Muscolatura profonda: cos’è? Ne parliamo con Del Gallo

09.02.2024
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Muscolatura profonda. No, non è l’ennesima nuova tendenza di allenamento, ma un’attenzione  maggiore verso un aspetto importante e spesso trascurato del fisico di un atleta. Michele Del Gallo, osteopata, massaggiatore e fisioterapista di lungo corso ci spiega meglio cosa sia questa muscolatura profonda.

Abbiamo visto diversi atleti lavorarci. E non solo quelli della UAE Emirates, il team di Del Gallo, anche Zoccarato per esempio vi presta attenzione. E tanti altri che lavorano sul core e si affidano alle sue mani

Del Gallo nel suo studio con Cimolai, anche se non è un atleta UAE. Qui, il sistema Redcord utilizzato anche a fini fisioterapici
Del Gallo nel suo studio con Cimolai. Qui, il sistema Redcord utilizzato anche a fini fisioterapici
Michele cos’è dunque questa muscolatura profonda?

I muscoli sono un sistema globale. Quelli più superficiali, servono per il movimento. Lavorano in allungamento. Quelli più interni, profondi, lavorano in isometria e sono addetti alla stabilizzazione del corpo. Braccia e gambe sono leve e il corpo è il fulcro. L’anca è il fulcro di movimento della gamba. E la muscolatura profonda, in questo ciclismo sempre più avanzato, è molto importante.

Perché?

Perché per supportare i watt che sprigiona quel muscolo bisogna che il fulcro sia sufficientemente forte. Se ho, dico numeri a caso sia ben chiaro, 1.000 watt e il fulcro ne sostiene 700, ai pedali ne arrivano 650-700. Non si tratta più come si faceva un tempo di aggiungere watt e basta. Anche perché così facendo si aumenta la massa e quindi aumentano il peso, il fabbisogno energetico e anche il rischio d’infortuni. Dunque il ciclista non è più funzionale. E questo modo di intervenire (e ragionare, ndr) non riguarda solo i ciclisti. Anche nell’atleta per esempio è così…

E infatti stavamo giusto pensando agli sprinter, che sono meno ipertrofici di un tempo…

Esatto, hanno una struttura più affusolata. Migliorando la stabilizzazione, quindi la muscolatura profonda, sfrutti meglio gli arti. E’ semplice: bisogna immaginarla come il telaio di una macchina. Più questo è rigido e più si è prestazionali.

Oggi il fisico dei corridori è più “muscolato”, ma anche più equilibrato di un tempo in cui regnava l’ipertrofia delle gambe. Qui Almeida
Oggi il fisico dei corridori è più “muscolato”, ma anche più equilibrato di un tempo. Qui Almeida
Sei stato chiarissimo… 

C’è poi un discorso più ampio che coinvolge il controllo motorio, cioè la capacità del cervello di reclutare tutti i muscoli. E se il cervello riesce a sfruttare il 100 per cento delle fibre a disposizione, anche quelle in profondità, aumenta la forza.

E come si fa? Come si lavora sulla muscolatura profonda?

Ci sono diversi esercizi, soprattutto quelli in instabilità: tavole propriocettive, palloni instabili… Io uso il redcord. Ma questo vale per tutti gli sport.

E nel ciclismo si lavora solo sulle gambe? O ci si concentra anche sul resto?

No, no… non solo sulle gambe. La mentalità sta cambiando anche nel ciclismo. Nel ciclismo si lavora molto sulla cintura pelvica, quindi il core vero e proprio, la zona del bacino. Le gambe poi non hanno muscolatura profonda, ma ce l’ha il tronco. E quella parte di ossa più vicino al tronco. E’ appunto la muscolatura che stabilizza. Spesso quando i ciclisti si muovono troppo sulla sella con il bacino è perché mancano della muscolatura profonda e sono instabili. A parità di allenamento in quei 200 chilometri faranno più fatica e disperderanno più energie.

Il plank è uno degli esercizi più semplici ma efficaci per curare la muscolatura profonda (foto @foodspring)
Il plank è uno degli esercizi più semplici ma efficaci per curare la muscolatura profonda (foto @foodspring)
Quali sono gli esercizi specifici più importanti?

Come detto, io uso il Redcord, che è un sistema a sospensione il quale permette di fare anche esercizi a corpo libero. Un altro metodo è il plank, molto usato da i corridori. E con questo non lavora solo la cintura pelvica, ma anche il resto. E va bene. Poi ci sono gli esercizi del core quelli più classici.

Quante volte ci si lavora?

Se i ragazzi riuscissero fare un’ora tre volte a settimana sarebbe ottimale. Determinante, direi. Aiuta davvero molto. Bisogna pensare che è una parte integrante dell’allenamento. Ma tante volte, specie alle corse, sembra impossibile incastrare questi momenti. Io so che quei 15′ di esercizi prima della gara sono importanti, ma inserirli nella logistica sembra impossibile. Una volta c’era la teoria che bastava solo pedalare e che il massaggiatore curava le gambe e preparava i rifornimenti. Adesso non è più così, specie nella nostra squadra, dove Mauro Gianetti (team manager della UAE, ndr) dà molta importanza a questi aspetti.

E’ cambiato tutto e non sono più aspetti marginali. E’ vero…

Oggi siamo ad un livello incredibile. Analizziamo ogni aspetto. Ci sono atleti che se hanno la bocca aperta rendono in un modo e con la bocca chiusa in un altro, perché magari gli si blocca un muscolo. Una volta se una gamba era meno potente dell’altra, si faceva lavorare di più per compensare. In realtà era sbagliato, perché non si andava alla causa, ma si curava l’effetto. Non ci si chiedeva perché quella gamba spingesse di meno.

Mal di gambe, cos’è? Ce lo spiega “Fred” Morini

19.06.2023
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E’ l’altra parte della medaglia, uno degli emblemi del ciclismo: il mal di gambe. Spesso si lotta con questo elemento più che con gli avversari e tante volte se lo si batte capita anche di vincere. Recentemente è stato Van Aert stesso a ricordarlo: «Riesco a soffrire molto, a battere il mal di gambe». Ma è sempre lo stesso? Ce ne sono vari tipi? 

Federico “Fred” Morini, massaggiatore ed osteopata della nazionale, ci aiuta a rispondere a queste domande. Proprio con lui in qualche modo avevamo iniziato a parlarne già questa primavera, quando ci raccontò dei dolori che lascia una Parigi-Roubaix nel corpo di un corridore.

Morini, incontrato al via dell’ultima Roubaix, è uno dei massaggiatori della nazionale
Morini, incontrato al via dell’ultima Roubaix, è uno dei massaggiatori della nazionale
Fred, partiamo proprio da dove ci “eravamo lasciati”, dal mal di gambe di una Roubaix. Che differenze ci sono rispetto a quello che magari lascia un tappone dolomitico?

Se partiamo da una Roubaix va detto che i primi classificati di mal di gambe ne hanno poco, ma gli altri ne possono avere tanto! Una corsa simile genera dei traumi, non si tratta solo di fatica. Quei sobbalzi creano appunto dei traumi muscolari che spesso si protraggono nel tempo.

Cosa succede nelle fibre muscolari? Ci sono delle differenze, proprio tu che poi magari ci metti le mani, le senti nei polpastrelli?

Sì, sono tante piccole contratture perché le fibre stesse vengono stressate a causa dello sforzo e delle tante vibrazioni. Nelle mani mi sembra di sentire come se l’atleta ha preso qualche colpo sulla coscia, sul polpaccio… Sento proprio un dolore traumatico, dovuto alle vibrazioni che creano traumi più esterni ma anche interni. E il muscolo ha bisogno ovviamente di più di tempo per poter drenare, ma soprattutto per poter recuperare. E’ diverso da una tappa dolomitica, perché quello è un mal di gambe generato da un insieme di fattori.

Quali?

Accumulo di acido che magari non sono stato in grado di smaltire bene perché la mia condizione non è ottimale. In quel caso dopo la gara o anche durante la notte a seguire, questo mal di gambe può dare delle sensazioni quasi di calore estremo, di bruciore… e quella è vera fatica. Si avverte una grande striatura della fibra muscolare.

La fatica di Filippo Zana al termine della crono del Lussari. Un grande accumulo di acido lattico
La fatica di Filippo Zana al termine della crono del Lussari. Un grande accumulo di acido lattico
Striatura…

Sì, l’acido lattico crea una sorta di striatura, di “striscia”. C’è una fibra molto “strofinata”, così si dice tecnicamente, nel senso che è molto stressata e al tempo stesso anche disidratata, perché il muscolo è carico di acido. In quel caso ci sono più fattori: l’accumulo di acido, la disidratazione, lunghe contrazioni per molto tempo, condizione fisica non ottimale… e chi non è uno scalatore in teoria ne soffre di più. Un po’ come i non-specialisti della Roubaix. Mentre chi ha una grande condizione, magari la mattina dopo  può sentire la gamba un po’ imballata, nel senso che ha perso quella qualità di elasticità, ma dopo i primi chilometri torna in condizioni buone. 

Gli specialisti recuperano prima…

Avendo accumulato meno acido lattico e avendo una condizione migliore, e quindi una fibra più ossigenata e più idratata, recuperano prima. Anche il battito cardiaco è migliore, pertanto il trasporto di ossigeno ai muscoli e la conseguente evacuazione dell’acido avviene più rapidamente rispetto ad un corridore che magari fa parte del cosiddetto gruppetto o tiene le posizioni con i denti.

Gli azzurri della velocità. Questa specialità richiede uno sforzo anaerobico e contrazioni muscolari violente
Gli azzurri della velocità. Questa specialità richiede uno sforzo anaerobico e contrazioni muscolari violente
Fred, abbiamo parlato del mal di gambe traumatico della Roubaix, quello da fatica e disidratazione di un tappone di montagna… Quale potrebbe essere un altro tipo di mal di gambe?

Penso a quello dei pistard, perché è un’altro tipo di sforzo. Uno sforzo concentrato in pochissimo tempo in una fase fisica chiamata anaerobica. Quel mal di gambe è creato dall’insieme di contratture che si formano all’interno del muscolo. I pistard sentono la gamba più rigida rispetto ad un “corridore standard” della strada. Anche se, senza fare nomi, posso dire che subito dopo il Giro d’Italia un atleta si è presentato a studio e aveva un mal di gambe di questo tipo.

E non aveva girato in pista…

Esatto, aveva un bruciore importante. E per sua stessa ammissione ce lo aveva forse anche un po’ prima della domenica. «Forse perché dopo l’ultima tappa dura mi sono un po’ rilassato», così mi ha detto. «Quando vado a letto sento un bruciore». Ecco, quello è un classico dolore dettato dall’accumulo di fatica ripetuto. Tanto accumulo di acido lattico e valori ematici meno brillanti… il muscolo diventa ricco di stanchezza e stress. Nell’altro caso dei pistard invece, il dolore può essere dato proprio da contratture. Soprattutto per i velocisti puri.

I polpacci sono tra i muscoli più stressati da parte dei velocisti. Qui un trattamento di digitopressione
I polpacci sono tra i muscoli più stressati da parte dei velocisti. Qui un trattamento di digitopressione
Perché?

Perché sono abituati a lavorare con rapporti importantissimi. Manifestano un dolore puntiforme. Loro stessi avvertono una contrattura. Come una lama puntata in quel punto. E se tu non li tratti, non li massaggi, non vai a fare degli allungamenti specifici, questa non passa così facilmente.

Altra tipologia di mal di gambe?

L’ultimo dei dolori può essere il dolore irradiato. Che cosa significa? Nel nostro corpo si formano delle zone di dolore… nella coscia piuttosto che nel polpaccio. Quelli sono dolori che sono generati dai cosiddetti “trigger point”.

Di cosa si tratta?

Sono delle aree di grande densità del tessuto. Il muscolo si “densifica” sia in superficie, che nel profondo delle fibre muscolari. Se lo si va a trattare con una digitopressione, il corridore stesso ti dice: “Sento fastidio in quel punto, ma se mi tocchi il dolore si espande”. Questo perché c’è tanta tensione concentrata in quel punto (trigger point, ndr) e questo richiama a sé un po’ tutte le fibre. Allora io massaggiatore devo cercare di allentarlo con delle tecniche di digitopressione. 

Cosa c’è nella valigia del fisioterapista?

01.11.2020
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Spesso dietro le grandi prestazioni dei corridori ci sono anche loro: i fisioterapisti. Sì, fisio, non più “semplici” massaggiatori. Oggi questa figura svolge un ruolo molto più ampio. Il massaggiatore è osteopata, fisioterapista, chiropratico, psicologo… per questo la sua valigia è sempre più grande.

Ci siamo chiesti cosa metta un massaggiatore nella valigia, quando parte un per Giro, per una corsa, per una tournée in pista… Domanda alla quale ha risposto Federico “Fred” Morini, ex corridore ed ora fisioterapista della nazionale.

Strumenti “collaterali”…

«Effettivamente – dice Fred – la valigia è ricca di tante cose. Ci sono gli strumenti del tuo lavoro pensati in funzione di ciò che strettamente devi fare agli atleti e quello che devi portare per farli stare bene. Mi spiego. La stanza deve essere bella. Una buona musica e una cassa che si senta bene, una macchina del caffé non possono mancare… Quando il corridore entra nella stanza lo devi accogliere».

Il taping, metodo sempre più usato
Il taping, metodo sempre più usato

…e strumenti tecnici

«Da alcuni anni si usa molto la tecarterapia. Un macchinario che rilascia calore e che viene usato per sfiammare, per i dolori, per raggiungere l’interno di un muscolo molto stanco. Poi ci sono le fasce o bende, abbiamo i set come i coltelli del cuoco. Servono per lavorare sulle fasce muscolari, che sono poi gli “involucri” dei muscoli. Bisogna dare mobilità al muscolo, facilità d’azione e favorire la “comunicazione biologica”: liquidi, tossine, membrane, acido lattico… tutto deve scorrere meglio, per dirla in modo molto semplice».

Le creme

«Magari non saranno strumenti in senso stretto, ma le creme servono moltissimo. Un bravo massaggiatore è colui che va a ricercare quelle con determinate proprietà. Ce ne sono tante e non sempre è scontato trovarle. Quella che in gergo è definita la “passata e via”, con un po’ d’olio non si fa più. Se lo fa non è un massaggiatore aggiornato».

Un libro di anatomia

«Una cosa che secondo me non deve mancare mai e che almeno non manca nella mia valigia è un libro di anatomia. Questo ti può dare qualcosa in più e tu puoi dare qualcosa in più ai corridori. C’è sempre da imparare, capire, sperimentare. E massaggiare non è semplice in certi casi. Il problema maggiore è il tempo. Spesso ne hai poco e non riesci a completare il trattamento come andrebbe fatto. Tanto più che oggi il livello è alto e ad ogni tappa o ad ogni corsa ci sono almeno sei favoriti e tanti outsider».

Mani e ricerca

«L’80 per cento degli strumenti restano le mani, poi c’è tutto il resto. E in questo resto metto anche ricerca ed entusiamo. La voglia di scoprire, di dare e fare qualcosa di più. E per farlo serve entusiasmo. Con la nazionale per esempio abbiamo sviluppato il kinesiotaping, sapete quei nastri colorati che sempre più spesso si vedono sui muscoli dei ragazzi? Se avete notato non sono più solo lineari ma anche a “cerchi”. Migliorano il recupero, lo smaltimento dell’acido lattico, aiutano i recettori muscolari. E questo è stato frutto di laboratorio con la nazionale. E non ci fermiamo. Lo estenderemo anche a tutto il resto del corpo».

Morini (sullo sfondo) e Ganna ai mondiali su pista di Berlino
Morini e Ganna ai mondiali su pista di Berlino

Psicologo

«Oggi il massaggiatore non tratta solo i muscoli. Deve saper ascoltare (Fred ha anche una laurea in psicologia, ndr) perché i ragazzi si confidano e magari sentendoli parlare capisci meglio di cosa hanno bisogno. Prima della crono iridata, mentre eravamo già sul bus, Ganna mi ha chiesto un trattamento diaframmatico. Lui scherza è giovane, ma è un vero campione anche in questo. Stava bene, ma un po’ di tensione ce l’aveva, era pur sempre un mondiale. Aver richiesto un mio intervento in quel momento è un attestato di stima. Mi lascia qualcosa sia sul piano lavorativo che su quello emotivo. Pippo avrebbe vinto comunque, ma mi piace sapere che un piccolo aiuto l’ho dato. Con quei 20′ di manipolazione si è rilassato e ha aperto al massimo i polmoni».

Il fiosioterapista umbro è davvero inarrestabile. Il prossimo obiettivo sarà un corso di osteopatia negli Stati Uniti. Ha voglia di aggiornarsi e fare di più. Per ora lo troviamo solo con la maglia della nazionale. Ha un grande centro medico (in espansione) a casa e non vuole lasciarlo, ma neanche vuole uscire dal ciclismo e dal mondo dello sport. Chissà quale sarà il suo prossimo strumento.