di Geelong, battendo Breschel (DEN) e Davis (AUS)
La più importante vittoria di Hushovd, ai mondiali 2010 di Geelong, battendo Breschel (DEN) e Davis (AUS)
La maggior parte dei successi sono venuti da Kristoff e Cort che sono over 30. Dietro di loro chi sono i giovani che hai visto in maggiore crescita?

Io dico che ci sono nuovi talenti in arrivo. Sono davvero felice per questo, ma onestamente so che ci vuole tempo perché maturino. Ora abbiamo firmato qualche nuovo giovane, di ottime aspettative come Dalby e Pedersen. Stiamo crescendo bene, avremmo bisogno di alcuni più giovani, ma ne abbiamo così pochi che vengono.

Nel WorldTour vi confrontate con tutte multinazionali, solo il vostro team ha corridori di due sole nazioni. Perché questa scelta?

Questa è una scelta presa dal proprietario del team perché l’azienda ha mercato solo in Norvegia e Danimarca e quindi ha interesse che i corridori siano di questi due Paesi. La Uno-X Mobility deve avere una forte identità come squadra scandinava. Per certi versi è più difficile perché ci sono meno corridori da raggiungere, ma penso che sia anche più divertente e penso anche che il nostro ciclismo abbia ancora bisogno di squadre con una forte identità come questa. Non sto dicendo che tutti dovrebbero farlo, ma è una cosa positiva.

L’ultimo successo 2024 della Uno-X, con Magnus Cort al Veneto Classic
L’ultimo successo 2024 della Uno-X, con Magnus Cort al Veneto Classic
Anche in futuro sarà una squadra esclusivamente scandinava o seguirà l’esempio del team femminile che ha anche rider italiane come la Confalonieri?

Chi può dirlo? Per ora il piano è questo e si lavora su questi progetti per il futuro, poi le cose possono sempre cambiare. La storia siamo sempre noi a scriverla. Abbiamo fatto passi importanti, ora ci piacerebbe progredire, tornare al Tour con un ruolo e risultati migliori. Per quanto riguarda le donne, lì abbiamo meno bacino da cui attingere, quindi era necessario allargare i confini per rinforzare il team che resta però un riferimento per il ciclismo norvegese e danese.

Tu hai iniziato come general manager lo scorso febbraio, a stagione iniziata. E’ stato difficile?

Sì, molto, non lo nego. Non c’è un momento perfetto per iniziare, ma sono anche arrivato alla stagione in cui tutto era pianificato e organizzato, quindi non spettava a me pianificare tutto, ma così è più difficile agire perché le cose si sistemino. Ma ha funzionato bene, ho trovato una buona accoglienza e molta collaborazione, abbiamo lavorato tutti per la stessa causa.

L’esperienza di Alexander Kristoff è fondamentale nella crescita del team
L’esperienza di Alexander Kristoff è fondamentale nella crescita del team
Rispetto a quando correvi, stai vivendo un ciclismo diverso?

Beh, rispetto a quando correvo sono passati pochi anni, un decennio eppure le differenze sono molto marcate. Il ciclismo è cambiato in molti modi diversi, ma penso anche che sia cambiato in meglio perché è bello allargare i confini, sfidare nuovi limiti.

Che cosa vi attendete per il 2025?

Potrei dire vincere più dell’anno prima, ma io guardo soprattutto al Tour dove vogliamo vincere una tappa. E magari provare a fare qualche colpo a sensazione nelle classiche dove abbiamo gli uomini giusti per farlo.

L’età media del team danese-norvegese sfiora i 26 anni con 5 corridori Under 23
L’età media del team danese-norvegese sfiora i 26 anni con 5 corridori Under 23
Ti viene mai il rimpianto per non poter essere in strada a lottare per la vittoria, invece che in ammiraglia?

Penso di aver avuto la mia occasione, aver corso tanto e vinto altrettanto, anche gare importanti. Il tempo non fa sconti, ora è di un’altra generazione e io sono contento di poterci essere in un’altra veste. Mi piace vedere i corridori che seguono i miei consigli. Mi piace anche seguirli in allenamento. E’ questa ora la mia vita.

Kristoff, fratello d’arte, conquista Siena e pareggia la sfortuna

19.04.2024
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SIENA – L’occhio da Cinigiano si perde verso l’orizzonte e scorre veloce verso Siena, sull’arrivo di Piazza del Campo. Qui, dove qualche mese fa Tadej Pogacar ha disegnato una delle sue imprese più belle, i ragazzi sognano di ripercorrere le sue gesta. Per un giovane che guarda al ciclismo con aria sognante e che spera, un giorno, di correre tra i grandi, questo è un bell’assaggio di futuro. 

L’Eroica Juniores Nations Cup nella sua seconda tappa in linea mette in palio un pezzo di storia recente del ciclismo. Ad aggiudicarsi l’arrivo più prestigioso di questa edizione è Felix-Orn-Kristoff, norvegese classe 2006. Regola il gruppo con una volata fatta con le ultime energie rimaste in corpo. 

«E’ qualcosa di veramente bello – commenta a caldo mentre le sue ruote lo accompagnano al podio posto sotto la Torre del Mangia – incredibile direi. Divento pazzo se penso a quanti grandi corridori sono passati qui, che grande occasione. E che bella vittoria!».

Ancora i segni addosso

L’Eroica Juniores Nations Cup si lecca le ferite a meno di ventiquattro ore dalla giornata che ha mandato a casa alcuni dei pretendenti alla vittoria finale. Lorenzo Finn non ce l’ha fatta a ripartire. Con lui abbandona la corsa anche Stefano Viezzi, il campione del mondo ciclocross. I due italiani non sono gli unici nomi illustri a lasciare la corsa, a loro si aggiunge Erazem Valjavec, lo sloveno secondo a Roubaix meno di dieci giorni fa. Anche il vincitore di oggi ha ancora i segni sul corpo, specialmente sulle gambe, dovuti alla tappa di ieri. 

«Stamattina – racconta – mi sentivo bene. Ho qualche livido e dei segni ma nulla di grave. In realtà alcune di queste escoriazioni me le sono fatte alla Parigi-Roubaix (dice ridendo, ndr). La caduta di ieri ha compromesso la classifica generale, quindi rimanevano solo le tappe. Da qui in poi mi concentrerò su queste e mi viene da dire che abbiamo già rimediato bene».

Al riparo dai danni

Le colline che accompagnano la corsa sono carezze morbide agli occhi. Su questi dolci pendii poggiano paesini minuscoli, di una bellezza incantata, tanto che viene da chiedersi se siano stati adagiati da mani invisibili o se siano davvero opera dell’uomo. Troppo dolci per creare un buco, così la corsa diventa nervosa, fatta di continui scatti e allunghi

«Sono entrato nella fuga del mattino – racconta ancora Felix-Orn-Kristoff – per restare al sicuro nei tratti di strada bianca e per anticipare. Ero con ragazzi molto forti, ma ci hanno ripreso perché il vento era contrario e non ci ha favoriti. Una volta ripresi ho deciso di aspettare, provare ad uscire voleva dire tornare subito in gruppo. Tutti gli attacchi sono durati pochi chilometri, se non metri. Ho fatto la scelta giusta, bene così, ora arrivano altre corse».

Oggi quattro settori di strada bianca, per 18 chilometri complessivi
Oggi quattro settori di strada bianca, per 18 chilometri complessivi

Futuro già segnato

Felix-Orn-Kristoff è uno di quei ragazzi con il futuro già scritto, almeno per una piccola parte. Dal 2025 correrà con la Circus-ReUz, il devo team della Intermarché-Wanty. Ha già firmato anche un contratto che lo lega al team WorldTour per le due stagioni successive: 2026 e 2027

«Ho firmato con loro – dice – a gennaio o febbraio di quest’anno. In realtà mi avevano contattato dopo il mondiale di Glasgow (terminato in terza posizione, ndr). Stavano già selezionando i corridori per il team del 2025 e ci siamo avvicinati sempre di più. Un solo anno nel devo team non è poco, avrò comunque l’occasione di crescere anche quando sarò nel WorldTour. Non dovrò andare subito al Tour de France (dice ridendo, ndr). Ci sarà modo di fare corse più impegnative ma anche di gareggiare per provare a vincere».

Tanti attacchi in gruppo ma nessuna selezione
Tanti attacchi in gruppo ma nessuna selezione

Un fratello su cui contare

Il cognome Kristoff riporta alla mente quello di Alexander, corridore della Uno-X. Vincitore, tra le altre corse, di una Sanremo e di un Fiandre. I due sono fratelli, anche se vista la grande differenza di età non si direbbe».

«Dovreste chiederlo ai nostri genitori come mai abbiamo così tanti anni di differenza – scherza – ma siamo fratelli. Avere vicino una figura come la sua è bello e stimolante. Mi piace fargli domande sulle gare, per esempio a quale pressione gonfiare i copertoni per la Roubaix. Siamo anche molto simili come tipologia di corridore, vedremo se riuscirò a seguirlo, ma senza pressioni. 

«Penso di essere uno scattista, un puncheur – incalza ancora prima di farci porre la domanda – per via delle mie qualità tecniche. Mi piacciono le salite corte ed esplosive, più o meno come quella di ieri. Forse era troppo corta e rischiosa, gradisco di più chilometraggio superiori con maggiori strappi. Posso essere un corridore da corse di un giorno, da classiche. Il mio risultato nell’ultima Roubaix è condizionato dalla caduta, ma so che ho di più nelle gambe. Oggi l’ho dimostrato».

Bravo Johannessen, terzo dietro a “quei due” e re del Tourmalet

07.07.2023
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La tappa di ieri è stata calamitata dal duello fra Vingegaard e Pogacar, ma ha portato con sé un altro risultato importante, quello di Tobias Johannessen. Il norvegese della Uno-X Pro Cycling è arrivato terzo a Cauterets-Cambasque.

Qualcuno si è stupito, noi fino ad un certo punto. Conosciamo da un po’ questo biondo vichingo. Classe 1999, lo avevamo visto lottare al Giro U23 con Ayuso e poi al Tour de l’Avenir (che vinse) con Carlos Rodriguez nella calda estate del 2021.

In Norvegia, il ciclismo è uno sport importante: non è lo sci di fondo o il biathlon, ma sta crescendo tantissimo. Merito di campioni come Thor Hushovd, prima, e Alexander Kristoff, poi. Lo stesso ex iridato che è il leader della Uno-X ha espresso grandi parole per Tobias. E la stessa squadra lavora moltissimo col settore giovanile. Tobias ne è un esempio.

Il norvegese ha scollinato in testa sul Tourmalet. In Norvegia questa “conquista” ha avuto grande risalto
Il norvegese ha scollinato in testa sul Tourmalet. In Norvegia questa “conquista” ha avuto grande risalto

Un norvegese sul Tourmalet

In Norvegia ha fatto uno scalpore inaspettato non tanto il suo terzo posto, quanto il fatto che Johannessen sia passato in testa sul Tourmalet. “E’ la prima volta nella storia per un Norvegese”: più o meno sono stati questi i titoli della stampa scandinava. Di fatto, visti i loro fisici possenti, non hanno mai avuto tutti scalatori di questo livello.

“Un momento da pelle d’oca”, avrebbero detto i commentatori della Tv di stato di Oslo. E di pelle d’oca ci ha parlato lo stesso Tobias.

«Essere qui al Tour – ci ha detto Johannessen – è una forte emozione. E’ incredibile vedere tutta questa gente. Pazzesco. E’ la prima volta che provo qualcosa del genere. Essere qui è un sogno che avevo da bambino».

Tobias Johannessen è al suo primo Tour (che è anche il suo primo grande Giro)
Tobias Johannessen è al suo primo Tour (che è anche il suo primo grande Giro)

Obiettivi in divenire

Da uno come Tobias ci si poteva attendere che curasse la classifica generale, ma non è del tutto così. Già a Bilbao ci aveva confidato che prima avrebbe visto come sarebbero andate le frazioni iniziali e poi avrebbe valutato, ma che tutto sommato le tappe non gli sarebbero dispiaciute affatto.

«Io cercherò di tenere finché posso – ci aveva detto – ma credo che le tappe siano la carta migliore per noi della Uno-X».

Nella prima frazione di montagna non è andato benissimo: ha incassato oltre 15′. «Ho seppellito le mie gambe per seguire Van Aert», aveva detto in relazione alla frazione di Laruns. Ciò nonostante, ieri era di nuovo pronto a dare battaglia.

Johannessen (qui sul Tourmalet) ha tenuto le ruote dei big fino ai -4 km. Poi salendo di passo ha conquistato la terza piazza a Cauterets-Cambasque (foto Instagram)
Tobias (qui sul Tourmalet) ha tenuto le ruote dei big fino ai -4 km. Poi salendo di passo ha conquistato la terza piazza a Cauterets-Cambasque (foto Instagram)

Il nuovo che avanza

Ieri lui è arrivato terzo e Carlos Rodriguez settimo, tra i migliori del gruppetto della maglia gialla: una rivalità che si rinnova.

«Carlos è un rivale, lui può lottare per il podio. Ma se vuoi essere forte qui al Tour devi ragionare da squadra e non da singolo. Dico però che è bello vedere che molti dei ragazzi di quel Tour de l’Avenir siano presenti in questo Tour de France».

Per ora Tobias vuol fare il meglio possibile: questo è l’obiettivo, al netto di questa o quella tappa o di un determinato posto nella generale. Tutto è un po’ in divenire. Una cosa è certa: la grinta non gli manca. Nella prima frazione ha toccato i 210 battiti sul Pike.

«Con la squadra siamo stati in altura un paio di volte in questa stagione, spero che le gambe volino».

E le gambe tutto sommato hanno volato. Lo stesso Johannessen ieri ha detto che erano buone, ma che “quei due” erano troppo più forti.

«Chi vince il Tour? Penso uno di quei due, ma non so chi. Credo che sarà un Tour de France davvero fantastico da guardare in televisione. Pogacar e Vingegaard si attaccheranno a vicenda e lo faranno fino in fondo. Sicuro».

Con Nordhagen la Jumbo-Visma traccia una nuova linea

08.11.2022
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La crescita esponenziale del ciclismo norvegese non è casuale, va dietro un generale “boom” dello sport nazionale, non più ancorato solo alle discipline invernali. L’impronta data dai vertici sportivi e non solo è chiara: i ragazzi devono fare sport soprattutto per divertirsi, senza guardare ai risultati. A quelli si baderà solo in prossimità della maggiore età. Così sono venuti su i vari Casper Ruud (tennis), Jakob Ingebritsen e Karsten Warholm (atletica), Erling Haaland (calcio). Ma Jorgen Nordhagen rischia di rompere questi schemi.

Nordhagen a cronometro: campione nazionale e argento europeo, le capacità ci sono…
Nordhagen a cronometro: campione nazionale e argento europeo, le capacità ci sono…

Campione in bici e sugli sci

Nordhagen ha 17 anni, viene da Tranby, piccolo centro a mezz’ora di macchina da Oslo. Ha appena finito il suo primo anno da junior. Quest’anno, in 28 giorni di gare Uci, è stato per 22 volte nei primi 10. Nelle corse a tappe è stato quasi sempre il miglior primo anno. Ha vinto il titolo nazionale a cronometro, l’argento agli europei di Anadia, nono ai mondiali, ma c’è un’altra gara che ha segnato la sua stagione e forse segnerà la sua carriera: il GP Ruebliland in Svizzera.

Su quelle strade Nordhagen ha vinto l’ultima frazione e in classifica si è inchinato solo al tedesco Herzog, di lì a poco campione del mondo. A vedere quella corsa c’era anche Robbert De Groot, direttore della Academy della Jumbo-Visma. I suoi occhi erano rapiti dall’esuberanza di quel ragazzino, dall’espressione di potenza così naturale, tanto che non ha perso tempo e ha subito contattato i vertici del team: quel talento non doveva sfuggire.

La presentazione alla Jumbo Visma, con De Groot alla sua sinistra. Quella maglia la vestirà dal 2024
La presentazione alla Jumbo Visma, con De Groot alla sua sinistra. Quella maglia la vestirà dal 2024

Un diamante da rifinire

Per Nordhagen è stata quindi fatta una scelta clamorosa: un contratto già formato fino al 2027, prevedendo un anno ancora al Lillehammer CK, la sua squadra junior, poi l’approdo al team Devo della Jumbo e dopo le necessarie esperienze l’entrata in prima squadra. Tutto scritto, tutto pianificato. Una scommessa sul futuro.

«E’ un viaggio che è solo all’inizio – ha spiegato il dirigente olandese – ma è pieno di aspettative. Jorgen è come un diamante grezzo e noi ci siamo presi il tempo per intagliarlo nella maniera migliore e farlo risplendere, questa sarà la nostra sfida. E’ un ragazzo molto motivato, che cerca di progredire. Ora potrà concentrarsi con calma su allenamento, corse e sviluppo e con lui tracciamo una strada. Vogliamo consentire ai giovani ciclisti di crescere meglio. Lui sarà il primo di una serie di corridori da sviluppare in equilibrio tra allenamenti e gare, attraverso la nostra filiera».

Per Jorgen una bella stagione anche nel fondo, con un titolo nazionale junior (foto Instagram)
Per Jorgen una bella stagione anche nel fondo, con un titolo nazionale junior (foto Instagram)

Due carriere in parallelo

Ma chi è Jorgen Nordhagen? Intanto va specificato che i suoi risultati ciclistici vanno di pari passo con quelli dello sci di fondo. Sono due discipline parallele che il giovane norvegese ha portato avanti insieme con ottimi risultati, perché sugli sci nell’ultima stagione Nordhagen ha vinto un titolo nazionale junior e due importanti gare del circuito interno e solo la giovane età gli ha impedito di approdare alla nazionale per i mondiali di categoria. Si sarebbe portati a pensare che ora di sci non si parla più: «No, voglio alternare le due discipline il più a lungo possibile – ha messo in chiaro Nordhagen – quello invernale è un esercizio che mi aiuta ad allenare e sviluppare tutto il corpo».

La storia di Jorgen è abbastanza semplice: già a 8 anni ha iniziato a pedalare, affiliandosi nell’Asker Cykleklubb che già lo aveva nelle sue fila nella sezione sciistica (perché con gli sci ai piedi ci è praticamente nato, come quasi ogni norvegese). Jorgen dice che proprio grazie alla doppia attività sta sviluppando le sue caratteristiche di passista-scalatore, seguendo un po’ la nuova moda del ciclismo norvegese. Se prima, con Kristoff e Boasson Hagen, nascevano corridori veloci per le classiche, ora con Foss, Johannessen, Staune Mittet la Norvegia sta sfornando talenti fortissimi sul passo e adatti alle corse a tappe, come il Knudsen dei tempi belli.

L’argento europeo è la perla di un 2022 ricco di soddisfazioni (foto Freddy Guerin/DirectVelo)
L’argento europeo è la perla di un 2022 ricco di soddisfazioni (foto Freddy Guerin/DirectVelo)

Accolto in famiglia

Quando Robbert De Groot gli ha prospettato il suo futuro, Nordhagen non ci ha pensato due volte a dire sì. L’occasione è di quelle ghiotte, in un team strutturato in modo esemplare.

«Qui posso crescere come uomo – ha detto – avere la strada già tracciata è un aiuto enorme. So che quel sogno di diventare professionista si avvererà tra pochi anni, io devo solo lavorare con calma e concentrarmi sui miei obiettivi. Ho incontrato i miei connazionali, Foss, Hagenes, Staune Mittet e tutti mi hanno detto mirabilie del team».

E forse l’iridato Foss è già pronto a prenderlo sotto la sua ala. Quando Nordhagen ha pubblicato su Instagram la foto e la notizia del contratto firmato, l’iridato della cronometro ha commentato con tre emoji che dicono molto: un cuore nero, uno giallo e un pugno chiuso. Jorgen fa già parte della famiglia…

Knudsen, parlaci dei tuoi eredi norvegesi a cronometro…

02.10.2022
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L’uno-due del ciclismo norvegese a Wollongong ha fatto rumore, Tobias Foss e Soren Waerenskjold hanno portato a casa l’oro mondiale nelle due principali categorie maschili a cronometro, rinnovando quella scuola nordica che ha sempre avuto un grande peso nella specialità. Ori nati non a caso, che hanno radici lontane, riconducibili a un atleta, Knut Knudsen.

Knudsen è stato l’uomo che ha aperto un’epoca, un po’ come Borg per il tennis svedese o Nadal per quello spagnolo, ossia campioni dietro i cui successi si è costruita una scuola. Knudsen vinse l’oro olimpico a Monaco ’72 nell’inseguimento, conquistò ben 6 tappe a cronometro al Giro d’Italia sfiorando anche la conquista della maglia rosa alla fine degli anni Settanta, conquistando in tutto 31 successi.

Knut Knudsen è nato a Levanger il 12 ottobre 1950. Ha vinto 6 tappe al Giro d’Italia
Knut Knudsen è nato a Levanger il 12 ottobre 1950. Ha vinto 6 tappe al Giro d’Italia

Oggi Knudsen è in pensione e divide il suo anno fra la Norvegia e l’Italia, alla quale è sempre rimasto legato dopo averci vissuto tutta la sua carriera professionistica, portando tanti suoi connazionali a conoscere il Bel Paese in bicicletta e organizzando per anni anche un’apprezzata granfondo nel Lazio.

Come nasce questa propensione dei norvegesi per le prove contro il tempo?

Credo che sia dovuta molto alla conformazione fisica dei norvegesi e del nostro Paese. Il nostro territorio è molto più grande di quello italiano, ma la popolazione è di soli 5 milioni di persone. Questo significa che ci sono grandi distanze e ciò porta molti ragazzi ad allenarsi da soli, ad abituarsi a confrontarsi con se stessi. Questo vale nello sci di fondo che resta il nostro sport principale, ma anche nel ciclismo. Un’altra particolarità è che ci si allena sempre: quando arrivai in Italia rimasi sorpreso dal vedere che molti, con la pioggia rimanevano a casa. Noi ci alleniamo con qualsiasi condizione atmosferica: se dovessimo uscire solo con il sole, staremmo sempre in casa…

In Norvegia la passione per il ciclismo sta dilagando anche a livello amatoriale
In Norvegia la passione per il ciclismo sta dilagando anche a livello amatoriale
Parlavi però anche di una propensione fisica…

Fisica e culturale. I bambini sin dalla più tenera età sono abituati a fare sport, questo aiuta nello sviluppo fisico negli anni più delicati. Molti norvegesi hanno il fisico alto e slanciato e acquisiscono per le ragioni dette prima una certa abitudine a confrontarsi con il tempo, il che poi diventa anche la base per l’attività ciclistica a 360 gradi. Faccio un esempio: ai miei tempi arrivavamo a iniziare la stagione con i ritiri senza avere chilometri nelle gambe, ci eravamo allenati un po’ sui rulli e basta, ma quando iniziavano le gare in Belgio e Olanda eravamo già pronti per tenere testa ai locali.

Quanto è cambiato il ciclismo norvegese rispetto alla tua epoca?

Enormemente, ai miei tempi eravamo davvero pochissimi, nelle gare elite c’era al massimo una quarantina di corridori, non c’erano squadre, non c’era una grande struttura. Oggi il ciclismo in Norvegia è molto diffuso, non come lo sci di fondo ma è sicuramente uno degli sport più praticati e seguiti, la bici è diventata un mezzo comune di spostamento e non solo. Inoltre si stanno sviluppando grandi squadre: la Uno-X è un riferimento assoluto, ma intorno ad essa ne stanno sorgendo anche altre e questo è un grande aiuto. I numeri di oggi non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli dei miei tempi.

Nono al Giro 2021, Foss con l’oro iridato punta ora a un ruolo di primo piano nei grandi Giri
Nono al Giro 2021, Foss con l’oro iridato punta ora a un ruolo di primo piano nei grandi Giri
Che impressione hai avuto dell’impresa di Foss?

Lo conosco da tempo, lo seguo da qualche anno. E’ un corridore che già ha colto qualche buon successo e ha fatto vedere cose buone, ma secondo me deve ancora esprimersi appieno. Se guardate questo inizio di carriera, migliora ogni anno che passa. Non è solo un cronoman, in salita va bene, magari in quelle lunghe cede a 2-3 chilometri dalla cima ma non molla mai del tutto e questo significa che c’è del talento, anche come carattere.

Molti lo paragonano a te, anche per la sua propensione per le corse a tappe considerando che vanta la vittoria al Tour de l’Avenir…

Io ero più pesante, infatti nei tapponi di montagna tenevo per la prima salita, magari la seconda, ma poi avevo troppo peso da portar su. Tobias è meglio strutturato, io credo che ci regalerà grandi soddisfazioni anche nei grandi Giri.

Waerenskjold era stato già argento europeo nel 2021 a cronometro e nel 2017 in linea
Waerenskjold era stato già argento europeo nel 2021 a cronometro e nel 2017 in linea
E di Waerenskjold che cosa puoi dire?

Quello è un talento assoluto: va forte contro il tempo, ma anche in salita e in discesa, io dico che può fare davvero tutto. E’ un fuoriclasse e soprattutto un bel personaggio. Mentalmente è concentrato, ma sa stare al mondo, ha una simpatia innata, si pone sempre bene.

E’ chiaro che per il ciclismo norvegese resti un riferimento, ma sei appagato della carriera che hai avuto?

Assolutamente sì. Venivo da un piccolo Paese e sapevo che per diventare professionista dovevo mettermi in luce. Allora era forse più facile passare di categoria se avevi ottenuto risultati, ma quella era l’unica strada. Inoltre nessuno l’aveva mai fatto prima nel ciclismo in Norvegia. Un giorno venne Marino Fontana e mi convinse a trasferirmi in Italia, alla Jollyceramica, da lì è iniziato tutto e quei 3-4 mesi a Vicenza hanno influito su tutta la mia vita. L’Italia non l’ho lasciata più, ogni anno arrivo a marzo e vado via a settembre…

Foss, distrutto e felice. Nuovo Dumoulin in rampa?

31.05.2021
4 min
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Visti i distacchi, sarebbe stato impossibile migliorare il nono posto, però intanto Tobias Foss, corridore norvegese di 24 anni, esce dal Giro d’Italia con tante buone indicazioni e sensazioni anche migliori. E trattandosi di un ragazzo che due anni fa ha vinto il Tour de l’Avenir, per la Jumbo Visma ecco un altro motivo per fregarsi le mani.

Il granatiere biondo è nato a Lillehammer, città celebre più per lo sci che per il ciclismo, e nel 2014 e 2015 è stato rispettivamente bronzo e argento agli europei juniores nella crono. Poi, quando già correva con la Uno-X, nel 2019 ha vinto il Tour de France degli under 23, lasciandosi alle spalle il nostro Giovanni Aleotti e il belga Van Wilder, ora al Team Dsm. Piazzandosi terzo quell’anno anche nella Liegi-Bastogne-Liegi di categoria e sesto ai mondiali di Harrogate conquistati da Battistella.

Terzo nella crono di Torino, quando non sapeva di dover fare il capitano
Terzo nella crono di Torino, quando non sapeva di dover fare il capitano

Exploit al Giro

Al Giro d’Italia, che non aveva concluso lo scorso anno per il ritiro nella tappa di Tortoreto, Foss si è presentato con il terzo posto nella cronometro di Torino. Ma ciò che più ha sorpreso, trattandosi di un atleta alto 1,84 m per 74 chili di peso, sono state le prestazioni nelle grandi tappe di montagna. Tobias infatti ha ottenuto il 10° posto nella tappa di Cortina, l’11° in quella di Sega di Ala e addirittura il 9° posto all’Alpe di Mera. Nonostante tanto ardire, lo abbiamo visto abbastanza prudente nelle fasi più concitate di corsa, ma come ha raccontato lui per primo, si è trattato di un atteggiamento provvisorio e conservativo, dopo aver visto cadere ritirarsi il compagno Jos Van Emden.

«Sono diventato più prudente dopo la caduta nella quindicesima tappa quando Jos è andato via – racconta – io ero alla sua ruota e ho cercato di proteggermi per impedire che succedesse qualcosa di peggio».

Nella Jumbo Visma, che alle spalle di Roglic ha già tirato fuori Vingegaard, il suo nome va annotato tra quelli buoni.

All’Aquila con Kevin Bouwman, festeggiando per il primo sole
All’Aquila con Kevin Bouwman, festeggiando per il primo sole
Il piazzamento fra i primi 10 era un obiettivo della squadra?

In parte sì, anche se avremmo voluto una vittoria di tappa. Per me si è trattato da andare sempre a tutta. Questo Giro è stato il mio primo Gran Tour in cui mi sia messo davvero alla prova. Perciò lasciatemi fare una valutazione nei prossimi giorni, per capire cosa sto diventando. Un piazzamento fra i primi 10 è un bel risultato.

Te la sei cavata anche bene sulle grandi salite…

Mi sono trovato a correre su percorsi che non si addicono a corridori grandi come me, ma ho avuto la possibilità di farlo in condizioni di cattivo tempo che invece mi vanno più a genio. Diciamo che certe montagne sarebbero state un incubo ben peggiore se ci fosse stato il vero caldo.

A Montalcino 16° all’arrivo, insieme a Caruso e Yates
A Montalcino 16° all’arrivo, insieme a Caruso e Yates
Pensi di aver imparato qualcosa in queste tre settimane?

Il Giro si è trasformato in una grande scuola, vedendo il livello del gruppo. Siamo tornati a casa con tanti dati e tante sensazioni da analizzare che ci permetteranno di fare lavori più specifici in allenamento.

Nel 2019 vincesti il Tour de l’Avenir, quanto ti manca per raggiungere la stessa sicurezza?

Penso che adesso mi trovo allo stesso livello che avevo al Tour de l’Avenir. Magari sono più stanco, ma so che il mio potenziale è ancora lì. Mi dà grandi motivazioni vedere che sto ancora così bene e che posso stare con il gruppo giusto.

Milano, il Giro è finito con un 9° posto su cui lavorare
Milano, il Giro è finito con un 9° posto su cui lavorare
Che cosa pensi delle grandi aspettative che c’erano sulla partecipazione di Evenepoel a questo giro?

Onestamente mi dispiace che il suo Giro sia finito così, ma c’erano davvero tante aspettative ed è brutto andare via a causa di una caduta. Al mio primo Giro venni con poche aspettative perché non sapevo come il mio corpo avrebbe reagito. Forse è stato sbagliato pretendere così tanto da lui. Spero che si riprenda presto e che possa tornare al suo livello.