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Il mondo Gobik, storia spagnola di lavoro e passione

26.04.2023
9 min
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YECLA (Spagna) – La città arriva all’improvviso dopo circa un’ora di guida fra paesi, montagne e spianate riarse dal sole. La stagione è secca, il termometro riporta 27 gradi e i notiziari parlano di penuria d’acqua, al pari di quello che avviene in Italia. Quando parcheggiamo davanti alla sede di Gobik ci guardiamo intorno, cercando di dare una dimensione all’azienda di abbigliamento che in così pochi anni ha scalato le gerarchie mondiali (apertura foto Victor Julian Restarts)

I titolari l’hanno voluta qui sin dalla fondazione nel 2010, nella cittadina di 35 mila abitanti alle porte delle salite su cui loro per primi si arrampicavano in bicicletta. Se ami a fondo la tua terra, lavorare per restituirle qualcosa viene da sé. Gobik è un’azienda di ciclisti che lavora per i ciclisti. Dopo qualche ora con Mariana Palao Ureña, responsabile delle vendite, e Alfonso Llorens Zabala, country manager, questa è la sensazione che se ne trae.

Mariana Palao Ureña e Alfonso Llorens Zabala sono stati le nostre guide alla scoperta di Hobik
Mariana Palao Ureña e Alfonso Llorens Zabala sono stati le nostre guide alla scoperta di Hobik

I giusti segreti

Dopo un rapido tour nella palazzina degli uffici, al cui pianterreno una volta si svolgeva la produzione mentre ora vi si affrontano le lavorazioni fuori programma per le squadre e gli eventi, la visita alla nuova sede lascia senza fiato. Nei poli industriali di Yecla si producono soprattutto mobili e Gobik ha rilevato proprio il capannone di un mobilificio e lo sta trasformando in un centro produttivo di 15 mila metri quadrati: ugualmente alle porte delle montagne e a distanza minima dalla sede centrale. Abbiamo camminato in mezzo alla produzione, ma non abbiamo potuto fotografare tutto: quel che abbiamo visto ci ha dato però il chiaro senso dello sviluppo.

«E’ come quando inviti qualcuno a casa – sorride in modo fermo Mariana – e tieni alcune porte chiuse. Vogliamo difendere la nostra intimità, non è necessario che tutti vedano tutto. Quello che facciamo viene pensato e studiato a fondo, non possiamo insegnarlo agli altri».

Quasi 200 famiglie

Attualmente i dipendenti Gobik sono circa 180, più altri 50 collaboratori che non vivono costantemente in azienda. I numeri sono raddoppiati, anche per rispondere alla crescita quasi incontrollata che si è scatenata dopo la pandemia. Ora che invece il ritmo ha ripreso un andamento gestibile, lo sviluppo prosegue secondo strategie definite.

«La pandemia ci ha colpito – spiega Mariana – ma non ci ha danneggiato. Quando tutto si fermò, noi pensammo che c’erano comunque 200 famiglie che contavano su Gobik. E visto che avevamo il necessario per andare avanti con la produzione, appena abbiamo avuto il via libera per ripartire, ci siamo fatti trovare pronti. Quando l’azienda è stata riaperta, il lavoro è ripreso forte. Non ci siamo fermati. In certi casi, si nuota o si va a fondo. E noi abbiamo nuotato».

L’obiettivo di vincere

La produzione per i team è su misura e dà vita alle varie collezioni. Il 50 per cento dei capi in vendita deriva infatti dai test eseguiti con gli atleti nelle situazioni più estreme: dal grande freddo al grande caldo.

«L’obiettivo di un professionista – prosegue Mariana – è vincere le corse. E quando non trova quello di cui ha bisogno, va a cercarsela altrove, anche fra marche non ufficiali. Noi siamo orgogliosi che con noi non accada. Il nostro motto è non essere conformisti e questo significa che ogni cosa deve essere perfetta, anche se significa far saltare gli schemi. Se un prodotto esce sul mercato, siamo sicuri che funziona bene. E’ un processo difficile, ma necessario».

Fra qualità e marketing

La collezione si affronta in media un anno e mezzo prima della sua uscita, affinché sia pronta nove mesi prima del lancio. Parliamo nella sala riunioni, con la linea dedicata alla Nove Colli sul tavolo ed è immediato capire che alla qualità del prodotto sia affiancata una sapiente azione di marketing: i due aspetti sono complementari.

«Qualità e marketing – dice Mariana – sono importanti, ma se non hai il prodotto, c’è poco da spingere. Agli inizi, quando lavoravamo su collezioni personalizzate, non avevamo un grande marketing: tutto si basava sul passaparola. Poi è arrivato il sito internet, sono arrivati i social e i testimonial. In quel momento alla qualità del prodotto si è affiancata un’azione di marketing, sempre difendendo la qualità del prodotto. Del resto, se fornisci i tuoi capi ai professionisti e testimonial come Contador e Basso, devi essere sicuro di dargli un ottimo prodotto».

Nonostante tutto sia molto industrializzato, l’azione dell’uomo è necessaria
Nonostante tutto sia molto industrializzato, l’azione dell’uomo è necessaria

Il ruolo dei pro’

Il rapporto con le squadre, per Gobik come per tutte le altre aziende che sviluppano i propri prodotti, è una importante chiave di volta. I professionisti richiedono flessibilità e hanno la grande capacità di individuare e comunicare quel che funzione e quello che non va. Ad oggi Gobik veste il Movistar Team, il Team Eolo-Kometa e la FDJ-Suez-Futuroscope di Marta Cavalli.

«Ci appoggiamo ai corridori più pignoli – spiega Alfonso, che parla un ottimo italiano avendo vissuto a lungo a Milano – quelli che chiedono sempre delle migliorìe. Con loro si lavora quasi esclusivamente su misura. Le taglie standard sono quelle, però poi bisogna fare caso alle aree di provenienza degli atleti. La taglia M in Belgio richiede una lunghezza superiore, perché mediamente i belgi sono più alti. Per cui a quel punto si va sul personalizzato. Il segreto per durare tanto con loro? Seguirli nelle corse. Stare con loro. Li accompagniamo nei ritiri e nelle gare più importanti e alla fine ci riconoscono, ci guardano in faccia e noi siamo lì per supportarli».

Si lavora alla cucitura dello smanicato della collezione gravel: la stessa usata da Valverde nei giorni di Berja
Si lavora alla cucitura dello smanicato della collezione gravel: la stessa usata da Valverde nei giorni di Berja

Tutto in casa

Nella nuova sede, come pure nella vecchia, i dipendenti hanno un rimessaggio per le bici e una serie di spazi relax: la dirigenza, spiegano, spinge verso la pratica sportiva, con la convinzione che uno sportivo ha più criterio e disciplina anche nel lavoro. Nascerà una ludoteca: il tutto nel giro di un anno, questa almeno la stima per la fine dei lavori.

«Siamo orgogliosi – riprende Mariana – di essere una marca spagnola che lavora in Spagna. Abbiamo il 95 per cento della produzione in casa e solo pochi articoli, pur progettati in sede, vengono affidati fuori ad aziende che dispongono di macchinari speciali. I guanti ad esempio li facciamo in Italia, ma l’obiettivo è avere tutto qui, perché ci dà più libertà. Producendo in casa, possiamo controllare tutto. Se producessimo in Bulgaria o in Cina, non avremmo la serenità giusta».

Il mercato italiano

Questa la sintesi di un viaggio molto interessante, nella casa di un’azienda che ha individuato anche negli eventi il modo per farsi conoscere. Sono prodotte da Gobik le maglie per la Nove Colli, per la Dolomiti Superbike, la Mallorca 312, la Mont Ventoux e le Gran Fondo Series di Specialized che si aprirà il prossimo fine settimana con la Fenix Bra Bra.

«In Italia stiamo crescendo – conclude Alfonso – anche grazie alle manifestazioni. E crediamo che una buona rete vendita sia necessaria, anche a prescindere dall’online. I numeri si fanno con gli amatori e le persone devono avere la possibilità di vedere il marchio Gobik, di toccarlo con mano. Va bene tutto quello che permette all’ecosistema di mantenersi. E i negozi a loro modo sono piccoli ambassador dell’azienda. Il punto di primo accesso».

Valverde, il signore della Freccia raccontato da Visconti

18.04.2023
7 min
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Domani la Freccia Vallone porterà sul Muro d’Huy tifosi e storie da raccontare. Quel budello ripido e silenzioso, che si inerpica lungo le Chemin de Capelles, per un giorno diventerà un’arena selvaggia. L’ultima vittoria italiana porta la firma di Rebellin: sembra ieri che lo intervistammo per parlarne, invece è passato più di un anno e nel frattempo quel dannato camionista, di cui non si sa più nulla, gli ha rubato la vita.

Oggi però vogliamo raccontarvi la Freccia e le Ardenne con gli occhi di Giovanni Visconti, che le ha vissute accanto a uno dei più grandi di sempre: Alejandro Valverde, che detiene il record di cinque vittorie a Huy e ha vinto quattro a Liegi.

Visconti e Valverde hanno corso insieme dal 2012 al 2016: l’anno successivo, Giovanni passerà al Bahrain
Visconti e Valverde hanno corso insieme dal 2012 al 2016: l’anno successivo, Giovanni passerà al Bahrain
Valverde lo conoscevi prima di andare alla Movistar nel 2012?

No, lo conobbi lì. Il primo approccio fu un messaggio Whatsapp. Chiesi il numero a Unzue, perché sapevo che Alejandro rientrava dalla squalifica e gli scrissi l’ammirazione che avevo e che ero strafelice di andare in squadra con lui.

E lui?

Più contento di me. Quell’anno rientrò con una vittoria al Tour Down Under, ma quando arrivammo ad Amorebieta ed eravamo in fuga noi due con Igor Anton, gli chiesi se potesse lasciarmi vincere e lui non fece neanche un’obiezione. Fu la prima vittoria in maglia Movistar.

Tu avevi già fatto le classiche con Bettini alla Quick Step, trovasti punti in comune?

Due situazioni completamente diverse. Paolo era molto meno metodico, Valverde sapeva cosa avrebbe fatto e cosa avrebbe mangiato ogni giorno fino alla gara. Bettini faceva le cose come gli venivano, anche perché in quegli anni il ciclismo era meno scientifico sul fronte della preparazione e dell’alimentazione. A colazione la Nutella non doveva mancare mai.

Il suo massaggiatore Escamez lo accoglie ogni giorno col suo bibitone proteico, poi sotto col riso e tonno
Il suo massaggiatore Escamez lo accoglie ogni giorno col suo bibitone proteico, poi sotto col riso e tonno
Invece Valverde?

Non era mai nervoso, però era schematico. Il suo massaggiatore Escamez, quando finivamo l’allenamento, gli faceva trovare un piattino di riso col tonno. Faceva così anche di pomeriggio. Intorno alle 17, si faceva portare lo stesso riso e lo faceva mangiare anche a me, che spesso ero suo compagno di camera. Mi diceva: «Come, come», mangia, mangia! E mi spiegava che me lo sarei ritrovato nelle gambe nel giorno della corsa. A tavola poi era anche più preciso.

Cioè?

Se nel piatto avevano messo più riso, lui lo scansava. Se doveva mangiare due pezzettini di pollo, il terzo lo scansava. Il bicchierino di birra, quello ci poteva stare. E spesso anche una pallina di gelato. Però se gliene portavano due, una la lasciava. Non c’era verso, non sbagliava mai. Ed era così anche a casa, perché sono stato da lui ad allenarmi. Io credo che in tutta la vita da corridore abbia mangiato solo riso bianco col tonno, oppure pollo. E anche in bici non scherzava.

In che senso?

Era maniaco dell’integrazione. Durante il giorno si prendeva i suoi 20 grammi di proteine, voleva la borraccia con le maltodestrine e gli aminoacidi. E anche in gara voleva che avessi le borracce identiche alle sue.

Com’era fare le ricognizioni sui percorsi?

Alejandro le faceva in maniera molto tranquilla. I primi tempi, ma questo riguarda la Liegi, sulla Redoute capitava di incontrare Florio (un italo-belga, grande tifoso di Giovanni, ndr) con la sua famosa torta di riso e un paio di volte ci siamo anche fermati. Negli ultimi tempi no, perché più passavano gli anni e più sapeva di non poter sbagliare neanche una virgola.

A livello di tensione, Freccia e Liegi per Valverde erano la stessa cosa? 

Uguale. Il suo programma era quello è lo stile di vita identico dalla mattina alla sera. Ci si distraeva solo la sera dopo la Freccia, magari si andava a mangiare fuori. Una volta che aveva vinto ci portò in un posto bello a Maastricht. Lui mangiò un piatto di riso o comunque cercò di avvicinarsi il più possibile alla sua alimentazione, mentre tutti noi ordinammo il sushi.

Sulla Redoute con Quintana: mancano tre giorni alla Liegi del 2015
Sulla Redoute con Quintana: mancano tre giorni alla Liegi del 2015
Si faceva anche la ricognizione sul Muro d’Huy?

Sempre. Col pullman ci fermavamo in basso, davanti a una scuola sulla sinistra con un muro molto alto, e lanciavamo le borracce ai bambini. Era un vero rituale, come pregare allo stesso modo tutti i giorni. Sempre la solita preghiera, che non cambiava mai.

Il Valverde della vigilia era nervoso?

Anche se era concentrato, il suo pregio era essere proprio un bambinone. Glielo dicevo sempre: «Tu sei capace solo di andare in bici». Infatti non riesce a smettere e lo ha sempre fatto col sorriso, perché è proprio quello che gli è piaciuto fino a 42 anni. L’ha fatto sempre seriamente, ma sempre con buon umore e scherzando. Sul pullman faceva lo scemo, certi scherzi è meglio non raccontarli (ride, ndr).

Si capiva dalla vigilia che avrebbe vinto?

Si capiva che avrebbe lottato per vincere, come in ognuno dei cinque anni che sono stato al suo fianco. Non c’era una sola gara in cui non volesse farlo. Si capiva casomai quando aveva una giornata storta, ma io penso che mi sarà successo al massimo due volte. 

In Belgio c’era spesso la sua famiglia…

La portava perché il 25 aprile è il suo compleanno e la Liegi è sempre in quei giorni. Nessuno gli ha mai fatto storie, anche perché Valverde era la squadra, quindi nessuno si permetteva di dire nulla. Forse per come è oggi, con le squadre tutte chiuse, anche lui avrebbe qualche problema.

Che ruolo avevi al Nord con lui? 

Gli stavo accanto, sempre. Ho partecipato a tre vittorie: una Liegi e due Freccia. Avevo capito da subito come voleva essere trattato e tante volte, anche se non era vero, gli dicevo quanto fosse tirato e che grande gamba avesse. Lui si girava e lo vedevi che era più motivato. Magari cavolate così gli davano l’uno per cento in più. Per il resto ho tirato tanto nei momenti decisivi della corsa dalla Freccia al Lombardia, passando per la Liegi e il Giro.

L’abbraccio a Sant’Anna di Vinadio, dopo il sacrificio che permise a Valverde di arrivare sul podio del Giro 2016
L’abbraccio a Sant’Anna di Vinadio, dopo il sacrificio che permise a Valverde di arrivare sul podio del Giro 2016
Che cosa hai imparato da Valverde in quegli anni?

Mi ha dato una grande lezione di umiltà. Io che ero super permaloso, da lui ho imparato anche a sapere arrivare secondo o essere d’aiuto ed essere ugualmente felice un compagno. A Sant’Anna di Vinadio nel Giro 2016, mi fermarono dalla fuga per aspettarlo e tirare 500 metri per lui: normalmente mi sarei stranito. Invece lui è arrivato, mi ha abbracciato e mi ha messo davanti agli occhi l’umiltà di un immenso campione. Quel gesto fu meglio di ogni ricompensa.

Gaviria è puro talento, ma allenarlo non è affatto semplice…

04.02.2023
6 min
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Leo c’è abituato agli atleti faticosi e forse per questo, quando Gaviria ha firmato per il Movistar Team, hanno pensato di affidarlo a lui. Quando però ha sentito le dichiarazioni del colombiano dalla Vuelta a San Juan, sul fatto di dover perdere qualche chilo e fare i lavori specifici, Piepoli è rimasto senza parole.

«In Argentina non c’ero – racconta l’allenatore pugliese – quindi posso parlare di quello che mi arrivava. Per me è stata una grande sorpresa, qualcosa che nessuno si aspettava, il fatto che Fernando sia stato un uomo squadra, nel senso di dirigere i compagni, consigliarli, insegnare loro come fare un treno. E poi si è messo a disposizione il giorno della tappa di montagna. Ha dimostrato le cose che nessuno immaginava e questo è molto positivo».

Lastras ci ha raccontato che la richiesta di Fernando era stata di avere un solo uomo per il finale.

La sua richiesta era stata questa, effettivamente. Non voleva disturbare gli equilibri di una squadra da sempre abituata al lavoro in salita, per cui Fernando aveva chiesto un uomo che lo lasciasse all’ultimo chilometro. Ne abbiamo anche parlato e gli stava bene così.

In Argentina è parso molto contento di Torres, che sarà il suo ultimo uomo…

Torres è stato messo apposta vicino a lui, anche in camera, perché è molto diligente e molto intelligente. Quindi la sua presenza serve per creare un punto di equilibrio vicino a Fernando, che è un aspetto importante per creare la fiducia a 360 gradi. Deve diventare un secondo Richeze, l’obiettivo è quello e secondo me ci si arriva, perché Torres è forte e corre da poco su strada. Ha 32 anni, ma è neoprofessionista nella testa. Ogni anno dimostra di voler imparare e di andare più forte, quindi è l’uomo giusto per Fernando.

Di Gaviria si parlava anche come uomo da classiche, lo è ancora?

Credo che negli alti e bassi degli ultimi anni abbia messo il suo carattere, non penso sia dipeso solo dalle squadre in cui correva. Credo che lui di motore e talento ne abbia in abbondanza, però metterlo a punto non è semplice. Finora ho cercato di mandarlo un giorno in pista, fargli fare 6 ore una volta a settimana, 2 giorni in palestra e negli altri due mi basta che vada in bici 2-3 ore e sono a posto. Però questo non è il modo per allenare, ma il modo di salvare il salvabile. Eppure funziona, perché ha tanta classe e riesce ad andare bene.

Questa è la gestione nel periodo invernale, finché è in Colombia, mentre da qui in avanti lo avrai sotto mano?

In realtà questa è la gestione abituale, perché lui sotto mano non ce l’ho mai, dato che è spesso in Colombia. Per fortuna che quando è laggiù, c’è chi lo segue…

Di chi si tratta?

Del tecnico della pista, Jhon Jaime Gonzalez, il suo allenatore di sempre. Per fortuna è molto aperto e parliamo spesso, è lui che me lo controlla. E’ uno che tiene a lui come un padre e grazie a questa collaborazione abbiamo trovato una quadra. Anche se allenare è un’altra cosa. Io Fernando lo gestisco. E se uno lo gestisci, non lo porterai mai al suo 100 per cento. Poi magari è talmente forte che all’80 per cento, riuscirà magari a vincere la Sanremo o la Roubaix, ma non perché lo abbia voluto a tutti i costi. Van der Poel e Van Aert, loro sì che vogliono i loro obiettivi a tutti i costi.

Per questo ti sei stupito della sua ammissione di dover dimagrire e lavorare di più?

Mi è piaciuto molto sentirlo, come quello che ha detto della sua vita e del fatto che stia facendo la cosa che più ama nella vita. Sono stati passaggi importanti e sorprendenti, in lui non avevo ancora percepito la passione del corridore. Ha detto che la Roubaix è la corsa dei suoi sogni, mentre io credevo che in ritiro me lo avesse detto scherzando. Se vuole, può ottenere tanto. Il problema è capire quello che vuole.

La Roubaix è il sogno di Gaviria: ha partecipato solo a quella del 2021, ritirandosi
La Roubaix è il sogno di Gaviria: ha partecipato solo a quella del 2021, ritirandosi
E’ in qualche modo simile ad Alberto Bettiol?

Pochi punti di contatto, se non il fatto che finiranno la carriera avendo ottenuto meno di quello che avrebbero potuto. Però sono diversi. Uno magari non fa le cose perché è pigro, l’altro perché decide di non farle e dice che giusto non farle.

E’ davvero così forte questo Gaviria?

In un Fiandre ci sono tante salite da fare, però magari recupera il gap perché sa andare in bici, quindi in proporzione lui spende meno degli altri. Se poi volesse, potrebbe fare parecchio di più, anche come carichi di lavoro, e migliorerebbe ancora. Facendo le cose con una logica, si potrebbe lavorare per cambiare qualche punto debole. Ma servirebbe del tempo, non è che bastino tre settimane. Il problema con lui è che difficilmente abbiamo una continuità di lavoro.

Cambierebbe qualcosa?

Si potrebbe lavorare di più sull’intensità e sul fondo. Sulla salita per passare meglio le tappe dure e arrivare meglio alle volate. Penso anche alla Sanremo, adesso che Pogacar punta a farla bene, come ci arrivi alla volata? Ma se gli dico di fare tre ore low carbo a digiuno, non sono troppo convinto che le faccia.

L’approccio di Gaviria con la squadra ha sorpreso Piepoli: è un vero trascinatore
L’approccio di Gaviria con la squadra ha sorpreso Piepoli: è un vero trascinatore
Non c’è rimedio?

Forse l’ideale per lui sarebbe una squadra che fa tanti ritiri. Dieci giorni in ritiro, poi quindici a casa. Secondo me questo sarebbe l’ideale, ma noi non facciamo così. Però adesso le cose sono partite bene, sta andando forte con questo Jhon che lo segue in Colombia.

Ha parlato di perdere peso…

Lo conosco ancora poco, ma Giovanni Lombardi mi ha detto subito che la sua fortuna è che non ingrassa. Ora pesa 73 chili e dovrebbe arrivare alla Sanremo pesandone 69. Non sarebbe male se per il UAE Tour scendesse a 70-71. Vediamo se in questi ultimi giorni a casa, riuscirà a farlo.

Gobik nel grande ciclismo: Movistar, ma non solo…

03.02.2023
3 min
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La grande novità Movistar (sia il team maschile che quello femminile della iridata Van Vleuten…), e poi le conferme Eolo-Kometa e quella della squadra femminile FDJ-Suez di Marta Cavalli e Vittoria Guazzini. Sono queste le formazioni 2023 che rinnovano alla grande la presenza di Gobik nel gruppo del grande ciclismo professionistico su strada.

L’accordo di sponsorizzazione del team spagnolo WorldTour è stata per Gobik senza alcun dubbio la principale novità per quel che riguarda le partnership attivate con le formazioni agonistiche. Movistar dunque, ma non solo, considerando ad esempio la bella relazione che il brand di Yecla produttore di abbigliamento per ciclismo ha con la Eolo-Kometa. Anche quest’anno quest’ultima sarà al via del Giro d’Italia, momento importante e decisivo per migliorare la propria posizione nella top 30 dei migliori team al mondo.

Il sogno realizzato da Lorenzo Fortunato sul Monte Zoncolan due anni fa è ancora molto vivo e dimostra che alcuni tra gli obiettivi di stagione sono realistici e soprattutto fattibili… Occorre poi non dimenticare che la struttura della Fundación Contador comprende anche le promettenti formazioni Under 23 e Juniores all’interno delle quali far crescere i corridori di domani. Gobik vestirà per il quinto anno consecutivo tutte le squadre della Fundación Contador, in una vera e propria simbiosi di collaborazione e successo, considerando che sia il marchio che la struttura guidata da Fran Contador sono cresciuti insieme fino ad oggi.

Tra i team che vestono Gobik c’è anche la Eolo-Kometa di Basso e Contador
Tra i team che vestono Gobik c’è anche la Eolo-Kometa di Basso e Contador

Spazio alle donne

Come avvenuto con il Team Movistar, Gobik continua anche quest’anno – per la seconda stagione consecutiva – nella campagna di ampliamento della propria presenza all’interno del circuito del WorldTour femminile. E continua a farlo rinnovando con la migliore formazione francese: la FDJ-Suez, diretta da Stephen Delcourt, che per questa stagione ha dichiarato di avere nel mirino le principali gare del calendario internazionale (che durerà ben 110 giorni) correndo lungo le strade di una dozzina di paesi al mondo. Per raggiungere o quantomeno avvicinare questo obiettivo, la squadra ha organizzato un competitivo gruppo di quindici atlete di sei nazionalità diverse: tra queste, le “nostre” Marta Cavalli e Vittoria Guazzini, la vincitrice di una tappa del Tour 2022 Cécilie Uttrup Ludwig, Grave Brown, Evita Muzic e Clara Copponi. 

Nel mondo del ciclismo femminile, oltre alla Movistar, c’è anche la FDJ-Suez di Marta Cavalli e Veronica Guazzini
Nel mondo del ciclismo femminile, oltre alla Movistar, c’è anche la FDJ-Suez di Marta Cavalli e Veronica Guazzini

Un’azienda giovane

Gobik è un’azienda tessile davvero molto giovane, fondata “appena” nel 2010 a Yecla nella provincia spagnola di Murcia, e sin dall’avvio della propria attività, la personalizzazione dell’abbigliamento da ciclismo ha rappresentato una parte fondamentale del DNA aziendale. Oggi Gobik è una vera realtà operativa internazionale, impegnata in una crescita continua e sostenibile che conta sul supporto di oltre 180 dipendenti.

Tra gli altri numerosi eventi sostenuti e sponsorizzati, Gobik è partner del Giro di Romandia, del Giro di Sicilia, del Giro dei Paesi Baschi, del Giro di Catalogna, della Vuelta Valenciana e della Vuelta Burgos. Senza dimenticare la riuscita partnership 2022 con il Giro Donne… Sono poi ambassador globali del brand Alberto Contador, Ivan Basso, Carlos Coloma e Juan Antonio Flecha. 

La maglia 2023 del Team mtb Wilier Triestina-Pirelli
La maglia 2023 del Team mtb Wilier Triestina-Pirelli

E’ importante infine mettere in evidenza che oltre ai pro team su strada appena descritti, Gobik “veste” quest’anno due delle più competitive formazioni “off road” italiane: il Team Wilier Triestina-Pirelli e la Santa Cruz Rockshox.

Gobik

Ballan e Abus: siglata una collaborazione importante

30.01.2023
3 min
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Alessandro Ballan è ufficialmente un nuovo ambassador, tester e collaboratore tecnico di Abus, brand tedesco di vertice per quanto riguarda la produzione di sistemi di protezione e di caschi per il ciclismo.

Una collaborazione allargata, quella definita tra Ballan e Abus, “forte” di un’intesa pluriennale che vedrà l’ex campione del mondo di Varese 2008 – l’ultimo italiano a vestire la maglia iridata – assumere un ruolo che andrà ben oltre a quello di semplice testimonial. Non a caso, nelle intenzioni di Abus e nello specifico della rappresentanza diretta italiana con sede a Imola, la presenza di Ballan al fianco del marchio sarà strategica anche per quanto riguarda una fase cruciale del processo produttivo, ovvero quella dello sviluppo e del miglioramento futuro di nuovi modelli.

«Tecnologia, qualità e altissima professionalità – ha dichiarato a margine della propria presentazione Alessandro Ballan – rappresentano il mix ideale di competenze e di valori propri di Abus, una realtà storica che da quasi cento anni si caratterizza per essere un vero e proprio sinonimo in termini di sicurezza ed affidabilità. Sono estremamente felice di poter ufficializzare l’avvio di questa mia nuova partnership con Abus, brand tra l’altro ben presente nel WorldTour in virtù della oramai consolidata sponsorizzazione del Team Movistar. Non da ultimo, per me sarà poi speciale collaborare con un’azienda tedesca che ha scelto però di produrre alcune linee di grande qualità dei propri caschi in Italia, nello stabilimento produttivo di Camisano Vicentino, a pochissimi passi da casa mia… Non vedo davvero l’ora di poter mettere la mia esperienza al servizio della tecnologia Abus più avanzata».

Abus e Ballan hanno siglato una collaborazione pluriennale
Abus e Ballan hanno siglato una collaborazione pluriennale

Sicurezza prima di tutto

L’attività sul mercato di Abus è orientata ad offrire caschi, sia road che Mtb, ma anche Urban e per i più piccoli, caratterizzati da un’altissima qualità a da un’eccellente rapporto qualità/prezzo. Tutte le esperienze acquisite nel mondo delle competizioni del grande ciclismo professionistico – occorre anche ricordare oltre alla Movistar, quest’anno sono Abus anche i caschi del Team Tudor di Fabian Cancellara – confluiscono direttamente nello sviluppo del prodotto, contribuendo così alla creazione di articoli di serie di alta qualità e perfettamente adatti a qualsiasi tipologia di ciclista.

Alessandro Ballan, che sta già pedalando con il modello AirBreaker, sarà inoltre presente anche in molti eventi outdoor ai quali è prevista la partecipazione di Abus: tra questi, sicuramente l’Italian Bike Festival di Misano Adriatico e L’Eroica di Gaiole in Chianti, evento quest’ultimo che coinvolge Abus con un ruolo di partner importante.

Abus potrà contare sulla grande esperienza di Alessandro Ballan

Dal 1924 Abus provvede a fornire ai ciclisti di tutto il mondo, ma non solamente a loro, un reale senso di sicurezza. In qualità di produttore che rispetta standard qualitativi elevatissimi, Abus ha come obiettivo che i propri prodotti si possano contraddistinguere per una elevata affidabilità, per una durata nel tempo, e per il loro facile impiego. 

Del gruppo ABUS fanno parte le aziende ABUS August Bremicker Söhne KG, ABUS Security-Center GmbH & Co. KG e ABUS Pfaffenhain GmbH, in grado di “contare” tutte assieme oltre 4.000 collaboratori nel mondo.

Abus

Il nuovo Gaviria riparte dalla Spagna come in famiglia

29.01.2023
5 min
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Nel raccontare la prima vittoria in maglia Movistar alla Vuelta a San Juan, Fernando Gaviria ha usato un’interessante serie di parole. Famiglia, passione e fiducia non sono termini scontati nello sport professionistico. Il più delle volte, si risolve tutto nel fare bene il proprio lavoro, in alcuni casi ben pagato, in modo che i conti tornino in termini di vittorie, punti, impegno e obiettivi. Spesso dipende dal modo in cui ti poni, per cui nella stessa squadra qualcuno può trovarsi da Dio e un altro viverla come l’inferno. E’ un fatto però che alla UAE Emirates, Gaviria si stesse spegnendo e che alla Movistar abbia ritrovato gli stimoli.

L’esultanza col telefono è per Gaviria il modo di ringraziare Movistar
L’esultanza col telefono è per Gaviria il modo di ringraziare Movistar

«La squadra – dice il colombiano, 28 anni – è molto importante. Mi hanno accolto bene, sono contento di essere qui. Già dal primo giorno ho sentito un bel clima e questo mi spinge a impegnarmi di più. E’ qualcosa che mi è mancato negli ultimi anni. Non voglio fare confronti, erano circostanze diverse. Adesso ci stiamo divertendo, la squadra ha fiducia ed è contenta. Allora vediamo di continuare così tutta la stagione. Mi hanno chiesto quali corse volessi fare e perché. Gli ho detto la mia, abbiamo ragionato e il calendario è nato da sé.

«Voglio riprovare le classiche. Quest’anno – ammette – sarà difficile perché sono tre anni che non le faccio. Voglio arrivare in un’ottima condizione. Adesso stiamo crescendo, manca di perdere un paio di chili e allenarmi un po’ di più sui lavori specifici, ma siamo in buona condizione. Ho fatto un bell’inverno a casa e anche in Spagna».

Gaviria e Lombardi, che da anni è il suo procuratore
Gaviria e Lombardi, che da anni è il suo procuratore

Torres ultimo uomo

La Movistar, che ha da anni una tradizione legata ai Giri e non certo alle volate, ci sta prendendo gusto. E così ogni giorno il gruppo di corridori volati in Argentina con Gaviria si esercita e impara qualcosa di nuovo.

«E’ bello – sorride Gaviria da dietro il suo barbone – perché loro stanno imparando molto in fretta. Ogni giorno in corsa va un po’ meglio e questo mi fa essere ottimista. Il primo giorno sono riusciti a portarmi sulla ruota giusta, eravamo dietro Jakobsen. I ragazzi vogliono lavorare bene e fare tutto il lavoro per portarmi bene alla volata. Non c’è tanto da spiegargli. Sono cose che si trovano lungo il percorso e loro stanno iniziando a prendere da soli le loro decisioni.

«Non sbagliano tanto. La verità è che hanno un motore enorme, ma ogni tanto sprecano tante energie. Come Torres, che viene dalla pista ed è il mio ultimo uomo. E’ forte, ma deve imparare. Devono capire che la volata non è come in salita, che devi tirare a tutta e basta. Qua si devono gestire le gambe, perché ogni tanto arrivare al traguardo è davvero lungo…».

Nella volata di Barreal contro Ganna, Gaviria si è trovato aperta la strada sulla destra
Nella volata di Barreal contro Ganna, Gaviria si è trovato aperta la strada sulla destra

Debutto al caldo

Secondo chi lo conosce meglio, aver iniziato la stagione dal Sud America dopo gli anni di blackout dovuti alla pandemia gli ha restituito il sorriso, rispetto ai debutti in Europa al freddo che mal digerisce.

«E’ importante – dice – ritrovarsi alla fine di gennaio in una bella corsa, con il caldo e un livello così alto nelle volate. E’ un buon test per arrivare in Europa, il confronto aiuta a capire. Ho avuto le mie giornate di difficoltà, quando non riuscivo a vincere e nemmeno ad arrivarci vicino. Gli altri intanto crescevano, ma credo che alla fine tra noi ci sia un certo equilibrio. La differenza dipende dai comportamenti.

«Quando parti per una volata, prendi subito le transenne, a destra o a sinistra, quasi mai ti trovi in mezzo. Ganna l’altro giorno è stato bravo. Ha lasciato 2 metri fra sé e le transenne e non si è spostato. Si va alla transenna perché se qualcuno vuole passarti, deve prendere tutta l’aria possibile. Per fortuna non ci sono più velocisti che provano a buttarti per terra e, quando succede, è per errore. C’è molto rispetto, ormai siamo tutti amici. Non arriverà più uno sprinter che fa numeri stratosferici. Le volate ormai te la devi giocare ogni volta, contano più la padronanza, la squadra, la bici…».

Una Canyon per amica

Proprio sul fronte della bici, pare che Gaviria sia molto contento della Canyon Aeroad ricevuta in dotazione e montata con lo Sram Red (corona anteriore 41-54): la stessa bici con cui Philipsen e Merlier hanno fatto incetta di vittorie lo scorso anno. Di certo quella utilizzata negli ultimi anni era invece una bici più adatta agli scalatori e meno ai… maltrattamenti dei velocisti.

«Mi trovo molto bene – dice – la nuova bici è comoda, sono felice. Ho scelto le ruote che userò tutto l’anno. Ne abbiamo tante a disposizione, ma ho scelto quelle che mi sembrano più belle (la preferenza di Gaviria è andata alle Zipp 454 NSW tubeless, montate con pneumatici Continental Grand Prix 5000 S TR, ndr). Ho chiesto di poterle avere per tutte le tappe, in tutte le corse dell’anno».

La Movistar cambia pelle: spiega tutto Lastras

21.01.2023
4 min
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Pablo Lastras sull’ammiraglia studia l’allenamento del mattino. E’ tutto nel tablet in cui ha caricato i percorsi di gara, anche se poi spiegarlo ai poliziotti in moto che anche oggi devono scortare la Movistar è un’altra cosa. I corridori stanno arrivando alla spicciolata dal garage, nel piazzale ci sono meno tifosi di quanti ce ne fossero ieri. Un cartello nella hall dell’albergo illustra i piani di allenamento delle squadre. La Movistar dovrebbe partire alle 10,30, ma la sensazione è che tarderanno.

L’uscita di Valverde e l’arrivo di Gaviria fanno capire che la squadra spagnola ha cambiato direzione. Fernando è l’uomo da scoprire e per ora appare super entusiasta dell’ambiente e della nuova bici. Il suo arrivo ha comunque spinto il team a cambiare atteggiamento, come ha già raccontato Sciandri all’inizio dell’anno. Ma qui siamo alla prima stretta, domani ci sarà la prima volata e Lastras inizia a sentire la tensione della corsa.

Fernando Gaviria ha 28 anni, colombiano di Medellin. E’ alto 1,80 e pesa 71 chili
Fernando Gaviria ha 28 anni, colombiano di Medellin. E’ alto 1,80 e pesa 71 chili
Com’è avere un corridore come Gaviria in squadra?

Una bella cosa, avevamo bisogno di un corridore così. Dovremo cambiare strategia in corsa, almeno in alcuni giorni. Ovviamente, senza avere un treno. Per una squadra come noi è molto difficile. Abbiamo la cultura dei Giri lunghi, dei Giri piccoli, è questa la filosofia da cambiare. Ma allo stesso tempo Fernando ci ha detto quello di cui ha bisogno.

Di cosa?

Di avere un uomo con lui per gli ultimi 5 chilometri, uno e basta, e quello non abbiamo avuto problemi a metterglielo a disposizione. Il ciclismo cambia. Guardate la Soudal-Quick Step, che ha sempre vissuto con le classiche e gli sprint e ora si ritrova a fare le classifiche dopo la grande vittoria alla Vuelta con Evenepoel. Noi vogliamo cambiare e Fernando ci darà quel cambiamento.

Nella hall dell’hotel Del Bono ogni mattina le squadre affiggono gli orari e i percorsi degli allenamenti
Nella hall dell’hotel Del Bono ogni mattina le squadre affiggono gli orari e i percorsi degli allenamenti
E’ una nuova Movistar quest’anno, senza Alejandro Valverde?

C’è stata una staffetta, che soprattutto l’anno scorso è stata un po’ frettolosa, con la questione della possibile retrocessione. Da fine luglio, tutto agosto, settembre e tutto ottobre, fino al Tour of Langkawi, la squadra ha superato se stessa. E’ questo tipo di impegno ciò che vogliamo.

Prima del Lombardia, Eusebio disse che senza Alejandro si sarebbero aperti spazi per altri corridori.

Totalmente vero. Questa mancanza di Alejandro sarà la stessa di quando se ne è andato Bettini, una similitudine per far capire agli italiani. Ovviamente gli altri corridori devono fare più passi. Siamo stati per tanti anni tutti sotto l’ombrello di Alejandro, anche i direttori sportivi. Con Alejandro le tattiche erano facili, ora dobbiamo avere più creatività per essere più bravi.

Gaviria è arrivato alla Movistar quest’anno, dopo le ultime stagioni alla UAE Emirates
Gaviria è arrivato alla Movistar quest’anno, dopo le ultime stagioni alla UAE Emirates
Avere Alejandro ancora in squadra è un vantaggio per i corridori?

E’ una garanzia totale, per insegnare tutto quello che sa. Alejandro resta una grande star e ora può restituire tutta quella conoscenza alla squadra e allo sport in genere. Sta già facendo tanto con la sua Academy. Ha le sue squadre, mandate avanti da suo fratello, ma a livello professionistico può e deve darci molto. Alejandro è un libro che va letto lentamente, con un bicchiere di buon vino. 

La tua stagione sarà divisa fra uomini e donne?

In questi anni ho cambiato molto, ovviamente, visto che anche il ciclismo femminile è molto forte. Ricevere e restituire. E’ quello che mi ha insegnato Eusebio Unzue e prima di lui Echávarri ed è quello che ho fatto. L’ho fatto inizialmente con la squadra delle ragazze, che ora sono strutturate per andare avanti da sole.

Hai parlato di Echavarri: questa è ancora la sua squadra?

Alla fine le radici non si devono dimenticare, dobbiamo ricordare da dove veniamo. Quindi, c’è una storia da cui veniamo. Il duo José Miguel Echavarri ed Eusebio Unzue. Poi solo Eusebio e ora con lui c’è suo figlio Sebastián. E’ sempre bello avere al comando due persone che si fidano l’uno dell’altro, perché la piena fiducia è la chiave per far funzionare tutto.

Pablo Lastras ha 47 anni ed è stato pro’ dal 1998 al 2015, sempre nella stessa squadra, che da Banesto è oggi Movistar
Pablo Lastras ha 47 anni ed è stato pro’ dal 1998 al 2015, sempre nella stessa squadra, che da Banesto è oggi Movistar
Un’ultima domanda: perché a fine 2021 Villella non è stato confermato alla Movistar?

Non lo so, forse abbiamo preteso troppo da lui. E’ un ragazzo molto bravo, molto serio, laborioso. Non sappiamo cosa sia successo.

Sai che si è ritirato?

Non rimane con la Cofidis? Che peccato…

Lastras scuote il capo. Solleva lo sguardo, come per qualcosa che proprio non si aspettava. I corridori sono arrivati ormai tutti. I poliziotti sono in sella alle moto. Si può partire. Domani inizia la Vuelta a San Juan 2023.

Gaviria alla Movistar, il velocista che mancava

09.01.2023
4 min
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Fernando Gaviria riparte dal Team Movistar, per un 2023 che all’alba dei suoi 28 anni vuole essere un riscatto. Maximilian Sciandri, diesse della squadra spagnola, ci spiega i motivi del suo arrivo alla Movistar. Il colombiano è il primo velocista puro che approda alla corte di Unzue.

«E’ il quinto anno che sono alla Movistar – esordisce Sciandri – e l’arrivo di Gaviria è un piccolo grande cambiamento. Non abbiamo mai avuto un velocista, si è sempre puntato sulle corse a tappe».

Sciandri è alla Movistar dal 2019. Nella foto, al Polonia con Juri Hollmann, giovane tedesco del team spagnolo
Sciandri è alla Movistar dal 2019. Nnella foto, al Polonia con Juri Hollmann, giovane tedesco del team spagnolo
Quando vi siete accorti di aver bisogno di uno come Gaviria?

A metà della scorsa stagione, quando ci siamo ritrovati a rincorrere nella classifica del ranking UCI. Se avessimo avuto un velocista avremmo avuto più possibilità di raccogliere punti importanti, Gaviria è uno di quelli che ha la stoccata vincente. 

Come si inserirà in una squadra che ha sempre puntato sulle corse a tappe?

Fernando (Gaviria, ndr) è un velocista atipico, uno che non ha bisogno del treno che lo porta fino ai 300 metri dall’arrivo. Si adatta, la cosa fondamentale sarà portarlo all’ultimo chilometro o poco più avanti nelle posizioni di testa. 

La squadra per la stagione che sta per iniziare è stata presentata poco tempo fa a Madrid
La squadra per la stagione che sta per iniziare è stata presentata poco tempo fa a Madrid
Chi saranno i suoi angeli custodi?

Abbiamo tanti corridori che possono dargli una mano: Aranburu, Erviti, Rojas… Ma anche lo stesso Cortina. Ovviamente bisogna imparare a costruire il treno o perlomeno un’intesa che permetta a Gaviria di mettersi in mostra.

Partirà dall’Argentina, corsa nella quale ha fatto bene in passato.

Sì, ha sempre fatto bene alla Vuelta a San Juan, tra il 2017 ed il 2020 ha vinto ben otto tappe. 

Partire bene fin dalle prime corse è fondamentale, per non trovarsi poi a rincorrere…

Ne abbiamo parlato anche tra membri dello staff durante il ritiro di dicembre. Quando ero in BMC al Tour Down Under arrivavamo con una squadra già competitiva con Porte, Evans o Dennis. Un corridore come Gaviria è in grado di “tirare” la squadra. Quando si parte con il piede giusto si è fatta una buona parte del lavoro…

L’ultima vittoria in una corsa WorldTour per il colombiano risale al Giro di Polonia del 2021
L’ultima vittoria in una corsa WorldTour per il colombiano risale al Giro di Polonia del 2021
Che impressione hai avuto di Gaviria in questi primi giorni insieme?

Siamo stati in ritiro con la squadra, due settimane ad Almeria, e poi abbiamo fatto la presentazione a Madrid. Lo avevo incontrato qualche volta in giro alle gare, ma non ci eravamo mai conosciuti. Mi sembra un ragazzo estremamente serio e con una gran voglia di riscatto.

Anche perché gli ultimi due anni alla UAE Emirates non sono stati dei migliori.

Secondo me dentro stava stretto, nel senso che la UAE ha tanti corridori molto forti ed è difficile trovare il proprio spazio. Qui alla Movistar potrà avere più chance di mettersi in mostra, anche se il suo calendario non lo conosco ancora. So che staremo spesso insieme ma dobbiamo decidere bene a quali corse puntare. 

Lo scorso anno al Giro alcuni buoni piazzamenti gli sono valsi il secondo posto nella classifica a punti
Lo scorso anno al Giro alcuni buoni piazzamenti gli sono valsi il secondo posto nella classifica a punti
Si troverà in una squadra spagnola, cambierà qualcosa?

Da noi potrà avere maggiore empatia, Fernando è un ragazzo che ha una grande personalità. E’ molto carismatico ed ha creato subito un buon feeling con i nuovi compagni.

In ritiro che impressione ti ha fatto?

E’ già ad un buon punto nella preparazione, anche perché tra meno di due settimane sarà in corsa. Abbiamo fatto molte distanze e qualche lavoro specifico, come sprint e dei fuori soglia. A lui piace molto fare allenamento e distanze dietro macchina, è un po’ alla vecchia maniera.

Maturità, costanza, Tour: gli obiettivi 2023 di Mas

03.01.2023
4 min
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Ancora secondo alla Vuelta, al Giro di Lombardia e re indiscusso al Giro dell’Emilia. Enric Mas si è  consacrato tra i grandi. Lui è l’esempio dell’ottimo corridore, anzi del campione, che matura gradualmente e che si avvicina all’apice anno dopo anno. Peccato per lui che sia nell’era dei Pogacar, degli Evenepoel, dei Bernal e probabilmente anche degli Ayuso.

Ma lui c’è. Continua a battere il ferro. E fa bene. Non è detto che non possa crescere ancora e non è detto che i suoi rivali siano infallibili. Alla ruota di Evenepoel sulle salite della Spagna ha sviluppato dei wattaggi che mai aveva toccato in precedenza. Motivo di fiducia. Una fiducia che infatti aveva negli occhi sul San Luca poche settimane dopo.

Enric Mas e Tadej Pogacar nella lotta al Giro di Lombardia. Tadej non lo ha staccato in salita, ma lo ha battuto in volata
Enric Mas e Tadej Pogacar nella lotta al Giro di Lombardia. Tadej non lo ha staccato in salita, ma lo ha battuto in volata

Vila sponsorizza Mas

E uno dei suoi tecnici, Patxi Vila, sembra essere dello stesso parere. A 28 anni (li compirà fra quattro giorni), il corridore della Movistar è chiamato al definitivo salto di qualità. Più che la prestazione ciò che gli manca è forse la costanza.

«Enric – ha detto Vila qualche giorno fa a Marca – è salito tre volte sul podio di un grande Giro. Credo che a 28 anni sia arrivato il suo momento. Alla fine è stato l’unico a lottare ancora con Pogacar a fine stagione».

Questo è vero: Mas a fine stagione stava lottando con Pogacar al Lombardia, peccato solo che nel frattempo Tadej avesse vinto altre quattro corse WorldTour (tappe escluse) e “fallito”, con due virgolette grosse così, il Tour de France. 

«Però adesso – continua Vila – Enric è maturo ed è il suo momento. Ha già dimostrato di poter stare con i migliori. E non è qualcosa che pensiamo possa succedere, ma è qualcosa che è già successo. Noi ne siamo certi».

Le parole di Vila cozzano, e neanche poco, con quelle che questa estate aveva detto Unzue. Il patron assoluto della Movistar aveva detto che Mas non era in grado di essere un leader dopo il ritiro dal Tour, per Covid, e l’ennesima caduta. 

Però dopo qualche giorno di riposo e dopo aver serrato i ranghi, Unzue e Mas si sono risollevati alla grande proprio con il podio della Vuelta. E lo hanno fatto in un periodo di massimo stress con la Movistar messa malissimo per quel che concerneva la classifica UCI. Segno che l’atleta c’è anche dal punto di vista psicologico. Ha ormai acquisito delle certezze, un suo equilibrio.

Enric Mas (classe 1995) durante la presentazione della Movistar lo scorso dicembre (foto Movistar – Instagram, come in apertura)
Mas (classe 1995) durante la presentazione della Movistar lo scorso dicembre (foto Movistar – Instagram, come in apertura)

Enric convinto

E questa certezza deve essere anche nella testa di Mas stesso. Qualche giorno fa, durante la presentazione del team ha ribadito la sua voglia di fare bene, di sentirsi maturo e pronto a cogliere l’eredità di Valverde, ben sapendo che la strada per eguagliare Alejandro è pressoché infinita.

«Valverde – ha detto Mas – è stato un grande campione. Anche al di fuori della bici. Si vedeva da come trattava le persone e dal modo in cui si comportava con gli altri. Io ho provato ad imparare il più possibile da lui e spero di crescere come lui».

E per essere sulle orme di Valverde, Enric ha anche prolungato il contratto con la Movistar a lungo “casa” di Alejandro, fino al 2025. Le basi sembrano esserci tutte.

Mas è caduto alla Tirreno, al Delfinato (in foto) e prima di fermarsi al Tour aveva vissuto di alti e bassi che avevano spazientito anche Unzue
Mas è caduto alla Tirreno, al Delfinato (in foto) e prima di fermarsi al Tour aveva vissuto di alti e bassi che avevano spazientito anche Unzue

Rotta sul Tour

Unzue, Vila e Mas hanno gettato dunque le basi per la prossima stagione, ma il calendario di Enric sarà molto, molto simile a quello della stagione appena conclusa. Il 2023 di Enric infatti passerà dal Tour de France e dalla Vuelta e in primavera dalla Tirreno-Adriatico e dalla Liegi. 

«Il Tour è la corsa più importante – ha detto Mas – e bisogna esserci, mentre la Vuelta magari sarà la volta buona per vincerla. Io lavorerò per questo». 

Infine, non è mancata una battuta sul Giro d’Italia, al quale Mas non ha mai preso parte: «Da fuori, mi sembra una corsa splendida. I corridori che ci sono andati ne parlano benissimo. Quando vedo le immagini, mi dico che un giorno dovrò esserci. Ma ho ancora molti anni davanti».