Fra tutti i nomi che ci si poteva aspettare sul traguardo di Ninove della Omloop Het Nieuwsblad, quello di Søren Wærenskjold e dei suoi caratteri speciali era probabilmente l’ultimo. Invece in una corsa che ha avuto sin dall’inizio un andamento a strappi, dalla volata di gruppo compatto è emerso il norvegese della Uno-X Mobility, che nel 2022 aveva conquistato il titolo iridato U23 della cronometro a Wollongong. Un metro e 95 per 92 chili, la versione più pesante di Jonathan Milan ha battuto Magnier e Philipsen, in un arrivo di tutto rispetto.
Fra gli italiani, l’ottavo posto di Albanese e il dodicesimo di Trentin hanno fatto sventolare uno spicchio di tricolore nel dominio degli uomini del Nord, con Van Aert che ha rischiato per non mettere fuori il naso e alla fine si è ritrovato imprigionato fra le onde del gruppo.
«Non ero posizionato bene – ha detto il belga della Visma – e quindi sono rimasti indietro. Il posizionamento è importante, ma spesso dipende anche dalle gambe e io oggi non mi sentivo bene. Non ho mai avuto il feeling che speravo. Abbiamo lavorato duro, ma siamo rimasti indietro. Come squadra non abbiamo fatto una bella gara e non ho mai veramente avuto la sesazione di avere la vittoria a portata di mano. Per fortuna domani potremo rifarci a Kuurne».
Albanese e la volata per caso
Albanese nei primi dieci è una nota che rallegra noi italiani e che per lui è fonte di sorpresa, perché obiettivamente pensava che qualcun altro approfittasse del suo lavoro.
«Diciamo che la volata non era nei piani – dice – dovevo essere di supporto per Asgreen e Van den Berg. Così è stato almeno finché ho dovuto tirare per riprendere Kung, poi è stata una volata un po’ strana. Ero lì davanti, l’arrivo si avvicinava e non passava nessuno. Ho alzato la testa, mancavano 200 metri e io non dovevo fare assolutamente la volata. Per cui ho continuato a pedalare, senza la convinzione di fare il risultato e alla fine ho fatto ottavo. E’ stata una gara strana, però le sensazioni sono buone e adesso dobbiamo solo continuare».
Trentin, strane sensazioni
Anche in casa Tudor, la soddisfazione per Trentin è un bene di lusso: qualcosa da analizzare e riporre nello scrigno in attesa di tempi migliori. Il trentino è arrivato alla gara di apertura del Nord dal Teide, debuttando su questi muri così infidi per chi va in cerca del ritmo gara.
«Onestamente non sono soddisfatto – racconta – alla fine eravamo in due (con lui c’era Pluimers, ndr) e abbiamo toppato completamente la volata. Ho avuto sensazioni contrastanti. E’ la prima volta che inizio la stagione in questa corsa, per cui il ritmo era quello che era. Però se sono restato davanti quando si è fatta la selezione dei 12 di testa, allora vuol dire che la condizione da qualche parte c’è».
La Visma sugli scudi
Trentin conferma che la corsa ha avuto un andamento più strano del solito, per lui che queste corse le mastica e le rimastica da quando è passato professionista nella Quick Step del 2012.
«Siano andati parecchio piano – commenta – rispetto agli standard della Omloop Het Nieuwsblad. Ho visto bene Philipsen e tutta la sua squadra, ma poi se guardate nel gruppo dei primi 12, i nomi sono sempre gli stessi. Ci siamo anche noi della Tudor Pro Cycling, nella selezione c’eravamo, anche se alla fine il Muur ha fatto meno differenze. Il percorso rivisto è meno selettivo e tanti hanno recuperato e speso poco restando a ruota. Non si può dire che non abbia fatto selezione siamo andati via in 12, ma nessuno voleva portare Van Aert in volata, quindi è stato gioco forza che siano rientrati da dietro».
L’assalto di Kung
L’unico che ha provato a far saltare il banco anticipando Van Aert e i velocisti è stato Stefan Kung, che da un paio di anni a questa parte sta affinando il feeling con le stradine di quassù. Lo hanno ripreso che quasi si vedeva lo striscione di arrivo e prima che il gruppo, ha provato ad agganciarlo proprio Trentin.
«Ci ho provato – sorride Trentin – con un attacco suicida da scemo. Mi sono girato due volte. E quando ho visto che il gruppo rientrava, ho capito che non valesse la pena insistere. Kung è uno forte, non rientri gratis, avrei speso comunque molto. E così anche io dico che proverò a rifarmi domani a Kuurne e poi si farà rotta sulla Parigi-Nizza. Niente Strade Bianche, anche se mi piacerebbe molto. Solo che da corsa aperta a tutti, è diventata corsa aperta a Pogacar e basta. E’ sempre più dura, per sperare di fare bene devi essere ben più competitivo di come sono io adesso».
La parola al vincitore
E Wærenskjold cosa dice? Si scopre che l’hanno messo in squadra solo all’ultimo momento e qualcuno in casa Uno-X Mobility stasera ringrazierà la felice intuizione.
«Sì, in realtà avrei dovuto correre solo domenica – ammette nella conferenza stampa – ma con il vento contrario oggi c’era una reale possibilità che si arrivasse allo sprint. E’ un po’ surreale aver vinto, non trovo le parole per dirlo. E’ una bella sensazione essere il primo a tagliare il traguardo. Questa è la più grande vittoria della mia carriera finora. Per me è un passo enorme, non pensavo fosse possibile, ma è fantastico. Ho cercato di risparmiare energia lungo il percorso, ma sono rimasto chiuso alle spalle della caduta sul Molenberg. Ho provato a chiudere, ma le gambe non erano abbastanza buone. Non ho dato il massimo in salita, ma alla fine mi sono ritrovato con le gambe per vincere».