Le nuove strategie di Van Aert: parla il coach

05.12.2023
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Si parla sempre tanto, di questi tempi, dei “tre tenori” come paladini della multidisciplina, ma guardando i calendari che Van Der Poel, Pidcock e Van Aert hanno messo a punto per la stagione di ciclocross, ci si accorge che anche loro sono stati costretti a mettere da parte tante velleità individuali. Soprattutto considerando che siamo nell’anno olimpico, che certamente influisce e cambia gli equilibri, perché una medaglia a cinque cerchi fa gola a tutti e vale una carriera intera.

Mathieu Heijboer ha preso da quest’anno le redini della preparazione di Van Aert (foto Photonews)
Mathieu Heijboer ha preso da quest’anno le redini della preparazione di Van Aert (foto Photonews)

Preparazione rimodellata

Focalizzandosi su Van Aert, si nota che il suo programma di cross sia stato fortemente compresso: per ora sono ufficiali appena 8 gare, partendo dalla prova dell’Exact Cross di Essen. Il belga ha tenuto aperta la porta a un paio di altre uscite, per cercare di calmare gli animi in seno all’Uci che non vedono assolutamente di buon occhio la poca considerazione che i tre tenori (ma anche altri) hanno nei confronti della challenge ufficiale della federazione privilegiando altre, più remunerative gare.

Ma la scelta di Van Aert ha radici profonde, che il suo allenatore Mathieu Heijboer ha specificato in un’intervista rilasciata al media belga Sporza, nella quale ha chiarito anche quale sia il suo apporto. Il tecnico ha già lavorato con Van Aert facendo parte dello staff della Jumbo-Visma (dal 2024 Visma-Lease a Bike) in qualità di Head of Performance, ma in vista del delicatissimo 2024 ha preso direttamente in mano la situazione diventando il referente principale di Wout. Una scelta voluta anche da quest’ultimo, che si è reso ben conto di come fosse necessario cambiare qualcosa per centrare importanti appuntamenti dopo troppe vittorie sfuggite di un nulla.

Van Aert al Tour, a lavorare per Vingegaard. Ora però cerca una nuova dimensione al Giro
Van Aert al Tour, a lavorare per Vingegaard. Ora però cerca una nuova dimensione al Giro

Conta il lavoro sul fondo

Heijboer ha affrontato la questione di petto, cambiando completamente l’approccio alla primavera, primo vero pilastro della stagione del fiammingo. Ciclocross mantenuto in agenda, ma in maniera “soft”, evitando soprattutto lo stress e le fatiche del mondiale, sia dal punto di vista fisico che per evitare una nuova sconfitta pesante dal punto di vista psicologico.

«Il ciclocross – ha spiegato Heijboer – dovrebbe essere un punto fondamentale nella sua stagione e non un punto di rottura. Ma io devo guardare il quadro generale di una stagione più difficile delle altre. Wout vorrebbe sicuramente fare più gare e scalpita per iniziare a competere, ma capisce che tutto vada visto in prospettiva. L’inverno è incentrato sulle prestazioni della primavera, c’è da lavorare sul fondo che è fondamentale per avere la condizione giusta al momento giusto».

Il belga con VDP alla Roubaix. Nel ciclocross si sfideranno durante le Feste, ma non al mondiale
Il belga con VDP alla Roubaix. Nel ciclocross si sfideranno durante le Feste, ma non al mondiale

Recupero post-ciclocross

Heijboer ha messo l’accento su quanto comporta l’attività del ciclocross: «Ho guardato le stagioni precedenti, notando che la preparazione dei mondiali di ciclocross e il successivo necessario periodo di decompressione hanno influito fortemente sulla sua primavera, a prescindere dai risultati e dalle sue vittorie. Wout doveva prendersi necessari periodi di riposo prima delle classiche, questi hanno influito sulla sua forma, quindi andava ripensato il tutto, ridistribuita la sua attività. Io voglio che Wout arrivi al Fiandre e alla Roubaix affamato, carico, fisicamente in piena evoluzione. Con un programma più limitato so che non ci saranno più lacune nella sua preparazione».

Per Van Aert è un sacrificio importante, ma fatto di buon grado considerando anche che sulla soglia dei 30 anni, vuole anche cambiare un po’ le sue caratteristiche. Non è un segreto il fatto che dopo anni il belga abbia deciso di saltare il Tour de France e soprattutto di rivedere il suo ruolo nei grandi Giri, come regista in corsa e luogotenente dei capitani deputati alla conquista del simbolo del primato. Van Aert punta ormai apertamente al Giro d’Italia (anche se nei giorni scorsi ha raccontato a La Lanterne Rouge di avere a cuore le tappe più che la classifica), con tutte le incognite che ciò comporta.

Dopo la doppia piazza d’onore di Tokyo, per Van Aert l’appuntamento olimpico di Parigi è fondamentale
Dopo la doppia piazza d’onore di Tokyo, per Van Aert l’appuntamento olimpico di Parigi è fondamentale

No alla Sanremo

Per questo il suo calendario su strada sarà molto diverso dal solito. Esordio alla Volta ao Algarve a metà febbraio e niente Milano-Sanremo, puntando invece alla Strade Bianche. Nel periodo delle classiche “all in” sulle prove del Nord, Fiandre e Roubaix con l’intenzione di fare la magica doppietta. Poi l’avvicinamento al Giro E solo poi, mente focalizzata sulla preparazione delle sfide di Parigi, a cronometro e in linea su un percorso che potrebbe esaltare le sue caratteristiche. E se c’è da fare qualche rinuncia, ben venga: all’Uci se ne dovranno fare una ragione…

La vita di Longo, dal forno ai record nel ciclocross

13.06.2023
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Parlare di Renato Longo, scomparso la scorsa settimana all’età di 85 anni, significa riandare con la memoria a un ciclismo molto lontano da quello attuale e le foto, sgranate, spesso in bianco e nero sono un po’ lo specchio di un’epoca che non c’è più. Eppure parliamo di uno dei massimi esponenti del ciclocross italiano, forse il primo a dare una svolta completa a questa specialità, da sempre considerata di nicchia, eppure foriera di grandi storie e capace come poche altre di colpire la fantasia.

Longo era veneto di nascita e milanese di adozione, dopo essersi trasferito a 14 anni nella metropoli al seguito del padre che aveva trovato lavoro in banca. Ma le sue radici venete erano sempre rimaste forti e il ciclocross era un modo per tornare nella terra natia quasi ogni fine settimana per le gare, sia quando studiava sia quando, ben presto, entrò a lavorare in una panetteria. Un lavoro che non avrebbe mai lasciato.

Longo ha vinto ben 5 titoli mondiali, nel 1959-62-64-65-67, più due argenti e un bronzo
Longo ha vinto ben 5 titoli mondiali, nel 1959-62-64-65-67, più due argenti e un bronzo

I numeri non dicono tutto

Se fossero i numeri a raccontare la sua storia, passeremmo ore, considerando i 5 titoli mondiali fra il 1959 e il 1967 e i 12 italiani, sempre dal 1959, ma arrivando fino al 1972. Ma c’è molto altro, che i numeri non possono dire. Può farlo chi l’ha conosciuto da vicino, come Claudio Vettorel, ex cittì azzurro che fu esponente di spicco di quella generazione figlia diretta dei successi di Longo: la generazione dei Di Tano e Paccagnella, oltre a Vettorel stesso. Poi sarebbero arrivati i Pontoni e i Bramati, i Franzoi e… Ma questa è storia di oggi.

Il legame che Vettorel aveva con Longo era molto stretto e si sviluppò fin da subito: «Lo conobbi praticamente ai miei esordi – racconta – erano gli anni Ottanta e Longo non mancava mai alle gare che si svolgevano nel Triveneto, ma in particolar modo nella sua regione, essendo lui di Vittorio Veneto. Lo riconoscevi sempre: non mancava mai d’indossare giacca e cravatta, un bel cappotto sopra quando faceva davvero freddo, per nulla spaventato dal fango o dalla pioggia. Aveva una grandissima passione che non si era spenta con il suo ritiro, ma soprattutto spiccava per la sua signorilità».

Il veneto insieme a un giovanissimo Vettorel in gara. Un sodalizio mai venuto meno negli anni
Il veneto insieme a un giovanissimo Vettorel in gara. Un sodalizio mai venuto meno negli anni

Il maestro di una vita

Per Vettorel, Longo è stato un vero maestro: «Non ha mancato mai di dispensare consigli, di sottolineare quelle piccole cose che poi facevano la differenza. Io non avevo avuto la fortuna di vederlo gareggiare, quando smise ero ancora piccolo e poi ho colmato questa lacuna attraverso i filmati su Youtube: era alto, magro, longilineo e sapeva andare in bici come pochi altri, infatti era un mago del fango».

Ci sono alcuni aspetti della carriera di Longo che meritano di avere una luce particolare, soprattutto quello tecnico: «Il ciclocross che affrontava lui era ben diverso da quello di ora, sembrano davvero passati secoli. La sua bici era in acciaio, credo fosse stato tra i primi a utilizzare i freni cantilever, ma bisogna considerare che quel mezzo arrivava a pesare anche 13 chili. Pensate che cosa significava correre con la bici in spalla, in quegli anni in cui i tratti a piedi erano molti e molto più lunghi di ora. Io già vivevo un’epoca diversa, cominciavano a vedersi novità, iniziava ad affermarsi l’alluminio, certamente però le bici di oggi sono ben altra cosa».

Longo insieme a una parte della sua collezione di trofei. Ha vinto oltre 300 gare
Longo insieme a una parte della sua collezione di trofei. Ha vinto oltre 300 gare

Quel mattino con i fotografi…

Per capire che cosa abbia significato Longo per il ciclocross (ma dovremmo dire anche viceversa) va inquadrata la sua vita al di fuori dei campi: Renato trascorreva la notte lavorando a impastare, al mattino inforcava la sua bici e andava a consegnare il pane alla mensa dell’Alfa Romeo, portandone avanti e indietro fino a due quintali. Era quello il suo modo di allenarsi durante la settimana, ma non è che poi nei weekend la vita fosse più tranquilla, anzi…

Longo era solito raccontare un aneddoto, legato alla sua prima vittoria tricolore nel 1959: «Avevo bisogno di vedere il circuito, capire con che cosa mi sarei dovuto confrontare così al venerdì mi feci 50 chilometri di pedalata per arrivare alla sede di gara, feci la mia ricognizione e tornai sempre in bici. All’una di notte ero già al forno a lavorare. Alla domenica, dopo aver corso e vinto, tornai a Milano e la notte mi presentai come se nulla fosse al negozio per la mia routine. La differenza rispetto al solito fu che al mattino mi ritrovai all’uscita una muraglia di fotografi che volevano mostrare il campione italiano di ciclocross nella sua attività extrasportiva».

Nato il 9 agosto 1937, Longo ha militato a lungo nella mitica Salvarani, correndo con Gimondi
Nato il 9 agosto 1937, Longo ha militato a lungo nella mitica Salvarani, correndo con Gimondi

La fame di vittorie

E’ un racconto che sembra davvero lontano dalla realtà di oggi, dove si pedala per professione, ma è lo stesso Vettorel a inquadrare quella storia nel suo personaggio: «Renato era uno che faceva attività per fame. Non intendo solo quella oggettiva, certo c’era anche quella e poter arrotondare il suo stipendio grazie alla bici serviva. Ma c’era anche altro, la sua innata voglia di vincere: basti pensare che su 388 corse disputate ne vinse 233, non solo nel ciclocross, ma trionfò anche in gare importanti su strada come una tappa al Giro del Portogallo, oppure su pista, fu anche bronzo ai Mondiali negli stayer, le bici dietro motori».

Quella atavica voglia di emergere però non gli ha mai fatto perdere l’esatta dimensione di se stesso. Longo ha affrontato la vita con umiltà e gentilezza, assistendo anno dopo anno all’evoluzione di uno sport del quale è stato uno dei pionieri. Non va dimenticato.

Van Anrooij a cuore aperto: ora si pensa alla strada

10.03.2023
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Manca ormai poco. Mercoledì, alla Danilith Nokere Koerse, Shirin Van Anrooij farà il suo esordio nella stagione su strada. Ci arriva dopo un abbondante periodo di riposo, necessario dopo la stagione di ciclocross culminata con il titolo mondiale U23. L’olandese non aveva fatto la scelta delle sue connazionali Van Empel e Pieterse di salire di categoria, trovandosi così la strada spianata verso il titolo e la cosa non è passata inosservata. Molti sui social hanno giudicato troppo facile il suo compito, privata delle principali avversarie, ma le cose non stanno propriamente così.

Intanto bisogna considerare che la 21enne di Goes abbina al ciclocross anche la strada ai massimi livelli. Lo scorso anno non solo ha conquistato entrambi i titoli europei di categoria (crono e in linea) ma è stata anche la miglior giovane al Tour de France, vorrà pur dire qualcosa. In attesa di rifare le valigie, Shirin si è raccontata a viso aperto in una lunga chiacchierata, partendo dalle sue radici ciclistiche.

Per l’olandese quest’anno 7 vittorie nel cross, con 3 tappe di Coppa del Mondo
Per l’olandese quest’anno 7 vittorie nel cross, con 3 tappe di Coppa del Mondo

«Ho iniziato a pedalare già quando avevo, credo, sei o sette anni – esordisce la portacolori della Trek Segafredo – Ho preso una bici da strada. Anche mio fratello e mia sorella maggiori andavano in bicicletta, quindi volevo solo seguirli. Penso che anche mia madre fosse una ciclista quando era più giovane, quindi è davvero qualcosa che è parte della famiglia. Mi sono subito dedicata a strada e ciclocross, non c’era tempo e spazio per fare altro».

Hai dominato i mondiali U23, con tempi sul giro migliori anche di quelli di Van Empel e Pieterse fra le elite. Ti sei pentita di non aver scelto anche tu di competere fra le più grandi?

No, per niente. Ho perso il titolo l’anno scorso ed è stato un dolore grande, quest’anno volevo davvero vincere la gara, per poter chiudere il capitolo under 23 e girare pagina. I tempi sul giro sono sempre difficili da confrontare. Inoltre, se guardiamo le condizioni meteorologiche, ha piovuto un po’ di più durante la gara delle donne d’élite, probabilmente è per questo che i loro tempi sul giro sono un po’ più lenti.

La stagione della ragazze della Trek Segafredo partirà con le classiche belghe, dove ha molte ambizioni
La stagione della ragazze della Trek Segafredo partirà con le classiche belghe, dove ha molte ambizioni
Fino allo scorso anno nel ciclocross dominavano atlete più grandi come Vos, Brand, Worst. Quest’anno la vostra generazione ha segnato una rivoluzione. Secondo te qual è la causa di un cambiamento così netto?

Penso che fossimo già abbastanza vicine al loro livello l’anno scorso, ma è stato più intermittente. Quindi a volte eravamo lì, a volte no. Penso che continuiamo a progredire, anno dopo anno. E penso che noi tre essendo della stessa età, vogliamo davvero competere l’una contro l’altra e rafforzarci a vicenda. E’ questa rivalità che sta portando il nostro livello a un grado superiore.

Vieni da una grande stagione su strada, con due titoli europei, un argento mondiale e la maglia di miglior giovane al Tour. Quanto pensi di essere cresciuta nelle gare su strada e come ti trovi alla Trek Segafredo?

Sono arrivata dalla categoria juniores direttamente al WorldTour. E’ stato davvero un grande passo, ma il primo anno è stato anche pieno di difficoltà, anche nel gruppo, anche con la squadra, perché dovevo abituarmi a un ruolo diverso da quello a cui ero abituata. Ho ricevuto così tanto aiuto da tutti all’interno del team ed è stato anche fantastico poter lavorare per le migliori del mondo, supportarle e far parte di loro vincendo una gara. Sono stata al mio posto e l’anno scorso si è visto un passo in avanti. Non ero più una semplice gregaria ma ero lì nel finale a lottare con loro per la vittoria. Quindi sì, è stato speciale. E ovviamente anche la maglia bianca al Tour è stata un passaggio fondamentale nella mia carriera.

La Van Anrooij è campionessa europea anche a cronometro, ma sente di doverci ancora lavorare molto
La Van Anrooij è campionessa europea anche a cronometro, ma sente di doverci ancora lavorare molto
Le leader del team come Balsamo e Longo Borghini parlano molto bene di te per l’impegno che metti nell’aiutare in corsa. Pensi quest’anno di avere più spazio e di poter correre anche gare importanti come leader della squadra?

Penso che per me quest’anno sarà molto importante essere ancora all’ombra delle leader della squadra. Forse in alcune gare minori avrò un po’ più di possibilità anch’io. In questo momento il loro livello è più alto e ovviamente voglio crescere, ma prima di tutto voglio dimostrare ancora una volta che l’anno scorso non è stato un caso. Mi piace lavorare per loro e provare a far parte della loro vittoria. Ma ovviamente spero che ci sia spazio per giocare le mie carte, non importa quale gara sarà, ma sarebbe bello vedere fino a che punto posso arrivare.

Nel prosieguo della tua carriera pensi di continuare a dividerti fra strada e ciclocross?

Di sicuro, nei prossimi anni combinerò entrambe. Mi piace molto il ciclocross, mi piacciono molto le corse su strada e non potrei davvero fare una scelta. Non vedo l’ora di ricominciare a correre su strada. Prendo tutta la resistenza dalla strada per andare a tutto gas per 50 minuti nella gara di ciclocross, ma poi scarico tutta la mia esplosività nella stagione di classiche e grandi giri. Le mie squadre (Trek Sgeafredo per la strada, Baloise Trek Lions per il ciclocross, ndr) lavorano molto bene insieme, come stanno facendo in questo momento, e abbiamo un buon piano per non sostenere troppe gare in un anno, penso che continuerò a combinare le due attività perché mi piace troppo farlo.

Al Tour de France Femmes è stata la miglior giovane, 14esima in classifica a 25’50” dalla Van Vleuten
Al Tour de France Femmes è stata la miglior giovane, 14esima in classifica a 25’50” dalla Van Vleuten
Quali sono ora i tuoi obiettivi per quest’anno?

Per quest’anno, gli obiettivi sono prima di tutto provare a raggiungere lo stesso livello dell’anno scorso, si spera di fare un passo avanti, quindi spero di fare una gara davvero buona durante una delle classiche e poi concentrarmi ancora un po’ sulla cronometro. Inoltre affronterò il Giro per la prima volta. Quindi tante gare entusiasmanti e tante nuove sfide.

Tu, pur essendo specialista delle cronometro, sei già tra le migliori in salita, eppure in Olanda non ci sono grandi salite. Come fai ad allenarti per questa specifica caratteristica?

Dopo la sosta necessaria post ciclocross sono andata in Spagna per prepararmi per la strada, allenandomi molto in salita. A casa non ci sono grandi ascese, è molto difficile curare questo aspetto, ma quando mi alleno in Olanda posso affrontare il fuori soglia e lavorare sul mio FTP. Quando hai una buona potenza in piano, penso che tu possa avere anche una buona potenza in salita e viceversa. E’ comunque necessario abbinare agli allenamenti a casa anche periodi in luoghi specifici per curare le capacità di scalatore.

Hoogerheide, apriamo i mondiali con due quarti posti

04.02.2023
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Dopo la vittoria degli “Oranje” ieri nella prova “relay misto”, oggi si sono disputate le gare junior donne, U23 uomini e donne Elite.  Come da copione, se si organizzano dei mondiali in Olanda, ad Hoogerheide, a febbraio, non sono venuti a mancare freddo e pioggia. Così il percorso, già di per sé impegnativo è diventato duro… o meglio morbido e scivoloso. Come è andata? Bene le azzurre e le azzurrine, male gli uomini U23.

Federica Venturelli e Silvia Persico sono state le nostre migliori protagoniste con due quarti posti entrambi sudati e meritati. Brave anche Valentina Corvi (decima tra le Junior) e Sara Casasola (dodicesima tra le Elite).

Valentina Corvi ha chiuso la gara delle juniores al 10° posto a 1’47” dalla vincitrice, Isabella Holmgren
Valentina Corvi ha chiuso la gara delle juniores al 10° posto a 1’47” dalla vincitrice, Isabella Holmgren

Amaro in bocca

A conti fatti rimane un sapore agrodolce, non quello delle centinaia di litri di birra venduti sul percorso, ma quello di due medaglie che avrebbero coronato il bellissimo lavoro svolto da atlete e staff in questa stagione. 

Diverse le dinamiche per come sono arrivati i piazzamenti e diverse le espressioni delle protagoniste dopo aver transitato il traguardo. Lacrime per la Venturelli, sorriso per Persico. Nuova delusione, purtroppo, per i maschi U23 come accennato… Davide Toneatti solo 23° e Filippo Agostinacchio 24°, maglia iridata al belga Thibau Nys.

Venturelli battuta al colpo di reni da Gery nello sprint per il bronzo
Venturelli battuta al colpo di reni da Gery nello sprint per il bronzo

Venturelli in lacrime

Le ragazze junior hanno aperto le danze, e solo il fotofinish ha tolto la gioia del bronzo alla Venturelli battuta di un soffio nella volata finale dalla francese Célia Gery, mentre le gemelle canadesi Holmgren si sono meritatamente aggiudicate l’oro (Isabella) e l’argento (Ava). 

«Ho avuto qualche problema in partenza – ha spiegato la Venturelli – perché mi sono toccata con la ragazza di fianco a me. Sono riuscita a rimanere concentrata e recuperare per rimanere con le prime e fare i primi giri con loro. Penso di aver corso al meglio che potevo. Mi sono giocata tutte le mie carte, però la Gery è stata più forte di me in volata».

«Un rammarico? Non sarei riuscita ad andare via prima, dunque tatticamente sono abbastanza soddisfatta di quello che ho fatto, purtroppo mi è venuta a mancare un po’ di brillantezza nello sprint finale». Sprint che per l’accortezza arrivava in salita e dopo la lunga scalinata.

Sul podio di Hoogerheide delle donne junior, le sorelle Holmgren ai primi due posti, poi la francese Gery
Sul podio di Hoogerheide delle donne junior, le sorelle Holmgren ai primi due posti, poi la francese Gery

Onore alle rivali

Malgrado la comprensibile amarezza per il podio sfiorato, Federica ha trovato la forza per onorare le sorelle Holgrem e la sfortunata olandese Molengraaf, solo settima e fuori dalla lotta per causa di una foratura.

Poi tra uno sfogo di lacrime e l’altro la Venturelli ha voluto aggiungere: «Con la stagione problematica che ho avuto posso ritenermi contenta per il quarto posto, ma dispiace soprattutto per la mia squadra, per la nazionale, per tutti quelli che hanno fatto degli sforzi per me, perché un podio sarebbe stato il miglior ringraziamento per quello che hanno fatto».

Delusa invece Valentina Corvi: «Sì… mi aspettavo di più, ero partita bene poi purtroppo è venuta a mancare la gamba. Era un percorso che richiede tanta spinta ed ho sofferto nella parte centrale, ma in generale non ero brillante».

Venturelli ha corso con grande piglio. Il bronzo le è sfuggito allo sprint, che non è il suo forte
Venturelli ha corso con grande piglio. Il bronzo le è sfuggito allo sprint, che non è il suo forte

Soddisfazione Persico

Soddisfazione invece per Silvia Persico, come conferma l’abbraccio con il cittì Pontoni una volta arrivata davanti al pullman della nazionale.

Malgrado uno start dalla terza fila, Silvia è partita a razzo agganciandosi al terzo posto fino al quarto giro. Poi purtroppo le tulipane Vam Empel (prima), Pieterse (seconda) e Brand (terza), galvanizzate dal tifo casalingo da stadio, hanno aperto il gas e Silvia ha dovuto accontentarsi del quarto posto battendo in volata l’altra olandese Alvarado. 

«Ho cercato di prendere subito le prime posizioni – ha detto la Persico a fine gara – sapendo che parto abbastanza bene perché la gara pensavo si giocasse già dal primo giro e mezzo. Poi purtroppo mi sono fatta scappare Lucinda Brand, ma ho dato tutto fino alla fine».

E in effetti la rabbiosa volata sulla rampa finale ne è la conferma.

«L’ambiente? Bellissimo – prosegue la lombarda – c’era davvero tanta gente oggi, un tifo bellissimo. Ho sentito parecchie volte gridare il mio nome e questo mi ha fatto piacere considerando che abbiamo corso in Olanda. Poi devo anche ringraziare la mia famiglia, un gruppo di venti persone venute dall’Italia, credo di aver veramente onorato la maglia e adesso testa alla strada. 

Il punto di Pontoni:

«Le medaglie di legno – ha detto il cittì azzurro – sono state tante oggi. Ma siamo comunque soddisfatti. Due quarti posti che se si guardano nel dopo corsa danno fastidio, perché sono il peggior piazzamento che si possa fare, però siamo stati in corsa fino alla fine, siamo stati protagonisti, e questo conta per il futuro.

«Bravissima la Silvia, ricordiamoci che è partita in terza fila ed ha corso contro otto olandesi… Poi certo, alla fine tutti ricordano le medaglie ma il settore ha lavorato bene. Brave anche la Corvi e la Casasola».

Persico ha fatto una gara di rimonta, chiudendo al 4° posto
Persico ha fatto una gara di rimonta, chiudendo al 4° posto

Maluccio gli U23…

«E sì – prosegue Pontoni – purtroppo abbiamo bucato con loro. Magari un po’ più di sincerità da parte di qualcuno ci stava. Ma tutto sommato ci teniamo stretti questi risultati».

Ma il tecnico friulano già guarda avanti e domani ci sono ancora carte importanti da giocare. «Domani? La categoria juniores è un punto di domanda, chissà magari i ragazzi ci fanno un regalo inaspettato. Invece con le ragazze U23 e Filippo Fontana, un piazzamento nella top 10 sarebbe un bel risultato».

Riposo meritato per tutti i protagonisti, mentre pubblico e addetti ai lavori crepitano già per lo scontro dei titani di domani tra Van der Poel e Van Aert.

Fayetteville gradini 2021

Pontoni: «Visto il percorso. Ai mondiali saremo competitivi»

24.10.2021
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La trasferta americana di Coppa del Mondo si è chiusa, già il circuito Uci prevede per la domenica la prima prova europea a Zonhoven, ma intanto il neocittì Daniele Pontoni ha riposto nella sua cartella fogli e fogli di appunti, legati alla seconda delle prove della Coppa, quella disputata a Fayetteville, dove a fine gennaio del 2022 si assegneranno i titoli mondiali della specialità.

Parlando del percorso, Daniele si esalta, perché ha trovato sensazioni che gli hanno riportato bei ricordi: «E’ un tracciato bellissimo e noi abbiamo avuto una grande fortuna: quella di affrontarlo sia in condizioni di terreno asciutto e bel tempo, alla vigilia, sia con fango e pioggia nel giorno di gara il che ci ha dato numerose indicazioni».

Fayetteville 2021
Un particolare della zona di gara: a Fayetteville gran parte del tracciato è stato costruito appositamente
Fayetteville 2021
Un particolare della zona di gara: a Fayetteville gran parte del tracciato è stato costruito appositamente
Che cosa c’è scritto sui tuoi appunti?

Innanzitutto che è un tracciato che non ti lascia respirare, è molto impegnativo soprattutto se capiterà una giornata come quella della gara di Coppa, soprattutto quando sono scese in gara le donne. Fai fatica a fare la differenza se non sei al massimo della condizione. Nella prima parte c’è una lunga discesa che porta a una salita verso i box, ma la seconda parte è più difficile.

Perché?

Innanzitutto ti trovi di fronte una salita che tocca punte del 20 per cento di pendenza dove c’è il rischio di dover mettere piede a terra, poi tra il 1° e il 2° box ci sono continui saliscendi e una scalinata di ben 34 gradini che alla lunga si farà sentire sulle gambe dei corridori anche perché non sono gradini regolari quindi è importante anche curare l’appoggio.

Vos Fayetteville 2021
Marianne Vos impegnata sui famosi 34 gradini: l’olandese, quarta, si è rifatta a Iowa City
Vos Fayetteville 2021
Marianne Vos impegnata sui famosi 34 gradini: l’olandese, quarta, si è rifatta a Iowa City
Ti ha sorpreso una scalinata così lunga? Non sempre se ne trovano di simili…

Non è una novità, in passato ci sono stati percorsi anche con 100 gradini e oltre, ricordo ad esempio che a Diegem nel 1991 mi trovai di fronte una scalinata che non finiva davvero più… La particolarità del tracciato è un’altra: è quasi tutto artificiale. Anche l’erba è stata portata e posta sul percorso con giganteschi rotoli, esattamente come si fa con gli stadi di calcio. Gli organizzatori hanno fatto un lavoro enorme, questo era per loro un test fondamentale per capire come muoversi ora in vista dei Mondiali. 

Che indicazioni ne hai tratto in funzione dei tuoi ragazzi?

Non dovremo sbagliare nulla, in termini di preparazione, i ragazzi dovranno essere al massimo se vorranno ben figurare. Il tracciato li ha impressionati non poco: Gaia Realini (che ha chiuso 15esima, quinta fra le Under 23) mi ha detto che le sembrava di scalare l’Everest…

Azzurri Fayetteville 2021
Il gruppo azzurro presente in America: buoni risultati e tante indicazioni per i mondiali (foto FCI)
Azzurri Fayetteville 2021
Il gruppo azzurro presente in America: buoni risultati e tante indicazioni per i mondiali (foto FCI)
I ragazzi come hanno gestito questa trasferta?

E’ stata un’esperienza molto importante per loro. Nel complesso i risultati mi hanno soddisfatto, anche se chiaramente si può fare sempre meglio, le ragazze ad esempio sono andate benissimo nella prima tappa e poi in leggero calando, ma in questo periodo della stagione è normalissimo. A Fayetteville, ad esempio, Toneatti ha forato al primo giro ripartendo dalla 40esima posizione, poi ha avuto un altro problema meccanico, eppure ha chiuso comunque 17° e anche Masciarelli, partito dalla penultima fila ha mantenuto un rendimento costante che era quello che gli si chiedeva. 

Allarghiamo un po’ il discorso: ti sei già fatto un’idea di quali saranno i protagonisti della gara iridata? Partiamo dalle donne…

Non si esce dall’ordine di arrivo, che ha visto la campionessa mondiale Brand precedere l’altra olandese Betsema e l’americana Honsinger. Ecco, bisognerà fare attenzione alle padrone di casa proprio perché corrono su un percorso che conosceranno a memoria e si adatteranno meglio delle stesse olandesi. La Vos ha chiuso quarta, ma ha avuto qualche problema alla bici tanto è vero che 4 giorni dopo nella tappa di Iowa City è tornata a dettare legge.

Fayetteville Hermans 2021
L’arrivo vittorioso di Hermans nella prova di Coppa (foto D.Mable/CXMagazine)
Fayetteville Hermans 2021
L’arrivo vittorioso di Hermans nella prova di Coppa (foto D.Mable/CXMagazine)
E per quel che riguarda gli uomini?

Qui il discorso è diverso, i 3 Tenori sono sopra tutti: Van Der Poel, Van Aert e Pidcock, se come presumibile arriveranno al massimo della forma, faranno corsa a sé, anche se Quinten Hermans, vincitore in Coppa del mondo, mi ha impressionato proprio per come si è adattato a quel tracciato e penso che potrà dire la sua più di Iserbyt, vincitore di due delle tre tappe americane, che però andrà verificato più avanti nel suo rendimento, proprio quando arriveranno gli stradisti.

In base a quel che hai visto, sei più o meno ottimista?

Ribadisco che dovremo prepararci come si deve e la nostra fortuna è che i percorsi italiani non sono poi così diversi da quelli che abbiamo trovato oltreoceano. A oggi potrei dire che almeno in tre categorie saremo decisamente competitivi e non vado oltre, ma non dobbiamo dimenticare che siamo solamente a ottobre. Intanto la trasferta è servita anche per trovare la giusta collocazione logistica, abbiamo affittato un hotel a soli 7 chilometri dal percorso di gara: un buon risultato passa anche per queste cose…

Bertolini Di Tano

Di Tano e Bertolini, i due mondi del ciclocross

24.10.2021
4 min
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Guardi Vito Di Tano insieme a Gioele Bertolini e ti vengono subito in mente Davide e Golia, troppa la differenza fisica fra i due, come anche l’epoca nella quale sono emersi. La foto di apertura, in una vecchia conferenza stampa alla Guerciotti, è esemplificativa, eppure i punti di contatto sono tantissimi, a cominciare dal fatto che entrambi sono saliti fino in cima alle gerarchie italiane del ciclocross. Ora quello strano connubio si è ricomposto: è vero, Gioele ha un suo preparatore, ma questo poco incide, in casa Guerciotti Selle Italia rimettere insieme il tecnico ex campione del mondo e il giovane rampante era troppo succulenta.

Il particolare che rende il tutto ancora più simpatico è il fatto che quando poniamo il tema al diesse pugliese, scoppia in una fragorosa risata: «E come si fa a fare un paragone? Io e Gioele siamo proprio agli antipodi, come la notte e il giorno. Due fisici opposti ma anche due epoche molto lontane: spesso ci mettiamo a parlare delle nostre rispettive esperienze, lui neanche ci crede quando gli dico che ai miei tempi nelle gare di ciclocross c’era anche un chilometro e mezzo da fare a piedi, ora se ci sono 200 metri si lamentano…».

Di Tano Mondiali
Vito Di Tano in una foto d’epoca, con la maglia iridata: ha vinto il titolo nel 1979 e 1986
Di Tano Mondiali
Vito Di Tano in una foto d’epoca, con la maglia iridata: ha vinto il titolo nel 1979 e 1986
Eppure nella preparazione dei ciclocrossisti la parte a piedi viene ancora molto curata, Van Aert ad esempio si è addirittura presentato al via di una mezza maratona…

Sì, ma i percorsi ormai sono tutti filanti, veloci, spettacolari. Io mi salvavo proprio per il mio “motore”, a piedi riuscivo a guadagnare molto su chi era più leggero, soprattutto in condizioni di clima e terreno difficili. Oggi ad esempio, di crossisti alti 1,93 come me non se ne vedono tanti, ma anche su strada sono decisamente pochissimi. Lo ammetto, oggi sarei stato in difficoltà…

Bertolini quindi è “figlio” di quest’epoca ciclocrossistica?

Certamente, è ideale per questo tipo di competizioni, in gare dove oltre all’esperienza – e quella se la sta costruendo – servono variazioni, rilanci continui, scatti a ripetizione, un po’ tutto quello che poi viene utile per chi fa la strada.

Gioele non è certo una nuova scoperta per te…

Ci conosciamo da quando iniziò fra gli juniores e il nostro sodalizio è durato fino a 3 anni fa, poi lui ha deciso di provare a dedicarsi con più attenzione alla Mtb per guadagnarsi una chance olimpica, ma ci siamo lasciati amichevolmente e tenuti in contatto. E’ stato sfortunato, l’infortunio lo ha frenato e risalire non è facile, anche perché ti ritrovi sempre a partire da dietro. Quest’anno ci siamo parlati, ci ha detto che voleva tornare a correre nel ciclocross in maniera seria, ritornare quello dei mondiali di Valkenburg e noi siamo subito stati al suo fianco.

Bertolini Mondiali 2018
Gioele Bertolini ai mondiali di Valkenburg 2018, conclusi clamorosamente al 6° posto
Bertolini Mondiali 2018
Gioele Bertolini ai mondiali di Valkenburg 2018, conclusi clamorosamente al 6° posto
Come lo hai ritrovato?

Umile e concentrato. Gioele ha una grande capacità: è uno che si mette sempre in discussione e il suo ritorno nasce da questo. Sa che la ripresa è difficile, praticamente viene da due anni di assenza e quindi nelle prove internazionali deve risalire la china, partire da dietro e ci vuole tempo. Ma lo abbiamo e faremo di tutto perché avvenga. Ha evitato le ultime gare della stagione di Mtb proprio perché tiene a ritornare quello di una volta.

Parlavamo prima delle vostre differenze fisiche. Tecnicamente ci sono punti di contatto fra voi?

Nelle salite, al suo confronto ero un elefante… Gioele è velocissimo, inoltre è dotato di particolari capacità di guida e ha una grande forza nel carattere perché affronta tutto con grande tranquillità, prima e durante la corsa. Questa sua mancanza di ansia fa bene a tutta la squadra, soprattutto ai più giovani. Jakob Dorigoni ad esempio è ben diverso, è più un cavallo pazzo, ha sempre un pizzico di nervosismo, ma è il suo modo di approcciarsi all’evento.

Bertolini Dorigoni 2021
Bertolini davanti a Jakob Dorigoni: compagni di squadra ma molto diversi nell’approccio alle gare (foto Billiani)
Bertolini Dorigoni 2021
Bertolini davanti a Jakob Dorigoni: compagni di squadra ma molto diversi nell’approccio alle gare (foto Billiani)
Rispetto ai tuoi tempi, le bici quanto sono cambiate?

Parliamo di due mondi lontanissimi… Ai miei tempi ad esempio usavamo telai da 65, quelli di ora sembrano la metà, a noi pareva di guidare dei camion con rimorchio per tanto che erano pesanti da rilanciare.

Da Gioele che cosa ti aspetti?

Sta lavorando con calma, il primo obiettivo è essere pronto per l’Europeo del 7 novembre, poi faremo un punto della situazione per programmare la stagione perché non si potrà essere al massimo fino a fine gennaio, dovremo capire dove poter scaricare considerando anche che per noi non c’è solo la stagione internazionale, quella italiana è fondamentale per l’immagine degli sponsor. Dovremo metterci a tavolino e studiare, se avremo messo da parte qualche soddisfazione sarà più semplice.