Colnago, festa al Dots di Milano: 70 anni portati alla grande

21.11.2024
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MILANO – L’appuntamento è al Dots, che significa puntini e stasera qui a Milano i puntini sono gli occhi sgranati degli invitati davanti alle ultime bellezze di Colnago. Si festeggiano i 70 anni dell’azienda di Cambiago, ricordati con foto, schede tecniche, la C35 e la nuovissima Steelnovo esposta all’ingresso della sala. In mezzo, fra il brusio di un chiacchierare spensierato e composto, riconosciamo alcuni dei nomi più belli e importanti del ciclismo.

Corridori e imprenditori, manager e giornalisti. C’è tutto il mondo che vuole bene a Colnago e che si è sobbarcato centinaia di chilometri per esserci. Al punto che quando nella sala entra Ernesto, 92 anni portati ottimamente, è come se fosse arrivato il Papa. Abbracci. Strette di mano. E una foto dietro l’altra con il simbolo di un Made in Italy che non si dimentica e non è possibile superare. Al punto che l’ultima nata è una bici in acciaio. Perché il carbonio è performante e veloce, ma forse le vecchie leghe hanno più cuore.

«E’ una grande soddisfazione – dice Nicola Rosin, amministratore delegato – per un brand che ha una storia molto importante, seconda a nessuno, che però adesso è un’azienda proiettata nel futuro con degli oggetti meravigliosi che oggi sono qui in esposizione. Dal punto di vista dell’azienda siamo diventati manageriali come serve, dal punto di vista del prodotto abbiamo lavorato molto sulla desiderabilità ed è un motivo d’orgoglio, perché effettivamente è un valore che oggi ci viene riconosciuto dal nostro pubblico. Siamo molto emozionati.

«Fare oggi una bici in acciaio è anche un momento di rottura. Perché grazie alle vittorie dei campioni, si parla di Colnago in tema di performance, di carbonio e leggerezza. Invece l’acciaio è un materiale straordinario che ci permette di proprio raccontare anche la storia dell’azienda».

La Colnago di Tafi

In fondo alla sala dei modelli indossano la nuova linea di abbigliamento e posano su rialzi identici a quelli riservati alle biciclette. I calici di prosecco iniziano a girare, accompagnati da piccole suggestioni super gustose. Gli invitati si ritrovano in capannelli in cui si racconta di tutto. Andrea Tafi è qui con la moglie Gloria, brindano e lei fa foto in giro. Il toscano su bici Colnago ha centrato le vittorie più belle della sua carriera e non dimentica di ricordarlo.

«La Colnago – sorride – è stata il mio primo grande ciclistico. Mi ha permesso di centrare i miei traguardi più belli e di consacrarmi nell’Olimpo dei campioni. Devo tanto a Ernesto e alla Colnago, che rimarrà sempre nel mio cuore. Penso alla C40, importantissima per la mia carriera. Con la C40 abbiamo vinto tutti, grazie all’inventiva di Ernesto che ha messo su una bicicletta veramente eccezionale. Sbaragliando, come diceva lui, tutti gli altri e andando a vincere sui traguardi più prestigiosi. Davvero, una Colnago è per sempre».

La Colnago di Saronni

Beppe Saronni è stato per anni sinonimo di Colnago. Su queste bici ha vinto e il suo rapporto con il fondatore dell’azienda è stato più volte paragonato a quello di un figlio con suo padre. Ha iniziato vincendo sull’acciaio, ha finito col carbonio, in una storia di vittorie e sfide memorabili. I Giri. Il mondiale. La Sanremo. Il Lombardia. I tricolori. Beppe non ha avuto altre bici all’infuori di queste.

«Io ho avuto la fortuna di avere sempre usato una bici Colnago – sorride – a parte quando da ragazzino comprai la prima usata, che era di una marca sconosciuta. Ho avuto anche la fortuna di vivere il processo di innovazione e lo sviluppo dell’azienda. Ho corso con i telai in acciaio, ma nonostante fossero uguali per tutti, i Master di Ernesto Colnago avevano qualcosa in più.

«Poi sono arrivati l’alluminio e soprattutto il carbonio. Anche lì Ernesto è stato uno dei primi a crederci. Ho vinta la mia ultima corsa, Il Giro di Reggio Calabria nel chilometro più bello d’Italia, con una C35. Una monoscocca in carbonio.

«Ogni tanto ci sentiamo – chiude Saronni – e come al solito sono più le novità che ti dà lui su quelle che gli do io. Lui è così. E io credo che Ernesto sarà sempre il personaggio più importante della Colnago, nonostante ora ci siano dei personaggi e delle persone capaci e qualificate che stanno portando avanti bene il marchio. Non trovo strano che sia cambiata la conduzione dell’azienda, però quel tipo di storia l’ha fatta lui e io credo che tutti dobbiamo dirgli grazie e anche bravo».

Le Colnago del Ghisallo

Antonio Molteni ci racconta le meraviglie del Museo del Ghisallo. C’è passione in ogni sua parola e ci sarebbe da dirgli grazie per la passione con cui tiene viva la sua creatura. Lassù nei giorni scorsi è salita una troupe che ha girato immagini con la nuova bici Colnago e lui ce le mostra nel cellulare, proprio mentre passa a salutarlo Giancarlo Brocci, l’ideatore de L’Eroica. All’angolo c’è anche Cassani, tirato come al solito.

Gianetti e Saronni, il presente e le origini della UAE Emirates
Gianetti e Saronni, il presente e le origini della UAE Emirates

La Colnago di Cassani

«Da ragazzino – ricorda Cassani – mi comprai una Colnago Messico, solo per averla lì. E sempre a causa di una Colnago, ebbi una disputa piuttosto accesa con Giancarlo Ferretti. Successe che nella Sanremo del 1993, quella vinta da Fondriest, noi avevamo ancora i telai Master in acciaio, mentre Maurizio che correva con la Lampre vinse usando la Carbitubo, arrivata da poco.

«Quando arrivai in albergo, vidi Ferretti e gli dissi: “Vedi Ferron, ci chiedi di farci un mazzo così e di essere magri, e poi ci dai una bicicletta che è due chili in più di quella che ha vinto?”. Ferretti se la prese, era furibondo. Disse che sapevamo solo lamentarci, però dopo venti giorni anche a noi arrivò la Carbitubo. Era fantastica, sentivi la differenza».

Il genio dell’Ernesto

Si potrebbe andare avanti per tutta la notte, perché qua chiunque ha un ricordo legato ai primi 70 anni della Colnago. Gli occhi continuano a scrutare fra le mille facce presenti e ne riconoscono ogni volta una diversa. C’è pure Paolo Bellino e verrebbe da chiedergli cosa ne sarà del Giro d’Italia, ma questa è la festa della Colnago e allora prima di andare via, preferiamo dare un altro abbraccio a Ernesto.

«Gli anni passano», dice con un filo di voce nell’orecchio. E poi è tutto uno stare in fila per farsi con lui la foto. In mezzo allo scintillare del nuovo corso, ricordare quando Ernesto regalò una bici a Torriani immergendo il telaio nell’oro o quando fece un accordo con la Ferrari perché gli azzurri potessero volare nella 100 Chilometri alle Olimpiadi di Barcellona, fa tornare ad anni ancora caldi sotto la cenere. Adesso però si va a casa: è stata davvero la degna festa per una sì grande storia. Esserci era un atto dovuto.

La Colnago gialla sul podio, un’altra meraviglia di Pogacar

24.07.2024
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Dopo essere stata per tutto il giorno davanti al pullman del UAE Team Emirates, la bici gialla è spuntata ai piedi del podio sulla spalla di Tadej Pogacar. Lo sloveno aveva appena vinto il Tour e, con un gesto mai visto prima, è salito sul podio portando la bici e sollevandola al cielo. Non era mai successo. Si ricorda Roglic con una Cervélo rossa sul podio finale della Vuelta, ma quella Colnago gialla sul tetto della Grande Boucle ha fatto a suo modo la storia.

E proprio la storia dice che la V4RS gialla è stata verniciata soltanto giovedì, tre giorni prima della fine del Tour. Per tutta la sana scaramanzia di chi conosce il mondo dello sport, l’azienda di Cambiago aveva tenuto libero un turno di due ore dal proprio verniciatore. Quando c’è stata la certezza della conquista, la bici ha indossato la sua livrea gialla. E’ stata recapitata al Tour venerdì mattina, mentre Pogacar si accingeva a vincere la quinta tappa a Isola 2000. E pur violando la sacra regola secondo cui lo sposo non deve mai vedere la sposa alla vigilia, venerdì sera Tadej l’ha vista, ma ha preferito non usarla sabato. La motivazione? Una parola italiana che è uscita perfettamente comprensibile dalla sua bocca: «Scaramanzia!».

La VRs4 gialla di Pogacar ha posato domenica mattina ed è poi salita con lui sul podio
La VRs4 gialla di Pogacar ha posato domenica mattina ed è poi salita con lui sul podio

Il Tour per Colnago

Della bici gialla e di che cosa abbia significato la vittoria di Pogacar parliamo con Nicola Rosin, amministratore delegato di Colnago, che sta vivendo una delle più belle settimane da quando ha accettato l’incarico di occuparsi e ridare luce a quel marchio tanto prestigioso. E’ immediato capire che ci troviamo al centro di una giostra velocissima, in cui conciliare il lato tecnico e le esigenze degli atleti con tutti gli aspetti legati al marketing che in questo momento è probabilmente prioritario.

Che significa per un brand come Colnago un Tour del genere, dopo un Giro del genere?

E’ il riconoscimento perfetto di tre anni e mezzo di lavoro, un coronamento. Non vorrei dire che ci stiamo abituando, comunque questo è il quarto Grande Giro che Tadej vince con la cosiddetta nuova Colnago. Parlo di coronamento perché tre anni e mezzo fa è stata avviata una strategia di prodotto e insieme è nato il desiderio di creare un rapporto simbiotico con il team. Ma neanche nella regia del film più ottimistico, si poteva immaginare che sarebbe andato tutto così bene. Per noi significa esserci consolidati come il brand road più desiderabile al mondo, che era l’obiettivo che con Manolo Bertocchi ci eravamo posti a gennaio del 2021. Hai fatto una bici performante che vince, con bella creatività. Hai una squadra cui ti lega un rapporto simbiotico. E hai l’atleta per antonomasia e non stiamo parlando del ciclista, ma di un atleta di valore assoluto, che vince non solo dal punto di vista sportivo. Cosa ci manca?

La bici è arrivata al Tour venerdì, ma Pogacar non ha voluto usarla
La bici è arrivata al Tour venerdì, ma Pogacar non ha voluto usarla
Dietro tanto lavoro di marketing c’è anche tanto lavoro di progettazione. Non sono sfuggiti i 1.300 grammi limati sulla bici da crono, ad esempio…

Esatto. E non solo quella da crono, ma anche la V4RS è una bici che ha fatto un salto quantico rispetto alla V3RS. Bisogna dire che la squadra e Tadej sono personaggi molto esigenti, gente che giustamente pretende il massimo. E tu devi stargli dietro, sapendo che ormai si lavora al livello della Formula Uno. Si ragiona sui decimi di secondo, sui grammi o le percentuali di rigidità e aerodinamicità. Dietro quella bici gialla c’è davvero tanto…

In che misura siete dovuti intervenire sulla struttura aziendale per stare dietro a queste richieste?

Abbiamo fatto un più 40 per cento sul personale in Italia, che è il cuore della produzione. Poi abbiamo aperto anche una piccola divisione di ricerca e sviluppo ad Abu Dhabi. Ma soprattutto poi, a parte le teste coinvolte, direi che il salto di qualità si deve al processo di responsabilizzazione. Noi oggi abbiamo dei manager che si sentono responsabili e che hanno sviluppato un grande senso di appartenenza e di partecipazione. Quindi non è solo il numero di persone, ma come le responsabilizzi. Se vuoi fare le cose per bene, essere sul pezzo commercialmente, cavalcare sempre tutte le onde e andare a vincere un Tour de France, devi avere il giusto numero di persone, ma soprattutto dei manager capaci di far funzionare la macchina. Gente come Mauro Mondonico, Davide Fumagalli e Manolo Bertocchi hanno… licenza di uccidere. Facciamo prima le cosiddette riunioni di management, però poi loro hanno la libertà di gestire. Hanno la delega a operare, quindi quello che conta è il livello di responsabilizzazione.

Anche le ruote ENVE sono state customizzate con dedica al campione della maglia gialla
Anche le ruote ENVE sono state customizzate con dedica al campione della maglia gialla
Si potrebbe dire facilmente che Colnago ha la stessa proprietà di UAE Team Emirates, quindi è tutto più facile. In realtà, in quale misura dovete lavorare per essere all’altezza?

Si continua a lavorare, ovviamente, anzi certi risultati sono di stimolo. Siamo fratelli, siamo parte della stessa proprietà, però lavoriamo come se non lo fossimo. Va bene essere simbiotici, però dobbiamo meritarci questo tipo di partnership e anche loro in qualche maniera devono essere alla giusta altezza. C’è un rapporto biunivoco, per cui siamo già al lavoro su nuovi progetti. Speriamo che quel dream team sia destinato a vincere per il prossimo filotto di 2-3 anni, per cui la bici deve essere all’altezza. Non a caso lunedì mattina Tadej non ha fatto niente con nessuno, al di fuori di un’intervista in cui diceva di no alle Olimpiadi e parlare di nuovi progetti con Colnago.

Da cosa si capisce che la bici è diventata l’oggetto del desiderio nel mondo corse?

Prima che partisse il Tour, a Palazzo Vecchio di Firenze abbiamo fatto la conferenza stampa per presentare la bici ufficiale del Tour: la C68 Fleur de Lys. Le vendite sono state aperte alle 16. Io stavo parlando con Manolo, quando una nostra assistente mi ha fatto l’occhiolino. Significava che dopo mezz’ora era già tutto sold-out. In 30 minuti abbiamo venduto 110 bici a 23 mila euro ciascuna: per me questo è desiderabilità. Funziona essere un’azienda con una strategia ben definita e il team certifica la validità del nostro operato. Poi, in termini di business, non so valutare quanto valgano l’ingrediente squadra e Tadej. Hanno un’importanza soprattutto in alcuni mercati, mentre ce ne sono altri completamente scollegati dal mondo delle corse. Ma adesso vi racconto un altro episodio…

Sulla Prologo Nago R4 sono riportate tutte le vittorie più grandi di Pogacar
Sulla Prologo Nago R4 sono riportate tutte le vittorie più grandi di Pogacar
Prego.

Alla cena di gala a Firenze per l’inizio del Tour c’erano più o meno 100 invitati, modello matrimonio, nella corte di Santa Maria Novella. C’erano tutti i brand più altisonanti del Tour. Sto parlando di LCL e di Skoda, sto parlando di Tissot. Sto parlando di tutti i brand top, ma c’erano solo due marchi ben visibili. Uno era il Tour de France, perché è un brand ed ha una forza pazzesca. Il secondo era Colnago, con la bici esposta nel palco centrale. Ebbene, è stato possibile perché il nostro ufficio marketing e le persone che lo rappresentano sanno trasformare i progetti in realtà.

Che rapporto c’è fra Tadej Pogacar e Colnago?

Quando gli abbiamo proposto di portare la bici gialla sul podio, Tadej sicuramente ha gradito l’assist e gli è piaciuta l’idea di dare un riconoscimento anche a noi. Ma è successo perché qualcuno l’ha fatto succedere. Oggi è in Slovenia con il Presidente della Repubblica, fanno la festa di piazza e qualcuno di Colnago è con lui. Si è creato un rapporto per cui devo dire bravi ai miei uomini dello sport marketing che hanno costruito una relazione assolutamente pazzesca. Il Covid ci ha portato ad allontanarci dai nostri interlocutori, confinandoci nelle call e nelle telefonate. Invece Colnago dimostra ancora che alla fine il luogo fondamentale dove succedono le cose è la strada. Noi dobbiamo esserci. L’ufficio del team marketing qui a Cambiago è sempre vuoto e questo per me è un orgoglio, perché significa essere sempre sul campo. Ieri uno era in viaggio per la Slovenia, un altro era con la squadra per mettere a posto le cose dopo il Tour, un altro ancora era da un fornitore nelle Marche.

La bici gialla è stata fotografata anche più di tanti corridori importanti…

In realtà non era una sola, si vedeva dai bollini. Una era lì davanti, le altre erano sulle due ammiraglie. E’ stato bravo Gabriele Campello a sistemarla fuori dal recinto, evitando che ci parcheggiassero davanti le ammiraglie. Anche questo è possibile perché adesso con i meccanici abbiamo un rapporto bellissimo.

Con la sua Colnago gialla sul palco. Quella bici resterà a Pogacar come ricordo del suo terzo Tour
Con la sua Colnago gialla sul palco. Quella bici resterà a Pogacar come ricordo del suo terzo Tour
Si può fare una differenza fra Giro e Tour?

Dal punto di vista internazionale, il Tour ha più risonanza, perché sono stati bravi a costruirlo in un certo modo. Però vincere il Giro d’Italia con una bicicletta italiana ha generato un’onda mediatica che in Italia spacca e rimbalza fuori in maniera molto importante. Forse da azienda italiana direi che le due corse per noi hanno avuto lo stesso impatto. Il buon vecchio Giro per il quale quest’anno mi sento di fare complimenti. E’ stato un film meraviglioso. Quest’anno abbiamo visto un Giro veramente in ripresa, è stato incoraggiante, speriamo che continui così. Anche il supporto ricevuto dal Governo è qualcosa che non si era mai visto. Vuol dire che forse i nostri politici, come è sempre avvenuto in Francia, hanno capito che il Giro d’Italia e il ciclismo sono il modo migliore per promuovere il Paese.

La bici gialla resta davvero a Pogacar?

Direi proprio di sì. Se l’è davvero meritata.

Brandt Furgerson nuovo CEO di Colnago America

11.01.2024
3 min
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Il nuovo corso del marchio Colnago non smette di regalare novità e raccogliere successi. Se il 2023 ha portato in dote il primo posto nella classifica UCI individuale con Tadej Pogacar e in quella riservata alle squadre grazie all’UAE Team Emirates, i primi giorni del 2024 hanno annunciato una importante novità che ha interessato la struttura internazionale dell’azienda di Cambiago. E’ infatti della scorsa settimana la nomina di Brandt Furgerson nel ruolo di CEO di Colnago America, a conferma di come il mercato americano sia davvero di estrema importanza per Colnago e di come la crescita e l’evoluzione che sta interessando negli ultimi anni il brand sia davvero inarrestabile.

Tra le tante novità del 2024 ci sarà anche la partecipazione di Pogacar al Giro d’Italia
Tra le tante novità del 2024 ci sarà anche la partecipazione di Pogacar al Giro d’Italia

Una lunga esperienza

Brandt Furgerson porta in dote a Colnago una lunga esperienza maturata in diverse aziende attive nel mondo ciclo. Nel suo ruolo di amministratore delegato di Colnago America, Furgerson dovrà occuparsi di Stati Uniti, Canada e di alcuni Stati dell’America Latina.

La sua base di lavoro sarà a San Diego. Da qui Furgerson gestirà l’attività di Colnago America in sinergia con il team già operativo presso la filiale di Chicago.

In qualità di nuovo CEO, Brandt Furgerson sarà responsabile dello sviluppo delle iniziative strategiche di Colnago, della promozione, della crescita e della supervisione delle operazioni nel mercato statunitense. La sua leadership giocherà un ruolo fondamentale nell’espansione della presenza di Colnago sul mercato americano, in particolare per quel che concerne il lavoro per sviluppare e rafforzare il rapporto con i rivenditori Colnago.

Nicola Rosin, Global CEO dell’azienda di Cambiago
Nicola Rosin, Global CEO dell’azienda di Cambiago

Il benvenuto dell’azienda

A fare simbolicamente gli onori di casa e quindi ad accogliere Brandt Furgerson nella famiglia Colnago è stato Nicola Rosin, Global CEO dell’azienda di Cambiago.

«Diamo il benvenuto a Brandt Furgerson – ha affermato Nicola Rosin – nella famiglia Colnago come nuovo CEO di Colnago America con grandi speranze. I profondi legami di Brandt con il settore, l’esperienza nella creazione di marchi e la genuina passione per il ciclismo lo rendono il candidato ideale per portare avanti la nostra attività. Siamo fiduciosi che, sotto la sua guida, Colnago USA eguaglierà o supererà la crescita che Colnago sta avendo a livello globale».

Alle parole di Nicola Rosin hanno fatto seguito quelle di Brandt Furgerson, pronto a lanciarsi con grande entusiasmo in questa nuova sfida professionale.

«L’opportunità di guidare Colnago nel mercato statunitense è un onore incredibile – ha affermato Furgerson – Il business globale ha visto una crescita incredibile dalla nomina di Nicola a CEO globale. Sono entusiasta di incanalare tutto lo slancio e lo sviluppo nel mercato nordamericano».

Ricordiamo che Colnago America si occupa del mercato di Stati Uniti, Canada e di parte dell’America Latina.

Colnago

Casa Colnago, tre giorni dopo la fine del Tour. Nasce tutto qui

22.07.2021
7 min
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Tre giorni dopo la fine del Tour, mentre Pogacar aveva appena messo piede sul suolo giapponese per la sfida delle Olimpiadi, le bici della conquista francese varcavano nuovamente i cancelli di Cambiago da cui erano partite circa un mese prima. Che cosa rappresenti per Colnago la conquista di quel simbolo giallo è il motivo della nostra visita, in un misto di curiosità professionale e stupore infantile nella fabbrica dei balocchi. E così, in una mattina torrida come ogni santo giorno da qualche settimana a questa parte, anche noi abbiamo varcato quell’uscio di metallo che immette direttamente nell’officina dell’azienda lombarda.

Ad accoglierci, Alessandro Turci, che da anni lavora in Colnago nel settore delle comunicazioni, e il Brand Manager Alessandro Colnago. Manolo Bertocchi, Direttore Marketing dell’azienda, arriva con un fantastico cappellino da ciclista ben calzato sul capo, mentre poco più tardi ci raggiungerà Nicola Rosin, il nuovo Amministratore Delegato.

Le tre bici di Tadej

La possibilità di… giocare con le tre bici rientrate da Parigi è un privilegio cui non rinunciamo, per cui la prima parte della visita se ne va toccandole, inquadrandole, respirandole, ammirandone i dettagli. Sono tre V3Rs, la bici con cui stanno correndo tutti i corridori del Team Uae Emirates, di cui vi abbiamo già raccontato in varie occasioni, anche chiedendo un parere a Matteo Trentin che l’ha usata e la userà ancora per le battaglie d’un giorno. Ma queste portano i colori delle maglie del Tour indossate dal principe sloveno. La bianca, la gialla e quella a pois, realizzata ma mai utilizzata a causa della sovrapposizione dei primati.

Nell’officina, in un angolo dedicato, stanno prendendo forma invece le V3Rs ufficiali del Tour, nere, gialle e con le grafiche della Grande Boucle. Pare che appena sia uscita la news che le annunciava, le prenotazioni siano esplose. Ne saranno realizzate soltanto 108, avrebbero potute farne ben di più.

Poche ore dopo la fine del Tour a Parigi, lo sloveno era sulla via di Tokyo
Poche ore dopo la fine del Tour a Parigi, lo sloveno era sulla via di Tokyo

Progetti e scaramanzie

Questa volta era tutto pronto. La previsione che Pogacar potesse farlo ancora era nell’aria, di conseguenza Colnago ha chiesto uno sforzo ai partner tecnici affinché fornissero i loro componenti per allestire bici con livree diverse. Anche per mettere in produzione la V3Rs Capsule Collection, la raccolta delle tre bici che abbiamo avuto il piacere di incontrare venendo in azienda e che saranno in vendita per i tifosi del campione sloveno, prodotte prima ma svelate soltanto a fine Tour: non poteva essere altrimenti.

«L’anno scorso – dice Bertocchi – la vittoria fu inaspettata. Noi non c’eravamo ancora, ma il fatto che Tadej prese la maglia alla fine, nell’ultima crono, impedì di studiare chissà quali strategie. Quest’anno dopo la prima settimana invece si è capita l’aria e abbiamo iniziato a programmare le nostre strategie, pur facendo le dovute scaramanzie. Se al posto di Roglic fosse caduto Tadej, saremmo qui a parlare di niente. E volendo fare un’annotazione su di lui, è incredibile quanto fosse calmo, nonostante avesse vinto il Tour. Era lui che versava da bere agli altri. Avendo vissuto gli anni di Armstrong e dei suoi comportamenti, Pogacar è davvero un altro mondo».

Un ciclo di interesse

Rosin entra e viene a sedersi. Proviene dal mondo delle selle, la sua nomina in Colnago circolava, ma è stata a lungo tenuta riservata, in quella fase di acquisizione dell’azienda a parte del Fondo Chimera, per evitare speculazioni e permettere alla nuova dirigenza di entrare bene nel ruolo. Nei primi minuti osserva, lascia parlare, poi si unisce al discorso con il piglio del dirigente e la passione del tifoso che anima o dovrebbe animare chiunque faccia parte di questo mondo fantastico che è il ciclismo.

«Vincere il Tour – dice – avrà una ricaduta importante, anche se almeno per i prossimi 12 mesi il business sarà limitato dal Covid. Questo non ci impedirà di mettere in atto strategie di branding, perché ci siamo resi conto che questo personaggio acqua e sapone piace e costituisce un trend molto interessante. La stagione finora è veramente piaciuta a tutti. C’è gente che è tornata a seguire le corse grazie a questi giovani portentosi. Io per primo, che magari prima seguivo nelle occasioni principali, mi sono ritrovato a segnarmi gli orari della Tirreno-Adriatico, per osservarli all’opera. Si è aperto un ciclo di interesse e noi siamo avvantaggiati».

Made in Italy, ecco come

Con Manolo si era già parlato di quanto si volesse far passare il concetto di biciclette Made in Italy, ma ora il passo è ulteriore: «C’è tanta Italia in queste biciclette – dice – la visione del progetto è italiana al 100 per cento e non starei a parlare di rivincita del Made in Italy, semmai di riaffermazione. E quando da dicembre vedranno la luce i nuovi prodotti, si vedrà quello di cui parliamo da un po’».

Il concetto viene ripreso da Rosin, con un’annotazione che spazza via provvidenzialmente un certo modo di fare affari e apre la porta sul nuovo che necessariamente avanza.

«Siamo in un business molto esigente – dice – in cui il prodotto deve essere di alta qualità. Ci sono stati anni in cui in nome del Made in Italy sono state vendute produzioni che non ne erano assolutamente all’altezza. Il tempo dello “story telling” è stato sostituito dalla necessità dello “story being”: più sostanza che forma. E sopra all’alta qualità, ci appoggiamo il fatto che sia Made in Italy. E a quel punto queste tre parole assumono il significato di un lusso aggiunto».

Ricerca di verità

La chiusura è con Manolo Bertocchi, che ribadisce parole che sentirete anche nella video intervista di Rosin: la ricerca di verità.

«Dobbiamo raccontare le cose come stanno – dice – far capire che è nato tutto fra queste mura. I prodotti di Cambiago sono studiati e realizzati o assemblati a Cambiago. Questo Tour e ogni altra conquista sono il frutto del lavoro di tutti, dalla segretaria che risponde al telefono per finire sul gradino più alto del podio di Parigi con Pogacar. Per questo ieri sera siamo stati a cena tutti insieme. C’erano tutti gli uomini della Colnago. Il Tour lo abbiamo vinto tutti. Tutti abbiamo fatto i salti mortali. E quella bici gialla, che è proprio quella di Parigi, alla fine della stagione andrà a casa di Tadej. E’ giusto che alla fine un pezzetto di questa storia rimanga con lui per sempre».

Showroom Fizik a Pozzoleone

Dopo 19 anni, Selle Royal e Nicola Rosin si separano

02.11.2020
2 min
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Dopo ben diciannove anni di piena operatività, Nicola Rosin si è dimesso dalla carica di Direttore Generale nonché di membro del Consiglio d’Amministrazione (ruoli entrambi ricoperti dal 2012) di Selle Royal spa. Il gruppo è proprietario dei bike brand Selle Royal, f’izi:k, Brooks England, Crankbrothers e Pedaled.

Il CdA di Selle Royal spa e Nicola Rosin hanno dunque raggiunto un accordo reciproco sull’uscita del manager veneto, una delle figure italiane più riconosciute nel settore a livello internazionale. E’ stato così comunicato ufficialmente il reciproco desiderio di percorrere nuove strade che possano condurre a differenti opportunità professionali.

Nicola Rosin
Nicola Rosin, dal 2012 Direttore Generale di Selle Royal
Nicola Rosin
Rosin, Direttore Generale di Royal dal 2012

Come anticipato, Nicola Rosin ha iniziato la propria carriera in azienda nel 2001. Prima come Direttore Vendite, successivamente come responsabile del marchio f’izi:k e poi come Vice Presidente vendite e Marketing del gruppo. I suoi ultimi nove anni sono stati dedicati interamente alla strategia dell’azienda in qualità di Direttore Generale e membro sia del CdA del Gruppo quanto di alcune delle filiali estere.

«Mi sento davvero onorato, grato e soddisfatto del mio percorso – ha dichiarato Rosin – e di aver fatto parte, insieme ai miei colleghi, di un momento così importante per questa azienda. Il 2020 è stato un anno decisivo sotto moltissimi punti di vista, e proprio questo contesto mi permette di prendere in considerazione l’idea di perseguire un percorso diverso».

Barbara Bigolin, Presidente e CEO di Selle Royal Group, ha personalmente ringraziato Rosin per la dedizione e per l’impegno nello sviluppo dell’azienda a nome dell’intero Consiglio di Amministrazione.