Damiani e il modello Cofidis: niente devo ma tanto scouting

26.01.2025
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Dall’esperienza di Nicolò Arrighetti e Diego Bracalente, stagisti alla Cofidis per una settimana, è nato lo spunto per chiamare Roberto Damiani. Il diesse del team francese è stato in Spagna a seguire il ritiro dei suoi ragazzi, al quale hanno partecipato anche i due giovani azzurri. Quando raggiungiamo Damiani al telefono ci accoglie con il suo tono gentile e disponibile, che invoglia a parlare e ascoltarlo.

«Stavo guardando gli spostamenti per il Giro d’Italia – racconta – più precisamente per arrivare in Albania. Arrivare a Durazzo non sarà semplice, bisogna viaggiare da Lille, dove partiranno i nostri mezzi pesanti (camion, pullman e ammiraglie, ndr) fino a Bari. Dalla Puglia si prende il traghetto e si attraversa l’Adriatico. Fare il giro dei Paesi dell’ex Jugoslavia diventava troppo complicato a causa delle dogane e dei controlli».

Dall’arrivo di Michelusi nello staff performance è iniziato un lavoro di osservazione e valutazione tra giovani
Dall’arrivo di Michelusi nello staff performance è iniziato un lavoro di osservazione e valutazione tra giovani

Un passo indietro

La stagione della Cofidis si sta costruendo man mano. Damiani dapprima farà un salto in Spagna per seguire la sua prima gara del calendario europeo, successivamente si sposterà in Francia per il Tour des Alpes Maritimes. Ma il grosso del suo calendario sarà in Italia, con Laigueglia, Strade Bianche, Sanremo. Concluderà la primavera con le gare del Nord: Harelbeke, Gand e Fiandre. 

«Tuttavia – riprende – per arrivare pronti a queste gare dovevamo passare prima dal secondo ritiro stagionale. Siamo stati in Spagna per un paio di settimane. Durante quei giorni abbiamo aperto le porte a qualche under 23, sette in totale, che si sono alternati all’interno del team».

Il lavoro di scouting ha già portato i suoi frutti, alla Cofidis per il 2025 è arrivato Clément Izquierdo dal team AVC Aix-En-Provence (foto Mathilde L’Azou)
Il lavoro di scouting ha già portato i suoi frutti, alla Cofidis per il 2025 è arrivato Clément Izquierdo dal team AVC Aix-En-Provence (foto Mathilde L’Azou)
Cosa vuol dire accogliere dei ragazzi under 23 da voi a gennaio. 

Si tratta di un lavoro di scouting che ha preso il via già nel 2024. Stavo leggendo poco fa il vostro articolo sui giovani della Mapei. La scelta di molte formazioni di creare un team di sviluppo ci ha portati a fare un’attività di ricerca tra gli under 23. Non c’è altra via di scelta. La scorsa stagione la Cofidis ha rivoluzionato il settore performance. E’ arrivato Mattia Michelusi, il quale ha iniziato a valutare, testare e capire i giovani. 

Molte squadre WorldTour fanno nascere i devo team, voi?

Molte formazioni dirigono parte del budget per creare squadre continental, ma non è un’idea che mi piace molto. In Francia i costi sono elevati e per fare una squadra devo serve più di un milione di euro. Io ho parlato con Cofidis e ho proposto loro un sistema alternativo. 

Portare gli under 23 al ritiro di gennaio è un modo per mostrare loro come lavora e come funziona un team WorldTour (foto Instagram)
Portare gli under 23 al ritiro di gennaio è un modo per mostrare loro come lavora e come funziona un team WorldTour (foto Instagram)
Ovvero?

Fare un lavoro di scouting europeo. Abbiamo preso i nove Paesi nei quali Cofidis è presente commercialmente. Ci siamo guardati in giro e a gennaio si sono selezionati i primi sette profili, li abbiamo scelti tra Francia, Italia, Belgio e Spagna. 

In questo modo cosa cambia?

Si lavora a stretto contatto con diverse realtà sulle quali si ha fiducia. Ad esempio Arrighetti arriva dalla Biesse Carrera. Io so che di Milesi e Nicoletti mi posso fidare, visto che nel 2024 abbiamo preso come stagista un loro corridore. Questo discorso vale anche per Bracalente. Con queste formazioni si instaura un rapporto di massima trasparenza e solidarietà.

Nel 2024 era toccato a Filip Gruszczynski, sempre della Biesse Carrera fare uno stage con la Cofidis (foto Instagram)
Nel 2024 era toccato a Filip Gruszczynski, sempre della Biesse Carrera fare uno stage con la Cofidis (foto Instagram)
E’ un modo anche per responsabilizzare le squadre.

Vero. In più loro possono affermare di avere un rapporto stretto con la Cofidis, il che permette di avere un maggiore appeal per i ragazzi under 23. E’ un titolo qualificante e che valorizza il lavoro di formazioni continental già esistenti. Inoltre creare una formazione development permette di tenere sotto controllo quei dieci o dodici ragazzi che si prendono. Mentre noi, collaborando con tante formazioni, abbiamo un bacino maggiore. Si parlava della squadra dei giovani della Mapei, voglio dire una cosa.

Prego…

Io sono arrivato alla Mapei l’anno in cui nasceva questo progetto. Avevamo uno staff dedicato e un personale di riferimento. L’investimento economico non era stato di poco conto. Nel ciclismo moderno ci sono troppi venditori di sogni. I procuratori guardano al loro interesse e non a quello del ragazzo. Invece lavorare con i giovani deve essere un piacere. Portarli con noi in ritiro è stato bello, sia Bracalente che Arrighetti hanno toccato con mano una realtà differente. Sapete qual è la cosa che mi è piaciuta di più?

L’obiettivo di queste due settimane di stage svolte a gennaio è quello di trovare i tre stagisti da inserire nel 2025 (foto Instagram)
L’obiettivo di queste due settimane di stage svolte a gennaio è quello di trovare i tre stagisti da inserire nel 2025 (foto Instagram)
Dicci.

Vederli integrati nel gruppo. La sera giocavano a carte e parlavano con i professionisti. In bici si sono mostrati forti e preparati, ma la cosa che ho voluto dire loro è stata di non vivere quei cinque giorni come un test continuo. Non è da una mancata risposta a uno scatto in un ritiro di gennaio che si decide il loro futuro. Volevo che si accorgessero del fatto che si fa sempre ciclismo, cambia la cornice ma il quadro no. 

Però cercate comunque delle risposte? 

Questo è chiaro. Alla fine non nascondo che da questi sette ragazzi vogliamo tirare fuori quelli che saranno gli stagisti che verranno a correre con noi a fine anno. 

I tuoi corridori che hanno detto?

Mi è piaciuta molto una battuta di Thomas che parlando mi ha detto, riferito ad Arrighetti: «Chi è quello? Mentre facevamo la simulazione di corsa mi ha messo alla prova». Mi ha reso felice perché vuol dire che i ragazzi si sono sentiti liberi di muoversi e di fare come se fossero con i loro coetanei. Questo è sicuramente un aspetto positivo.

Bracalente e Arrighetti: stagisti in Cofidis dallo sguardo curioso

23.01.2025
5 min
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Durante il ritiro di gennaio per il Team Cofidis è stato tempo di stage. Insieme ai corridori della formazione WorldTour, che si stanno allenando per l’inizio delle corse del calendario europeo, si sono aggregati anche dei ragazzi provenienti da formazioni continental. Erano presenti anche due italiani: Nicolò Arrighetti e Diego Bracalente, il primo dalla Biesse Carrera Premac, mentre il secondo arriva dalla MBH Bank-Ballan-Csb-Colpack. I due hanno vissuto per una settimana i meccanismi della formazione WorldTour, scoprendone i segreti e imparando dai corridori più esperti. Interessati dalla cosa siamo andati a chiedere a entrambi i ragazzi com’è stato vivere una settimana da professionisti.

BRACALENTE: «Il periodo di stage è durato cinque giorni: da martedì a sabato. Il primo giorno abbiamo fatto dei test sul lattato e il quarto giorno sul VO2Max. Per il resto ci siamo allenati normalmente, pedalando per tante ore ma sempre in maniera serena».

ARRIGHETTI: «Siamo stati inclusi fin da subito all’interno della squadra. Anche alla Biesse sono seguito da Luca Quinti, uno dei preparatori della Cofidis, quindi da questo punto di vista mi sono sentito subito a mio agio. Per tutta la settimana abbiamo svolto lo stesso programma del team: con uscite, test e simulazioni di gara».

Diego Bracalente durante lo stage con il team Cofidis impegnato nel test del VO2Max
Diego Bracalente durante lo stage con il team Cofidis impegnato nel test del VO2Max
Che settimana è stata?

BRACALENTE: «La cosa che mi ha colpito subito è l’organizzazione, la squadra è grande ma tutto funziona perfettamente. Ogni sera ci arrivava la traccia GPX del percorso per il giorno dopo. Eravamo divisi in due o tre gruppi, generalmente: scalatori e classiche, il terzo erano formato da chi aveva dei lavori specifici da fare».

ARRIGHETTI: «Bella, mi sono trovato bene. All’interno della squadra ognuno fa il suo. La differenza con una formazione continental è proprio questa: ogni compito ha la sua figura di riferimento. Uno staff così grande permette di non lasciare nulla al caso».

Con chi avete pedalato?

BRACALENTE: «Un po’ con tutti, il primo giorno ero con i velocisti, poi sono andato anche con gli scalatori. Lì il ritmo era leggermente più alto ma non è stato insostenibile. La cosa bella è che a guardarli non trovi differenze con noi, poi se ti fermi a pensare che stai pedalando con gente che ha vinto tappe al Giro, al Tour e alla Vuelta un po’ fa strano». 

ARRIGHETTI: «Io sono stato con il gruppo delle Classiche, ma il programma era più o meno simile per tutti. Un paio di giorni li abbiamo dedicati ai test, uno ad un allenamento di intensità e l’ultimo alle simulazioni di gara».

Bracalente si è diviso con entrambi i gruppi nelle sue uscite: quello delle Classiche e gli scalatori
Bracalente si è diviso con entrambi i gruppi nelle sue uscite: quello delle Classiche e gli scalatori
Cosa si prova a stare insieme a corridori del WorldTour?

BRACALENTE: «Una cosa che mi è piaciuta molto è la serietà che si respirava durante l’allenamento. Nessuno faceva troppo lo spiritoso o esagerava con il ritmo per farsi vedere. Per quelle quattro o cinque ore c’era la massima concentrazione».

ARRIGHETTI: «Si ha modo di vedere come lavorano ad alto livello. Non ci sono cose particolari, però fa piacere ammirare la precisione e la semplicità con cui fanno tutto. Ho notato subito come fossero abituati a lavorare in un certo modo. La grande differenza sta nell’organizzazione della squadra e nei mezzi che hanno a disposizione».

C’è stato qualcuno con cui ti sei confrontato?

BRACALENTE: «In realtà ho avuto modo di parlare con ognuno di loro. Durante l’allenamento stavo attento a non fare la classica “mezza ruota” o altro, quasi fossi in soggezione. Poi una volta fermati ho parlato serenamente con ognuno di loro. Era come se una volta saliti in bici si trasformassero, ma questo avviene a tutti i corridori, anche a me».

ARRIGHETTI: «Ho cercato di parlare con tutti. Anche se principalmente mi sono trovato spesso con Oldani e Thomas, gli unici due che parlavano italiano. Thomas mi ha dato qualche consiglio utile durante le simulazioni di corsa. Vederlo da vicino faceva capire quanta esperienza avesse e come ogni suo movimento fosse dedicato a gestire lo sforzo al meglio». 

Durante i primi giorni i due under 23 hanno svolto il test del lattato insieme agli atleti del team
Durante i primi giorni i due under 23 hanno svolto il test del lattato insieme agli atleti del team
In una settimana fai in tempo ad ambientarti?

BRACALENTE: «Le giornate trascorrono allo stesso modo sia con una formazione WorldTour che continental. Si pedala e si torna per pranzo. Il tempo di fare dei massaggi o un giro dall’osteopata ed è ora di cena. Di ore libere non ce ne sono molte. Al primo giorno ti ambienti subito e poi tutto scorre normalmente. Cambia la licenza, ma siamo sempre ciclisti».

ARRIGHETTI: «Il grande cambiamento riguarda l’organizzazione del team e che si pedala un po’ più forte. Ma per il resto il ciclismo è fatto delle stesse cose, ad ogni livello. Si mangiano le solite cose e la routine è molto simile. La grande differenza è che nel WorldTour si lavora affinché tutto sia perfetto».

Uno dei meccanici della Cofidis alle prese con la bici di Arrighetti, superato l’imbarazzo del primo giorno ci si sente come a casa
Uno dei meccanici della Cofidis alle prese con la bici di Arrighetti, superato l’imbarazzo del primo giorno ci si sente come a casa
Con voi c’erano anche altri ragazzi?

BRACALENTE: «C’erano altri due corridori under 23: un francese e uno spagnolo. Ci siamo confrontati sugli allenamenti, su cosa facciamo nella vita oltre al ciclismo. Parlando emerge che anche se tutti siamo dilettanti abbiamo comunque come primo obiettivo quello di fare i ciclisti».

ARRIGHETTI: « Con loro ho parlato un po’ anche se il ciclismo spagnolo lo conosco abbastanza. L’anno scorso Montoli e quest’anno i gemelli Bessega, ci hanno raccontato tanto sul come si corre da quelle parti». 

Team continental e le gerarchie in corsa. Ce lo spiega Milesi

04.11.2023
6 min
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«Nelle gare pro’ per noi dei team continental è molto difficile arrivare in testa al gruppo e restarci. Ci sono chiaramente anche delle gerarchie. L’ho visto proprio al Giro del Veneto». Tra le tante risposte che ci ha dato Nicolò Arrighetti dieci giorni fa, queste parole ci hanno dato uno spunto di riflessione sulle gare in cui corrono atleti di due categorie diverse.

E’ veramente così complicato arrivare là davanti e provare a restarci? Oppure bisogna contestualizzare le varie situazioni che si creano ad ogni corsa? Per capire meglio come funziona in questi casi per le formazioni continental, abbiamo chiesto a Marco Milesi – proprio il tecnico del giovane bergamasco alla Biesse-Carrera ed ex pro’ per tredici stagioni – di spiegarci le varie dinamiche.

Il diciottenne Arrighetti nelle gare con i pro’ ha visto subito le gerarchie che si formano in gruppo (foto Elisa Nicoletti)
Il diciottenne Arrighetti nelle gare con i pro’ ha visto subito le gerarchie del gruppo (foto Elisa Nicoletti)

L’arte del “limare”

Il discorso oggettivo di Arrighetti va ulteriormente contestualizzato perché fatto da un ragazzo di 18 anni, che nell’arco di dodici mesi si è trovato a competere dagli junior alle gare “ProSeries”, ovvero quelle un gradino sotto le WorldTour. Normale che si notino subito tante differenze.

«Nicolò ha fatto l’ultimo mese – spiega Milesi – correndo tra i pro’, ha provato questa ebbrezza (sorride, ndr). Gli sono piaciute le tre corse che ha disputato perché ha del motore ed era in forma. E poi perché è una grande “lima”, ricorda molto me in questo (sorride, ndr). Se non sei capace di stare a ruota ed ottimizzare ogni pedalata rischi molto presto di pagare gli sforzi in corsa. Tra i dilettanti ti salvi ancora, ma tra i pro’ no. Prima di tutto per la differenza di velocità e cambi di ritmo. E poi perché non riesci a restare davanti a lungo. Adesso lo vedete anche voi, nelle gare si viaggia a blocchi di squadre.

A seconda di quanti team WT ci sono, le continental sanno se potranno avere più o meno spazio in determinate fasi di corsa
A seconda di quanti team WT ci sono, le continental sanno se potranno avere più o meno spazio

Ordine delle posizioni

«I team WorldTour, specie se ce ne sono 6/7, comandano la corsa – prosegue Milesi – poi ci sono le professional ed infine noi delle continental. Ad esempio se il gruppo resta compatto prima di una salita venendo da un percorso ondulato e veloce, le continental non riescono a superare le prime 30-50 posizioni. Se invece ci sono meno squadre WorldTour allora puoi sperare di guadagnare spazio nel gruppo. Penso a Foldager alla Per Sempre Alfredo dove ha fatto terzo. Ma dipende da tanti fattori. I rapporti che si tirano. Se hai solo ragazzi U23 o solo elite. Oppure dal tipo di gara».

Paradossalmente più è duro il percorso e più i migliori corridori delle continental possono restare davanti nel finale. Un esempio fu Pesenti del Team Beltrami che nel 2022 arrivò sesto nella prima frazione della Coppi e Bartali a ruota di Van der Poel ed altri corridori del WorldTour.

«Certo, perché ad un certo punto molti uomini delle WorldTour e Professional si mettono da parte dopo aver svolto il loro compito, quindi se la giocano i cosiddetti leader di ogni squadra. E quelli delle continental devono essere stati bravi a non aver sprecato nulla».

Pesenti della Beltrami (casco giallo) alla Coppi&Bartali 2022 fu protagonista su percorsi duri in mezzo ad atleti di team WT
Pesenti della Beltrami (casco giallo) alla Coppi&Bartali 2022 fu protagonista su percorsi duri in mezzo ad atleti di team WT

Consigli utili

Nel ciclismo non basta solo avere grandi gambe, ma ci vuole testa per saperle usare bene. In questo senso per una formazione continental e giovane come la Biesse-Carrera i suggerimenti di un tecnico navigato come Milesi sono utilissimi in certi tipi di corse, sia per la crescita che la sopravvivenza sportiva del corridore.

«Quando noi andiamo con i pro’ – analizza il 53 enne diesse nato ad Osio Sotto – sappiamo già che per noi sarà tutta esperienza, però vogliamo anche provare a non subire la gara. Diciamo che bisogna essere bravi a cogliere il momento per andare in testa e tentare la fuga, perché altro è quasi impossibile da fare. Quest’anno al Giro di Sicilia siamo andati all’attacco con Belleri nelle prime due tappe per la maglia pistacchio dei “gpm”. Nonostante fossimo una continental, non ci hanno dato inizialmente tanto spazio poi Michael finalmente è riuscito ad andare in fuga e rafforzare la classifica degli scalatori.

Foldager terzo alla Per Sempre Alfredo. Spesso gli atleti delle continental devono arrangiarsi nelle volate in mezzo ai pro’
Foldager terzo alla Per Sempre Alfredo. Spesso gli atleti delle continental devono arrangiarsi nelle volate in mezzo ai pro’

«Siamo noi diesse – va avanti Milesi – che dobbiamo dire cosa possiamo fare in corsa. Magari le continental che fanno poche corse con i pro’ possono fare un po’ di confusione in gruppo. Nel meeting pre-gara spiego sempre ai ragazzi che ci vuole rispetto delle gerarchie o dei ruoli. Infatti di grossi “casini” non ne abbiamo mai combinati (sorride, ndr) e su questo ci siamo creati una buona credibilità. In volata, ad esempio, gli atleti delle continental stanno a ruota. Ai miei dico sempre che non faremo treni per evitare caos. Anche perché in un rettilineo di quattro chilometri è impossibile mettere il naso fuori mentre ti puoi salvare se il finale è tortuoso».

Confronto col passato

Milesi è diventato pro’ nel ’94 e ha smesso nel 2006, quando un anno prima la riforma UCI creò le attuali categorie WorldTour, Professional e Continental. Sembrano trascorsi molti più anni di quelli che realmente sono e quindi appare difficile fare un paragone, ma qualche momento di gara simile si può trovare.

Limatore. Milesi in maglia Brescialat durante la Roubaix ’96. Da parte sua tanti consigli ai suoi ragazzi nelle gare con i pro’
Limatore. Milesi in maglia Brescialat durante la Roubaix ’96. Da parte sua tanti consigli ai suoi ragazzi nelle gare con i pro’

«Rispetto a quando correvo io – finisce la sua considerazione Milesi – alcune cose sono cambiate in meglio, altre in peggio. Già allora nelle gare più dure si procedeva a blocchi e quando il gruppo lo decideva, nessuno andava in fuga. Adesso i blocchi delle squadre si vedono anche prima delle gare. Stanno tutti assieme dall’uscita dal pullman fino all’arrivo. Onestamente mi piace poco questa tendenza. La mia impressione è che prima invece ci fosse più socialità. Tutti parlavano con tutti, senza distinzioni tra squadre più o meno forti. Di sicuro posso dire che ora qualche senatore si arrabbia se vede manovre azzardate di qualche giovane troppo esuberante. In questo senso Arrighetti l’ho catechizzato a dovere e non l’ho mandato al massacro. Questo dovrebbe sempre essere insegnato ai giovani, delle continental e non».

Arrighetti, un buon 2023 e già un bel nome per il futuro

26.10.2023
5 min
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Sull’altopiano di Bossico, un balcone naturale che si affaccia sul Lago d’Iseo, ci vive Nicolò Arrighetti, uno dei migliori debuttanti tra gli U23. Il bergamasco ha disputato una buona stagione con la Biesse-Carrera senza accusare troppo il salto di categoria e i suoi due tecnici sono pronti a scommettere su di lui.

Le parole spese nelle settimane scorse da Milesi e Nicoletti rappresentano una bella investitura per il futuro di Arrighetti (in apertura foto Rodella) e lui per il 2024 non ha paura di continuare a confrontarsi nelle gare più dure, anche se non bisogna correre troppo. Ora arriva lo step della crescita graduale, quello tradizionalmente più complicato di percorsi come il suo. Il diciottenne quest’anno ha ottenuto subito una vittoria a marzo a Fubine nella Monsterrato Road, battendo De Pretto in uno sprint ristretto. Ha poi infilato due podi, quattro top 5 e otto top 10, arricchendo il suo ruolino con la maglia azzurra indossata alla Corsa della Pace. Valeva la pena approfondire la conoscenza di Nicolò.

Risultati a parte, com’è andata questa prima annata da U23?

E’ stata ottima, nonostante avessi la maturità (si è diplomato in elettrotecnica, ndr). Ho fatto tanta esperienza. Mi sono rivoluzionato e migliorato su tante competenze grazie ai miei compagni, ai miei diesse e alla squadra in generale. Qualche soddisfazione me la sono ritagliata e onestamente non mi aspettavo di vincere così presto, anche se stavo abbastanza bene.

Abbastanza?

In primavera ho sofferto per l’allergia, però ho comunque conquistato un bel quinto posto con la nazionale. Nella seconda parte di stagione sono cresciuto, per merito di un periodo in altura a Livigno assieme al mio compagno D’Amato. Mi sentivo più presente in gara.

Azzurro. Arrighetti ha vestito la maglia della nazionale alla Corsa della Pace ottenendo un quinto posto nella prima tappa
Azzurro. Arrighetti ha vestito la maglia della nazionale alla Corsa della Pace ottenendo un quinto posto nella prima tappa
Principalmente che differenze hai notato dall’anno scorso?

Tante. Considerate che da junior correvo in una formazione attrezzata ma piccola, dove ero abituato a fare il leader. Qui in Biesse-Carrera invece ho imparato a lavorare per i compagni e anche a girare l’Italia per le gare, stando tanti giorni lontano da casa. E’ stata una indicazione di com’è la vita del corridore. Poi naturalmente, la differenza maggiore è legata alle corse. Un ritmo maggiore, che diventa ancora più alto quando corri in mezzo ai pro’.

Appunto, per te in certe corse è stato un salto doppio. Come te la sei cavata?

La squadra mi ha sempre portato a gare di alto livello. Devo dire che ero abbastanza preparato a correre tra i pro’ perché i compagni erano stati bravi a spiegarmi come fare e cosa avrei trovato. Ovvio però che i valori sono davvero tanto differenti. Nelle gare pro’ per noi delle continental è molto difficile arrivare in testa al gruppo e restarci. Ci sono chiaramente anche delle gerarchie. In più si soffrono le cosiddette frustate date dalla velocità. L’ho visto proprio due settimane fa al Giro del Veneto…

Racconta pure.

Stavo bene e ho cercato di limare tutto il giorno per mantenere le prime venti-trenta posizioni, ma è stata dura. A sette chilometri dalla fine ho preso un buco perché ero ormai al gancio e stanco. Fortuna che nel mio gruppetto a chiudere il gap c’era De Marchi, altrimenti non sarei riuscito mai a rientrare davanti. Alla fine ho raccolto un buonissimo piazzamento (26° posto a 15” dal vincitore Godon, ndr) che per me vale tanto.

Quali sono le caratteristiche di Nicolò Arrighetti?

Sono alto 1,88 metri e peso circa 73 chilogrammi, quindi fisicamente mi riterrei un passista che tiene bene su strappi e alcuni tipi di salite. Al momento quelle con pendenze abbordabili riesco a superarle senza grossi problemi, però io vorrei migliorare tanto in generale e su quelle più lunghe e dure. Sono ancora molto giovane (compirà diciannove anni il prossimo 23 dicembre, ndr), pertanto credo di avere ancora ampi margini su tante cose.

Sulle strade del Giro del Veneto, Arrighetti (qui con Belleri e D’Amato) è riuscito a ben figurare tra i pro’ (foto Elisa Nicoletti)
Sulle strade del Giro del Veneto, Arrighetti (qui con Belleri e D’Amato) è riuscito a ben figurare tra i pro’ (foto Elisa Nicoletti)
Che obiettivi ti sei posto per il 2024?

Ce ne sono diversi, tutti con l’intento di proseguire nella crescita affidandomi sempre alle indicazioni di Marco e Dario (rispettivamente i diesse Milesi e Nicoletti, ndr). Non vorrei esagerare o sembrare presuntuoso, ma data l’esperienza maturata nel 2023 nelle gare internazionali, posso dire che il prossimo anno mi presenterò nelle stesse con la voglia di fare bene. Spero di poter correre il Giro NextGen e anche di potermi guadagnare ancora una convocazione in nazionale. Quello è sempre un grande onore. Invece al passaggio tra i pro’ ci penserò solamente più avanti, se riuscirò a cogliere dei risultati importanti.