Se Nibali ha ammesso di aver seguito la presentazione del Giro con occhi da corridore, figurarsi che cosa avrebbe potuto dire Alejandro Valverde che da lunedì sarà in ritiro con la Movistar, prima di andare in Giappone per correre i circuiti del Tour e poi finalmente in vacanza.
«Mi sto riposando per quello che mi lasciano – racconta con voce rauca dalla Spagna – non mi fermo mai. Si va di qua e di là, tanti impegni. Non ho ancora capito di aver smesso, perché come è iniziata, la stagione poi è finita e uno non lo nota. Quando comincerà il prossimo anno, allora forse me ne accorgerò…».
Bottino di 144 vittorie
Alejandro Valverde, spagnolo di Murcia, 42 anni. Alto 1,77 per 61 chili. Professionista dal 2002 al 2022, con 144 vittorie al suo attivo, fra cui 4 Liegi, 5 Freccia Vallone, la Vuelta e un mondiale. Alla fine ha scelto di ritirarsi, come Nibali che ha 4 anni in meno e di Rebellin che ne ha 9 di più.
«Era tempo di fermarsi – ammette – perché non aveva senso aspettare ancora. Però è certo che interiormente mi sento capace di correre ancora almeno per un altro anno. Il fatto è che non è necessario. Ci sono quelli che non riescono a smettere. Io credo che continuerò a fare sport, non voglio cambiare. Continuerò a vivere come ora, ma senza gare e senza stress. Magari non avrò un obiettivo da raggiungere, però la mia routine sarà molto simile a quella di adesso».
Il sesto posto al Lombardia è stato una vittoria mancata o un bel modo per salutare?
Il miglior modo per salutare. In generale, in tutte le corse fatte in Italia, tutta la settimana che siamo stati da voi è stata buona per me e per la squadra. Ce la siamo goduta molto. Il verbo “disfrutar” è sempre stato la mia regola.
Ci sei sempre riuscito?
Quasi sempre. E’ certo che sulla bici si soffre e a volte non la vivi come vorresti, perché magari non ti trovi bene e il tempo non ti passa come vorresti. Però in generale, il 95 per cento della mia carriera me la sono goduta.
Tanti corridori a fine carriera smettono di vincere perché non riescono più a fare le necessarie rinunce. Come è stato pe te?
Il ciclismo è stato sacrificio, però è certo che non mi è mai costato tanto. Lo sopportavo abbastanza bene. Il fatto di curarmi mi faceva stare bene, semmai stavo male quando non ci riuscivo. Mi dava piacere perché stavo facendo le cose nel modo giusto e poi non restava che dimostrarlo sulla strada. Il fatto di riguardarmi a tavola, per esempio, mi piaceva.
Unzue ha parlato di un ruolo per te nella Movistar del futuro: tu cosa pensi?
Per ora abbiamo il ritiro a partire da lunedì e ci sarò anche io. Definiremo quale sarà il mio ruolo nella squadra. Vedremo. Credo che sia importante il fatto di esserci, seguire le corse. Potrei occuparmi dell’immagine all’interno della squadra per il gruppo Telefonica, staremo a vedere.
SI dice che Mas al Tour abbia pagato la tua assenza, pensi sia possibile?
Di Mas me lo hanno detto tanti, anche Eusebio Unzue. Il fatto di avermi accanto può essere che gli portasse tranquillità, non solo a lui, ma a tutta la squadra. Non so di preciso cosa gli sia successo perché non ero lì. Ma è certo che ha avuto un cambio di chip molto buono. Dopo il Tour era già un altro Enric.
Hai vinto tutte o quasi le grandi classiche e anche una Vuelta. Significa che se avessi voluto, saresti potuto essere un uomo da Giri?
La Vuelta mi è sempre piaciuta molto. Il fatto di averla vinta mi ha permesso di dimostrare che potevo essere un corridore di tre settimane. Non solo perché l’ho vinta, ma perché ho anche fatto dei secondi posti, un terzo, il podio al Tour, varie volte quarto, terzo al Giro. Sono stato un corridore da classiche, ma anche da grandi Giri, per il fatto di essere sempre stato nei primi dieci.
Avresti mai potuto per un anno puntare tutto su un Giro e non pensare ad altro?
Mai. Non avrei potuto rinunciare a tutto per un solo Giro. Sarebbe stato difficile non provare a vincere altre corse come le classiche. Non mi sarebbe piaciuto puntare su un solo obiettivo tutto l’anno. Non mi piace, ho sempre preferito lottare su più traguardi. Una sola corsa all’anno non è per Alejandro.
Ti ha dato più allegria la Liegi o il mondiale di Innsbruck?
Più il mondiale della prima Liegi. Il mondiale è la vittoria che mi ha dato più felicità, che mi sono goduto di più.
Pozzovivo ha detto che per confrontarsi con i giovani fortissimi di adesso è stato costretto a lavorare molto di più…
Io come lui. Il ciclismo è molto più esigente di quanto fosse prima. Il livello al top si è alzato, ma anche quello intermedio. Se vuoi essere competitivo, devi curarti molto di più, devi allenarti di più e riposarti di più. Devi fare tutto più di prima.
Ed era meglio prima oppure adesso?
Prima il ciclismo era diverso e mi piaceva. Ora è diverso, però mi piace più quello di adesso.
Sul traguardo della quarta Liegi, indicasti il cielo dedicandola a Scarponi. Pochi anni prima la tua squadra aveva salutato Xavi Tondo. Com’è stato lasciare lungo la strada degli amici?
La verità è che è difficile quando perdi compagni e amici così buoni, è molto triste. Però questa è la vita, a volte viene il meglio e a volte il peggio. Devi affrontarla come viene. Mi sono divertito molto con loro, abbiamo passato un buon tempo insieme e spero, dovunque siano, che seguitino a volerci bene e a divertirsi guardandoci.
Farai un po’ di vacanze dopo il ritiro della prossima settimana?
Abbiamo un viaggio a Singapore, quindi a Tokyo per i criterium e andremo solo io e Natalia. Poi andremo in Costa Rica e al Giro de Rigo con tutta la famiglia. Tutti meno Alejandro, che ha una partita. Il calcio gli piace molto.
Piuttosto, cosa dicono a casa della tua scelta di ritirarti?
I miei figli vorrebbero che corressi ancora. Però sono contenti che finisco e sono contento di passare più tempo con loro.
Continuerai a raderti le gambe?
Non mi farò mai crescere i peli. Continuerò a depilarmi, non riesco a immaginare le gambe con i peli lunghi. E’ brutto vedere un ciclista con i peli.
Sarà strano andare alle corse e non trovare più Nibali e Valverde.
Sarà strano anche per noi, ma dobbiamo tutti abituarci alla novità. Ce la faremo, alla fine ci abituiamo a tutto
Te ne vai con un buon sapore in bocca?
Gli ultimi giorni mi hanno dato tanta allegria. Perché come ho detto prima, le sensazioni erano molto buone. Le mie e anche quelle della squadra. Quando uno sta bene e si diverte, va tutto bene. Mi dico: «Cavoli mi ritiro con un grande livello e potrei fare un anno in più». Però è meglio ritirarsi così e la gente ti ricorda come uno che si è ritirato quando era ancora in cima, piuttosto che ti ricordi perché non andavi più avanti.
Una risata. L’appuntamento alle prossime corse. Poi in sottofondo le voci dei ragazzi lo richiamano in modo fragoroso. Benvenuto nella tua vita normale, grande “Bala”, sarà sempre un piacere parlare con te.