Del Toro, un messicano nel gotha degli under 23

24.07.2023
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VALTOURNANCHE – Isaac Del Toro è la tranquillità fatta ciclista. Il messicano ha tutti i ritmi lenti e tranquilli tipici della sua terra. Si prepara con lentezza, fa le cose con calma e con il sorriso. Ma di certo non è lento in bici. Il corridore del Monex Pro Cycling Team è infatti arrivato terzo nella classifica generale del Giro della Valle d’Aosta (in apertura foto Facebook – Monex Pro Cycling Team).

Del Toro fa parte di quella combriccola di ragazzi seguiti da Piotr Ugrumov. Sono di stanza a San Marino ed è lì che si allenano e imparano ciclismo. In Valle d’Aosta Isaac è rimasto con un solo compagno dopo una tappa e da solo dopo la seconda. Tutto quindi è stato farina del suo sacco. Anche se i ragazzi e lo staff lo hanno supportato alla grande, se non altro moralmente oltre che nella logistica dei rifornimenti in corsa.

Isaac Del Toro il 27 novembre 2003, deve ancora compiere 20 anni

Protagonista in Valle

Del Toro e i suoi compagni arrivano in Europa a fine febbraio e ripartono a settembre. Hanno la “casetta”, come molte squadre under 23, e lì vivono insieme, cucinano, si allenano.

Isaac ha fatto un numero nel giorno della vittoria di Meris e del super attacco di Rafferty, solo che la sua azione è rimasta più nascosta in quanto era nelle retrovie. In pratica verso Clavalité il messicano ha recuperato oltre 2′ alla testa della corsa, mostrando un grande passo in salita e anche una grande abilità in discesa. Insomma, un corridore vero.

«Sì – racconta  il classe 2003 – è andata bene verso la Clavalité, è stata la giornata più dura. Sono stato spesso davanti ma non sono andato in fuga, credevo che dopo la prima discesa tecnica gli arrivassimo vicino e che il gruppo chiudesse, invece non è andata così. Ma lo devo accettare: le corse sono anche queste».

E Del Toro ci ha provato anche verso Cervinia. L’attacco “cattivo” che ha messo in difficoltà Rafferty è stato il suo. Non si era arreso anche se consapevole che non era facile scalzare l’irlandese. Una reazione e una continuità di rendimento davvero importanti.

Del Toro marcava stretto Rafferty in maglia gialla. Isaac è andato forte fino a fine Valle d’Aosta (foto A. Courthoud)
Del Toro marcava stretto Rafferty in maglia gialla. Isaac è andato forte fino a fine Valle d’Aosta (foto A. Courthoud)

Corridore moderno

Del Toro scalatore, Del Toro discesista: che tipo di corridore è dunque questo atleta? Di certo è di quei fisici moderni: alti, filiformi. Un po’ alla Vingegaard se vogliamo.

«Io – spiega Isaac – non so se sono questo o quello. Io sono un ciclista e sono felice così. Penso ad andare forte ovunque… se posso anche negli sprint». Il suo team manager Alejandro Rodriguez, ex biker professionista, ci spiega che Del Toro è bravo anche negli sprint a ranghi ristretti.

Divertimento è la parola d’ordine, ma anche serietà e consapevolezza. Ci dicono infatti che Isaac è preciso nelle sue sedute di allenamento. Sa che nessuno gli regalerà nulla. Di professionismo non parla – anche se abbiamo avuto la sensazione che non ne volesse parlare, che è diverso – dice che per ora nessun team professionistico si è fatto avanti, ma aggiunge anche che è fiducioso.

Il messicano prima di salire sul podio del VdA. Si era ben comportato anche al Sibiu Tour

Sulle orme del fratello

La storia di Isaac, anche se Oltreoceano, è molto simile a quella di tanti altri ragazzi. Lui vive nella parte a Nord del Messico.

«In un luogo di mare, non lontano dal confine con gli Stati Uniti. Ho iniziato intorno ai 12 anni. Andava in bici mio fratello Angel, che è di due anni più grande di me. Ricordo che lo guardavo pedalare e mi piaceva molto. Così ho pensato che sarebbe stato bello anche per me.

«All’inizio non ci pensavo molto però. La bici era lì. Io pensavo alla scuola, agli amici. Poi quando ho compiuto 15 anni, ho visto che c’era un opportunità importante e mi sono impegnato molto».

Isaac ci parla del piacere di correre e di farlo in Europa soprattutto. Anche perché sono ormai tre anni che corre solo nel Vecchio Continente. In Messico ci si torna solo per recuperare e per allenarsi con temperature migliori all’inizio dell’inverno.

«Da voi in Europa il livello è più alto – spiega Del Toro – e la mentalità è diversa, più professionale. Certo, è duro, ma il ciclismo vero è quello europeo ed è qua che bisogna insistere».

La Liv di Katia Ragusa e una diversa idea di bici

27.03.2021
6 min
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Ci sono due squadre nel grande giro ad utilizzare biciclette Liv: quella ufficiale nel WorldTour, in cui corrono Sofia Bertizzolo e Soraya Paladin, e la Monex Pro Cycling di Katia Ragusa e patron Maurizio Fabretto. Eppure non tragga in inganno il fatto che tali bici siano in mano ad autentiche guerriere, perché nella filosofia Liv le gare sono l’ultimo dei pensieri.

«La mia Liv Langma è una signora bici – commenta una Katia Ragusa sorridente all’alba delle gare in Belgio – che ho in mano da un paio di mesi e con cui mi trovo benissimo. Prima volta con i freni a disco e una geometria particolare. Devo ancora trovare il giusto assetto, ma quando scatto, la sento che mi segue. Non è un peso da portare via. Va bene in pianura e anche in salita».

Giorno di quasi primavera a Bassano del Grappa, davanti al Bike Hotel Alla Corte che gentilmente ha acconsentito a fare da set a questo incontro tecnico con la ragazza vicentina.

Katia Ragusa ci ha raggiunti a Bassano del Grappa per questo test
Katia Ragusa ci ha raggunti a Bassano del Grappa per questo test

Filosofia Liv

Ne parliamo da un po’ con Marta Villa, di Liv Italia, quando ci rendiamo conto che lo scopo del settore femminile di Giant è quello di diffondere l’uso della bici piuttosto che creare schiere di nuove atlete con il numero sulla schiena.

«Le ragazze del team WorldTour – dice – sono il modo per Giant di tenere un piede nell’agonismo di alto livello, non avendo più la squadra maschile. Inoltre le squadre sono un faro per far vedere in giro il prodotto e per il suo sviluppo, anche se Liv non è orientata sulla performance. Sono bici sviluppate da ragazze per ragazze, ma senza nessuna velleità agonistica. Se gli uomini che comprano la bici da corsa sognano di emulare Nibali e Van der Poel, le nostre clienti vogliono andare in bici per stare bene. Tanto che quando uscì il modello Langma, prevedemmo anche una versione super top di gamma da quasi 9.000 euro, che però non fu confermata, visto che non si vendeva».

I numeri del boom

Come tutte le aziende inserite nella nostra inchiesta di mercato (Giant non è stata interpellata soltanto perché non fornisce più le bici a team WorldTour, ma ne avrebbe pieno diritto), anche per Liv la riapertura delle porte dopo il lockdown di marzo 2020 ha significato un aumento consistente delle vendite e di riflesso l’insorgere di problemi legati alle consegne, in linea con quelli degli altri.

«Dati alla mano – prosegue Marta Villa – c’è stato un incremento delle vendite soprattutto con l’elettrico e in una fascia di donne sopra i 35 anni che magari non aveva mai praticato ciclismo o al massimo usava la bici in modo non così assiduo. E poi è anche aumentata la richiesta di gravel, con il nostro modello Devote, che sta andando benissimo».

Langma Disc

Il modello Langma che Katia Ragusa ci sta illustrando è davvero una signora bici, come una signora atleta è la ragazza di Breganze, che lo scorso anno è arrivata seconda al campionato italiano vinto da Elisa Longo Borghini.

Il telaio è compatto e realizzato con tubazioni Advanced-Grade Composite. I tubi hanno diametri esigui e la rigidità viene ottimizzata da geometrie studiate accuratamente. La singolarità del triangolo principale, che forse risponde alle esigenze di comfort più che alla ricerca della prestazione, è l’altezza del tubo di sterzo. Al punto da consigliare quasi una misura più piccola (se non fosse per il successivo problema di lunghezza) per riuscire ad abbassarsi al massimo come vuole di solito chi corre. La sagomatura dei tubi e il fatto di non ricorrere a diametri tondi fa sì che la bici sia anche piuttosto aerodinamica e rigida, grazie al movimento centrale PowerCore che conferisce grande rigidità nella zona della scatola.

Ecco la visione d’insieme della Langma Disc
Ecco la visione d’insieme della Langma Disc

«La vera sorpresa – spiega Ragusa – sono i freni a disco. Mi rendo conto di quanto si stacchi meglio in discesa, sono un bel vantaggio. La geometria è particolare, per cui mi trovo benissimo, ma devo anche entrarci in totale confidenza. Ad esempio, penso che per trovare la posizione perfetta e scendere come piace a me, metterò un attacco manubrio negativo.».

Non solo Langma

Le bici alla Monex Pro Cycling sono arrivate per l’intercessione della filiale messicana di Liv, dato che il team ha affiliazione proprio laggiù. Le ragazze di Fabretto hanno quasi tutte il modello Langma, ma le più veloci sono state dotate dell’Enviliv Advanced, che magari pesa di più in salita, ma nelle corse veloci è davvero un’arma vincente.

«Fra le caratteristiche di Langma – spiega ancora Marta Villa – c’è quella di disporre di telai moto piccoli, XS o addirittura XXS e la Monex ci ha chiesto proprio un paio di bici così piccoline».

Katia Ragusa a Cittiglio, domani correrà la Gand-Wevelgem
Katia Ragusa a Cittiglio, domani correrà la Gand-Wevelgem

Le bici del team di Fabretto sono montate con lo Shimano Ultegra e quasi tutti componenti Giant. La sella invece è Prologo Dimension 143.

Domani Katia Ragusa e la sua Liv Langma saranno impegnate nella Gand-Wevelgem: 143 chilometri da Ieper (in realtà) fino allo stesso traguardo degli uomini.