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Viviani ha ancora fame: prima di Parigi, vuole il Giro

27.09.2023
7 min
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La vittoria è tornata un anno dopo. L’ultima volta per Elia Viviani era stata ugualmente alla CRO Race, sul traguardo di Zagabria nel 2022. Nel mezzo, una stagione da 55 giorni di corsa (più la pista), che hanno dipinto del veronese un ritratto di luci e ombre, a metà fra l’ambizione che resta alta e la necessità di incastrarsi in un programma che non sempre ha avuto la forma da lui desiderata.

Il 7 febbraio, le candeline sulla torta sono state 34 e per la prima volta Viviani ha festeggiato il compleanno da uomo sposato. Tutto nella sua storia di uomo e di atleta fa pensare a una dimensione ormai stabile, con il prossimo obiettivo olimpico al centro di una carriera che di medaglie olimpiche ne ha già due, accanto alle 88 vittorie su strada. Eppure la sensazione è che nei suoi occhi ci sia ancora l’inquietudine di chi ha altro da dimostrare.

Ieri a Sinj, prima tappa della CRO Race, Viviani ha vinto la prima del 2023. Non esultava dalla CRO Race 2022
Ieri alla CRO Race, Viviani ha vinto la prima del 2023. Non esultava dalla stessa corsa del 2022
Partiamo da ieri, che effetto fa vincere dopo un anno di digiuno? 

Quando vinci a settembre, un po’ di paura di passare l’anno a digiuno ti viene. Sapevo che era un buon periodo, perché guardando indietro dopo qualche anno sono tornato competitivo ad Amburgo e Plouay. Insomma, erano segnali sul fatto di essere in condizione e competitivo con gli altri. Questo era già un bel punto per me, con il programma di fine stagione che potrebbe permettermi di risollevare il bilancio. Adesso c’è il Croazia e mi hanno aggiunto il Gree-Tour of Guanxi, in Cina, perché evidentemente la squadra vede delle possibilità per me.

Neppure quest’anno hai corso un grande Giro: in qualche misura questo ha inciso sulle prestazioni e sui risultati?

Sono due anni che non ne faccio, un po’ conta. Al Giro, Cavendish ha dimostrato di aver saputo vincere una tappa e per giunta quella di Roma. Saltare una grande corsa a tappe ti fa mancare qualcosa a livello fisico, ma ti toglie anche delle belle occasioni, che i corridori con qualche anno di corsa nelle gambe riescono a cogliere. Le cose sono due. Può esserci un dominatore e allora le vince tutte lui. Oppure c’è il momento in cui le volate non sono più così caotiche e i corridoi che le fanno sono quei 4-5 che sono arrivati in fondo e quelle diventano occasioni per centrare vittorie prestigiose.

Ai mondiali hai detto di voler fare più corse in pista. Questo significa che nel 2024 la strada sarà in secondo piano?

Il punto di quello che ho detto al mondiale riguardava il fatto tattico. Mi sono reso conto che faccio tanti errori nelle prove di gruppo. E’ vero che con le gambe puoi raddrizzare un buon omnium nella corsa a punti finale. Però è vero che se lasci troppi punti per strada, puoi lottare per una medaglia arrivando da dietro. Oppure, come è successo a me quest’anno, magari non la prendi. Quindi non si tratta di un fatto di preparazione, perché ormai abbiamo un buon sistema per arrivare pronti alle gare. Invece devo correre per leggere meglio i movimenti, gli attacchi, questi aspetti qua.

Glasgow, mondiali pista. Viviani si avvia al bronzo dell’eliminazione: la bici gliela porta Bettiol
Glasgow, mondiali pista. Viviani si avvia al bronzo dell’eliminazione: la bici gliela porta Bettiol
Andranno bene le Sei Giorni?

No, in realtà. Le Sei Giorni danno la gamba, ma si fanno prove diverse. Devo correre degli omnium, per cui stiamo guardando qualche gara di Classe 1, come quella di Grenchen a dicembre. E poi probabilmente nell’anno olimpico, per me sarà meglio fare tutte le Coppe del mondo e le gare di livello per arrivare bene a Parigi. L’obiettivo è arrivare pronto per la stagione su strada e quella su pista, fra marzo e aprile.

Ti aspetta un inverno molto intenso?

Finendo tardi e con la previsione di cominciare presto, l’inverno passa veloce. Torno dalla Cina il 18 ottobre. Probabilmente ridurrò lo stacco, perché ho visto che con gli anni le quattro settimane cominciano a essere troppe da ricostruire. Per cui ne farò due senza far niente, ma già nella terza qualcosina riprenderò. Quindi sarà un inverno corto, mettiamola così.

Sfogliando l’album delle tue foto, ultimamente sono più quelle in maglia azzurra che in maglia Ineos: come mai?

La verità è che anche agli europei, c’è stato un gruppo che ha girato bene. Tra le nazionali di pista e strada riesco sempre a dare qualcosa in più, a trovare me stesso. Qualcuno dice anche che essere andato all’europeo mi ha permesso di vincere subito qua al Croazia. Forse è vero. Vestire la maglia azzurra è speciale e quando non si portano risultati, anche se hai corso bene come domenica, ci rimaniamo male anche noi. La maglia azzurra è sempre stata qualcosa di speciale per me, una seconda squadra. Quando ho bisogno di correre, come è successo al Matteotti, so che posso chiamare e loro sono pronti. Questo per me è una certezza.

Agli europei di Drenthe, per spiegazione di Bennati, Viviani ha corso come riferimento per Ganna
Agli europei di Drenthe, per spiegazione di Bennati, Viviani ha corso come riferimento per Ganna
Sei stato con Villa l’artefice del rilancio della pista, sei andato agli europei per supportare Ganna. ti senti un po’ il… papà del gruppo azzurro?

Un po’ sì. Ho visto ragazzi con cui durante la stagione non ho tanto a che fare, come Mozzato e Sobrero, che apprezzavano che io fossi lì. Abbiamo parlato tanto: della stagione, di qualche gara, di diversi aspetti. Non solo Pippo, che è come un fratello, ma anche gli altri. Mi ha fatto piacere vedere che erano contenti, che in quei tre giorni di ritiro hanno cercato di prendere qualcosa da me. E’ bello essere un punto di riferimento, far capire cosa vuol dire vestire la maglia azzurra ed essere tutti per uno. Perché comunque per essere convocato fai dei risultati, quindi è normale che l’ambizione personale ce l’abbiamo tutti. Eppure in quei giorni tutti devono essere a disposizione di uno o due. Ovvio che non sia facile, quindi è una cosa che mi rende orgoglioso.

I giovani ascoltano?

Non sono così rari quelli che lo fanno, ma non sono neanche tanti. Alcuni arrivano e sono loro a spiegarti come vanno le cose. Non ricevono molto, forse non gli interessa. Invece ci sono delle eccezioni e mi fa piacere vederle anche in squadra. Tarling ad esempio è uno di quelli curiosi, vuole imparare, è un bambinone. Ad altri non interessa.

Hai parlato delle tue ambizioni. Dopo gli anni d’oro alla Quick Step alla Cofidis non ha funzionato e sembra che tu le abbia riposte da qualche parte. Non vorresti più un Morkov a tirarti le volate?

Ho provato a prendere Morkov fino a pochi giorni fa, l’ambizione c’è assolutamente. La questione è che è tutta una catena. Vincere fa ritrovare confidenza a me, ma fa anche capire al team e ai corridori che sono con me che valgo ancora un aiuto. Vincere significa che so ancora fare il mio e questo porta ad aumentare gli obiettivi. Se il prossimo anno parto dall’Australia, dalla corsa di Cadel Evans che per me è sempre stata una bella gara, potrei già avere un cerchiolino rosso a inizio stagione. E da lì, è tutta una catena che ti porta a puntare più in alto. Come Amburgo…

Sui social, Viviani ha commentato il tanto tempo dall’ultima vittoria. Intanto è salito a quota 88
Sui social, Viviani ha commentato il tanto tempo dall’ultima vittoria. Intanto è salito a quota 88
Non ti ha stupito?

Per tanti è stata una sorpresa, ma non per me. Per me Amburgo era un obiettivo, così pure Plouay, che mi sono sempre piaciute. Plouay era un po’ proibitiva con 4.000 metri di dislivello, eppure sono arrivato nei dieci. E’ stato un segnale. Quindi le ambizioni ci sono e sono alte. Devo essere sicuro di avere un buon programma. Vorrei assolutamente essere al Giro d’Italia, per me è importante anche per Parigi. Prima delle Olimpiadi ho sempre fatto il Giro e so che è qualcosa in più a livello fisico. Ma non lo farei solo per Parigi, ma anche perché mi manca correre una corsa a tappe di tre settimane, sia fisicamente che come ambizione. Vincere al Giro sarebbe qualcosa di più speciale ancora.

Forse in questa nuova Ineos, che non si capisce quale mercato stia facendo, potrebbero aprirsi un po’ di spazi anche per il velocista al Giro, no?

Sicuramente la Ineos Grenadiers è in un momento di costruzione e il lavoro è incentrato sul cercare l’uomo che vince il Tour. L’obiettivo rimane quello di qualche anno fa, quindi andare al Tour con i migliori e provare a vincere. Riuscirci è una questione abbastanza complicata, per cui se si decide di andare in Francia con tutti i più forti, al Giro più che alla Vuelta ci sarà spazio per il velocista. In Spagna si va con il pieno di scalatori per correre ai ripari. Sì, sono convinto, il Giro per me sarebbe l’opportunità migliore.

Longo Borghini, la prima uscita e il mondiale dal divano

19.08.2023
8 min
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Per la prima volta nella sua carriera, Elisa Longo Borghini non ha partecipato al campionato del mondo. Difficile trovare certe statistiche nel ciclismo maschile e forse più in genere in quello contemporaneo, dove per un motivo o per l’altro può capitare di restare fuori: non fosse altro per le caratteristiche del percorso. Alla piemontese non era mai successo. Solo una volta era rimasta fuori dalla nazionale, per le Olimpiadi di Londra, e se l’era legata al dito. Questa volta però non c’è stato da recriminare su nulla, dato che il problema di salute che l’ha costretta al ritiro dal Tour non consentiva leggerezze o gesti eroici. Così Elisa ha seguito il mondiale da casa. Il suo punto di vista è il modo di rivivere la corsa di Lotte Kopecky e delle italiane, cercando eventuali punti di snodo che potrebbero esserci sfuggiti.

Fra le curiosità di quel giorno, domenica 13 agosto, c’è che Elisa è riuscita per la prima volta a riprendere la bici. La sua giornata perciò è iniziata con un’uscita assai blanda in compagnia di Jacopo Mosca (foto di apertura), reduce dal Polonia e in procinto di partire per il Giro di Danimarca, ed è poi proseguita sul divano.

Secondo Longo Borghini, un’azzurra sarebbe potuta entrare nella prima fuga, purtroppo nessuna c’è riuscita. Paladin ha provato a inseguire
Secondo Longo Borghini, un’azzurra sarebbe potuta entrare nella prima fuga, purtroppo nessuna c’è riuscita. Paladin ha provato a inseguire
Come è stato guardare il mondiale in tivù?

Strano. Li ho fatti tutti da quando sono passata elite. Anche nel 2013, quando ero caduta e mi ero fatta male, ma riuscii a recuperare in tempo. E sarei riuscita a farlo anche questa volta, se non li avessero spostati ad agosto. Però alla fine ho accettato la situazione. E’ capitato qualcosa fuori dal mio controllo, non ero arrabbiata. Mi è dispiaciuto perché mi vedevo in quel gruppetto davanti a dare legnate secche. Però se non si può, non si può. Se la salute non ti supporta, non puoi farci niente.

A che punto hai realizzato che avresti saltato il mondiale?

Ufficiosamente dal momento in cui mi sono ritirata dal Tour e abbiamo capito che la situazione era parecchio seria. Non sarebbe stato possibile recuperare.

Veniamo al mondiale. Non ti sembra che di base ci sia stata una lettura sbagliata del percorso? Perché parlare tanto di velocisti?

Per quanto mi riguarda, io avevo fatto l’europeo più o meno su quel percorso e non era stata una corsa per velocisti. Fra gli uomini era arrivato un gruppetto con Trentin, mentre la nostra gara arrivò in volata solo perché decidemmo di farla arrivare in volata. C’era stata davanti per tanto una fuga, poi un gruppettino, poi rimasi io da sola con Van der Breggen. Quindi per me era chiaro che con tutti quei rilanci e quegli strappettini, che sembrano tanto semplici ma alla fine segano le gambe, non sarebbe stata una gara per velocisti. Mi ha stupito veramente che tutti pensassero che potesse essere una gara per gente veloce. Era chiaro che sarebbe diventata una corsa durissima.

Il 7° posto di Chabbey è venuto per quella che Longo Borghini ha chiamato “corsa del morto”
Il 7° posto di Chabbey è venuto per quella che Longo Borghini ha chiamato “corsa del morto”
Prima fuga, nessuna azzurra dentro e Soraya Paladin che insegue da sola…

Avevo parlato con alcune ragazze della nazionale e ci eravamo dette che sarebbe stato buono essere in una fuga da lontano, soprattutto se costava poco e c’erano dentro dei buoni nomi, ad esempio un’olandese. E dei buoni corridori effettivamente sono andati via, ma noi non eravamo dentro e mi è dispiaciuto. Però alla fine è semplice parlare da casa, in corsa ci sono delle dinamiche che non conosco. Ho visto che Gasparrini ci ha provato, ma non è riuscita ad agganciarsi. Le sono mancati quei tre metri senza i quali saremmo a raccontare un’altra storia.

Anche perché dopo la corsa le prime ad essere dispiaciute erano loro…

Questo è poco, ma sicuro. In questa intervista potrò dire tutto, ma non mi troverete mai a criticare le mie compagne, perché ci tengo alla maglia azzurra e ci tengo a loro.

In tutte le loro parole prima e anche dopo, la tua assenza è stata il fattore che ha fatto la differenza, quasi sentissero che mancava chi avrebbe finalizzato il lavoro…

E’ un argomento difficile: potrebbe essere successo, non lo so. Sentir parlare della mia assenza, da un certo punto di vista mi è dispiaciuto. Sentire però che le persone o anche gli stessi commentatori rimpiangessero che non fossi lì, mi ha dato la carica per tornare al prossimo mondiale e pareggiare i conti. In ogni caso le ragazze avevano come riferimento Elena Cecchini, che corre in una squadra molto forte e conosce le dinamiche di corsa. Io sono più che altro il braccio e lei la mente. Io sto davanti di gambe, ovviamente uso anche il cervello, però non mi reputo una trascinatrice come lei.

Cecchini è stata la trascinatrice delle azzurre: se avesse ripreso Chabbey, la Longo è sicura, sarebbe entrata fra le top 10
Cecchini è stata la trascinatrice delle azzurre: se avesse ripreso Chabbey, la Longo è sicura, sarebbe entrata fra le top 10
A un certo punto è stato chiaro che il nostro leader fosse Silvia Persico.

E Silvia ha fatto vedere che c’era. Forse ha sprecato un po’ troppo seguendo i primi attacchi della Kopecky, che erano più dettati dal nervosismo. Magari poteva rimanere di più sulle ruote e far chiudere le altre, però anche in questo caso… Io stavo guardando la TV, lei solo sapeva come stavano le sue gambe e che cosa l’istinto le diceva di fare. Quindi se ha fatto così, un motivo forse c’era.

Che cosa hai pensato quando hai visto che Kopecky faceva il diavolo a quattro?

Si è visto dall’inizio che la Kopecky aveva una gamba che… sparecchiava e che era determinata a vincere questo mondiale a qualsiasi costo, più di tutte. Era pronta a morire sulla bici. Il motivo lo sa solo lei. Oltre al fatto di avere la maglia, secondo me c’era qualcosa di più forte che la spingeva a vincere quella corsa, qualcosa di personale. Quando vuoi così tanto una corsa, è perché hai qualcosa dentro che ti dà una spinta in più. Lei aveva le gambe, ma anche una cattiveria agonistica impressionante.

Longo Borghini ha capito dalle prime battute che Lotte Kopecky avesse dentro una spinta emotiva superiore: voleva vincere
Longo Borghini ha capito dalle prime battute che Lotte Kopecky avesse dentro una spinta emotiva superiore: voleva vincere
Il 2023 è l’anno in cui ha perso suo fratello …

Quando ti ritrovi in quelle situazioni, sei talmente determinata, che ogni cosa diventa possibile. Avrebbe strappato la maglia alla Vollering se fosse stato necessario…

Cosa hai pensato quando hai visto Elena Cecchini andare da sola in caccia di Chabbey?

Ho pensato che se fosse rientrata, avrebbero avuto una bella posizione di vantaggio. La Chabbey ha fatto risultato (settima all’arrivo, ndr) perché su un circuito così, se ti porti avanti, è vero che ti vengono a prendere, però ormai è la corsa del morto. Dietro la selezione è già fatta e non rientrano in tanti, quindi ho sperato che Elena riuscisse a ricucire, perché poi avrebbe fatto di sicuro una top 10. Infatti, quando è partita, ho detto: «Cacchio, brava Elena!». L’ha pensata bene, anche se non è riuscita a rientrare. 

Consonni e Balsamo, le più veloci, hanno tenuto finché è stato possibile…

Chiara ha corso sulle ruote, probabilmente era stato deciso così. Ha tenuto bene, ha fatto una bella gara. Elisa è stata intelligente e molto coraggiosa, perché quando ha capito di non avere le gambe per stare con le prime, ha provato ad anticipare con la Markus. Credo che per lei sia stata una buona prova, soprattutto dopo l’incidente e dopo un Tour de France in cui ha speso tanto.

A proposito di Tour de France, alcune azzurre sono arrivate al mondiale parecchio provate: forse le due corse erano troppo ravvicinate?

Bè, alla Kopecky è andata bene… Ovviamente se sei un’atleta di fondo e magari non sei una giovane che ha fatto Giro e Tour, allora può andare bene. Per chi è più maturo ed è abituato a carichi di lavoro importanti, il Tour de France è stato la miglior preparazione. Lo sarebbe stato anche per me, se avessi finito il Giro e non mi fossi ritirata anche dal Tour (sorride amaro, ndr).

Forse Silvia Persico rientra fra le più giovani che potrebbero averlo pagato?

Ho paura di sì, però mi potrei sbagliare. E’ ancora giovane, magari non sta facendo ancora dei carichi di lavoro super importanti. Ha fatto 10 giorni di Giro a tutta, poi due settimane per recuperare, poi di nuovo una settimana durissima al Tour. Anche solo guardando i miei dati su Training Peaks, nonostante io mi sia ritirata prima delle tappe più dure, avevo un TSS altissimo, perché andavamo ogni giorno a tutta. Quindi può essere che Silvia sia arrivata un po’ stanca al mondiale (il Training Stress Score è un numero che tiene conto della durata e dell’intensità di un allenamento e dello stress fisiologico che ha prodotto, ndr).

Sei stata per tutto il giorno sul divano?

Molto serenamente, con Jacopo che mi portava da bere e da mangiare. Più acqua che cibo, perché devo bere tanto. E poi facevamo i nostri commenti, le nostre valutazioni da divano, come due pensionati.

Silvia Persico è stata la leader delle azzurre e si è fatta trovare nei momenti giusti. Secondo la Longo, potrebbe aver pagato il Tour
Persico è stata la leader delle azzurre, ma secondo la Longo, potrebbe aver pagato il Tour
In conclusione, che mondiale è stato?

E’ stato un mondiale figo secondo me, perché diverso da quello che tutti si aspettavano. Gli sprinter come Philipsen e Wiebes saltati al primo giro. Da spettatrice è stato un bel mondiale da seguire. Si prestava a scatti e contro scatti. Non è stato per niente soporifero. Anche la gara degli uomini, che magari nelle prime ore… Invece hanno fatto un finale che è durato 150 chilometri e anche guardare le ragazze è stato molto coinvolgente. Ho guardato tutte le gare, mi sono fatta anche una certa cultura nel paracycling.

Sei uscita per la prima volta in bici il giorno del mondiale, come procede adesso il recupero?

Ieri ho ripreso sul serio con le tabelle di Slongo. Se guardo i lavori che devo fare, penso che li farebbe anche mia nipote, ma sono stata per due settimane senza allenarmi, con un intervento, gli antibiotici, dolori vari e ferite, quindi sono un po’ a pezzi, ma il morale è buono. Chissà che per il Romandia non si possa ricominciare a menare le mani…

EDITORIALE / Il bello e il brutto di essere italiani

14.08.2023
5 min
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GLASGOW – La carovana del mondiale si sta disperdendo. Anche chi scrive prenderà il volo nel pomeriggio e a quel punto di questi giorni si parlerà al passato. In realtà sembra passato un secolo. La vittoria di Mathieu Van der Poel è già lontana, nonostante sia avvenuta appena otto giorni fa. Forse perché nel frattempo di mondiali se ne sono svolti altri cinque: ciascuno con i suoi ragionamenti e le sue storie. Al pari degli atleti, almeno gli italiani con cui abbiamo avuto i maggiori contatti, ammettiamo di sentirci prosciugati anche noi.

Sfinito dopo l’arrivo del mondiale, Bettiol ha poi raccontato la sua emozione nel vestire la maglia azzurra
Sfinito dopo l’arrivo del mondiale, Bettiol ha poi raccontato la sua emozione nel vestire la maglia azzurra

La casa degli italiani

Piuttosto che affrontare il tema di questa nuova formula, su cui certamente torneremo, oggi al centro c’è l’Italia, intesa come casa degli azzurri.

«Sono emozionato dal lavoro dei miei compagni – ha detto Bettiol dopo l’arrivo del mondiale – della squadra, dei tecnici, dei massaggiatori, i meccanici. Sono fortunati a essere italiano, ci hanno messo nelle condizioni migliori. Ho veramente dato tutto. Oggi per me era il culmine di un anno. Io credevo in questo mondiale, non mi interessava se non era adatto a me. Non mi interessava. Io volevo far bene, volevo ripagare il lavoro non solo dei miei compagni, ma di tutti, di tutte le persone che sono dietro, che sono fantastiche e ci rendono orgogliosi. Perché secondo me abbiamo il miglior staff di tutte le nazionali e sono contento che vi siate divertiti».

Matteo Cornacchione, qui con Cioni, era meccanico della Liquigas e ora è in Ineos, prestato alla nazionale
Matteo Cornacchione, qui con Cioni, era meccanico della Liquigas e ora è in Ineos, prestato alla nazionale

Bettiol e le differenze

Si trattava sicuramente di un momento ad elevata emotività di un atleta che vive di slanci, ma anche un atleta che dopo il primo anno da professionista nell’ultima parte della Liquigas (anche se la squadra si chiamava già Cannondale) si è ritrovato in un team americano. Vista la lunga permanenza, evidentemente si troverà bene, ma vivere per pochi giorni in una squadra di italiani lo ha riportato a quel 2014. Tanto più che in nazionale, Amadio ha ricreato il clima di quella stessa squadra. E in questi pochi giorni, Bettiol deve aver colto la differenza. Quante volte nella sua squadra ha avuto tanta considerazione?

Ecco il punto. Si continua a parlare della necessità di una squadra italiana non per dare fiato ai polmoni, ma perché è il solo modo per tutelare il capitale di atleti italiani che ogni anno viene speso e a volte sperperato sul mercato internazionale.

Milesi è passato nel Devo Team della DSM e ora è nella WorldTour: si è adattato molto bene
Milesi è passato nel Devo Team della DSM e ora è nella WorldTour: si è adattato molto bene

La domanda di Amadori

Il giorno dopo la vittoria di Milesi nella cronometro under 23, Marino Amadori ci ha affidato un’interessante riflessione, chiusa con una domanda.

«Si dice tanto che in Italia non ci siano corridori – ha detto il tecnico romagnolo degli U23 – quando in realtà in questa categoria ne abbiamo molti e anche forti. Quello che mi chiedo però è dove finiscano una volta che passano professionisti. Sono loro che non hanno il carisma di emergere oppure nelle squadre dove passano, vengono messi in fondo alla coda, senza la possibilità di venire avanti?».

Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores e passerà in un Devo Team all’estero
Sierra ha centrato il quarto posto nel mondiale juniores e passerà in un Devo Team all’estero

Lo Stato italiano

In attesa di scoprire quali esiti avrà il nuovo flusso migratorio verso i Devo Team stranieri, ci allacciamo ad altre due corde per fare il passo successivo.

Le parole ascoltate proprio ieri da Francesca Polti fanno capire come il ciclismo, se affrontato con le giuste competenze manageriali, sia ancora un fortissimo veicolo promozionale. E viene quindi da chiedersi se la fuga degli sponsor italiani di anni fa sia stata dovuta davvero ai casi di doping o piuttosto all’impossibilità di giocare con le fatturazioni che rendeva l’investimento vantaggioso anche su altri piani. Se così fosse, si confermerebbe una volta di più che il sistema fiscale italiano sia il freno per certi investimenti. E che certi industriali non la raccontano giusta.

In secondo luogo, cadono le braccia nel vedere come nel Paese di Coppi e Bartali e altri giganti che riempiono da soli libri di storia dello sport, il Governo non muova un dito per offrire un sostegno. La Francia ha coinvolto la Francaise des Jeux e invogliato giganti come banche e compagnie petrolifere, al pari di quanto fatto dal Belgio con il Lotto. Ci sono regioni di Spagna e Belgio che sostengono da sole l’attività di squadre professionistiche, non volendo tirare in ballo gli Stati che hanno posto il loro nome sulla maglia di squadre.

Venturelli si è detta serena perché il programma della nazionale la seguirà anche fra le elite
Venturelli si è detta serena perché il programma della nazionale la seguirà anche fra le elite

Il dio pallone

Nella nostra Italia così provinciale e bigotta, siamo arrivati al punto di mettere il dio pallone al centro di ogni cosa, lasciando al resto solo le briciole. E se poi viene fuori che Mancini lascia la nazionale e potrebbe averlo fatto per soldi (siamo sempre in attesa che il cittì dimissionario fornisca le sue ragioni) allora quelle parole di Bettiol e le lacrime di Elena Cecchini per la brutta figura fatta ieri dalle ragazze in corsa (dal 2004 non eravamo mai usciti dai primi 10: anche questo è un tema che riprenderemo) assumono una profondità e una ricchezza che forse lo sport italiano non merita. Che i suoi politici non sarebbero neanche in grado di cogliere.

Il rientro di Balsamo. Tanta fatica e feeling da ritrovare

01.08.2023
4 min
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MONTICHIARI – Il suo è stato uno dei rientri più attesi. Il brutto infortunio occorso a fine maggio a Elisa Balsamo aveva condizionato in un colpo solo i pensieri iridati dei cittì delle nazionali strada e pista. Ora la cuneese è tornata a disposizione e ha tanta voglia di essere utile alla causa.

Si è data tanto da fare la 25enne della Lidl-Trek negli ultimi due mesi. Parte del suo recupero lo abbiamo trattato con Elisabetta Borgia pochi giorni fa. Balsamo ha ripreso al Tour Femmes. Una partecipazione senza alcuna velleità, non poteva essere altrimenti. Un bel quinto posto in volata al terzo giorno di gara comunque lo ha ottenuto, prima di abbandonare dopo la sesta tappa per non compromettere il cammino della seconda parte di stagione, che inizia con i mondiali di Glasgow. A Montichiari, Balsamo lavora sia nella palestrina del velodromo che in pista con esercizi specifici. Tra uno e l’altro, parte il nostro botta e risposta mentre sta mangiando una barretta.

Dopo il rientro al Tour, il programma di Balsamo prevede mondiali, un paio di gare a tappe e altre semi-classiche
Dopo il rientro al Tour, il programma di Balsamo prevede mondiali, un paio di gare a tappe e altre semi-classiche
Elisa, masticare ti dà ancora fastidio?

No, adesso riesco abbastanza bene. Solo i cibi estremamente duri e croccanti, come ad esempio una mandorla, ancora non riesco a morderli bene. Per il resto devo dire che ho sistemato quasi tutto. I denti non sono tutti a posto, ma quelli per la masticazione sono stati sistemati.

Com’è stato alimentarsi in gara dopo un incidente come il tuo?

Non è stato facile. Per fortuna ora ci sono tanti prodotti morbidi, tipo gel o gelatine, che sono più semplici da mangiare. Poi si usano tanto le maltodestrine nelle borracce, quindi anche quello aiuta a tenerti alimentato. I panini soffici o le rice cake riesco a mangiarli più fuori dalla bici, perché posso masticarli con calma. Per la verità al Tour nei momenti tranquilli della tappa ci ho provato e mi sono allenata anche su quel tipo di gesto.

A livello posturale invece come va?

L’osteopata ha dovuto lavorare parecchio. Con la mano non sono ancora a posto al cento per cento. Mi fa ancora un po’ male e la posizione in bici non è perfetta, con le relative conseguenze. Si sa che il corpo è tutto collegato. L’impatto che ho preso in faccia ha avuto ripercussioni nella parte posteriore del fisico, tra cervicale e schiena.

In Francia com’è andata?

Sono andata al Tour per fare fatica. Ci voleva. Sono partita con sole tre settimane di allenamenti, non potevo aspettarmi altro. Ho fatto qualche giorno di recupero appena tornata dalla Francia. Spero che tutto il lavoro fatto finora venga fuori a breve.

Balsamo al Tour è rientrata con diversi obiettivi. Fare fatica e ritrovare feeling in gruppo e sulla bici
Balsamo al Tour è rientrata con diversi obiettivi. Fare fatica e ritrovare feeling in gruppo e sulla bici
Ai mondiali sarai impegnata in pista e strada?

Sì, anche se stiamo aspettando ancora qualche conferma. Su strada ho parlato con Paolo (il cittì Sangalli, ndr) e in teoria dovrei essere in squadra. In pista invece dobbiamo capire con Marco (il cittì Villa, ndr) chi correrà e quali saranno le specialità, ma sapremo tutto in questi ultimi giorni prima dell’inizio del mondiale.

Sangalli ci aveva detto che il circuito era perfetto per te

Sicuramente non ci arrivo con la condizione che avrei voluto. Sappiamo che ad un mondiale devi essere al 110 per cento quindi arrivarci all’80 per cento potrebbe non bastare. Però alla fine secondo me sarà un mondiale molto particolare. Ci sono tante curve, quasi certamente potrebbe piovere e questi fattori potrebbero rimescolare le carte in gioco. Le corse di questo tipo possono diventare molto imprevedibili. Io cercherò di fare del mio meglio con la condizione che ho, anche perché non si può fare diversamente (sorride, ndr).

Come hai vissuto la convalescenza?

Ho sempre cercato di essere ottimista, fin dai primi giorni. La voglia di tornare era tanta. E’ quella che mi ha spinto ad avere un recupero veloce. Anche il chirurgo non credeva ai propri occhi quando dopo un mese riuscivo a muovere la bocca abbastanza bene. Non se lo aspettava proprio, ma io mi sono impegnata tanto nella fisioterapia. Non è stato semplice però l’obiettivo di rientrare al Tour mi ha aiutato sicuramente.

Ulitmissime prove pre-mondiali a Montichiari per Balsamo (qui con Consonni) sotto le indicazioni del tecnico Masotti
Ulitmissime prove pre-mondiali a Montichiari per Balsamo (qui con Consonni) sotto le indicazioni del tecnico Masotti
Ti ha lasciato un po’ di paura questo infortunio?

In gruppo mi sono trovata abbastanza bene. Sicuramente in discesa o dove le velocità sono molto alte la sento ancora un po’, più che altro per la paura stessa di ricadere e farmi di nuovo male dopo la prima volta. Tuttavia uno degli obiettivi del Tour era quello di tornare per ritrovare un buon feeling in corsa. Per il momento penso di esserci riuscita abbastanza bene.

Qual è il programma di Elisa Balsamo dopo il mondiale?

Farò il Tour of Scandinavia ed il Simac Tour tra fine agosto ed inizio settembre. Potrei disputare anche Plouay ma valuteremo con la squadra. Poi correrò le gare in Italia e credo anche l’europeo. Per fortuna dopo Glasgow non finisce la stagione. Speriamo che arrivi ancora qualche bella soddisfazione.