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Ultima e sfinita, orgoglio Carbonari per il battesimo sul pavé

28.02.2022
5 min
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Mentre in testa al gruppo Annemiek Van Vleuten sceglieva il modo per vincere la Omloop Het Nieuwsblad, alle sue spalle e già ultima nell’ordine di arrivo, Anastasia Carbonari portava a casa la fatica e la soddisfazione di essere arrivata in fondo.

La sua non è stata una resa da piegarsi sulle ginocchia, ma la conseguenza di una fuga andata via presto e ripresa a 40 chilometri dall’arrivo nella prima corsa di stagione e la prima sul pavé. Per la ragazza marchigiana, arrivata quest’anno alla Valcar-Travel&Service, una rapida scuola di tecnica e strada, suggerita da Davide “Capo” Arzeni.

Prima del via, con il giusto carico di ansia: per Carbonari, battesimo sul pavé (foto Twila F. Muzzi)
Prima del via, con il giusto carico di ansia: per Carbonari, battesimo sul pavé (foto Twila F. Muzzi)

Un ricordo da scacciare

Ci può essere soddisfazione nell’arrivare ultimi? C’è sempre soddisfazione nell’arrivare: se si è capaci di fare tesoro di ogni esperienza, anche la resa può insegnare qualcosa.

«Partiamo da come ho lasciato il Belgio due anni fa – racconta – quando non vedevo l’ora di andarmene. Ho fatto Liegi e Freccia e ovviamente erano andate malissimo. Neanche le avevo finite e da lì avevo iniziato a pensare che magari veramente il ciclismo non fosse fatto per me.

«Quindi tornare con la migliore squadra d’Italia, poter correre tra le big e riuscire a mettere la testa fuori andando anche in fuga, non nego che per me sia stata una soddisfazione grandissima. Non è niente, lo so. In confronto a piazzarsi o arrivare alla fine con le prime non è niente. Ma come inizio e per come mi ero lasciata con questi posti, dico che sono veramente soddisfatta».

Carbonari ha… assaggiato il pavé nella recon del venerdì (foto Twila F. Muzzi)
Carbonari ha… assaggiato il pavé nella recon del venerdì (foto Twila F. Muzzi)

Un nuovo nascere

Quel debutto nelle Ardenne porta la data del 2020. Qualche mese prima, alla fine di luglio 2019, Anastasia si era ritrovata sull’asfalto con una vertebra rotta per un’auto che le aveva tagliato la strada. L’arrivo nella squadra di Valentino Villa ha pertanto il sapore di un vero battesimo. E visto che la marchigiana era davvero digiuna di pavé, incontrato nel pomeriggio di vigilia, il diesse Arzeni ci aveva anticipato che l’avrebbe mandata in fuga. Per darle confidenza con le stradine e permetterle di credere di più in se stessa.

«Non avevo mai corso sul pavé – dice –  Liegi e Freccia sono tutte su asfalto, quindi anche provare quelle stradine nella ricognizione e riconoscere i posti in cui vedevo sempre i ciclisti professionisti in televisione, è stata un’emozione grandissima. Sono contenta di averla finita».

La presentazione nel velodromo di Gand dà il senso del grande evento (foto Twila F. Muzzi)
La presentazione nel velodromo di Gand dà il senso del grande evento (foto Twila F. Muzzi)
Che cosa significa averla finita?

Per me è un punto di partenza non indifferente. Sono molto contenta della fiducia che mi ha dato Capo, di portarmi qui e darmi la possibilità di farmi vedere e di crescere. Eravamo tutti consapevoli che fosse la mia prima volta sul pavé e che per fare queste corse serve molta esperienza. Sono contenta, è stata una grande emozione.

Come hai esorcizzato la paura del pavé?

Capo mi ha detto di andare in fuga, perché essendo la prima volta, l’impatto sarebbe potuto essere traumatico. Mi ha detto: «Vai davanti, così fai esperienza e prendi il pavé non in gruppo».

E tu?

E io sono andata in fuga. Alla fine mi ci sono trovata abbastanza bene e con un bel feeling. Negli ultimi muri mi sono staccata perché ero arrivata a cottura.

Bel piazzamento di Silvia Persico, tricolore di cross, 22ª nel gruppo dietro le prime tre (foto Twila F. Muzzi)
Bel piazzamento di Silvia Persico, tricolore di cross, 22ª nel gruppo dietro le prime tre (foto Twila F. Muzzi)
Una fatica diversa?

Io penso che più impari ad andarci e meno fatica fai. Quindi essendo la prima volta ed essendo del tutto inesperta, è ovvio che abbia penato più alle altre. Penso di avere una certa affinità per questo tipo di percorsi. La mia fortuna è che in bici non ho molta paura, so guidarla, mi sono trovata abbastanza bene.

Che cos’altro porti a casa?

La presentazione con tutte le luci, il fatto poter correre lassù. Sabato veramente ho realizzato che sono arrivata in questa squadra, che sono qui con le migliori atlete italiane e posso essere al loro fianco. Imparare da loro per me è una soddisfazione grandissima. Non vedo l’ora di continuare questa stagione e di crescere. Penso di essere nella squadra giusta.

La fuga di Carbonari suggerita da Capo Arzeni per prendere confidenza con il pavé (foto Twila F. Muzzi)
La fuga di Carbonari suggerita da Capo Arzeni per prendere confidenza con il pavé (foto Twila F. Muzzi)
E il pubblico?

Quella gente è stupenda. Passare tra gli odori di birra e patatine fritte e sentire nell’aria il profumo del Belgio. Sentire l’incitamento che ricevi anche nell’ultimo gruppo è qualcosa di stupendo… Mi hanno sempre detto che per capirlo devi provarlo, ora l’ho provato e posso dire che è veramente unico.

Prossime corse?

Strade Bianche, Freccia e Liegi. Voglio vedere come andrà questa volta.

Prove di forza nelle Fiandre: Van Aert vince due volte

26.02.2022
6 min
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Van Aert ha fatto quello che tutti noi speravamo facesse. Ha preso la vittoria nella Omloop Het Nieuwsblad, l’ha messa per un attimo da parte con i sorrisi e i brindisi e ha detto la sua sulla guerra in Ucraina.

«Voglio dire una cosa – ha esclamato dietro il podio – le corse in bicicletta adesso sono una questione secondaria a fronte di cose più importanti che stanno succedendo a questo mondo. E’ una follia anche solo pensare che una guerra sia ancora possibile e per giunta così vicina. Per quel che vale, vorrei esprimere il mio sostegno a tutti coloro che sono coinvolti dalla guerra in Ucraina».

Bacio con moglie e figlio per Van Aert, rientrato da poco a casa dopo 2 settimane in altura
Bacio con moglie e figlio per Van Aert, rientrato da poco a casa dopo 2 settimane in altura

Maledetto vento

Che corsa ragazzi! Davanti tutti i pezzi grossi del gruppo, mentre Gaviria correva in ospedale con la clavicola rotta. Il racconto di Van Aert intanto spiega tutto, mentre il pubblico in visibilio se lo mangiava con gli occhi. Grato per quell’azione a 13 chilometri dall’arrivo.

«C’era molto vento contro – ha proseguito il vincitore – e di conseguenza la corsa è rimasta chiusa per molto tempo. In realtà volevo forzare la situazione un po’ prima, ma c’era poco. Però sul Berendries ci siamo mossi. Tiesj Benoot e il resto della squadra hanno fatto un lavoro fantastico. Sono molto contento di questa vittoria».

Per Van Aert vittoria nella gara del debutto, con 22″ su Colbrelli
Per Van Aert vittoria nella gara del debutto, con 22″ su Colbrelli

Obiettivo Roubaix

«Non pensavo di andare tanto bene così presto – ha aggiunto – ma ero ben preparato. Ho una buona condizione ed è difficile adesso dire se potrò mantenerla fino a Roubaix. In termini di intensità, c’è ancora qualcosa da aggiungere. Sono stato bravo, ma il Fiandre e la Roubaix sono ancora più importanti, quindi spero di migliorare un po’. Conto di fare quest’ultimo passo alla Parigi-Nizza aiutando Roglic, che va là per vincerla».

Per Colbrelli grande accoglienza nel velodromo di Gand alla presentazione
Per Colbrelli grande accoglienza nel velodromo di Gand alla presentazione

Testa e gambe

Che Colbrelli non nuotasse nell’oro si era visto. Però stava lì, con quelli davanti. Muoveva le spalle sui muri, ma non mollava e per questo per un po’ abbiamo sperato di raccontarne un’altra. E ci sarebbe anche riuscito Sonny, se ai piedi del Bosberg Van Aert non avesse deciso di averne abbastanza. Il gigante belga ha avuto nello stesso giorno più testa e più gambe. La prima nel dare via libera a Tiesj Benoot, costringendo gli altri (fra loro proprio Colbrelli, Trentin e Pasqualon) a spendere quel po’ che gli era rimasto. Le seconde nell’attacco sull’ultimo muro.

La corsa finalmente riaperta al pubblico, ma poche mascherine e tanta birra
La corsa finalmente riaperta al pubblico, ma poche mascherine e tanta birra

Trentin e il Muur

Quando c’è pubblico, le Fiandre sono un posto fantastico. Terra di giganti che pigiano sui pedali e tifosi nelle cui vene scorre lo stesso sangue schiumoso ricavato dal luppolo. Dopo gli ultimi due anni con poca gente sulle strade (perché ai belgi puoi vietarlo, ma non sarai mai sicuro che casualmente non si trovino al passare sulle strade della corsa), rivedere il Grammont con le giostre, la gente e la birra è stato persino un’immagine commovente. E proprio in quel budello di pietre brune come il cuoio, che in passato ha visto le azioni di Bartoli e Ballan, Boonen e Cancellara, Trentin ha sfidato Van Aert e per un po’ l’ha preoccupato.

Spalla a spalla sul Grammont, Trentin e Van Aert hanno infiammato la corsa
Spalla a spalla sul Grammont, Trentin e Van Aert hanno infiammato la corsa

Vittoria studiata

Wout l’aveva preparata. Ieri è andato a dare un’occhiata a Haaghoek e Leberg e ha incontrato e superato Alexander Kristoff sul Berendries. E’ arrivato fino al Muur di Geraardsbergen.

«E’ stato utile fare questa ricognizione – diceva stamattina alla partenza il diesse Maarten Wynants – per testare di nuovo il materiale e verificare le sensazioni sulle pietre. La maggior parte dei ragazzi è stata sul Teide per tre settimane e ha pedalato su strade perfette…».

Su una moto di Eurosport, Bradley Wiggins ha raccontato il suo punto sulla corsa
Su una moto di Eurosport, Bradley Wiggins ha raccontato il suo punto sulla corsa

Fatica Colbrelli

E di prima corsa si trattava anche per Colbrelli, sceso anche lui domenica scorsa dal Teide, come ci aveva raccontato proprio da lassù. Quelli forti non hanno bisogno di tanto rodaggio, ma è singolare che ai primi due posti della Omloop Het Nieuwsblad si siano piazzati due corridori già brillanti appena scesi dall’altura.

«Brillante, insomma… – sorride il bresciano – ho sofferto, vi dico la verità. Stavo abbastanza però… è andata! Un bel secondo posto in una classica di inizio stagione. Speriamo di far meglio nelle prossime gare. Ci ho sperato fino alla fine, ma non posso dir nulla. Ho visto che Van Aert partiva, ma mi sono detto: “Resto qui, perché già sono un po’ al limite”. Avevo ancora due compagni e mi sono detto: proviamo a chiudere il gap. Sapevo che era molto difficile. Oggi Van Aert aveva un’altra marcia e si è visto».

Per Colbrelli un secondo posto che fa sperare, arrivato nella gara del debutto
Per Colbrelli un secondo posto che fa sperare, arrivato nella gara del debutto

Rimpianto Pasqualon

Chi invece davanti all’attacco di Van Aert non si è voltato dall’altra parte è stato Andrea Pasqualon. Un cerotto sullo stinco destro, la barba impolverata e la tosse che impedisce al respiro di andarsene.

«Quando mi sono accorto che partiva sul Bosberg – dice – ho provato io a seguirlo. Ma quando a quello lì gli dai 10 metri, non lo pigli più. Si sapeva che ha una marcia in più, lo ha dimostrato ed è andato fortissimo. Del resto è un campione! Io… Ho provato sul Bosberg. Ho provato a rientrargli sotto, ma la gamba era quella che era. Purtroppo una settimana fa sono caduto e ho sofferto tanto. Anche nel finale non ero brillante, ero pieno di crampi e si è visto bene anche in volata che non ero proprio io.

Pasqualon è stato il solo a rispondere a Van Aert sul Bosberg
Pasqualon è stato il solo a rispondere a Van Aert sul Bosberg

«Sotto questo cerotto, ho due buchi profondi, che fanno male e non mi fanno recuperare di notte. In queste corse serve ogni minima energia, però sono contento del risultato. In fin dei conti non sono andato male. E domani recupero perché voglio puntare a fare bene a Le Samyn, che mi si addice. Domani niente Kuurne, cercherò di ritrovare le forze».

Van der Breggen sugli scudi e tre azzurre in rampa

27.02.2021
4 min
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Bastianelli e Longo Borghini, le due azzurre che il cittì Salvoldi ha indicato come le due possibili leader per le Olimpiadi di Tokyo, non hanno perso l’occasione. E anche se non sono ancora al miglior livello, ciascuna delle due si è data da fare a suo modo. La prima, risultando la migliore delle italiane nella volata alle spalle di Anna Van der Breggen che ha vinto (foto di paertura). La seconda, facendo il diavolo a quattro sui muri, senza riuscire ad andar via. Niente male come debutto, con l’inserimento fra le due di un’altra Marta, la Cavalli che da quest’anno corre in Francia alla Francaise des Jeux e alle Olimpiadi ci pensa, eccome…

Marta Bastianelli è stata la migliore delle azzurre all’Omloop Het Nieuwsblad
Marta Bastianelli è stata la migliore delle azzurre

Volata scarica

Marta Bastianelli è passata nella zona mista infreddolita e livida. Consapevole di non essere al top, ha provato quello che fra gli uomini è riuscito a Ballerini: stare in gruppo fino all’ultimo e poi giocarsi la volata. La differenza l’ha fatta Anna Van der Breggen che, rispetto ad Alaphilippe e Moscon, non si è fatta riprendere.

«Per me è andata bene ma non benissimo – dice la leader della Ale BTC Ljubljana – perché sono abituata ad altri risultati qui in Belgio. Ci accontentiamo di un sesto posto, con la consapevolezza che se fosse valsa per la vittoria, la volata avrebbe avuto un senso diverso. Credo si debba guardare oltre, per cui la prossima gara sarà la Strade Bianche e poi torneremo qui in Belgio. Mi auguro di fare bene in Toscana».

Elisa Longo Borghini ha provato più attacchi, ma invano
Elisa Longo Borghini ha provato più attacchi

Viva il freddo

Elisa Longo Borghini e la sua maglia tricolore sapevano che dal momento in cui si fosse andati verso l’arrivo in volata, ci sarebbe rimasto ben poco da fare. Per questo prima ha attaccato e poi si sarebbe buttata nello sprint, anche per quello che ha concordato con Giorgia Bronzini, ma è arrivata al traguardo con 3 secondi di ritardo dal gruppetto impegnato nella volata.

«Ci ho provato come sempre – sorride con una mezza punta di rammarico – ma alla fine la svizzera della Ale Cipollini è andata dritta in una curva e mi ha portato un po’ fuori. Non che nello sprint avrei fatto chissà che cosa, però mi dispiace per il mio team. E’ una corsa che dice molto. Sostanzialmente si è visto che in questo momento la SD Works è la squadra più forte e ha tante carte da giocare. Ho provato ad anticipare, ma non è stato possibile, ero in inferiorità numerica. E’ tattica anche questa. Oggi il freddo si è sentito, un bel freddo da Nord. Nei giorni scorsi aveva fatto anche troppo caldo, ma è stato meglio così. Quassù deve anche essere freddo, sennò che Belgio è?».

Per due azzurre della pista, Chiara Consonni e Vittoria Guazzini, una giornata difficile
Consonni e Guazzini, due azzurre sfinite

La francesina

La terza incomoda, Marta Cavalli, ha cominciato la stagione con dichiarazioni modeste e caute. Solo da una frase nell’intervista di qualche tempo fa si poteva percepire che in realtà la cautela fosse più che altro scaramanzia: «Magari mi servirà un po’ di tempo per metabolizzare il cambiamento – aveva detto – io farò del mio meglio per stare vicino a Cecile, ma se starò bene avrò anche io carta bianca».

Oggi le cose sono andate esattamente all’opposto: Cecile ha tirato e lei ha fatto la volata

«La squadra negli ultimi chilometri ha lavorato per me – dice – e Cecile mi ha portato a sprintare nella miglior posizione. Purtroppo la concorrenza era elevata, ma sarebbe potuto andare meglio. La condizione è buona e questa è la cosa migliore. Col team mi devo amalgamare ancora un po’, ma siamo pronte e motivate per le Strade Bianche».

Il tempo per un’ultima annotazione e gli auguri di buon compleanno a Elisa Balsamo, che ha compiuto 23 anni. Il 19° posto dopo tanto girare in pista va letto in prospettiva: la condizione è in arrivo. Come lei si sono ritrovate un po’ in difficoltà anche Vittoria Guazzini e Chiara Consonni, ma diciamo pure che debuttare in una corsa come l’Omloop Het Nieuwsblad presenta dei rischi non indifferenti. Ora si va tutti alla Strade Bianche e vedremo cos’altro ci sarà da scrivere…

Quello scatto di Moscon sul Muur è un raggio di sole

27.02.2021
4 min
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Non è Pidcock, è Moscon che scatta sul Muur. In fuga c’era il britannico che sulle salite guadagnava. Per questo quando il gruppo ha ripreso Alaphilippe e gli altri attaccanti e si è vista una maglia Ineos scattare sul Muur, si è pensato quasi subito che fosse il folletto del cross, che l’anno scorso ha vinto il Giro d’Italia U23. Poi però l’inquadratura ha stretto e ci siamo accorti tutti che l’uomo della Ineos Grenadiers era Gianni. E in quel momento è sembrato che il trentino fosse partito per riprendersi dal destino tutto quello che a vario titolo ha lasciato lungo strada.

Moscon s’è alzato sui pedali, come quando veniva quassù da giovane, come il ragazzo che sta ricercando nel nuovo anno. Per un secondo è sembrato quasi piantarsi, poi ha dato tutto nella seconda parte della salita e ha preso il largo. Quel muro è il teatro della storia, anche senza pubblico. E’ bastato socchiudere gli occhi per rivederci Bartoli e Ballan e tifare d’istinto per il trentino all’attacco.

I muri sono quelli del Fiandre, l’assenza di pubblico surreale
I muri sono quelli del Fiandre, l’assenza di pubblico surreale

Zona mista

L’Omloop Het Nieuwsblad l’ha vinta Ballerini. Attraverso la zona mista ricavata per consentire ai giornalisti di parlare con i corridori, prima che spariscano in quella matrioska di salvaguardia formata dai pullman nella bolla, sfilano i volti e le gambe impolverati dopo la prima sfida del Nord. Gilbert è sommerso dai microfoni belgi e come lui Naesen, due postazioni più avanti. Van Avermaet lo riconosci per il casco d’oro nella selva delle telecamere. Poi passa Pidcock, ma nessuno lo ferma. E dietro Pidcock arriva Moscon, la mascherina nera sul volto scuro di sole e sporco. Una voce, si volta e si ferma. Ha il sorriso di quando un po’ sei soddisfatto delle sensazioni in gara e un po’ ti fa piacere che qualcuno te lo chieda. Non c’è niente di peggio della fatica poco apprezzata.

Abbiamo visto tante cadute, Moscon ha confermato il nervosismo del gruppo
Abbiamo visto tante cadute, Moscon ha confermato il nervosismo del gruppo

Mood belga

Due convenevoli, una battuta e poi si entra nel vivo della corsa, mentre Gianni ha abbassato la mascherina e parla guardando fisso davanti a sé, quasi ripassando nella mente le immagini della corsa.

«Ci ho provato – dice – era importante entrare un po’ nel mood delle gare in Belgio. Poi c’era vento contro e comunque il gruppo dietro era abbastanza organizzato. Quindi abbiamo provato nel finale a tirare la volata per il nostro velocista Etan Hayter, ma è caduto…».

Caro cambio…

Passa Alaphilippe, che scambia due battute con Alessandro Tegner e ci accorgiamo che accanto a lui, mascherata ma con stile, c’è la sua Marion Rousse. E intanto Gianni va avanti guardando avanti, spiegando come mai a un certo punto abbiamo avuto la sensazione che si piantasse.

«Ho il cambio che sul Muur saltava un po’ – ammette – ma ho cercato di gestirmi un po’ in base a come conoscevo la salita. Sapevo di dover arrivare alla curva a sinistra e da lì dare il massimo per arrivare a tutta in cima e avere il vantaggio per andar via».

Dopo l’arrivo, Gianni Moscon discretamente ottimista: domani correrà ancora a Kuurne
Dopo l’arrivo, Gianni Moscon ottimista

Un raggio di sole

E’ stato un raggio di sole sul Muur, un assaggio, niente di indimenticabile. Ma potrebbe trasformarsi domani nel primo segno di un ritorno tanto atteso.

«Sto bene – dice – ma in Belgio si lima tanto, non è solo questione di gambe. Spesso è un fatto di posizioni. E qua in questa prima gara c’è davvero chi rischia l’osso del collo. Tante cadute, una per ogni curva. L’importante era sopravvivere e arrivare al finale per giocarsela. E devo dire che la gamba c’era e anche l’occhio. Siamo solo all’inizio e abbiamo iniziato quasi bene».

Het Nieuwsblad nel taschino, il Ballero fa sul serio

27.02.2021
5 min
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Lo stesso urlo di un calciatore che la butta dentro: quando Davide Ballerini passa sulla riga di Ninove e vince l’Omoloop Het Nieuwsblad, prima mostra la maglia e poi sferra un pugno nel vento che la dice lunga sulla sua carica emotiva. Il lavoro della Deceuninck-Quick Step è stato perfetto e nel cuore della cittadina delle Fiandre, all’ombra di una colossale abbazia medievale, è andato in scena il finale che il Ballero sognava dal mattino.

Durante la ricognizione del giovedì prima dell’Het Nieuwsblad, Ballero in testa al team
Durante la ricognizione del giovedì, Ballero in testa

Per questo motivo, la storia si può dividere idealmente in due parti: prima della corsa e dopo la corsa. E in mezzo il primo combattimento su questi muri mesti che reclamano il loro pubblico. Il Grammont senza tifosi è stato come un concerto senza pubblico.

La mattina a Gand

«E’ bellissimo essere qui con questa squadra – diceva alla partenza il corridore lombardo della Deceuninck-Quick Step – e sto davvero bene. Sono in buona condizione, contento di aver vinto, ma quello è già passato, anche se di sicuro mi dà una grandissima soddisfazione. Adesso siamo all’Het Nieuwsblad con tanta convinzione, soprattutto in questo team che per me era un sogno. Per cui continuiamo a viverlo e cerchiamo di raggiungerne altri».

Al matttino Ballerini aveva già chiaro in testa il possibile finale dell’Het Nieuwsblad
Al matttino Ballerini aveva già chiaro in testa il possibile finale

Poi il discorso era finito su Luca Paolini, ultimo vincitore italiano dell’Het Nieuwsblad, e sul consiglio che gli aveva dato proprio dalle nostre pagine: sbaglierebbe se considerasse quella corsa come una classica minore.

«Qui in Belgio – rispondeva sorridendo – non ci sono piccole corse. Sono tutte grandi e difficili da interpretare e da vincere. Non è niente facile. Oggi ci sono almeno 30 corridori che potrebbero farcela. Di sicuro è meno dura del Fiandre, perché se la corsa supera i 200 chilometri, tutto si complica. Devi gestirti bene, basta mangiare un po’ meno e in un chilometro si spegne tutto. Questa è più aperta, sarebbe bello arrivare in volata ma sarà dura. Potendo scegliere, sarebbe meglio la volata in un gruppo un po’ allungato».

Cielo grigio, temperatura mai sopra i 10 gradi: Het Nieuwsblad in perfetto stile Fiandre
Cielo grigio, temperatura mai sopra i 10 gradi: stile Fiandre

Iride d’assalto

Alaphilippe si è mosso per la prima volta dietro Trentin a 43 chilometri dall’arrivo, poi se ne è andato da solo ai meno 32. Da capire se l’abbia fatto perché sentiva una grande condizione oppure sperando che qualcuno lo seguisse. Dietro, Ballerini faceva buona guardia con il resto della squadra. E quando poi il gruppo ha riassorbito tutti ai piedi del Muur, nella testa di Davide si è accesa la luce verde.

«Con Julian – dice – abbiamo parlato prima di quella salita. Gli ho detto che poteva provare, perché si vedeva che stava bene e dietro ci saremmo stati noi. Ma il fatto che si sia trovato da solo è stato un guaio, niente di buono. Ho provato a rompere qualche cambio, ma il problema è stato il ritorno del gruppo. Quando mi è venuto accanto, mi ha chiesto se avessi buone gambe. Ho annuito e lui si è messo subito a tirare. Sono contento di essere in una squadra così…».

Alaphilippe si è ritrovato davanti troppo presto
Alaphilippe si è ritrovato davanti troppo presto

Guardia Wolfpack

E la Deceuninck-Quick Step che era partita per spaccare la corsa, da quel momento ha chiuso su ogni buco, schivando quasi tutte le cadute, tranne quella di Stybar che probabilmente si è toccato proprio con Ballerini, che però era davanti e forse non se ne è neppure accorto.

«Eravamo partiti per fare la differenza – racconta Ballero, felice di una felicità discreta – anche se non è facile. Eravamo sette possibili vincitori, per cui ogni situazione di corsa sarebbe stata buona. Ma quando si è deciso di lavorare per me allo sprint, sapevo che avrebbero fatto un capolavoro. Non sono mai stato un velocista di gruppo, ma credo in me stesso e quando sto bene mi butto. L’ultimo chilometro lo ricordavo bene e siamo entrati con il treno giusto, nella posizione giusta. Questa squadra era davvero un sogno, fatta al 100 per cento per le classiche. C’è il campione del mondo. Adesso torno a casa, domani niente Kuurne, se ne riparla a Laigueglia».

L’abbraccio con Alaphilippe: missione compiuta
L’abbraccio con Alaphilippe: missione compiuta

Gerva al telefono

Mentre Ballerini si avvia all’antidoping, il telefono squilla, c’è Paolini che avevamo cercato poco fa mentre era dal parrucchiere, per riallacciare il filo con l’intervista dei giorni scorsi.

«Se quelli di lassù non l’hanno capito – dice contento – ditegli che quel ragazzo impareranno a conoscerlo presto. E’ di Como, siamo usciti in bici insieme. Lui di solito va con i ticinesi e qualche volta mi aggrego. E soprattutto parlavo di lui con Zazà (Stefano Zanini, tecnico Astana, ndr) che lo ha avuto due anni fa e me ne parlava già benissimo. E soprattutto è un ragazzo umile, con i piedi per terra. Ed è fortissimo».

Sul podio, con Stewart e Vanmarcke
Sul podio, con Stewart e Vanmarcke

Mesto epilogo

La strada fuori è già vuota. Zero birre. Zero bambini. Zero cori fiamminghi. I pullman ronfano nel recinto di transenne, il cielo è grigio, mentre si annuncia già l’arrivo delle ragazze. Fra tutti coloro che saranno molto felici per la fine del Covid, il pubblico del ciclismo occupa sicuramente una posizione d’avanguardia.