EDITORIALE / Le moto e le barriere mancanti sul Joux Plane

17.07.2023
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Speriamo tutti che finisca a minuti. Che fra la crono, Courchevel e la tappa di sabato, Vingegaard e Pogacar trovino lo spunto per l’attacco decisivo, che renda memorabile questo Tour. Ma se le differenze dovessero restare di secondi, come spiegare a Pogacar che quei pochi non guadagnati sul Col de Joux Plane per colpa di una moto sono stati cosa di poco conto? E come convincere Hindley che sia stato giusto perdere il terzo posto grazie alla scia delle auto e delle moto grazie alle quali Carlos Rodriguez è rientrato sui primi?

Sul Col de Joux Plane, Rodriguez è rientrato sui rpimi anche grazie alle scia di moto
Sul Col de Joux Plane, Rodriguez è rientrato sui rpimi anche grazie alle scia di moto

Una macchina infallibile

Il Tour de France cresce, se non nei numeri certo nei dettagli. L’organizzazione è così curata che in certi momenti ti lascia senza fiato. La chat per i giornalisti accreditati fornisce informazioni così puntuali, che potresti startene a casa e raccontare di essere in Francia, tanti sono i dati di cui sei inondato quotidianamente. Le squadre raccontano con sollievo ed entusiasmo che quasi ogni giorno (di certo in quelli che potrebbero presentare problemi), ci sono moto della Polizia che le scortano fino agli hotel. Per non parlare delle evacuazioni dopo gli arrivi in salita. Quando parte il convoglio scortato dalla Gendarmerie, il resto del mondo – auto di tifosi, camper e ogni altro veicolo – vengono fermati con un rigore unico. Al Giro d’Italia successe un bel trambusto per gli elicotteri del Gran Sasso, qui tutte le squadre sono sicure di avere un percorso netto dall’arrivo all’hotel. Anche perché quest’anno gli hotel non sono stati quasi mai a distanze proibitive dagli arrivi.

Tutta la scalata del Col de Joux Plane ha visto una folla numerosa e poco disciplinata sul percorso
Tutta la scalata del Col de Joux Plane ha visto una folla numerosa e poco disciplinata sul percorso

Le moto sul Joux Plane

Si potrebbe andare avanti a magnificare la bravura degli uomini di ASO, ma proprio per questo quanto è successo sabato nella tappa di Morzine merita una riflessione a fin di bene.

Mancavano circa 600 metri dal GPM del Col de Joux Plane, quando Pogacar è scattato per prendere l’abbuono sulla cima e ha dovuto rialzarsi a causa della presenza sulla strada di due moto che ne hanno frenato lo slancio. Una della televisione francese, l’altra di Bernard Papon, storico fotografo de L’Equipe, che da queste parti è il vero padrone della strada. I due sono stati squalificati per la tappa successiva e multati di 500 franchi svizzeri.

Un passo indietro, tuttavia. Per rendere più avvincente la sfida su alcune montagne, il Tour ha previsto che sulla cima vengano dati degli abbuoni. Il sistema funziona, ma non tiene adeguatamente conto della folla sempre più numerosa, invadente e spesso – bisogna dirlo – indisciplinata. Alcuni tifosi, molto più di prima, pensano di poter fare come vogliono, quasi siano protagonisti della tappa al pari degli atleti.

Bernard Papon è il fotografo di punta de L’Equipe. Ha spiegato bene la dinamica delgi eventi (foto Nikon France)
Bernard Papon è il fotografo di punta de L’Equipe. Ha spiegato bene la dinamica delgi eventi (foto Nikon France)

Parla il fotografo

Nel giorno del pasticcio, le due moto erano certamente troppo vicine agli atleti, non dovevano essere così attaccate. Se però fossero state 10 metri più avanti, non avrebbero potuto riprendere quelle immagini, perché nel mezzo si sarebbero infilati i tifosi. Lo spazio di lavoro per gli operatori si riduce: crescono la folla e i mezzi dei VIP. Come se ne esce? E chi ci dice che al momento di ripartire, non avessero davanti troppa gente che ne impediva l’accelerazione?

«C’erano così tante persone – ha spiegato Papon – che è stato chiamato il pool (cioè una sola moto che poi darà le foto a tutti gli altri fotografi, ndr). Quando ho visto che Pogacar è partito, l’ho detto al mio pilota, che mi ha risposto semplicemente di non poter accelerare. E quando Pogacar ci ha raggiunto, ci siamo trovati in una situazione delicata. Il pubblico era così fitto che al momento c’era da fare una scelta: interrompere lo sforzo del corridore o buttarsi tra il pubblico e ferire le persone.

«Non difenderò l’indifendibile: non dovremmo mai trovarci in questo tipo di situazione. Avrei dovuto chiedere al mio pilota di prendere spazio più velocemente e in anticipo. La prossima volta accelero e non scatto la foto, peccato. E’ tutto pianificato dal punto di vista dei regolamenti per queste situazioni. Abbiamo commesso un errore e sono profondamente dispiaciuto per Tadej Pogacar e per lo spettacolo».

Quando Vingegaard ha attaccato ai 300 metri dal GPM, un cordone teneva il pubblico lontano dalla strada. Poteva iniziare prima?
Quando Vingegaard ha attaccato ai 300 metri dal GPM, un cordone teneva il pubblico lontano dalla strada. Poteva iniziare prima?

Barriere ai 500 metri

A 300 metri dalla cima, dei cordoni tenevano i tifosi lontani dalla strada e questo ha permesso a Vingegaard di scattare e prendere 8 secondi di abbuono, mentre Pogacar ha dovuto accontentarsi di 5. Ma soprattutto, il loro rallentamento dopo quel pasticcio, ha permesso a Rodriguez di rientrare.

Dietro i primi due c’era una tale coda di moto e auto e non tutte con un ruolo specifico in corsa, da chiedersi se il gigantismo e la presenza di Vip in carovana in certi momenti non rischi di influenzare la competizione. Quando Pogacar per quei 300 metri ha smesso di attaccare e si è messo a salire ai 15 all’ora, alle sue spalle questa colonna si è compattata, si è allungata e ha permesso a Rodriguez di avere un riferimento nella sua rincorsa.

Forse questa giornata merita una riflessione, che siamo certi gli uomini di ASO avranno già fatto. Belli i traguardi della montagna con abbuoni. Sbagliato che quelle due moto fossero così vicine (tutti vorremmo quelle foto, siamo onesti). Ma forse se là in cima ci si giocano secondi importanti per la maglia gialla, occorre mettere barriere o corde dai 500 metri. Quando si abitua il proprio popolo alla perfezione, basta una sbavatura perché tutti si storca il naso.

Troppe moto in corsa? Mollema lancia il sasso

21.02.2023
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Tutto è nato da una recente intervista di Bauke Mollema su Cycling Weekly. Il corridore olandese della Trek Segafredo è andato giù pesante in merito alla gestione delle moto in corsa, affermando a chiare lettere che esse incidono fortemente sull’evoluzione di alcune corse.

«Nella seconda tappa della Volta a la Comunitat Valenciana – ha raccontato Mollema – la moto delle riprese televisive era neanche 5 metri davanti alla corsa nella fase finale, quella con arrivo in salita. Non c’era spazio per muoversi. La moto è un fattore che può cambiare le gare, può decidere se una fuga possa arrivare al traguardo o no, può influire sull’andatura del gruppo. E’ un aspetto troppo trascurato».

Noi abbiamo voluto andare più a fondo sulla questione chiamando in causa Paolo Longo Borghini, ex professionista che da molti anni lavora come regolatore per Rcs Sport. Rintracciato nel corso del Tour of Oman, Paolo non vuole replicare a Mollema, ma chiarire alcuni aspetti importanti legati alla sua professione: «La gestione del traffico interno di una corsa ciclistica è un argomento delicato e se devo essere sincero, di polemiche simili ce ne sono state sempre, da molto prima che iniziassi a correre, figurarsi da quando svolgo questo lavoro…».

Mollema ha acceso la discussione sul comportamento delle moto, spesso influenti sulle corse
Mollema ha acceso la discussione sul comportamento delle moto, spesso influenti sulle corse
Quanti sono i mezzi che siete chiamati a gestire?

Tanti. Intanto bisogna chiarire che alcuni sono direttamente gestiti dalla Giuria e sono quelli che curano direttamente la regolarità della corsa. Degli altri si occupa l’organizzazione: le moto per fotografi e tv sono solo una parte, ci sono poi i mezzi dei team e le nostre moto, chiamate a gestire il percorso in testa e in coda, costantemente in contatto radio. Quelli che stanno più a contatto con i corridori sono sicuramente quelli adibiti a foto e riprese televisive, marginalmente anche quella con la lavagna per i distacchi.

Mollema lamentava la distanza troppo ridotta delle moto con i corridori…

Come detto, di discorsi simili ne sento dalla notte dei tempi. E’ un po’ un gioco delle parti. Se sei in fuga sei portato a lamentarti delle moto che possono aiutare gli inseguitori, se sei dietro pensi che le moto davanti diano la scia a chi è in fuga… La distanza è senza dubbio un aspetto fondamentale, il pilota deve sempre mantenere uno spazio, certamente nel corso della gara può capitare qualche frangente dove questa distanza sia ridotta, ma se si tratta di brevi tratti, non incide sulla corsa.

Un’immagine dalla Vuelta a San Juan, con una nuvola di moto presenti, ma a debita distanza
Un’immagine dalla Vuelta a San Juan, con una nuvola di moto presenti, ma a debita distanza
Voi controllate che questa distanza venga rispettata?

E’ nostro dovere. Spesso in una corsa, soprattutto nei grandi Giri dove si lavora per tre settimane quasi ininterrotte, capita che i piloti vengano richiamati, sanzionati, si è arrivati anche alla loro esclusione dalla corsa per giornate di gara ed è ben chiaro come questo sia professionalmente un problema. Ma dirò di più: la recente normativa approvata dall’Uci ha previsto che la sanzione, anche la più estrema, coinvolga non solo il pilota, ma anche il fotografo o l’operatore Tv.

D’altronde per certi versi è anche giusto, il pilota è uno strumento a disposizione di chi deve seguire la gara…

Vero, ma non dobbiamo dimenticare un fatto: non è che in una corsa professionistica entri chiunque con la sua moto. Vengono fatti dei corsi specifici, molto qualificati, bisogna acquisire un permesso perché dal punto di vista legale la responsabilità è in primis di chi guida. Questo viene insegnato sia ai corsi Uci che a quelli della Federazione italiana. Poi, sia chiaro, è umano commettere errori, ne fanno tanti anche coloro che guidano le ammiraglie. Il nostro non è un lavoro semplice…

Paolo Longo Borghini è il fratello di Elisa. Ha corso da professionista dal 2004 al 2014
Paolo Longo Borghini è il fratello di Elisa. Ha corso da professionista dal 2004 al 2014
Nella sua intervista Mollema parla anche di recenti studi scientifici che hanno stabilito come la distanza ideale per le moto sia intorno ai 40 metri.

Di studi ne sono stati fatti tanti. Un particolare effetto sulla gara lo può avere la moto dell’operatore Tv che segue la corsa in piedi: è stato rilevato che il mezzo così congegniato sposta una notevole massa d’aria creando una scia che si estende per metri, in questo modo può influire su chi gli è dietro favorendo la sua azione. Per questo dico che una presenza ravvicinata può capitare, ma deve durare pochi secondi.

Il problema dal punto di vista regolamentare è stato affrontato?

Sì, l’Uci ad esempio ha recentemente cambiato le regole per le cronometro: un mezzo prima poteva avvicinarsi fino a 10 metri, ora deve stare almeno a 25 metri proprio per evitare eventuali scie, sempre in base a studi scientifici effettuati.

Il corridore olandese parla anche dell’eventuale adozione dei droni per le riprese, come avviene per altri sport come ad esempio lo sci alpino…

Tema delicato. Non si può fare un paragone con altre discipline sportive. Innanzitutto dobbiamo considerare che l’attuale legislazione vieta espressamente l’utilizzo dei droni in situazioni simili, per ragioni di sicurezza. Un eventuale guasto con conseguente caduta del drone su una massa di persone come un gruppo ciclistico avrebbe conseguenze devastanti, non stai seguendo un atleta solitario come nello sci.

Contador al Giro d’Italia 2015. Nel corso degli anni la gestione delle moto è cambiata (foto Getty Images)
Contador al Giro d’Italia 2015. Nel corso degli anni la gestione delle moto è cambiata (foto Getty Images)
Quindi sei contrario?

Non ho detto questo. Io sono sempre aperto all’adozione di nuove tecnologie. Sicuramente si arriverà ad avere mezzi talmente sicuri che potranno essere impiegati anche nel nostro campo, ma è ancora troppo presto. Oltretutto basti pensare che chi guida un drone dovrebbe giocoforza essere nella carovana al seguito della corsa, quindi sarebbe un mezzo in più. Io credo che il momento per la loro adozione arriverà, ma non ora.

Da quanto fai questo lavoro?

Sono in Rcs dal 2015. E’ un mestiere per molti versi affascinante, soprattutto per chi per anni è stato dall’altra parte della barricata. Tempo fa riguardavo le foto di un arrivo al Giro d’Italia anni Ottanta: vi rendete conto di quante moto e quanti mezzi c’erano intorno a un corridore? I passi in avanti in tal senso sono stati enormi e bisogna considerare che oggi le richieste per seguire una corsa sono molte di più. Per questo dico che le polemiche ci sono sempre state, ma non mi pare che i risultati cambino per colpa di una moto…

Il Cassani della moto parte da Nibali e sgrana il rosario

30.05.2021
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Cassani sulla moto azzurra ha vissuto un Giro davvero speciale. Chiunque abbia seguito una corsa in moto lo sa bene. E’ come essere in gruppo. Vedi gli sguardi. Senti le voci. Impari i gesti. Riesci a scambiare poche parole. E semmai vedi cose che alle telecamere sfuggono e ti permettono, se hai un ruolo come il suo, di approfondire il discorso dopo le tappe. Cassani infatti non ha raccontato tutto, ma di certo sul suo taccuino sono finiti i nomi per le Olimpiadi. Gli azzurri di Tokyo usciranno dal Giro e non dal Tour. Del resto, se il percorso ha una salita di 6 chilometri al 10 per cento, non puoi prescindere dagli scalatori. Già, ma chi portare?

Dalla moto Rai, Cassani ha potuto osservare al meglio i suoi azzurri
Dalla moto Rai, Cassani ha potuto osservare al meglio i suoi azzurri

Come sta Nibali?

Quando ci si trova fra giornalisti a parlare della squadra per le prossime Olimpiadi, il primo nome su cui ci si sofferma è quello di Vincenzo Nibali. Una sorta di diritto all’azzurro che gli viene dalla storia e dalla sete di rivalsa sulla sfortuna di Rio. Si disse che il siciliano avesse prolungato la carriera proprio per prendersi la rivincita olimpica, ma le cose non stanno andando secondo i suoi disegni. La frattura del polso prima del Giro d’Italia gli ha impedito di esprimersi come avrebbe voluto. Cassani lo sa.

«Più o meno sto ricevendo le risposte che mi aspettavo – dice il commissario tecnico azzurro – ma con Vincenzo dovrò fare una chiacchierata. Sono stato molto chiaro, ora dobbiamo verificare, come lui per primo ha raccontato due giorni fa al Processo alla Tappa. Quel Nibali ora non c’è e non so se si ritroverà. Però è uno che lotta, per questo voglio parlarci chiaramente nei prossimi giorni».

Caruso ha conquistato con il coraggio, la personalità l’ha sempre avuta
Caruso ha conquistato con il coraggio, la personalità l’ha sempre avuta

Conferma Bettiol

Se aver vinto grandi corse è un titolo preferenziale, alla rosa degli azzurri si aggiunge subito il nome di Bettiol, re del Fiandre 2019, su cui Cassani ragiona in modo concretissimo.

«Certo che aver vinto grandi corse è importante – sorride – non credo che uno che non ha mai vinto possa pensare di cominciare dalle Olimpiadi. Con Alberto sono rimasto sempre in contatto e a parte l’ultimo periodo un po’ spento, non aveva più dato grossi segnali in salita, cosa che invece qui al Giro ha fatto alla grande. Mi ha impressionato in un paio di situazioni per il lavoro fatto con Carthy. Sul Giau e soprattutto a Sega di Ala se lo è portato sulle spalle. E poi ha vinto. Uno così non lo puoi lasciare fuori, ma ricordiamoci che il risultato in una corsa come quella viene solo se si mette insieme una grande squadra. E’ per questo che devono essere uomini speciali ed è per questo, ad esempio, che cinque anni fa uno come Damiano Caruso faceva già parte della spedizione».

Bettiol ha vinto, ma soprattutto ha dato grandi segnali in salita
Bettiol ha vinto, ma soprattutto ha dato grandi segnali in salita

Caruso, capitano vero

Già, come non parlare del Damiano nazionale che ieri ha fatto venire i brividi all’Italia del ciclismo? Per dare al pezzo un po’ di sapore di Giro, vale la pena annotare che l’intervista con Cassani si è fatta tentando di scendere da Campodolcino verso Chiavenna, in una coda interminabile provocata dalla rottura di uno dei camion che trasportano le transenne (altro che pullman), proprio nella serata di gloria di Caruso.

«Mi è piaciuto – dice Cassani, che ha seguito anche la tappa di Valle Spluga sulla moto – perché in una situazione per lui nuova, in cui tutti pensavamo avrebbe gestito, ha dato più di quanto anche lui si aspettasse. Non ha avuto paura, ha rischiato. Ha ragionato da capitano vero, lui che in fondo capitano di strada lo è sempre stato. E a margine di tutto questo, non si è mai snaturato, è sempre stato se stesso. Oggi (ieri, ndr) ci ha regalato una tappa bellissima».

Moscon è uno di quelli su cui il cittì conta: «Lo conosco bene»
Gianni Moscon è uno di quelli su cui il cittì conta: «Lo conosco bene»

Moscon e gli altri

Il quarto di cui si parla è Moscon, quello del Tour of the Alps più che quello di fine Giro, dove una caduta l’ha un po’ messo fuori gioco.

«Gianni è partito bene – dice Cassani – poi la caduta gli ha messo un po’ di sabbiolina negli ingranaggi. Con lui ho sempre avuto uno splendido rapporto e anche molto chiaro. Ci sono stati anni in cui nessuno gli dava fiducia e lui ha tirato fuori due mondiali coi fiocchi a Innsbruck e Harrogate. E anni come lo scorso in cui mi sono reso conto che non stava bene ed è rimasto a casa. Con Gianni so parlare, è un punto di forza. Ma come ci siamo detti, non è la sola alternativa a Nibali.

«Sto prendendo in considerazione anche Formolo, che per caratteristiche è uno da classiche e vorrei tanto sapere perché, dopo aver detto che avrebbe puntato alle tappe, si è messo a far classifica. E poi ci sono De Marchi, con cui comunque voglio parlare, Ciccone sperando che si rimetta presto e Ulissi che ha fatto vedere qualcosa di buono. Mi servono dei fondisti e non avendo fra i nostri cinque un favorito per l’oro, bisognerà correre in base ai corridori che abbiamo».

Grazie Rai e Fci

Ultimi due capitoli, l’avvicinamento e la crono. «Il Tour lo faranno in pochi – dice – fra quelli che puntano alle Olimpiadi. I nostri sono seri professionisti, per cui immagino una fase di altura e semmai la Settimana Italiana in Sardegna per rifinire. Quanto alla partenza per Tokyo, stiamo valutando due date, perché c’è il dubbio che, una volta là, non ci permettano di allenarci su strada. Mentre per la crono, a Ganna si potrebbe affiancare Bettiol che va molto bene. E’ tutto scritto negli appunti di questo Giro, durante il quale ho avuto la grande opportunità della moto grazie alla Rai e alla Federazione. Sono riuscito a restare concentrato sul mio ruolo, sono stato un Cassani diverso da quello degli anni in postazione. E’ stata un’esperienza bellissima, che ha aggiunto tasselli importanti al mio lavoro. Non mi ha deconcentrato, mi ha permesso di farlo a un livello superiore».

Ghirotto, dieci Giri in moto Rai

07.10.2020
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Nella carovana del Giro d’Italia, Massimo Ghirotto rappresenta ormai una colonna portante. Vive ogni tappa da dieci anni, in sella alla moto di Radio Rai. Ex corridore, dopo diverse esperienze come commentatore radio a cavallo del 2000, un giorno Antonello Orlando, Giovanni Scaramuzzino e il caporedattore Riccardo Cucchi gli fanno la proposta: «Massimo te la senti di salire in moto?». «Perché no, risposi io», racconta il padovano. «Il ciclismo lo conosco e qualche esperienza col microfono l’ho fatta. Mi butto».

Ghirotto arriva da noi con l’attrezzatura da moto ancora in mano. Ci sediamo su un muretto a bordo strada ad Agrigento. Alle nostre spalle gli operatori della logistica smontano le transenne e di fronte invece il sole tramonta sul Mediterraneo. Questo non è un luogo casuale. Qui, nel 1994 Massimo rischiò di diventare campione del mondo, dopo una lunga fuga.

Giro d’Italia 2020, Massimo Ghirotto dopo la tappa arrivata ad Agrigento
Massimo Ghirotto dopo la tappa di Agrigento
Massimo, salire in moto significa tornare ogni giorno in gruppo?

Eh sì, vivi delle immagini e delle situazioni da così pochi metri che mi rivedo corridore. Anch’io vedevo queste moto che ci giravano intorno.

Cosa ricordi delle prime volte?

L’inizio non fu facile. La radio è bella, ma micidiale perché ha i tempi. E se non riesci a rispettarli e a fare tutto bene in quello spazio è un problema. Ho trovato giornalisti come Emanuele Dotto che mi hanno aiutato, che sono stati maestri. Professionisti gentili e molto aperti. Perché, credetemi, ci vuole molto poco ad andare in difficoltà

Spiegaci meglio…

Solitamente hai tra i 30 e i 50 secondi per il tuo intervento. E in quel lasso di tempo devi sviluppare il tuo concetto in modo chiaro e corretto. A volte appena chiudi il microfono ti rendi conto di qualche errore: un nome sbagliato, una frase che non scorreva bene. Inoltre se c’è un tema tecnico devi essere bravo a spiegarlo in poco tempo.

Ricordi un momento particolarmente difficile?

Ah sì! Fu proprio al primo Giro. Eravamo in Romagna, nella tappa che arrivava a Cesenatico e che vinse Manuel Belletti. All’epoca ero sulla moto 2, quindi dietro al gruppo. Mi chiama la regia e mi dice: Massimo vai avanti che la moto di Scaramuzzino si è rotta. Così piombammo sulla fuga, ma andai nel panico perché non avevo le informazioni dei fuggitivi. Cercai di arrangiarmi come potevo. Ad un certo punto nel fuorionda chiamai la regia e dissi loro di coinvolgermi il meno possibile. Capirono la situazione e mi diedero sostegno. Da lì però ho capito tante cose e mi sono organizzato meglio.

Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto dietro ai comunicati stampa che emette la macchina d’informazione
Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto
E adesso come gestisci il tuo lavoro?

Con questi (ed indica lo smartphone ciondolandolo tra pollice ed indice, ndr) tutto è più facile. A metà tappa vado nella macchina di radio informazioni e prendo i fogli dei comunicati. Inizio a leggerli e poi nel retro scrivo i miei appunti. Con lo smartphone ricostruisco la corsa e studio i corridori. Sapete, mi sono preparato un foglio Excell con tutti i partecipanti del Giro. Su ognuno posso cliccare e finisco sulla loro pagina di Wikipedia.

Quindi non segui tutta la corsa?

No. Noi entriamo in diretta solitamente alle 15, magari in altre tappe possono cambiare gli orari. Ma in base all’inizio della diretta prendo la tabella oraria del Garibaldi (il librone del Giro su cui c’è TUTTO, ndr) e con il motociclista arriviamo un po’ prima nel punto dove passerà la corsa e nell’orario stabilito. Mi cambio ed entro in gara.

Rispetto ai tuoi tempi cosa è cambiato nel gruppo?

Poco. Una strada, una bici e un corridore: l’essenza del ciclismo è ancora questa. Sono cambiati i materiali, ci sono le radioline, nuove tecnologie… ma alla fine resta l’atleta che fatica. Forse i corridori si conoscono un po’ meno rispetto a noi. Il ciclismo era meno globalizzato e noi eravamo sempre gli stessi. Quindi sapevamo quello che sarebbe caduto in quel tratto di strada, quello che sarebbe andato in fuga, quello che avrebbe fatto lo sprint.

Giro 2016, Guillestre – Sant’Anna di Vinadio. Nibali completa la rimonta su Kruijswijk e va in rosa
Giro 2016, Nibali verso la rimonta su Kruijswijk
Da quando sei sulla moto Rai chi è il corridore che più ti ha colpito?

Facile, Nibali. Vincere il secondo Giro come ha fatto lui non è stata cosa da poco. Anche noi tecnici lo davamo per spacciato. Vincenzo invece in due tappe ha ribaltato la situazione. E mi piace questa sua capacità di non sottovalutarsi mai. Evidentemente si conosce così bene che sa quando non deve mollare. In quel Giro fu l’unico a restare lì con le gambe e con la testa. E alla fine ci è riuscì. Anche come ha vinto la Sanremo senza essere al top. Stiamo parlando di un ragazzo che ha vinto i tre grandi Giri e questo dovrebbe bastare. Andiamo a vedere i nomi di chi ci è riuscito. Devi tirare giù Merckx, Anquetil, Gimondi, Hinault, Contador… E poi è sempre coi piedi per terra, modesto. Dà una bella immagine di sé

Ci sono dei momenti intensi coi corridori, in cui li inciti, vi guardate?

Cerco di farli stare tranquilli e concentrati. Anche perché non posso avvicinarli troppo per regolamento. Semmai li affianco per studiare il volto e capire come stanno. Piuttosto mi muovo tra le ammiraglie, con i direttori sportivi, molti dei quali sono stati corridori con me e sento il loro pensiero.

Giro d’Italia 2014, da Ponte di Legno a Val Martello. Nairo Quintana prenderà la maglia rosa accumulando vantaggio nella discesa dallo Stelvio.
Giro 2014, Quintana prenderà la rosa in fondo allo Stelvio.
In dieci Giri ne hai viste di situazioni e di corridori. Ci racconti come andò il “caos” della discesa dello Stelvio nel Giro 2014, quello di Quintana?

Quel giorno ci fu un errore della giuria e dell’organizzazione. Nessuno capì davvero se il tempo era stato neutralizzato o no. Il regolatore delle moto (era Marco Velo, ndr) iniziò a fare cenno di andare piano con le braccia, ma non ci furono comunicazioni ufficiali. Nairo Quintana non fece un attacco vero,  andò giù regolare per i fatti suoi, mentre dietro c’era chi si fermava, chi si cambiava perché nevicava. Una volta a valle ci si rese conto della frittata.

Alberto Contador con la sua andatura ciondolante sulle strade del Giro 2015
Contador e la sua andatura ciondolante
Diamo un po’ di giudizi tecnici: chi ti è piaciuto di più?

Tra gli scalatori Alberto Contador. Il suo stile era unico. Era un ondeggiare sui pedali molto elegante. Quel modo di mulinare i pedali. In generale mi piace molto Elia Viviani: un ragazzo che si muove bene, si prende le sue responsabilità e ammette quando sbaglia. Mentre il vero funambolo era Robbie McEwen, un bel limatore. E Caleb Ewan è sulla sua strada.

Filippo Ganna nella cronometro di Monreale. Il piemontese ha stregato il “Ghiro”
Nella crono di Monreale Ganna ha stregato il “Ghiro”
E a cronometro?

Fino a questo Giro avrei detto Tom Dumoulin. Quando vedo un ragazzo che fa velocità, che è composto, mi esalto. Inoltre Tom aveva la maglia di campione del mondo. Ma poi è arrivato Filippo Ganna! Pippo mi ha davvero stregato. Bello, potente, composto, mulinava il 60×11. L’ho seguito e sono rimasto affascinato dalla sua posizione. Questo busto perfettamente allineato con l’asfalto. Io metto il computerino che uso in bici sulla moto così ho dei dati a me più familiari. E vedere che per più volte ha superato i 100 all’ora e lui è rimasto fermo sulla bici è stato unico. Non a caso nelle mie pagelle alla radio, la sera gli ho dato 10 e oro!