Air Atlas: il casco aerodinamico campione del mondo

29.09.2022
3 min
Salva

I limiti sono fatti per essere superati, soprattutto nello sport, dove un secondo può fare la differenza tra vittoria e sconfitta. Chiedete a Yevgeniy Fedorov, il giovane kazako che si è laureato campione del mondo under 23 sul traguardo di Wollongong, precedendo Mathias Vacek per un solo secondo. In una sfida testa a testa ogni particolare è utile per avere la meglio sul proprio avversario. Limar questo lo sa e sviluppa da sempre nuovi prodotti per superare ogni limite. L’azienda bergamasca offre tutto questo all’Astana Qazaqstan Team, squadra dove milita il neo iridato under 23. E uno dei prodotti usati da Fedorov per trionfare domenica è stato il casco Air Atlas.

Forgiato dal vento

Il casco Air Atlas è studiato e progettato da Limar per essere il più aerodinamico possibile, non dimenticando però un altro elemento fondamentale: il comfort. Questo è un prodotto che cattura l’attenzione, pronto per essere notato e per farsi notare. Creato dai tecnici Limar che si sono basati sulle forme più aerodinamiche esistenti: la goccia d’acqua e le ali di un aeroplano. 

Il lavoro fianco a fianco con i professionisti dell’Astana ha portato un grande sviluppo. I consigli ed i pareri tecnici di chi il casco lo usa tutti i giorni sono fondamentali per avere un prodotto che racchiuda il massimo delle prestazioni. Nibali e compagni hanno avuto modo di provare il nuovo casco sulle strade della Vuelta. 

Debutto con i fiocchi per il nuovo casco Air Atlas, alla Vuelta ha aiutato Lopez a conquistare il quarto posto finale
Debutto con i fiocchi per il nuovo casco Air Atlas, alla Vuelta ha aiutato Lopez a conquistare il quarto posto finale

Arriva l’Ufo

Ufo, per gli appassionati di fantascienza, vuole dire “oggetto volante non identificato”. Per Limar questo termine assume tutt’altro significato: Ufo, infatti è il nome dell’appendice che si può attaccare nella parte posteriore dell’Air Atlas. Questo oggetto ha la funzione di aumentare la performance aerodinamica portandola ad un livello ancora più alto.

Dalle prove effettuate in galleria del vento sono emersi alcuni dati estremamente importanti sul casco Air Atlas. Alla velocità di 40 chilometri orari il risparmio in termini di prestazioni, rispetto al modello Air Speed, è di 0,7 watt. Se si passa ai 50 chilometri orari il risparmio di energia raddoppia, passando a 1,4 watt

Limar

“La ricerca del talento” secondo Paolo Slongo

13.12.2021
6 min
Salva

La cornice è intima, il luogo è una palestra nel paese di Musile di Piave in provincia di Venezia. Viene da chiedersi perché Paolo Slongo sia qui. L’allenatore della Trek-Segafredo meriterebbe di parlare a platee più gremite e perché no, paganti. Ma non appena veniamo accolti sul posto e le sedie iniziano a riempirsi, si capisce che qui lo sport sia educazione e rispetto.

L’intervento di Slongo ha un fine ben preciso. Sensibilizzare e trasmettere la sua esperienza a genitori e allenatori. Con l’obiettivo preciso della delicata “ricerca del talento” (titolo della sua presentazione), senza però esasperare la ricerca o l’atleta stesso. I punti sono davvero tanti e riassumerli tutti sarebbe impossibile. Infatti ascoltando le parole del preparatore trevigiano, si capisce che questo tipo di incontri dovrebbero avere luogo in tutte le realtà che trattano di ciclismo giovanile e non solo.

Slongo Musil
A ospitare il pomeriggio di sport è stata la ASD polisportiva Musile
A ospitare il pomeriggio di sport è stata la ASD Polisportiva Musile

Che cos’è il talento?

Dopo una breve introduzione delle autorità comunali presenti, comincia l’intervento. Slongo inizia ringraziando chi ha dato spazio e allo stesso tempo gode della sua presenza: «Ringrazio per l’invito Tarcisio Bettin della polisportiva Musile e Giuseppe Moro per aver organizzato questo incontro».

Il primo punto è una domanda, a cui tutti vorremmo una risposta. Che cos’è il talento?

«Secondo me il talento – dice Slongo – è un’attitudine innata o personale. Avere talento significa riuscire a fare facilmente con naturalezza qualcosa che risulta difficile a quanti non sono dotati di quel talento».

Una definizione che racchiude tanta esperienza e potrebbe già essere un mantra. «Al talento però – continua il diesse – va aggiunto il duro lavoro. I primi anni che ho lavorato con Nibali alla Liquigas, non nascondo che abbiamo avuto parecchie frizioni. Non capiva tutta l’importanza che davo alla preparazione nonostante le sua doti. Nel 2010 dopo il terzo posto al Giro d’Italia e la vittoria della Vuelta, ha cambiato mentalità e abbiamo iniziato il nostro percorso insieme».

Paolo Slongo è stato premiato dal Comune di Musile di Piave
Paolo Slongo è stato premiato dal Comune di Musile di Piave

Impegno e calma

Ci sono esempi di tutti i tipi nel mondo del ciclismo e storie che potrebbero riempire libri interi. In tutte queste è presente il talento. Con il duro lavoro questo può essere esaltato e far diventare l’atleta un campione o un fuoriclasse.

«Il fuoriclasse – spiega Slongo – ha quattro aree completamente sviluppate: cuore, testa, fisico e tecnica/tattica. Due esempi sono Nibali e Sagan. Il campione invece non ha una di quelle quattro aree, ma ha lavorato per chiudere le eventuali lacune. Basso e Aru tra questi».

Lo schema presentato è semplice, ma fine a se stesso se non c’è una lettura da parte di qualcuno. Gli allenatori infatti devono scovare e fare crescere i corridori senza però mettere pressione. Stesso discorso vale per i genitori che spesso sono l’ago della bilancia per la realizzazione di una carriera sportiva.

Un altro punto è la calma. «Nel 2010 – racconta Paolo – Sagan vinse due tappe alla Parigi-Nizza da giovanissimo. RCS chiamò Roberto Amadio, allora team manager della Liquigas, per avere Sagan alla Milano-Sanremo. Ma Roberto decise di non mandare Peter. Aveva la paura potesse vincere la Sanremo e bruciare le tappe».

La sinossi è chiara. Un percorso diretto al successo può portare a pressioni elevate e responsabilità difficili da sopportare da giovani o a inizio carriera. 

Kreuziger Nibali Liquigas
Kreuziger con Nibali alla Liquigas: due dei tanti campioni passati per la squadra italiana
Kreuziger Nibali Liquigas
Kreuziger e Nibali: due dei campioni passati per la Liquigas

Se il talento si nasconde

Scorrono le slide, le nozioni e i consigli sono preziosi. I ragazzi, i genitori e gli allenatori seduti sono attenti e interessati. Compare sul telo del proiettore una foto emblematica. Un podio del campionato U23 del mondo totalmente dominato dall’Italia. Lugano 1996, primo Giuliano Figueras, a seguire Roberto Sgambelluri e Gianluca Sironi. L’unico senza medaglia, al quarto posto, con sguardo pensieroso, è Paolo Bettini.

«Non devo certo dirvi chi sia Paolo Bettini – dice Slongo – ma pensate se da quel quarto posto avessimo perso un talento così. I numeri e i risultati non devono essere l’unico metro di giudizio per scovare i talenti. Bisogna guardare le prestazioni».

Ai mondiali U23 del 1996, Bettini quarto (fra Sgambelluri e l’iridato Figueras): fu l’unico ad avere una carriera importante
Bettini, quarto ai mondiali U23 del 1996, fu l’unico ad avere una carriera importante

Dalle intuizioni di Slongo sono giunti alla ribalta nomi del calibro di Vincenzo Nibali, Elia Viviani, Elisa Longo Borghini e Peter Sagan. Lo slovacco è un altro esempio lampante.

«Peter – spiega Paolo – venne scartato dalla Quick Step in seguito ai valori ritenuti nella media da un università che collaborava con la squadra».

Il bacino di utenza

Gli esempi che vengono proiettati dal diesse sono quelli di campioni e fuoriclasse che sono migrati da altre discipline per venire ad eccellere nel ciclismo.

Greg Van Avermaet calciatore fino a 20 anni, così anche Remco Evenepoel fino ai 17 anni. Oppure Primoz Roglic saltatore con gli sci fino ai 22 anni. Un altro esempio citato a chilometro zero è Roberto Menegotto di San Donà di Piave, anche lui calciatore prima, diventato ciclista professionista poi.

«Una volta era più facile trovare il talento – riprende Slongo – per risorse e quantità di praticanti. Al giorno d’oggi bisogna attingere anche da altri sport per poter allargare gli orizzonti. Un altro punto legato a questo discorso è la variazione delle discipline. Si arriva troppo presto alla specializzazione. Un atleta deve poter praticare più sport. Se sceglie il ciclismo deve poter fare più discipline, dalla pista alla Mtb e il ciclocross». 

Il pubblico composto da giovani, allenatori e genitori ha seguito attentamente ogni passaggio del diesse trevigiano
Il pubblico ha seguito attentamente ogni passaggio del trevigiano

Età biologica ed età anagrafica

L’intervento di Slongo è ormai al termine. Un ultimo punto viene toccato e riguarda le età degli atleti. La differenza tra quella anagrafica e quella biologica. Si sofferma sulla categoria degli allievi, dove secondo lui la differenza tra sviluppo fisico e carta d’identità fa più “danni”. Le prime convocazioni arrivano e i risultati iniziano a essere importanti per gli atleti.

«Secondo uno studio fatto dalla FCI – mostra sulla lavagna il diesse – i primi tre degli ordini d’arrivo degli allievi, hanno un’età biologica superiore di quasi due anni. Il grosso rischio per i selezionatori è di prendere strade sbagliate, mentre gli atleti rischiano di smettere precocemente per mancanza di risultati».

Dal pubblico sorge una domanda su questo argomento. Ed è proprio Roberto Menegotto, uno degli esempi citati prima a porla: «Il rischio più grosso di perdere opportunità è proprio legato a questo aspetto. Ogni fisico è fatto a suo modo e ha un proprio tempo di sviluppo. Come si potrebbe risolvere questo equivoco?».

La risposta di Paolo Slongo è semplice e diretta: «Facendo più incontri come questi, trasmettendo il messaggio di lavorare con calma e non pensare solo ai risultati. Si devono guardare le prestazioni, l’intelligenza, le lacune e lavorare duramente, senza esasperare alcun aspetto».

I 5 top e i 5 flop della corsa rosa

30.10.2020
6 min
Salva

E prima di far calare definitivamente il sipario sul Giro d’Italia 2020, facciamo un riassunto in 10 punti su cosa è andato e cosa no. I cinque top e i cinque flop della corsa rosa che, nonostante tutto, ci ha regalato emozioni forti. Emozioni come il suo trofeo: Senza Fine.

I CINQUE TOP

Partiamo da chi torna a casa con il sorriso, con il bottino nel sacco, con la consapevolezza di essere cresciuto… Vediamo.

La Ineos fa festa sul podio di Milano: 6 tappe più maglia rosa e maglia bianca
La Ineos fa festa sul podio di Milano

1 – Ganna

Filippo Ganna è stato il bello del Giro, la freccia, il fulmine. Tre crono su tre, più la tappa di Camigliatello Silano. E dire che quel giorno aveva fatto il “mulo” per il compagno Salvatore Puccio. L’hanno definito “centrale idroelettrica”, “senza limiti” e tutti a chiedergli se e quando vincerà un grande Giro. Perché? Ora godiamocelo così: vince, diverte e può puntare a due ori alle prossime Olimpiadi (uno su pista e uno a crono). Forse, ma forse, gli si può chiedere del record dell’Ora, più vicino alle sue corde che un grande Giro.

2 – Ineos-Grenadiers

Sono riusciti nell’impresa non solo di vincere il Giro, ma anche di diventare simpatici. I corridori e il team fatto al computer. Freddi, glaciali e invece tra il faccione di Pippo, le fughe di Puccio e Castrovejo, le trenate di Swift, Dennis e Geoghegan Hart, Narvaez a Cesenatico… Sempre all’attacco. Alla fine il ritiro di Thomas li ha cambiati, forse anche scaricati di responsabilità. Loro si sono divertiti e hanno divertito e quando hanno fiutato la maglia rosa sono tornati dei falchi. Però con meno “impetuosità” del solito.

Jai Hindley sullo Stelvio: giovane protagonista della corsa rosa
Jai Hindley sullo Stelvio: giovane protagonista della corsa rosa

3 – Hindley

E questo da dove esce? Sì, agli esperti non era ignoto, ma forse neanche Jai si aspettava di fare tanto. Scalatore potente, elegante e composto. Ligio al dovere, sin troppo, tanto che se dovessimo giudicarlo sotto questo aspetto dovrebbe finire nei flop. Se proprio dovesse avere un rimpianto, quello è sullo Stelvio. Quel giorno era il più forte chiaramente e poteva (doveva?) andarsene in barba agli ordini di scuderia. Se non si perderà si potrà aggiungere alla schiera dei Pogacar e Bernal.

4 – Rcs e il Giro

Contro ogni pronostico e ipotetica sfida con il Tour de France, Mauro Vegni e il suo staff sono riusciti a portare a casa il Giro. Alla faccia del Covid! Col senno del poi, il direttore del Giro poteva ricorrere al braccio duro con i corridori nel giorno dello “sciopero”. Ma con i casi Covid che avanzavano a dismisura e la bolla che era continuamente messa in discussione ha usato la saggezza. E va bene così. Ma solo per stavolta. Il Giro è il Giro e non deve piegarsi… ai capricci.

Per la Deceuninck-Quick Step (e Almeida) una grande corsa rosa
Per la Deceuninck-Quick Step (e Almeida) una grande corsa rosa

5- Deceuninck-Quick Step

Discorso simile a quello della Ineos. Perdono prima di partire Mattia Cattaneo, Remco Evenepoel e Fabio Jakosben. Bramati riempie il team di ragazzi giovani, ma con due… attributi così. Si ritrova un Joao Almeida in rosa per due settimane. A Palermo era un “ragazzino” adesso è un corridore. Ballerini? Mostruoso. Knox? Infinito. Honorè? Promesso sposo. Tutti sono stati bravi e hanno dato lezioni di ciclismo, parola degli altri corridori del gruppo. Parliamo di fondamentali e cura dei particolari: ventagli, come scortare il capitano, proteggerlo in discesa, attaccare, difendersi…

E I CINQUE FLOP

E adesso tocca a chi se l’è passata meno bene nella lunga corsa da Palermo a Milano.

Nibali, ha chiuso la corsa rosa in settima posizione a 8’15”
Nibali, ha chiuso in settima posizione a 8’15”

1 – Nibali

Caro Vincenzo, sei qui tra i flop solo perché sei tu. Un altro corridore che chiude nei 10 al Giro andrebbe osannato. Ci hai provato, ma come hai detto tu stesso bisogna essere consapevoli della realtà. E la realtà ha detto che altri corridori vanno più forte di te. Però non dirci ancora che i tuoi valori sono tra i migliori di sempre o giù di lì. In una stagione così balorda, ci sta che un… vecchietto la paghi di più. Non hai avuto il miglior avvicinamento: lo sappiamo tutti, perché non dirlo? Noi continuiamo a credere in te. Forza Squalo!

2 – Astana

Si presentano con forse la squadra migliore delle 22. Vlasov, Lopez e Fuglsang. Dopo 45 chilometri ne perdono due. Lopez non arriva neanche a Palermo. O meglio, ci arriva ma si schianta prima del traguardo e Vlasov si ferma dopo 30 chilometri il giorno dopo. Di fatto la corsa dell’Astana e di Fuglsang è finita già in Sicilia. Inoltre il danese non ha lanciato bei messaggi agli italiani. E sembrava più impegnato ad arrivare davanti a Nibali piuttosto che a vincere il Giro. 

Kruijswijk era all’ottavo Giro. Si è ritirato come tutto il suo team dopo 9 tappe
Kruijswijk si è ritirato come tutto il suo team dopo 9 tappe

3 – Jumbo, Ef, Mitchelton

Ma che cosa siete venuti a fare? Capiamo che per alcuni team WorldTour, soprattutto quest’anno, il Giro possa non essere stata la vetrina ideale, ma insomma: è pur sempre il Giro. La Jumbo-Visma se ne va senza presentarsi al foglio firma come un invitato offeso. Da cosa, però, non si sa…

La EF fa una richiesta talmente imbarazzante, fermare il Giro, che il giorno dopo il suo manager è costretto a ritrattarla.

L’Ag2R… c’era? A parte Andrea Vendrame, boh.

E Mitchelton-Scott che approfitta della positività al Covid di un suo atleta per smontare le tende? Ci spiace ma così non va bene.

4 – Logistica di Morbegno

Prima abbiamo elogiato Rcs Sport, adesso le tiriamo le orecchie. In effetti la logistica della tappa Morbegno-Asti era pressoché suicida. Si è scesi molto tardi dai Laghi di Cancano (una sola via per venire a valle). Alcuni hotel erano a Bormio altri molto più giù. Fatto sta che o si faceva colazione nel bus la mattina dopo o si cenava a mezzanotte. E la mattina successiva c’era da fare la tappa più lunga e si partiva presto. La pioggia è stata una scusa perfetta per i corridori e una sfortuna totale per gli organizzatori. Si poteva studiare meglio. Che serva da lezione.

Kelderman in rosa, uno dei promotori dello “sciopero” di Morbegno
Kelderman in rosa, uno dei promotori dello “sciopero” di Morbegno

5 – Sciopero di Morbegno

Se c’era un possibile appiglio di scusa riguardo alla logistica, quello che hanno fatto i corridori è stato qualcosa di orrendo, che ha poco a che fare con il ciclismo. La scusa del freddo non regge. Quella della pioggia neanche. Le tempistiche della rivolta viste le chat che giravano dalla sera precedente (e forse ancora prima) sanno di complotto. I corridori hanno messo a nudo il loro potere e le loro fragilità. Hanno mostrato vigliaccheria non parlando neanche con i loro team in modo aperto. E non hanno fatto scudo di fronte al loro portavoce Adam Hansen, che si è preso pure i fischi e (sembra) sia andato addirittura contro i suoi voleri pur di tenere fede all’impegno di portavoce Cpa in gruppo. Diciamoci la verità: non volevano fare quella tappa lunga ed erano stanchi. Hanno creato la tempesta perfetta: e ci sono riusciti.

Vincenzo Nibali, Stelvio, Giro d'Italia 2020

Ma lo Stelvio per Nibali è il colpo di grazia

22.10.2020
4 min
Salva

Il verdetto dei Laghi di Cancano non lascia dubbi sul Giro d’Italia di Nibali. E anche se Piancavallo aveva già abbondantemente abbassato le luci, per arrendersi serviva uno schiaffo come quello di oggi. Perché Vincenzo ci ha abituati bene. Vincenzo è uno di quei campioni da cui ti aspetti sempre il colpo ad effetto e per questo sin dalla vigilia eravamo tutti lì a ragionare su come si potesse ancora ribaltare un pronostico già scritto. 

La luce si è spenta sullo Stelvio e purtroppo non è stato l’attacco frontale di un rivale diretto a mandarlo fuori giri, ma il ritmo di un cronoman che negli ultimi due giorni è stato sempre in fuga e sullo Stelvio si è ritrovato per un’altra fuga: Rohan Dennis.

Poche parole e grande serenità ai Laghi di Cancano

In quello scenario maestoso e gelido, con la neve a rendere ancor più grigio il profilo delle rocce, vederlo mollare di schianto è stato una pugnalata. La rassegnazione ha presto rimpiazzato la speranza. Come a Piancavallo, quando il ritmo dei primi lo ha asfissiato e Vincenzo non ha potuto fare altro che mollare.

«E’ stata una giornata dura – ha detto dopo essersi cambiato nella Toyota griffata con lo Squalo – perché la tappa di ieri è pesata nelle gambe di tutti. Ci aspettavamo che sarebbe successo chissà cosa, invece non è successo niente. Però abbiamo speso tutti. Sullo Stelvio c’è stato un ritmo forte da subito. Inizialmente da parte della Sunweb, poi quando mancavano 8-9 chilometri alla cima ed eravamo oltre i 2.000 metri di altitudine, c’è stata un’altra accelerazione degli Ineos e praticamente è esploso tutto il gruppetto che si era formato. Sono rimasto da solo e sono andato avanti finché potevo e sono arrivato con la maglia rosa».

L’anno è stato strano. Già alla Tirreno-Adriatico si disse che aver scelto il programma italiano per stare alla larga dai lunghi viaggi avesse privato il motore potente e non più giovanissimo del siciliano delle corse a tappe cui da anni è abituato. Prima della Tirreno, tanto per stare sui primi tre del Giro, Hindley ha corso il Polonia e come lui anche Kelderman. Tao Geoghegan Hart ad agosto ha corso la Route d’Occitanie e il Tour de l’Ain.

Vincenzo Nibali, Joao Almeida, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Nibali con Joao Almeida sul traguardo dei Laghi di Cancano
Vincenzo Nibali, Joao Almeida, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Nibali con Joao Almeida sul traguardo dei Laghi di Cancano

«E’ stata una stagione strana – ha ribadito Nibali – dove in tanti ci siamo concentrati su appuntamenti un po’ particolari. C’è stato chi ha provato ad arrivare subito pronto e chi non c’è riuscito. Siamo arrivati al Giro senza sapere come ci saremmo ritrovati. I piani si sono tutti scombinati. Ci sono state delle scoperte, come Almeida, che anche oggi ha tenuto sempre duro. E’ stato un Giro con tante sorprese, forse strano e che sarà sembrato noioso, ma vi assicuro che alla fine le medie sono state sempre altissime»

Il verdetto di Cancano archivia un 2020 che per tanti motivi non è stato all’altezza delle aspettative per tutto il gruppo italiano, con la resa di Ciccone e la squadra che si è sgretolata giorno dopo giorno. Fra gli addetti ai lavori ci si è chiesto per giorni il motivo per cui non si sia portato al Giro qualche reduce del Tour o non sia stata fatta una diversa ripartizione degli uomini tra Porte e Nibali. Stride soprattutto la scelta di dirottare verso la Francia Elissonde, che pure sarebbe stato utile al capitano italiano. Ma in ogni caso di fronte alla condizione incerta del capitano, la squadra non avrebbe potuto scrivere un diverso finale.

«Si è visto l’altro giorno che Hindley era il più forte – ha detto Nibali – sul primo tratto di Piancavallo ha fatto dei numeri molto alti. Che risposta mi do? Vanno più forte gli altri, non ci sono altre spiegazioni. Un ricambio di generazione c’è, perché qui ci sono tutti corridori che hanno una carta di identità molto più giovane della mia. Io sono del 1984 e non sono tanti i corridori della mia classe che ancora sono qui per provare qualcosa…».

Vincenzo Nibali, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Dopo il traguardo, raggiungendo l’auto in cui si cambierà
Vincenzo Nibali, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Dopo il traguardo, raggiungendo l’auto

La giornata e i suoi 5.700 metri di dislivello vanno in archivio come un Giro che deve ancora scrivere le sue pagine finali. Se l’orgoglio del campione sarà in grado di tirare fuori qualcosa nel giorno di Sestriere, il suo popolo sarà contento come se avesse vinto la maglia rosa. Altrimenti gli vorranno bene lo stesso. Non si può sempre vincere. E metterci la faccia quando si perde è comunque un bel segno di grandezza.

Orlando Maini, Michele Scarponi, 2016

Maini, Nibali, lo Stelvio e Jacopo Mosca

22.10.2020
4 min
Salva

Se volete una lettura romantica e concreta della tappa di oggi, chiamate Maini. Orlando è quel tipo che nelle foto di allora si riconosce sulla cima del Galibier, mentre consegna a Pantani la mantellina per iniziare la discesa verso la maglia gialla. Sentirgli raccontare quei momenti di attesa spasmodica e della paura di sbagliare è ogni volta più emozionante. Maini era uno dei direttori sportivi della Mercatone Uno. Anni prima era stato il tecnico dell’Emilia Romagna nel Giro dei dilettanti vinto da Marco, quindi lo conosceva e Marco gli voleva bene. Ugualmente la paura di sbagliare gli fece vivere minuti da brivido.

Marco PAntani, Tour de France 1998
Maini era sul Galibier quando Pantani attaccò nel 1998
Marco PAntani, Tour de France 1998
Maini era sul Galibier quando Pantani attaccò

Oggi si corre una tappa che ricorda quella di allora e forse ricorda anche quella di Risoul al Giro del 2016 in cui Nibali con l’aiuto di Scarponi riaprì il Giro d’Italia. C’è lo Stelvio come nel 1998 il Galibier e nel 2016 il Colle dell’Agnello. C’è la discesa. E c’è subito la salita, che nel 1998 si concludeva alle Deux Alpes e nel 2016 a Risoul.

Per Maini il Giro d’Italia è una funzione religiosa. E da quando per motivi fastidiosi non ne fa più parte, la sua concentrazione davanti al teleschermo è totale. E se c’è da disegnare uno scenario tattico in cui il nostro eroe sbaraglia gli avversari e conquista il primo premio, Orlando è la prima persona cui pensare. Perché ne sa tanto. Perché ama il ciclismo. E perché ha il linguaggio giusto per parlare dei corridori e con i corridori.

Hai visto la tappa di ieri a Campiglio?

Certo che l’ho vista. Hanno lasciato fare l’andatura alla Deceuninck. E quando Kelderman e Hindley sono scattati, hanno voluto provare la febbre alla maglia rosa. Ma perché Almeida perdesse terreno sull’ultima salita, bisognava che fosse in bambola.

Wilco Kelderman, Jay Hindley, Madonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
Kelderman e Hindley attaccheranno sullo Stelvio?
Wilco Kelderman, Jay Hindley, Madonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
Kelderman e Hindley attaccheranno sullo Stelvio?
Come si vince questo Giro?

Abbiamo un italiano specialista della discesa. Quado arrivano su stanchi, lui fa la differenza. Ovviamente parlo di Vincenzo.

Credi che attaccherà?

Non credo che rimarrà fermo, lui è uno di quelli che li aspetti e di solito arriva. Vedrei una bella coppia con Fuglsang. Anche se non si sopportano. Come quando Moser e Saronni facevano insieme il Trofeo Baracchi, che era una cronometro a coppie, e con il pretesto di staccarsi reciprocamente, alla fine vincevano loro.

Servirebbe l’intervento di Martinelli…

Ha guidato Nibali a due Giri e al Tour, ora ha Fuglsang. Lui vuole bene a entrambi e potrebbe essere la chiave di volta.

Perché Vincenzo attacchi in discesa, occorre che scollini con i primi.

Lo Stelvio lo fanno forte per forza, perché la Sunweb non ha alternative. Hai già chi lo fa. Credo che dall’ammiraglia daranno questo tipo di consegna, anche se le giovani generazioni sono difficili da gestire.

Sunweb a fare forcing e basta?

E poi dovranno attaccare. Parte uno, la maglia rosa chiude e l’altro deve partire secco.

Dove metteresti l’uomo che aspetta Nibali sullo Stelvio?

In cima, dentro l’ultimo chilometro. Deve essere un pezzo ideale per fermarsi, vestirsi e ripartire. Anche prima di un tornante. Tanto ormai tutti mandano avanti la macchina con il terzo direttore. E Vincenzo là in cima deve avere 500 metri per vestirsi. Possono dargli la gabba o la classica mantellina, più dei guanti pesanti. Poi la discesa la fa da sé, ce l’ha nel Dna.

Vincenzo Nibali, Pello Bilbao, Jakob Fuglsang, Giro d'Italia 2020
Nibali per Maini è atteso dall’attacco in discesa
Vincenzo Nibali, Pello Bilbao, Jakob Fuglsang, Giro d'Italia 2020
Vincenzo Nibali, Pello Bilbao, Jakob Fuglsang, Giro d’Italia 2020
Cosa deve fare l’uomo in cima?

Serve uno che lo capisca con lo sguardo senza parlare. Panta sapeva che gli volevo bene, ci conoscevamo da quando era dilettante.

Come muoveresti la squadra prevedendo uno scenario del genere?

Per il mio modo di correre, un uomo davanti lo manderei sempre. Sai quante corse si sono perse perché il leader non aveva un uomo davanti? Penso a Dumoulin, che perse la Vuelta contro Aru perché Fabio si trovò davanti tre compagni e lui nessuno. Non rientrò per pochi secondi. E io vinsi la tappa con Ruben Plaza.

Chi manderesti fossi il tecnico della Trek?

Bisogna capire cosa gli è rimasto nelle gambe. Serve uno che vada bene su quei percorsi e loro hanno l’uomo perfetto: Jacopo Mosca. Lui potrebbe aspettare Vincenzo e aiutarlo fino alla salita successiva.

Questi piani li decide il diesse o bisogna che scattino al campione?

Nel rispetto dei ruoli, il diesse deve dire la sua. Poi semmai la concorda con il capitano.

Come avresti vissuto una giornata come questa?

Alla mia maniera. Con il diesse che arriva al traguardo morto come il corridore. Sono giorni che danno la pelle d’oca, non ci avrei dormito tutta la notte precedente. Non mi fregherebbe niente nemmeno di dormire se fossi il direttore sportivo di Nibali prima di una tappa come questa…

Cataldo, l’esperienza al servizio del team

21.10.2020
4 min
Salva

Dario Cataldo, il veterano che non molla. Oggi l’abruzzese ci ha provato. E’ entrato nella fuga dei 28 e ad un tratto, dopo il Bondone se ne è anche andato da solo. Un’azione per sé, ma soprattutto per il suo team, la Movistar.

Dario, che Giro è senza un capitano?

Uscivo dal Tour e non avevo pianificato questo Giro, ero stanco. Sono partito soprattutto per stare vicino ai ragazzi. Per noi della Movistar questa stagione era particolare visto che sono andati via molti leader. Si è voluto fare delle scelte per i prossimi anni, perché le vittorie vanno costruite nel tempo e non solo cercate sul momento. E così al Giro ci sono i giovani e alla Vuelta i nostri assi.

Oggi però sei andato in fuga. Avevate programmato di andarci in quattro?

Siamo qui per attaccare. Più eravamo davanti e meglio era. Per quel che mi riguarda c’è servita un po’ di esperienza per gestire le forze in gara. Dopo una partenza così intensa e lo sforzo fatto bisognava subito analizzare i corridori che c’erano per capire che situazioni potevano crearsi. E si vedeva che c’era gente molto forte.

Cataldo (35 anni) in fuga verso Madonna di Campiglio
Cataldo in fuga verso Madonna di Campiglio
Quindi cosa avete fatto?

Allora abbiamo studiato un piano alternativo per provare a cogliere la vittoria. Dovevamo sfruttare la nostra superiorità numerica. Ho deciso di lanciarmi in discesa. Speravo venissero a prendermi più tardi così i miei compagni sarebbero stati a rimorchio e una volta che mi avessero ripreso ci sarei stato io. Non volevamo lo scontro faccia a faccia nella salita finale ma non ci siamo riusciti.

Hai parlato di analizzare i volti e allora ti chiediamo chi vedi bene tra gli uomini di classifica?

Nibali e Pozzovivo è normale che attendano queste tappe. Sono stati tutto il Giro a cercare di risparmiare energie. Il problema è che si sono ritrovati con gente che va più forte in salita e a crono. Ora è difficile per loro. Mi sorprende Almeida: sapevamo che tenesse, ma non in un tappone come quello di oggi. Adesso fa paura. A Piancavallo sono emerse delle Vam altissime. E se esce dalle montagne con poco svantaggio dalla sua ha la crono finale.

La tappa sarà stata dura, ma dietro non lo hanno attaccato…

Ecco, questo è un limite del ciclismo. Anche a me, che sono corridore, dalla tv sembra che vadano piano. Oggi i corridori sono composti, stabili, ben messi in sella, non si percepisce la velocità. Ma posso assicuravi che non andavano piano. L’ho visto di persona quando mi hanno ripreso. Se il ritmo fosse stato più basso ci avrebbero provato almeno nel finale.

A 5 chilometri dal traguardo Almeida ha detto a Kelderman che non aveva più uomini. E così Wilco ha messo a tirare Hindley. Strano, non trovi?

Non posso esprimermi perché non ho assistito. Ma se davvero le cose sono andate così posso dire che è un modo ingenuo di correre. Se hai la maglia rosa isolata e non l’attacchi, finisci che la porti in carrozza.

Alla vigilia dello Stelvio, su chi punteresti 100 euro per la vittoria finale?

Su Tao Geoghegan Hart perché si è mostrato solido: forte in salita e a crono. E poi non lo stanno considerando. Inoltre ha una squadra (Ineos-Grenadiers, ndr) fortissima.

Alberto Torres, Dario sta molto vicino all’ex pistard spagnolo
Alberto Torres, Dario sta molto vicino all’ex pistard spagnolo
Vendendo quel che è successo a Piancavallo, abbiamo la sensazione che Hindley possa scattare a 10 chilometri dallo Stelvio e fare il vuoto…

La Sunweb ne ha due davanti e può far bene. Negli ultimi anni chi aveva due uomini in classifica e ha giocato bene le sue pedine ha vinto. Però bisogna saperlo fare. 

Gli ci vorrebbe un Cataldo insomma! Tu cosa farai il prossimo anno?

Ho ancora un altro anno di contratto in Movistar. Continuerò a sfruttare le occasioni e a stare vicino ai giovani. Qui al Giro mi sta colpendo Albert Torres. Viene dalla pista, è al primo grande Giro ma si muove bene in gruppo, ha margine. Può essere un uomo importante per le vittorie di un capitano. Perché certi corridori sono indispensabili per i successi dei leader. Anche Einer Rubio sta facendo un “master universitario”.

Baffi ci crede. «Nibali è solido»

20.10.2020
3 min
Salva

Per Adriano Baffi la parola d’ordine è crederci. Alla vigilia delle grandi montagne in casa Trek-Segafredo è arrivato il momento della verità. La tanto attesa terza settimana entra nel vivo e Vincenzo Nibali può uscire allo scoperto. Nel bene e nel male. Dopo la brillantezza vista oggi a San Daniele e ascoltando proprio le dichiarazioni dello Squalo a fine tappa, è lecito essere ottimisti.

Il ritorno verso l’hotel il siciliano lo fa in macchina anziché sul bus. Vuole arrivare prima per sbrigare i massaggi e tutto il resto in tranquillità. Non lascia nulla a caso. Buon segno.

Due giorni duri

«Non abbiamo preso fiducia semplicemente perché non l’avevamo persa – dice il ds della Trek-Segafredo, Adriano Baffi – Sappiamo che per adesso c’è chi va più forte. Almeida anche oggi ha guadagnato 2”. Se lotteremo? E c’è da chiederlo? Se fai il ciclista non puoi non lottare. La generale resta il primo obiettivo. Anche perché con questa classifica e queste gambe è difficile vincere una tappa: non ti lasciano andare e in caso di arrivo insieme c’è chi ne ha di più. La terza settimana per alcuni va bene, per altri è difficile e per altri ancora è una sorpresa. Vedremo.

Adriano Baffi, ex corridore e direttore sportivo della Trek-Segafredo
Adriano Baffi, direttore sportivo della Trek-Segafredo

«La tappa di domani non sarà decisiva. Però ci potrà di dire chi vincerà il Giro. Sarà l’antipasto del giorno dopo. Immagino che Ntt o Sunweb possano fare la corsa dura. Noi sin qui abbiamo cercato situazioni favorevoli. Ma quando si sono create le opportunità abbiamo sempre perso terreno. Non ci aspettavamo di arrivare a questo punto con 3’31” di ritardo».

Nibali ha dichiarato che Wilco Kelderman il nemico più pericoloso ce l’ha in casa ed è Jai Hindley. I due Sunweb potrebbero anche litigare in qualche modo?

«Credo proprio di no – ribatte Baffi – sarebbe stupido. Hindley è oltre 2’30” dietro Kelderman. O cede o tutt’al più la Sunweb decide di giocare su due fronti per mettere pressione ad Almeida se non dovesse staccarlo. Se fossi il loro ds punterei sull’olandese».

La solidità dello Squalo

Nel clan di Luca Guercilena non si parla della rimonta di Vincenzo nel 2016. Né si fanno conti. C’è solo da dare il massimo e vedere come andranno gli eventi.

«E’ l’unica cosa che possiamo fare – dice Baffi – abbiamo la totale fiducia in Vincenzo e che si arrivi a Milano. Semmai i conti li faremo la sera prima della crono finale. Siamo in un Giro e tutto può accadere. Guardate cosa è successo: dopo tre tappe è andato a casa Thomas, ci ritroviamo con Almeida in rosa e Hindley che a Piancavallo ha fatto un qualcosa di pazzesco. Di fronte a tutto ciò posso solo dire che Nibali è solido.

«Intanto pensiamo a queste due tappe – conclude il ds – credo che tutti coloro che sono dietro non aspetteranno. Noi e l’Astana ne abbiamo uno, ma Bora, Sunweb ne hanno due in classifica (e Deceuninck-Quick Step e NTT sono forti, ndr). Se dovessero fare queste due tappe alla morte ai Laghi di Cancano qualcuno pagherà. Per questo mi immagino che ci saranno ritmi alti. Gambe permettendo».

Trek-Segafredo decimata, ma Conci c’è

20.10.2020
3 min
Salva

La Trek-Segafredo di Vincenzo Nibali non naviga in buone acque. La squadra dello Squalo ha perso tre gregari e tutti molto importanti per la salita. Al suo fianco c’è però ancora Nicola Conci. Il trentino farà di tutto per dare supporto al suo capitano.

Nicola, come stai?

Non è un Giro facile. Ci siamo arrivati diversamente dal solito, con poche gare a tappe. E tutto è così compresso. Inoltre il meteo l’ha reso più duro, soprattutto per chi come me soffre particolarmente il freddo. Almeno sembra che questa settimana dovrebbe essere migliore.

Ciccone, ritirato prima della crono di Valdobbiadene
Ciccone, ritirato prima della crono di Valdobbiadene
Avete perso Giulio Ciccone e Gianluca Brambilla, uomini importanti per la salita. Come cambia la vostra corsa?

Sicuramente è difficile. Oltre a loro manca anche Pieter Weening, anche lui scalatore. E tutti eravamo qui per Vincenzo. Cicco stava sempre peggio e Brambi ha provato ben otto giorni a tenere duro dopo la botta rimediata al ginocchio. Io dovrò stare vicino a Nibali. Dovremmo lottare con squadre fortissime come la Sunweb. Ci aspetta un settimana bella tosta.

Senza di loro sarai tu a fare l’ultimo (prezioso) uomo per la salita?

E’ possibile. Ma dipende anche dalle giornate, da come stiamo. Dai nostri alti e bassi. Saranno le gambe a decidere.

E’ il tuo primo Giro al fianco di Nibali: cosa ti sembra?

Vincenzo è un “tranquillone”, questa sua calma mi ha colpito. E ne ha di pressioni. In questo Giro non sempre le cose sono andate bene. Bauke Mollema per esempio l’anno scorso quando era in giornata no era molto nervoso, si alterava. Vincenzo no.

La tappa di Piancavallo come l’avete digerita?

Forse non sembra dalla tv, ma siamo andati davvero forte. Si sono registrati valori altissimi. Noi quattro, io, Bernard, Antonio (Nibali, ndr) e Mosca siamo rimasti con Vincenzo fino all’ultima salita e già è qualcosa. Poi a quel punto è iniziata la lotta degli uomini di classifica e ci siamo staccati. Essendo così pochi, in corsa ci parliamo spesso. Ci diciamo le sensazioni. In base a queste decidiamo chi va dietro all’ammiraglia a prendere o a portare qualcosa, chi va a parlare…

Gianluca Brambilla ha lasciato il Giro nella frazione di Piancavallo
Brambilla ha abbandonato verso Piancavallo
E chi ci va? Quello che sta meglio o quello che sta male?

Quello che sta peggio. A quel punto si avvicina a Vincenzo e gli dice: io sto per staccarmi. Ti serve qualcosa? Ti faccio l’ultima tirata?

Ti aspettavi di più da te stesso?

Prima del Giro ho avuto belle sensazioni e ho fatto qualche buon risultato. Credevo di stare un po’ meglio. Ho davvero patito molto il freddo e non mi sono espresso come volevo. L’anno scorso nella terza settimana stavo bene. Spero di ripetermi. Io comunque darò il massimo.

Contro Sunweb e Deceuninck-Quick Step, voi siete in quattro più Nibali. Vi demoralizzate o scatta l’orgoglio del “Davide contro Golia” e le energie aumentano? 

Non ci demoralizziamo. Noi abbiamo Nibali, ragazzi. Oggi in gruppo non c’è più rispetto per nessuno. Tutti ti “limano” senza far differenza se c’è Conci o un campione. Con Vincenzo invece il rispetto ancora c’è. Certo ci dispiace essere in pochi, ma il Giro non è ancora finito.

Si passerà sulle strade di casa tua. Cambierà qualcosa?

Domani sul Bondone ci saranno molti miei tifosi. Tra l’altro quello che affrontiamo è l’unico versante che conosco. L’anno scorso sul Manghen mi sono sentito a casa e mi sono reso conto di aver dato di più.

Fuglsang adesso è nei guai

17.10.2020
3 min
Salva

Il sole tiepido di Valdobbiadene diventa ancora più freddo per Jakob Fuglsang. Il danese doveva ricominciare la sua rimonta proprio oggi, nei 34 chilometri contro il tempo. Invece tra gli uomini di classifica è quello che ne esce con le ossa più rotte.

Oddio, anche Nibali non è andato benissimo. Il siciliano è stato 19” più veloce di lui. Ma a pensare che si aspettavano il contrario, stasera in casa Astana non ci sarà un grande clima.

Fuglsang è alla sua seconda partecipazione al Giro. Nel 2016 lavorò proprio per Nibali.
Fuglsang è al suo secondo Giro d’Italia

Ritmo subito basso

Già nel dopo tappa, in una stradina che s’inerpicava tra i vicoli di Valdobbiadene, il suo staff si muoveva in modo frenetico. Il team manager Vinokourov aveva lo sguardo più serio del solito. Alexandr Shefer, un dei direttori sportivi, non poteva far altro che allargare le braccia.

«Cosa è successo? Una giornata no – dice il tecnico kazako – Poca potenza. Non andava avanti. Dobbiamo ancora analizzare la tappa, ma c’è poco da dire. Sin da subito il ritmo non è stato buono. E’ partito così così. Non aveva le gambe sulla salita».

Eppure sullo strappo di Ca’ del Poggio Fuglsang non era sembrato così in difficoltà. Addirittura aveva rifilato 16” a Nibali e qualche altro secondo agli altri diretti rivali. Forse però proprio quella rampa lo aveva definitivamente logorato. 

La mattina era stato l’unico del suo team a provare il percorso. I rapporti scelti: 58-42 all’anteriore 11-32 al posteriore. Tutto secondo programma. In un attimo, prima della partenza lo avevamo visto rifinire il riscaldamento in sella. Era serio e concentrato.

Una rimonta difficile

Ma poi è successo quel che non ci aspettava. Lui il favorito nella lotta con Nibali che cede. Mentre la nuova generazione, McNulty, Almeida… viaggia forte.

Forse quel che pesa non sono solo le gambe, ma la pressione. La querelle sulle sue dichiarazioni riguardo al Sud Italia, smentite anche al Processo alla Tappa, il dualismo con lo Squalo. Forse…

Il danese spesso si è trovato ad inseguire per forature o noie meccaniche
Il danese ha avuto diverse noie meccaniche

«No, Jakob ieri sera era tranquillo – riprende Shefer – ha dormito bene, ha fatto la sua ricognizione. Ci aspettavamo un tempo di 30 secondi migliore di quello di Nibali, Majka, questa gente qua. Lui non è un cronoman ma le aspettative erano maggiori. Però dai, adesso inizia la terza settimana. Si può recuperare».

Nulla è perduto

Sta di fatto che dopo l’arrivo, forse proprio i volti di Nibali e Fuglsang sembravano i più provati. Pozzovivo è arrivato piuttosto “fresco”. E anche Kelderman si è mostrato subito lucido. 

Chi la vede meno nera è colui che con i numeri del danese ci lavora, il preparatore Maurizio Mazzoleni.

«Alla fine Jakob ha fatto una crono in linea con gli altri. Certo, se pensiamo che già partiva dietro e che dovevamo recuperare qualcosa non è andata benissimo, ma questa era la prestazione che mi aspettavo. E poi questa crono va sommata con l’arrivo di domani a Piancavallo. Vediamo domani».

I due “vecchietti” dovranno dare fondo a tutta la loro esperienza per battere la concorrenza. Da domani Fuglsang, senza veri uomini per la salita (ha perso Lopez e Vlasov), dovrà iniziare a recuperare i 4’08” che lo separano dalla vetta. Ha poche ore per riordinare gambe e idee.