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Frigo in nazionale: Bennati lo chiama per Pantani e Matteotti

15.09.2023
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Marco Frigo è un’altra delle belle novità di questo 2023 ciclistico, dei giovani italiani che crescono e che si fanno largo nel WorldTour. Abbiamo ancora in mente le sue fughe al Giro d’Italia, il primo della sua carriera.

Da qualche settimana il veneto della Israel-Premier Tech ha ripreso il cammino per la sua seconda parte di stagione. Prima il ritorno in Repubblica Ceca, poi l’Arctic Race in Norvegia, poi ancora la trasferta in America per la Maryland Cycling Classic. Ma all’orizzonte per Frigo ci sono anche le classiche italiane e un paio le farà in maglia azzurra.

Marco Frigo (classe 2000) in Norvegia ha corso per il compagno Williams, poi vincitore della gara
Marco Frigo (classe 2000) in Norvegia ha corso per il compagno Williams, poi vincitore della gara
Marco, partiamo proprio dall’America…

La trasferta negli Stati Uniti è stata un po’ stancante. Non che sia stanco fisicamente, ma nonostante le precauzione il fuso orario si fa sentire. Bisogna attuare i migliori metodi per subirlo il meno possibile. Detto questo è stata una bella esperienza.

Che corsa hai trovato?

Veramente un bel percorso, magari non molto selettivo, ma di certo curioso. Sembrava di essere sulle montagne russe. Un continuo su e giù. Mi sono sentito bene. E’ stata una bella gara. Ero anche lì per giocarmela, ma nel finale purtroppo ho avuto un problema meccanico che mi ha tagliato fuori, ma succede.

Frigo (secondo da destra) è un amante dello sci di fondo e correre al circolo polare artico per lui è stata una doppia emozione (foto Instagram)
Frigo (secondo da destra) è un amante dello sci di fondo e correre al circolo polare artico per lui è stata una doppia emozione (foto Instagram)
Quindi la condizione è buona. Com’è stato questo anno col primo grande Giro nelle gambe? 

Se dovessi già tirare una prima linea, anche se probabilmente ne andrà fatta un’altra a fine stagione, dico che sono contento di come ho reagito al mio primo grande Giro. Tuttavia in futuro avrei forse un approccio un po’ diverso al recupero, post Giro. Starei un po’ più tranquillo nell’immediato. Quest’anno forse ho continuato a spingere un po’. Forse proprio perché uscivo bene dal Giro, forse per l’euforia di una buona corsa rosa… Col tempo un pelo l’ho pagato e quindi immagino che quella fase di recupero sarà da ritoccare. Ma parliamo di dettagli, comunque sto bene.

Come hai lavorato questa estate?

Dopo i campionati italiani ho recuperato per bene. E’ seguita una fase di altura nella quale ho costruito di nuovo una bella base per tutta questa seconda parte di stagione. Sono andato prima con la squadra a Livigno e poi ho aggiunto una settimana da solo sul Pordoi.

Due giorni fa hai disputato il GP de Wallonie, corsa di un giorno…

Avevamo una buona squadra per fare bene e io avevo un ruolo di supporto. Ero pronto e contento di dare il mio contributo. Le gare a tappe ormai sono finite. C’è rimasto qualcosa in Asia, ma da dopo la Norvegia solo corse di un giorno per me.

E poi ci sono le classiche italiane…

Sabato e domenica correrò il Pantani e il Matteotti con la nazionale. Dopodiché mi aspetta qualche gara del calendario italiano. Penso ad un Giro dell’Emilia o ad una Bernocchi, gare accattivanti che mi è sempre piaciuto fare e che non ho ancora mai corso e per questo sono molto curioso. Ce ne sono poi un paio come le ultime due in Veneto, vicino casa, che mi piacciono parecchio. Le sento di più.

Dopo Giro lungo per Frigo: Giro del Belgio, campionato italiano a crono e in linea
Dopo Giro lungo per Frigo: Giro del Belgio, campionato italiano a crono e in linea
Torni in azzurro dai tempi dell’under 23 in quella grandiosa nazionale che salì sul podio dell’Avenir e vinse il mondiale… Com’è andata questa convocazione?

In realtà dovreste chiederlo a Bennati! Una cosa è certa: anche se non è una convocazione per un europeo o un mondiale, mi fa sempre piacere indossare una maglia azzurra. E’ successo che nelle seconda metà di agosto mi è arrivata la telefonata di Bennati che mi ha chiesto se volessi fare queste due corse in azzurro. Io ho detto di sì. Chiaramente prima di una risposta definitiva, per non creare conflitti, ho chiesto il via libera alla mia squadra. E tutto è andato bene.

Quindi ti ha un po’ sorpreso questa convocazione?

Sinceramente sì, come ho detto mi fa piacere. Sono due belle gare e per entrambe sarà la mia prima partecipazione. Mi aspetto di fare una buona prestazione, poi se sarà per dare supporto o per cogliere un risultato questo non lo so. Quello che mi interessa è andare forte.

Sambinello e il primo (positivo) anno da junior

13.09.2023
4 min
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Tra gli juniores che maggiormente si sono messi in mostra in questa stagione c’è Enea Sambinello. Classe 2006 al primo anno in questa categoria ha fatto vedere sprazzi positivi, accumulando tante corse e anche qualche esperienza internazionale. Nel mese di settembre in particolare, vista la sua partecipazione al Giro della Lunigiana e poi al Trofeo Buffoni di domenica scorsa, chiuso in settima posizione

Alla prima esperienza in Nation Cup un secondo posto di tappa e il podio nella generale (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Alla prima esperienza in Nation Cup un secondo posto di tappa e il podio nella generale (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)

Prendere le misure

«E’ vero – afferma Enea Sambinello – quest’anno è stato abbastanza positivo, ho fatto già qualche esperienza internazionale. Prima alla Nuova Eroica, con la Work Service Speedy Bike, e poi con la nazionale. Ho corso anche con la nazionale in Slovacchia in una prova di Nation Cup, dove sono arrivato secondo in classifica generale. A questo poi si è anche aggiunta la buona prova ai campionati italiani: con la squadra abbiamo vinto la cronometro e poi sono arrivato quarto nella prova in linea».

Enea Sambinello (a sinistra in maglia azzurra) al suo primo anno da junior ha già fatto esperienze importanti (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Enea Sambinello (a sinistra in maglia azzurra) al suo primo anno da junior ha già fatto esperienze importanti (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Ti aspettavi un inizio di stagione così?

Alla seconda gara sono caduto subito, quindi ho un po’ perso la prima parte della stagione, la primavera diciamo. Mi sono ripreso molto bene, e nel mese di giugno e luglio sono andato davvero forte, alla fine tutti i risultati importanti sono arrivati in questo breve periodo. 

Al Lunigiana non è andata benissimo, cosa è successo?

Correvo con una microfrattura alla spalla, non una cosa così grave da impedirmi di esserci, ma sicuramente non il migliore dei modi per preparare l’evento. Infatti non sono andato come speravo, ma è una bella esperienza, che sicuramente tornerà utile in vista del prossimo anno. 

Il passaggio con la Work come sta andando?

Bene, molto bene. Arrivavo da una piccola squadra della mia zona, la Fiumicinese, diciamo che è la squadra del mio paese. Il cambio è molto positivo, Alla Work abbiamo un metodo di lavoro più professionale, visto che cambia anche la categoria. Mi sono trovato molto bene fin da subito.

Tra fine agosto e inizio settembre ha corso il Giro della Lunigiana con la Rappresentativa dell’Emilia-Romagna
Tra fine agosto e inizio settembre ha corso il Giro della Lunigiana con la Rappresentativa dell’Emilia-Romagna
L’utilizzo dei rapporti liberi come lo avete gestito?

Passare da avere il 16 nel pacco pignoni a spingere l’11 non è facile. Abbiamo lavorato molto in palestra e sviluppato abbastanza la forza, ci siamo allenati facendo i classici esercizi come squat e stacchi. Anche ora pian piano stiamo cercando di “tirare” più il rapporto. Ad inizio stagione era più difficile, ora sembra essere meglio. 

Quindi all’inizio ti ha condizionato un po’?

Penso sia “pesato” a tutti. Ma alla fine lo ritengo giusto, la categoria juniores si è avvicinata molto al professionismo. Mi è sembrata un’evoluzione più che lineare, ci sono state molte critiche ma non ne vedo il motivo. 

Lo hai trovato positivo quindi?

Sì. Lo si vede anche nelle gare internazionali, il gap con gli stranieri si è chiuso in parte anche grazie a questo (già nel 2021 gli juniores francesi, Lenny Martinez in primis, si allenavano con i rapporti liberi, ndr). 

Il gruppo che si è formato in nazionale è unito e solido (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Il gruppo che si è formato in nazionale è unito e solido (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Quella in Slovacchia è stata la prima esperienza con la maglia della nazionale?

Sì ed è stato fantastico. Come gara è stata super positiva, sono arrivato secondo in classifica generale e in una tappa. Mentre nelle terza ed ultima frazione siamo riusciti a portare a casa un successo con Mattia Negrente

Com’è stato indossare l’azzurro?

Fantastico, un’emozione incredibile. Poi il gruppo che si è creato era molto unito, e quindi anche al di fuori delle gare con la nazionale ci vediamo spesso e ci sentiamo altrettanto volentieri. Anche se siamo avversari il rapporto è ottimo. Non vedo l’ora di ritrovarmi in squadra con loro. 

Cretti: un giugno da favola e la maglia azzurra

03.07.2023
5 min
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La voce di Luca Cretti attraversa decisa il telefono, il momento del giovane bergamasco della Colpack-Ballan è positivo. Le prestazioni sono andate di pari passo con dei buoni risultati, il suo mese di giugno è stato un continuo progredire. Al Giro Next Gen sono arrivati due bei piazzamenti, il primo a Cansiglio, quarto, l’altro a Trieste, secondo. Cretti è stato bravo poi a riposarsi ed arrivare pronto al campionato italiano, dove però è stato battuto in volata da BusattoHa poi conquistato il Giro del Veneto (in apertura con la maglia di leader). E ieri, infine, è finito dietro Pellizzari nella Astico-Brenta.

Il giorno dopo il campionato italiano Cretti ha vinto la Pessano-Roncola (foto Rodella)
Il giorno dopo il campionato italiano Cretti ha vinto la Pessano-Roncola (foto Rodella)

Finalmente sbloccato

La prima vittoria stagionale è arrivata il giorno dopo della corsa tricolore, sulle strade di casa, alla Pessano-Roncola. Un bel successo che ha riequilibrato i conti con la fortuna e con qualche occasione lasciata a metà, per sua stessa ammissione. Il corridore bergamasco ha concluso la sua cavalcata del mese di giugno coronandola con la vittoria della classifica generale al Giro del Veneto (photors.it in apertura).

«Non ho considerato la vittoria della Pessano-Roncola come una liberazione – ammette Cretti – sapevo che con la condizione che avevo prima o poi sarebbe arrivato un successo. Quella mattina, però, a dire il vero neanche volevo partire. Alla fine Gianluca Valoti mi ha convinto, ma non mi aspettavo nulla. Non avevo mai vinto su un arrivo in salita, ma ripeto: la gamba c’era.

«Il Giro del Veneto ho insistito io per correrlo e fare classifica. Dopo aver vinto su una salita come quella della Roncola – prosegue Cretti – mi sentivo troppo bene per non provarci. Se mi dovessero chiedere che corridore sento di essere, non saprei rispondere. Questo mese di giugno è stato incredibile. Nel 2023 ho già corso cinque gare a tappe, questo è uno dei motivi per cui sono venuto in Colpack e sono contento che la scelta sia stata ripagata».

Per il corridore della Colpack quest’anno è arrivata anche la prima esperienza al Nord: alla Paris-Roubaix Espoirs
Per il corridore della Colpack quest’anno è arrivata anche la prima esperienza al Nord: alla Paris-Roubaix Espoirs
Facciamo un passo indietro al Giro Next Gen, quando hai capito di andare forte?

Fin dai primi giorni, parlando con i miei compagni nel post tappa capivo di avere sensazioni diverse da loro. Per fare un esempio: a volte parlavamo del ritmo tenuto su qualche salita e io mi accorgevo di aver fatto meno fatica rispetto a loro. Dopo due o tre volte che lo dicevo, ho capito che forse non erano loro ad andare piano, ma io ad essere in ottima forma. 

Tant’è che poi ci hai provato due volte, a Cansiglio e poi a Trieste.

Finiti i primi giorni di lavoro per Persico e Meris abbiamo avuto il via libera (tant’è che a Povegliano ha vinto Romele, ndr). Io nelle ultime due tappe mi sono buttato nella mischia, sono andato in fuga e ci ho provato. Mi considero un corridore da fughe, ce l’ho nel sangue. Non ho un particolare spunto veloce quindi devo sempre provare ad anticipare, inutile aspettare. 

E’ una condizione che hai trovato come?

Dal ritiro in altura che abbiamo fatto a Livigno con la squadra. Era la prima volta che andavo a fare una preparazione del genere ed i risultati si sono visti. 

A Mordano Cretti ha provato in ogni modo ad attaccare Busatto ma non è riuscito a levarselo di ruota (foto Zannoni)
A Mordano Cretti ha provato in ogni modo ad attaccare Busatto ma non è riuscito a levarselo di ruota (foto Zannoni)
Quale secondo posto ti ha fatto “rosicare” di più? Quello di Trieste o al campionato italiano?

Chiaramente vincere la maglia tricolore sarebbe stato un sogno, è una maglia unica alla quale tutti ambiscono. Ma sulle strade di Mordano ho fatto di tutto per staccare Busatto, anche quando siamo rimasti in due ho provato più volte a forzare. Non ho rimpianti. Mentre a Trieste contro Foldager non mi sentivo di aver dato tutto. Il percorso non era così duro e non avevo troppo spazio per provarci. Quindi direi che ho rosicato di più a Trieste. 

Questo è anche il tuo ultimo anno da under 23, un passaggio importante per la tua carriera…

Vero. Ho la fortuna di essere arrivato qui in Colpack in tempo per provare a giocarmi tutto, penso che sia la squadra migliore per farlo. Fin dall’inverno mi sono allenato bene, sono riuscito anche a perdere quei tre chili di troppo e si sente la differenza. Anche se la stagione non era iniziata al meglio.

In che senso?

Ho affrontato la prima parte del 2023 concentrandomi troppo sul fare il risultato. Mi dicevo: «Devi vincere per dimostrare che vali». Ad una gara in Croazia stavo parlando con un mio compagno che mi ha consigliato di andare da un mental coach.

A Trieste qualche rimpianto per Cretti, avrebbe potuto provare a staccare Foldager (foto LaStampa)
A Trieste qualche rimpianto per Cretti, avrebbe potuto provare a staccare Foldager (foto LaStampa)
E come ti sei trovato?

Era un’idea che avevo in mente da tanto tempo, mi stuzzicava. Le prime sedute sono servite per conoscerci, poi ho iniziato a vedere i frutti del nostro lavoro. Ci confrontiamo sul pre e sul post corsa. 

Cosa è cambiato?

Abbiamo spostato il focus dal risultato alla prestazione, bisogna migliorare quest’ultima per essere competitivi. Ci concentriamo sulle parti positive, senza vivere quest’ultimo anno con ansia. E’ tutto nelle mie mani, devo fare del mio meglio, se sei bravo va bene, altrimenti non era destino. 

Il ritiro a Livigno prima del Giro Next Gen ha portato i suoi frutti alla corsa rosa (foto Rodella)
Il ritiro a Livigno prima del Giro Next Gen ha portato i suoi frutti alla corsa rosa (foto Rodella)
Per ora sta andando bene, considerando che anche il cittì Amadori si è accorto delle tue prestazioni. 

Mi ha fatto i complimenti al Giro e poi anche al campionato italiano. In questi giorni mi ha comunicato che sarò tra i convocati per il ritiro in altura al Sestriere. Per gli appuntamenti importanti, come Avenir e mondiale, magari avrà già dei nomi in testa, io farò del mio massimo per metterlo in difficoltà. Se sarò all’altezza di essere convocato darò tutto per la maglia azzurra. 

Che effetto ti fa partire per il ritiro di Sestriere?

Contentissimo, ma l’ho vissuta con tranquillità. Sapevo che con le buone prestazioni sarebbe potuta arrivare questa convocazione. La cercavo da tanto e finalmente è arrivata.

Marchisio e Basso: una partnership di… “valori”

09.11.2022
3 min
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Claudio Marchisio, ex calciatore e bandiera di Juventus e Nazionale, da sempre un vero esempio per i propri valori, sia dentro che fuori dal campo, ha recentemente siglato una specifica partnership con Basso Bikes. Dopo il ritiro dal calcio giocato, Marchisio ha difatti scoperto la passione per la bicicletta… E da quel giorno – come spesso, spessissimo accade – è stato un vero e proprio crescendo di emozioni e voglia di perfezionarsi. Non a caso, il “Principino” – questo il nomignolo di Marchisio – ben testimonia valori quali il rispetto, la coerenza, la dedizione, l’affidabilità e l’italianità: un insieme di caratteristiche storicamente fondamentali anche per Basso. 

Questa forte volontà nel raggiungere un accordo nasce dal desiderio di “veicolare” questi valori e questi principi condivisi. E così Claudio Marchisio è già di fatto un nuovo testimonial del brand veneto, con l’obiettivo chiaro di sviluppare con l’ufficio marketing di Basso sinergie comuni in diverse iniziative e progetti.

Marchisio e Basso condividono gli stessi valori: rispetto, coerenza, dedizione, affidabilità e italianità
Marchisio e Basso condividono gli stessi valori: rispetto, coerenza, dedizione, affidabilità e italianità

Coerenza e italianità

Basso Bikes, brand italiano fondato nel 1977 da Alcide Basso, produce e commercializza biciclette da corsa, gravel ed e-bike di media e alta gamma contando su una presenza commerciale in oltre 25 Paesi nel mondo e su una rete superiore ai 400 rivenditori. La sede principale dell’azienda è a San Zenone degli Ezzelini, in provincia di Treviso, a pochi chilometri da Bassano del Grappa. Il reparto produttivo si trova invece a Dueville, in provincia di Vicenza.

Il marchio Basso Bikes, ancora di proprietà della famiglia Basso, fa capo al gruppo Stardue, una società quest’ultima che incorpora al proprio interno anche il brand Mtb Lee Cougan e quello di componenti ed accessori Microtech.

Grazie a Basso, Claudio Marchisio ha scoperto la passione per la bici
Grazie a Basso, Claudio Marchisio ha scoperto la passione per la bici

Claudio Marchisio (Torino, 19 gennaio 1986) vanta invece 320 presenze in serie A, avendo legato gran parte della propria carriera ad una squadra, e che squadra: la Juventus. Con la Juve, Marchisio ha vinto sette campionati consecutivi di Serie A, uno di Serie B, tre Supercoppe Italiane e quattro Coppe Italia consecutive. In campo internazionale, 73 presenze tra Champions League ed Europa League con 3 goal (nella stagione 2014/2015 è stato inserito nella squadra dell’anno della UEFA Champions League). Presenza fissa nel gruppo della nazionale Italiana dal 2009 al 2017, Marchisio con la maglia azzurra ha collezionato 55 presenze e 5 gol.

Basso

Eppure Baroncini ha vinto il mondiale U23 senza una WorldTour

27.09.2022
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Come ci ha detto anche Marino Amadori: non è facile competere a livello mondiale e di nazionale contro chi fa attività nel WorldTour. E lo stesso Amadori ha aggiunto che lo scorso anno ha vinto sì, ma perché Baroncini è un talento e riuscirono a programmare bene l’avvicinamento.

Sostanzialmente abbiamo posto questo tema anche a Filippo Baroncini, che tra l’altro in questi giorni è pronto a tornare in bici dopo la doppia frattura (clavicola e polso) di fine agosto.

Nel 2021 a Leuven ci deliziò con un’azione spettacolare, mix tra potenza e acume tattico. E anche quello scatto alla vigilia fu esemplare. Fece le prove di quel che poi realizzò alla lettera in corsa. Gestì la pressione da veterano. All’epoca correva nella Colpack-Ballan (team continental), non era ancora nelle fila della Trek-Segafredo (team WorldTour) e non fece gare da stagista.

Sia dopo il Giro U23 che dopo l’Avenir Baroncini è andato in altura (foto Instagram)
Sia dopo il Giro U23 che dopo l’Avenir Baroncini è andato in altura (foto Instagram)
Filippo, quanto è importante fare attività WorldTour in ottica di gare internazionali per un under 23? E quanto ha inciso la Vuelta per Fedorov?

E’ fondamentale fare una stagione nel WorldTour, ma poi credo anche dipenda molto dalla persona. Magari nessuno si aspettava la vittoria di un kazako. Se Vacek avesse fatto un’intera stagione come Fedorov non avrebbe fatto secondo. Si è visto proprio che nel finale non aveva gamba. Che era più stanco.

Non se lo aspettavano ma ha vinto…

Il concetto è proprio quello. Ha sorpreso tutti. E’ uscito alla grande dalla Vuelta. Poi se l’è anche giocata bene uscendo in anticipo, mentre altri, vedi Kooij (della Jumbo Visma, ndr), sono stati troppo a ruota. L’olandese ha corso tanto, ma non credo abbia fatto un grande Giro. Perché è quello che ti dà una marcia in più. Anche io lo scorso anno avevo fatto delle corse a tappe. E l’Avenir era stato la mia Vuelta prima del mondiale.

Ecco, parliamo del tuo cammino iridato dello scorso anno. Qual era il programma senza un grande Giro ma con attività da U23?

Partiamo dal presupposto che mi ero focalizzato molto sul mondiale. Ero tornato nuovamente a Livigno prima dell’Avenir e sapevo che in Francia non avrei avuto una super gamba, altrimenti una tappa sarei riuscito a portarla a casa. Ho sfruttato la corsa per prepararmi e crescere al meglio. Ho rinunciato al risultato in quel momento per avere una marcia in più dopo. Ed è quello che ha fatto Fedorov.

Una delle poche foto di Baroncini in maglia iridata, conquistata in una continental dalla vocazione U23, il Team Colpack (foto Instagram)
Una delle poche foto di Baroncini in maglia iridata, conquistata in una continental dalla vocazione U23, il Team Colpack (foto Instagram)
E nella finestra tra Avenir e mondiale?

Dopo l’Avenir siamo andati diretti al Sestriere e lì nella prima settimana ho fatto completamente scarico. Nella prima settimana sarò uscito due volte. Nella seconda ho fatto qualche lavoretto di attivazione. Mai uscite troppo lunghe, ma mirate. In 15 giorni – ride Baroncini – feci solo due distanze.

Perché ridi?

Perché ricordo che Amadori era preoccupato. Mi chiedeva: «Allora, oggi che fai?». E io: «Riposo». Il giorno dopo: «Oggi esci?». E io: «No, riposo…». Mi vergognavo quasi ogni volta a rispondergli così, ma alla fine è stata una carta vincente. Il recupero ha lo stesso peso di alimentazione e allenamento.

Dopo il Sestriere?

Sono andato al Giro del Friuli (tre tappe, ndr) e poi a casa dove ho fatto qualità. Dietro motore, tanta bici da crono: dopo tanta altura serve. In più avevo scelto un percorso con caratteristiche simili al mondiale con salite non troppo lunghe e strappi per abituarmi al ritmo. E poi sono andato agli europei.

E a Trento facesti secondo: come andò la gamba?

Nella gara a crono non avevo carburato ancora al massimo. Le cose sono cambiate dopo la prova in linea. E anche in quella all’inizio ero preoccupato, sentivo che non avevo il ritmo dei migliori, anche in ricognizione. Non avevo idea di quel che poteva fare Ayuso e di quel che potevo fare io. Poi invece è andata bene e lì mi sono tranquillizzato. Ho capito che mi ero sbloccato, che potevo vincere il mondiale… E per fortuna che ho fatto secondo, così a Leuven avevo della rabbia in più!

Baroncini in azzurro davanti a Moscon nella Coppa Sabatini. Alternare gare U23 con quelle dei pro’ è il mix ideale per crescere
Baroncini in azzurro davanti a Moscon nella Coppa Sabatini. Alternare gare U23 con quelle dei pro’ è il mix ideale per crescere
Restiamo sul tema della preparazione. Tra l’europeo e il mondiale cosa hai fatto?

Corsi alla Sabatini con la nazionale dei pro’. Fu il test finale una decina di giorni prima della gara iridata. A quel punto ero davvero pronto. Ricordo che c’era Cassani e la sera nella riunione Davide davanti a tutti quei campioni disse che si puntava anche su di me. E io tra me e me pensavo: “Ma che dice questo?”. Invece poi in corsa ebbi sensazioni ottime e Cassani aveva ragione. Feci quarto. La responsabilità però un po’ la sentivo.

E ai fini della responsabilità, l’esperienza della Sabatini ti ha aiutato per Leuven? Prendere in mano la squadra, essere un leader…

Sicuramente. Mi ha fatto sentire più uomo, più consapevole dei miei mezzi e anche più tranquillo.

Insomma Filippo, anche con un’attività ben ponderata tra gli “under 23 moderni”, cioè con gare importanti e qualche puntatina con i pro’, pensi si possa ancora vincere un mondiale?

Io penso si possa vincere ancora. Certo però che se si fanno solo solo corse in Italia, solo corse di un giorno tra gli under 23 allora no, non va bene.

E ora Bennati: con Remco forse poteva starci Bettiol

25.09.2022
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Daniele Bennati qualche chiacchiera con i suoi è riuscito a farla e solo per questo accetta di parlarne. Un attimo fa si è guardato intorno, nell’area piuttosto stretta dei camper delle squadre, chiedendosi come mai ci fossero tante facce lunghe.

Ragionando, si è detto che avevamo tutti gli occhi puntati sulla corsa dei pro’ dopo il bilancio di quelle precedenti, e questo aveva implicitamente fatto aumentare le attese. E’ anche vero però che la nazionale è partita dall’Italia tra voci di sicura disfatta. Invece gli azzurri sono stati protagonisti, arrivando a giocarsi una medaglia.

Nella riunione informale del mattino, Bennati ha ripassato i ruoli: clima disteso
Nella riunione informale del mattino, Bennati ha ripassato i ruoli: clima disteso

Errore o ragionamento

C’è quell’unica sbavatura che ci gira per la testa ed è il fatto che nessuno dei leader abbia seguito l’azione di Evenepoel e nella fuga siano rimasti soltanto Lorenzo Rota e Nicola Conci. Appena siamo arrivati al camper della nazionale, abbiamo trovato Bennati e Trentin che parlavano proprio di questo (foto di apertura). Matteo non sembrava molto convinto, ma non doveva essere lui a muoversi. Bennati allarga le braccia, la mancanza l’ha colta pure lui.

«Diciamo che se si muoveva Remco – ammette il cittì – e in quella fuga ci fosse stato Bettiol, a quel punto Rota sarebbe stato veramente importante per lui. E’ chiaro che Alberto in quel frangente sicuramente avrà ragionato, perché poi quando sei in corsa fai anche dei ragionamenti. E ti dici che secondo te la corsa potrebbe andare un altro modo. Magari ha visto dei movimenti del Belgio o della Francia piuttosto che di qualche altra nazionale.

«L’Australia comunque è un po’ mancata. Parliamoci chiaro, loro si aspettavano probabilmente che anche l’Australia potesse controllare meglio la situazione, perché Matthews era uno dei favoriti. E lì sono scelte. E’ chiaro però che se perdi l’attimo, poi ti giochi il mondiale».

Bettiol probabilmente avrebbe dovuto entrare nella fuga di Evenepoel: l’attacco era annunciato
Bettiol probabilmente avrebbe dovuto entrare nella fuga di Evenepoel: l’attacco era annunciato

L’errore dei quattro

Un secondo di silenzio serve per fare ordine nelle idee. Se non fosse stato per questo mezzo blackout la ciambella sarebbe riuscita col buco, perché il toscano non è così sicuro che Evenepoel avrebbe staccato Bettiol come ha fatto invece con Lutsenko. Ma a quel punto, con i soli Rota e Conci davanti, le cose sono andate fin troppo bene. Fino al grande rimescolamento nel finale.

«Dispiace – dice Bennati – perché comunque in pochissimo tempo ci siamo giocati due medaglie. C’è stato un rimescolamento che… Parliamoci chiaro, non era facile da interpretare, perché era un circuito duro, ma allo stesso tempo veloce. E questo è la dimostrazione del fatto che se hai un po’ di vantaggio davanti ma ti fermi e dietro vanno a 60 all’ora, fanno anche presto a chiudere il gap. Però è chiaro che quando sei li a giocarti una medaglia, i quattro anzi se ne giocavano due…

«Sono stati dei polli. Secondo me sono stati tutti e quattro dei polli, perché comunque quattro corridori che in carriera non si sono mai ritrovati a giocarsi il podio in un mondiale, e tutti giovani, non si fermano a quel modo.

«Dicono che non sapevano nulla dei distacchi? Eh, ho capito, a maggior ragione se non lo so, io cerco di girare fino ai 300 metri e poi faccio la volata. Almeno la perdo sulla linea. Comunque mi dispiace per Rota, perché lui veramente si è fermato, ma gli altri si sono fermati dietro di lui. E dispiace perché nel giro di 200 metri sono svanite due possibilità di medaglie». 

Sobrero e Zana su un ponticello con la radio e sotto il sole passavano gli ordini di Bennati
Sobrero e Zana su un ponticello con la radio e sotto il sole passavano gli ordini di Bennati

Due posti a disposizione

La corsa di Wollongong corre come un film davanti agli occhi del Benna e fra le righe racconta che il sistema di comunicazione radio era così precario che ha preferito fermarsi in un punto lungo la strada, approfittando di uno schermo. Lungo il percorso, a parte le postazioni ai due box, Sobrero e Zana fermi su un cavalcavia con la radio in mano fornivano informazioni aggiuntive. I due dopo la corsa avevano la faccia bruciata dal sole.

E così il debutto iridato di Bennati è ormai alle spalle e si sottoporrà nelle prossime ore al giudizio di appassionati ed esperti.

«Battistella davanti – ragiona Bennati – ha fatto il suo alla grande. E’ chiaro che su otto, qualche defezione ce l’hai sempre. È difficile fare tutto, tutto alla perfezione, però non so se ci sia convenuto che alla fine si sono riuniti. Secondo me il fatto di essere esserci riuniti ci ha precluso magari una possibilità di medaglia. Rota allo sprint se la cava, erano quattro e c’erano due posti a disposizione.

«Poi addirittura per un attimo ho pensato che Trentin avesse fatto quarto, terzo della volata. A quel punto stare giù dal podio di una sola posizione sarebbe stato parecchio fastidioso».

Da Jovanotti al mondiale: i dieci guerrieri di Bennati

13.09.2022
5 min
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Si potranno fare polemiche perché il tecnico della nazionale Bennati, amico di Jovanotti, ha avuto l’idea e l’opportunità di far conoscere il ciclismo a 50 mila persone che hanno così saputo del mondiale e magari tiferanno Italia? Da noi succede anche questo e a dire il vero, rischiando con questo altre maledizioni, sarebbe bello che accadesse più spesso. Significherebbe che il ciclismo sta uscendo dalla sua nicchia per sbocciare quale lo sport figo che è sempre stato.

Tanti fortunatamente hanno preso favorevolmente posizione sul tema e fra questi vale la pena segnalare gli interventi di Marino Bartoletti e a seguire il commento di Pippo Pozzato. Se c’è uno legato al valore della maglia azzurra, cresciuto accanto a Franco Ballerini e Alfredo Martini, quello è proprio Daniele, ma cosa c’è di male nell’uscire dal tempio (spesso vuoto) e scendere nelle strade? Così, proprio con Bennati, parliamo della sua prima squadra per il mondiale, dopo il debutto agli europei di Monaco.

Bennati ha dato una prima lista degli azzurri sul palco di Jovanotti, provocando reazioni discordanti (foto FCI)
Bennati ha dato una prima lista degli azzurri sul palco di Jovanotti, provocando reazioni discordanti (foto FCI)
Affini, Ballerini, Bagioli, Battistella, Bettiol, Conci, Rota, Sobrero, Trentin, Zana. Una squadra giovane e bella. E forse non c’erano alternative…

Piace molto anche a me. Giovane sì, rispetto alle abitudini. Ma guardando quello che c’è fuori, forse neanche giovanissima. Di certo quando ho cominciato io, non c’era così tanto spazio per i corridori emergenti. E’ la nuova tendenza.

L’ultima volta che ci siamo sentiti, dicesti di aspettare un segnale da Bagioli.

Sono contento di come si è mosso in Canada (terzo a Montreal, dietro Pogacar e Van Aert, ndr). Visto come sono andate le cose con Ulissi, devo dire grazie alla Quick Step per la disponibilità che ha dimostrato. Ho detto che avrei aspettato lo scorso weekend per dare la conferma e loro hanno capito. Andrea è un talento vero, che quando sta bene sa lasciare il segno.

Bagioli doveva un segnale a Bennati e a Montreal gliel’ha mandato con il terzo posto
Bagioli doveva un segnale a Bennati e a Montreal gliel’ha mandato con il terzo posto
Ha semmai il problema che in squadra viene spesso dopo altri leader. Un po’ come gli azzurri che hanno vinto il mondiale di volley…

Hanno quasi tutti questo problema. Rota è quello con più continuità e più risultati e infatti è anche il primo italiano nel ranking UCI in 35ª posizione. Lo stesso Trentin è spesso al servizio della squadra, idem Bettiol (in apertura a Montreal, ndr). Quando al Tour ha fatto secondo a Mende, prima aveva tirato forte per Uran. Hanno poche occasioni e questo dipende dalla mancanza della famosa squadra WorldTour italiana, ma anche dalle poche occasioni di fare esperienza. Forse saremo anche meno talentuosi, ma quando arrivi in corse così importanti, l’esperienza è tutto. E noi spesso non riusciamo a farla.

Bettiol, Trentin, e Bagioli saranno le punte?

Certamente, anche Bagioli diventa una delle tre frecce per il finale. Bettiol è il fulcro, ma tutti conosciamo anche le qualità atletiche e la capacità di gestione di Trentin. Rota viene subito dietro, ma è molto affidabile e ha sempre dimostrato nelle grandi corse di saper essere protagonista.

Ulissi no, fermato dalla squadra. Trentin sì e sarà il regista in corsa degli azzurri
Ulissi no, fermato dalla squadra. Trentin sì e sarà il regista in corsa degli azzurri
Due nomi su cui ragionare: Battistella e Conci.

Samuele ha avuto il piccolo intoppo del malanno alla Vuelta, ma si sta riprendendo e nei prossimi due giorni correrà in Toscana per mettersi a posto. Conci invece ho avuto modo di conoscerlo le volte in cui l’ho chiamato in azzurro a inizio stagione. Ha caratteristiche importanti, sono certo che qualsiasi cosa gli chiederò di fare, lui la farà.

Ed è anche la prova che puoi correre in una continental, ma se vai forte in nazionale ci arrivi.

L’ho portato anche per questo, anche se si corre in 8 e non potrò schierarli tutti. Nicola ha sofferto tutta la fase della Gazprom ed è stato l’unico di quelli che ho convocato a non aver vinto. Proprio perché si è messo a disposizione della squadra, lasciando che a vincere fossero i compagni.

Il combattivo Battistella in nazionale dopo una Vuelta d’attacco: è stato iridato U23 nel 2019
Il combattivo Battistella in nazionale dopo una Vuelta d’attacco: è stato iridato U23 nel 2019
Ci sarà Zana, campione italiano.

La maglia tricolore merita di essere onorata, chiaramente se il percorso lo permette. A Monaco, Zana non lo avrei mai portato. Detto questo, è un ragazzo di 24 anni che è stato anche secondo a un Avenir: non sarà l’azzurro più rappresentativo, ma ha dato dei segnali che meritavano attenzione. E sono certo che se anche alla fine fosse riserva, sarebbe con noi con identico impegno.

Le riserve saranno comunicate in Australia?

Esatto. A tutti ho detto che dovranno partire pronti per correre, non voglio cali di tensione. Ho anche parlato con Albanese e Oldani che sono rimasti fuori e ho trovato davvero dei ragazzi straordinari.

Lorenzo Rota è l’italiano che ha corso con maggior continuità ed è il primo nel ranking UCI: 35°
Lorenzo Rota è l’italiano che ha corso con maggior continuità ed è il primo nel ranking UCI: 35°
Aspettavi segnali anche da Ballerini…

Davide ha avuto un avvicinamento particolare. Doveva fare l’europeo, ma è caduto a Burgos e se l’è portata dietro a lungo. Per cui niente Monaco e attenzione sul mondiale. Non era molto tranquillo della sua condizione, ma l’ho lasciato lavorare. Ci siamo risentiti dopo il secondo blocco di lavoro e mi ha detto di sentirsi molto meglio. Allora ho parlato con il suo preparatore e mi ha confermato che è in crescita, così ho deciso di dargli fiducia. Credo che darà qualche segnale al Giro del Lussemburgo. Sarà tardi, ma a me va bene così.

Non resta che partire, insomma. Pronta la valigia?

Ho cominciato. Intanto ho messo dentro l’abbigliamento della nazionale, il resto verrà più avanti. Partiamo venerdì. Malpensa-Abu Dhabi e poi Sydney. Sono giorni intensi, ma ormai ci siamo.

Milesi: vittoria ritrovata all’Avenir. E ora il mondiale…

30.08.2022
5 min
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Un Tour de l’Avenir chiuso in crescendo per l’Italia, che nell’ultima tappa trova la sua prima ed unica vittoria nella corsa francese. A passare per primo il traguardo di Villaroger è Lorenzo Milesi, bergamasco di San Giovanni Bianco che da quest’anno corre nel team DSM Development (foto di apertura Tour de l’Ain). Vittoria che a Milesi mancava da aprile, quando al Triptyque des Monts et Chateaux aveva vinto due delle quattro tappe previste. 

Gli azzurri, guidati dal cittì Marino Amadori, hanno portato a casa anche il quinto e il sesto posto nella classifica generale, rispettivamente con Piganzoli e Fancellu. In più hanno vinto la classifica a squadre, pur avendo chiuso la corsa in tre. Appunto con i due corridori in orbita Eolo-Kometa e lo stesso Milesi. 

Per Milesi si tratta della terza vittoria stagionale (foto Tour de l’Ain)
Per Milesi si tratta della terza vittoria stagionale (foto Tour de l’Ain)
Lorenzo, una bella vittoria per finire al meglio questo Tour de l’Avenir.

Sì dai, mi sento bene ora, soprattutto dopo la vittoria di domenica. Era da aprile che non vincevo e ci voleva proprio, un successo in una corsa così prestigiosa è il modo ideale per riprendere e puntare a fare bene nel finale di stagione. 

Com’è arrivata?

Avevo già messo nel mirino la tappa. Un mese fa, quando eravamo in ritiro al Sestriere con la nazionale per preparare la corsa, avevamo fatto la ricognizione delle ultime tre frazioni. Quest’ultima si avvicinava proprio alle mie caratteristiche e ho deciso di puntarci in maniera decisa. 

Raccontacela…

Con Amadori avevamo deciso di seguire i francesi, la nazionale più pericolosa in ottica vittoria di tappa. La fuga partita al mattino era davvero numerosa, eravamo una ventina di atleti, ma già sulle rampe dell’Iseran si è fatta grande selezione e siamo rimasti in sei. Ho provato ad attaccare nella discesa, ma senza riuscire a fare la differenza. Mi sentivo molto bene, così ai meno 3 dall’arrivo ho fatto l’attacco decisivo, che mi ha permesso di arrivare al traguardo da solo

Che Tour de l’Avenir è stato per la nazionale?

A due facce, fino alla sesta tappa potremmo anche dire non troppo positivo. Nelle prime tappe non siamo riusciti a trovare lo spunto giusto per le volate. Mentre nella cronometro a squadre abbiamo perso due compagni che sono andati oltre il tempo massimo: Bruttomesso e Dapporto. Poi venerdì abbiamo perso anche Martinelli perché non si sentiva bene e non ha preso il via. Siamo rimasti in tre: Piganzoli, Fancellu ed io. 

Così la vittoria di Milesi nell’ultima tappa di Villaroger al Tour de l’Avenir
Così la vittoria di Milesi nell’ultima tappa di Villaroger al Tour de l’Avenir
Un risultato lontano dalle aspettative nella cronometro…

Ci eravamo preparati bene in ritiro, e nella squadra inizialmente ci sarebbero stati Frigo e Germani. L’incidente che li ha messi fuori gioco ci ha destabilizzati e non abbiamo avuto tempo di prepararci nuovamente.

Com’è stato correre in tre nelle tappe decisive?

Meglio del previsto, alla fine quando la strada sale la squadra conta il giusto, la cosa che davvero fa la differenza sono le gambe. Fancellu e Piganzoli hanno dimostrato di avere una grande condizione e questo è bastato per rimanere sempre davanti. 

Piganzoli ha conquistato la quinta posizione nella classifica generale, il migliore degli azzurri (foto Tour de l’Ain)
Piganzoli ha conquistato la quinta posizione nella classifica generale, il migliore degli azzurri (foto Tour de l’Ain)
Quest’anno hai fatto tante corse a tappe, alcune anche con i professionisti, questo ti ha aiutato a crescere?

E’ un metodo di lavoro che preferisco, concentri le gare in una settimana e poi hai più tempo per riposare ed allenarti. Certo, quando la condizione è alta, come ad aprile, vorresti correre sempre, ma tirare il freno a mano è utile per mantenere sempre una buona condizione.

Ora il prossimo impegno con la nazionale sarà il mondiale, ci sarai?

Ho parlato in questi giorni con Amadori, farò sia la prova a cronometro che quella in linea. Pensavamo, come nazionale, di avere un posto in più grazie alla Coppa delle Nazioni, ma non sarà così. Per il momento, tra i ragazzi che hanno fatto l’Avenir, sono l’unico sicuro della convocazione

Alle spalle di Piganzoli è arrivato Fancellu, una prova solida la sua, sempre sulla ruota dei primi (foto Tour de l’Ain)
Alle spalle di Piganzoli è arrivato Fancellu, una prova solida la sua, sempre sulla ruota dei primi (foto Tour de l’Ain)
E’ un percorso adatto alle tue caratteristiche?

Percorreremo il circuito finale della prova dei professionisti per dieci volte. L’unica difficoltà sarà lo strappo di un chilometro, quindi dipenderà molto dall’intensità con la quale lo affronteremo ai vari passaggi. Io mi sento pronto, sto bene, partiremo per l’Australia il 13 settembre, e il 19 farò la cronometro.

Hai da riprenderti un po’ di fortuna dopo la scivolata fatta al campionato italiano…

Sì, e dovrò anche riscattare la prestazione non perfetta dell’europeo. Diciamo che in generale vorrei ripartire da come mi sentivo ad aprile in Belgio, dove ho vinto l’ultima prova contro il tempo. In queste due settimane che ci dividono dalla partenza lavorerò bene soprattutto sulla cronometro, il ritmo per la corsa in linea ce l’ho, dovrò fare qualche allenamento per mantenere la condizione.

Europeo a Jakobsen, ma il treno azzurro s’inceppa sul più bello

14.08.2022
6 min
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Cento metri che hanno un prima e un dopo, ma soprattutto un durante. Fino ai 600 metri dall’arrivo tutto perfetto, tanto che ti immagini già un bel finale. Qualche secondo dopo, ai 500 metri, puoi solo guardare il dorsale degli avversari. L’europeo dell’Italia si può raccontare in questi frangenti dove è successo un po’ di tutto.

Vince Jakobsen davanti a Demare e Merlier. L’olandese a Monaco di Baviera firma uno sprint imperiale, rispettando i favori del pronostico. La nostra nazionale chiude con Viviani 7° e Dainese 11°. E con tanto rammarico per aver fatto un po’ di caos in quei cento metri.

Lo sprint di Monaco. Colpo di reni vincente di Jakobsen. Azzurri dietro con Viviani settimo e Dainese undicesimo
Lo sprint di Monaco. Colpo di reni vincente di Jakobsen. Azzurri dietro con Viviani 7° e Dainese 11°

«Quando vinci è sempre un grande sprint – ammette il nuovo campione europeo, alla 11ª vittoria stagionale – ma in realtà devo ringraziare la squadra che ha fatto un lavoro splendido e sono molto orgoglioso di loro. Questa maglia rappresenta una delle più belle vittorie della mia carriera. Sono uscito dal Tour con buone sensazioni. Ho recuperato e mantenuto una buona forma per questo europeo che era un obiettivo. Sono contento di poter indossare questa maglia per un anno».

Caos azzurro

Dopo il traguardo si cerca subito di capire cosa non abbia funzionato nel finale dell’europeo. Spieghiamo. Gli azzurri tutti assieme nel finale risalgono le posizioni e passano sotto il triangolo rosso schierati alla perfezione per lanciare il proprio sprint. C’è Baroncini che tira forte e si sposta. Rimangono Ganna, Trentin, Guarnieri, Viviani e Dainese. Sembrano precisi. Fino ai 600 metri. Lì arriva la confusione. Il treno azzurro si inceppa. Sono attimi frenetici che non si recuperano. Parte il Belgio che lancia la volata e le speranze italiane restano imbottigliate nelle posizioni di rincalzo. Difficile parlare dopo un epilogo del genere, ma alla fine arrivano le dichiarazioni.

«Abbiamo corso come dovevamo – spiega Trentin – non era compito nostro tirare e nemmeno tenere la corsa cucita. Siamo stati l’unica squadra che ha provato realmente a fare qualcosa. Tutte le altre formazioni sembrava volessero arrivare in volata con Jakobsen e poi si lamentano che vince lui. Il circuito si è fatto sentire. Molto nervoso, pieno di restringimenti, le transenne erano tutto fuorché dritte. Dopo quattro anni dobbiamo passare il testimone dell’europeo a qualcun altro».

L’atmosfera del pullman azzurro non è delle migliori, ma c’è serenità nell’affrontare il dopo corsa. «Sapevo che sarebbe stato complicato – racconta Bennati – ma sono contento della prestazione dei miei. Non dovevamo davvero sbagliare nulla per lottare per vittoria o podio. Ci sono state incomprensioni. Milan è un vagone molto importante e la sua assenza per problemi fisici negli ultimi due giri ci ha condizionati. Peccato, ci tenevo per i ragazzi che meritavano un risultato».

Visto da Jacopo

Tra i vari protagonisti di quegli attimi alla fine dell’europeo, c’è stato anche, suo malgrado, Jacopo Guarnieri, che aveva il classico compito di ultimo uomo. Abbiamo approfondito cosa è successo.

Ci racconti quel finale?

Ci sono stati un po’ di errori. Io stesso ne ho commessi. Non è mancata tanto la fiducia quanto l’esperienza fra di noi. Perché all’ultima curva Trentin ha passato Ganna che era davanti e si sono spostati entrambi. Io non sapevo cosa volesse fare Pippo. Sono partito lungo, ma lui ne aveva ancora. Alla fine questa volata è stata tutt’altro che perfetta. Eravamo uniti però non abbiamo avuto il cosiddetto timing. L’affiatamento non c’è stato nel finale e non era facile crearlo. Ripeto, più che uniti, non siamo stati coordinati. Questa è la cosa che ci è mancata più di tutti.

Tu ti eri dovuto muovere già prima…

Sì, esatto. Ai due chilometri ho dato una menata per portare davanti la squadra. Appena finito questo sforzo, è passato Pippo che mi ha messo in croce. Non sentivo di avere la gamba per lasciarlo così lungo, perché non ho avuto il tempo di recuperare. Nella mia testa eravamo lunghi. Ho visto il Belgio arrivare e ho preferito partire cercando di lasciare Elia nella posizione migliore dietro i belgi. Per me in quel momento sia Trentin che Ganna avevano finito. Invece non era così. Quello è stato un mio errore e me ne assumo la responsabilità. Col senno di poi, lo sapete anche voi… Se non fossero successe un po’ di cose, parleremmo di un’altra volata.

Guardando le immagini sembrava che Elia fosse l’ultimo uomo di Dainese. Doveva essere così?

No, la volata l’avrebbero dovuta fare loro due. Io avrei dovuto tirare per entrambi in pratica e ognuno di loro due avrebbe fatto il proprio sprint. E’ stata una scelta della nazionale, non per mettere in difficoltà gli avversari ma per vincere.

Poi hai corso il pericolo di cadere quando ti sei spostato. Non sarebbe stato un bel regalo di compleanno (ne ha compiuti 35 proprio oggi)…

Accidenti che rischio, mi sono quasi ammazzato (sorride, ndr). Voglio riguardarmi le immagini, anche dall’alto per capire la dinamica. Pedersen veniva su allargandosi, io stavo chiudendo e ci siamo toccati. Lui mi ha dato una ginocchiata proprio dove c’è il tappino del manubrio. Mi sono completamente sbilanciato in avanti, non sono come sia rimasto in piedi. Per fortuna non sono caduto, l’ho rischiata grossa. Anzi, sarebbe stato proprio un bel guaio. Già non eravamo stati perfetti, ci voleva pure la caduta a completare tutto.

L’umore tra di voi sul pullman com’era?

Non dei migliori naturalmente. Ci siamo presi le nostre responsabilità, ma noi scendiamo dal bus amici esattamente come ci siamo saliti al mattino. Non pensiate a dissapori fra noi. Ripeto, l’abbiamo voluta impostare come una squadra compatta che ha un treno compatto. Non lo siamo stati fino in fondo come altre formazioni, come ad esempio l’Olanda che ha fatto prima e quarta. Loro l’hanno impostata con due uomini. Ovvero, con gli uomini di fatica li hanno tenuti davanti, poi nel finale se la giocano da soli. Noi abbiamo fatto una scelta e l’abbiamo portata fino in fondo. Ecco, potevamo farla meglio, senza dubbio. E lo faremo la prossima volta.