I ragazzi del CTF ce lo avevano anticipato alla partenza della Coppa San Geo, era stato Andreaus a darci la notizia che a marzo sarebbero andati a correre in Belgio. Renzo Boscolo, qualche settimana dopo, ci aveva confermato la trasferta al Nord. Uno dei corridori che è stato nelle Fiandre nei giorni scorsi è Bryan Olivo, al secondo anno con la formazione friulana.
I ragazzi del CTF venerdì 17 marzo hanno corso la Youngster Coast Challenge, questo il passaggio sul Kemmelberg (foto helene_cyclingpix)I ragazzi del CTF hanno corso la Youngster Coast Challenge, questo il passaggio sul Kemmelberg (foto helene_cyclingpix)
Quanto siete stati in Belgio?
Cinque giorni, siamo partiti martedì per tornare sabato, il giorno dopo la Youngster Coast Challenge. Ieri abbiamo preso un altro volo per il Belgio e domani correremo la gara più importante: la Gent-Wevelgem under 23.
Dove avete alloggiato?
Siamo stati nella casetta che usa la Bahrain Victorious come appoggio quando corre la campagna del Nord.
Come si è divisa la vostra settimana?
Martedì, il giorno in cui siamo arrivati in Belgio, abbiamo fatto una prima uscita, con un bell’allenamento sui muri del Fiandre: siamo stati sull’Oude Kwaremont e sul Paterberg.
Nella giornata di martedì, appena atterrati, subito una pedalata sui muri delle FiandreI ragazzi del CTF hanno alloggiato presso la casetta usata dal Team Bahrain VictoriousNella giornata di martedì, appena atterrati, subito una pedalata sui muri delle FiandreI ragazzi del CTF hanno alloggiato presso la casetta usata dal Team Bahrain Victorious
Che cosa hai provato a pedalare su quelle pietre?
Una grandissima emozione, solcare le stesse pietre dove i più grandi si sfidano durante il Giro delle Fiandre è incredibile. Sono estremamente duri! Dalla televisione non sembra, ma una volta che ci sei sopra la fatica si sente.
Abbiamo visto che siete andati anche al velodromo di Roubaix.
Non ci siamo negati una pedalata nel velodromo più famoso del mondo, anche se devo ammettere che i muri delle Fiandre mi hanno colpito di più. Non saprei bene per quale motivo, però a parità di silenzio sui muri si respira proprio l’aria del Nord.
I giorni successivi?
Mercoledì abbiamo fatto un sopralluogo degli ultimi 80 chilometri della Gent che correremo domani. Sarà una corsa dura, ci saranno da affrontare quattro o cinque muri in soli 30 chilometri.
Pedalare sui muri è difficile, ci si scompone, bisogna rimanere seduti per imprimere la massima forzaUn primo assaggio di Nord per il CTF, che tornerà in questi giorni per correre la Gent-Wevelgem U23Pedalare sui muri è difficile, ci si scompone, bisogna rimanere seduti per imprimere la massima forzaUn primo assaggio di Nord per il CTF, che tornerà in questi giorni per correre la Gent-Wevelgem U23
Essersi allenati su quelle strade è stato utile?
Direi di sì. Dalla televisione i muri non sembrano duri, poi una volta che ci pedali sopra diventa tutto più complicato. Personalmente ho utilizzato un rapporto più duro rispetto al solito. In più bisogna stare attenti e compatti sulla bici, le pietre ti fanno scomporre in sella, ma se ti alzi in piedi la ruota dietro slitta e non vai avanti. Allo stesso modo, però, non devi irrigidirti, altrimenti senti tutti i sobbalzi e soffri il doppio.
Da questo punto di vista aver disputato la Youngster Coast Challenge è stato un bell’allenamento?
Si è trattata di una bella preparazione, dalla quale abbiamo imparato tanto. Ne parlavo con i miei compagni i giorni dopo, il risultato non è stato soddisfacente, ma siamo motivati nel tornare e fare bene, questo già dalla Gent-Wevelgem.
Giovedì un rapido giro anche nel Velodromo di RoubaixGiovedì un rapido giro anche nel Velodromo di Roubaix
Che corsa è stata?
Tosta, perché anche se era presente un solo muro, il Kemmelberg, non ci si poteva rilassare. Era un susseguirsi di strade strette, curve, ventagli, insomma una prova continua. La grande differenza con l’Italia è che da noi ogni tanto in corsa puoi rilassarti, lì mai. Se lo fai finisci in coda al gruppo, e nel momento in cui succede è un attimo che perdi la corsa. Le squadre straniere, come Uno-X e Lotto Dstiny, erano sempre le prime a “giocare” con il vento aprendo il gruppo.
Intanto avete preso le misure.
Ci siamo ambientati, anche se la gara in sé non è andata esattamente nel migliore dei modi. Abbiamo corso sempre nelle prime posizioni, per tutto il giorno, ma nel finale ci siamo persi e la volata non è andata bene (il migliore del CTF è stato Buratti: 21°, ndr). Le corse in Belgio sono così, puoi lavorare tanto per poi non raccogliere nulla.
Al Centro Canottieri Olona c’è una saletta privata che Garmin ha utilizzato come ritrovo per i giornalisti e gli invitati all’evento di cui vi abbiamo raccontato. All’interno di questa saletta, seduto su un divanetto, c’è Alessandro Ballan. La discussione parte dai rulli che andremo a provare e il campione del mondo di Varese 2008 racconta l’evoluzione di questi sistemi.
«Quando correvo io le Classiche del Nord – racconta Ballan – gli smart trainer non esistevano e ci si doveva allenare in ogni condizione atmosferica. Mi ero fatto fare artigianalmente dei rulli classici ma facevo una mezz’ora o quaranta minuti al massimo, senza lavori specifici. Avevo anche un “ciclomulino” con il quale riuscivo a fare potenziamento e qualche lavoro, ma mi mancava il controllo dei dati».
Con l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del NordCon l’avvento dei nuovi sistemi di allenamento cambierà anche il metodo di preparazione alle Classiche del Nord
Le prime esperienze
Nell’intervista fatta con Filippo Ganna era emerso il tema dell’esperienza nelle Classiche del Nord. Approfittando della presenza di Ballan, affrontiamo il discorso anche con lui. Alessandro racconta proprio di quanto le sue esperienze lo abbiano aiutato ad emergere.
«In questo genere di corse – dice Ballan – ce ne vuole proprio tanta di esperienza: conoscere i percorsi ed i punti cruciali è fondamentale. Sapere dove avverrà la selezione o il tratto nel quale un corridore potrebbe scattare. Se in quei frangenti ti fai trovare in trentesima posizione, non sei tagliato fuori, ma sprechi un casino di energie.
«Errori così li ho pagati tanto in tutte le gare del Nord, ma soprattutto alla Roubaix. Per me quella è stata una corsa sfortunata. Nelle prime tre edizioni che ho disputato sono caduto ben sei volte. All’inizio l’ho odiata, non mi piaceva, ma quando è arrivato il primo terzo posto (nel 2006, ndr) ho capito che poteva essere per me. Purtroppo ho avuto degli episodi durante la mia carriera che mi hanno impedito di correrla con continuità e non sono mai riuscito a trovare il ritmo. E’ vero anche che nel corso delle ultime stagioni abbiamo avuto delle “mosche bianche” come Colbrelli che alla prima edizione è riuscito a vincerla. Io questo non me lo spiego – dice con una risata – se guardo a quel risultato mi dico che è impossibile».
La vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo BallanLa vittoria all’esordio alla Roubaix di Colbrelli ha stupito in positivo Ballan
Tanti fenomeni
I fenomeni, o comunque grandi campioni, che hanno ottenuto risultati importanti alla prima partecipazione nelle Classiche del Nord, esistono. Basti pensare a Pogacar, lo sloveno l’anno scorso ha fatto il diavolo a quattro e per poco non vinceva il Giro delle Fiandre.
«Sono corridori, in particolare Sonny – parla Ballan – che arrivano con una grande condizione. Anche se, devo essere sincero, se fossi arrivato alla mia prima Roubaix con la condizione di Varese 2008 non avrei mai pensato di poter vincere.
«Sono gare che necessitano di conoscenza del percorso e di fortuna. Perché non è solo un punto ma sono tanti, devi essere sempre concentrato. Fare le gare prima ti aiuta a conoscere il percorso. Il Fiandre va a riprendere i percorsi dell’ E3 Harelbeke, di De Panne, di Waregem (ora Dwars Door Vlaanderen, ndr). Si prendono i muri da altri lati ma fare quelle gare aiuta molto. Aiuta a conoscere gli avversari, a capire chi sta bene. Puoi studiarli».
Pogacar al suo primo Fiandre ha fatto il diavolo a quattro, ma gli è mancata l’esperienza per vincerlo…Van Der Poel ha approfittato della cosa e ha vinto il suo secondo FiandreDue anni prima, nel 2020, aveva battuto in volata Van AertPogacar al suo primo Fiandre ha fatto il diavolo a quattro, ma gli è mancata l’esperienza per vincerlo…Van Der Poel ha approfittato della cosa e ha vinto il suo secondo FiandreDue anni prima, nel 2020, aveva battuto in volata Van Aert
I punti di riferimento
Quando le strade sulle quali corri sono larghe due metri e una curva fatta dalla parte sbagliata ti potrebbe tagliare fuori dalla lotta per la vittoria, allora devi trovare dei punti di riferimento.
«Quelli sono importantissimi – precisa l’ex campione del mondo – sapere dove sei aiuta. Sul manubrio hai la lista dei muri e quando leggi un nome hai un riferimento. Per esempio sai che alla fine di quel muro ci sarà la stazione del treno».
«Le differenze tra Fiandre e Roubaix non sono poi così ampie. Dovete pensare ai tratti di pavé della Roubaix come a dei muri. Arrivi lanciato, cali di velocità ed esci dal settore che vai davvero piano. Se sei bravo riesci a “galleggiare” sulle pietre e a non perdere velocità.
«I tratti più difficili della Roubaix sono la Foresta di Arenberg e il Carrefour de l’Arbre. La foresta è dritta ma sale, anche solo dell’uno o due per cento ma si sente e lì per non “piantarti” devi essere forte. Il secondo, invece, ha delle curve che sono micidiali. E per non cadere devi saper guidare la bici benissimo».
L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)L’occhio attento di Lefevere è in grado di capire quali atleti che possono vincere la Roubaix da come affrontano il pavé (foto Sigrid Eggers)
Il regno dei belgi
Le Fiandre sono il regno dei corridori belgi. Loro che nascono e crescono su queste strade ne hanno una conoscenza ineguagliabile. E’ difficile competere con corridori del genere, soprattutto se mettono in campo anche l’astuzia.
«Sull’Oude Kwaremont – spiega ancora Alessandro – i corridori della Lotto e della Quick Step mettevano in atto il loro piano. Ai piedi del muro le indicazioni che i corridori hanno alla radiolina sono uguali per tutti: stare davanti. Così ti trovi duecento corridori che fanno la volata per arrivare davanti alla curva prima del muro. Poi normalmente i cinque o sei corridori davanti abbassavano la velocità (quelli della Lotto e della Quick Step, ndr) e una volta che si saliva sul pavé rallentavano ancora di più. Quando gli ultimi mettevano giù il piede per la velocità troppo bassa partivano a tutta, così dietro erano costretti a fare uno sforzo disumano per stare al passo».
Ballan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a dueBallan ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2007, battendo Hoste in una volata a due
La capacità di guida
Questo particolare, che proprio di particolare non si tratta, non va sottovalutato. La capacità di guidare la bici è fondamentale per emergere dai tratti difficili e dalle situazioni che si vengono a creare.
«Mi viene in mente Dario Pieri – dice Ballan – lui aveva una capacità di guidare sul pavé incredibile. Come lui ne ho visti pochi: Franco Ballerini, Tafi, Museeuw, Boonen. Sono corridori che riuscivano a galleggiare.
«C’è un’aneddoto su Lefevere, ai tempi di quando correvo io. Ad ogni Roubaix si metteva sul terzo tratto di pavé e guardava i primi quaranta corridori uscire. A seconda del movimento delle spalle e delle braccia riusciva a capire quali erano corridori che stavano benee che fossero in grado di fare la differenza nel finale. Questo per far capire che è uno stile».
«Un altro dettaglio: ho sempre visto che chi arriva da altre discipline, che sia pista, BMX, ciclocross o mtb, ha un’altra capacità di guidare la bici. Quando c’è una caduta riescono a gestire la bici in maniera diversa rispetto a chi, come il sottoscritto, ha solo corso su strada. Hanno coraggio ed una dimestichezza diversa, Van Der Poel e Van Aert sono un esempio».
L’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridataL’anno successivo a Varese vinse il mondiale, è l’ultimo italiano ad aver indossato la maglia iridata
Quanto conta la mente
In corse del genere la testa fa tanto la differenza, la mente gioca un ruolo chiave tra la vittoria e la sconfitta.
«E’ vero – afferma Ballan – quando alle prime partecipazioni prendi le batoste non devi arrenderti. Questa è già una prima selezione, ci sono corridori che dopo la prima Roubaix o il primo Fiandre, gettano la spugna. Io ho fatto l’ultima parte della mia carriera coinvolto nell’indagine (Lampre, ndr) che mi ha tenuto in ballo per sei anni. Da dopo Varese mentalmente parlando non ero libero, il mio pensiero era costantemente occupato da tribunale, avvocato… Non ho potuto fare gli ultimi anni della mia carriera come avrei voluto, Ballan c’era ma non era a posto con la testa».
«Dopo essere stato assolto, feci una dichiarazione nella quale dissi: “Mi basterebbe avere indietro le ore di sonno che ho perso in questi sei anni”. Io capisco Pantani, perché mi sono trovato nella stessa situazione. Per fortuna ero già sposato, avevo le bambine e dei punti fissi sui quali andare avanti. Se in quel momento avessi trovato una qualsiasi cosa che non mi avesse fatto pensare ai miei problemi l’avrei presa. La mia famiglia mi ha salvato».
La Colpack Ballan era l’unica squadra continental italiana presente al Circuit des Ardennes (immagine di apertura di Alexis Dancerelle). Corsa disputata nell’omonima regione della Francia, al confine con il Belgio. Territori dove si respira ciclismo e nei quali, anche ad aprile, fa molto freddo. I ragazzi della Colpack, guidati in questa avventura da Gianluca Valoti lo hanno imparato a proprie spese. Immergiamoci nel racconto di questa 4 giorni nel Nord, tra côte, stradine di campagna, vento e tanto freddo.
Colpack, Circuit des Ardennes 2022Colpack, Circuit des Ardennes 2022
Si parte da lontano
«Si potrebbe proprio definire un’avventura – ci dice Gianluca Valoti, diesse della Colpack – i ragazzi se la ricorderanno per lungo tempo, ne sono sicuro. Quella del Circuit des Ardennes è una corsa che abbiamo disputato per la prima volta 8 anni fa.
«Avevamo una squadra molto forte – riprende – ed abbiamo chiesto di partecipare, andammo su con: Masnada, Orrico, Garosio, Toniatti, Muffolini e Viero. Ci siamo trovati bene e così abbiamo deciso di tornare ogni anno. L’esperienza per i ragazzi è molto bella e formativa e poi escono dalla comfort zone, che male non fa».
I ragazzi della Colpack si sono presentati con un abbigliamento decisamente troppo leggero (foto Hervé Dancerelle-Bourlon)
Qui alla partenza della terza tappa decisamente più coperti (foto Alexis Dancerelle)
I ragazzi della Colpack si sono presentati con un abbigliamento decisamente troppo leggero (foto Hervé Dancerelle-Bourlon)
Qui alla partenza della terza tappa decisamente più coperti (foto Alexis Dancerelle)
Una bella occasione
Un’esperienza che con il Covid purtroppo si è interrotta, nel 2020 la corsa non si è proprio disputata, mentre nel 2021 la squadra non è riuscita a partecipare. Con l’inizio della stagione la Colpack ha deciso di riprendere il feeling con queste gare e di tornare a disputare il Circuit des Ardennes.
«E’ una bella esperienza a livello internazionale ed i ragazzi ne hanno bisogno. E’ una corsa di livello 2.2, questo vuol dire che la competizione è alta, ma non così tanto da non far esprimere le squadre come la nostra, anzi. Proprio gare come questa servono ancor di più perché puoi metterti in mostra e sei chiamato ad agire in prima persona. C’erano tante formazioni development, come la Groupama di Germani o la Israel di Frigo (che ha vinto la quarta tappa, ndr)».
Vento, freddo e tante côte per i corridori di Valoti (foto Alexis Dancerelle) Vento, freddo e tante côte per i corridori di Valoti (foto Alexis Dancerelle)
All’avventura!
Si sa che quando si va a correre su queste strade le incognite sono numerose, ed anche in questa edizione le complicazioni non sono mancate.
«I ragazzi – racconta Gianluca – sono partiti in aereo, mentre alcuni membri dello staff hanno portato i mezzi. Ora con i voli di linea il viaggio per i ragazzi è facile e comodo, qualche anno fa non era così. I corridori che hanno preso parte alla gara sono stati: Petrucci, Meris, Baroni, Umbri, Balestra e Gomez. La scelta della squadra era dovuta al tipo di percorso, molto vallonato e caratterizzato dalle tipiche côte: salite brevi ma con pendenze in doppia cifra.
«Lo staff – prosegue – era composto da 5 persone: due massaggiatori, un meccanico, Rossella Di Leo ed Io. Abbiamo portato un furgone che rimaneva in appoggio in hotel e due ammiraglie: una che seguiva la corsa e l’altra per i rifornimenti».
La terza tappa del Circuit des Ardennes è stata sospesa per la troppa neve (foto FG Photos) La terza tappa del Circuit des Ardennes è stata sospesa per la troppa neve (foto FG Photos)
Un clima da classiche
Il clima, come ci racconta Valoti, non è stato molto clemente, ed i suoi corridori ne hanno sofferto un po’ ma fa tutto parte del loro percorso di crescita.
«Solo il primo giorno è andata liscia – dice – non ha piovuto, ma il clima era molto freddo. I ragazzi si sono dimostrati inesperti nell’affrontare queste situazioni, un esempio è come hanno preparato la borsa del freddo. Non erano pronti, non si erano portati dietro gli accessori necessari ad affrontare questo clima, considerate che la terza tappa è stata anche sospesa per neve. Ma ci sta, hanno imparato, è tutta esperienza in più, hanno capito perché la chiamano borsa del freddo», conclude ridendo.
Il cielo è rimasto coperto per la maggior parte del tempo durante i giorni di gara (foto Hervé Dancerelle-Bourlon) Il cielo è rimasto coperto per la maggior parte del tempo durante i giorni di gara (foto Hervé Dancerelle-Bourlon)
Il feedback dei ragazzi
«I ragazzi – riprende il diesse – hanno avuto un riscontro positivo, anche se per un atleta correre sotto acqua, freddo e gelo non è particolarmente stimolante. Noi dall’ammiraglia abbiamo cercato di dargli tutto il supporto necessario, avevo con me del thè caldo e degli alimenti calorici per rifocillarsi. Anche se, più di qualche volta, ho dovuto rincorrerli fin quasi in mezzo al gruppo per dar loro da mangiare».
L’organizzazione è stata perfetta gestendo al meglio tutte le situazioni di corsa (foto FG Photos)
Le Ardenne sono da sempre un territorio legato al ciclismo (foto FG Photos)
L’organizzazione è stata perfetta gestendo al meglio tutte le situazioni di corsa (foto FG Photos)
Le Ardenne sono da sempre un territorio legato al ciclismo (foto FG Photos)
«Anche per noi dello staff è stata un’esperienza di formazione. Trattandosi di una corsa 2.2 non avevamo le radioline, gestirli con vento e pioggia dall’ammiraglia non è stato semplice. Però vedi che le altre ammiraglie ci riescono e allora capisci che è questione di allenamento. Prima del via abbiamo parlato spesso anche con Frigo, ci diceva che era contento che fossimo lì, così aveva qualche italiano con cui parlare in gruppo. Con lui ci si trova bene, è un ragazzo gentile e disponibile e dopo quello che ha fatto per Baroncini al mondiale lo incontriamo volentieri».
Formichina Mozzato alle 11,50 sarà al via de Le Samyn, la più fiamminga delle classiche valloni, come recita lo slogan sul sito ufficiale. Corsa belga del livello della Kuurne-Bruxelles-Kuurne, 209 chilometri e una bella serie di muri, che vedrà al via fra gli altri “bestiacce da Nord” come Merlier, Jakobsen, Pasqualon, Gilbert, Moschetti e Trentin.
Il padovano sta venendo su un passo alla volta, con una bella fede nei suoi mezzi e la B&B Hotels-Ktm che lo supporta bene. Lo avevamo incontrato l’anno scorso a Montichiari, reduce da un intervento di ernia che aveva un po’ frenato il suo inverno. Poi avevamo raccontato le ottime prestazioni nelle classiche di aprile. E a fine stagione, incuriositi, avevamo approfondito il suo essere stato il terzo italiano nel velodromo di Roubaix, dopo Colbrelli e Moscon.
La presentazione della Het Nieuwsblad ha stupito Mozzato, che non si aspettava un simile showLa presentazione della Het Nieuwsblad ha stupito Mozzato, che non si aspettava un simile show
Frenato dal Covid
Il weekend di apertura ha avuto luci e ombre. Dopo il 26° posto alla Het Nieuwsblad, a Kuurne ha sofferto più del previsto. E la squadra, che aveva inizialmente valutato di portarlo alla Parigi-Nizza, ha disegnato un altro programma. Eredità del Covid, che anche lui ha preso nelle ultime settimane.
«Domenica ho faticato più del previsto – spiega – e la squadra ha bisogno di fare un po’ di risultati, perché non siamo partiti proprio benissimo. Quindi ci hanno detto che, visto il livello, alla Parigi-Nizza andranno i più in forma. E per me hanno rispolverato il calendario degli ultimi due anni qua in Belgio, sperando che venga fuori qualche risultato».
Lui ha capito e si è rimboccato le maniche. Il programma alternativo prevede appunto Le Samyn, poi il Gp Monseré e la Danilith Nokere Koerse in cui lo scorso anno centrò il terzo posto.
Alla Roubaix del 2021 è stato il terzo italiano all’arrivo, dopo Colbrelli e MosconAlla Roubaix del 2021 è stato il terzo italiano all’arrivo, dopo Colbrelli e Moscon
L’altro giorno alla partenza della Het Nieuwsblad avevi gli occhi stralunati…
Diciamo che da quando sono diventato professionista, di presentazioni così ne abbiamo fatte poche. E quella è stata veramente caratteristica, anche perché entrare dentro il velodromo così pieno di persone è stato molto particolare e mi ha toccato particolarmente. A dirla tutta, non sapevo neanche che si facesse lì dentro e trovare le luci e il parterre pieno di persone è stato speciale.
All’inizio del 2021 l’obiettivo era provare ad arrivare davanti.
Quest’anno speriamo di fare uno step in più. L’idea è quella di alzare le braccia. Abbiamo lavorato bene l’inverno, ma il mese scorso come tanti altri ho preso il Covid. Quindi sono stato un po’ rallentato. Vediamo come procedono le cose. L’obiettivo sicuramente è quello di provare a vincere qualcosa, non importa dove. Magari nelle corse dove il livello è un po’ più alto, sarebbe buono già essere nel primo gruppo.
Anche questa è scuola…
Arrivare davanti e poi provare a giocarsi le proprie carte. Siamo qua soprattutto per imparare, vedere come va e come si fa per rimanere davanti.
L’inverno di Mozzato è filato liscio: nel 2021 si era dovuto operare e questo lo aveva rallentato (foto B&B Hotels-Ktm)L’inverno di Mozzato è filato liscio: nel 2021 si era dovuto operare e questo lo aveva rallentato (foto B&B Hotels-Ktm)
Che cosa significa aver passato un bell’inverno?
Siamo andati avanti senza particolari intoppi. Sono riuscito a lavorare tutti i giorni senza problemi, anche con dei ritiri al caldo, a differenza dell’anno prima in cui ho avuto dei problemini e sono dovuto andare sotto i ferri. Questa volta non ci sono stati problemi e adesso vediamo di concretizzare qualcosa.
Il Covid ti ha solo fatto perdere dei giorni di lavoro o ti è rimasto addosso con qualche tipo di condizionamento?
No, nessuna conseguenza, solo i giorni che ho perso. Non è stato facile rimanere chiusi in casa soprattutto per la preparazione. Poi io personalmente, come tanti altri con cui ho parlato, sono stato male solo 2-3 giorni, giusto un po’ di mal di testa e mal di gola, niente di particolare. Ma ho dovuto farmi i miei 10 giorni di isolamento. Poteva starci che le sensazioni al rientro non fossero eccezionali e così è andata. Ma non mi fascio la testa, gli obiettivi non cambiano. La stagione sarà lunghissima…
Il weekend di apertura del Nord ha posto l'attenzione sul modo di correre aggressivo di quelle strade. Mors tua, vita mea. Certe cose si vedono solo lassù
Una volta c’erano i velocisti, che si mettevano di traverso quando la strada iniziava a salire. E se un giovane coraggioso, ingenuo o semplicemente incauto si permetteva di attaccare troppo presto, iniziava il volo delle borracce. Poi questa abitudine è scomparsa, il ciclismo è cambiato, gli sceriffi hanno dismesso certe abitudini e poi si sono estinti, ma ci sono ancora momenti e corse in cui i padroni del gruppo fanno la voce grossa. Sulle stradelle sconnesse del Nord, ad esempio, se ne vedono di cotte e di crude.
Il gruppo vola con i manubri distanti pochi millimetri uno dall’altro. L’arte del limare si impara soprattutto lassù e può capitare di assistere a manovre verso le quali normalmente si punterebbe il dito.
Van Aert ha chiuso Trentin verso il marciapiede: una manovra non così rara da vedereVan Aert ha chiuso Trentin verso il marciapiede: una manovra non così rara da vedere
Le prendi e le dai
Vi siete accorti della chiusura di Van Aert ai danni di Trentin sul Muur alla Het Nieuwsblad? Matteo ha ammesso che forse il belga lo ha stretto di proposito per impedirgli di prendere la discesa in testa, ma si è guardato bene dal lamentarsi. Certe cose al Nord sono normali.
«Se vai in Belgio a fare quelle corse – conferma Michele Bartoli, il più fiammingo degli italiani degli anni 90 – di certe cose non ti puoi scandalizzare. Quando si dice “mors tua, vita mea”, lassù è proprio così, semplicemente perché non ci sono altre possibilità. Le prendi e stai zitto. E poi magari impari anche a darle».
Perché correre sempre in testa? Perché dietro si rischia di restare a piedi…Perché correre sempre in testa? Perché dietro si rischia di restare a piedi…
Non è tutto lecito
E’ tutto così normale che Michele non aveva neppure considerato irregolare la manovra di Van Aert. Ma con la stessa franchezza ha anche messo l’accento sul fatto che non tutto sia lecito.
«Io ero uno che si lamentava spesso in corsa – sorride – ma al Nord non l’ho mai fatto. Eppure sapete quante volte sono finito contro una transenna? Non si contano. Prima dei muri è normale che ci siano degli scarti bruschi. Sai che se perdi 3-4 posizioni all’inizio della salita, in cima magari ne hai perse venti e la corsa è andata. Perciò ai giovani che vanno lassù consiglio di prenderle e imparare a renderle, sempre nei limiti della sicurezza. Non è che tutto sia permesso, ma i percorsi sono così».
Il volo di Alaphilippe al Fiandre del 2020. Quella volta la manovra di Van Aert non fu limpidissimaIl volo di Alaphilippe al Fiandre del 2020. Quella volta la manovra di Van Aert non fu limpidissima
La scuola del Nord
Quel confine è così labile, che diventa difficile anche stigmatizzarne il superamento. Allo stesso modo in cui la stretta di sabato ai danni di Trentin non ha avuto grosse conseguenze, se non quella di rallentarne lo slancio, non si può dimenticare la manovra, uguamente di Van Aert, ai danni di Van del Poel e Alaphilippe nel Fiandre del 2020. Il belga puntò la moto e poi scartò di colpo. L’olandese riuscì a schivarla, il campione del mondo francese rovinò a terra e si ruppe un polso. Tutte le invettive si concentrarono sul motociclista, la manovra venne ritenuta funzionale alla corsa.
Il Nord è la scuola di ciclismo più dura che ci sia ed è un peccato che ai tanti ragazzi che militano nelle nostre professional essa sia preclusa, sia perché non ci sono gli inviti, sia perché spesso non vengono neanche richiesti. Per questo, al pari di Pozzato nei giorni scorsi, facciamo anche noi il tifo per Cassani. E intanto spingiamo idealmente le continental e le professional di casa nostra affinché investano sui ragazzi che indossano la loro maglia. Le salite sono tutte uguali, le stradine del Nord se non le impari da ragazzo, rischi di non impararle più.
Trentin ricostruisce il finale con fierezza. Quando si è accorto che Colbrelli aveva la gamba, gli ha detto di correre su Evenepoel. Agli altri pensava lui
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